L'arte in controluce di Alice Vettorata
Naïf: L’arte spensierata che l’Ucraina porta in salvo
S
e ad oggi ci serviamo del termine naïf per identificare qualcosa di ingenuo, primordiale e spensierato, lo facciamo spesso con accezione negativa, di disprezzo. Il termine però abbraccia anche un significato vicino all’arte, identificandone una linea di pensiero e la successiva realizzazione di opere. Una delle peculiarità che molto spesso accomuna le artiste e gli artisti che aderiscono a questo movimento è il fatto di essere autodidatti, e quindi, di non seguire gli schemi e convenzioni accademiche. Prospettiva, proporzioni matematiche e verosimiglianza lasciano lo spazio ad una narrazione più favolistica e d’impatto. Nata
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al termine del XIX secolo, l’arte naïf riconobbe tra i suoi massimi esponenti Henri Rousseau, conosciuto come Il Doganiere. Le sue opere, inizialmente rifiutate dai più prestigiosi luoghi espositivi parigini, vennero accolte presso il Salon des Indépendants ricevendo ampi consensi da colleghi del calibro di Gauguin, Redon, Kandinskij e Picasso. Quest’ultimo, che nelle opere di Rousseau trovava un ritorno alla primordialità esecutiva a discapito del rigore, ammirò anche le tele realizzate da altri componenti del movimento naïf, come quelle di Maria Prymachenko. Nei suoi confronti dichiarò: “Mi inchino davanti al miracolo artistico di questa brillante ucraina”. La ricerca dell’ingenua spontaneità riscosse un ampio successo nell’est Europa a partire dal 1966, anno in cui nacque la Triennale di Arte naïf a Bratislava. Nello stesso anno la Prymachenko, ottenne il Premio Nazionale ucraino intitolato a Taras Ševčenko, artista poliedrico simbolo della cultura ucraina. La Prymachenko nel 1936 e nel 1937 aveva già ottenuto un alto riconoscimento durante la mostra d’arte nazionale dell’URSS e la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi. Alle spalle di questo successo c’è stata una bambina capace di osservare ciò che la circondava con estrema curiosità. Dai ricami realizzati dalla madre alla natura nella quale viveva piena di fiori, animali, sabbia e onde, punti saldi dai quali trarre ispirazione per iniziare a dipingere. Crescendo, dovette scontrarsi con aspetti meno idilliaci della vita, interfacciandosi con gli orrori della guerra e la conseguente perdita del marito, mentre lei stava aspettando il loro primo figlio, e del fratello, ucciso dai nazisti. Il legame della pittrice con la guerra sfortunatamente non terminò in
quelle circostanze. Ad oggi, quando la sua terra è nuovamente sotto attacco in un clima di conflitti, le sue opere dai colori vibranti contenute nel Museo di storia locale di Ivankiv hanno subito alcuni danni. Lo scorso 27 febbraio in seguito a un attacco da parte dell’esercito russo, il museo è andato a fuoco. Si stima una perdita ingente di opere, tra le quali venti pezzi realizzati dalla Prymachenko. Anastasija Prymachenko, la pronipote dell’artista, qualche giorno dopo l'offensiva dichiarò però ai giornalisti del The
Times che almeno dieci delle venti opere sono state fortunatamente tratte in salvo. Un cittadino, alla visione delle fiamme si è precipitato all’interno dell’edificio per recuperare alcune tele, altrimenti destinate alla carbonizzazione. A seguito di questo danno il ministro della cultura dell'Ucraina Oleksandr Tkačenko ha esposto la richiesta di eludere la Russia dall’adesione all’UNESCO. Il tentativo di eliminazione dell’identità culturale di un Paese consiste anche nel cancellare le testimonianze artistiche, ma in questo contesto, il desiderio di aggrapparsi a un briciolo di spensieratezza naïf, ha salvato un pezzo della storia dell’Ucraina e del mondo dell’arte.