Il mio mondo verticale

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INTRODUZIONE La prima volta che toccai la roccia fu un sabato pomeriggio, il 4 settembre 1965. Da allora in poi il resto non contò più nulla. Rinunciai anche alle escursioni nei Beschidi, momenti di fuga dalla nostra cupa realtà slesiana, con un po’ di verde e di libertà anche se limitati alla domenica. Portato da un amico a Podlesice, sulle skałki, paretine calcaree alte 20 metri, vidi che la gente si arrampicava anche sulle pareti verticali. Le toccai, mi sollevai con le braccia, sentii che non solo riuscivo a tenermi alla roccia, ma che ero anche capace di salirvi sopra. Scoprii così qualcosa di completamente nuovo per me: il mondo verticale. Trascorso un anno, dopo un corso di arrampicata durato una decina di giorni, rimasi sui Monti Tatra, perché sentivo che era quello ciò che volevo. Salii la Zamarła Turnia, avvolta in un vecchio mito, e la mattina seguente attaccai con Piotrek Skorupa il pilastro sinistro della Kazalnica, considerato una delle vie più difficili dei Tatra. Dopo quattro tentativi ci ritirammo perché mi si ruppe il martello che mi ero costruito da solo. Piotrek e io prendemmo subito un’altra settimana di ferie e tornammo sui Tatra perché il pilastro della Kazalnica ci tormentava l’anima. Lo conquistammo e in una giornata e mezza ripetemmo ciò che era la più ambita salita per i migliori alpinisti polacchi. Fummo invitati a un campus che riuniva i giovani alpinisti emergenti del mio Paese che poi sarebbero stati mandati verso le Dolomiti e il resto delle Alpi. Quel sogno, però, non era destinato a diventare realtà per noi… Arrivò la chiamata per il servizio militare, che per me fu come una calamità naturale e per il quale mi trovai ad essere strappato per due anni da quello che era il senso della vita e che scaturiva dalle montagne. Quando tornammo a essere dei civili decidemmo di affrontare subito, e d’inverno, la Kazalnica, considerata come il più grosso, e a quel tempo non ancora risolto, problema dei Tatra polacchi. A metà della seconda giornata di arrampicata la corda ghiacciata causò la caduta e la morte del mio compagno Piotrek Skorupa. Per la prima volta conobbi in montagna la tragedia e la morte di un amico, un vero e proprio shock. Ritornai a Katowice dove ebbi un doloroso incontro con la famiglia e partecipai al funerale. A quel punto mi posi una domanda: valeva la pena andare avanti, aveva un senso tutto ciò? Era un drammatico dilemma, perché le montagne mi attiravano intensamente, ma la ragione mi diceva di lasciar perdere… Introduzione 35


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