Il Pesce 3-2021

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 3/2021


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N. 3 Anno XXXVIII Giugno 2021

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi

Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo – Dr. Francesco Paesanti – Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino – Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli – Dr. Antonio Trincanato

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Chiara Zaccaroni – Luigi Credi

Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele)

Fotografia Luigi Credi

ANNUARIO del PESCE e della PESCA

Abbonamenti Fioretta Fiorentin

2021/2022 N. 32

Amministrazione Andrea Tomassone Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi

Annuario del Pesce e della Pesca

La banca dati internazionale del mercato ittico sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore acquacoltura, lavorazione, commercio e distribuzione. Edizione 2021/2022 Copia cartacea: € 60,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983

IL PESCE, 3/21

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2929 – Iscritta nel ROC – Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005.

IL PESCE DAL

1984

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N. 3 Anno XXXVIII Giugno 2021

IL PESCE

A pagina 50.

In questo numero:

Immagini

Tendenze

Il tesoro di Goro

14

Il “Wagyu del mare”

16

MOWI, nuove idee per il salmone norvegese

18

L’Italian food piace, molto e sempre di più. E le vendite continuano a crescere

20

Legislazione

Etichetta ambientale

Attualità

Slow Food e la sostenibilità del mare

26

Acquacoltura

L’acquacoltura italiana regge alla pandemia

32

Il pesce in rete

Social fish

IL PESCE, 3/21

Sebastiano Corona

Elena Benedetti

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42

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Aziende

Eurofish Napoli, la visione di un’azienda inclusiva e sostenibile che è già realtà

Elena Benedetti

50

Corfù Sea Farm: cuore, sole, mare, orate e spigole Il metodo France Naissain

46

Elena Benedetti

56

COPEGO, vongole veraci, cozze e molluschi dalla Sacca di Goro all’Europa

62

Fidagel, crescita a +21%

68

Il Consorzio per il Centro Interuniversitario di Biologia Marina di Livorno (CIBM): dalla ricerca sulle risorse ittiche alle analisi ambientali certificate Accredia

70

Mare Gioioso, la freschezza del pescato di Puglia, la ricchezza di un’offerta ittica che arriva da tutto il mondo

Gaia Borghi

78

Ōra King Salmon, arriva in Italia il salmone reale neozelandese

84

Scampi irlandesi: equilibrio perfetto tra gusto e salute

88

Info alle imprese

Contributi a fondo perduto

92

Interviste

Il futuro della cucina marinara: tra materie prime tradizionali e innovazione tecnologica

94

Ambiente

Life DELFI: verso una convivenza tra delfini e pescatori

Daniel Li Veli et al.

Squali e razze a rischio nel mondo

Roberto Villa

98 104

IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 3/2021

A pagina 46.

In copertina: crostacei, nutrimento e salute (photo © Artem Shadrin – stock.adobe.com).

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IL PESCE, 3/21


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A pagina 56.

A pagina 110.

A pagina 42.

Pesce d’acqua dolce

Ciambella di salvataggio per la trota macrostigma

Riccardo Lagorio

108

Pesca

Tonnarella di Camogli

Chiara Papotti

110

Webinar

Crostacei e molluschi, nutrimento e salute

114

Soluzioni innovative per migliorare la sostenibilità dei prodotti ittici

118

Mercati

Consumo di pesce fresco e HAPO

120

Inchieste

Ismea: un anno di Covid-19

122

Il pesce in tavola

Come sfilettare il pesce

Nunzia Manicardi

128

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IL PESCE, 3/21


TONNO A PINNE GIALLE


Week-end

La Tielle à la sétoise

Josette Baverez Blanco

132

Il pescato del giorno

Come sardine

Giovanni Papalato

134

Schede specie ittiche

Schede di specie ittiche da pesca nazionale

Elena Orban et al.

136

La pagina scientifica

Non sono le orche le responsabili della diminuzione degli squali bianchi in Sudafrica

Alessandro De Maddalena 142

Effetti dell’alginato e dei tannini nella conservazione delle specie ittiche a polpa colorata

Alfonso Piscopo Ilaria Piscopo

Tecnologie

Libri

146

Cosa significano i nuovi standard GDST per un’azienda e cosa deve fare il software gestionale?

152

Fast Blade: affilacoltelli made in Italy sempre perfetto

156

Gestire il pesce in sicurezza

Giovanni Ballarini

158

A pagina 78.

A pagina 62.

A pagina 94.

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IL PESCE, 3/21


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Fondato negli anni ‘30 dai pescatori di Goro per la gestione del mercato ittico, il COPEGO – Consorzio Pescatori di Goro ha assunto nel 1970 la connotazione di società che riunisce diverse cooperative del luogo. Oggi COPEGO è un’azienda leader a livello europeo nella produzione di vongole veraci e cozze. Leggete di più a pagina 62.

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IL PESCE, 3/21


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Dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti passando per la Francia, il pregiatissimo salmone Ōra King è pronto ad affrontare e a conquistare il mercato italiano. Non lo conoscete? Sappiate solo che il New York Times lo ha definito il “Wagyu del mare”. Leggetevi la sua storia e le caratteristiche di questo principe che arriva dalla lontana terra di mezzo e che è già presente nel menu di oltre 1.300 ristoranti di alto livello in tutto il mondo a pagina 84.

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TENDENZE MOWI, nuove idee per il salmone norvegese

Un nuovo modo di pensare al salmone, nuove idee per gustarlo, una rivoluzione in cucina: un nuovo “MOWIMENTO” che fa del vivere sano e della sostenibilità il proprio principio. MOWI, azienda leader globale nell’allevamento del salmone con sede a Bergen, in Norvegia, lancia per la prima volta in Italia il brand MOWI, con due nuove linee: MOWI Signature per il salmone affumicato e MOWI Gourmet per il salmone fresco ricettato. Con una storia lunga più di 50 anni, MOWI offre un salmone di qualità superiore, dal colore deciso e dal sapore intenso, che si scioglie in bocca. Sempre fresco, è disponibile in diversi formati, ideali per un’esperienza di gusto senza paragoni. Un salmone “buono” sotto tutti i punti di vista, dall’ottimo profilo nutrizionale, ideale per uno stile di vita sano. L’eccellenza MOWI è garantita in ogni fase del processo produttivo, partendo dall’allevamento responsabile dei salmoni che crescono nelle acque incontaminate dei fiordi norvegesi, nutriti con una dieta di qualità, priva di OGM ed antibiotici. Non manca l’attenzione alla sostenibilità: tutti i salmoni norvegesi MOWI sono certificati ASC (Aquaculture Stewardship Council), lo standard di sostenibilità ambientale più rigoroso, garanzia di un’acquacoltura responsabile che rispetta il benessere dei salmoni, il loro ambiente e la biodiversità. Noi abbiamo scelto MOWI Signature (in foto) disponibile nei formati da 50 grammi (2 fette) e 100 grammi (4 fette), in un packaging prodotto con plastica riciclata e 100% trasparente, che mantiene tutta la freschezza e la morbidezza delle fette, rendendole facilmente separabili. Per garantire un’assoluta trasparenza, un QR-code sulla confezione permette la totale tracciabilità dal mare alla tavola. >> Link: salmonemowi.it

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Philosofish per una pratica di cattura più umana “Siamo lieti di condividere con voi il nostro ultimo risultato e un traguardo particolarmente importante per noi. Philosofish è orgogliosa di lavorare in armonia con la natura e di sfruttare il potenziale dei nostri mari per promuovere il benessere non solo dei nostri clienti e dei nostri dipendenti, ma anche dei nostri pesci. Il trattamento umano dei nostri pesci e il loro benessere sono di fondamentale importanza per la nostra missione di amministratori dei mari e crediamo fermamente che pesci più felici creino clienti più felici. Potete star certi che facciamo di tutto per trattare il nostro pesce in modo umano e dignitoso e dovreste anche essere in grado di assaporare la differenza”. Philosofish – brand dell’omonima importante realtà nella produzione ittica da acquacoltura, con sede a Larymna, Grecia –, ha recentemente investito nello stordimento elettrico dei pesci, un sistema automatizzato che utilizza la corrente elettrica per anestetizzare istantaneamente con l’elettronarcosi il pesce “raccolto”. Questo processo rende indolore la cattura per i pesci e li mantiene in questo stato mentre vengono calati nei bagni di ghiaccio dove termina il loro viaggio, liberi da ogni stress e inconsapevoli di ciò che sta accadendo. Questo metodo ha evidenti vantaggi per il pesce rispetto alle pratiche di raccolta tradizionali e la qualità del prodotto risultante è di gran lunga superiore. La “raccolta” tradizionale è molto stressante per i pesci e il trauma subito crea un accumulo di sostanze chimiche, come l’acido lattico, che inizia rapidamente a comprometterne la qualità. Un pesce catturato in questo modo fa sì che la sua perdita di freschezza acceleri, ci sia un indebolimento dei tessuti connettivi e una eccessiva perdita di umidità, che rende le carni meno tenere. Al contrario, l’uso dell’elettronarcosi per rendere il pesce istantaneamente incosciente e immobile ne garantisce la freschezza e il sapore. “Ci sforziamo di migliorare continuamente i nostri metodi e protocolli di produzione e ogni passo ci avvicina ad una convivenza più compassionevole e reciprocamente vantaggiosa con la natura. Per dimostrare la dignità e il rispetto che ogni giorno cerchiamo di portare nel nostro lavoro e per trasmettere questi ideali ai nostri clienti, abbiamo sviluppato il logo ‘Humanely Harvested’ per celebrare questo traguardo”. Link: www.philosofish.eu


L’Italian food piace, molto e sempre di più. E le vendite continuano a crescere

Lo conferma l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che ha monitorato l’andamento dei prodotti alimentari confezionati, presenti in supermercati e ipermercati, che presentano in etichetta un richiamo all’italianità e/o alla regionalità: complessivamente sono oltre 21.000 prodotti, che hanno superato gli 8,1 miliardi di euro di vendite (+6,3% rispetto ai 12 mesi precedenti) e che rappresentano il 25,6% di tutta l’offerta food di super e ipermercati. Si tratta di un paniere molto ampio e trasversale alle diverse categorie alimentari, in cui l’Osservatorio Immagino ha individuato sette tra claim, bollini e indicazioni geografiche europee: tutti (tranne “prodotto in Italia”) hanno registrato vendite in aumento, e in particolare i prodotti DOP (+12,3%) e quelli con il claim “100% italiano” (+9,4%). Se un prodotto alimentare su quattro presenta sulle confezioni un riferimento esplicito alla sua italianità, uno su dieci si spinge oltre e sottolinea in modo evidente la sua origine regionale: si tratta di oltre 8.600 prodotti di provenienza regionale, che hanno realizzato oltre 2,4 miliardi di euro di vendite, crescendo di +5% nell’arco di un anno. Quali sono le regioni italiane che hanno conquistato il carrello degli Italiani? Al primo posto si riconferma il Trentino-Alto Adige, seguito da Sicilia, Piemonte ed Emilia-Romagna. Ma nella classifica delle regioni stilata dall’Osservatorio Immagino spiccano anche le performance dei prodotti made in Molise (+28,7%), Liguria (+15,6%) e Calabria (+13,1%). La classifica completa delle regioni e dei dati di vendita è pubblicata nell’ottava edizione dell’Osservatorio Immagino, scaricabile gratuitamente dal sito osservatorioimmagino.it (in alto, fettine di Trota del Tentino IGP – photo © ASTRO).

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LEGISLAZIONE

Photo © Justina Turpin 2021

Il 26 settembre è entrato in vigore il DLgs 116/2020, che recepisce le Direttive UE 2018/851 sui rifiuti e UE 2018/852 su imballaggi e rifiuti di imballaggio

Etichetta ambientale di Sebastiano Corona

Secondo queste nuove disposizioni tutti gli imballaggi devono d’ora in poi essere opportunamente etichettati secondo modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla stessa Commissione per facilitarne la raccolta, il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio, oltre che in modo da fornire una corretta informazione al consumatore sulla loro destinazione finale. A ciò si aggiunge l’obbligo, per i produttori, di indicare la natura dei materiali utilizzati sulla base della Decisione 97/129/CE.

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Le novità più rilevanti sono dunque due. La prima è che l’etichettatura ambientale degli imballaggi diventa obbligatoria. La seconda è che i produttori, così definiti dal Decreto Legislativo 152/2006 come “i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiale di imballaggio”, devono indicare la natura dei materiali di imballaggio utilizzati. Gli obblighi citati sono entrati formalmente in vigore il 26 settembre 2020, ma sono stati contestualmente previsti periodi transitori o di pro-

roga per consentire l’adeguamento alle nuove prescrizioni. Il Governo è poi successivamente intervenuto con il cosiddetto Decreto Milleproroghe, che ha disposto la sospensione fino al 31 dicembre 2021 dell’obbligo di etichettatura sugli imballaggi destinati al consumatore finale, mentre resta invece in vigore l’obbligo di apporre su tutti gli imballaggi (primari, secondari, terziari) la codifica identificativa del materiale. Un’ulteriore novità si ha anche con riferimento all’etichettatura dell’imballaggio compostabile o biodegradabile, la quale deve ripor-

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tare: la menzione della conformità degli standard europei; gli elementi identificativi del produttore e del certificatore e idonee istruzioni per consumatori in merito al conferimento nel circuito di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti organici. La nuova disciplina è certamente la risposta, seppur parziale, ad una crescente richiesta di informazioni circa la sostenibilità ambientale dei packaging in generale. Da uno studio effettuato dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, emerge infatti che soltanto il 25,4% dei prodotti alimentari riporta in etichetta le informazioni necessarie su come smaltire la confezione. Questo significa che per il consumatore è difficile conferire correttamente le confezioni dei prodotti, siano esse alimentari o meno. Ed è altrettanto difficoltoso scegliere di fronte allo scaffale, tenendo conto, oltre che delle caratteristiche dell’oggetto o dell’alimento in sé, anche dell’impatto ambientale della confezione. In sostanza, è spesso difficoltoso fare una scelta di sostenibilità ambientale perché non si hanno informazioni a sufficienza, vanificando così qualunque sforzo da parte dei cittadini verso acquisti consapevoli e rispettosi dell’ambiente. Corre però l’obbligo di segnalare che le nuove disposizioni europee hanno generato forti dubbi interpretativi. Non a caso CONAI-Consorzio nazionale Imballaggi ha immediata-

È spesso difficoltoso fare una scelta di sostenibilità ambientale perché non si hanno informazioni a sufficienza, vanificando così qualunque sforzo da parte dei cittadini verso acquisti consapevoli e rispettosi dell’ambiente (photo © VICHAILAO – stock.adobe.com). mente pubblicato delle Linee Guida per orientare gli operatori del settore. Pur non essendo indicazioni con forza di legge, si possono considerare un utilissimo strumento di lavoro per chi opera nel campo. Il documento è infatti frutto di una consultazione pubblica molto partecipata terminata il 30 novembre scorso, che ha visto il coinvolgimento di alcuni dei principali e più autorevoli attori della filiera, come l’Istituto Italiano Imballaggio, Confindustria, UNI, Federdistribuzione. Il primo aspetto che il CONAI pone in evidenza è che i contenuti

obbligatori da riportare sull’etichetta, su tutti gli imballaggi (primari, secondari e terziari) sono unicamente questi: 1. la tipologia di imballaggio (scritta per esteso o mediante una rappresentazione grafica) per esempio: flacone, bottiglia, vaschetta, etichetta, lattina; 2. l’identificazione specifica del materiale (codifica alfanumerica ai sensi della Decisione 97/129/ CE, integrata eventualmente con l’icona prevista ai sensi della UNI EN ISO 1043-1:2002 (imballaggi in plastica), oppure, ai sensi della

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I tempi permettono un adeguamento alla normativa che tenga conto dei ritmi di lavoro e delle necessità organizzative. Tuttavia, è raccomandato attivarsi quanto prima, vista la severità delle sanzioni (photo © nordroden – stock.adobe.com). CEN/CR 14311:2002 (imballaggi in acciaio, alluminio e plastica); 3. la famiglia di materiale di riferimento e l’indicazione sul tipo di raccolta (se differenziata o indifferenziata); 4. l’indicazione sul tipo di raccolta (se differenziata o indifferenziata) e, nel caso si tratti si raccolta differenziata, indicazione del materiale di riferimento. Gli ultimi due, però, va ricordato, sono stati al momento sospesi fino al 31 dicembre 2021. Altre indicazioni si possono considerare volontarie e in questo modo vanno gestite. È inoltre opportuno sottolineare che anche il richiamo alle norme UNI è generico, considerato — anche in questo caso — la loro caratteristica di volontarietà. Si evincono inoltre due situazioni differenti per la strutturazione dei contenuti minimi dell’etichetta ambientale, a seconda del circuito di destinazione degli imballaggi: B2B (professionale) o B2C (consumatore). In più vanno considerati gli imballaggi monocomponente e multicomponente. Nel documento, CONAI indica anzitutto che l’etichettatura ambientale deve essere prevista per tutte

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le componenti separabili manualmente dal sistema di imballaggio: l’etichettatura potrà essere riportata alternativamente sopra alle singole componenti separabili, sopra al corpo principale dell’imballaggio o sopra alla componente che riporta già l’etichetta e rende facilmente leggibile l’informazione da parte del consumatore. Quando ciò non sia possibile, è ammesso il ricorso a soluzioni digitali (come QR-Code o apposite app), proprio perché tutti gli imballaggi devono essere etichettati nella forma e nei modi che l’azienda ritiene più idonei ed efficaci. Tuttavia, è raccomandato che vengano rispettati i colori universali: blu per la carta, marrone per l’organico, giallo per la plastica riciclabile, turchese per i metalli, verde per il vetro, grigio per l’indifferenziato. L’etichetta ambientale va prevista per tutte le componenti separabili manualmente del sistema di imballo, cioè una componente che l’utente può separare completamente e senza rischi dal corpo principale con il solo utilizzo delle mani e senza dover ricorrere a ulteriori strumenti e utensili. Inoltre, CONAI fornisce un prezioso strumento on-line (e-

tichetta), che le aziende potranno utilizzare per creare autonomamente l’etichetta, in conformità ai riferimenti normativi. È disponibile al sito www.conai.org oppure direttamente al sito e-tichetta.conai.org Nell’identificazione per materiale il legislatore non ha previsto la discriminante della destinazione al “consumatore”, pertanto non ci sono elementi per escludere gli imballaggi destinati anche a usi professionali dall’identificazione e classificazione in base alla Decisione 129/97/CE. Tutti gli imballaggi sono quindi sottoposti all’identificazione e classificazione. Solo relativamente all’apposizione dei codici di identificazione del materiale, sulla base della Decisione 97/129/CE, l’obbligo è espressamente in capo ai produttori. Per gli imballaggi monocomponente destinati al consumatore finale devono essere riportate la codifica identificativa del materiale di imballaggio secondo la Decisione 129/97/CE e le indicazioni sulla raccolta. Si suggerisce di indicare la formula “Raccolta (famiglia di materiale)” e di invitare il consumatore a verificare le disposizioni del proprio comune. Le altre informazioni che possono essere volontariamente apposte in etichetta ambientale riguardano la tipologia di imballaggio e le indicazioni al consumatore per supportarlo in una raccolta differenziata di qualità. Per gli imballaggi costituiti da più componenti, invece, è necessario distinguere le componenti non separabili manualmente (ad esempio una etichetta in carta adesa a una bottiglia in vetro), dalle componenti che invece possono essere separate manualmente dal consumatore finale (ad esempio, una confezione multipack di merendine). Questo perché l’identificazione e la classificazione ai sensi della Decisione 129/97/CE va prevista per tutte le componenti separabili manualmente del sistema di imballo. Gli imballaggi destinati al B2B, ad esempio gli imballaggi destinati ai professionisti o gli imballaggi da trasporto o legati alle attività logistiche o di esposizione, possono non presentare le informazioni relative

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alla destinazione finale degli imballaggi, ma devono obbligatoriamente riportare la codifica dei materiali di composizione in conformità alla Decisione 129/97/CE. Tutte le altre informazioni restano volontariamente applicabili. Ma c’è da chiedersi quale sia il perimetro dell’obbligo dell’etichettatura ambientale. Si riferisce agli imballaggi, cioè: “composti di materiali di qualsiasi natura, adibiti a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo”. Pertanto, i prodotti che non si possono considerare tali non sottostanno all’obbligo dell’etichettatura, che non riguarda per esempio i budelli per salumi, le buste portalettere o le posate. Per sapere cos’è imballaggio e cosa non lo è si può fare riferimento al sito CONAI. Allo stato attuale tutti

gli imballaggi immessi al consumo in Italia rientrano nell’obbligo di etichettatura, pertanto sono esclusi quelli destinati alla commercializzazione in altri Paesi dell’Unione europea o all’esportazione in Paesi terzi. Merita un ulteriore approfondimento la figura del soggetto obbligato. È vero che si possono considerare tali (Decreto Legislativo 152/2006) i produttori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio. Tuttavia, occorre considerare che la parte più significativa di imballaggi viene conferita attraverso i prodotti preconfezionati e l’etichettatura di queste unità di vendita è spesso decisa e definita dall’utilizzatore dell’imballaggio che sceglie i contenuti e la forma e ne approva il layout da stampare e/o riprodurre sul packaging. Pertanto la scelta dell’etichettatura ambientale può facilmente diventare un’attività di condivisione per la sua formulazione, tra fornitore di packaging e utilizza-

tore. Il lavoro collettivo svolto tra le parti e in comune accordo porterà a scegliere la formula opportuna di etichettatura ambientale. Al debutto di una nuova norma che condizionerà pesantemente la vita nelle imprese di prodotti alimentari e non solo le imprese mostrano apprensione e disorientamento per l’ennesima disposizione poco chiara che si appresta a far parte del nostro ordinamento. I tempi permettono un adeguamento che tenga conto dei ritmi di lavoro e delle relative necessità organizzative. Tuttavia, è raccomandato attivarsi quanto prima: le sanzioni sono infatti severe. Sono inoltre chiamati a risponderne tutti gli operatori del settore, non solo i produttori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio, ma anche i commercianti, i distributori, agli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni. Sebastiano Corona

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ATTUALITÀ

Slow Food e la sostenibilità del mare «Tutelare il mare escludendo i pescatori artigianali è come tutelare la natura senza contadini». A Ugento il buon senso dei “giardinieri del mare” diventa legge regionale e nasce così in Puglia la prima Oasi Blu

Tutelare il mare e le risorse che custodisce. Sembra essere questo l’attuale imperativo dell’opinione pubblica internazionale in tema di sostenibilità. Lo testimoniano il recente clamore suscitato dal documentario Seaspiracy e iniziative di sensibilizzazione come la Giornata del mare, lo scorso 11 aprile, o l’istituzione del Decennio delle Scienze del Mare, indetto dalle Nazioni Unite per sottolineare l’urgenza di intervenire sull’Obiettivo 14 dell’Agenda 2030.

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Che significato ha la parola sostenibilità in relazione al mare? Davvero per tutelare il più importante serbatoio di biodiversità della terra, l’uomo deve interrompere l’attività di pesca, gli esseri umani smettere di consumare pesce, fonte primaria di proteine intorno alla quale si sono sviluppate nel corso dei millenni tecniche di pesca artigianali, economie costiere, culture e tradizioni gastronomiche? Secondo Slow Food è necessario fare una distinzione tra la pesca industriale, che

risponde alle logiche dell’attuale sistema di produzione, distribuzione e consumo, e la pesca artigianale, che necessariamente nasce e si sviluppa intorno alle comunità locali con un approccio basato sulla conoscenza e il rispetto del mare. «Esistono diversi esempi in cui i pescatori, il settore pubblico, la società civile e la comunità scientifica si sono uniti per gestire collettivamente le risorse, ma sono modelli che hanno bisogno di essere riconosciuti legalmente e con il necessario supporto econo-

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La posizione di Slow Food in merito alla co-gestione In un contesto di forte preoccupazione per il degrado e la gestione delle risorse marine e di crescente complessità di aziende e mercati in competizione, la co-gestione, insieme a sistemi simili di gestione ecosistemica o basata sulle comunità, ha generato un grande interesse tra diversi stakeholder ed è un tema ormai ampiamente discusso quando si parla di pesca. Vanno evidenziati altri elementi contestuali importanti: la diffusa crisi economica, con la perdita di posti di lavoro e di risorse statali che questa implica, e la crisi della legittimità politica delle istituzioni. In termini più generali, potremmo parlare di un contesto di indebolimento del contratto sociale dello Stato. Per quanto riguarda la pesca nello specifico, il settore è afflitto non solo dalla riduzione delle risorse, ma anche dalla concorrenza sleale generalizzata (tra settori e industrie), da conflitti sociali e dalla totale mancanza di fiducia nei confronti delle istituzioni scientifiche e governative. Si tratta di forti ostacoli al raggiungimento dei risultati ecologici e socioeconomici a cui sono orientate le politiche europee e nazionali. Infine, l’attuale enfasi sulla “crescita blu”, che guarda agli oceani e alle loro risorse come motore del prossimo grande salto economico (generazione di energia, trasporto, estrazione di minerali, sviluppo ed estrazione di biorisorse per il settore sanitario) può facilmente avere la meglio sulle attività di pesca, su piccola e grande scala, allontanandole dai mari. Il concetto espresso dal temine co-gestione non è sempre chiaro e spesso significa cose diverse per attori diversi. Esistono una serie di situazioni che possono essere considerate di co-gestione, in gradi diversi, e sono definite come tali a seconda del punto di vista dell’osservatore. Slow Food intende la co-gestione come un’istituzione di azione collettiva orientata alla gestione e al rafforzamento di una risorsa comune, incentrata sul sapere ecologico locale, che diventa la struttura portante della relazione tra le diverse parti coinvolte (tipicamente l’autorità statali e/o regionali, le comunità di pescatori, la comunità scientifica e la società civile) e in cui sia la comunità di pescatori sia lo Stato hanno una voce e un voto. Due esempi 1. L’area di pesca protetta di Os Miñarzos è un buon esempio di co-gestione moderna. Avviata con una piccola riserva pilota di 4.000 ettari, è cresciuta arrivando a coinvolgere oltre 160 pescatori, università locali e ONG, autorità locali e nazionali nella gestione di un’area di 100.000 ettari. 2. L’istituzione della Prud’homie del Mediterraneo francese, ispirata alle gilde medievali, è un esempio parziale di co-gestione. Le prerogative delle comunità di pesca nella gestione di aree specifiche sono riconosciute dalla legislazione francese. Tuttavia, lo Stato non partecipa alla definizione delle regole di gestione in evoluzione e non è pertanto in grado di verificarne l’efficienza né di sostenerla. Al contrario, la erode con la creazione di amministrazioni parallele, e sovrapponendo regole senza comprendere l’impatto che potrebbero avere sul sistema esistente, minandolo. La Prud’homie di Sanary-sur-Mer e la Prud’homie di La Seyne-sur-Mer sono un Presidio Slow Food (photo © www.fondazioneslowfood.com).

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«Esistono diversi esempi in cui i pescatori, il settore pubblico, la società civile e la comunità scientifica si sono uniti per gestire collettivamente le risorse, ma sono modelli che hanno bisogno di essere riconosciuti legalmente e con il necessario supporto economico, per non rimanere iniziative meritevoli quanto estemporanee» sottolinea Paula Barbeito, responsabile di Slow Fish, campagna di Slow Food che da 16 anni sensibilizza i cittadini a scegliere di consumare i prodotti ittici in maniera sostenibile e omonima rete di pescatori che in tutto il mondo lavorano come custodi del mare.

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mico, per non rimanere iniziative meritevoli quanto estemporanee» sottolinea PAULA BARBEITO, responsabile di Slow Fish, campagna di Slow Food che da 16 anni sensibilizza i cittadini a scegliere di consumare i prodotti ittici in maniera sostenibile e omonima rete di pescatori che in tutto il mondo lavorano come custodi del mare. La chiave secondo Slow Food è quindi la co-gestione: alcune forme sono attive da oltre mille anni, altre sono nate solo nell’ultimo decennio. Le Prud’homies del Mediterraneo in Francia sono riconosciute dalla legislazione nazionale (due di esse sono anche un Presidio Slow Food), ma generalmente esiste un vuoto normativo in merito a queste iniziative, a livello sia nazionale sia europeo. Un esempio perfetto di cogestione moderna è l’area di pesca protetta di Os Miñarzos, in Spagna, che coinvolge oltre 190 pescatori, università e Ong, autorità locali e nazionali nella gestione di un’area di 2.000 ettari. L’Oasi Blu nel mare di Ugento In Italia va in questa direzione l’istituzione della prima Oasi Blu nel mare di Ugento, in Puglia, uno specchio di mare noto ai ricercatori per via delle importanti aree di riproduzione anche a diverse miglia dalla costa e per le praterie di posidonia. Qui la pianificazione delle

attività di pesca e i sistemi adottati mirano a favorire la conservazione e la gestione razionale delle risorse biologiche del mare. La storia dell’Oasi Blu di Ugento nasce oltre 10 anni fa, quando i pescatori, tra cui VINCENZO B RUNO , attuale presidente della cooperativa, hanno cominciato a mobilitarsi per difendere la loro area di pesca dall’attività aggressiva delle marinerie più grandi, che praticano lo strascico, e dai pescatori di ricci e datteri di mare. «Faccio il pescatore da una vita e sono alla terza generazione della mia famiglia. Un tempo solo la piccola pesca sfruttava le risorse del mare e si pescava per vivere. Oggi, con le nuove tecniche di pesca e lo sviluppo della società in senso consumistico il pescatore è diventato predatore del mare. Noi a Ugento invece siamo giardinieri del mare: sappiamo esattamente cosa pescare, dove e quando, e questo approccio è ancora più importante oggi perché con i cambiamenti climatici in atto non può essere un regolamento calato dall’alto la nostra guida. Pensare di tutelare il mare escludendo i pescatori come noi è come voler tutelare la natura escludendo i contadini». Quella dell’Oasi Blu di Ugento è un’esperienza unica ma facilmente replicabile in altrettante zone ad alta valenza naturalistica in cui sia

presente una marineria della piccola pesca costiera. «A Ugento siamo partiti da un’iniziativa di autoregolamentazione volontaria dei pescatori che oggi è diventata una legge regionale: un percorso esemplare reso possibile dalla collaborazione con istituzioni locali, ricercatori universitari e il locale gruppo di Slow Food. Un passaggio intermedio infatti è stato il riconoscimento della pesca tradizionale delle secche di Ugento come Presidio Slow Food. In pratica a Ugento abbiamo invertito il paradigma: si tutelano i pescatori per tutelare il mare» sottolinea MARCO DADAMO, direttore del Parco Naturale Regionale “Litorale di Ugento” e responsabile dei Presìdi del mare di Slow Food Puglia. Il modello di co-gestione di Ugento è diventato un esempio da seguire per altre marinerie della piccola pesca pugliesi, che hanno già preso contatto con i soggetti pubblici e privati coinvolti nell’Oasi Blu. C’è ancora un ultimo passaggio affinché il mare di Ugento sia davvero un luogo di tutela. «Adesso la legge regionale deve diventare ordinanza della Capitaneria di porto di Gallipoli; in questo modo anche le marinerie più grandi e i pescatori di datteri e ricci di mare devono rispettare le regole dell’Oasi Blu se non vogliono incorrere in sanzioni» conclude Dadamo. >> Link: fondazioneslowfood.com

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PescAgri-CIA: al via l’Osservatorio socioeconomico per il Mezzogiorno Parte dal Mezzogiorno e dalla nascita di PescAgri-CIA Campania — “non un semplice sportello per intercettare i bisogni e le necessità dei pescatori e degli imprenditori del comparto, ma un punto di riferimento per le politiche di valorizzazione e crescita, a tutela di oltre 600 unità produttive censite su base regionale e di una flotta tonniera, quella campana, che è la più grande d’Italia” — la sfida per rilanciare il comparto della pesca e dell’acquacoltura sul filone della transizione green UE. Ad Ischia è stata infatti presentata la prima associazione regionale dedicata, che annuncia la creazione dell’Osservatorio socioeconomico del settore per il Mezzogiorno. «La sfida per il Mezzogiorno — ha spiegato ALESSANDRO MASTROCINQUE, presidente di CIA Campania — guarda allo sviluppo della filiera da una parte, portando nuova attenzione sull’industria della trasformazione di tutto il pescato per conquistare fette importanti di mercato, e, dall’altra, costruendo un Osservatorio socioeconomico della pesca e dell’acquacoltura per il Mezzogiorno come requisito urgente e necessario al recupero di un ruolo di primo piano sul Mediterraneo, capace di generare inclusività e opportunità per le future generazioni, per i giovani e le donne». L’istituzione di un riferimento scientifico come l’Osservatorio è fondamentale alla costruzione di un nuovo dialogo con gli addetti ai lavori e, soprattutto, col mondo accademico, con le associazioni e la società civile, per supportare con dati, studi e ricerche, l’incremento produttivo e sostenibile delle imprese. Al tempo stesso, fa da base allo sviluppo di progetti sul territorio, con il Museo del Mare o il Parco Sommerso di Aenaria, di iniziative per la promozione del pesce nella Dieta Mediterranea, di sensibilizzazione sulla sicurezza alimentare e di valorizzazione delle tipicità e del turismo, guardando a Procida capitale della cultura 2022. «Ischia e le altre isole minori sono come le aree interne d’Italia» è intervenuto il presidente nazionale di CIA-Agricoltori Italiani, DINO SCANAVINO. «Il nostro impegno perché gli vengano riconosciuti diritti è, dunque, per noi lo stesso che ci vede a lavoro, già da tempo, per portare il cambiamento nelle aree rurali del Paese. Significativa è, in questo senso, l’azione di CIA Campania per tutto il Mezzogiorno e il ruolo di PescAgri-CIA si rafforza con la nascita di declinazioni regionali dove le marinerie sono concreto volano di crescita. Diamo voce alle istanze di chi crede e investe nella diversificazione e nella multifunzionalità. Facciamo appello alle istituzioni perché le risorse importanti, anche per il settore della pesca e dell’acquacoltura, vengano incanalate sulle reali esigenze delle imprese, degli allevatori e dei pescatori» (in basso, l’isola di Procida, photo © Laurent Gence x unsplash). >> Link: www.cia.it

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ACQUACOLTURA

L’acquacoltura italiana regge alla pandemia I risultati della Digital Preview di AquaFarm hanno messo in rilievo i danni che il settore ha subito ma anche la sua capacità di reazione e di proiezione al futuro. Il settore rilancia con la crescita dei consumi, la richiesta di qualità e nuove modalità di acquisto e di prodotti

«Abbiamo imparato a non avere timore di fare le cose in modo diverso». In questo concetto espresso da PIER ANTONIO SALVADOR, presidente dell’Associazione Piscicoltori Italiani (API), c’è la sintesi dell’esperienza dell’acquacoltura attraverso la pandemia e dell’atteggiamento giusto per affrontare il futuro in modo vincente. La Digital Preview

di AquaFarm, la manifestazione di Pordenone Fiere ormai punto di riferimento per il settore nel Sud Europa e nel Mediterraneo, è stata per tutti gli operatori della filiera l’opportunità giusta per trarre lezioni oggettive, base di ogni futura strategia, e azioni compensative, sia sul fronte dell’innovazione di prodotto che di quella commerciale.

La pandemia, e soprattutto i vari blocchi che si sono succeduti e permangono tuttora, hanno colpito la produzione in modo significativo. La chiusura del canale HO.RE.CA., ha ricordato Salvador, rappresenta un 25-30% degli sbocchi del comparto ittico d’allevamento e ancora di più della molluschicoltura che, come ha ricordato ERALDO RAMBALDI, diretto-

Tra i tanti temi trattati nel corso della Digital Preview di Aquafarm, ci sono quelli dell’incremento della capacità produttiva e del miglioramento della logistica, ossia tutto quello che è a valle della produzione. Filippo Gallinella, presidente della XIII Commissione Agricoltura della Camera, ha sottolineato che «non si tratta di problemi semplici, ma risolvibili con tecnologia, formazione e investimenti mirati». Nella foto un allevamento di cozze nel Mar Piccolo di Taranto (photo © Massimo Todaro – stock.adobe.com).

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AquaFarm – NovelFarm – AlgaeFarm: ci si ritrova in fiera il 16 e 17 febbraio 2022 e on-line il prossimo autunno In seguito ad un’attenta valutazione, la Fiera di Pordenone ha deciso di rimandare AquaFarm e NovelFarm, e il nuovo progetto AlgaeFarm, al 2022, per garantire una manifestazione in sicurezza e la soddisfazione di tutti i partecipanti, espositori e visitatori. L’appuntamento sarà nel mese di febbraio come le scorse edizioni, il 16 e il 17. La fiera in presenza sarà anticipata da una versione digitale che, accanto alle conferenze in live streaming, offrirà alle aziende possibilità di promozione e di networking tramite una piattaforma dedicata.

re dell’Associazione Mediterranea Acquacoltori (AMA), vive di prodotto freschissimo di pronto consumo. Per entrambi i comparti il problema più grande è stato ed è quello della gestione degli allevamenti. Le tecniche utilizzate per mantenere sani gli animali e rispettare i ritmi biologici di crescita hanno comportato un aumento dei costi, grave in un momento

di calo marcato dei ricavi. Da questo punto di vista l’intervento della mano pubblica è stato salutare. I fondi europei a gestione regionale del programma FEAMP sono stati reindirizzati, ma decisiva è l’azione del Parlamento. FILIPPO GALLINELLA, presidente della XIII Commissione Agricoltura della Camera, è stato chiaro: «Le risorse a

disposizione del settore ci sono e se ci sarà bisogno di altre lavoreremo per trovarle, confido con successo. Ma, soprattutto, dobbiamo pensare al futuro. C’è da aumentare la capacità produttiva, da migliorare la logistica, ossia tutto quello che viene a valle della produzione. Non sono problemi semplici, ma risolvibili con tecnologia, formazione e inve-


L’analisi di Crea Marketing Consulting e API di Confagricoltura Il 48% dei consumatori ha cambiato le proprie abitudini sul consumo di pesce in casa mentre l’82% preferisce pesce allevato in Italia perché più sicuro, più buono e più vicino. Questi, in sintesi, i dati della ricerca commissionata al CREA Marketing Consulting dall’Associazione Piscicoltori Italiani (API) in occasione della Digital Preview di Aquafarm sull’impatto della pandemia e del lockdown sull’acquacoltura. «La preparazione casalinga dei pasti — ha spiegato PIER ANTONIO SALVADOR, presidente API — ha orientato le scelte verso prodotti locali, a garanzia di freschezza, tracciabilità e sicurezza. Requisiti che sono presenti in tutti i prodotti dell’acquacoltura nazionale. Con la pandemia registriamo il 6% di nuovi consumatori, anche se le vendite attraverso la Grande Distribuzione sono riuscite compensare le perdite del 25-30% consumato nel canale HO.RE.CA.». I centri di CREA Zootecnia e Acquacoltura e Politiche e In Italia ogni 10 pesci preparati a casa o al ristorante, solo due Bioeconomia e API hanno realizzato un video che promuove sono italiani. Ne consumiamo più degli altri Paesi europei, ma non ne la ricerca in acquacoltura ed è stato presentato alla Digital produciamo abbastanza. «Nel mondo l’acquacoltura cresce di oltre Preview di Aquafarm. L’obiettivo è raccontare con immagini il 15% l’anno, mentre in Italia resta ferma. Importiamo moltissimo e un settore, l’acquacoltura, col più alto tasso di crescita tra vanno rivisti gli accordi commerciali e i controlli per le importazioni tutte le attività zootecniche, le rese produttive più vantagda Paesi Terzi». La soluzione? «Occorre agire contemporaneamente giose e un consumo di acqua e suolo molto limitati. Ecco il su tre fronti — conclude Salvador — ovvero, controllare maggior- link: www.youtube.com/watch?v=4xpN3p7x0YM mente le importazioni, promuovere il consumo dei prodotti europei dando informazioni corrette ai consumatori sulla provenienza dei prodotti ittici, anche per quelli somministrati attraverso l’HO.RE.CA., e attenuare la burocrazia che impedisce la crescita del settore, semplificandola».

Uno scatto nel corso della Digital Preview di AquaFarm (photo © Aquafarm). stimenti mirati. Comunicare che un prodotto è anche sostenibile, infine, sarà fondamentale per essere ancor più apprezzati sul mercato». Cui si può aggiungere, come ha ricordato RICCARDO RIGILLO, direttore generale Pesca Marittima ed Acquacoltura

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(PEMAC) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, la continua attività di difesa del prodotto italiano con strumenti come l’etichettatura e la certificazione. Proprio al futuro è stata dedicata gran parte degli interventi, condotti

e stimolati con domande del pubblico collegato in remoto, da FABIO GALLO, conduttore della trasmissione televisiva Linea Blu. Il quadro di riferimento lo ha definito la ricerca di CREA Marketing Consulting sul comportamento dei consumatori di prodotti ittici in pandemia. La sintesi: la metà ha cambiato abitudini, ma il pesce è il prodotto che è cresciuto di più nella borsa della spesa degli Italiani, insieme a pasta e verdure. Sono aumentate le consegne a domicilio; è aumentata l’attenzione alla provenienza e la richiesta di maggiore immediatezza nell’informazione; il gradimento del pesce d’allevamento è cresciuto con l’arrivo di nuovi acquirenti, che però vogliono nuovi prodotti. La richiesta in tutti i settori, sia nel fresco che nel congelato, è per alimenti facili da cucinare, pronti al consumo e pronti alla cottura, con tutti gli ingredienti già presenti nella confezione. La tendenza esiste da qualche anno ed è legata alla demografia dei consumatori ed agli stili di vita ma la crisi pandemica ha fatto da turbo.

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L’acquacoltura italiana in cifre I siti di allevamento in mare, lagune e acqua dolce sono 800. L’associazione Piscicoltori di Confagricoltura ne associa il 90%. Sono 25 le specie ittiche diverse. La produzione nazionale è di 180.000 tonnellate e il fatturato è di 500 milioni di euro. Il settore occupa 15.000 addetti (dati CREA – API, 2021).

Allevamento di cozze e vongole nella Sacca di Scardovari (photo © 2018 Søren Ditlevsen).

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WWW.ALLER-AQUA.IT

ALLER LUCET


Coltivazione di microalghe: mercato, produzione e ricerca alla presentazione di AlgaeFarm È di circa 200 tonnellate all’anno la domanda italiana di microalghe essiccate, per utilizzi che vanno dall’alimentare alla nutraceutica alla cosmesi e alla farmacopea, fino ai mangimi per i pesci. Solo meno del 13% della domanda viene oggi soddisfatta dalla produzione nazionale, per i tre quarti concentrata sulla spirulina e in capo ad una decina di aziende. La catena del valore italiana comprende anche alcune realtà che producono componenti come i fotobioreattori o impianti completi per la coltivazione. Questi sono alcuni dei dati forniti nel corso della presentazione del nuovo progetto AlgaeFarm nell’ambito della Digital Preview di AquaFarm, iniziativa illustrata da LUCIA PROSDOCIMO (in foto), project manager della manifestazione. Il mercato italiano richiede elevata qualità, ma i nostri produttori subiscono la concorrenza di aziende europee più strutturate (Francia e Spagna) con offerte comparabili, ma soprattutto degli arrivi dall’Estremo Oriente, “certificati bio” ma con prezzi che sono una frazione di quelli praticati per la spirulina bio europea. A livello mondiale ed europeo il mercato è più sviluppato pur essendo partito, dal punto di vista della ricerca industriale, in contemporanea con quello italiano, che non è decollato se non nello scorso decennio. Le stime sulla produzione mondiale sono molto variabili, da un minimo di 25.000 tonnellate/anno ad un massimo di 130.000, suddiviso tra una ventina di generi ognuna con più specie. Dal 50% al 90% delle quantità, a seconda delle stime, si concentra su due generi, spirulina e clorella. Il valore supera abbondantemente il miliardo di dollari a livello globale ed è caratterizzato da un prezzo al kg molto elevato che lo rende rilevante sebbene in quantità non sia comparabile al contiguo comparto delle macroalghe che ogni anno produce 4,6 milioni di tonnellate. C’è da notare però che si calcola che la domanda potenziale in alcuni settori, come quello della produzione di mangimi per pesci, sia molto elevata, un milione di tonnellate solo per quello citato. Se si compara il mercato europeo a quello mondiale, il nostro continente risulta marginale sul fronte della produzione. Il totale, secondo EABA (European Algal Biomass Association) arriva a 500 tonnellate, con poco meno della metà concentrate su spirulina e clorella. I prezzi variano molto, come la qualità, anche all’interno dello stesso genere. In totale il valore è di circa 500 milioni di euro, con una crescita media anno su anno del 10%. Le prospettive sono più rosee se si considerano gli usi finali della biomassa. Escluse le proteine, estratte da spirulina e clorella, altre sostanze ricavabili hanno prezzi di mercato molto elevati, si va dai 200-600 dollari al kg per gli acidi grassi fino ai 45.000 dollari al chilogrammo per la fucoxantina, un potente anti-infiammatorio, oggi estratto a livelli di purezza inferiori da alcune alghe multicellulari brune. La ricerca, di base e industriale, si concentra oggi sul miglioramento della produttività delle microalghe coltivate, in particolare attraverso la maggiore efficienza del processo della fotosintesi, su cui si basa la fisiologia della maggior parte dei generi utilizzati su scala industriale. L’attenzione si appunta specialmente su sorgenti luminose che emettano le frequenze meglio utilizzate dai diversi generi. Un secondo campo di ricerca mira a ottimizzare la produttività delle microalghe in tutto il volume d’acqua in cui sono contenute le colture, evitando concentrazione che creano zone d’ombra dove la crescita degli organismi si arresta. I temi presentati e altri ancora saranno ripresi nell’agenda di AlgaeFarm.

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Oggi in diversi comparti dell’acquacoltura già il prodotto viene lavorato all’origine, come in quello della trota e del pesce d’acqua dolce in genere, ma la richiesta di operatori come Orapesce e Bofrost, intervenuti alla Preview, è di generalizzare la lavorazione a tutti i prodotti. Una sfida che i produttori sembrano pronti ad affrontare, anche con il sostegno pubblico in vista degli investimenti da effettuare. D’altra parte, se si danno ai consumatori gli stimoli giusti, questi seguono. Non solo fornendo pesce e molluschi “facili”, ma anche ricette rapide e presentate in modo accattivante, come ha ricordato RENATA BRIANO, ex europarlamentare, chef e food blogger, che ha spiegato anche che i clienti vanno raggiunti con tutti i canali, anche i social apparentemente più frivoli. Il segreto è accendere la scintilla della curiosità e della voglia di provare, offrendo un risultato finale buono e sano. La mattinata si è conclusa con la presentazione del nuovo progetto della manifestazione dedicato alle micro e macroalghe, AlgaeFarm, un settore di importanza crescente anche per l’acquacoltura in quanto fonte di ingredienti per i mangimi e altre sostanze utili. L’iniziativa è stata illustrata da LUCIA PROSDOCIMO, project manager della manifestazione, mentre ALBERTO BERTUCCO, presidente, AISAM-Associazione Italiana per lo Studio e le Applicazioni delle Microalghe, ha parlato dello stato dell’arte della ricerca in Italia, e LILIANA RODOLFI, docente dell’Università degli Studi di Firenze, ha tratteggiato i caratteri principali del mercato delle microalghe e delle applicazioni. Nel pomeriggio è seguita la Digital Preview di NovelFarm, la manifestazione internazionale ormai di riferimento per il settore delle coltivazioni fuori suolo, il vertical farming e l’agritech. Ricordiamo solo che le vertical farm rappresentano una vera e propria rivoluzione sostenibile dell’agricoltura urbana per la produzione di cibo. Questi sistemi, meglio noti come sky farming, vengono implementati al fine di massimizzare le coltivazioni minimizzando l’occupazione del suolo. La prima esperienza in tal senso risale al 2012, nasce a Singapore e prende il nome di Sky Greens Farms. * Le registrazioni delle conferenze sono disponibili sui siti www.aquafarmexpo.it e www.novelfarmexpo.it Tre fiere in una • AquaFarm è la mostra-convegno internazionale dedicata ad acquacoltura e industria della pesca sostenibile. • NovelFarm è il più importante evento italiano interamente dedicato alle nuove tecniche di coltivazione, fuori suolo e vertical farming. • Quest’anno sono affiancate da AlgaeFarm, appuntamento dedicato a tecnologie e applicazioni in algocoltura. >> Link: www.aquafarmexpo.it www.novelfarmexpo.it

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Slow Fish: l’Italia dei grandi eventi in presenza riparte da Genova

Slow Fish, la manifestazione biennale dedicata al mare e a tutti i suoi abitanti, ci aspetta anche in questo 2021 con un mese di appuntamenti digitali e iniziative diffuse su tutto il territorio ligure a partire dal 3 giugno e con quattro giorni da vivere in presenza e in sicurezza nel centro storico di Genova dal 1o al 4 luglio. Giunta al traguardo della sua decima edizione, Slow Fish 2021 è stata fortemente voluta dagli organizzatori, Slow Food e Regione Liguria, e da tutti i partner istituzionali e privati che hanno scommesso su una delle primissime manifestazioni in presenza a livello nazionale. Un segnale di ottimismo e di ripartenza lanciato a tutti i soggetti legati a questo evento e a ciò che esso rappresenta. Innanzitutto il mondo della piccola pesca italiano e la rete Slow Fish a livello internazionale che si riconosce nella visione di Slow Food, ma anche la ristorazione e l’ospitalità alberghiera, tra le più colpite dalla crisi innescata dalla pandemia. «Il mondo della piccola pesca, che vive in un equilibrio già estremamente delicato per le problematiche di gestione in mare e per le storture del mercato, è tra i settori che hanno sofferto di più la crisi» dichiara CARLO PETRINI, presidente di Slow Food. «Con la chiusura delle attività di ristorazione e le restrizioni imposte a mercati e fiere, molti hanno perso i principali sbocchi di mercato. Riaccendere i riflettori sulle comunità di pescatori e le risorse del mare assume oggi un significato ancora più forte per comprendere come possiamo provare a ripartire con il piede giusto dopo questa grave crisi pandemica, economica e sociale, guardando al bene comune più importante, l’acqua». Come sempre il cuore di Slow Fish lega la sua anima più gastronomica all’educazione dei cittadini di tutte le età, proponendo quest’anno una narrazione incentrata sulle connessioni tra tutti i soggetti coinvolti nei Cicli dell’acqua, partendo proprio dalle buone pratiche delle comunità che hanno saputo adattarsi ai cambiamenti degli ecosistemi. Una manifestazione dal programma ricco e articolato che offre molteplici occasioni di partecipazione, dove ognuno può trovare il format più adatto ai propri interessi e alle proprie esigenze. Ecco le tappe principali: • dal 4 al 30 giugno la manifestazione propone molti eventi digitali – Food Talk e Come si fa?, Sea Tales e Pesci fuor d’acqua, oltre alle conferenze internazionali, che affronteranno grandi temi di attualità – fruibili gratuitamente su www.slowfish.it; • da Levante a Ponente la Liguria si anima di eventi fisici diffusi, organizzati in collaborazione con la rete territoriale di Slow Food Liguria: i cuochi liguri proporranno menù ad hoc legati alla campagna Slow Fish e i produttori dei Presidi apriranno le porte delle loro aziende ai visitatori, mentre il sistema turistico regionale arricchirà il programma con tour guidati nei borghi e visite nelle città; • dal 1 al 4 luglio a Genova ritroveremo la manifestazione a cui siamo tanto affezionati, con gli espositori, le aree istituzionali regionali che presentano le migliori esperienze del proprio territorio insieme a ristoratori e pescatori, e dei partner dell’evento, i food truck e i birrifici, i Laboratori del Gusto e gli Appuntamenti a Tavola. >> Link: www.slowfish.slowfood.it

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Nuove date per SEALOGY®, in programma dal 18 al 20 novembre “Dopo il successo di SEALOGY® Digital Preview dello scorso novembre avevamo dato appuntamento ad aprile 2021 per l’edizione live del Salone Europeo della Blue Economy. Questo purtroppo non è stato possibile, a causa dell’emergenza sanitaria che tuttora persiste. Per questo motivo ci vediamo costretti a posticipare ulteriormente l’edizione live del salone, che avrà luogo il 18-19-20 novembre 2021 presso il quartiere fieristico di Ferrara”. Sono queste le parole della segreteria organizzativa di SEALOGY® di fronte al perdurare della situazione di crisi pandemica. “Siamo fortemente impegnati per un’edizione ricca e importante: SEALOGY® sarà il punto di partenza da cui gettare le basi per progetti futuri, per presentare le migliori eccellenze presenti nel panorama italiano ed internazionale, buone pratiche di sviluppo sostenibile ma anche start-up innovative legate all’universo mare”. SEALOGY® sarà il luogo in cui sviluppare contatti, trovare occasioni di business e dare un apporto concreto allo sviluppo sostenibile ed all’innovazione, confrontandosi sulle tecnologie più all’avanguardia e sulle migliori pratiche per la tutela e salvaguardia dell’ambiente marino. •

Per chi si fosse lasciato sfuggire SEALOGY® Digital Preview, può vedere la registrazione di tutti i webinar dal sito sealogy.it

Seafood Expo Global / Seafood Processing Global va al 2022 insieme a Seafood Expo North America / Seafood Processing North America Diversified Communications, organizzatore di Seafood Expo Global / Seafood Processing Global ha annunciato che la 28a edizione dell’evento si svolgerà dal 26 al 28 aprile 2022 a Barcellona, in Spagna. «Seguire i nostri clienti è la nostra massima priorità», ha affermato LIZ PLIZGA, vicepresidente di Diversified Communications. «Dopo aver valutato le preoccupazioni di fornitori e buyer in relazione all’incertezza causata dalla situazione pandemica in corso in tutto il mondo, si è reso evidente che il 2021 sarebbe stato ancora troppo presto per realizzare un evento internazionale della nostra portata». Seafood Expo Global / Seafood Processing Global è il più grande e diversificato evento commerciale di prodotti ittici al mondo, che riunisce abitualmente oltre 29.000 professionisti del settore da tutto il mondo. Più di 158 paesi sono rappresentati all'evento e le complesse normative Covid-19 e le restrizioni governative di ogni Paese avrebbero reso impossibile organizzare un evento globale su larga scala nel settembre 2021. «Siamo impegnati a Barcellona» ha aggiunto Plizga. «Continueremo a lavorare con la Fira de Barcelona e la città per assicurarci di poter ospitare un evento in presenza che nel 2022 riporterà, nella sede della Gran Via, la rappresentanza internazionale che rende questo appuntamento il mercato ittico globale e il più grande evento commerciale di prodotti ittici al mondo».

Anche l’edizione 2021 di Seafood Expo North America / Seafood Processing North America, originariamente prevista per il 14-16 marzo 2021 e già rinviata all’estate (11-13 luglio 2021), è stata riprogrammata al 2022, esattamente dal 13 al 15 marzo, sempre presso il Boston Convention & Exhibition Center di Boston, MA. Espositori e clienti, compresi i buyer della vendita al dettaglio e dell’HO.RE.CA., hanno confermato la loro presenza sottolineando l’importanza dell’incontro faccia a faccia per mantenere le relazioni commerciali e sviluppare nuovi business. >> Link: www.seafoodexpo.com/global – www.seafoodexpo.com/north-america

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MarcabyBolognaFiere, salta l’edizione del 2021. Appuntamento in presenza a gennaio 2022 Il perdurare dell’emergenza sanitaria, nonostante le campagne vaccinali in atto sul territorio nazionale stiano lentamente invertendo la curva dei contagi, richiede agli organizzatori fieristici massima flessibilità e una continua valutazione delle opportunità di rimodulazione dei calendari espositivi, con l’obiettivo di assicurare le migliori condizioni per lo svolgimento degli eventi e di assecondare le esigenze delle aziende impegnate a far fronte alla pandemia. È nato anche da queste riflessioni il confronto fra organizzatori dell’evento — BolognaFiere in collaborazione con ADM, Associazione Distribuzione Moderna — e gli espositori, per individuare la miglior data per lo svolgimento della prossima edizione di MarcabyBolognaFiere. Dopo il successo riscosso da Marca Digital Session, la piattaforma digitale di incontro fra produttori e la filiera della GDO (attivata dal 15 al 25 marzo 2021) — che ha visto la presenza di 325 aziende produttrici MDD partner, la realizzazione di 4.000 incontri, 9.000 presenze, l’intervento di 175 buyer stranieri di importanti insegne estere, la presenza di insegne da Europa, USA, Canada, Sud America, Asia e Medio Oriente e di 100 buyer italiani delle insegne top del comitato di MarcabyBolognaFiere — si è reso necessario valutare l’opportunità di confermare lo svolgimento dell’evento come pianificato inizialmente a giugno 2021 o riproporla nella naturale data di svolgimento, il mese di gennaio, puntando direttamente al 2022. La scelta degli espositori ha privilegiato la seconda opzione, sulla quale confluisce, da un lato, la certezza del consolidamento degli effetti delle campagne vaccinali in atto e, dall’altro, il riposizionamento di MarcabyBolognaFiere nel periodo più funzionale alle aziende partecipanti per la pianificazione delle strategie commerciali. «Siamo certi che il riposizionamento a gennaio 2022 sia la migliore soluzione per la ripartenza, a pieno ritmo, del business e per sostenere il trend di attenzione degli operatori internazionali sempre più proiettati a sviluppare collaborazioni commerciali con le imprese italiane che avranno, così, più tempo per organizzare al meglio la partecipazione all’evento» ha dichiarato GIANPIERO CALZOLARI, presidente di BolognaFiere». «Posizionare MarcabyBolognaFiere a gennaio 2022 ci è parsa la soluzione migliore per consentire alle aziende partecipanti di concentrare i loro sforzi nella gestione dell’emergenza tuttora in atto e prevedere la ripartenza a quella data» conferma MARCO PEDRONI, presidente ADM. «Ci conforta il fatto che la sessione digitale svolta a marzo abbia dato ottimi risultati di partecipazione degli operatori, sia MDD partner che distributori; questo ribadisce l’importanza crescente che la Marca del Distributore ha sul mercato e la necessità di proseguire i lavori di innovazione e sviluppo della stessa». >> Link: www.marca.bolognafiere.it

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IL PESCE IN RETE

Social di Elena

1. Cibo e arte contemporanea Scrive MARIA TERESA CUTRONE che “Il cibo è l’energia che permette la vita. È naturale che abbia da sempre occupato un posto di grande rilievo nell’iconografia di tutte le epoche storiche, a cominciare dalle incisioni rupestri fino all’arte contemporanea”. FAD Food and Art Diary è un progetto digitale di raccolta di curiosità e iconografie legate al cibo. Noi seguiamo i suoi autori su instagram. com/fad_foodandartdiary e questa scatola di sardine per noi è davvero stupenda! È opera dell’artista ALICJA KOZLOWSKA (alicesidea.com; photo © Alicja Kozlowska).

2. Noriberica anche su Instagram Bello il profilo instagram.com/noriberica.it della società spagnola, dedicato al target consumer con ricette, suggestioni, idee di preparazione del pesce per piatti belli da vedere e buoni da mangiare. Noriberica è un’azienda leader nella produzione, lavorazione e nel confezionamento di prodotti surgelati della pesca e dell’acquacoltura (photo © instagram.com/noriberica.it).

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fish Benedetti

4. Ytheca, pesce e innovazione 3. Gastronomia marinara 2.0 Frutti di Mare Planète Marine da Carlo è una gastronomia marinara e oyster bar di Catania. Un locale decisamente contemporaneo e moderno con servizi al cliente, tra consegne a domicilio, take away e catering. In attesa di andarli a trovare li seguiamo su instagram.com/planete_marine (photo © instagram.com/planete_marine).

Il nome Ytheca si ispira al simbolo greco “y” per il pesce ed è un locale innovativo di Padova, aperto da Fiorital nel 2015, che propone un modo di mangiare pesce unico nel suo genere. Attraverso il sito ytheca.com è possibile anche accedere allo shop myfiorital.com. C’è tutto: idee, innovazione, omnicanalità. Bravissimi come sempre (in foto, il Panino con la porchetta di tonno; photo © instagram.com/ythecabyfiorital).

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Il progetto BluFish Marine Stewardship Council (MSC) è un’organizzazione internazionale non-profit che promuove la pesca sostenibile attraverso un programma di certificazione, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, basato sullo Standard MSC per la pesca sostenibile. BluFish, promosso da Marine Stewardship Council, con il supporto della Fondazione MAVA, ha l’obiettivo di accompagnare tramite un processo partecipativo le attività di pesca italiane lungo un percorso verso la sostenibilità, fornendo supporto e strumenti per migliorare le pratiche di pesca e riportare in salute gli stock ittici. BluFish ha selezionato in maniera partecipativa alcune attività di pesca del Sud Italia e delle Isole e lavora con loro per migliorarne le pratiche di pesca e renderle più sostenibili attraverso azioni concrete. Il progetto prevede la collaborazione e la partecipazione attiva delle parti interessate unite verso un obiettivo comune, rappresentato dal miglioramento delle attività di pesca verso la sostenibilità. La cooperazione tra operatori della pesca, ONG, istituti di ricerca, agenzie internazionali, amministrazione, istituzioni pubbliche e retailer permette infatti di migliorare la coordinazione tra le parti, aumenta la possibilità di accedere alle risorse necessarie, amplia le competenze, rafforza il senso di responsabilità degli attori coinvolti e permette di compiere un cammino più consapevole verso la sostenibilità ittica. BluFish, attivo dal 2018, ha prima condotto una mappatura delle attività di pesca, con particolare focus su Isole e Italia meridionale. Da qui, unitamente all’interesse manifestato dalle diverse attività di pesca, sono state selezionate 10 attività di pesca che sono state poi valutate rispetto allo Standard MSC per la pesca sostenibile. La valutazione ha permesso di comprendere dove si situano queste attività rispetto alla buona pratica di pesca e alla sostenibilità. In questa fase finale del progetto, le attività impegnate nel percorso lavorano su piani d'azione atti al miglioramento delle pratiche di pesca attraverso azioni definite e identificate insieme a tutte le parti con l’obiettivo di colmare eventuali gap rilevati durante il processo di valutazione. L’obiettivo ultimo del progetto non è la certificazione ma generare un cambiamento di attitudine e un’onda di cambiamento verso la sostenibilità delle risorse ittiche. Percorso che è più che mai necessario in Mediterraneo il cui bacino risulta il più sovrasfruttato a livello globale (FAO, SOFIA 2020). BluFish, inoltre, organizza sessioni di formazione per sensibilizzare gli stakeholder sul tema della sostenibilità ittica e aumentarne la competenza e consapevolezza su questa tematica e sullo Standard MSC per la pesca sostenibile. >> Link: www.msc.org/it

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AZIENDE

Eurofish Napoli, la visione di un’azienda inclusiva e sostenibile che è già realtà di Elena Benedetti

Sarà la luce, saranno i suoi colori, i rumori, la bellezza ogni volta travolgente del suo Golfo, il caos che ti inghiotte e stupisce e diverte. Ogni trasferta a Napoli è sempre una meraviglia. Questa volta la meta è stata Volla, comune della città metropolitana. Ma facciamo un passo indietro: a livello globale il comparto della pesca e dell’acquacoltura è oggi in espansione.

In Italia, l’andamento positivo dei consumi di prodotti ittici richiede necessariamente la capacità di intercettare una domanda sempre più dinamica, con un’offerta sempre più diversificata, considerando anche la trasformazione dei prodotti, la certificazione ambientale, la tracciabilità e rintracciabilità lungo tutta la filiera per garantire qualità al consumatore. Insomma, lavora-

Il titolare di Eurofish Pietro Avolio durante una premiazione. L’azienda partenopea, costituita nel 1998, oggi conta 160 dipendenti ed è un esempio virtuoso di efficace organizzazione interna.

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re nel comparto ittico oggi richiede capacità, esperienza e una visione che punti dritto alla sostenibilità a lungo termine, sotto il profilo ambientale, economico e, non ultimo, sociale. Ci troviamo non a caso nella città metropolitana di Napoli perché, è bene sottolinearlo, la Campania è tra le regioni, soprattutto del Sud Italia, che contribuisce maggiormente alla crescita del comparto, con livelli di consumo più alti di quelli medi nazionali. Qui siamo andati a visitare Eurofish Napoli, realtà leader nel mercato dell’approvvigionamento e della distribuzione di prodotti ittici freschi e surgelati i cui canali di sbocco vanno dai piccoli distributori regionali alla GDO e all’HO.RE.CA. Incontriamo il suo Amministratore PIETRO AVOLIO, nella sede direzionale: negli uffici è un via vai di commerciali, amministrativi, buyer e staff. L’azienda, costituita nel 1998, oggi conta 160 dipendenti ed è un esempio virtuoso di efficace organizzazione interna. Ciò permette di intercettare velocemente le necessità del cliente, garantendo una gestione rapida degli ordini e una consegna ottimale del prodotto. Sostenibilità ambientale come scelta autentica Ma Eurofish Napoli non è solo distribuzione di prodotti ittici freschi di mare e di allevamento, compresi crostacei e molluschi, oltre all’attività di import-export con i mercati più accreditati del comparto: lo spirito di quest’azienda si manifesta in una visione moderna e contemporanea,

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Latomare La Pescheria by Eurofish al porto di Baia Latomare La Pescheria è il progetto di format per le pescherie sviluppato da Eurofish Napoli negli ultimi quattro anni: ubicato strategicamente a Baia, non è propriamente una classica pescheria bensì il terminale del Centro Depurazione Molluschi più vecchio d’Italia. Occupa una sessantina di addetti ed è dotata di un punto di sbarco dedicato dove il pescato locale viene scaricato dai pescatori direttamente presso il punto vendita. Per questo motivo si può parlare di filiera cortissima: l’assenza di passaggi intermedi tra pescatore e venditore favorisce l’alta qualità e il prezzo contenuto. «Crudi, tartare, piatti pronti, sughi e ancora conserve e sottovuoto sono alcune delle offerte disponibili ogni giorno» sottolinea Maria Grazia Avolio, responsabile Ufficio Qualità di Eurofish Napoli. Un format molto apprezzato durante la chiusura della ristorazione nel pieno della crisi pandemica, che oggi ha consolidato la propria offerta di prodotti presso una clientela, quella campana, estremamente esigente e attenta alla qualità del prodotto pesce. >> Link: www.facebook.com/latomarepescheriabacoli

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Maria Grazia Avolio (a destra) con le collaboratrici dell’ufficio qualità Maddalena Cirillo e Maria Bentivoglio. quella del suo Amministratore, che sta facendo da apripista nella sensibilizzazione di una cultura aziendale che sposa quella ambientale e sociale. E lo fa con la comunicazione: basti ricordare il messaggio delle sue pagine in tema di minor consumo di materiale plastico, ma anche con azioni concrete nella quotidianità della gestione aziendale. «Il tema ambientale per noi è sempre al centro» esordisce Pietro Avolio. «Lo facciamo nella nostra battaglia contro le plastiche e nella riduzione dei prodotti invasivi e impattanti, ma anche nella produzione di energia pulita e implementando efficienza energetica in ogni singola fase del processo. L’attenzione all’ambiente per noi non è uno slogan commerciale, è la nostra anima, la nostra scelta primaria» precisa Avolio. «Il consumatore cosa cerca? Ovviamente il miglior prodotto al minor prezzo e in modo costante. Ecco, se attraverso la nostra gestione organizzativa garantiamo elevati standard qualitativi e la vera sostenibilità del prodotto, raggiungiamo l’obiettivo noi ma anche i nostri clienti». Le donne al centro Quello dell’ambiente non è il solo

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tema centrale caro ad Avolio. Ce n’è un altro che ha a che fare con l’orgoglio di aver creato un ambiente di lavoro inclusivo, in grado di favorire l’espressione del potenziale individuale: «Ci tengo a sottolineare che Eurofish Napoli ha un’anima femminile, tant’è che in parecchi ruoli strategici ci sono donne». La valorizzazione delle competenze e l’impulso alla managerialità al femminile sono temi strategici per Eurofish Napoli. «Il nostro Ufficio Qualità, avviato e diretto da mia sorella MARIA GRAZIA AVOLIO nel 2009, è oggi composto anche da altre tre collaboratrici centrali nel cambiare la visione dell’azienda in ottica ambientale e nell’aver conquistato le varie certificazioni che ci rendono un partner efficiente e trasparente». I compiti di questo ufficio sono infatti centrali nello sviluppo aziendale: si va dal monitoraggio dei processi aziendali per verificare l’applicazione dei protocolli e il rispetto delle procedure predefinite allo svolgere le attività di controllo, promuovendo all’interno dell’organizzazione quell’idea di qualità da intendere come qualità dell’organizzazione e non solo di prodotto.

Focus sulla produzione Oggi Eurofish Napoli è una realtà in piena evoluzione: già leader nell’approvvigionamento e nella distribuzione di prodotti ittici freschi e surgelati destinati ai grossisti e ai piccoli distributori, ha sviluppato una linea di catering per l’HO.RE.CA., è presente nella commercializzazione del ghiaccio, dei prodotti ittici sottovuoto e delle conserve e, da quattro anni, è subentrata nella gestione di un punto vendita al pubblico a Baia, vero fiore all’occhiello sul territorio per l’offerta e il livello di servizio. «Oggi la nostra strategia è quella di spostarci verso la produzione in quanto il commercio vive del solo prezzo e non consente più di esprimere a pieno la nostra identità — sottolinea Avolio — oltre al fatto che è molto difficile oggi fare programmazione a lungo termine dati gli scenari continuamente mutevoli causati dalla crisi sanitaria di questo ultimo anno e mezzo. Per questo motivo ci stiamo spostando verso la produzione, rafforzando i nostri marchi (tra cui IRSVEM, Oro di Nisida, Merce Rara Alici di Cetara e Bontà da amare)». Torna spesso nelle parole dell’Amministratore di Eurofish Napoli il concetto di identità: pur essendo strettamente connesso all’immagine dell’azienda — e qui la società napoletana ha molto da insegnare per originalità e creatività —, esso ha radici sui comportamenti e sulle azioni compiute nel corso del tempo e quindi sulla storia e sul percorso fatto. Ci deve essere coerenza fra la percezione identitaria che l’azienda ha di sé e i comportamenti che mette in atto; questa cosa si chiama coerenza e di certo non manca nella visione contemporanea e innovativa di Eurofish Napoli e del suo Amministratore. Elena Benedetti

>> Link: eurofishnapoli.com facebook.com/EurofishOfficialPage linkedin.com/company/eurofishnapoli-srl

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Intervista a Gianni Papadopoulos, nuova generazione a capo dell’attività

Corfù Sea Farm: cuore, sole, mare, orate e spigole Il settore dell’acquacoltura greca è in grande espansione: l’habitat delle sue isole e le acque cristalline dei suoi mari sono un punto di forza per il comparto che, anno dopo anno, conquista quote di mercato sempre maggiori. Sull’isola di Corfù, a Kassiopi, c’è una baia che si affaccia su un mare meraviglioso e qui SOTIRI PAPADOPOULOS nel 1992 fondò un allevamento di spigole (Dicentrarchus labrax) e orate (Sparus aurata) di qualità pregiata, particolarmente ricche di acidi grassi Omega-3. Abbiamo intervistato per IL PESCE la nuova generazione della società, GIANNI PAPADOPOULOS, e scoprire i segreti di questa attività che opera in un contesto da sogno!

In questi quasi 30 anni di attività Corfù Sea Farm ha acquisito via via esperienza e credibilità. Quali sono stati i principali obiettivi raggiunti? Quanto è cambiata l’acquacoltura? E, soprattutto, quanto la tecnologia al suo servizio? «Molto è cambiato negli ultimi 30 anni. Prima di tutto, la nostra attività è cresciuta e ora distribuiamo il nostro pesce in diversi mercati in tutto il mondo. Inoltre, la nostra costanza in termini di qualità di prodotto ci ha permesso di creare un marchio forte presso la nostra clientela. La nostra produzione annuale di spigole e orate è ancora relativamente ridotta (circa 800 tonnellate all’anno) ma è in linea con il nostro

obiettivo, che è quello di produrre in primis in maniera sostenibile prodotti ittici di qualità superiore. La tecnologia e le infrastrutture ci hanno molto aiutato in questo, in quanto, soprattutto negli ultimi anni, sono notevolmente migliorate. Abbiamo iniziato con piccole gabbie in acciaio e ora abbiamo gabbie di plastica più durevoli e migliori reti e materiale di ormeggio che ci consentono di posizionare l’allevamento più al largo nell’Adriatico, ottenendone condizioni allevatoriali più favorevoli. Il nostro know-how si è sviluppato anche per quanto riguarda il modo in cui nutriamo i nostri pesci, come utilizziamo in modo sostenibile

Le gabbie di allevamento di Corfù Sea Farm a Kassiopi, nell’area incontaminata nord-orientale dell’isola di Corfù, in Grecia. La quantità e qualità del mangime utilizzato da Corfù Sea Farm, le correnti marine, l’ambiente acquatico incontaminato, nonché la bassa densità ittica, sono tra i fattori determinanti per ottenere un prodotto dal sapore eccellente (photo © Corfù Sea Farm).

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Non bisogna far violenza alla Natura ma persuaderla. Epicuro Filosofo greco | Samo, 341 a.C. - Atene, 271 a.C.

www.trote.it


per la nostra spigola che raggiunge oltre 3 kg di peso».

Per l’alimentazione degli avannotti e per quella dei pesci di taglia più grande Corfù Sea Farm utilizza mangime industriale, costituito da farine ed oli di pesce ricche di proteine di alta qualità. Questa dieta non contiene OGM ed è sottoposta a controlli per la diossina. Gli avannotti provengono da esemplari da riproduzione selezionati con cura e attenzione alle relative caratteristiche naturali e genetiche, in un processo totalmente tracciato (photo © Corfù Sea Farm). le nostre risorse, come certifichiamo le nostre best practices e come imballiamo, commercializziamo e distribuiamo il nostro pesce nel mondo». Cosa rende i vostri prodotti diversi da quelli dei vostri concorrenti? «Il nostro allevamento si trova a Kassiopi, nell’area incontaminata nord-orientale dell’isola di Corfù, in Grecia. Il sito è posizionato appena fuori una baia, sufficientemente esposto alle forti correnti del Mare Adriatico, il che ci offre l’opportunità di allevare spigole e orate in

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un ambiente che possiamo definire quasi selvaggio. Inoltre, utilizziamo mangimi di alta qualità, manteniamo una bassa densità di allevamento e disponiamo di un moderno impianto di confezionamento che ci garantisce il mantenimento di una catena del freddo ininterrotta. Questi elementi ci danno la possibilità di allevare pesci dal gusto, dalla consistenza della carne e dalla conservabilità straordinari. Negli ultimi anni, infine, ci siamo concentrati sulla produzione di pesci di grandi dimensioni, soprattutto

In quale percentuale la vostra produzione è destinata all’Italia? Il mercato italiano è importante per la vostra attività? «Circa l’85% della nostra produzione viene esportata in Italia, il che significa che il vostro Paese per noi è il mercato più importante. I consumatori italiani sono grandi estimatori di prodotti ittici di qualità. La nostra mission è produrre spigole e orate di qualità ancora superiore e crediamo che il mercato italiano apprezzi questi sforzi. Esportiamo i nostri prodotti anche nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Canada e in Francia». Cosa fate per migliorare la sostenibilità delle vostre produzioni? «Corfù Sea Farm è certificata secondo i protocolli Friend of the Sea, Global Gap, IFS, BRC e ISO 22000, 9001 e 14001. Di conseguenza, la sostenibilità è una parte fondamentale della nostra filosofia. Le certificazioni coprono un campione di responsabilità molto ampio a livello di conformità legale, sicurezza alimentare, HACCP, imballaggi alimentari, salute e sicurezza dei lavoratori, soddisfazione delle richieste della clientela, benessere dei pesci, cura ambientale ed ecologica e riduzione graduale dell’impronta di carbonio. Più in particolare, la sostenibilità ambientale comprende tutti

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Attraverso il sistema HACCP Corfù Sea Farm ispeziona con cura ogni singola fase dell’allevamento, raccolta, inscatolamento, stoccaggio e distribuzione (photo © Corfù Sea Farm). gli aspetti della nostra attività quotidiana dell’allevamento, come il mangime per pesci che proviene da fonti affidabili e sicure, il controllo completo dell’impronta ambientale delle gabbie, densità di allevamento ridotte, corretta ossigenazione e flusso dell’acqua nell’impianto, riciclo e utilizzo di energie rinnovabili».

Attualmente stiamo investendo attivamente in sistemi di monitoraggio remoto dell’allevamento quali sensori di temperatura e ossigeno in tempo reale e una rete di telecamere superficiali e sommerse che ci consentono di essere costantemente aggiornati e prendere decisioni migliori sulle attività produttive quotidiane».

Avete qualche progetto per l’immediato futuro? «Crediamo nel concetto di crescita e miglioramento continuo in tutti gli aspetti della nostra attività.

Parteciperete a qualche fiera del settore nel secondo semestre di quest’anno? «Abbiamo sempre visitato il Sea Food Expo di Bruxelles, che ora si

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è trasferito a Barcellona. Questa fiera rappresenta per noi una grande opportunità di incontrare la nostra clientela, informarci sugli ultimi sviluppi del settore ed esplorare nuove opportunità».

Corfù Sea Farm SA Vathi – Kassiopi 49081 Corfù, Grecia Web: www.corfuseafarm.com

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Fish The Meat the Fish Come and meet us @Host 2021

mondel.it


Un team di consulenti e specialisti con esperienza pluriennale al servizio del mercato

Il metodo France Naissain di Elena Benedetti

Siamo sulla costa occidentale francese, nella regione della Vandea, a circa un’ora di strada da Nantes e più precisamente nel Polder des Champs a Bouin, tra parchi eolici e una distesa ordinata di terreni dedicati all’ostricoltura. Qui opera FRANCE NAISSAIN con incubatoi e vivai di novellame di ostriche diploidi e triploidi selezionate, che l’azienda esporta in tutto il mondo. Perché, si sa, l’ostrica è una vera specialità

della costa atlantica e un alimento fondamentale del patrimonio gastronomico francese. E per allevarla in modo corretto, adeguando la materia prima alle condizioni ambientali, climatiche e, perché no, anche culturali di ogni Paese serve competenza, quella vera. Ma anche l’attaccamento ad un lavoro complesso, influenzato da una gran quantità di variabili, che qui funziona perché è forte il legame ai valori

aziendali, quelli della qualità e della sostenibilità. L’ubicazione geografica di France Naissain è strategica: il Polder beneficia infatti dei vantaggi della Baia di Bourgneuf. Questo sito è attraversato infatti da una falda sotterranea di acqua salata che conferisce acqua con un’elevata concentrazione di nutrienti per il fitoplancton ad una temperatura costante. L’area paludosa si estende così in un ambiente incontaminato e

France Naissain produce e commercializza in tutto il mondo seme, giovani ostriche e ostriche da preingrasso, oltre a garantire un servizio tecnico di consulenza (photo © France Naissain).

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Nella foto larve di ostrica che France Naissain produce sia nella varietà diploide che triploide. “Naissain” in francese significa appunto larva, ma più in generale insieme di giovani ostriche (photo © France Naissain).

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Uno scatto nell’impianto di allevamento di France Naissain (photo © France Naissain). protetto e il clima è ideale per l’allevamento di novellame e ostriche fino al raggiungimento della taglia commerciale. L’incipit di quest’avventura imprenditoriale risale agli inizi degli anni ‘80 per volere di STÉPHANE ANGERI e della sua passione per l’ostricoltura. Da allora lo sviluppo è stato continuo: negli anni ‘90 si sono avviate le prime nursery di ostriche; nel 2001 la prima produzione di ostriche triploidi; nel 2004 viene costituito il Gruppo France Naissain, società commerciale la cui missione è la vendita di prodotti di Vendée Naissain, oltre all’acquisizione di un secondo vivaio di ostriche e l’avvio dello sviluppo internazionale (tra cui in Spagna, Italia, Tunisia, Irlanda, Jersey, Marocco). Negli anni a seguire l’ampliamento produttivo non si arresta e nel 2009 il Gruppo ottiene la prima Certificazione ISO 9001, successivamente aggiornata, per la produzione, commercializzazione ed esportazione di ostriche diploidi e triploidi,

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a cui si aggiunge, nel 2016, quella dell’Agricoltura Biologica. Abbiamo incontrato A RNAUD PENY, direttore commerciale dell’azienda, insieme a MASSIMO DELLA CASA, responsabile di zona per l’Italia (ma anche per Spagna, Portogallo e Maghreb). «In Italia siamo presenti già da qualche anno e tra i nostri obiettivi c’è sicuramente quello di rafforzare la collaborazione con i produttori di ostriche italiani» mi dice Della Casa. Oggi France Naissain opera in diverse aree del Belpaese, dalla Sardegna, dove si concentra il maggior interesse, all’Adriatico, Tirreno, Puglia e Sicilia. «La nostra azienda punta da sempre sulla qualità dei seme di ostrica e novellame e il mercato ce lo riconosce» aggiunge il referente per l’Italia. «Più che sui volumi noi puntiamo sull’offerta di un prodotto qualitativamente all’altezza delle aspettative e con un’elevata resistenza, ovvero sopravvivenza e capacità di adattarsi all’ambiente».

Al fine di mettere a punto un prodotto in grado di soddisfare pienamente le richieste, dal 2014 France Naissain si è dotata al proprio interno di una struttura di Ricerca & Sviluppo che studia tutte le problematiche legate all’allevamento delle ostriche in condizioni ambientali e climatiche diverse. Basti infatti pensare alle differenze tra un allevamento a Nord della Francia e uno nelle acque del Mediterraneo: temperatura, composizione delle acque, esperienza e consumo del prodotto variano sensibilmente. «La Francia è il Paese nel quale la cultura dell’ostrica è più all’avanguardia in Europa e non solo, quindi la nostra forza sta proprio nell’accompagnare i partner commerciali a individuare le modalità migliori di allevamento per ottenere i risultati prefissati» sottolinea Arnaud Peny. «È vero, le certificazioni sono fondamentali ma è altrettanto centrale la nostra filosofia». «Sul mercato italiano France Naissain è presenta da una decina

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In alto: veduta aerea di France Naissain nel Polder des Champs (photo © France Naissain). In basso: la “nursery” di France Naissain (photo © France Naissain).

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Un’esempio di acquacoltura sostenibile e biologica, lo dicono le certificazioni France Naissain ha ottenuto la certificazione di Acquacoltura Responsabile ASC (Aquaculture Stewardship Council), ovvero lo standard che stabilisce le linee guida per le tecniche di acquacoltura sostenibili, nella riduzione al minimo degli impatti ambientali e sociali provocati dalla propria attività. Sempre con l’obiettivo di offrire prodotti di qualità, il Gruppo francese ha conseguito anche la certificazione Agricoltura Biologica da Bureau Veritas, che garantisce rispetto e benessere dell’animale e il limitato impatto sull’ambiente. Viene pertanto garantito novellame biologico di alta qualità e in varie dimensioni (da vivaio, prodotto da sistemi di crescita intermedi in mare, parzialmente coltivato) affinché il mercato possa ottimizzare la propria organizzazione, variare i cicli di produzione in base alla domanda e richiedere e disporre di un’abbondante offerta di ostriche commerciabili tutto l’anno.

di anni, anche se da un paio in modo più consolidato» sottolinea Massimo Della Casa. «La parte consulenziale in Italia è molto importante, dato che, a seconda delle regioni, cambiano spesso radicalmente le tecniche di allevamento» aggiunge Peny, rimarcando l’importanza di garantire un contatto diretto e costante con gli allevatori per la risoluzione delle problematiche e la messa a punto di modalità di accrescimento efficienti. «Se nelle acque dell’Atlantico servono 3 anni per arrivare al prodotto finito, in quelle del Mediterraneo sono sufficienti in media 18 mesi (o anche meno, a seconda delle condizioni locali), ma occorre però fare attenzione al corretto equilibrio dell’accrescimento, che non vada a svantaggio del muscolo rispetto alla valva». La domanda mondiale di ostriche è in aumento — riportano Peny e Della Casa — ricordando che nel settore dell’ostricoltura occorre affidarsi a partner competenti e con esperienza. France Naissain è oggi

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una realtà con tutto ciò che serve, dalle certificazioni e materie prime di qualità alla produzione in vivaio e in mare di ostriche, oltre al servizio e alla consulenza che segue passo passo il cliente. Anche se nel nostro Paese il consumo di ostriche è legato soprattutto ad un contesto di ristorazione — a differenza della Francia in cui c’è una cultura più diffusa — e nonostante la crisi pandemica da cui stiamo uscendo abbia penalizzato il mercato, in Italia era altissima la richiesta di un prodotto di qualità e sicuramente France Naissain può essere una valida partnership per lo sviluppo futuro. Elena Benedetti

France Naissain Polder des Champs 85230 Bouin – Francia E-mail: massimo@francenaissain.com Web: www.francenaissain.com


COPEGO, vongole veraci, cozze e molluschi dalla Sacca di Goro all’Europa Il Consorzio Pescatori di Goro è oggi un’azienda in continua crescita, che si occupa di tutte le fasi della filiera e negli ultimi anni ha incrementato notevolmente il proprio fatturato proveniente dalla produzione e lavorazione di vongole veraci, cozze e molluschi. Recenti sono la certificazione per la produzione di Vongole veraci bio e l’inaugurazione un e-commerce Fondato negli anni ‘30 dai pescatori di Goro per la gestione del mercato ittico, il COPEGO – Consorzio Pescatori di Goro ha assunto nel 1970 la connotazione di società che riuniva diverse cooperative del luo-

go. Risalgono proprio alla seconda metà degli anni ‘80 le sperimentazioni realizzate in collaborazione con l’Università di Ferrara che hanno portato al varo dell’allevamento di cozze e vongole veraci. Oggi CO-

PEGO è un’azienda leader a livello europeo nella produzione di vongole veraci e cozze. Gli impianti produttivi sono situati all’interno della Sacca di Goro e in mare aperto. Attualmente

I molluschi e le vongole veraci COPEGO provengono da allevamenti del Consorzio, il che consente di garantirne la completa tracciabilità, dal pescatore al Consorzio, fino al punto vendita.

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conta la presenza di circa 600 soci, suddivisi in numerose categorie di pesca e di mestiere. MASSIMO GENARI è il presidente del CdA, in carica al suo quarto mandato. La Cooperativa commercializza i propri prodotti a livello nazionale ed europeo. Per poter mantenere ed ampliare il portfolio dei clienti, il COPEGO si avvale di una propria struttura commerciale. Elemento fondamentale, il Consorzio si occupa di tutte le fasi della fi liera, dalla produzione alla commercializzazione. «La nostra è un’azienda in continua crescita — ci dicono i responsabili COPEGO — che negli ultimi anni ha incrementato notevolmente il proprio fatturato proveniente dalla produzione e lavorazione di vongole veraci, cozze e molluschi in genere». Qualità, sicurezza, tracciabilità Il COPEGO vanta una grande esperienza nell’acquacoltura in quanto dotati di punti di forza quali la qualità e la sicurezza della propria produzione, strettamente legate al presidio della fi liera, al controllo puntuale da parte del laboratorio microbiologico e alla depurazione in stabulario. Tutti questi sforzi sono valsi al Consorzio le certificazioni di qualità, che coprono l’intera produzione (IFS – International Food Standard). I molluschi e le vongole veraci provengono da allevamenti del

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Grande attenzione è posta da COPEGO al confezionamento, studiato in funzione delle esigenze dei consumatori: confezioni ad uso famiglia e di facile trasporto ideate per risolvere ogni problema di sgocciolamento. Consorzio, il che consente di garantirne la completa tracciabilità, dal pescatore al Consorzio, fino al punto vendita. Negli ultimi anni, il COPEGO ha spinto molto l’acceleratore sulla qualità non solo della produzione, ma anche del servizio al cliente e al consumatore finale. Il punto vendita aziendale aperto al pubblico “Pescheria Il Cavalluccio” propone la vendita dei prodotti a km 0. Grande attenzione è posta anche al confezionamento, studiato in

funzione delle esigenze dei consumatori: confezioni ad uso famiglia e di facile trasporto appositamente studiate per risolvere ogni problema di sgocciolamento. Inoltre, COPEGO sta promuovendo sul mercato una nuova linea di prodotti già cotti pronti al consumo. Recentemente il COPEGO ha ottenuto la certificazione per la produzione di Vongole veraci biologiche (si veda il box di approfondimento dedicato a pagina 65).

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dalla “concessione” e quindi dalla capacità di gestire le risorse in maniera razionale (pianificazione della semina e/o degli spostamenti di prodotto da aree meno produttive ad altre più idonee all’accrescimento, attuazione delle operazioni di pulizia degli impianti). Negli ultimi anni sono stati effettuati importanti interventi di e scavo dei canali per dare maggiore ossigenazione alla Sacca. Il COPEGO ha avviato un progetto per la costruzione di un impianto di pre-ingrasso vongole che consentirà una produzione autonoma di circa il 30% del nostro fabbisogno.

In alto: stabulario, particolare. In basso: cernita manuale delle cozze. Coltivare il mare L’espressione “Coltivare il mare” rappresenta il cambiamento di mentalità che segna il passaggio da una concezione tradizionale della pesca ad una nuova che si basa sull’utilizzo

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delle ricchezze marine per l’alimentazione. Questo spostamento dell’approccio alla risorsa rappresentata dalla vongola verace, dalla mera attività di pesca ad una basata su tecniche di acquacoltura, è favorito

Lo stabulario del COPEGO Dopo la raccolta, i molluschi vengono portati allo stabulario per la depurazione, controllo e confezionamento con packaging diversificati. L’impianto di depurazione è in funzione dal 1976 (uno dei primi in Italia) ed è uno dei maggiori in Europa. Viene approvvigionato con acqua di mare per riempire vasche dalla capacità complessiva di 500 metri cubi. Le vasche, con il loro

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Dopo la raccolta, i molluschi di COPEGO vengono portati allo stabulario per la depurazione, controllo e confezionamento con packaging diversificati. L’impianto di depurazione è in funzione dal 1976 ed è uno dei maggiori in Europa. Viene approvvigionato con acqua di mare per riempire vasche dalla capacità complessiva di 500 metri cubi.

Allevamento e certificazione delle vongole veraci biologiche Da novembre 2020 COPEGO ha ottenuto la certificazione per l’allevamento delle vongole veraci biologiche. Le vongole veraci bio vengono seminate, allevate e raccolte nelle unità di produzione biologica individuate all’interno delle concessioni del COPEGO tenendo in considerazione la vocazione di tali aree, non solo per l’accrescimento delle veraci, ma anche per il reclutamento naturale di novellame e per l’elevato idrodinamismo. La solidità acquisita negli ultimi anni sta permettendo al COPEGO di affrontare l’emergenza Covid nel miglior modo possibile garantendo ai soci ed ai dipendenti una continuità lavorativa, con la speranza di tornare presto alla normalità.

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COPEGO è la più importante realtà cooperativistica operante in Italia nella pesca e acquacoltura con circa 600 soci.

Un nuovo servizio di e-commerce: COPEGO ha messo in campo una nuova vendita on-line riservata a pescherie e ristoranti di Ferrara e provincia attraverso un e-shop dedicato (www.copego.shop) la consegna della merce viene effettuata con camion refrigerati di proprietà COPEGO.

flusso di acqua marina controllata e depurata, ospitano i molluschi per almeno 12 ore, fi no alla liberazione di tutte le sostanze batteriche. Oltre a garantire l’idoneità al consumo umano di molluschi, lo stabulario deve mantenere gli animali nelle migliori condizioni possibili, imperativo visto il fatto che i molluschi devono essere venduti vivi e vitali. È per questo motivo che l’impianto a circuito aperto ha subito innovative modifiche che hanno reso possibile agire su quei parametri dell’acqua come temperatura e salinità, che in alcuni periodi dell’anno rendevano difficoltoso il mantenimento degli animali in stabulazione. Il fabbisogno energetico dello stabulario è coperto in parte dalla produzione energetica dell’impianto fotovoltaico di proprietà.

COPEGO – Consorzio Pescatori di Goro Soc. Coop. O.P. SEDE: Via A. Brugnoli 298 STABILIMENTO: Via dell’Industria 18 44020 Goro (FE) Telefono: 0533 793111 Web: www.copego.it www.copego.shop

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Il brand lancia la nuova campagna advertising

Fidagel, crescita a +21%

Crescita a doppia cifra per il brand F IDAGEL , divisione dell’azienda siciliana R IPOSTO PESCA SRL, che chiude il 2020 con un incremento del fatturato del 21,2% rispetto al 2019. Il marchio siciliano, composto da quattro categorie ittiche (frutti di mare e crostacei, fi letti, trance, molluschi), per un totale di 24 referenze di solo pesce al naturale, con packaging trasparente, lavorato nei laboratori artigianali di Riposto (CT), più buono e più pratico perché senza glassatura, prosegue il suo percorso di crescita confermato dai risultati. Questo incremento si colloca in un quadro generale positivo per il comparto, ma che vede un’accelerazione di Fidagel con cifre al di sopra della media nazionale. I dati resi noti da IIAS (Istituto italiano alimenti surgelati) sottolineano, infatti, nel pri-

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mo quadrimestre 2020 una crescita del comparto ittico retail del 16,5%. Un dato complessivo dell’intero comparto che, in questo caso, tiene in considerazione anche le sottocategorie, tra cui i panati ittici. Nello stesso periodo Fidagel ha registrato un incremento del 46,5%. Infine, nel primo quadrimestre 2021 Fidagel ha raggiunto lo stesso fatturato del primo quadrimestre 2020. Un dato che dimostra una costanza e una continuità negli acquisti da parte del consumatore. «Avere mantenuto lo stesso fatturato del primo quadrimestre dello scorso anno ci induce a varie riflessioni» spiega CARMELO D’A ITA (in foto), ideatore e responsabile Fidagel. «Il primo quadrimestre del 2020 ha registrato un incremento importante delle vendite determi-

nate dalla necessità di approvvigionamento delle famiglie italiane, costrette a casa per via del lockdown. La tendenza era, infatti, di fare scorte per una spesa non più giornaliera. Il fatto che i numeri si siano mantenuti significa che le abitudini dei consumatori abbiano subito un processo di fidelizzazione verso i prodotti scelti un anno fa. Per Fidagel mantenere questi risultati è una sorpresa piacevole, che ci fa capire che la strategia sviluppata fi no ad oggi è sulla strada giusta». Il brand è presente nei punti di vendita della distribuzione moderna in Sicilia e Calabria e nel normal trade in Calabria e Malta. Di recente Fidagel sta sperimentando un nuovo progetto di consegna a domicilio in Lombardia, attraverso la collaborazione con un rivenditore specializzato.

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Fidagel ha lanciato una campagna affissioni sul territorio siciliano il cui progetto è stato sviluppato dall’agenzia di comunicazione Industria01 e prevede due momenti strategici: una prima parte, che si è sviluppata dal 10 al 16 maggio 2021, con tre teaser di forte impatto per suscitare curiosità nel pubblico; e una seconda parte, attiva dal 17 al 23 maggio 2021, con un follow-up focalizzato sulla promozione esplicita dei prodotti del brand, in cui vengono evidenziate le caratteristiche del prodotto Fidagel, senza ghiaccio aggiunto. «Fidagel ha una caratteristica distintiva rispetto ad altri prodotti ossia l’assenza di ghiaccio aggiunto» spiegano BICE GUASTELLA e SARAH BERSANI di Industria01. «Abbiamo quindi valorizzato questo aspetto puntando sull’effetto sorpresa e sull’ironia».

>> Link: www.fidagel.it

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Il Consorzio per il Centro Interuniversitario di Biologia Marina di Livorno (CIBM): dalla ricerca sulle risorse ittiche alle analisi ambientali certificate Accredia Chi siamo Il Consorzio per il Centro Interuniversitario di Biologia Marina ed Ecologia Applicata “G. Bacci” (CIBM) è un ente morale senza fini di lucro costituito il 29 settembre 1967 dal Comune di Livorno e da sette Università italiane: gli Atenei

di Firenze, Pisa, Siena, Bologna, Modena-Reggio Emilia, Torino e Cagliari. Il CIBM ha personalità giuridica ed è riconosciuto quale Istituto scientifico nel settore della pesca e dell’oceanologia con DM del 22 dicembre 1979, n. 339, ed è iscritto dal 29 dicembre 1983 nello

Schedario Anagrafe Nazionale Ricerche del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica. Le attività Il CIBM effettua le indagini ambientali finalizzate alla conoscenza ed al monitoraggio dell’ambiente

Campagna sperimentale di pesca.

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marino costiero dove maggiore è l’incidenza delle attività antropiche. Oltre a promuovere l’attività scientifica avanzata e specialistica a supporto di quella universitaria e post-universitaria nel settore ambientale, il CIBM svolge attività di consulenza per enti pubblici e privati in progetti di salvaguardia dell’ambiente marino e costiero. Il Centro è stato, sin dalla sua costituzione, luogo attivo di ricerca scientifica e di consulenza qualificata. I progetti di ricerca internazionali e le attività di consulenza per realtà produttive hanno permesso di svolgere attività non solo in ambito nazionale, ma anche in diverse parti lungo le coste del Mediterraneo. In particolare, nel settore della biologia della pesca, sono stati realizzati con l’Unione Europea, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e con la Regione Toscana diversi progetti comunitari, nazionali e regionali; ciò ha consentito tra l’altro, dal 2002, di svolgere la funzione di ente coordinatore per il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, delle attività relative all’esecuzione del Regolamento Comunitario raccolta dati per le risorse demersali per la GSA9 (Liguria, Toscana e Lazio). Recentemente è stato inoltre rafforzato il preesistente legame di collaborazione scientifica con la Regione Toscana e ARPAT attraverso la stipula del nuovo accordo quadro “Studi di valutazione e gestione delle risorse rinnovabili marine” recentemente esteso a tutti i descrittori della Marine Strategy Framework Directive. Negli ultimi dieci anni è stato dato grande impulso ai monitoraggi ambientali legati ad importanti attività produttive come la posa di cavi telefonici sottomarini, gasdotti, elettrodotti, sfruttamento dei giacimenti di gas-metano, processi di rigassificazione di LNG e sua messa in rete, allevamenti ittici. Il CIBM possiede una lunga esperienza anche nelle indagini ambientali connesse alla movimentazione dei sedimenti sia per ripristino di fondali portuali che per la costruzione di moli e per i ripascimenti costieri.

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In alto: l’ottocentesca Barriera Margherita, intitolata alla moglie del re Umberto I di Savoia e considerata uno dei più emblematici monumenti livornesi, ospita la sede madre del Centro Interuniversitario di Biologia Marina. In basso: lo Scoglio della Regina, sede del settore delle risorse rinnovabili del CIBM. Garanzie di qualità Il mantenimento di elevati standard di qualità dell’offerta viene garantito attraverso attività di formazione continua del personale ed attraverso un Sistema di Gestione Qualità certificato ISO 9001: 2015. Inoltre, la competenza specifica dei laboratori è garantita dall’accreditamento Accredia secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2018. Le prove accreditate sono riportate nell’elenco ufficiale reperibile sul sito web del

laboratorio o consultabile sul sito Accredia (www.accredia.it). Le nostre sedi La sede madre si trova nell’edificio storico Barriera Margherita, costruito intorno al 1890, un tempo capolinea della ferrovia Pisa-Tirrenia-Livorno. Qui, oltre ai laboratori, si trova la sede amministrativa. L’ampliamento dei servizi offerti ha portato alla necessità di un’ulteriore nuova sede.

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tadinanza e le scuole finalizzato a trasmettere la conoscenza del mare non solo a chi col mare ci lavora, ma anche ai più giovani, con l’obiettivo di aumentare sensibilità e consapevolezza del vivere rispettoso. I nostri laboratori Laboratorio popolamenti fitozoobentonici Vengono analizzati campioni per la conoscenza dei popolamenti (animali e vegetali con particolare riferimento alle fanerogame marine) che colonizzano i fondali marini. In particolare il CIBM è il primo che da anni ha accreditato la prova “Analisi delle comunità bentoniche di fondi mobili in ambiente marino”. Collabora con tassonomi di comprovata esperienza internazionale per avere un continuo controllo del proprio operato e per essere sempre all’avanguardia nelle determinazione tassonomica delle specie.

Laboratorio popolamenti fitozoobentonici. Il settore delle risorse rinnovabili si trova attualmente presso lo Scoglio della Regina, ex stabilimento balneare costruito nel 1846, che fu uno delle mete preferite dai vacanzieri di tutta Italia. Il nostro team Un team di ricercatori e tecnici altamente qualificati in grado di fornire prestazioni di elevata qualità, dalla progettazione alla realizzazione di studi finalizzati alla conoscenza del nostro mare, per sviluppare attività compatibili con la salvaguardia e il rispetto dell’ambiente

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La nostra mission Attraverso un percorso di ricerca e consulenza, contribuire alla conoscenza del mare, per capire la sostenibilità delle attività antropiche in un’ottica di economia circolare, e individuare la sostenibilità delle risorse marine, bilanciando il giusto equilibrio tra uso e salvaguardia, profitto e conservazione, fruibilità e protezione. Il CIBM, inoltre, investe in attività per la promozione e la diffusione della cultura scientifica, attraverso la didattica, ma anche attraverso “I Racconti del Mare”, appuntamento annuale con la cit-

Laboratorio di chimica Questo laboratorio è in grado di svolgere la maggior parte delle analisi chimiche su matrici ambientali marine (sedimenti, acque di mare, biota) necessarie sia ai fini delle caratterizzazioni di ecosistemi marini che connesse alle attività industriali (dragaggi portuali, ripascimenti) e, più in generale, caratterizzazioni connesse alle attività antropiche in ambiente marino, anche off-shore, nel rispetto delle prescrizioni ambientali. Grazie alle moderne strumentazioni di cui è dotato, infatti, è possibile determinare: elementi in traccia, TOC, composti organici volatili e composti organici semivolatili ed altri parametri richiesti dalle normative in vigore. Relativamente agli elementi in traccia, è possibile effettuare test di bioaccumulo su organismi filtratori o su accumulatori passivi (DGT), ma anche prove di estrazione sequenziale per la stima della biodisponibilità. Inoltre, grazie alla pluriennale esperienza dei propri tecnici ed alla sinergia col settore ecotossicologico, offre supporto attivo nell’attività di ricerca anche implementando nuove metodiche e/o modulando le metodi-

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Una storia di artigianalità, tradizione e qualità nel cuore della laguna veneta. Seguici sui social!

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lare, l’attività di ricerca è incentrata sulla progettazione e sviluppo di nuovi test/endpoints ecotossicologici mirati ad uno screening precoce dello status ecologico di ambienti sia naturali che sottoposti a stress antropico. Un altro aspetto su cui verte la ricerca del settore, in collaborazione con il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa, riguarda la valutazione sia di tossicità che di efficacia di polimeri next-gen ad azione antifouling e fouling-release. Recentemente, grazie a collaborazioni con enti e Università internazionali di riconosciuto valore scientifico, la ricerca del settore “Ecotossicologia e Microbiologia” si è aperta all’innovativa valutazione degli effetti di contaminanti emergenti, anche in relazione ai sempre più preoccupanti cambiamenti climatici. Per quanto riguarda le attività di formazione, il settore, col pieno supporto di tutto il CIBM, offre la possibilità di svolgimento di tirocini formativi e di orientamento finalizzati sia alla stesura di tesi di laurea e di dottorato di ricerca, sia all’inserimento nel mondo del lavoro, tramite collaborazione diretta con la Regione Toscana.

In alto: laboratorio di chimica inorganica. In basso: laboratorio di chimica organica. che normate sulla base delle esigenze specifiche di progetto. Laboratorio di ecotossicologia e microbiologia Questo settore svolge, in stretta collaborazione con il settore “Chimica”, attività di caratterizzazione fisica e biologica di matrici ambientali, principalmente, ma non solo, marine. L’attività primaria del settore risiede nell’esecuzione di saggi biologici standardizzati secondo le più diffuse norme (UNI-EN-ISO, ASTM, US-EPA), sia su matrici inalterate

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(acque e sedimenti), sia su manipolazioni delle stesse (elutriati, eluati e lisciviati), sia su rifiuti secondo le procedure H14. Per quanto concerne i saggi biologici, il settore contribuisce attivamente, in qualità di partner, alla creazione di una rete di laboratori finalizzata alla produzione di circuiti di intercalibrazione per test ecotossicologici su matrici marine. Oltre alle attività di monitoraggio, il settore “Ecotossicologia e Microbiologia”, svolge anche attività di ricerca e formazione. In partico-

Laboratorio ricerca e valutazione delle risorse ittiche Questo laboratorio ha iniziato a svolgere attività di ricerca a partire dal 1984. Da allora le indagini sono aumentate e diversificate grazie a numerosi progetti di ricerca a livello locale, nazionale e internazionale. A livello regionale questo settore costituisce un punto di riferimento tecnico-scientifico per l’intera pubblica amministrazione, grazie alle conoscenze acquisite ed alle capacità di affrontare problematiche e di sviluppare ricerche su differenti aspetti relativi alla pesca e alle risorse biologiche sfruttate. A livello nazionale ed internazionale, il settore Ricerca e Valutazione delle risorse ittiche del CIBM è responsabile scientifico dal 2002 della Sub-Area Geografica 9 (FAO

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• tecnologia della pesca ed esperimenti di selettività; • impatto della pesca sui fondali marini e sulle risorse ittiche; • ecologia trofica delle comunità ittiche demersali; • studi di fattibilità e valutazione di impatto ambientale di impianti di maricoltura offshore. Grazie alle attività di ricerca è stata allestita nel corso degli anni una consistente banca dati su flottiglie da pesca, sforzo di pesca, catture e biologia delle specie sfruttate. I nostri servizi Il team è in grado di fornire un servizio “chiavi in mano” dalla fase di progettazione alla realizzazione delle campagne in mare, restituzione dei dati e assistenza presso le autorità. Il futuro Il CIBM, essendo un’associazione senza scopo di lucro, investe continuamente i propri utili nel miglioramento della struttura, sia dal punto di vista della qualità ed aggiornamento del personale sia dal punto di vista delle risorse strumentali. Nuove prospettive di consulenza e ricerca si stanno aprendo nel settore acquacoltura a supporto delle certificazioni ambientali, nel monitoraggio e la valutazione dell’impatto ambientale dei cosiddetti “contaminanti emergenti” (ad esempio prodotti per la cosmesi, rifiuti personali, conservanti, ecc…) e degli effetti dei cambiamenti climatici. In alto: colture algali. In basso: gameti femminili di Mytilus galloprovincialis. GSA9, Liguria, Toscana e Lazio) per ciò che concerne tutte le attività di rilevamento dati sulla pesca previste dai regolamenti comunitari (Data Collection Framework) e svolte da tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea. L’attività di ricerca prevede anche la realizzazione di attività didattiche: il settore Ricerca e Valutazione delle risorse ittiche è il punto di riferimento toscano per gli studenti per tesi di laurea, dottorati di ricerca, attività di tirocinio o specializzazione, su temi inerenti la valutazione delle risorse ittiche o la 76

biologia e l’ecologia delle stesse. Le principali tematiche trattate sono le seguenti: • campagne di pesca sperimentale (es. trawl surveys); • dinamica di popolazione e valutazione dello stato di sfruttamento delle risorse ittiche; • sistematica e distribuzione di pesci, crostacei e cefalopodi; • accrescimento di pesci ossei mediante lettura dell’età; • biologia riproduttiva e fecondità di pesci, crostacei e cefalopodi; • pesca sperimentale con attrezzi da posta;

>> Link: www.cibm.it

CIBM – Consorzio per il Centro Interuniversitario di Biologia Marina ed Ecologia Applicata “G. Bacci” Viale Nazario Sauro 4 – 57128 Livorno Telefono: 0586 807287 E-mail: cibm@cibm.it

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Mare Gioioso, la freschezza del pescato di Puglia, la ricchezza di un’offerta ittica che arriva da tutto il mondo di Gaia Borghi

La Mare Gioioso di Sebastiano, azienda di import-export di pescato e prodotti ittici dal mondo, nasce nell’estate del 2016 dalla volontà del suo fondatore e amministratore, SEBASTIANO GIOIOSO, forte di un’e-

sperienza quarantennale nel settore, di creare un’azienda moderna e innovativa, particolarmente attenta al sociale e alla salvaguardia dell’ambiente, che garantisce sicurezza, freschezza e qualità della propria

offerta. La sede a Monopoli (BA), nel cuore della Puglia, la colloca in una posizione strategica che le consente l’approvvigionamento del pesce e dei prodotti ittici dai principali porti del Sud Italia, iniziando

Mare Gioioso acquista prodotti ittici surgelati provenienti da Marocco, Senegal, Tunisia, Tailandia, India, Vietnam, Indonesia… al fine di offrire un vasto assortimento di prodotti decongelati in salamoia come polpi, seppie, calamari, totani e molti altri.

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da quelli che le sono vicinissimi di Monopoli, Brindisi, Mola di Bari, Otranto, Gallipoli, Santa Maria di Leuca, Savelletri, Termoli, Ortona. Al contempo, giungono in azienda quotidianamente prodotti ittici freschi e di primissima qualità provenienti da gran parte dei mari europei (Spagna, Francia, Belgio, Olanda, Danimarca…), dall’Africa e dal Medioriente, e prodotti ittici surgelati provenienti da Marocco, Senegal, Tunisia, Thailandia, India, Vietnam, Indonesia… Mare Gioioso collabora inoltre esclusivamente con allevamenti sicuri e certificati della Grecia e della Turchia. All’interno dello stabilimento, un’area è dedicata alla preparazione di una linea riservata all’alta ristorazione composta da tartare, filetti, carpacci e tanti altri prodotti abbattuti in conformità al Regolamento (CE) 853/04. Infine, per ampliare la propria offerta, nei primi mesi del 2020 l’azienda ha creato un nuovo centro di spedizione di molluschi all’interno di un nuovo stabilimento (CDM) sito a Torre Canne di Fasano (BR). Composta da oltre 50 vasche per la stabulazione di cozze, vongole, ostriche, fasolari e altri frutti di mare, la nuova struttura è dotata di macchinari di ultima generazione per il confezionamento dei prodotti. Per sapere qualcosa di più di questa importante realtà di importexport abbiamo fatto qualche domanda direttamente a VITALESSIO MARGARITONDO, responsabile relazioni esterne dell’azienda. Tra pesce fresco/decongelato/preparati qual è oggi il core business dell’azienda? E, in prospettiva, guardando al medio-termine, quali sono i prodotti che prevedete in maggiore sviluppo? «Mare Gioioso riceve quotidianamente il frutto del lavoro di oltre 70 pescherecci che conferiscono in maniera esclusiva il pescato. Contestualmente, l’azienda acquista notevoli quantità di prodotto congelato proveniente da tutto il mondo per poter essere successivamente lavorato e decongelato. Indubbiamente il

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Uno dei punti di forza della Mare Gioioso, che le hanno permesso di ottenere da subito un ruolo da protagonista nel panorama del commercio ittico nazionale, è rappresentato dalla vasta gamma e quantità di pescato fresco proveniente dagli oltre 70 pescherecci che, utilizzando reti da traino, reti da posta e ami e palangari, conferiscono all’azienda in via esclusiva il frutto del proprio lavoro.

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nostro core business è rappresentato dalla commercializzazione del pesce fresco, ma, guardando al mediotermine, ritengo che la crescita del prodotto lavorato/decongelato, trasformato e confezionato otterrà un maggiore sviluppo». Secondo la sua opinione, come è cambiato il mercato negli ultimi anni? «Oltre ad essere cambiato, il mercato si è evoluto sulla scorta di quelle che sono le nuove abitudini alimentari. Il consumatore finale oggi preferisce acquistare il prodotto già “pulito” e confezionato, talvolta anche dai banchi frigo dei supermercati invece che dalla classica pescheria». Quale impatto ha avuto la pandemia sulla vostra attività? «La pandemia ha sicuramente inciso sulla nostra attività. In particolare, il ramo aziendale dedicato all’HO.RE.CA. è rimasto praticamente fermo per quasi un anno. Abbiamo comunque utilizzato questo tempo per mettere a punto nuove strategie commerciali e abbiamo aggiunto nuove linee di prodotti a quelle già esistenti».

In alto: Sebastiano Gioioso. In basso: attraverso l’attività di import-export di pesce, giungono quotidianamente alla Mare Gioioso prodotti ittici freschi e di primissima qualità provenienti da gran parte dei mari dell’Europa (Spagna, Francia, Belgio, Olanda, Danimarca…) nonché dall’Africa e dal Medioriente.

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Oggi le tematiche legate alla salvaguardia dell’ambiente e alla sostenibilità sono un driver fondamentale nella comunicazione al consumatore: quali sono le azioni di Mare Gioioso in quest’ambito? «Mare Gioioso è un’azienda certificata ISO 14001. Consapevole che il rispetto e la tutela dell’ambiente siano la nostra prima responsabilità per le future generazioni, ci impegniamo affinché: * sia pienamente rispettata la normativa vigente in materia ambientale; * tutti i processi aziendali siano valutati in funzione del loro impatto ambientale e quindi adottate procedure di gestione tali da garantire una maggiore tutela ambientale; * venga data priorità alla valorizzazione dei prodotti locali a km 0; * venga ridotta o eliminata la produzione di rifiuti, scarichi ed emissioni per ridurre l’impatto sul territorio;

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Via Matteucci 17/19 – 47042 Cesenatico (FC) - tel. 0547/675446 - fax 0547/75 139 - info@giomare.net

VENDITA PESCE FRESCO Giò Mare è un’azienda con sede a Rimini e Cesenatico specializzata nella vendita di pesce e in particolare nella vendita di pesce fresco. La rapidità nelle consegne, la grande professionalità degli addetti Giò Mare e ovviamente l’altissima qualità del prodotto, hanno reso la nostra attività di vendita pesce un vero punto di riferimento per tutti coloro che cercano VO QBSUOFS BMUBNFOUF BGmEBCJMF 7FOEJUB EJ QFTDF GSFTDP E BMMFWBNFOUP F E JNQPSUB[JPOF proveniente dai migliori mercati ittici.


* venga migliorato il differenziamento dei rifiuti, la gestione dei rifiuti speciali e dei sottoprodotti di origine animale; * si razionalizzino i consumi di energia elettrica (attraverso una corretta gestione della catena del freddo), di acqua potabile e gas; * si evitino sprechi di prodotti alimentari e di risorse aziendali ottimizzando la gestione dei prodotti, le rotazioni e le scorte, al fine di diminuire gli scarti e le distruzioni; * venga razionalizzato il consumo di detergenti e disinfettati che hanno un impatto diretto sugli scarichi idrici, attenendosi scrupolosamente alle modalità e alle concentrazioni indicate nelle procedure di sanificazione; * aumenti l’utilizzo di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. Per finire, tutto il packaging delle nuove linee di prodotti è riciclabile al 100%».

In alto: la sicurezza alimentare è un requisito imprescindibile soprattutto in questo settore ed è per questo che la Mare Gioioso monitora continuamente i propri processi produttivi, garantendo così la spedizione di pesce fresco di alta qualità in tutta Italia. In basso: la nuovissima linea sushi.

La Mare Gioioso in cifre • • • •

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300+ tonnellate movimentate mensilmente 30 mezzi a disposizione 4.000 m2 di superficie totale 1.600 m2 di superficie destinata allo stoccaggio di congelato

Qualche novità sul fronte prodotti? «Come le ho detto, la pandemia ci ha permesso di poter individuare e studiare meglio le esigenze dei nostri clienti e del consumatore finale in genere. Alla luce di questo, abbiamo implementato le nostre aree di lavorazione con nuove attrezzature e macchinari, aumentando così la gamma dei prodotti trasformati e includendo altresì una nuova linea di sushi. Ma, la novità più importante è rappresentata dalla linea “Bontà di Mare”, composta da prodotti ittici in vaschetta pronti per essere cotti dal consumatore finale confezionati in atmosfera protettiva o skin». Gaia Borghi

Mare Gioioso di Sebastiano Import-Export Contrada Baione sn 70043 Monopoli (BA) Telefono: 080 4174806-7 E-mail: commerciale@maregioioso.it Web: www.maregioioso.it

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Ōra King Salmon, arriva in Italia il salmone reale neozelandese

Il NEW YORK TIMES lo ha definito il “Wagyu del mare”, paragonandolo al bovino giapponese la cui carne è considerata tra le più pregiate se non la più pregiata del pianeta. E ora, distribuito da Selecta Spa, azienda fondata nel 1989 e oggi leader nella selezione di prodotti alimentari dall’Italia e dal mondo, arriva finalmente anche in Italia. Ōra King Salmon è una specie unica di salmone Reale, allevato in Nuova Zelanda nelle acque delle Marlborough Sounds. Il suo nome deriva dalla parola Māori “Ōra”, che si traduce in “fresco” e “vivo”. Colore arancione intenso, rotondità e pienezza della carne rossa, consistenza ricca e burrosa con linee di grasso marmorizzato e una dolcezza che raramente si ottiene con il salmone: sono questi i tratti distintivi che hanno con-

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quistato la fantasia di chef a livello mondiale. Ōra King sarà disponibile in filetti d prima qualità, accuratamente sigillati sottovuoto, sia come filetto fresco, sia come surgelato; intero, il pregiatissimo esemplare selezionato a mano; affumicato, sfilettato a mano e spinato, salato con sale marino e zucchero di canna, e affumicato lentamente a freddo con legno di manuka, originario sempre della Nuova Zelanda. La selezione genetica Il salmone King è una specie molto rara che rappresenta meno dell’1% della produzione mondiale di salmone. In natura lo si può trovare nell’Oceano Pacifico settentrionale: dal Giappone, attraverso il Mar di Bering, alla costa occidentale degli Stati Uniti, fino alla California

meridionale. È stato introdotto in Canada (British Columbia), Cile, Stato di Washington e alla fine del XIX secolo anche in Nuova Zelanda per la pesca sportiva. Negli anni ‘80 la NEW ZEALAND KING SALMON, la società madre di Ōra King, ha stabilito i primi allevamenti entrati in attività nel 1996. Attraverso tre strutture situate nell’isola meridionale della Nuova Zelanda, NEW ZEALAND KING SALMON COMPANY porta avanti da oltre 25 anni un programma di allevamento sostenibile che ha prodotto ben 9 generazioni di salmoni King, creando oltre 100 famiglie distinte. Ogni anno, infatti, vengono selezionati solo i migliori salmoni maschi e femmine in base a specifiche caratteristiche qualitative e di performance. Nasce così una razza unica, geneticamente distinta da qualsiasi altra specie di salmone al mondo.

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Ōra King è il risultato di un programma di allevamento classico che dura da due decenni ed è studiato per produrre unicamente salmone reale della massima qualità, dal gusto, consistenza e dal colore più invitanti

Il programma di allevamento I salmoni sono allevati in recinti posti in mare, con una densità di allevamento pari al 2% di pesci e circa il 98% di acqua, per garantire uno spazio ottimale per il loro sviluppo. I salmoni reali Ōra King sono alimentati con una dieta nutrizionalmente equilibrata, tracciabile, proveniente da fonti certificate non OGM e sostenibili, contenente tutto ciò di cui i salmoni hanno bisogno — grassi complessi e proteine di qualità, insieme a carboidrati, vitamine e minerali essenziali — con una formulazione che cambia durante tutto il ciclo di vita, garantendone una crescita ottimale. Un sistema di telecamere subacquee monitora costantemente l’appetito dei salmoni e garantisce la somministrazione delle giuste quantità di cibo. Il programma di allevamento sostenibile certificato di Ōra King inizia presso la struttura di acqua di acqua dolce a Takaka, dove le uova di salmone crescono tra le acque più limpide e chiare al mondo, che sgorgano dalle Te Waikoropupū Springs, le più grandi sorgenti d’acqua dolce della Nuova Zelanda e le maggiori fonti d’acqua fredda dell’emisfero meridionale, definite dai Māori, appunto, “Ōra”, la forma più pura di acqua, che sembra abbia persino poteri di guarigione.

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Ciascun salmone è classificato a mano da un maestro classificatore specificamente qualificato che ispeziona scrupolosamente il pesce all’interno e all’esterno. Il processo di classificazione suddivide i salmoni in tre categorie: grado Ōra King, grado Premium e grado Standard.

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La New Zealand King Salmon Company etichetta con il marchio Ōra King solo il proprio salmone reale più pregiato: quello che meglio rappresenta le caratteristiche gastronomiche superiori di questa razza che non ha paragoni. Per produrre Ōra King affumicato, ad esempio, ciascun pesce intero è sfilettato e diliscato a mano, cosparso con sale marino e zucchero di canna e sottoposto a una lenta affumicatura a freddo con fumo di legno di manuka, autoctono della Nuova Zelanda. Il prodotto è privo di nitriti e nitrati aggiunti.

Le certificazioni • Il salmone neozelandese Ōra King è certificato dalla Global Aquaculture Alliance per le “Migliori pratiche di acquacoltura”. • L’azienda agricola marittima di Marlborough Sounds ha ottenuto la certificazione Aquaculture Stewardship Council (ASC) per la produzione responsabile dal punto di vista ambientale e sociale. • L’autorevole guida per i consumatori Seafood Watch dell’Acquario della Baia di Monterey ha dato al salmone King della Nuova Zelanda una valutazione di acquisto “Best Choice” per i consumatori. • Il programma di conservazione Ocean Wise dell’acquario di Vancouver raccomanda inoltre Ōra King come opzione sostenibile per il cibo di mare. • Insieme alle altre certificazioni e valutazioni, la New Zealand King Salmon Company è impegnata a raggiungere 5 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite inerenti alle proprie attività produttive, nonché concorre al raggiungimento dell’obiettivo mondiale della Global Salmon Initiative (GSI) di mantenere e far crescere il settore educando ai benefici dell’allevamento del salmone.

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Con una media di 14.000 litri di acqua dolce che gorgoglia sulla superficie delle sorgenti ogni secondo, i salmoni King vengono allevati in modo naturale e sano nell’habitat ideale e in condizioni che emulano il ciclo di vita dei salmoni selvatici. Una volta fecondate, le uova vengono schiuse nell’impianto di acqua dolce a Tentburn. Entro il primo anno, gli avannotti vengono trasportati a Marlborough Sounds a maturare in acque marine che scorrono veloci, imitando il ciclo di vita del salmone selvaggio. Quando i salmoni raggiungono una taglia media di 4 kg sono pronti per essere pescati con reti appositamente progettate e trasportati, appoggiati sul ghiaccio, con speciali autocisterne nello stabilimento di Nelson per la lavorazione. All’arrivo nell’impianto di trasformazione di Nelson, ogni salmone è accuratamente lavato e selezionato da mani esperte, che esaminano attentamente ogni esemplare per assicurarsi che sia conforme alle specifiche di Ōra King. Ad ogni salmone viene applicata un’etichetta branchiale numerata con il marchio Ōra King, per garantire la tracciabilità e come prova dell’autenticità del prodotto. The Ōra King Awards Gli Ōra King Awards sono stati istituiti nel 2013 per stimolare la creatività degli chef che utilizzano il salmone King premium. Gli chef di tutto il mondo sono invitati a partecipare proponendo il loro “Best Ōra King Dish”. Una volta scelti, i finalisti volano fino in Nuova Zelanda per partecipare alla prestigiosa cerimonia di premiazione e incontrare gli altri chef e operatori del settore. Per info Il salmone affumicato Ōra King è disponibile per la consegna a domicilio su Palatifi ni.it, 24.fish e altri distributori selezionati come Selecta Spa, Oyster Oasis, Woerndle Interservice / Gran Chef. >> Link: orakingsalmon.co.nz @orakingsalmon è anche su Instagram e Facebook

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I prodotti del mare d’Irlanda Un piacere al naturale Il nostro team di esperti è pronto ad assistervi nella ricerca di prodotti ittici irlandesi di qualità. Bord Bia Italia T: +390272002065 bordbia.milan@bordbia.ie www.origingreen.ie


Scampi irlandesi: equilibrio perfetto tra gusto e salute Bord Bia ci svela i segreti di questi crostacei amati dagli Italiani: i consumi, le proprietà nutritive e le modalità di pesca sostenibile

Gli scampi provenienti dall’Atlantico nordorientale e, soprattutto, dalle acque fredde e limpide al largo delle coste irlandesi, sono uno dei prodotti preferiti dai buongustai di tutto il mondo: leggeri, gustosi, ricchi di vitamine e molto versatili in cucina. In questo periodo più che mai, mangiare alimenti sani e con il giusto apporto di proprietà nutritive è davvero importante per mantenersi

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in salute e gli scampi sono un ottimo alleato. Gli Italiani amano in modo particolare questo prodotto, apprezzandone soprattutto la qualità e il gusto eccellente. Le principali zone di allevamento si trovano nell’Atlantico nord-orientale, nel Mediterraneo e nel Mare del Nord. In Irlanda le aree di pesca maggiori sono Porcupine Bank, le isole Aran e le Smalls.

Gli scampi, e i crostacei più in generale, come detto, hanno ottime proprietà nutrizionali: sono infatti fonte di proteine con una quantità di grassi molto bassa, presentano acidi grassi essenziali che aiutano a salvaguardare il sistema cardiovascolare. Nei crostacei sono poi presenti vitamine del gruppo B, minerali come selenio, iodio, zinco, fosforo e magnesio. Dato il loro

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Scegliere gli scampi irlandesi significa consumare un prodotto che rispetta l’ambiente e che tutela il benessere e la salute dei consumatori. contenuto di sodio, durante la cottura non è necessario aggiungere il sale. Gli scampi irlandesi sono particolarmente apprezzati anche dai consumatori più esigenti per diverse ragioni: grazie alla gestione responsabile delle risorse marine e la tutela dell’ambiente, questi crostacei sono caratterizzati da un’ottima consistenza e freschezza, che viene mantenuta grazie ai processi di lavorazione e il congelamento a bordo che garantiscono l’elevata qualità della materia prima, dal fondale marino alla piastra! Inoltre, un certo numero di esportatori irlandesi tratta anche gli scampi congelati a terra, utilizzando sistemi all’avanguardia dove i prodotti vengono classificati, imballati e conservati a –25° fino alla spedizione. La pesca selvatica irlandese è disciplinata dalla politica comune della

pesca (PCP) dell’UE, la quale mira a garantire che la pesca e l’acquacoltura siano sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale e che costituiscano una fonte di cibo sano per tutti i cittadini dell’UE. Tali principi sono in linea con le tendenze dei consumatori europei, che sono sempre più orientati verso prodotti ecosostenibili, che tutelino cioè la biodiversità e che rispettino i più elevati standard di qualità e di sicurezza alimentare. Inoltre, tutti i principali esportatori di scampi irlandesi partecipano anche al programma di sostenibilità Origin Green gestito da Bord Bia – Irish Food Board. Questo programma di sostenibilità opera su scala nazionale. Consente ai produttori irlandesi di fissare e raggiungere obiettivi misurabili di sostenibilità, tra cui la riduzione dell’impatto ambientale, il servizio

alle comunità locali e la protezione delle straordinarie risorse naturali che questa terra può offrire. Sotto questo aspetto, l’Irlanda è uno dei Paesi leader al mondo. Il suo approccio alla produzione sostenibile dell’acquacoltura prevede anche: • salute e selezione naturale degli stock ittici; • densità degli stock ittici controllate; • regolamentazioni rigorose sull’impiego di mangimi; • utilizzo di prodotti e processi naturali; • impegno nell’utilizzo di energie rinnovabili; • attenzione verso le pratiche di riciclo, riutilizzo e recupero. Scegliere gli scampi irlandesi significa consumare un prodotto che rispetta l’ambiente e che tutela il benessere e la salute dei consumatori.

Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 314 milioni di euro nel 2019; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 176 milioni di euro. >> Link: www.irishfoodanddrink.com

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BluFish è un progetto promosso da Marine Stewardship Council (MSC) per promuovere la sostenibilità della pesca nel Mediterraneo, uno dei mari più sfruttati al mondo. Attraverso un approccio partecipativo, BluFish lavora con le attività di pesca, principalmente del Sud Italia e delle Isole, per identificare insieme pratiche e azioni concrete di miglioramento delle attività di pesca per una rotta verso la sostenibilità. BluFish è realizzato grazie al supporto della Fondazione Mava. Scopri di più su www.msc.org/it

UN PROGETTO PER ACCOMPAGNARE LE ATTIVITÀ DI PESCA VERSO LA SOSTENIBILITA’. SUPPORTATO DA:


INFO ALLE IMPRESE

Contributi a fondo perduto

Regione Emilia-Romagna Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014-2020 Bando misura 5.69 Trasformazione e commercializzazione prodotti Sarà operativo a breve il bando per chiedere un contributo a fondo perduto del 50% per investimenti di trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici da realizzarsi dopo la presentazione della domanda negli anni 2021-2022

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per i seguenti investimenti: 1. costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; 2. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione, ecc…; 3. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, con impianti fotovoltaici; 4. acquisto di contenitori coibentati posti su camion con assemblato l’impianto frigorifero; 5. autoveicoli “VAN” dotati di coibentazione e gruppo frigorifero non amovibile dalla motrice; 6. spese per il miglioramento delle

condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; 7. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 8. spese di progettazione e direzione lavori.

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INTERVISTE

Intervista allo chef Pasquale Palamaro

Il futuro della cucina marinara: tra materie prime tradizionali e innovazione tecnologica PASQUALE PALAMARO è uno straordinario chef a cui, nel 2013, Michelin ha assegnato una stella, riconoscendo la sua arte in cucina e il suo pregevole lavoro presso Indaco, il ristorante dell’Albergo della Regina Isabella in cui lo chef di origini ischitane copre il ruolo di Executive Chef. La sua esperienza diretta con illustri chef del panorama italiano e internazionale gli è servita per esprimere al meglio i sapori e i colori della sua terra. Tiene fortemente alle sue origini e ai suoi luoghi, come a quelle ispirazioni del mare che, come ama ripetere sempre, rappresentano la principale ispirazione per i suoi menù. Non disdegna, però, la sana contaminazione tra materie prime e innovazione tecnologica, tanto da avvalersi del Cuomo Method®, ovvero il Pesciugatore®. Con questa avanzata attrezzatura Palamaro finalizza e lascia stagionare i suoi salumi di mare.

Lo chef Pasquale Palamaro si definisce “cuoco di mare” o “cuoco pescatore”, traendo proprio dal mare la principale ispirazione per le sue creazioni.

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Oltre la curiosità da soddisfare, ci dice quanto sono buoni questi nuovi prodotti e qual è l’indice di gradimento dei clienti dopo l’assaggio? «Ormai sono passati quasi quattro anni da quando ho riconosciuto la mia vera identità professionale, per cui mi definisco cuoco di mare o cuoco pescatore. Ed è proprio in questa fase di transizione professionale che ho iniziato a cucinare il pesce come se fosse la carne: e così sono nati anche i salumi di mare. Facendo riferimento al mio stile di cucina, uno dei piatti che lascia sempre stupiti i miei ospiti, sia per gusto che per filosofia, è Aculei di mare: un finto riccio che di riccio non ha

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nulla, preparato con un mantecato di ricciola, cuore di limone salato, basilico e salsa di mozzarella. L’idea di riprodurre un simile riccio nasce quando viene imposto il divieto di poter pescare i ricci nel nostro mare di Ischia, per via della salvaguardia dei fondali marini. Provvedimento da me pienamente condiviso». Palamaro ama molto la ricerca di nuove tecniche di cucina da utilizzare con le materie prime dei nostri mari e il suo obiettivo principale è quello di raccontare il ricco giacimento del Meridione d’Italia attraverso i suoi piatti. Presta molta attenzione anche alla presentazione dei piatti. È giusto valorizzare il cibo alla vista e al palato, ma è ancor più giusto se il cibo fa bene alla salute. Lei è molto attento a questo aspetto, vero? «Ormai, con l’evoluzione gastronomica del nuovo millennio, tutti sappiamo che si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca, e la tecnica ci aiuta tantissimo a realizzare vere e proprie opere d’arte. Ma gli occhi hanno un limite ed è quello di non donare il piacere a tutto il corpo tramite il gusto, avvenimento che accade solo quando mangiamo qualcosa di veramente buono. A mio avviso il buono sta solo nell’eccellenza e nella freschezza del prodotto, quindi la tecnica deve essere sempre a servizio della materia prima per esaltarne il gusto, mai viceversa». Usando il Cuomo Method®, inventore di questo dispositivo intelligente per la cura e la maturazione del pesce a pH controllato, che utilizza metodi naturali senza l’aggiunta di chimica artificiale, all’avanguardia per l’affumicatura e la preparazione dei salami di mare, anche cotti a bassa temperatura o sottovuoto, come la mortadella e il prosciutto di tonno o le soppressata di ricciola e la ‘nduja di spigola, Palamaro ha studiato, applicato e messo su un’interessante offerta di salumeria ittica. Tra i prodotti che sta realizzando con il suo estro creativo, ci presenta quelli che preferisce di più? «Non pensavo che questa mia scelta professionale di vivere il mare

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a 360 gradi mi facesse diventare un norcino del mare, ma devo confessare che mi stimola molto questo progetto, anche perché ho trovato nel gruppo della Stagionello e con il Metodo Cuomo lo stesso spirito e stimolo. Tra la vasta gamma di prodotti che ho preparato, quelli che mi hanno particolarmente stupito sono stati: Salamella DolceMare, ‘Nduja di spigola, Lonza di morone e Bresaola di tonno. Prodotti veramente particolari che, come ho detto alle persone dopo aver provato nel mondo alcuni ristoranti e gastronomie, vale il viaggio per provarli…. e questa volta lo dico per i miei salumi».

Pasquale Palamaro è l’executive chef di Indaco, il ristorante dell’Albergo della Regina Isabella, noto indirizzo e meta glamour fondato da Angelo Rizzoli negli anni ‘50, sito nell’incantevole borgo di Lacco Ameno.

«Non pensavo che questa mia scelta professionale di vivere il mare a 360 gradi mi facesse diventare un norcino del mare, ma devo confessare che mi stimola molto questo progetto, anche perché ho trovato nel gruppo della Stagionello e con il Metodo Cuomo lo stesso spirito e stimolo. Salamella DolceMare, ‘Nduja di spigola, Lonza di morone e Bresaola di tonno sono prodotti veramente particolari che valgono il viaggio»

Lo chef Palamaro, come il Cuomo Method®, sposano la filosofia che ha come suo obiettivo la tutela e l’incentivazione delle produzioni e dei consumi di alimenti tipici e tradizionali. Grazie all’esperienza di Palamaro nello scegliere la materia prima e nel creare le adeguate ricette per ciascun prodotto, lo chef ha scelto il Pesciugatore® per completare l’affinamento dei salumi di mare: un dispositivo garantito, brevettato e prodotto al 100% in Italia, capace di realizzare produzioni ittiche di altissimo livello nutraceutico, oltre che di meravigliosa fattura e bontà, organolettica e di gusto. Secondo lei, visto che lo applica per le sue creazioni culinarie, questo metodo rappresenta il futuro per chi si occupa di cucina marinara? «Beh, che dire!!! Di sicuro noi siamo ciò che mangiano, e questa frase ci deve tornare in mente ogni qualvolta ci apprestiamo a comprare alimenti o materia prima da trasformare in cibo. Di riflesso, bisogna affidare la materia prima a macchine evolute che la rispettino, tanto quanto è stato fatto quando ci siamo apprestati a comprarla. Per cui, sì. Confermo che il Metodo Cuomo, applicato dal dispositivo Pesciugatore®, aiuta a controllare e migliorare nelle loro caratteristiche organolettiche il prodotto finale di eccellenza».

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Identità Golose: 25-27 settembre 2021 “Costruire un nuovo futuro: il lavoro” L’edizione numero sedici della grande kermesse dedicata ai protagonisti della cucina e della pasticceria d’autore sarà organizzata come di consueto a Milano, negli spazi del Mi.Co., durante un periodo insolito per il congresso che, fin dal suo esordio, si è sempre tenuto nel primo trimestre dell’anno. Una scelta obbligata dalla necessità di pianificare l’evento in sicurezza, senza rinunciare agli elementi che l’hanno sempre caratterizzato. Obiettivo sarà dare voce al mondo della ristorazione quando la pandemia che ha invaso le nostre vite avrà smesso – si spera e si prevede – di mordere, “per riscoprire nei ristoranti non solo luoghi in cui le relazioni possono avvenire in sicurezza, ma in cui talenti, professionalità ed eccellenze del territorio devono continuare ad essere coltivati e valorizzati”. Per parlare e ricordare la grande bellezza dell’alta ristorazione abbiamo scelto il piatto dello chef Giuseppe Geraci del Modì Ristorante di Torregrotta, in provincia di Messina, “Alici, pomodoro e pani caliatu”. “L’idea di questo piatto nasce dalla voglia dello chef di raccontare il suo territorio, tradizioni e origini, ma soprattutto dalla necessità di eliminare il superfluo per ripartire. Le alici marinate, infatti, sono un piatto che i pescatori preparavano per la facilità nel reperire gli ingredienti. La marinatura a secco delle alici è una tecnica che veniva utilizzata prima della diffusione del frigorifero e l’estratto di pomodoro a cui vengono accompagnate è la conserva siciliana per eccellenza. Il ‘pani caliatu’, invece, era il pane tipico delle isole Eolie, cibo quotidiano e ingrediente fondamentale di minestre, piatti di verdure, pietanze di pesce e carne. Lo chef lo utilizza perché il pane è storia, cultura, vita” (photo © instagram.com/identitagolose e @giuseppe_geraci_). Link: www.identitagolose.it

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AMBIENTE

Life DELFI: verso una convivenza tra delfini e pescatori di Daniel Li Veli, Massimo Virgili, Rocco de Marco, Andrea Petetta, Guido Pietroluongo, Giorgia Corazzola, Federica Barbera e Alessandro Lucchetti

“Quando viene catturato, il delfino, non appena si accorge di essere finito nelle maglie della rete, rimane fermo senza agitarsi; e per giunta è felice, perché si rimpinza senza alcuno sforzo con l’enorme quantità di pesci impigliati nella rete. Quando infine è in prossimità della terraferma, rosicchia la rete e ne sguscia fuori”. Così scriveva PLUTARCO nel suo trattato sull’intelligenza degli animali (De Sollertia Animalium, I-II d.C.), a testimonianza del fatto che le origini del conflitto tra attrezzi da pesca

e cetacei risalgono probabilmente al primo tentativo dell’uomo di catturare un pesce tramite delle reti. Ad oggi, le interazioni dei cetacei con le attività antropiche sono ampiamente documentate sia in letteratura scientifica che nei fatti di cronaca provenienti da gran parte delle marinerie italiane. In particolare, le attività antropiche rappresentano ogni anno la causa di morte nel 25% delle carcasse esaminate e il 38% di quelle in cui la causa di morte è stata determinata. La pesca professionale

costituisce la principale minaccia antropogenica per un gran numero di specie di cetacei che popolano le nostre acque, dai piccoli delfini comuni (Delphinus delphis), ai grandi cetacei come i capodogli (Physeter macrocephalus). Negli ultimi anni, il tursiope (Tursiops truncatus) è diventata la specie più coinvolta nelle interazioni con la pesca, probabilmente anche a causa del crescente depauperamento delle risorse ittiche che induce pescatori e delfini a condividere aree e risorse. Il

Coppia di tursiopi avvistati nelle acque dell’AMP Tavolara, Punta Coda Cavallo (photo © A. Fozzi).

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Tursiopi nei pressi del sacco di una rete a strascico (photo © CNR-IRBIM). tursiope è una delle specie di delfini maggiormente conosciute e studiate a livello mondiale, nota particolarmente per le capacità cognitive e di adattamento alle attività antropiche. Questa specie infatti ha modificato le proprie abitudini comportamentali per sfruttare le nuove opportunità di alimentazione legate alle attività di pesca, portando a forme di interazioni “trofiche”, come il commensalismo e la depredazione. In buona sostanza, delfini e pescatori possono essere considerati in competizione per le stesse prede, in maniera diretta o indiretta, da cui entrambi dipendono. Osservazioni di commensalismo sono ben documentate nella pesca con reti a traino (reti a strascico e reti volanti). Infatti, i delfini seguono le imbarcazioni in maniera opportunistica, approfittando del pesce che fugge dalle reti durante il traino o dal cosiddetto scarto di pesca (frazione del pescato che viene rigettata in mare dai pescatori poiché priva di interesse economico). I delfini trovano un’ulteriore risorsa alimentare nei pesci impigliati negli attrezzi da pesca passivi, alle quali si avvicinano nell’intendo di depredarle. Se da un lato la depredazione fornisce un’importante risorsa di

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foraggiamento per i delfini, il contatto con le reti li espone al rischio di rimanervi accidentalmente impigliati e catturati. Questo evento, chiamato by-catch (cattura accidentale di una specie non target) può portare alla morte immediata dell’animale per l’impossibilità di tornare in superficie e respirare. Anche nel caso in cui l’animale riesca a liberarsi, questa interazione può portare a conseguenze letali o che vanno ad incidere negativamente sullo stato di salute dell’animale, come l’infiammazione e l’infezione delle parti di cute avvolte dalle reti, l’ingestione involontaria di frammenti di rete che può provocare lesioni a livello di tratto gastrointestinale oppure lo strangolamento a livello laringeo da parte delle reti che impedisce all’animale di respirare. Dal punto di vista del pescatore, invece, viene spesso imputata alle interazioni con i delfini una riduzione del pescato sia in termini di quantità che qualità. I delfini infatti possono ridurre i quantitativi di pescato, spaventando i pesci oppure rimuovendo o danneggiando il pesce catturato nelle reti, rendendolo di fatto non commerciabile. Inoltre, nel tentativo di rimuovere il pesce intrappolato, questi animali possono danneggiare

gli attrezzi con i loro denti, con un ulteriore aggravio economico per il pescatore legato ai costi e tempi necessari per la riparazione dell’attrezzatura. Tali interazioni conflittuali sono sfociate negli ultimi anni anche in soluzioni estreme, come ad esempio il ferimento o l’uccisione volontaria dei delfini, quest’ultima verificata tramite l’esame necroscopico su delfini rinvenuti spiaggiati, o in meno cruente manifestazioni e scioperi, come avvenuto presso le marinerie eoliane nel 2017. In tale occasione, lo stato di agitazione dei pescatori è culminato in un’interrogazione parlamentare, in cui veniva richiesto di adottare soluzioni che garantissero sia la conservazione dei cetacei che la sostenibilità socio-economica del comparto peschereccio. È proprio su questa tematica che nel gennaio 2020 ha preso il via il progetto Life DELFI (2020-2024; lifedelfi.eu), cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma

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Danneggiamento delle catture commerciali dovuto al fenomeno della depredazione. Life per la conservazione di specie ed habitat a rischio. La specie su cui si concentreranno maggiormente le attività di conservazione è proprio il tursiope, elencato negli allegati II e IV della Direttiva Habitat (92/43/CEE), sebbene le azioni trasversali del progetto si estenderanno ad un vasto spettro di specie di cetacei, per i quali le interazioni con il mondo della pesca professionale rappresentano una minaccia per la conservazione. La selezione delle aree di studio del progetto ha considerato sia il tasso di mortalità dei tursiopi che le difficoltà sostenute dai pescatori come una priorità di intervento. Le zone così individuate comprendono le acque della Toscana meridionale, il Veneto, le acque costiere abruzzesi

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(Torre del Cerrano) e marchigiane, nonché della Penisola sorrentina (Campania), delle isole Egadi ed Eolie in Sicilia e dell’isola di Tavolara in Sardegna, insieme a diverse aree croate come Istria e Cres. Prima di studiare e sperimentare soluzioni e strategie utili a limitare tali interazioni, la problematica è stata indagata area per area per caratterizzare quale attrezzo fosse più impattante o impattato, la frequenza d’interazione e la stagionalità. A tal proposito, un sondaggio preliminare ha coinvolto più di 200 pescatori attraverso interviste tramite questionari, confermando che la quasi totalità dei pescatori lamenta impatti negativi dovuti alla presenza dei delfini nelle aree di pesca. Di questi, più del 30% ha sottolineato come gli

effetti più dannosi per la pesca siano la depredazione e il danneggiamento del pescato, mentre il 24% si è soffermato sugli attrezzi rovinati e il restante 13% si è focalizzato sul fenomeno dello sparpagliamento dei banchi di pesce. Nella maggior parte dei casi le stime dei danni sono nell’ordine di 1.000-5.000 euro annui, ma le perdite in alcuni casi possono raggiungere anche i 10.000 euro. Gli attrezzi da pesca maggiormente coinvolti sono le reti da posta (tramaglio e imbrocco), seguite dalle reti a strascico, le reti volanti e il cianciolo o lampara (reti a circuizione). A seconda delle aree, del periodo e delle caratteristiche tecniche degli attrezzi, l’entità dell’impatto può variare notevolmente; ad esempio le interazioni fra delfini, reti volanti e reti a strascico rappresentano un problema quasi esclusivamente in centro-nord Adriatico. L’uso di reti da posta e reti a circuizione può invece risultare problematico in altre aree italiane, come ad esempio il basso Tirreno e negli arcipelaghi siciliani. Pertanto, le soluzioni per ridurre le interferenze fra attrezzi da pesca e delfini non possono essere considerate univoche, ma vanno studiate in funzione delle realtà locali. Riguardo la stagionalità dell’interazione si è potuto constatare che sia costante durante tutto l’anno, con periodi di massima concentrazione focalizzati nei mesi primaverili ed estivi. Un allarmante dato proviene dagli eventi di by-catch dove circa un terzo degli intervistati ha riportato di aver catturato almeno un delfino durante la propria esperienza. Ciò è avvenuto nella maggior parte dei casi (77%) utilizzando delle reti da posta, come tramagli o reti ad imbrocco, e, in misura minore, con reti a strascico (19%) e le reti volanti (8%). Inoltre, nella maggioranza dei casi (> 50%) gli esemplari catturati sono stati rinvenuti morti al momento della salpa. Nel loro insieme, le azioni intraprese nell’ambito di Life DELFI per ridurre le interazioni fra delfini e pesca professionale sono riconducibili a tre categorie fondamentali: tecniche, sociali e gestionali.

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Misure tecniche Due tipologie di dispositivi di mitigazione verranno impiegate per scoraggiare l’avvicinamento dei delfini agli attrezzi e conseguentemente ridurre al minimo ogni forma di impatto negativo che ne potrebbe derivare da esso: 1. Pinger interattivi. Si tratta di dissuasori acustici di recente sviluppo, in grado di emanare impulsi sonori solo dopo aver acusticamente riconosciuto la presenza dei delfini nell’area di pesca. Questi dissuasori ad attivazione “intelligente” offrono il vantaggio di minimizzare eventuali fenomeni di “abituazione”, che nei pinger “tradizionali” (a emissione continua) ha portato al cosiddetto fenomeno del dinner bell (campanello per la cena). Di fatti, i tradizionali pinger sono risultati esser efficienti solo per un breve periodo iniziale, al termine del quale i delfini dopo aver riconosciuto il suono emesso dai dispositivi non lo associano più come segnale d’allarme ma

come richiamo di cibo facilmente reperibile. Per questo motivo, il pinger a funzionamento interattivo ostacola il fenomeno del riconoscimento da parte dei cetacei e inoltre garantisce un minor inquinamento acustico introdotto nell’ambiente marino; 2. Lampade LED: l’utilizzo di lampade a LED come deterrenti visivi ha dimostrato ottime capacità di riduzione delle interazioni reti da posta-delfini in alcuni recenti studi condotti in Perù. Inoltre, questi strumenti vengono definiti multi-taxa BRDs (By-catch Reduction Devices), poiché un singolo dispositivo è in grado di ridurre simultaneamente la cattura accidentale di diverse categorie di specie protette (tartarughe marine, uccelli e mammiferi), ottimizzando lo sforzo e i costi necessari per il loro utilizzo. In linea con le recenti raccomandazioni FAO per prevenire la cattura accidentale dei cetacei, verrà inoltre promosso il gear-switching (diversificazione della pesca), incentivando

la diffusione e l’utilizzo di attrezzi meno impattanti e meno soggetti ad interazioni, come le nasse di ultima generazione diffuse nel precedente LIFE TartaLife, a sostituzione di attrezzi tradizionali considerati ad alto rischio per i delfini, come le reti da posta. Misure socio-economiche Le azioni di Life DELFI prevedono il forte coinvolgimento degli operatori del settore peschereccio in attività di formazione e nella transizione a un modello di pesca sostenibile, in associazione con campagne di sensibilizzazione e attività di citizenscience per coinvolgere attivamente un pubblico sempre più ampio nella difesa dell’ambiente marino. Gli obiettivi specifici di queste misure comprendono: - la creazione di sportelli informativi rivolti ai pescatori per incentivare attività economiche aggiuntive e alternative come il dolphin watching (avvistamento cetacei con escursioni in barca per turisti) e per supportarli nella

Tursiope catturato accidentalmente in un tramaglio, uno degli attrezzi da pesca maggiormente diffuso lungo le coste italiane (photo © progetto DELFI).

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Principali risultati del sondaggio tramite questionari (209 intervistati)

Aree investigate (a), caratterizzazione delle modalità di interazione riportate dai pescatori (b), intensità delle interazioni su base stagionale (0= no interazioni; 4=molto frequenti; (c) eventi di by-catch riportati dai pescatori (68) che hanno catturato almeno una volta un delfino, diversificati per attrezzo da pesca (d).

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richiesta fondi per la transizione verso tecniche e attrezzi da pesca meno impattanti; corsi di formazione per i pescatori sulle buone prassi da attuare in situazioni di emergenza legate alla cattura accidentale di cetacei durante le operazioni di pesca; elaborazione di un codice di condotta responsabile attraverso un percorso partecipativo con i pescatori, che sarà propedeutico all’adozione di un marchio di qualità Dolphin safe;

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sviluppo di una App per smartphone, al fine di includere il grande pubblico nel processo attivo di raccolta informazioni per il monitoraggio dei delfini; istituire su scala nazionale una rete composta da squadre di primo soccorso che abbiano le competente per intervenire tempestivamente e saper gestire situazioni di emergenza come nel caso di delfini intrappolati in una rete.

I Partner del progetto Life DELFI * * * * * * * * * *

CNR-IRBIM (coordinatore) Comune di Favignana – Ente gestore dell’Area Marina Protetta “Isole Egadi” Area Marina Protetta Punta Campanella Consorzio di Gestione Area Marina Protetta Tavolara Area Marina Protetta “Torre del Cerrano” Blue World Institute of Marine Research and Conservation (Croazia) Filicudi Wild Life Conservation Legambiente Onlus Università di Padova – Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione Università degli Studi di Siena – Dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente

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Misure gestionali Le attività di ricerca e monitoraggio dei delfini condotte durante tutta la durata del progetto forniranno dati rilevanti per misure gestionali al fine della conservazione di specie di interesse comunitario e che assicurino una migliore convivenza tra questi animali e le attività di pesca attraverso: • l’elaborazione di nuove linee guida e piani di gestione per i siti Natura 2000, ovvero zone di protezione speciale create dall’Unione Europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie identificati come prioritari dagli Stati Membri; • l’implementazione delle misure di conservazione in siti di recente designazione, come il SIC IT3270025 “Adriatico Settentrionale Veneto - Delta del Po”, sito interamente marino istituito per la tutela del tursiope e della tartaruga marina comune (Caretta caretta). In conclusione, il fine principale del progetto Life DELFI è la riduzione delle interazioni dei delfini con le attività di pesca, con il duplice obiettivo di salvaguardare i mammiferi

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Pinger interattivo che verrà impiegato nel progetto Life DELFI per prevenire l’avvicinamento dei delfini agli attrezzi da pesca.

marini e limitare i danni economici subiti dai pescatori. In cinque anni di progetto le competenze scientifiche dei ricercatori, le competenze tecniche dello staff delle aree marine protette e l’esperienza diretta dei pescatori si interfacceranno e collaboreranno insieme per garantire soluzioni e alternative che possano tutelare gli interessi economici del settore pesca e quelli ecologici per l’ambiente marino. Saranno cinque anni di sviluppo tecnologico di dispositivi di mitigazione innovativi e di strategie alternative come il Dolphin Watching, il marchio Dolphin Safe e il Gear-Switching che mirano concretamente a superare una problematica che in Mediterraneo non può più esser rimandata. Daniel Li Veli Massimo Virgili Rocco de Marco Andrea Petetta Guido Pietroluongo, Giorgia Corazzola Federica Barbera Alessandro Lucchetti


Squali e razze a rischio nel mondo Meno 70% in cinquant’anni: un articolo sulla rivista Nature pone l’allerta sul rischio estinzione per tre quarti delle specie, cacciate per la carne, per le pinne, per l’olio di fegato, per le branchie oppure per la pesca ricreativa di Roberto Villa

La diminuzione delle popolazioni a livello globale è stata superiore al 70% se confrontata col patrimonio censito negli anni ‘70 del secolo scor-

so, un declino che sta allarmando gli scienziati e cominciando a mobilitare i cittadini più attenti alla preservazione della biodiversità marina.

Un articolo pubblicato a gennaio 2021 su NATURE da un gruppo di scienziati operanti in svariate aree del mondo1 ha evidenziato come

Numerose associazioni sono sorte negli ultimi decenni per sensibilizzare sul tema della salvaguardia di squali e razze. Shark Stewards ad esempio è un progetto non-profit del californiano Earth Island Institute che ha come obiettivi l’eliminazione del commercio internazionale di pinne di squalo e lo sfruttamento delle specie di squali e razze per qualunque fine da parte dell’uomo (photo © sharkstewards.org).

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In alto: esemplare di manta del monaco (Mobula Munkiana). È considerata la più acrobatica di tutto il genere Manta e può essere vista spesso eseguire salti mortali e capriole fino a 3 metri sopra la superficie dell’oceano (photo © Jay Clue, www.diveninjaexpeditions.com). In basso: gli squali vengono cacciati in tutto il mondo principalmente per le loro pinne, considerate una prelibatezza soprattutto in alcuni Paesi asiatici, come Cina e Vietnam, dove la zuppa di pinne di squalo è un piatto servito in ristoranti di lusso o in occasione di importanti cerimonie. Le pinne vengono spesso tagliate in modo crudele con la pratica del “finning” e il resto dell’animale viene rigettato in mare perché la sua carne è considerata praticamente inutile (photo © www.stop-finning-eu.org).

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l’incremento di diciotto volte dei volumi di pesca dagli anni ‘70 ad oggi abbia determinato una contrazione assai significativa nella presenza di predatori come squali e razze in mari ed oceani del pianeta, tanto da far considerare che ben tre specie su quattro delle trentuno prese in esame sono a rischio concreto di estinguersi nei prossimi anni secondo i criteri della Lista Rossa (Red List Index)2 promossi dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Lo squalo mako o mako pinna corta (Isurus oxyrinchus, RAFINESQUE) è stato recentemente classificato come specie in pericolo3, mentre lo squalo alalunga noto anche come longimano o pinna bianca (Carcharhinus longimanus, POEY), il pesce martello maggiore (Sphyrna mokarran, RÜPPEL) e lo squalo martello smerlato (Sphyrna lewini, GRIFFITH & SMITH) sono inseriti tra le specie in pericolo critico4. Gli scienziati propongono pertanto di imporre limiti alla cattura di queste specie, al fine di favorirne la ripresa e non comprometterne l’insostituibile funzione ecologica negli ecosistemi marini ed oceanici. Secondo NICHOLAS DULVY, professore alla Simon Fraser University nonché uno degli autori dello studio, «squali e razze sono giunti ad un livello di rischio estinzione incredibilmente alto, molto più in media delle specie di uccelli, mammiferi o anfibi. L’eccessiva pressione operata dalla pesca su queste specie mette a rischio la salute dell’intero ecosistema oceanico, nonché l’approvvigionamento alimentare di molte comunità costiere nei Paesi in via di sviluppo». Squali e razze sono altamente vulnerabili all’incremento della pesca, poiché tendono a crescere lentamente, raggiungono una maturità sessuale tardiva e producono una progenie poco numerosa. Vengono cacciati per la carne, per le pinne, per l’olio di fegato, per le branchie oppure per la pesca ricreativa. In particolare, le branchie delle mante sono altamente ricercate nella medicina tradizionale asiatica: un

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caso emblematico si è verificato negli anni ‘80 quando nel mare di Cortez o Golfo di California in Messico un’estensiva cattura di manta gigante (Mobula birostris, WALBAUM) e di diavolo di mare o manta mediterranea (Mobula mobular, BONNATERRE) per soddisfare il mercato dell’Estremo Oriente ha portato all’estinzione delle due specie nell’area, che la successiva legislazione messicana protettiva emessa come corsa ai ripari nei decenni successivi (2007) non è tuttavia riuscita a ribaltare. Tuttora non sono avvistati individui in quella porzione dell’Oceano Pacifico, racchiusa tra la penisola della Bassa California e la terraferma messicana. Oltre al Messico solo Indonesia, Perù e Filippine hanno emanato una legislazione di tutela delle mante mentre in molti altri Paesi le catture continuano. Una raccolta firme europea fino al 31 gennaio 2022 per bandire il commercio delle pinne Numerose associazioni sono sorte negli ultimi decenni per sensibilizzare sul tema della salvaguardia di squali e razze. Shark Stewards, ad esempio, ha come obiettivi l’eliminazione del commercio internazionale di pinne di squalo e lo sfruttamento delle specie di squali e razze per qualunque fine da parte dell’uomo (sharkstewards.org).

Manta Trust è un’organizzazione senza fini di lucro che si propone di difendere le mante e tutte le specie affini (www.mantatrust.org). Un gruppo di cittadini europei sta raccogliendo firme per chiedere di estendere il regolamento Fins Naturally Attached all’esportazione, all’importazione e al transito in tutta l’Unione Europea di squali e razze. Sul sito della Commissione europea — europa. eu/citizens-initiative/initiatives/ details/2020/000001_it, raggiungibile anche dalla pagina dei promotori www.stop-finning-eu.org/it — è in corso la raccolta delle firme, attiva sino al 31 gennaio 2022. Sebbene l’asportazione delle pinne a bordo di navi dell’UE e nelle acque dell’UE sia vietata e gli squali debbano essere sbarcati con le pinne naturalmente attaccate al corpo, l’Unione Europea è infatti uno dei maggiori esportatori di pinne ed un importante centro di transito per il commercio mondiale di pinne. Roberto Villa Note 1. P ACOUREAU N., R IGBY C.L., KYNE P.M. et al. (2021), Half a century of global decline in oceanic sharks and rays, Nature 589, 567–571, doi.org/10.1038/ s41586-020-03173-9 2. www.iucnredlist.org/assessment/ red-list-index. Per l’Italia è

attivo il Comitato nazionale con le liste rosse delle specie presenti sul territorio e nei mari italiani all’indirizzo: www.iucn.it/listerosse-italiane.php 3. Si definisce in pericolo secondo la IUCN una specie che soddisfa almeno uno dei seguenti criteri: riduzione della popolazione dell’ordine del 50-70%; deterioramento dell’ambiente ma in misura minore rispetto alla categoria in pericolo critico; dimensione della popolazione inferiore a 2.500 individui maturi, ma in declino o fortemente fluttuante; popolazione al di sotto di 250 individui maturi; probabilità di estinzione di almeno il 20% nei prossimi 20 anni o cinque generazioni. 4. Si definisce in pericolo critico secondo la IUCN una specie che soddisfa almeno uno dei seguenti criteri: una riduzione della popolazione dell’80% osservata o stimata in base a precise metodiche nel corso di 10 anni o 3 generazioni; un areale abituale di attività inferiore ai 100 km² e in progressivo deterioramento; una popolazione stimata inferiore a 250 individui maturi, ma in declino o fortemente fluttuante; una popolazione stimata inferiore ai 50 individui maturi; una probabilità di estinzione di almeno il 50% entro 10 anni o tre generazioni.

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PESCE D’ACQUA DOLCE

Photo © lifetrota.eu

Ciambella di salvataggio per la trota macrostigma “Dopo la crisi, continueremo con questo sistema economico di ingiustizia sociale e di disprezzo per la cura dell’ambiente, del creato, della casa comune?” (Papa Francesco, 26 agosto 2020). Il 22 maggio di ogni anno si è celebrata la Giornata mondiale della biodiversità, tema assai caro al Santo Padre, alla base dell’enciclica Laudato si’ di Riccardo Lagorio

Il Servizio Ambiente della Provincia di Provincia di Pesaro e Urbino è stato capofila del progetto Trout population RecOvery in central iTAly, acronimo LIFE+TROTA, cofinanziato nell’ambito del Programma LIFE+. Il progetto, iniziato il primo novembre 2013, si è concluso il 31 gennaio 2018 e oggi continua il non meno importante periodo di conclusione dei lavori, che si protrarrà per ancora qualche anno. Il partenariato ha coinvolto l’Università Politecnica delle Marche,

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l’Università degli Studi di Perugia, Legambiente Onlus, la Provincia di Fermo e il Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Obiettivo del progetto è stato quello di recuperare e conservare le ultime popolazioni native di trota mediterranea (Salmo macrostigma) in alcuni bacini fluviali della regione Marche. La trota mediterranea, unica trota originaria dell’Italia centromeridionale, è infatti considerata una specie vulnerabile in Europa e specie in pericolo di estinzione in Italia.

Sono almeno quattro le cause di questo rischio: 1. le eccessive captazioni e l’inquinamento delle acque; 2. la cementificazione dei corsi d’acqua e il prelievo di ghiaia; 3. l’eccessiva attività di pesca e bracconaggio; 4. la competizione alimentare della trota fario. In natura le trote vivono in acqua dolci, prediligono le acque fredde, i torrenti di montagna e i laghi. Simili ai salmoni, hanno il corpo allunga-

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to, compresso e coperto di piccole squame. La trota mediterranea è un subendemismo italiano, l’areale originario comprende le regioni peninsulari tirreniche, la Corsica, la Sardegna, la Sicilia e la parte occidentale del Nord Africa. In Italia il maggior numero di popolazioni è presente nella Sardegna centro-orientale, nella Sicilia sud-orientale e poche popolazioni nell’Italia peninsulare. Nei corsi d’acqua appenninici la trota mediterranea è un pesce di taglia media, le cui dimensioni massime raramente superano i 45-50 cm di lunghezza e peso variabile tra 1,2 e 1,5 kg. La trota macrostigma vive nei tratti alti dei corsi d’acqua di tipo mediterraneo, che hanno origine da sistemi montuosi di media altitudine; questi ambienti sono caratterizzati da acque limpide e moderatamente correnti, fondo ghiaioso e temperature normalmente comprese fra 10 e 17 °C. La trota mediterranea, inoltre, presenta una discreta valenza ecologica che gli permette di sopravvivere anche in condizioni di scarsità di alti fondali, come quelle riscontrabili nel periodo estivo nei piccoli corsi d’acqua mediterranei. Il progetto mira alla conservazione e alla valorizzazione delle popolazioni di Salmo macrostigma esistenti in sette bacini idrici dell’Italia centrale (Metauro, Cesano, Esino, Potenza, Chienti, Tenna e Nera), dove persistono poche popolazioni di questa specie. Iniziato a novembre 2013, si è sviluppato secondo 6 fasi principali: 1. analisi delle caratteristiche genetiche e demografiche delle popolazioni di trote macrostigma nell’area del progetto, raccogliendo i riproduttori selvatici puri da avviare all’allevamento di Cantiano (PU). La presenza di esemplari all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini non ha compromesso la vitalità delle popolazioni selvatiche; 2. produzione di trote mediterranee geneticamente pure e conseguente ripopolamento;

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Gole dell’Infernaccio, Monti Sibillini (photo © pergo70 – stock.adobe.com). 3. realizzazione di un modello di stima di mortalità per garantire il successo a lungo termine degli sforzi di conservazione. Il miglioramento delle condizioni dei fiumi potrà consentire maggior successo; 4. aggiornamento delle normative locali relative alla pesca, alla piscicoltura e ripopolamento; 5. diffusione dei risultati del progetto e aumento della conoscenza della specie e dei problemi per la sua conservazione; 6. principali punti di forza del progetto. «La Provincia di Pesaro e Urbino si è in particolare impegnata a garantire la piena operatività del Centro ittiogenico di Cantiano mettendo a disposizione personale esperto, acquisendo il necessario mangime e garantendo la piena funzionalità alla struttura» ha ribadito ALESSANDRA TRAETTO, del Centro floristico della Provincia di Pesaro e Urbino. Da parte loro l’Università Politecnica delle Marche, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Perugia, provvederà alle attività riguardanti la riproduzione in cattività degli oltre 120 esemplari selvatici e degli individui prodotti nei tre anni di progetto (circa 387). «Gli incroci saranno realizzati evitando di

utilizzare individui imparentati per la produzione di nuove famiglie. Lo stock dei riproduttori si sta integrando con circa 100 individui selvatici nelle stagioni riproduttive 2018/19 e 2020/21 e le condizioni dei corsi d’acqua salvaguardati almeno sino al 2022» continua Traetto. Inoltre, sono state rimosse le trote atlantiche non native attraverso elettropesca, reintroducendo le trote macrostigma prodotte in cattività. Tutto ciò nell’ambito di un rafforzamento del quadro normativo regolamentare e gestionale in materia di deflusso vitale, istituendo zone di tutela speciale in tratti dell’Ambro, del Tenna, del Rio Sacro e del Nera. Le attività hanno inoltre previsto il coinvolgimento della comunità locale di pescatori per aumentare la loro consapevolezza del problema e facilitare la loro accettazione di eventuali modifiche nella gestione della pesca. Il progetto ha portato al risultato di adeguare l’impianto provincia di acquacoltura di Cantiano che deve garantire piena funzionalità almeno sino al 2022, la reintroduzione di popolazioni naturali con esemplari puri e la difesa dell’habitat della trota macrostigma. Riccardo Lagorio

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PESCA

Un sistema di pesca altamente sostenibile, che rischia di scomparire

Tonnarella di Camogli di Chiara Papotti

“Dietro una curva, improvvisamente, il mare” così IVANO FOSSATI cantava la sua Liguria. I panorami romantici e suggestivi sopra le città che si affacciano sul mare tolgono il fiato. Basta guardarsi intorno per rimanere affascinati. Lo spettacolo offerto da questa terra è grande e nasce da particolarità rare da trovare altrove, come le case colorate che sembrano scivolare in acqua, il verde che si fonde col blu, l’intensità dei profumi, i fiori che bucano il cemento, la concentrazione di tante cose in poco spazio. A Camogli, il piccolo borgo marittimo noto per il suo

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porticciolo e per i palazzi variopinti sul lungomare, Slow Food tutela un sistema di pesca antico rimasto in attività in pochissime zone d’Italia: la tonnarella. Da non confondere con la tonnara, tecnica dei primi anni del Novecento caratterizzata da un sistema di fibre di cocco intrecciate fissato a 12 ancore, la tonnarella è, invece, un meccanismo simile ma più semplice: due sole stanze rispetto alle sei-nove delle altre e una rete di sbarramento più corta. È un sistema di pesca stagionale: le reti vengono calate in mare per sei mesi, da aprile a settembre. Ideata

per pescare i pesci di passaggio, la tonnarella nei secoli ha basato la sua economia sulla pesca dei tonni, oggi scomparsa quasi del tutto e riconvertita verso specie di passo più piccole, ma non meno pregiate. Il pescato è costituito di norma da sugarelli, palamite, occhiate, ricciole, cavalle, tombarelli ma anche boghe, salpe e aguglie. I tonnarotti, così vengono chiamati i pescatori che si dedicano a questa particolare tecnica, calano le reti in mare nel mese di aprile. La più grande è il pedale, una rete in fibra vegetale lunga oltre 300 metri,

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In alto: tonnarotti. A destra: la Basilica di Santa Maria Assunta a Camogli. La chiesa fu costruita nel XII secolo su uno scoglio-isola nelle immediate vicinanze del porticciolo del borgo marinaro (photo © proslgn – stock.adobe.com).

costruita con filo di cocco che arriva direttamente dall’India, tessuta e intrecciata a mano durante l’inverno. La tonnarella è un sistema di pesca altamente sostenibile: la rete pedale, a maglie molto larghe, permette il passaggio dei pesci più piccoli e la cattura di quelli a taglia mediogrande, che rimangono imprigionati nelle due camere. La prima camera, più ampia, è la stanza di raccolta; la seconda, detta lea, è la camera della morte in cui i pescatori tirano su le reti quotidianamente. L’operazione di leva delle reti avviene in media tre volte al gior-

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no. I pesci trasportati dalla corrente finiscono naturalmente nella camera di raccolta; qui, perdono l’orientamento e si spingono verso la lea. I tonnarotti controllano il pescato arrivato nella seconda camera da una barca di vedetta collocata sulla lea e con un apposito strumento, lo specchio, verificano che il quantitativo del pescato sia sufficiente per dare avvio alla pesca. Nello stesso tempo, altri sei pescatori che si trovano su un’altra barca, nota come poltrona, danno inizio al ritiro delle reti, avvicinandosi lentamente

ad una imbarcazione più piccola, l’asino, che rimane ferma durante tutta l’operazione. Il pescato imprigionato nella sacca di reti tra le due imbarcazioni viene sollevato con un retino a mano, conservato in ghiaccio, e prontamente trasportato a riva. Chiara Papotti Nota A pagina 110 il calo della tonnarella nelle acque dell’Area Marina Protetta di Portofino, presso località “la Foce” a Punta Chiappa (photo © www.liguriafood.it).

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Rapporto annuale sul controllo della pesca in Italia per l’anno 2020 della Guardia costiera: verifiche, illeciti contestati, sanzioni amministrative e tonnellate di prodotti sequestrati tra i punti salienti Presso la sede del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto a Roma è stato recentemente presentato il Rapporto annuale sul controllo pesca in Italia – anno 2020. Realizzato dal Centro di controllo nazionale pesca (CCNP) del Comando generale, il rapporto fornisce un’istantanea completa e trasparente dell’attività di controllo svolta dal Corpo in uno dei settori economici più importanti e trainanti del Paese, la cui cura è affidata dal MIPAAF al Corpo delle Capitanerie di porto. La sua diffusione non solo permetterà all’utenza in generale di comprendere l’organizzazione del controllo della pesca in Italia, ma costituirà, altresì, un documento ufficiale le cui risultanze potranno essere valorizzate nel corso di audit svolti da parte delle istituzioni unionali. Nel suo intervento, il direttore generale della Pesca marittima e dell’acquacoltura del MIPAAF, RICCARDO RIGILLO, si è così espresso: «La presentazione del primo rapporto annuale sul controllo pesca in Italia è un’occasione molto importante. Con questo documento ci poniamo infatti in anticipo sulla previsione delle nuove normative europee, dove la presentazione annuale di un rapporto da parte delle autorità competenti sarà uno dei punti salienti. Un rapporto, questo, assolutamente fondamentale, che, da un lato, permette di dare visibilità al lavoro fatto, dando il giusto spazio alle operazioni portate a termine, e, dall’altro, consente un dibattito che può mettere in luce tanto i punti di forza quanto quelli eventualmente più critici sui quali lavorare». Ecco i dati salienti del rapporto: • 110.000 verifiche sulla filiera della pesca; • 5.000 illeciti contestati; • 7,6 milioni di euro di sanzioni amministrative; • oltre 357 tonnellate di prodotti ittici sequestrati; • 45 operazioni complesse regionali per contrastare i fenomeni illeciti individuati a livello locale. «L’Italia vanta la seconda flotta europea di pescherecci: 12.200 unità maggiori e 8.000 imbarcazioni appartenenti alla piccola pesca. Circa 30.000 marittimi impegnati direttamente nel settore, 100.000 se consideriamo anche chi lavora a terra. Un indotto complessivo di circa 500.000 lavoratori» ha affermato l’AMMIRAGLIO GIOVANNI PETTORINO. «Numeri che ci dicono quanto la pesca sia importante per il nostro Paese e quanto centrale sia il ruolo svolto dalle Capitanerie per tutelare il settore: dal rilascio della documentazione amministrativa per l’avvio dell’attività di pesca al controllo finale nella vendita al pubblico, nonché al coordinamento di tutti coloro che sul mare concorrono alla vigilanza su questo settore. Un ruolo, quello dell’amministrazione marittima, che, con la prossima istituzione della Zona economica esclusiva potrà confermare la sua centralità nel quadro del controllo delle attività di pesca» (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © Daniele Russo).

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WEBINAR

Crostacei e molluschi, nutrimento e salute Ma attenzione a controllarne freschezza e provenienza, per essere certi di consumare prodotti sicuri e preferibilmente nostrani. Le qualità nutrizionali dei crostacei e dei molluschi e i numeri del loro consumo in Italia sono stati gli argomenti trattati nel primo incontro de “I Mercoledì dell’Archiginnasio” dell’Accademia Nazionale di Agricoltura. Durante la conferenza è stato presentato anche l’esperimento che sta portando il polpo ad essere una specie innovativa nell’allevamento in acquacoltura Si è svolto in modalità on-line lo scorso 14 aprile il primo incontro del ciclo 2021 de “I Mercoledì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola” dedicato a crostacei e molluschi. I relatori dell’incontro sono stati il PROF. CORRADO PICCINETTI del Laboratorio di Biologia Marina e Pesca di Fano, il DOTT. OLIVIERO MORDENTI del Corso di Laurea in Acquacoltura di Cesenatico Università di Bologna e il PROF. ATOS CAVAZZA delegato di Bologna San Luca A.I.C. Il ciclo di conferenze, che si terranno una volta al mese fino a novembre, vede Accademia Nazionale di Agricoltura, Delegazioni bolognesi dell’Accademia Italiana della Cucina e Società Medica Chirurgica di Bologna insieme per divulgare la buona comunicazione in campo alimentare, favorendo la conoscenza al pubblico delle fasi di produzione, qualità salutistiche e storia in cucina delle eccellenze agroalimentari italiane. Di seguito quanto emerso durante l’incontro. Consumare solo prodotti freschi ma attenzione alla provenienza «Le modalità di commercializzazione sul mercato sono diverse e si vendono organismi vivi, organismi freschi morti, organismi congelati più o meno trasformati» ha esordito il prof. Piccinetti. «Una specie molto consumata sono i gamberi, ma spesso

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quelli venduti non vivono nel Mediterraneo e sono pescati e trattati chimicamente prima di essere congelati, per evitare l’annerimento della testa che indica poca freschezza. Un carattere di freschezza per i crostacei è dato dalla brillantezza dell’occhio e dal colore rosa del carapace, quindi attenzione sempre a questi elementi durante l’acquisto. Infine, spesso avviene che le specie con maggiore valore economico siano importate e mantenute vive anche per diversi giorni in vasche con acqua fredda, per cui acquistare animali vivi non è sempre un indice di provenienza locale. Perciò bisogna sempre informarsi sulla provenienza dei prodotti, accertarsi che siano freschi e pescati preferibilmente nei nostri mari con tecniche di pesca regolamentate e habitat naturali conosciuti che ne danno le giuste qualità organolettiche». Le qualità nutrizionali di crostacei e molluschi «I crostacei, le pannocchie, gli scampi, l’astice e l’aragosta hanno caratteristiche migliori quando sono commercializzati vivi» ha continuato il prof. Piccinetti. «La parte edibile nei crostacei è modesta — nella Granseola ad esempio è meno del 20% del peso —, il tenore dei grassi è modesto, ma hanno una presenza sopra la media di colesterolo. I molluschi

Per il professor Giorgio Cantelli Forti, presidente Accademia Nazionale di Agricoltura: “In un momento delicato come quello che stiamo vivendo a livello sanitario risulta più che mai necessario salvaguardare la salute nostra e della collettività anche attraverso una corretta alimentazione. Missione dell’Accademia è diffondere la buona cultura nei settori di alimentazione e salute, perché una alimentazione sana rappresenta uno dei più grandi alleati per il nostro benessere”

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Un carattere di freschezza per i crostacei è dato dal colore rosa del carapace, quindi attenzione sempre a questo elemento durante l’acquisto (photo © Maria Labanda x unsplash).

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International Food Fair

fieramilano 22-26 October 2021

Adding value to taste #BetterTogether


invece sono ricchi di sali minerali, in particolare rame, ferro e zinco, con il congelamento le carni divengono più tenere, ma perdono il sapore. Molto importante per le seppie, ad esempio, è il momento in cui sono pescate, avendo fasi che hanno una consistenza dei tessuti e delle fibre differenti, da piccole quando sono di circa 80 grammi sono molto morbide crescendo si induriscono». I numeri dei consumi in Italia di crostacei e molluschi «In Italia, come nel mondo, la costante domanda di prodotto, non sempre garantita dalla disponibilità in natura che deriva dalla pesca, ha dato una forte spinta al settore dell’acquacoltura» ha detto il dott. Mordenti. In ambito nazionale, analizzando la ripartizione percentuale per varietà ittica dei consumi domestici, possiamo osservare come i molluschi incidano per il 21% in valore ed il 26% in volume, ed i crostacei con una quota pari al 6% in valore e al 5% in volume. Tra i molluschi, il 50% dei consumi in volume è rappresentato dalle cozze, in virtù di prezzi medi inferiori a quelli delle vongole, e dai calamari, più economici delle seppie. In termini di valore le specie più consumate sono

i polpi e i calamari. Per i consumi di crostacei si osserva come i gamberi rappresentino da soli circa il 50% dei consumi, sia in termini quantitativi che di valore economico, seguiti dai gamberetti che superano il 20% sia in volume che in valore». Un nuovo esperimento: l’allevamento del polpo «Al momento il polpo è considerato una specie innovativa per l’acquacoltura, in quanto presenta alcune caratteristiche biologiche molto interessanti come ciclo di vita breve, elevato tasso di accrescimento ed elevato tasso di fecondità. Vi è attualmente un grande interesse in tutta Europa — ha sostenuto il dott. Mordenti — per lo sviluppo di nuove tecniche di riproduzione artificiale, svezzamento e ingrasso sia in vasche a circuito chiuso che in strutture galleggianti. Gli esperimenti che stiamo eseguendo al Corso di Laurea in Acquacoltura di Cesenatico dell’Università di Bologna stanno fornendo risultati che hanno messo in evidenza come con un adeguato impianto a ricircolo ed un idoneo programma ambientale è possibile ottenere la riproduzione spontanea in cattività del polpo comune. Inoltre, è stato osservato come una dieta a

base di crostacei non solo ha favorito migliori tassi di crescita ma soprattutto ha migliorato le prestazioni riproduttive in termini di quantità di uova prodotte e di conseguenza di paralarve». Molluschi e crostacei in cucina «Trattare di questi due tipi di alimenti in cucina vuol dire aprire una finestra sulla storia della cucina mondiale» ha concluso il prof. Cavazza. «Ovunque sono presenti ricette e tecniche di preparazione di cottura riferite anche a specie meno conosciute, come il gambero della Louisiana, il Gambero reale o blu, la Sepa seca, lo Sannakij della cucina giapponese, le “uova” di seppia, il Percebe spagnolo o il Geoduck, conosciuta come “vongola con la proboscide”. In Italia abbiamo ricette regionali con le Sparnocchie, le sfere di nero di seppia o le Moeche, dette “pepite di Venezia”, cucinate in maniera differente utilizzando i prodotti numerosi regionali. Sia l’ARTUSI che il GUERRINI, a cavallo fra ‘800 e ‘900, avevano trattato ampiamente di ricette con questi prodotti del mare che, anche in Italia, rappresentano una vera e propria eccellenza». Fonte: Accademia Nazionale di Agricoltura

L’Accademia Nazionale di Agricoltura svolge ricerca e promuove la conoscenza scientifica intorno all’Agricoltura e agli ambiti ad essa connessi, ne divulga i contenuti per contribuire al miglioramento della qualità della vita della collettività e alla sostenibilità dell’ambiente attraverso la tutela del territorio naturale ed artificiale. Per sviluppare i propri obiettivi, l’Accademia collabora con istituzioni e aziende pubbliche e private svolgendo la propria attività particolarmente indirizzata alle interrelazioni che sussistono tra agricoltura, produzione agro-alimentare, alimentazione, trasformazioni dell’ambiente naturale ed artificiale, con l’obiettivo più generale di contribuire alla cultura e alla salute delle comunità. Studi, ricerche, letture, convegni, giornate di studio, mostre e pubblicazioni costituiscono gli strumenti e gli esiti delle attività dell’Accademia che, agendo come organismo indipendente, libero e privo di pregiudizi, rende disponibili alla collettività strumenti di riflessione essenziali alle scelte strategiche che la condizione attuale richiede. Insieme alle altre Accademie, forte della propria storia e delle conoscenze raggiunte, fornisce un arbitrato etico tra i vari mondi che gravitano attorno al settore agro-industriale, al fine di tutelare comunità e consumatore come già la Costituzione europea e quella americana richiedono. L’Agricoltura intesa in modo globale, come attività umana consapevole della relazione che unisce la produzione della materia prima con la vita dell’uomo cui il prodotto finale è destinato, pone come necessità ineludibile una visione interrelata dei diversi ambiti di ricerca. Per questo i campi indicati, necessariamente generali e tra loro connessi, sono aperti a molteplici e ulteriori relazioni e ad un incessante avanzamento. >> Link: www.accademia-agricoltura.it

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Report sul webinar dedicato al progetto europeo SEAFOODTOMORROW

Soluzioni innovative per migliorare la sostenibilità dei prodotti ittici Lo scorso 4 marzo si è svolto on-line il webinar Soluzioni innovative per la sostenibilità nella produzione dei prodotti ittici, promosso nell’ambito del progetto europeo SEAFOODTOMORROW (di cui FEDERALIMENTARE è partner), col patrocinio gratuito

dell’ordine dei Tecnologi Alimentari e dell’OTACL. L’iniziativa, che ha visto un’ampia partecipazione di stakeholders, industriali e non, è stata l’occasione per presentare i risultati finora raggiunti attraverso le attività del progetto. In parti-

colare, dopo una presentazione di SEAFOODTOMORROW, a cura del dott. MAURIZIO NOTARFONSO di FEDERALIMENTARE, sono state condivise dal dott. A. MANTOVANI dell’Istituto Superiore di Sanità alcune strategie per la riduzione della Listeria mo-

Il mercato odierno presenta crescenti esigenze di prodotti ittici sicuri e sostenibili e, per affrontare questa sfida, il progetto SEAFOODTOMORROW è finalizzato a fornire nuove conoscenze per lo sviluppo di soluzioni commerciali che migliorino la sostenibilità socio-economica e ambientale dell’industria europea di produzione e lavorazione del pesce (photo © Chuttersnap x unsplash).

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nocytogenes, delle tossine responsabili dell’intossicazione paralitica da molluschi (PSP) e per la biofortificazione dei mangimi in acquacoltura. In proposito, è emerso che sono stati compiuti significativi passi avanti per migliorare il rapporto rischi benefici nei prodotti ittici, ma è certamente necessario continuare a lavorare sulle procedure di detossificazione e sull’arricchimento nutrizionale dei mangimi. A seguire, il prof. ETTORE CAPRI dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha illustrato le principali certificazioni a livello nazionale in materia di sostenibilità e ha sottolineato come sia importante “territorializzare” il concetto di sviluppo sostenibile, facendo convergere i programmi di sostenibilità di GDO, produzione primaria, turismo e ristorazione. È poi intervenuto il dott. SERGIO. VEROLI, presidente EUC – European Consumer Union (europeanconsumersunion.eu), per presentare le percezioni e il riconoscimento da parte dei consumatori del mercato ittico: i dati, raccolti attraverso una indagine qualitativa, mostrano che i prodotti ittici sono associati al prodotto fresco e vengono consumati circa una o due volte a settimana; i rispondenti si sono detti disponibili a provare prodotti ittici innovativi, sia freschi sia preparati, ponendo molta attenzione alla provenienza (specialmente per il prodotto fresco), tracciabilità e certificazione del marchio (nel caso di prodotti conservati). Il dott. GABRIELE SACCHETTI di AEFORIA ha presentato le principali caratteristiche delle piattaforme e-learning di SEAFOODTOMORROW e del progetto europeo BAPSI (bapsi.eu), di cui FEDERALIMENTARE è partner): si tratta di importanti repertori di conoscenze on-line ideati per migliorare le competenze professionali di coloro che lavorano nel settore ittico, nonché per promuovere l’adozione di soluzioni eco-innovative per un settore ittico sostenibile. Inoltre, con una tavola rotonda moderata dal dott. GIUSEPPE PALMA,

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segretario generale di ASSOITTICA, sono state evidenziate le sfide, ma anche le opportunità, che le produzioni ittiche in Italia si troveranno ad affrontare e dovranno saper cogliere. La conclusione del progetto SEAFOODTOMORROW, coordinato dall’Istituto Portoghese del Mare e dell’Atmosfera (IPMA), è stato finanziato nell’ambito del programma quadro dell’Unione Europea Horizon 2020. Le attività del progetto, iniziate nel 2017, sono volte al termine il 30 aprile 2021: i 35 partner di SEAFOODTOMORROW, con un approccio globale, si sono impegnati ad individuare soluzioni innovative per i prodotti ittici e le relative questioni ambientali, legate in particolar modo alla sostenibilità. Sono stati sviluppati, attraverso l’utilizzo di sottoprodotti agromarini, alimenti sostenibili per acquacoltura, fortificati con specifici nutrienti essenziali per i consumatori. Inoltre, il partenariato ha lavorato alla riformulazione di specifiche varietà ittiche, partendo dalla riduzione di sodio, per determinate categorie di consumatori, ovvero adolescenti, anziani e donne in gravidanza. Infine, SEAFOODTOMORROW ha studiato e convalidato strategie per prevenire e rimuovere i contaminanti dai prodotti ittici, attraverso l’ottimizzazione di sensori e biosensori per la valutazione della sicurezza degli alimenti. Dott. Maurizio Notarfonso Dott.ssa Giorgia Sabbatini (A cura di) Federalimentare

Link di interesse • www.seafoodtomorrow.eu • twitter.com/SEAFOOD_TMRW • www.linkedin.com/in/seafoodtomorrow • Atti del webinar: seafoodtomorrow.eu/events/demonstrationworkshops/


MERCATI

Consumo di pesce fresco e HAPO L’Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura pone l’Italia tra i Paesi UE col livello di spesa totale più alto per il consumo di pesce fresco. HAPO contribuisce al consumo di pesce fresco di alta qualità nel nostro Paese, portando in tavola il gusto e gli elevati standard qualitativi del prodotto a firma Fish From Greece L’ultimo rapporto sul mercato ittico dell’UE, redatto dall’Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (EUMOFA), pone l’Europa al sesto posto nella classifica dei primi 15 produttori mondiali nel 2018, collocandosi subito dopo Cina, Indonesia, India, Vietnam e Perù. Tra i dati emersi dalla ricerca condotta lo scorso anno — malgrado un lieve calo (pari al 2%) nei consumi di

prodotti della pesca e dell’acquacoltura rispetto al picco decennale del 2016 — è stato registrato come nel 2019 (nonostante il forte impatto sulle dinamiche di mercato causato dal Covid-19), la spesa delle famiglie dell’UE abbia raggiunto i 56,6 miliardi di euro, con un aumento del 3% rispetto al 2018. In questo lasso di tempo, l’Italia rimane lo Stato Membro col livello di spesa totale più elevato.

Nel 2019, il consumo di prodotti ittici freschi da parte delle famiglie dei dodici Stati Membri dell’UE presi in esame — tra cui Germania, Danimarca, Spagna, Francia, Ungheria, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Svezia e Regno Unito — ha rappresentato l’87% della spesa totale dell’UE per prodotti derivanti da pesca e acquacoltura. Spagna, Italia e Francia risultano essere i primi tre Paesi con il maggior

La mission di HAPO – Hellenic Aquaculture Producers Organization è affermare l’unicità dell’identità ellenica, le caratteristiche e i valori eccezionali del pesce fresco greco marchiato “Fish from Greece”, allevato con la massima cura dai suoi membri in allevamenti ittici che occupano le migliori posizioni nell’incontaminato mare di Grecia.

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consumo e ricoprono quasi l’80% del volume totale. Il consumo di pesce fresco degli Italiani rappresenta quasi un quarto del totale dei dodici Paesi esaminati e dal 2018 al 2019 è aumentato del 2% sia in volume sia in valore, con un picco quinquennale di quest’ultimo di 3,21 milioni di euro. Tra le “principali specie commerciali” di pesce fresco più consumate in Italia, nei primi dieci posti della classifica Europanel del consumo domestico basata su un campione di 10.000 famiglie italiane, si ritrovano il branzino e l’orata1. Due prodotti di punta che HAPO – Hellenic Aquaculture Producers Organization continua a portare nelle cucine degli Italiani insieme all’ombrina boccadoro, al pagro maggiore, alla ricciola e a tutta la ricchezza, la diversità e la purezza provenienti dalla trasparenza dei mari della Grecia, ecosistema ideale per l’allevamento di pesce fresco e sano. Fondata nel 2016, HAPO comprende oggi 23 aziende situate in diversi punti dell’incontaminato mare greco, la cui produzione complessiva costituisce l’80% dell’acquacoltura ellenica. Le aziende associate ad HAPO distribuiscono il 35% dei propri prodotti nel nostro Paese. HAPO è depositaria del marchio Fish from Greece, supportato da un protocollo di certificazione privata elaborato in collaborazione

con l’Organizzazione di Ispezione e Certificazione TÜV Austria Hellas, che stabilisce le linee guida per le pratiche di allevamento responsabile e la promozione della produzione ittica greca di alta qualità. La mission dell’organizzazione è quella di affermare l’unicità dell’identità greca e di porre in evidenza le eccezionali caratteristiche e i vantaggi competitivi del pesce fresco greco, “targato” Fish from Greece. È così che HAPO si impegna ad offrire ai consumatori, giorno dopo giorno, la freschezza, il gusto, le proprietà nutritive e la qualità eccellente del pesce d’acquacoltura greca, allevato con la massima cura da professionisti esperti, nel rispetto dell’ambiente e delle normative europee. I pesci freschi Fish from Greece raggiungono infatti i diversi mercati in modo rapido e sicuro, mantenendo inalterati il loro gusto unico, i valori nutrizionali, le caratteristiche qualitative. Nota 1. Branzino e orata vengono generalmente allevati nel Mar Mediterraneo, prevalentemente in Grecia e Spagna e, insieme, rappresentano oltre il 20% del valore totale della produzione acquicola dell’UE, rispettivamente il 10% e l’11% (fonte: elaborazione EUMOFA di dati EUROSTAT).

Il marchio Fish from Greece testimonia l'identità greca di tutto il pesce fresco allevato in modo responsabile con la cura, il know-how e la competenza dei soci della Hellenic Aquaculture Producers Organization (HAPO) presso gli allevamenti ittici situati nei mari greci incontaminati, nel pieno rispetto delle normative europee. Un nome semplice, distintivo e immediato, che racchiude in sé le tonalità dell’azzurro e del bianco — i colori caratteristici della bandiera greca e del mare — Fish from Greece è il nuovo sigillo di fiducia per i retailers e i consumatori di pesce fresco di tutto il mondo. Fish from Greece è supportato da un severo protocollo di certificazione privata. >> Link: fishfromgreece.com

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INCHIESTE

Ismea: un anno di Covid-19 È stato pubblicato il IV Rapporto Ismea sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari nell’emergenza Covid, che da marzo 2020 ha stravolto tutto e tutti. Un’analisi approfondita del mercato agroalimentare italiano

È quasi impossibile descrivere correttamente, mentre è ancora in atto, un fenomeno esteso e profondo come la pandemia da Covid-19. Probabilmente solo l’analisi storica ci darà le reali dimensioni e sarà in grado di descrivere i mutamenti della società a seguito della diffusione del virus. Tuttavia, l’ISMEA, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ha monitorato l’impatto sul settore agroalimentare del Covid-19 fin dal momento in cui si è capito che il mondo era di fronte a un fenomeno

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mai visto prima, rispetto al quale nessuno Stato, nessun politico, nessun imprenditore e, soprattutto, nessuno scienziato, era in possesso del libretto delle istruzioni per affrontarlo. A distanza di meno di un anno dalla pubblicazione del primo “Report Covid-19 e agroalimentare”, e sulla base dei dati analizzati e delle indagini realizzate è possibile tratteggiare quali eredità il settore agroalimentare si porterà dietro dopo un anno difficile ma che tuttavia ha avuto il merito di riportare il tema dell’ap-

In alto: la pandemia ha accelerato la diffusione di pratiche e tendenze di mercato che avevano già cominciato a manifestarsi in precedenza: prodotti del territorio e locali, food delivery, attenzione alla sostenibilità e al green, e-commerce sono solo alcune. Anche alla luce della svolta verde dell’UE in campo agroalimentare, nel Rapporto Ismea sottolinea che la parola chiave di questa fase è e sarà “cambiamento” (photo © marchsirawit – stock.adobe.com).

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provvigionamento alimentare tra le priorità strategiche, riattribuendo, allo stesso tempo, dignità e attenzione all’agricoltura, troppo spesso ancora relegata ai margini del sistema produttivo e considerato da molti ancora sinonimo di arretratezza. In realtà, già da alcuni anni i giovani hanno ricominciato ad affacciarsi con curiosità alla produzione agricola e allo studio di materie universitarie strettamente connesse all’agricoltura, mentre fasce sempre più ampie di popolazione sono sempre più attente alle modalità con cui alimentare sé stessi e la propria famiglia. Il tentativo del Rapporto non è solo quello di riassumere le difficoltà sperimentate dal settore agroalimentare a seguito della pandemia. È ormai opinione diffusa, infatti, che, al di là degli impatti più o meno diretti che il Covid-19 ha avuto sui vari settori e sulle varie filiere, la sua propagazione abbia sovente accelerato la diffusione di pratiche o tendenze che avevano già cominciato a manifestarsi in precedenza. In considerazione dell’ottica prospettica con cui si tenterà di approcciare al settore, si deve altresì considerare come, proprio in coincidenza col diffondersi del Covid-19, la politica agricola dell’UE abbia ribadito, in maniera ancora più netta, la priorità attribuita all’obiettivo di un’Europa più verde, enunciato con la Comunicazione sul Green Deal del dicembre 2019, fornendo orientamenti che determineranno lo sviluppo del settore per i prossimi anni. Il 20 maggio 2020, la Commissione ha pubblicato due importanti comunicazioni che declinano con chiarezza la svolta verde dell’UE in campo agroalimentare: la Strategia Farm to fork e la Strategia sulla biodiversità. Questo mix contemporaneo di rilevanti mutamenti dal basso e dall’alto guiderà la transizione del settore agroalimentare, delimitando il campo di gioco attraverso numerosi vincoli ma anche fornendo nuove e rilevanti opportunità per chi sarà in grado di coglierle. La parola chiave sarà quindi cambiamento e, nell’ambito di uno

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Il comparto ittico mostra una crescita della spesa inferiore alla media. Gli incrementi nel 2020 sono stati del 6,7% ma solo grazie a un’importante ripresa nella fase finale dell’anno che ha consentito di attenuare le flessioni rispetto al 2019 registrate in alcuni mesi (aprile e luglio). Queste, sono state conseguenza della discontinuità della disponibilità di offerta di prodotto fresco, inizialmente per motivi logistici e nei mesi estivi per la maggior richiesta da parte dei ristoranti. Nel comparto è il pesce fresco (49% sul totale) l’unico segmento in lievissima flessione (–0,1%), a fronte di una crescita del 16% del prodotto congelato (circa il 20% del totale). Nell’ultimo mese dell’anno, la spesa per i pro-dotti ittici è stata comunque la più dinamica tra tutti i comparti (+21%), per-mettendo alla media su base annua di avvicinare quella degli altri settori (photo © www.fao.org). scenario in cui il cambiamento sarà protagonista, si prova di seguito, senza alcuna ambizione di essere esaustivi, ad individuare alcune delle principali eredità lasciate dal Covid-19 sul settore agroalimentare: • Dal globale al locale. Locale inteso come il negozio di vicinato, come il mercato rionale — contadino o meno — di quartiere, come le aziende agricole e anche quelle di trasformazione situate a una distanza ragionevole e orientate ai “prodotti del territorio” o, infine, al prodotto totalmente made in Italy. La pandemia ha accelerato quel processo di “deglobalizzazione” in atto da qualche tempo, alimentando interesse e voglia di “mangiare vicino”. Il problema è che questo è avvenuto non solo in Italia;

• Food delivery. Quella che era la mania emergente di qualche pigro teenager, spesso finalizzata a mangiare, a parte l’immancabile pizza, cibi esotici come il sushi, nel giro di pochi mesi è divenuto un rilevante canale di distribuzione, un’ancora di salvataggio cui aggrapparsi per una ristorazione a rischio default e per le aziende agricole orientate all’agriturismo; • Consumo etico vs consumo conveniente. È indiscusso che il grado di consapevolezza dei consumatori, soprattutto i più giovani, relativamente alle questioni etiche e di sostenibilità ambientale è crescente e sempre più rilevante nelle decisioni d’acquisto. D’altro lato, la crisi economica innescata dalla pandemia

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da Covid-19 lascerà strascichi rilevanti in termini di riduzione della capacità di acquisto di una parte importante di popolazione. Su questo labile confine si giocherà una partita importante per il futuro sviluppo dei consumi agroalimentari; • Homeworking. Che sia smart o meno, è ormai diffusa l’idea che non si tornerà indietro, almeno non del tutto. Molti lavoratori avranno la possibilità di organizzare con più flessibilità il lavoro, limitando la presenza in ufficio, organizzando le attività da casa. Durante il primo lockdown, la cucina è diventata un momento importante sia per trascorrere un po’ del tempo a disposizione ma anche per riprendere a mangiare in maniera più sana. Di contro, diventando routine e superando i limiti logistici, sarà fisiologico riorganizzare i pasti dedicando loro il giusto tempo. L’organizzazione dei pasti più frequenti a casa potrà guidare una fetta consistente degli acquisti dome-

stici alimentari del futuro; • Cibo e salute. Dallo scoppio della pandemia ad oggi, il rapporto col cibo è cambiato e diventato più stretto oltre che multidimensionale. Per un verso, il cibo è stata una delle vie per cercare di mantenere la salute: il boom degli acquisti di arance nell’inverno 2020 ne è uno degli indicatori più evidenti. Nella rarefazione delle relazioni sociali e nelle difficoltà psico-fisiche di questi mesi si è anche amplificato il ruolo del cibo come fornitore di piacere, consentendo anche qualche piccolo deragliamento dal “percorso salutista”; • Siamo tutti chef. Il trascorrere delle settimane ha modificato l’atteggiamento dei consumatori nei confronti del cibo: a fronte di un graduale ridimensionamento di interesse per i prodotti “alternativi al fresco” (surgelati e scatolame) e per i prodotti da “scorta dispensa” (latte UHT, pasta, passate di pomodoro), il paniere “cuochi a casa” (uova,

farina, lievito, burro, zucchero, olio extravergine d’oliva) è quello che ha mostrato la maggior tenuta in terreno positivo; • Grandi città vs piccoli centri. Qualcuno lo ha definito southworking ma è possibile che sia un fenomeno ancora più ampio. Il lavoro da casa ha riconnesso molti al proprio luogo d’origine o al proprio luogo del cuore dove si possiede una seconda casa. Fatto sta che le vendite di prodotti agroalimentari nei negozi situati in aree a bassa urbanizzazione sono cresciute più incisiva-mente (+6,7%) rispetto a quelle delle città (+0,3%). In questo contesto, inoltre, va segnalata la quasi totale assenza di turismo estero, che ha penalizzato maggiormente le grandi città d’arte. In prospettiva questo fenomeno comporta sia degli effetti di ridistribuzione della ricchezza, sia la necessità da parte della produzione agroalimentare e della distribuzione di organizzarsi per poter raggiungere la domanda che si sposta

Grafico 1 – Variazione della spesa per comparto – Anno 2020/19

All’incremento complessivo della spesa del +7,4% (confezionati e sfusi) hanno contribuito le tendenze positive di tutti i comparti, con incrementi sopra la media per tutti i proteici di origine animale, per i prodotti ortofrutticoli e per tutte le bevande alcoliche, compreso il vino, nonché per gli oli; sotto la media i derivati dei cereali, i prodotti ittici e le bevande analcoliche (fonte: Ismea-Nielsen).

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dal Nord al Sud e dai poli urbani verso le altre aree del Paese. Ancora di più, quindi, la questione della logistica diventerà un perno del futuro sviluppo del settore; • La transizione digitale. Pur rimanendo ancora un settore nel complesso scarsamente propenso all’innovazione, questo anno contrassegnato dalla diffusione del Covid-19, ha indotto grandi passi avanti in termini organizzativi e di avvicinamento agli strumenti digitali anche da parte di tantissime imprese agricole. Il lockdown, infatti, ha stimolato molte di queste a individuare nuove soluzioni per superare le difficoltà logistiche e organizzative dei canali consueti orientandosi così verso la vendita diretta. Un fenomeno che va letto anche come segnale promettente dell’orientamento verso una filiera agroalimentare più corta e sostenibile. Secondo i risultati di un’indagine ISMEA, l’emergenza Covid-19 ha determinato un sensibile aumento del numero delle imprese agricole che praticano la vendita diretta e, di conseguenza, il fatturato di questo canale che, nel 2020, ha superato i 6,5 miliardi di euro. I produttori che quest’anno hanno scelto di accorciare la filiera, raggiungendo in autonomia il consumatore finale, sono il 21,7% del campione analizzato, percentuale che aumenta di circa il 5% rispetto al 2019 (17%), destinandovi, peraltro, una quota produttiva ben maggiore (82%) rispetto al 2019 (73,1%). Lo scenario complessivo Dopo la transitoria boccata d’ossigeno del terzo trimestre del 2020, da ottobre in poi la risalita dei contagi ha costretto molte nazioni a rafforzare le misure di contenimento della pandemia, determinando un’ulteriore brusca frenata dell’economia mondiale. Il commercio mondiale in volume è diminuito su base annua del 5,9% nei primi undici mesi del 2020. Nelle prospettive per l’economia di dicembre, l’ISTAT prevede per l’Italia una marcata contrazio-

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ne del PIL nel 2020 (–8,8%) e una ripresa parziale nel 2021 (+4,0%). Le misure restrittive adottate nel corso del 2020 hanno avuto effetti molto differenziati tra i settori economici. Il comparto agroalimentare, sia nella fase agricola, sia in quella industriale, pur non essendo stato soggetto a blocco delle attività, neppure durante il lockdown di marzo, ha risentito dell’emergenza per una serie di fenomeni di filiera. L’incremento delle vendite presso la GDO non sempre ha compensato il calo di quelle HO.RE.CA. Prima di tutto, la chiusura e poi il forte rallentamento del canale HO.RE.CA., in Italia e all’estero, ha impattato in maniera differente tra le varie filiere, a seconda dell’importanza che esso ha nel consumo finale di ciascun prodotto. Se in alcuni settori il calo delle vendite HO.RE. CA. è stato più o meno compensato dall’incremento di quelle presso la Distribuzione Organizzata e non, così non è stato per altri, come il vino, l’ittico e il florovivaismo. Inoltre, le dinamiche appaiono differenziate anche all’interno di uno stesso settore, con vantaggi di quelle imprese che hanno sempre avuto come interlocutore principale la distribuzione o direttamente il consumatore e svantaggi per quelle più orientate verso la vendita nel canale della ristorazione. In Italia, la contrazione del fatturato della ristorazione è stata imponente, con un –34,7% nei primi nove mesi del 2020 sullo stesso periodo del 2019, e ha interrotto un robusto trend di crescita manifestatosi nell’ultimo decennio, segnato dal +6% in termini reali della spesa delle famiglie per servizi di ristorazione di fonte ISTAT, a fronte del –2,5% di quella destinata agli acquisti di alimenti e bevande presso la distribuzione. Secondo una stima dell’ISMEA, fatta tenendo conto delle dinamiche del fatturato ISTAT dei primi nove mesi e delle ulteriori misure restrittive messe in atto per la risalita dei contagi a partire dall’autunno, la spesa delle famiglie presso la ristorazione sarebbe diminuita del 42% nel 2020.


Nel 2020 l’e-commerce ha registrato un incremento esponenziale: +117% rispetto all’anno precedente (28 volte superiore alla crescita dei canali fisici), con un contributo alla crescita del 13% nelle categorie alimentari (photo © fultonfishmarket.com). La riduzione del fatturato della ristorazione nel mondo rallenta l’export agroalimentare Il brusco calo degli affari della ristorazione italiana nel mondo si è fatto sentire sulle esportazioni agroalimentari, che avevano aperto l’anno sotto i migliori auspici, ma che chiudono il 2020 con un deciso rallentamento, anche se ancora in terreno positivo. Nel 2020, infatti, l’incremento dell’export agroalimentare si è ridotto dal +7% del 2019 al +1,7% su base annua. Il 2020 si è chiuso comunque con un saldo del commercio agroalimentare in miglioramento rispetto all’anno precedente, con un surplus che, nel complesso, ha oltrepassato i 3 miliardi di euro, dopo il deficit di 37 milioni del 2019. A contribuire a questo risultato è stata, a fronte della tenuta dell’export, la diminuzione delle importazioni del 5,1%. In calo la fiducia degli operatori, ma con prospettive future positive In questo contesto, la fiducia degli operatori dell’agroalimentare non poteva che diminuire. L’indice di clima di fiducia, calcolato come media dei risultati trimestrali, è sceso a –5,9 punti per l’agricoltura, con un crollo della componente relativa alla situazione corrente aziendale, men-

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tre le aspettative per il futuro, a 2-3 anni, sono risultate migliori rispetto al 2019. L’andamento climatico ormai da anni influenza negativamente i risultati delle imprese del settore primario. Dal 2016 ad oggi il valore aggiunto agricolo ha sperimentato flessioni continue ogni anno, ad eccezione del 2018. Anche per gli operatori dell’industria alimentare l’indice di clima di fiducia è scivolato inevitabilmente su terreno negativo nel 2020, toccando –15,6 punti, per un crollo del livello degli ordini e un incremento delle scorte, mentre le attese degli operatori sulla produzione sono rimaste debolmente positive, pur diminuendo rispetto al 2019. La domanda al dettaglio di prodotti agroalimentari La spesa per consumi domestici di prodotti alimentari è una delle poche variabili sulle quali l’emergenza Covid ha avuto un impatto positivo. La tendenza di crescita evidenziata nel 2020 è di gran lunga la più ampia dell’ultimo decennio (+7,4%), raggiungendo il suo culmine a marzo, quando le vendite hanno registrato picchi del +20%. Col trascorrere delle settimane, poi, la ritrovata fiducia nella capacità del sistema agroalimentare di garantire gli approvvigionamenti quotidiani ha

progressivamente attenuato il tasso di crescita degli acquisti. Nella cosiddetta Fase 2, con la conseguente riduzione dell’impatto della diffusione del Covid e la graduale riapertura della ristorazione, l’andamento delle vendite è tornato alla normalità con alcune settimane che hanno addirittura visto variazioni negative rispetto al medesimo periodo del 2019 (nel mese di luglio –2,1%). Ma in autunno le nuove restrizioni e il rinnovato timore per la diffusione del Covid hanno generato nuovamente ripercussioni sulle abitudini di acquisto (Graf. 1), con conseguenze sulle vendite che sono aumentate, senza però raggiungere i picchi di inizio pandemia. L’analisi della tendenza dei consumi complessivi (confezionati e sfusi) per area geografica evidenzia ancora una volta come il Nord Est abbia fatto da traino alla crescita nazionale, con incrementi della spesa del +8,4%, decisamente più marcati di quelli registrati nelle altre macroaree; segue il Centro con +7,3%, il Mezzogiorno con +7,2% e il Nord Ovest con +7,0%. In particolare, si evidenziano reazioni differenti dei consumatori in risposta all’emergenza: al Sud, la spesa — seppur costantemente in positivo — mostra una maggiore variabilità, con il consumo che più sensibile ai decreti restrittivi, con i due picchi più alti proprio nelle settimane immediatamente successive all’emanazione di questi (+19% a marzo e +12%, a fine ottobre). Incrementi superiori nelle aree a bassa urbanizzazione Durante il 2020, inoltre, si è verificato un cambiamento nei luoghi di consumo. C’è chi ha lavorato da casa, chi si è spostato di meno, chi è tornato nella propria città di origine e chi è rimasto nella seconda casa; tutto ciò ha fatto sì che le vendite dei negozi nelle aree a bassa urbanizzazione siano cresciute di più (+6,7%) rispetto a quelle dei negozi situati nelle grandi città (+0,3%), le quali, probabilmente, hanno sofferto anche della quasi totale assenza di turismo estero, che ha penalizzato maggiormente le grandi città d’arte.

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Il supermercato resta il canale più utilizzato (41%), ma i negozi tradizionali sono i più dinamici (+18,9% le vendite) In relazione ai canali di vendita, i supermercati restano la principale fonte di approvvigionamento (catturando il 41% dei volumi totali), con un incremento delle vendite di oltre il 9,4%, ma col calo della domanda di bar e ristoranti e l’impossibilità per i consumatori di percorrere lunghe distanze, i negozi che si sono dimostrati più adatti alle nuove esigenze di acquisto sono stati quelli con buona posizione e buon assortimento. La maggior dinamicità si è registrata, infatti, per i negozi tradizionali, i piccoli esercizi di prossimità che pur rappresentando ormai solo il 13% dello share tra i canali distributivi, in questo 2020 hanno visto aumentare le vendite del 18,9%. A tal proposito, è interessante notare come le scelte dei consumatori abbiano delineato chiaramente un apprezzamento crescente per i piccoli negozi di vicinato in senso stretto senza premiare allo stesso modo le superette. All’inizio dell’anno l’incremento delle vendite di negozi tradizionali e liberi servizi (ossia piccole superfici facenti capo spesso a insegne GDO) erano sincrone ma, a partire da maggio (prime riaperture), i liberi servizi hanno visto un declino delle vendite, mentre i negozi tradizionali hanno proseguito nel processo espansivo, mantenendo l’incremento a due cifre delle vendite. I liberi servizi hanno sostituito per comodità e limiti di movimento gli acquisti in altre tipologie di punti vendita strettamente nel periodo di limitazione, ritornando ai livelli di vendita precedenti non appena le condizioni lo hanno permesso. Al contrario, i negozi di vicinato sembrerebbero avere capitalizzato le opportunità offerte dalla pandemia riuscendo a mantenere una parte della clientela acquisita nei periodi di maggiore difficoltà. I discount raggiungono i supermercati in termini di fatturato per metro quadro I discount, con una quota del 15%, hanno incrementato le vendite del 9,5% e tagliano un traguardo im-

portante nel 2020: il loro fatturato medio per metro quadro ha raggiunto i 5.800 euro, quasi eguagliando i 5.860 euro dei supermercati (10 anni fa erano inferiori del 14% rispetto a questi ultimi). Il connubio tra prezzi competitivi e una chiara modernizzazione di assortimento ha portato il canale a crescere costantemente, moltiplicando sia quota di mercato che presenza sul territorio nazionale. Nel corso del 2020, gli ipermercati sono stati, invece, quelli che hanno sofferto maggiormente, registrando tendenze negative (–0,8%). La crescita dei canali digitali supera di 18 volte quella dei negozi fisici Garantendo maggiore comodità e sicurezza ai consumatori, il canale e-commerce ha registrato un incremento esponenziale nel 2020: +117% rispetto all’anno precedente (28 volte superiore alla crescita dei canali fisici), con un contributo alla crescita del 13% nelle categorie alimentari. Nell’analisi dei mutamenti del processi d’acquisto dei prodotti agroalimentari durante la pandemia, è rilevante la categoria socioeconomica di appartenenza degli acquirenti. La spesa per le carni è tra quelle che cresce di più (+9,8%) Analizzando la spesa, il comparto delle carni, con un +9,8% rispetto al 2019, ha fatto registrare importanti incrementi. Un anno partito su toni fiacchi, che nel bilancio finale ha però evidenziato una buona resilienza del settore, grazie alla propensione da parte dei consumatori a convertire i consumi “fuoricasa” in consumi “in casa”. Gli incrementi si sono infatti concentrati nei periodi in cui i canali della ristorazione hanno subito le maggiori restrizioni, mentre gli acquisti sono tornati su livelli simili all’anno precedente nel trimestre estivo, quando i canali HO.RE.CA. hanno ripreso a funzionare. Fonte: Emergenza Covid-19 IV Rapporto sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari nell’emergenza Covid-19 Ismea – Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare Febbraio 2021 www.ismea.it

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IL PESCE IN TAVOLA

Come sfilettare il pesce La scelta del coltello è di fondamentale importanza. Poi occorrono pratica, pazienza e alcune nozioni di base anche sul numero di filetti da ottenere di Nunzia Manicardi

Sfilettare il pesce significa tagliare un pesce intero in modo da ricavare dei filetti dalla polpa e renderlo pronto per la cottura, con le carni ben pulite e senza residui di pelle, perfetto per la consumazione. Si tratta certamente di un’operazione delicata, che richiede attenzione e dedizione, però non è assolutamente proibitiva. Chiunque può riuscirci, a patto che si osservino alcune indicazioni preliminari, dopo di che si potrà ottenere un risultato degno delle cucine dei migliori ristoranti. Pesce grosso o pesce piccolo? Innanzitutto bisogna sapere che sfilettare è più facile quando si ha a disposizione un pesce di una certa dimensione, anche perché si riducono gli scarti e si può lavorare su una maggiore superficie di polpa. Vi conviene quindi decidere di servire ai vostri commensali un pesce grosso piuttosto che due piccoli. Quanti filetti? Prima di cominciare ad incidere, spellare e tagliare bisogna che abbiate ben presente quale varietà di pesce avete sotto le mani per sapere se potete ricavarne 4 o solamente 2 filetti. Prendendo in considerazione i pesci da noi più abitualmente consumati, dovremo sapere che quelli da cui si possono ricavare 4 filetti sono ad esempio sogliola, platessa, passera, rombo, razza, mentre quelli da due filetti sono acciuga, sardina, triglia, orata, branzino, dentice, nasello, merluzzo. La sfilettatura è una tecnica che necessità di professionalità e giusti strumenti perché, se sbagliata, può compromettere l’estetica della preparazione e, cosa ancor più grave, farvi sprecare inutilmente dell’ottima carne (photo © sunorwind x unsplash).

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Non tutti devono essere sfilettati! Altri pesci, quali ad esempio tonno, salmone e pesce spada, non vanno

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se il coltello sia di tipo professionale oppure, se si tratta di un semplice coltello da cucina, dovrà essere di qualità. Si dovrà avere cura di conservare la lama in perfette condizioni affilandola spesso. Essa è molto più affilata rispetto a quella dei comuni coltelli ed è assai simile a quella dei coltelli da prosciutto. Spesso, infatti, servono ad entrambi gli usi, come evidenziato di solito anche nelle indicazioni fornite dal produttore. La lama deve avere una lunghezza media, tra i 14 e i 22 cm (sono in vendita anche set composti da coltelli di varie lunghezze da usare a seconda delle dimensioni dei pesci da sfilettare). Dovrà inoltre essere flessibile per accompagnare il percorso della mano durante il taglio; percorso che sarà ondulatorio in quanto si dovrà evitare la spina dorsale del pesce per tutta la sua lunghezza.

Per ottenere dei risultati migliori nella sfilettatura è preferibile usare sempre del pesce fresco: si potrà poi tranquillamente congelare ed usare così già pronto al bisogno (photo © Ulvi Safari x unsplash). assolutamente sfilettati ma ridotti in tranci ed eventualmente privati delle spine. Desquamatore e pinza leva lische State per cominciare? Bene! Avete però verificato di avere a disposizione tutti gli utensili necessari per portare a buon fine la vostra impresa? Converrebbe utilizzare il desquamatore (o leva squame), che è molto utile e pratico. È un attrezzo di metallo con un’impugnatura che impedisce alla mano di scivolare e una parte dentellata che permette di eliminare molto facilmente e senza nessuna fatica le squame del pesce. Se non ne disponete potete utilizzare un coltello purché, come vedremo di seguito, abbia determinate caratteristiche. Per sfilettare un pesce in modo perfetto è necessario privarlo anche delle lische.

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A questo scopo sono in commercio le pinze leva lische che servono ad estrarre con precisione le lische dai filetti del pesce appena pulito o anche dopo la cottura. Nell’usarle fate molta attenzione a tirare nel senso della fibra della carne per evitare di rovinare il filetto del pesce. Scegliere il coltello adatto Il coltello da filettatura del pesce è un particolare coltello da cucina che consente di tagliare il pesce in orizzontale, creando delle fette sufficientemente spesse e che, soprattutto, non si rompano. La carne del pesce è infatti molto tenera e tende a sfilacciarsi subito per cui la scelta del coltello diventa di fondamentale importanza altrimenti non si può ottenere il risultato sperato. Il coltello dovrà avere la lama lunga, sottile e ben affilata. Meglio

Scegliere un prodotto fresco Per ottenere dei risultati migliori usate sempre del pesce fresco. La polpa sarà elastica e inodore. Il pesce, una volta sfilettato, può essere conservato tranquillamente in frigorifero fino a due giorni oppure può essere congelato per conservarlo più a lungo. Le fasi preliminari La sfilettatura è preceduta da alcune indispensabili fasi preliminari (spellatura, tolettatura, squamatura, eviscerazione) ed è seguita da una fase conclusiva (finitura). Con la spellatura farete sì che le carni siano perfettamente pulite, prive di pelle e senza nessun’altra scoria. Quest’operazione si applica ai pesci di forma tondeggiante quali branzini, orate e triglie. La tolettatura consiste nel rimuove con l’aiuto delle forbici tutte le pinne del pesce. Si trovano sui fianchi, sul dorso e nella pancia. Per effettuare al meglio la successiva squamatura è preferibile appoggiare il pesce sul piano di lavoro, tenerlo saldamente per la testa con una mano e con l’altra utilizzare il desquamatore o il coltello raschiando con movimenti rettilinei dalla coda alla testa.

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Tocca ora all’eviscerazione. Con l’aiuto delle forbici praticherete un’incisione partendo dal foro dell’intestino fino ad arrivare alla parte finale del ventre. Si eviscera il pesce con una mano rimuovendo anche le branchie poste nella testa e tagliando le estremità. Aiutatevi facendo leva col dito indice. Alla fine lavate accuratamente il pesce sotto l’acqua corrente per eliminare ogni eventuale residuo di parti sanguinanti. I passaggi della sfilettatura Asciugate ben bene il pesce aiutandovi con carta assorbente e appoggiatelo sul tagliere per passare alla fase decisiva della sfilettatura vera e propria. C’è chi lo avvolge in un canovaccio per evitare che scivoli. È meglio non usare i guanti per non perdere sensibilità oppure utilizzate quelli in lattice (da chirurgo). Posizionate il coltello subito dietro alle branchie, con un angolo leggermente inclinato verso la testa, e incidete fino a raggiungere la lisca centrale. Con un colpo secco invertite la

direzione del coltello e, rimanendo paralleli alla lisca, fatelo scivolare fino alla coda. Tenete sempre il coltello il più parallelo possibile, con la mano un po’ dietro alla lama. Rimuovete la polpa vicina alla lisca centrale, arrivando fino alle lische della pancia, ed eseguite la stessa operazione sull’altro lato del pesce, in modo da ricavare due filetti identici. Ora togliete la testa e mettetela da parte. Col coltello rimuovete dai due filetti il grasso, soprattutto la parte finale dell’addome che però potrà essere utilizzata per preparare un brodo di pesce. Fate altrettanto con le spine più grosse, comprese quelle della pancia, che estrarrete con le pinze o anche con le sole dita. Per individuare le spine fate scorrere le dita su tutta la superficie dalla coda alla testa così le sentirete affiorare. Una volta estratte, sciacquate la pinza in una ciotolina d’acqua per far sì che si stacchino facilmente. Puntate con le unghie sulla parte estrema della coda, infilate il coltello con la lama

un po’ inclinata verso il basso e, tenendo fortemente la pelle, staccate tutta la carne. La pelle può essere conservata. Dipende dalla preparazione culinaria prescelta. Se volete toglierla fatelo solo alla fine della sfilettatura (con il lato della pelle rivolto verso il basso) perché è l’unica parte resistente del pesce e lo tiene assieme durante tutta l’operazione, evitando che la carne si sfaldi e che venga anche rimossa insieme con gli scarti. Eliminate la coda posizionando il coltello in cui essa interseca il corpo e praticando un taglio deciso tra la pelle e la lisca. Insieme alla testa potrà essere utilizzata per la preparazione di un ottimo brodo di pesce. La fase finale Ripassate i due filetti con attenzione, rimuovendo le ultime lische ed eventuali cartilagini finché non saranno solo ed esclusivamente polpa, e lavateli ancora una volta. Non vi resta che cucinarli. Nunzia Manicardi

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WEEK-END

La Tielle à la sétoise La cittadina portuale francese di Sète, patria di Paul Valérie e del cantautore Georges Brassens, sita nella splendida regione della Languedoc-Roussillon, vanta una specialità gastronomica con ripieno a base di polpo o piccole seppie in umido che ha origine dalla tradizionale Tiella di Gaeta di Josette Baverez Blanco

Gli Italiani hanno seminato da sempre cultura attraverso il mondo, a cominciare dalla Francia, Paese limitrofo sia via terra che via mare. Nel 1860, un gruppo di oriundi di Gaeta si stabilì a Sète, affascinato dalla particolare posizione geografica di questo porticciolo sito tra la laguna e il Mediterraneo. Ci troviamo ad una cinquantina di chilometri dalla Camargue, direzione Spagna, sull’orlo dell’Étang de Thau, là dove finisce il Canal du Midi che collega Atlantico e Mediterraneo. Gli Italiani furono accolti calorosamente sia dagli autoctoni che dai connazionali napoletani arrivati qui dal 1843 ed installatisi

nel quartiere Petit Naples. Là i nuovi arrivati “piantarono le tende”. Sembra addirittura che i primissimi migranti siano arrivati subito dopo la Rivoluzione francese. Un censimento del Novecento parla di 500 Italiani, popolazione che crebbe nei decenni successivi in maniera molto naturale senza nessun problema di integrazione, anzi! Da Gaeta, portarono il loro talento per la pesca e il loro stile di vita, in particolare in cucina con la famosa tiella. Identica a come si prepara nella città laziale, eccola diventata una specialità di Sète sia come spuntino che come secondo

La tielle de Sète, torta salata ripiena di ragù a base di polpo o seppie, vera e propria istituzione della cittadina, ha origine dalla tradizionale tiella laziale.

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piatto, il preferito degli abitanti e dei turisti. Come tutte le torte salate, una base di pasta tirata a mano, preferibilmente, per foderare la tortiera dai bordi bassi e smerlati, un ragù saporito di morbidissimo polpo (o piccole seppie) e pomodoro per farcirla e un altro disco di pasta per chiuderla. Diventa una pizza chiusa terra-mare, sintesi allegra di tritoni e sirene che riproduce perfettamente il contesto geografico locale. Un’altra specialità locale, la macaronade, ci rammenta il nostro Meridione. Il ragù di questo piatto di pasta è fatto con almeno tre tipi di carne (spalla di manzo, costine di maiale e salsiccia) cotti a lungo, a fuoco basso, nella salsa di pomodoro. Questo è il piatto tradizionale della domenica in tutte le famiglie di Sète. Ancora di pasta si parla con gli Spaghetti serviti con le cozze ripiene di salsiccia e pomodoro. In effetti, sono pochi i posti costieri dove profumo di terra e sapore di mare vengono così esaltati in contemporanea. Ricordiamo che Sète, piccola città caratteristica di pescatori, densa di storia e culla di personaggi famosi (il cantautore GEORGES BRASSENS, il poeta e scrittore PAUL VALÉRY, l’attore JEAN VILAR) è la capitale degli allevamenti di ostriche non atlantiche, senza dubbio le migliori del Mediterraneo, nonché di cozze e altri mitili. Anche la pesca al tonno è molto importante in questa zona ed è veramente affascinante osservare alla sera il rientro dei pescherecci accompagnati dai gabbiani.

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Coltivazione di ostriche nello stagno di Thau (photo © www.thau-mediterranee.com). Gli allevamenti di ostriche nei 75 km2 dello Stagno (o Bacino) di Thau producono annualmente circa 8.000 tonnellate di Ostrea edulis, di varietà triploide, e Crassostrea gigas giapponese. A loro sono dedicati 250 ettari suddivisi in 2.800 “tavole” ossia parchi per ostriche. Queste strutture, suddivise tra 450 produttori, permettono di mettere sul mercato 12.000 tonnellate di ostriche all’anno. Sono un po’ più sapide di quelle atlantiche, visto che il Mediterraneo, essendo un mare quasi chiuso, è più salato. In realtà nascono nell’Atlantico e vengono trasferite a 18 mesi sui filari sott’acqua della laguna. Là crescono e saranno pronte al consumo raggiunti i 10-12 mesi. Vengono controllate con molta attenzione per evitare che si possano ammalare o con batteri (come la malaïgue) o con una forma di herpes facendo perdere allora tutta la produzione. In generale l’ostrica si mangia viva, cruda, con un goccio di limone o aceto e scalogno. A Sète è servita anche cotta al vapore, accompagnata da uno stufato di cipolla e vino bianco.

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Anche la produzione di cozze che possono raggiungere notevoli dimensioni è concentrata nell’Étang de Thau e nel vicino mare là dove, però, rischiano di essere mangiate dalle orate. Le cozze sono allevate in 3.300 ettari di mare aperto e se ne raccolgono circa 6.000 tonnellate suddivise a metà tra Thau e il Mediterraneo. Lo Stagno di Thau è conosciuto sin dall’antichità per i suoi frutti di mare (I sec. d.C.) ma la vera cultura intensiva risale all’inizio del secolo scorso. È la più grande zona di molluschicoltura del Mediterraneo con circa 600 produttori che si raggruppano in 550 aziende soprattutto a conduzione famigliare. Non si può concludere un articolo su Sète senza accennare al godimento nell’assaporare il Vin De Sable, letteralmente “il vino delle sabbie”, che deve accompagnare qualsiasi degustazione. Ottenuto da vigne piantate vicino al mare, in terreno sabbioso, là dove ci furono delle saline, la produzione è essenzialmente di bianchi o rosé Gris de Gris. Dal profumo gradevole, va bevuto fre-

schissimo per accompagnare pesce o frutti di mare. Se avete l’occasione di recarvi in quella zona, non perdete la “ciliegina sulla torta” di questo territorio. Ad una trentina di chilometri da Sète, infatti, nell’entroterra immobile e suggestivo, campagna affascinante e quasi mistica, si innalza l’Abbazia di Valmagne dalle pietre rosate, fondata dai Benedettini nel 1138, legata ai Cistercensi nel 1159. I monaci vi coltivano la vite dal XII secolo e siamo nel cuore dei vigneti della Linguadoca. Dopo la Rivoluzione francese, la bellissima chiesa gotica fu sconsacrata e convertita in cantina ma rimane monumento storico. Le cappelle laterali ospitano le enormi botti tra i loro archi e anche il chiostro è incantevole. Chi vuole può soffermarsi per assaggiare i vini biologici, ottimi e da centellinare. Soprannominata la Venezia francese per la sua luce, i suoi riflessi e i suoi canali, Sète, il più grande porto di pesca del Mediterraneo francese ha saputo conservare la sua autenticità, i colori e il calore meridionale. Josette Baverez Blanco

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IL PESCATO DEL GIORNO

Amnesiac, Radiohead

Come sardine di Giovanni Papalato

Non si deve stare comodi “ammassati come sardine in un barattolo di latta schiacciato”. Non deve esserlo nemmeno pressati da aspettative aumentate a dismisura quando hai pubblicato due dischi in tre anni che sono stati defi niti ogni volta come il tuo lavoro migliore.

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“Ok Computer” e il successivo “Kid A”, così concettualmente e stilisticamente distanti tra loro, sono a distanza di più di vent’anni ancora visti come pietre di paragone per la musica a venire, in cima a sondaggi e classifiche per determinare il miglior disco della storia. Pressione?

I R ADIOHEAD pubblicano un altro disco, “Amnesiac”, quando sono ancora nel pieno del tour mondiale e il primo brano è proprio “Packt like Sardines in a Crushd Tin Box”. Un riff percussivo sincopato, tribale, come pezzi di metallo battuti, prima che entrino basso e synth a definire il tema dominante del brano, comprimendo il suono mentre THOM YORKE sembra parlare a se stesso: “After years of waiting Nothing came As your life fl ashed before your eyes You realize”. Poi entra come un ronzio sintetico di api che amplia lo spazio in cui si stava fi no ad ora: “I’m a reasonable man Get off, get off, get off my case I’m a reasonable man Get off my case Get off my case”. Un piano scordato, forse una marimba o una chitarra effettata per suonare tutto tranne che come una chitarra e la batteria elettronica sono un unico movimento che ad un certo punto perde coordinazione. Allora sembra di trovarsi nell’abitacolo di un’auto nell’ora di punta, tra suoni discordanti, che prima si avvicinano e poi si allontanano assieme a voci che si sovrappongono. Poi riemerge il riff percussivo che riprende assieme al beat, ma qualcosa è cambiato. Le voci rimangono, il meccanismo ha una latenza, una sorta di claustrofobia ci accompagna fi no alla fi ne del brano. Oscura e intrigante è una canzone che non fa nulla per nascondere l’identità dell’album che apre. Un disco gemello, registrato nelle stesse sessioni di “Kid A”, ma eterozigote.

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Amnesiac è come un puzzle di cui puoi vedere e pezzi che lo compongono, mentre il precedente è un’immagine omogenea e organica. Per quanto indipendenti tra loro, sono indissolubilmente legati e si completano. Sono album in cui convivono spasmi kraut, nervature elettroniche, jazz, ambient e un’ipersensibilità cronica al mondo esterno. Attraverso la fluida astrazione di Pyramid Song, la sequenza I Might Be Wrong e Knives Out che sembra riportare a coordinate conosciute ma con una personalità completamente inedita, il riarrangiamento cosmico di Morning Bell (brano che era già presente nel predecessore) e

le conclusive gemme Like Spinning Plate e Life In A Glasshouse, si ha coscienza di un album importante non solo limitandosi alla produzione del quintetto di Oxford. La sfida di Radiohead ad un sistema di preconcetti stilistici e recinti espressivi era già cominciata con “Ok Computer”, quando invece di cavalcare l’onda Britpop avevano scelto di liberarsi da ogni immaginario prestabilito, sviluppando sonorità sperimentali. Passando attraverso la scomposizione e la reinvenzione del suono con la coppia composta appunto da “Kid A” e “Amnesiac” chiuderanno poi il contratto con la loro Major attraverso “Hail To The Thief”. Con

“In Rainbows” nel 2007 arriveranno all’estremo di far decidere il prezzo dell’acquisto dell’album in digitale all’acquirente, anche con la possibilità di indicare zero come importo. Il disco poi uscirà anche in copie fisiche come cd, vinile e vinile in edizione limitata con un’etichetta e una distribuzione indipendente. La discografia di Radiohead è una continua evoluzione, dove non c’è spazio per imposizioni e limiti, ma è fatta di tentavi di espressione e di indagine musicale che non cercano consensi ma empatia. Giovanni Papalato Nota A pag. 134, photo © Lucio Pellacani.

Sardinhas, souvenir de Portugal da mangiare e collezionare Dici sardina, dici Portogallo. Al pari del più nobile Bacalhau, le “umili” sardine sono le protagoniste indiscusse della gastronomia portoghese e in particolare di quella sua magnifica capitale Lisbona di cui nel tempo sono diventate un simbolo, accanto ai tram gialli e alla Torre di Belém. Un simbolo da acquistare sotto forma di portachiavi, calamite, piatti e utensili per la cucina, stampato su magliette, spille, foulards... “La sardina è così ben inserita nella cultura portoghese da apparire in libri e testi di numerose canzoni e persino nella genealogia, come cognome di alcune famiglie” si legge nel sito lisbona.italiani.it. “I Portoghesi la consumano tradizionalmente grigliata, accompagnata da patate lesse e insalata, o ‘a solo’, adagiata su una spessa fetta di pane”. La stagione migliore per mangiarle fresche è tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate, quando il pesce è bello grasso e il suo sapore migliore e infatti proprio in questo periodo impazzano le popolari Festas, di cui le sardine sono l’emblema culinario e l’icona a livello di comunicazione. E a proposito di comunicazione, cosa dire delle scatole che le contengono? Sappiamo infatti che l’industria conserviera portoghese è una dei capisaldi dell’economia nazionale, esportando migliaia di tonnellate di scatole in latta fuori del Paese. Un classico della dispensa, apprezzato un po’ dappertutto in Europa e nel mondo, con un fascino senza tempo. E sulle scatole di sardine, divenute anch’esse un souvenir irrinunciabile del Portogallo, da tempo si sono scatenati l’estro e la creatività di designer e produttori, che hanno ingaggiato una vera e propria gara fatta di originalità, colori, innovazione e ironia, arrivando a creare dei piccoli capolavori, da esporre quasi come oggetto d’arte (dopo aver mangiato il contenuto naturalmente). Se oggi abbiamo imparato che la food experience parte dal packaging, dal contenitore esterno per arrivare al contenuto, le scatolette di sardine hanno tanto da insegnarci (in basso, alcune scatole firmate A Banca da Sardinha: una più bella dell’altra; photo © www.sardinha.pt).

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SPECIE ITTICHE

Schede di specie ittiche da pesca nazionale Composizione e valore nutrizionale delle più importanti specie ittiche (pesci, molluschi e crostacei) da attività di pesca nazionale a cura di Elena Orban e Gabriella Di Lena, Teresina Nevigato, Maurizio Masci, Irene Casini, Roberto Caproni

Vongola (Tapes decussatus)

Habitat: Lunghezza massima: Provenienza delle vongole analizzate: Parte delle vongole analizzate:

vive in acque costiere e soprattutto all’interno delle lagune 8 cm pesca in zona lagunare Lazio polpa interamente omogeneizzata

Tabella 1 – Biometrie di vongole Tapes decussatus analizzate Min

Max

Peso (g)

6,80

11,44

Lunghezza (cm)

3,40

4,78

Tabella 2 – Composizione nutrizionale di vongole Tapes decussatus di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)

Min

Max

32,70

2,64

28,33

35,45

kcal / kJ

55/230

6/27

45/190

62/260

Umidità

81,76

1,59

80,13

84,51

Proteine

10,91

0,97

10,27

12,00

Lipidi totali

1,25

0,37

1,01

2,00

Glicogeno

2,20

0,74

1,57

3,49

1.191,69

215,08

760,00

1.445,00

2,69

0,26

2,44

3,10

Sale (Nax2,5) mg Ceneri

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Dev.std

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Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di vongole Tapes decussatus di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Colesterolo α-tocoferolo (vit. E) Desmosterolo Fuco+Brassicasterolo Stigma+Campesterolo ßSitosterolo α-Carotene (μg) ß-Carotene (μg)

Media 49,14 1,05 – 3,39 9,53 2,94 0,53 5,53

ds 9,58 0,05 – 1,01 2,04 1,82 0,30 2,32

Min 39,56 0,97 – 2,02 7,10 1,12 0,25 3,29

Max 60,28 1,13 – 4,41 12,18 6,33 0,78 7,63

Tabella 4 – Contenuto di acidi grassi in vongole Tapes decussatus di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Acidi grassi saturi Acidi grassi monoinsaturi Acidi grassi polinsaturi Acidi grassi Omega-3 Acidi grassi Omega-6 EPA DHA EPA+DHA

Media 0,32 0,17 0,34 0,29 0,06 0,09 0,16 0,25

ds 0,11 0,07 0,09 0,08 0,02 0,04 0,05 0,07

Min 0,22 0,14 0,23 0,20 0,04 0,05 0,11 0,15

Max 0,55 0,28 0,50 0,43 0,09 0,20 0,24 0,36

Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in vongole Tapes decussatus di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Cu (μg) Fe (mg) Se (μg) Zn (mg) Na (mg) K (mg)

Min 46,00 1,42 18,00 1,08 304,00 212,00

Max 66,00 2,45 27,00 1,22 564,00 272,00

Stagione riproduttiva, pesca ed allevamento. La vongola Tapes decussatus si riproduce principalmente tra giugno ed agosto (sporadicamente in settembre). Viene pescata con rastrelli da barca e a mano e turbosoffianti. Valore nutrizionale La vongola verace autoctona mediterranea (Tapes decussatus) è un mollusco bivalve della famiglia dei Veneridae, molto simile alla vongola verace asiatica, Ruditapes philippinarum, dalla quale si distingue per forma e disposizione dei sifoni, che nella specie autoctona sono ben separati, mentre nella filippina sono fusi alla base e divisi solo all’estremità. In Italia è particolarmente comune nell’Adriatico, ma anche nel basso e medio Tirreno. Dal punto di vista nutrizionale si evidenzia un contenuto proteico non molto elevato, un basso tenore lipidico, ed un contenuto in glicogeno variabili stagionalmente. L’apporto calorico per 100 g è molto basso. Buono il contenuto in acidi grassi polinsaturi, in particolare gli Omega-3 a lunga catena EPA e DHA, basso il tenore colesterolo. Elevato apporto di minerali; il tenore in sodio è piuttosto elevato. Note La vongola verace autoctona Tapes decussatus è diventata rara in quanto non si presta molto alle tecniche di allevamento come la vongola verace filippina, Tapes philippinarum o Tapes semidecussatus, che importata negli anni Ottanta ha progressivamente sostituito la classica vongola verace autoctona.

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Venus (Chamelea) gallina

Habitat: Lunghezza massima: Provenienza delle vongole analizzate Parte delle vongole Chamelea analizzate:

vive su fondali sabbioso-fangosi, nella fascia costiera, fino a 15 metri di profondità 5 cm pesca in Adriatico polpa interamente omogeneizzata

Tabella 1 – Biometrie di Capesante analizzate Min

Max

Peso (g)

5,30

11,00

Lunghezza (cm)

2,42

3,06

Tabella 2 – Composizione nutrizionale di vongole Chamelea di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)

Min

Max

18,65

1,84

16,39

20,14

kcal / kJ

50/207

7/30

41/171

57/240

Umidità

80,57

2,34

77,44

83,00

Proteine

9,76

0,93

8,55

10,75

Lipidi totali

1,17

0,39

0,73

1,60

Glicogeno

3,55

1,12

2,25

4,33

1.478,40

196,70

1.312,00

1.775,00

3,22

0,32

2,73

3,55

Sale (Nax2,5) mg Ceneri

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Dev.std

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Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di vongole Chamelea di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Colesterolo α-tocoferolo (vit. E) Desmosterolo Fuco+Brassicasterolo Stigma+Campesterolo ßSitosterolo α-Carotene (μg) ß-Carotene (μg)

Media 31,81 0,90

ds 2,22 0,26

Min 28,34 0,48

Max 34,2 1,16

1,25 2,70 1,1 0,42 3,92

8,3 5,24 2,39 6,15 26,80

– 4,45 3,94 1,94 2,60 14,01

2,60 1,12 0,53 2,76 13,83

Tabella 4 – Contenuto in acidi grassi di vongole Chamelea di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Acidi grassi saturi Acidi grassi monoinsaturi Acidi grassi polinsaturi Acidi grassi Omega-3 Acidi grassi Omega-6 EPA DHA EPA+DHA

Media 0,26 0,15 0,36 0,32 0,04 0,14 0,13 0,27

ds 0,07 0,08 0,12 0,11 0,01 0,08 0,02 0,10

Min 0,20 0,07 0,21 0,17 0,04 0,04 0,12 0,14

Max 0,35 0,26 0,47 0,43 0,05 0,22 0,15 0,36

Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in vongole Chamelea di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Cu (μg) Fe (mg) Se (μg) Zn (mg) Na (mg) K (mg)

Min 35,00 6,31 57,50 0,91 525,00 182,30

Max 65,00 8,20 72,80 1,48 710,00 257,00

Stagione riproduttiva e pesca Si riproduce da aprile ad ottobre e viene pescata con la draga idraulica. Valore nutrizionale La vongola autoctona Chamelea gallina, conosciuta anche come “lupino”, è un prodotto esclusivamente di pesca su banco naturale che rappresenta una voce importante dell’economia ittica soprattutto nel Medio e Alto Adriatico. La Chamelea ha dimensioni più ridotte rispetto alle vongole veraci, mentre la composizione nutrizionale non differisce in maniera sostanziale. Note L’Unione Europea, con l’entrata in vigore del Regolamento delegato (UE) 2020/2237 della Commissione del 13 agosto 2020, autorizza i pescherecci italiani a pescare e commercializzare vongole più piccole (22 millimetri) di quanto previsto dagli standard UE, che fissano genericamente la taglia minima in 25 millimetri.

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Vongola (Tapes semidecussatus o philippinarum)

Habitat: Lunghezza massima: Provenienza delle vongole analizzate Parte delle vongole analizzate:

vive infossata in fondali lagunari a tessitura variabile dal fango alla sabbia grossolana 8 cm pesca in zona lagunare (Sacca di Goro) polpa interamente omogeneizzata

Tabella 1 – Biometrie di vongole Tapes semidecussatus analizzate Peso (g) Lunghezza (cm)

Min

Max

11,00

17,00

3,69

4,20

Tabella 2 – Composizione nutrizionale di vongole Tapes semidecussatus di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)

Min

Max

29,21

3,81

23,30

32,40

kcal / kJ

43/179

6/25

35/146

50/210

Umidità

85,35

2,42

81,70

88,00

Proteine

8,42

1,05

7,04

9,47

Lipidi totali

1,00

0,23

0,84

1,36

Glicogeno

2,02

1,60

0,65

4,09

1.416,50

341,53

1175,00

1.658,00

2,01

0,43

1,72

2,76

Sale (Nax2,5) mg Ceneri

140

Dev.std

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Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di vongole Tapes semidecussatus di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Colesterolo α-tocoferolo (vit. E) Desmosterolo Fuco+Brassicasterolo Stigma+Campesterolo ßSitosterolo α-Carotene (μg) ß-Carotene (μg)

Media 37,14 0,56 1,34 5,36 8,56 2,64 1,39 15,77

ds 7,97 0,21 0,53 1,20 3,58 0,42 0,47 11,64

Min 29,59 0,34 0,74 3,66 5,11 1,98 0,68 4,35

Max 48,66 0,84 1,77 6,67 13,50 3,15 1,92 34,38

Tabella 4 – Contenuto di acidi grassi in vongole Tapes semidecussatus di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Acidi grassi saturi Acidi grassi monoinsaturi Acidi grassi polinsaturi Acidi grassi Omega-3 Acidi grassi Omega-6 EPA DHA EPA+DHA

Media 0,22 0,16 0,28 0,24 0,04 0,11 0,10 0,21

ds 0,05 0,05 0,07 0,07 0,01 0,07 0,01 0,07

Min 0,15 0,10 0,24 0,20 0,03 0,06 0,08 0,16

Max 0,28 0,22 0,40 0,37 0,05 0,24 0,11 0,33

Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in vongole Tapes semidecussatus di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Cu (μg) Fe (mg) Se (μg) Zn (mg) Na (mg) K (mg)

Min 45,00 3,50 29,00 1,80 470,00 202,00

Max 53,00 4,80 44,00 2,50 663,00 230,00

Stagione riproduttiva e pesca La vongolaTapes semidecussatus si riproduce principalmente tra maggio e settembre.Nelle lagune viene pescata mediante rasca a mano, rasca a pompa,rasca a pompa modificata(trainata).Oltre l’80% della produzione Italiana proviene da allevamento nel NordAdriatico. Valore nutrizionale L’Italia e il primo produttore europeo e il secondo a livello mondiale di vongole veraci, rappresentate quasi esclusivamente della verace filippina.La specie è stata introdotta ai fini dell’acquacoltura nel 1983 nella Laguna diVenezia.Le buone capacità di adattamento, l’accrescimento rapido e l’alta capacità riproduttiva ne hanno favorito una veloce diffusione soprattutto inAltoAdriatico.Ha carni ottime e molto apprezzate,con una composizione nutrizionale molto simile alle altre specie di vongole con basso tenore lipidico,calorico ed in colesterolo. Discreto contenuto in acidi grassi Omega-3 e steroli ma, come gli altri bivalvi, un tenore in sodio un po’ elevato. Note Il consumo interno è rivolto quasi esclusivamente al prodotto fresco ma negli ultimi anni l’offerta è sempre più diversificata. Si stanno proponendo, infatti, ad esempio, vongole veraci vive, pulite e confezionate sottovuoto o in atmosfera protettiva, pronte per il consumo dopo breve cottura al microonde o in pentola; vongole precotte nel loro liquido naturale e già pronte all’uso. Questa e le schede prima riportate fanno parte di una serie di 56 schede che mostrano i risultati di un progetto di ricerca, svolto con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Al progetto hanno collaborato le Cooperative: Mare di Cattolica e AGEI (Agricoltura-Gestione Ittica) di Roma.

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Non sono le orche le responsabili della diminuzione degli squali bianchi in Sudafrica di Alessandro De Maddalena

Le acque del Sudafrica sono da sempre popolate dagli squali bianchi (Carcharodon carcharias), che, specialmente nella regione del Western Cape, trovano un’area a loro congeniale, per temperatura delle acque e abbondanza di prede.

Ben quattro centri di abbondanza di tale specie sono infatti presenti in questo tratto di costa: False Bay, Gansbaai, Mossel Bay e Plettenberg Bay. Questi siti sono divenuti noti come luoghi eccezionali per l’osservazione di tali predatori, attirando

ricercatori, documentaristi e turisti da tutto il mondo. Tuttavia, negli anni recenti abbiamo assistito ad una massiccia diminuzione della presenza degli squali bianchi in quest’area. Avendo lavorato lungo questo tratto di costa a partire dal 2010, ho potuto

Uomo a parte, l’orca è l’unico predatore noto dello squalo bianco; tuttavia, quest’ultimo non può essere considerato un elemento usuale nelle dieta del cetaceo.

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Sebbene la dieta dello squalo bianco sia incredibilmente ampia ed includa anche alcune specie di delfini, non comprende il più grande dei delfini, l’orca. osservare con i miei occhi il numero degli squali decrescere rapidamente ed inesorabilmente con il passare degli anni. Alcuni hanno attribuito la responsabilità di tale fenomeno alle orche (Orcinus orca). I media non hanno atteso a lungo prima di divulgare la notizia tanto clamorosa quanto inesatta, secondo la quale le orche avrebbero spazzato via gli squali bianchi dalle acque sudafricane. Malgrado sia noto che le orche possano cacciare gli squali bianchi, tale spiegazione non può essere ritenuta plausibile. Vediamo in dettaglio per quali ragioni. L’orca è indiscutibilmente superiore allo squalo bianco in uno scontro tra le due specie. L’orca è il delfino di maggiori dimensioni e ha una lunghezza massima di 9,8 metri e media di circa 6 metri, mentre lo squalo bianco ha una lunghezza massima di 6,6 metri e media di 3,5 metri. Inoltre, l’orca è dotata di un massiccio scheletro osseo, mentre lo squalo bianco ha un leggero scheletro cartilagineo, quindi il peso massimo di un’orca è pari a 10 tonnellate e quello medio è circa 4 tonnellate, mentre il peso massimo di uno squalo bianco è di 3,6 tonnellate e quello medio si aggira intorno ai 700 kg. A questa notevole differenza di lunghezza e peso si aggiunge un altro fattore a vantaggio del cetaceo, ossia

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il suo notevole livello di interazione sociale, che lo porta a sviluppare raffinate e formidabili strategie di caccia di gruppo. Malgrado gli squali bianchi abbiano una speciale predilezione per i mammiferi marini e possano cacciare anche varie specie di delfini, non sono noti casi nei quali abbiano attaccato delle orche. Evidentemente le orche sono predatori troppo temibili per essere considerate potenziali prede dagli squali bianchi. Al contrario, appare evidente che per uno squalo bianco che venga attaccato da due o più orche contemporaneamente le probabilità di sopravvivere siano verosimilmente limitate. Nei pochissimi casi nei quali le orche sono state effettivamente osservate attaccare degli squali bianchi, i cetacei hanno avuto la meglio sui pesci cartilaginei.

Va anche detto che, avendo potuto osservare personalmente uno squalo bianco di circa 3,5 metri di lunghezza nelle acque della False Bay in Sudafrica, il quale recava sul corpo i segni di quelli che apparivano essere i denti di un’orca, sembra che almeno in alcuni casi gli squali bianchi riescano a sopravvivere a scontri del genere. Il fatto che le orche possano avere la meglio sugli squali bianchi non significa che questi ultimi siano un elemento usuale nella loro dieta. I dati che abbiamo a disposizione dimostrano l’esatto contrario. Le orche uccidono gli squali bianchi e si alimentano di questi ultimi solo in casi straordinariamente rari. Ciò appare particolarmente interessante quando si consideri che le due specie sono frequentemente presenti nelle stesse aree geografiche in diverse aree del mondo. In sostanza, se le orche volessero alimentarsi regolarmente degli squali bianchi avrebbero tutte le occasioni per farlo, ma evidentemente di norma scelgono di non farlo. La maggior parte delle popolazioni di orche non è mai stata osservata attaccare degli squali bianchi. Sebbene esistano delle popolazioni di orche che cacciano regolarmente differenti specie di squali, nemmeno queste annoverano lo squalo bianco tra le loro prede abituali. Probabilmente sono ben consapevoli del potenziale pericolo rappresentato dalla forza del morso di uno squalo bianco e, di norma, preferiscono selezionare prede meno pericolose, inclusi squali di specie differenti e nella maggior parte dei casi di taglia inferiore. Apparentemente i casi registrati a livello mondiale di squali bianchi

Le orche possono essere responsabili dell’uccisione di alcuni squali bianchi e in alcuni casi possono indurre questi animali ad abbandonare temporaneamente un’area nella quale sono solitamente presenti. Ma questo è tutto. La drammatica diminuzione degli squali bianchi alla quale si è assistito in questi ultimi anni è un fenomeno necessariamente causato dall’uomo

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uccisi dalle orche sarebbero solo 8. Di questi, 6 casi sarebbero avvenuti di recente in Sudafrica. Fuori dal Sudafrica, gli unici casi confermati nei quali le orche hanno attaccato e ucciso degli squali bianchi sono infatti soltanto 2 sino ad oggi. Un caso è stato registrato in California, alle Farallon Islands, nell’ottobre 1997, ed uno è avvenuto in Australia Meridionale, alle Neptune Islands, nel febbraio 2015. Il caso del Sudafrica appare quindi del tutto atipico e come tale deve avere ragioni particolari. A partire dal 2017, nelle acque del Western Cape, sembrerebbe che due orche abbiano ucciso alcuni squali bianchi, apparentemente un totale di sei esemplari. In nessuno di tali casi le orche sono state viste uccidere gli squali; tuttavia, biologi locali che hanno esaminato le carcasse hanno concluso che gli animali in questione sarebbero stati effettivamente uccisi dalle orche. La responsabilità degli attacchi è stata attribuita a due orche in particolare, in quanto queste sono

state osservate nell’area dell’uccisione degli squali a breve distanza temporale dal rinvenimento delle carcasse. Tali casi di predazione si sono verificati tutti nell’area di Gansbaai, nota per essere uno dei siti di maggior abbondanza della specie al mondo. Le orche in questione hanno dimostrato un particolare interesse per il fegato degli squali bianchi, organo di enormi dimensioni, che può raggiungere addirittura il 28% del peso corporeo, e dall’alto contenuto energetico. Questo è in linea con il comportamento alimentare dell’orca, che tende a selezionare con attenzione le prede e le parti del corpo di queste che predilige, come si osserva ad esempio nei casi nei quali le orche si alimentano selettivamente della lingua delle balene. D’altra parte gli squali bianchi erano già stati osservati cibarsi del fegato di uno squalo bianco nel caso registrato in California nel 1997. Le altre orche che frequentano l’area del Western Cape, dove sono state rinvenute le carcasse degli squali, normalmente vi appaiono intorno

ad aprile, e sono state osservate ripetutamente cacciare i delfini, mentre non sono mai state viste attaccare gli squali bianchi. Le due orche che si reputa siano le responsabili dell’uccisione degli squali bianchi sono entrambe dei maschi di grossa taglia, vengono viste regolarmente nuotare insieme e apparentemente hanno scelto come residenza fissa l’area in questione per gran parte dell’anno. Stranamente entrambi questi maschi presentano la caratteristica di avere la pinna dorsale collassata: in un esemplare la dorsale pende a sinistra, mentre nell’altro pende a destra. Questa caratteristica ha fatto sì che le due orche siano state battezzate Port e Starboard, vale a dire “babordo” e “tribordo”, che in linguaggio nautico indicano il lato sinistro e quello destro di un’imbarcazione. La pinna dorsale collassata si osserva tipicamente negli esemplari anziani, malati oppure in cattività, in breve è una caratteristica che consegue alla riduzione delle capacità motorie degli animali.

L’elevato livello di interazione che le orche mostrano durante la caccia, unitamente alla loro forza ed alle notevoli dimensioni, fanno sì che questi animali siano in grado di sopraffare anche gli animali marini di mole maggiore.

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Questo squalo bianco di circa 3,5 metri di lunghezza, osservato nelle acque della False Bay in Sudafrica, reca sul corpo i segni di quelli che appaiono essere i denti di un’orca. Non è attualmente noto ciò che abbia causato il collasso della pinna dorsale in tali due esemplari, ma è chiaro che si tratta di un caso anomalo. Le due orche non si limitano a cacciare gli squali bianchi, ma anche altre specie di squali, in particolare notidani maculati (Notorynchus cepedianus) e squali bronzei o ramati (Carcharhinus brachyurus). Il motivo per cui tali due orche abbiano iniziato a cacciare gli squali delle acque costiere non è noto. Un’ipotesi plausibile è che si tratti di un comportamento indotto dall’uomo. Sappiamo che talora le orche si alimentano dei pesci catturati dai pescherecci ed in particolare di quelli pescati con i palangari pelagici. Nella zona si sono verificati casi nei quali apparentemente i pescatori avrebbero preso a colpi di arma da fuoco le otarie orsine del Capo (Arctocephalus pusillus), responsabili di alimentarsi dei pesci allamati. L’autore stesso ha avuto modo di esaminare carcasse di otarie spiaggiate che recavano segni di colpi di arma da fuoco. Non si può quindi affatto escludere che le due orche in questione siano state colpite da proiettili sparati dall’equipaggio di un peschereccio, perché interferivano con le opera-

IL PESCE, 3/21

zioni di pesca, e che a seguito delle ferite riportate non siano più state in grado di cacciare le loro prede abituali. I delfini, ad esempio, sono estremamente agili e sono capaci di sostenere il nuoto ad alta velocità per lunghi tratti, cosicché lo sforzo richiesto affinché le orche possano cibarsene è notevole. In un caso del genere è possibile che le orche siano state costrette a rivolgere la loro attenzione verso delle prede non usuali, meno agili, incapaci di sostenere elevate velocità per lunghi tratti, e dotate di tessuti ad elevato contenuto energetico. Gli squali bianchi sarebbero stati quindi una scelta perfetta. Siamo dunque a conoscenza del fatto che le orche possono essere responsabili dell’uccisione di alcuni squali bianchi e sappiamo che in alcuni casi possono indurre questi animali ad abbandonare temporaneamente un’area nella quale sono solitamente presenti per farvi ritorno in seguito. Ma questo è tutto. Due orche non possono essere ritenute le responsabili della drammatica diminuzione degli squali bianchi alla quale si è assistito in questi ultimi anni: un fenomeno del genere è necessariamente causato dall’uomo. Nel 1991 il Sudafrica

fu la prima nazione al mondo a dichiarare illegale l’uccisione degli squali bianchi. Il fatto che tale specie, grazie al cage diving, fosse oggetto di interesse per l’industria del turismo, e di conseguenza fonte di ricchezza per la nazione, è stato indubbiamente un elemento chiave in questa scelta. Tuttavia, nel corso del tempo è apparso chiaro che dichiarare C. carcharias specie protetta non è sufficiente a garantirne l’effettiva sopravvivenza. Le minacce che questo animale si trova a fronteggiare sono numerose e comprendono la pesca come cattura accessoria nel corso delle operazioni di pesca mirate ad altre specie, l’eccessiva pesca delle loro prede, l’uccisione per mezzo delle reti anti-squalo tutt’oggi utilizzate nella provincia del Natal a protezione delle spiagge balneabili, la pesca di frodo ed anche la ricerca invasiva operata da alcuni enti. Vedendo come la situazione è andata deteriorandosi nel corso degli ultimi 10 anni, viene tristemente da chiedersi se tra altri 10 anni ci saranno ancora squali bianchi vivi nelle acque del Sudafrica. Alessandro De Maddalena Nota Photo © Alessandro De Maddalena.

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Effetti dell’alginato e dei tannini nella conservazione delle specie ittiche a polpa colorata di Alfonso Piscopo e Ilaria Domenica Piscopo

La conservazione del pesce è uno dei processi di fondamentale importanza a cui guarda con attenzione l’industria ittica. Lo scopo primario è quello di preservare l’edibilità e il valore nutritivo del pescato, proteggendone le alterazioni accidentali e limitan-

Filetti di trota iridea. 146

done l’entità delle trasformazioni inevitabili che lo stesso subisce col passare del tempo. Oltre ai metodi tradizionali storicamente conosciuti per conservare il pesce, quali il raffreddamento in primis, a supporto si affiancano, specie durante la

produzione e immediatamente dopo la raccolta, processi più moderni e sofisticati, che garantiscono il prodotto durante le fasi di trasporto e stoccaggio. È noto che il pesce fresco abbia un limite di conservazione abbastanza breve rispetto al prodotto surgelato. Il deterioramento è causato dall’ossidazione lipidica, dall’attività enzimatica e dalle attività metaboliche dei microrganismi che si sviluppano nelle carni (ARASHISARA et al., 2004). Le specie ittiche ricche di Omega-3, EPA e DHA sono più facilmente deteriorabili per effetto dell’ossidazione dei lipidi (S ÁN CHEZ-ALONSO & BORDERIAS, 2008), che determina modifiche nelle caratteristiche organolettiche del prodotto e quindi una diminuzione del valore nutrizionale e conseguente perdita economica (AMANATIDOU et al., 2000; GRAMZA et al., 2006). La temperatura risulta essere uno dei parametri determinanti nella preservazione dei prodotti ittici. Tuttavia, la perdita della qualità anche durante lo stoccaggio refrigerato risulta inevitabile. Recentemente, l’impiego di antiossidanti e antimicrobici naturali ha mostrato una certa efficacia nel conservare il pesce refrigerato, mantenendo inalterate le caratteristiche organolettiche dei prodotti. L’uso di antiossidanti è uno dei più efficaci mezzi per aumentare la shelf-life e preservare la qualità del pescato (SERDAROGLU & FELEKOGLU, 2005). Gli antiossidanti sono sostanze che possono ritardare o prevenire l’ossidazione causata da ossigeno atmosferico nei grassi e negli oli (BENJAKUL et al., 2005; SARKARDEI & HOWEL, 2008). Essi possono ralIL PESCE, 3/21


lentare l’ossidazione e l’insorgere dell’irrancidimento reagendo con radicali liberi e idroperossidi stabilizzanti (BENJAKUL et al., 2005). Tra questi, ad esempio, gli acidi organici come l’acido citrico e l’acido ascorbico sono ben noti per il loro ruolo di chelanti e acidificanti (OKTAR et al., 2001; KIM et al., 2006) e per avere attività antimicrobica (THERON & LUE, 2007). Nel caso dell’acido citrico quest’ultima è dovuta alla sua forma non dissociata che può superare la membrana cellulare in modo semplice e acidificare il citoplasma (BRUL & COOTE, 1999). Trattamenti con acido ascorbico hanno prodotto risultati migliori rispetto a quelli ottenuti esclusivamente con l’uso di acido citrico, mentre l’impiego di entrambi gli acidi combinanti ha dimostrato nella fase di pre-congelamento una maggiore efficacia nel prevenire l’ossidazione dei lipidi nel pesce una volta congelato e opportunamente confezionato sottovuoto (ROSTAMZAD et al., 2011). Riferimenti normativi Gli antiossidanti sono sostanze che prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato da reazioni chimiche che causano l’irrancidimento dei grassi e le variazioni di colore. Queste sostanze fanno parte degli additivi alimentari cioè: “qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti, con o senza valore nutritivo, la cui aggiunta intenzionale ad alimenti per uno scopo tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, nell’imballaggio, nel trasporto o nel magazzinaggio degli stessi, abbia o possa presumibilmente avere per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti diventino, direttamente o indirettamente, componenti di tali alimenti” (Reg. CE n. 1333/2008). Sono da distinguersi dai coadiuvanti tecnologici definiti come “qualsiasi sostanza non è consumata come un alimento in sé; è intenzionalmente utilizzata nella

IL PESCE, 3/21

trasformazione di materie prime, alimenti o loro ingredienti, per esercitare una determinata funzione tecnologica nella lavorazione o nella trasformazione; e può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito” (Reg. CE n. 1333/2008). La differenza tra le due tipologie di sostanze utilizzate negli alimenti risulta essere soprattutto l’effetto funzionale sul prodotto, ovvero: • l’additivo continua a persistere anche nel prodotto finito, anche se non viene segnalata alcuna tossicità; • il coadiuvante tecnologico invece scompare al termine del processo produttivo o può rinvenirsi in tracce. Sempre il Regolamento CE 1333/2008 relativo agli additivi alimentari dà la definizione di alimento non trasformato: “un alimento che non ha subito alcun trattamento che abbia determinato un mutamento sostanziale del suo stato iniziale; non sono determinanti a riguardo, le operazioni di divisione, separazione, scissione, disosso, tritatura, scuoiatura, sbucciatura, pelatura, frantumazione, taglio, pulitura, decorazione, surgelazione, congelazione, refrigerazione, macinatura, sgusciatura, imballaggio o disimballaggio”. Il Regolamento 853/2004 del pacchetto igiene definisce: • prodotti della pesca freschi: prodotti della pesca non trasformati, interi o preparati, compresi prodotti imballati sottovuoto in atmosfera modificata che, ai fini della conservazione, non hanno subito alcun trattamento diverso dalla refrigerazione, inteso a garantire la conservazione; • prodotti della pesca preparati: prodotti della pesca non trasformati sottoposti ad una operazione che ne abbia modificato l’integrità anatomica, quali l’eviscerazione, la decapitazione,


Figura 1 – Lo studio della Universidad de Almería valuta il potenziale d’azione di due tannini, acido tannico (TAN) e tannico di quebracho (QUE), per preservare parametri oggettivi di qualità dei filetti di trota iridea durante un periodo di conservazione a freddo di 15 giorni, applicati da soli o in combinazione con rivestimento di alginato. Sono stati inclusi anche filetti non trattati (C) e una serie di filetti trattati con acido ascorbico (ASC). Tutti gli additivi hanno ridotto la carica microbica e l’ossidazione lipidica dei filetti, essendo gli effetti di TAN e QUE almeno paragonabili a quelli di ASC, l’antiossidante più utilizzato per il pesce fresco. I risultati indicano anche che l’alginato di per sé ha ridotto l’ossidazione dei lipidi nelle fasi finali del periodo di conservazione e ha anche aumentato la leggerezza del filetto, ma ha causato scarsi effetti su altri parametri coinvolti nel deterioramento del filetto. Tuttavia, alginato e additivi applicati insieme hanno migliorato gli effetti dei soli additivi, soprattutto per quanto riguarda i parametri ossidativi microbici e lipidici, consentendo una durata di conservazione prolungata dei filetti. Queste preziose proprietà dei tannini commerciali, insieme alla loro origine naturale e alla disponibilità su larga scala, potrebbero consentire un’ulteriore applicabilità di queste sostanze alla conservazione dei filetti di pesce, non da ultimo per quanto riguarda le specie colorate, come la trota iridea. In sintesi: • i tannini controllano efficacemente la carica microbica e l’ossidazione lipidica dei filetti; • l’alginato aumenta la leggerezza e previene l’ossidazione tardiva dei lipidi durante la conservazione; • gli effetti degli additivi sono stati prolungati quando inclusi nei rivestimenti di alginato; • i tannini sono particolarmente interessanti come additivi nelle specie ittiche a polpa colorata (credito infografica: Fundación Discover).

l’affettatura, la sfilettatura e la tritatura. Nei pesci, crostacei e molluschi non trasformati, anche congelati e surgelati è ammesso l’uso dei seguenti antiossidanti segnalati ognuno in codice: E300, E301, E302, E330, E331, E332, E333 (ascorbati e citrati). Prendiamo ad esempio l’acido L-ascorbico (E300), che risulta essere il più utilizzato dall’industria ittica, grazie alle proprietà antiossidanti Il pesce mantiene

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la caratteristica freschezza e viene prolungata la shelf-life. Tuttavia, questo antiossidante perde di efficacia in pochissimi giorni. Da tempo i ricercatori e l’industria sono alla ricerca di un succedaneo di qualità superiore all’E300 che conservi meglio un alimento delicato e facilmente deperibile come il pesce fresco. A creare problemi in particolare sono gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena che si alterano facilmente nel pescato fresco post raccolta.

Estratto naturale di alginato e tannini per il prolungamento della shelf-life del pesce fresco Una nuova sostanza derivante da estratti naturali si è rivelata molto utile come rivestimento per la conservabilità del pesce fresco: l’hanno messo a punto un gruppo di ricercatori spagnoli dell’Università di Almería [M.I. SÁEZ, M.D. SUÁREZ, T.F. MARTÍNEZ (2020), Effects of alginate coating enriched with tannins on shelf life of cultured rainbow trout (Oncorhynchus mykiss) fillets]. Si tratta di uno strato protettivo che è una combinazione tra un agente ossidante e uno antimicrobico che secondo gli stessi ricercatori potrebbe sostituirsi all’E300 e preservare i parametri oggettivi di qualità del pesce fresco per un periodo più lungo. Per lo studio i ricercatori hanno utilizzato la trota iridea (Oncorhynchus mykiss), un pesce molto ricco di Omega-3. A causa dell’alto contenuto degli acidi grassi nel muscolo, la trota iridea è ideale nel testare sostanze antiossidanti. In natura la trota iridea si ciba di insetti, molluschi, uova di pesce, piccoli pesci e crostacei, tra i quali il gambero di fiume. Quest’ultimo contiene un pigmento carotenoide responsabile della colorazione arancione-rosata della carne delle trote che vengono definite “salmonate”. Per questa caratteristica le trote e i salmonidi in generale sono molto graditi dal consumatore e nell’allevamento tale colorazione viene ottenuta aggiungendo nella dieta dei pesci due pigmenti di origine sintetica, l’astaxantina e la cantaxantina. Trota iridea (Oncorhynchus mykiss) Per conservare questo pesce sono stati utilizzati agenti antiossidanti di origine naturale detti tannini, sostanze ricche di polifenoli che possono essere rinvenute in molte piante. I tannini da un lato hanno un effetto antiossidante paragonabile a quello dell’E300 e, dall’altro, si tratta di un prodotto naturale che potrebbe soddisfare le esigenze dell’industria e dei consumatori. Oltre ai tannini i ricercatori hanno usato anche uno rivestimento fatto di tannini, sfruttando l’ingegneria dei materiali, un

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biopolimero che si trova nelle pareti cellulari delle alghe. Le trote sono state sfilettate, lavate, essiccate e quindi refrigerate. Parte di esse è stata trattata con acido ascorbico, acido tannico e/o tannino proveniente dal quebracho, un albero del Sud America. Solo una metà è stata rivestita anche con alginato (Figura 1). Queste miscele venivano spruzzate sui filetti. Nei giorni a seguire sono stati analizzati i campioni prelevati dai pesci, con risultati sorprendenti per quelli preservati con lo strato di alginato più i tannini. Questo trattamento consente una diminuzione del dosaggio delle sostanze antiossidanti e prolunga il loro effetto nel tempo. Conclusioni In commercio esistono prodotti utilizzati come additivanti/coadiuvanti legalmente consentiti per la conservazione del pesce fresco non trasformato. Tra i più richiesti dall’industria c’è l’acido ascorbico E300, usato con risultati soddisfacenti sulla conservabilità del pescato se non fosse che questo agente antiossidante comincia a perdere le sue caratteristiche di preservazione con il passare dei giorni. Un altro problema riguarda invece l’utilizzo di sostanze vietate simil additivanti/ coadiuvanti nei prodotti della pesca. Tra i più usati negli spacci di pesce all’ingrosso o nei punti di distribuzione abbiamo: • il cafodos, un additivo utilizzato illegalmente da solo o con acqua ossigenata per conservare i caratteri di freschezza del pesce; tale additivo risulta difficile da

reperire nel prodotto fresco e trattato, poiché a contatto con l’acqua e il ghiaccio, si fonde e si perde traccia (PISCOPO A., 2010); • l’acqua ossigenata o perossido di idrogeno, utilizzata come additivo e/o coadiuvante tecnologico. Il suo ruolo è quello di sbiancare, cioè di mettere a lucido o ravvivare il pesce in modo da renderlo fresco. Il perossido di idrogeno non è pericoloso sull’alimento in quanto tale, ma al pari del cafodos rappresenta una frode commerciale. In passato molti prodotti della pesca (totani, seppie e calamari) soggetti ad accertamenti e verifiche sono stati sequestrati perché trattati con acqua ossigenata. Ad esempio si è scoperto pesce di origine selvatica (provenienza Oceano Pacifico) che, dopo lo scongelamento, veniva trattato con acqua ossigenata per conferirgli il classico aspetto vivo lucente e brillante. Successivamente veniva lavorato, ricongelato e messo in commercio nei punti vendita della grande distribuzione. Il pesce arrivava così al punto vendita e veniva acquistato dai consumatori con mislabelling ovvero “etichettatura errata”, riportante la dicitura “pesce trattato in aggiunta di coadiuvante tecnologico”. La frode commerciale riguarda i seguenti aspetti: viene mitigata la scarsa qualità del prodotto (camuffandone i caratteri di freschezza); il pesce di varia importazione viene prima scongelato, trattato

con H2O2 (perossido di idrogeno), lavorato e poi ricongelato; viene specificato impropriamente in etichetta l’utilizzo come additivo e/o coadiuvante tecnologico allo scopo di eludere il consumatore. A chiarimento il Ministero della salute ha emanato una nota sul divieto di utilizzo del perossido di idrogeno (Nota n. 13093 del 29 aprile 2010; PISCOPO A., 2010); • il cloro, illegale nei prodotti ittici anche se figura nell’elenco degli additivi consentiti (PISCOPO A., 2010). La situazione si è ulteriormente complicata con la nascita degli “additivi di nuova generazione”, dei quali si ignorano spesso sia l’origine che il metodo di fabbricazione e che non sempre sono dichiarati o sono dichiarati erroneamente in etichetta poiché non sono consentiti per legge. Tutto ciò comporta oltre che un problema di salute pubblica certamente una frode commerciale con mislabelling – claim/disclaimer, lesiva dei diritti dei consumatori. Ben vengano dunque nuovi e interessanti studi, alla ricerca di nuovi ritrovati di ingegneria dei materiali per la conservazione del pesce fresco non trasformato, come l’alginato e i tannini estratti naturali. Ne gioveranno di certo l’industria ittica e gli stessi consumatori. Dott. Alfonso Piscopo Dirigente Veterinario Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento Veterinario del Servizio Sanitario Nazionale Ilaria Domenica Piscopo Studentessa di Medicina e Chirurgia Università degli studi di Palermo

Effects of alginate coating enriched with tannins on shelf life of cultured rainbow trout (Oncorhynchus mykiss) fillets – This study assesses the potential of two tannins, tannic acid (TAN) and quebracho tannin (QUE), to preserve objective quality parameters of rainbow trout fillets throughout a 15-d cold storage period, applied either alone or combined with alginate coating. Untreated fillets (C), and a set of fillets treated with ascorbic acid (ASC) were also included. All the additives reduced microbial counts and lipid oxidation of fillets, being the effects of TAN and QUE at least comparable to those of ASC, the most widely used antioxidant for fresh fish. The results also indicate that alginate by itself reduced lipid oxidation at late stages of the storage period, and increased fillet lightness (L*) as well, but caused scarce effects on other parameters involved in fillet deterioration. However, alginate and additives applied together enhanced the effects of the additives alone, especially regarding microbial and lipid oxidative parameters, this enabling prolonged shelf life of fillets. These valuable properties of commercial tannins, together with their natural origin and large-scale availability, might well enable further applicability of these substances to fish fillets preservation, not least with regard to coloured species, such as rainbow trout.

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Normativa di riferimento • Regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 Dicembre 2008 relativo agli additivi alimentari. • Decreto Ministeriale 27/2/96 n. 209, concernente la disciplina degli additivi alimentari consentiti nella preparazione delle sostanze alimentari in attuazione alle Direttive n. 94/34/CE, n. 94/35/CE, n. 94/36/CE, n. 95/2/ CE e n. 95/31/CE. • Decreto Ministeriale 27/2/2008, aggiornamento del Decreto 27/2/1996 n. 209, concernete la disciplina degli additivi alimentari consentiti nella preparazione, e per la conservazione delle sostanze alimentari in attuazione della Direttiva n. 2006/52/CE. • Regolamento CE n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo agli additivi alimentari. • Regolamento CE 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. • Bibliografia SÁEZ M.I., SUÁREZ M.D., MARTÍNEZ T.F. (2020), Effects of alginate coating enriched with tannins on shelf life of cultured rainbow trout (Oncorhynchus mykiss) fillets, LWT – Food Science and Technology. AMANATIDOU A. et al. (2000), Effect of combined application of high pressure treatment and modified atmospheres on the shelf-life of fresh Atlantic salmon, J. Innov. Food Sci & Emerg. Tech., 1, 87–98. ARASHISARA S. et al. (2004), Effects of modified atmosphere and vacuum packaging on microbiological and chemical properties of rainbow trout (Oncorhynchus mykiss) fillets, Int. Journal of Food Microbiology, 97, 209–214. BENJAKUL S. et al. (2005), Antioxidative activity of caramelisation products and their preventive

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effect on lipid oxidation in fish mince, Journal of Food Chemistry, 90, 231–239. BRUL S., COOTE P. (1999), Preservative agents in foods – Mode of action and microbial resistance mechanisms, International Journal of Food Microbiology, 50, 1–17. GRAMZA A. et al. (2006), Antioxidant activity of tea extracts in lipids and correlation with polyphenol content, J. Food Sci. & Tech., 108, 351-362. OKTAR G.L. et al. (2001), Biochemical and hemodynamic effects of ascorbic acid and alpha-tocopherol in coronary artery surgery, Scandinavian journal of clinical and laboratory investigation, 61:621–630. ROSTAMZAD H. et al. (2011), Antioxidative activity of citric and ascorbic acids and their preventive effect on lipid oxidation in frozen persian sturgeon fillets, Latin American Applied Research, 41:135-140. SÁNCHEZ-ALONSO I., BORDERIAS A. (2008), Technological effect of red grape antioxidant dietary fibre added to minced fish muscle, J. Food Sci. & Tech., 43, 1009-1018. SARKARDEI S., HOWELL N. (2008), Effect of natural antioxidants on stored freeze-dried food product formulated using horse mackerel (triachurus trachurus), Journal of Food Science and Technology, 43: 309-315. SERDAROGLU M., FELEKOGLU E. (2005), Effects of using rosemary extract and onion juice on oxidative stability of sardine (Sardina pilchardus) mince, Journal of Food Quality, 28:109-120. KIM S., LEE K., PARK J., LEE H., HWANG I. (2006), Effect of natural antioxidants on stored freezedried food product formulated using horse mackerel (Trachurus trachurus), Journal of Science and Technology, 41: 90-95. PISCOPO A. (2010), Additivi e coadiuvanti. Utilizzo di cafodos, perossido di idrogeno, e di cloro nei prodotti della pesca, IL PESCE n. 6/2010, pag. 149.


TECNOLOGIE

Il CSB-System ERP offre una soluzione già consolidata nella pratica

Cosa significano i nuovi standard GDST per un’azienda e cosa deve fare il software gestionale? Nell’aprile 2017 una ventina di aziende si è riunita per lanciare un dialogo globale sulla tracciabilità del pesce, il cosiddetto Global Dialogue on Seafood Traceability (GDST) e redigere nuovi standard per il settore. Obiettivo: consentire l’accesso a tutte quelle informazioni che possano garantire l’origine legale e responsabile dei prodotti ittici. Dopo quasi tre anni di lavoro, sono

ora disponibili i primi standard e linee guida GDST per tracciare il pesce. La prima versione è stata resa pubblica il 16 marzo 2020. Quali sono gli svantaggi delle soluzioni usate finora per tracciare il pesce? La tracciabilità affidabile del pesce e dei frutti di mare è diventata da tempo un must per qualsiasi azien-

da del settore ittico. Che si tratti di rispettare le linee guida sulla responsabilità sociale delle imprese o di affrontare questioni operative chiave come la trasparenza della catena di approvvigionamento e la gestione del rischio, le aziende hanno bisogno di un accesso rapido ad informazioni verificabili sui prodotti lungo l’intera filiera. Le nuove tecnologie digitali rendono la tracciabilità non solo

CSB Traceability soddisfa tutte le esigenze del settore verso fornitori e clienti.

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Il CSB-System gestisce etichette personalizzate in maniera flessibile. possibile, ma anche conveniente. Tuttavia, ci sono due problemi: 1. le richieste di informazioni incoerenti da parte dei governi, delle ONG e dei rivenditori o di altre aziende a valle portano esse stesse a confusione, costi di conformità più alti e scoraggiamento tra gli attori della filiera; 2. l’utilizzo da parte di questi ultimi di soluzioni per la tracciabilità non in grado di comunicare tra loro ostacola il flusso di informazioni. Questo si traduce in rigidità nelle relazioni commerciali e in maggiore riluttanza da parte dell’azienda nell’inserimento di nuovi fornitori e clienti. Un

software gestionale interno, che operi secondo i propri standard ma non è in grado di interfacciarsi con altre soluzioni di tracciabilità, non può condurre all’obiettivo. Per aggirare questo problema, il CSB-System ERP, software gestionale specifico per il settore ittico, offre una soluzione già consolidata nella pratica: il CSB Traceability, che già nella versione standard “chiavi in mano” soddisfa tutte le esigenze del settore, incluse le interfacce EDI verso fornitori e clienti. Perché altrimenti, senza interoperabilità dei sistemi, non si può mai essere sicuri che i dati reperiti siano validi.

Il vantaggio offerto dal CSB-System ERP è quello di essere modulare: il cliente sceglie i moduli da implementare secondo le proprie esigenze e può ampliarli in step liberamente definibili successivamente. I maggiori vantaggi derivano però dalla totale integrazione dei moduli operativi base del CSB-System ERP: Acquisti, Magazzino, Produzione, Tracciabilità, Vendite, Contabilità

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Cosa significa l’interoperabilità per un software? L’interoperabilità dei sistemi, ovvero la capacità di due o più sistemi, applicazioni o componenti, di scambiare informazioni tra loro e di essere poi in grado di utilizzarle, è la conditio sine qua non per una tracciabilità senza lacune della filiera: “dalle acque al piatto”. In altre parole, il software di tracciabilità dell’azienda di lavorazione deve parlare “la stessa lingua” del software di fornitori e clienti. Ciò implica la possibilità di ricercare e consultare dati unitari, denominati in modo coerente e condivisi in modo verificabile. Questo non significa che ogni azienda debba usare la stessa soluzione software secondo il motto one size fits all o che dati, in parte confidenziali, siano apertamente disponibili a tutti, o che addirittura ci sia da temere una perdita di controllo. La trasmissione dei dati La trasmissione dei dati può avvenire in vari modi: in generale, i protocolli di comunicazione devono essere scambiati tra coloro che sono in possesso dei dati rilevanti per il tracciamento. GDST ha adottato

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un approccio aperto allo scambio dei dati, con la consapevolezza che le relazioni commerciali assumono forme diverse. Tuttavia, il GDST stabilisce condizioni fisse per lo scambio di dati: i dati rilevanti devono essere scambiati in formati specifici, che contengono informazioni aggiuntive sul mittente, l’autenticità e la possibilità di ricevere una conferma sulla ricezione e lo stato dei dati. E sono proprio queste condizioni che il software aziendale deve rispettare per implementare gli standard del GDST. Le interfacce del CSB Traceability, per esempio, hanno formati basati su standard globalizzati. Come può il software implementare gli standard di tracciabilità? Fondamentalmente, i sistemi digitali di controllo della filiera sono il futuro, soprattutto nel settore della pesca. I sistemi basati sulla carta sono destinati a scomparire. È importante notare che il GDST non impone una soluzione “unica per tutti”. GDST 1.0 fornisce standard tecnologici che possono essere implementati in modo flessibile, comprese le tecnologie all’avanguardia come la blockchain. Naturalmente, l’implementazione di questi standard richiederà del tempo e avverrà solo gradualmente. Il passo verso una completa digitalizzazione di tutti i processi rappresenta una vera e propria sfida per molte aziende, soprattutto per quelle di piccole dimensioni. Fortunatamente, però, il GDST non richiede una completa digitalizzazione dei processi interni dell’azienda, ma si concentra solo sulla trasmissione digitale dei dati tra i partner all’interno della catena di approvvigionamento. Il vantaggio offerto dal CSBSystem ERP è proprio quello di essere modulare: il cliente sceglie i moduli da implementare secondo le proprie esigenze e può ampliarli successivamente in step liberamente definibili. Anche se, va detto, i maggiori vantaggi derivano dalla totale integrazione dei moduli operativi base del CSB-System ERP: Acquisti,

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Magazzino, Produzione, Tracciabilità, Vendite e Contabilità. Affinché lo scambio di protocolli di comunicazione sia sempre assicurato anche tra aziende con diversi livelli di digitalizzazione, si rimanda a raccomandazioni più dettagliate descritte in “Standards and Guidelines for Interoperable Seafood Traceability Systems – Technical Implementation Guidance” (traceability-dialogue.org). Quanto sono affidabili gli standard del GDST? Gli standard GDST sono già stati sottoposti a test concreti. Diversi esperti e parti interessate sono stati coinvolti in queste attività, compresi i fornitori di software intenzionati a sviluppare soluzioni conformi. Con l’aumento dei requisiti commerciali e normativi per la tracciabilità, gli standard GDST probabilmente non solo permetteranno l’interoperabilità, ma miglioreranno anche i tempi di reazione e creeranno un campo di azione più unitario. Gli esperti CSB conoscono nel dettaglio il settore ittico e i suoi processi specifici e sono quindi in grado di supportare le aziende nella realizzazione di una soluzione personalizzata per la rintracciabilità: il CSB Traceability consente il rispetto degli standard GDST e supporta le aziende a soddisfare gli obblighi di approvvigionamento responsabile. Investire nel CSB ERP significa garantirsi un gestionale al passo con le tendenze del settore e gli sviluppi tecnologici.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com


Fast Blade: affilacoltelli made in Italy sempre perfetto Brevettato e prodotto dalla vicentina Menegon Ennio Sas, questo affilacoltelli professionale è veloce, pratico, sicuro e, soprattutto, non necessita di alcuna manutenzione. Accessibile anche a chi non è di settore I professionisti del settore ittico, così come quelli della carne e della ristorazione, si ritrovano quotidianamente a lavorare con coltelli non taglienti, che compromettono non solo la qualità ma anche il servizio stesso. La soluzione al problema c’è e si chiama Fast Blade, un prodotto 100% made in Italy brevettato e realizzato dall’azienda metalmeccanica veneta MENEGON ENNIO SAS. Fast Blade è un affilacoltelli che

vanta una serie di caratteristiche che lo differenziano sul mercato: pratico, semplice, solido, di facile utilizzo ma, soprattutto, alla portata di tutti. Veloce, efficace e semplice «La praticità e velocità di utilizzo è uno dei punti di forza del Fast Blade, che sorprende chiunque lo utilizzi: in un solo passaggio, infatti, si ottiene un’affilatura professionale senza la minima imperfezione o

Fast Blade è un affilacoltelli professionale di nuova generazione. Le caratteristiche di questo affilatore professionale sono praticità, semplicità e velocità d’esecuzione, sicurezza ed efficacia.

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Con questo affilacoltelli si possono lavorare lame in metallo o ceramica, con angolo di filo a punta o a botte. E, grazie alla diversa granulosità dei nastri abrasivi, è possibile realizzare innumerevoli finiture di lame senza la minima imperfezione o sbavatura sbavatura in entrambi i lati della lama» ci raccontano i responsabili dell’azienda. «Se si utilizzano lame in acciaio o in ceramica poco conta: Fast Blade le lavora entrambe producendo un’affilatura eccezionale che sfrutta la lama in tutta la sua lunghezza, fino all’attacco dell’impugnatura». Affilatura personalizzabile: con cinque marce in più Una ghiera centrale permette di selezionare 5 diversi angoli d’affilatura ed è stata creata appositamente per facilitare l’affilatura anche a tutti

coloro che non sono qualificati o specifici nel settore (arrotini). La diversa angolatura permette inoltre di ottenere un angolo più o meno acuto del profilo della lama, quindi da una lama col profilo a rasoio fino alla lama dal profilo a botte. Solido Tutta la struttura e i vari componenti sono prodotti con i migliori materiali italiani per ottenere un’eccezionale durata d’esercizio. Il cuore della macchina è composto dai dischi e rotori che sostengono i tre nastri abrasivi, a garanzia della perfezio-

A sinistra: che usiate lame in metallo o ceramica, per Fast Blade non fa alcuna differenza. A destra: Fast Blade garantisce un’affilatura su tutta la lama.

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ne d’affilatura. Sostituirli è molto semplice: in pochi secondi si accede alla zona dove sono sistemati e con pochi passaggi si provvede alla loro sostituzione. I nastri abrasivi sono disponibili in varie granulosità; da quelli classici per la lucidatura e affilatura degli utensili in metallo a quelli diamantati per ottenere la lucidatura e affilatura degli utensili in ceramica. Sicuro Fast Blade rispecchia tutti i canoni di sicurezza previsti dalle vigenti normative in materia, ogni componente viene lavorato e testato a tutela dell’operatore. Dimostrazioni e prove gratuite presso l’azienda L’azienda si rende disponibile a far provare senza impegno Fast Blade, come garanzia non solo dei vantaggi sopraelencati ma, soprattutto, per dimostrare all’utilizzatore la maggior durata del “filo” sui propri coltelli.

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Photo © Sylvie Mzerolle x unsplash

LIBRI

Gestire il pesce in sicurezza di Giovanni Ballarini

La sicurezza è il pre-requisito di ogni alimento e ancora oggi pone dei problemi ai consumatori, specialmente in un periodo di rapida, grande mondializzazione come è quello che riguarda i prodotti ittici, quando sui banchi di vendita si trovano pesci, crostacei e altri animali marini fino a poco tempo fa sconosciuti e che arrivano da mari lontani. Quanto mai opportuna, per questo, la recente pubblicazione del libro Come gestire il pesce in sicurezza scritto da due veterinari, AGOSTINO MACRÌ e GIANLUIGI VALSECCHI. Agostino Macrì per quarantacinque anni ha lavorato presso l’Istituto Superiore di Sanità, avendo anche attività didattiche universitarie; ha una grande esperienza sulla sicurezza degli alimenti e da tempo svolge un’intensa opera di divulgazione trasferendo ai cittadini la propria esperienza in materia di prevenzione dei rischi alimentari. Gianluigi Valsecchi è specializzato in Ispezione degli Alimenti di Origine Animale all’Università degli studi di Torino, ha una lunga carriera di dirigenza sanitaria ed è veterinario ufficiale dirigente del Servizio igiene allevamenti e produzione zootecniche. Dalla collaborazione dei due autori è scaturito un libro che ha lo sco-

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po di informare il consumatore sulle modalità da seguire dal momento in cui acquista i prodotti ittici sino al consumo, affinché tutto avvenga nella massima sicurezza. Come gestire il pesce in sicurezza si apprezza per la semplicità con cui sono affrontati e descritti argomenti di una certa complessità e per una costante ricerca di obiettività, rifuggendo da espressioni sensazionalistiche che possono aprire la porta ad allarmismi del tutto ingiustificati. Altro pregio è che gli autori non nascondono che possono esserci dei problemi, ma spiegano come questi possono essere facilmente superati se si pone una ragionevole attenzione alla gestione del cibo. Un’accattivante scrittura agevola la lettura e la consultazione del testo, facilitata da frequenti richiami nell’interno di box in cui si affrontano argomenti specifici, tutti di grande interesse. In questo modo il consumatore è quasi preso per mano e condotto efficacemente ad esplorare i notevoli benefici che può ricavare dalla corretta alimentazione con una vivanda importante quale è il pesce. Per le sue caratteristiche si auspica la lettura di questo libro non soltanto ai cittadini, ma anche agli

A. MACRÌ, G. VALSECCHI (a cura di) Come gestire il pesce in sicurezza Ed. Point Vétérinaire Italie, 2020 126 pp. – € 14,00 studenti di scuole alberghiere e, in generale, a tutti coloro che operano con passione nella ristorazione, perché tutti possono trarre utili spunti per rendere sempre migliori i servizi offerti ai propri clienti. Il testo svolge infatti un importante compito educativo che non è svolto dalla scuola né tanto meno dalla comunicazione commerciale.

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MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce

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