Salutepertutti.it - Vol. 5 - n. 1 - 2022

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VOLUME 5 - NUMERO 1 - 2022 www.salutepertutti.it INDICE

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Questionario tratto da Proust - Risponde Stefano Nava

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La Salute degli Italiani - Daniel Della Seta

Disciplina. Quanto ci disturba? Quanto ci è utile?- Arrigo F.G. Cicero Nutraceutica e chemioprevenzione - Silvana Hrelia Mutazione BRCA e gravidanza - Maria Grilli Il manifesto per combattere l’emicrania - Francesca Merzagora Gastroenterologia: quasi ovunque saltano visite ed esami prenotati - Paola Piovesana Malattie del fegato: un’insidia silente - Francesca Ponziani Il dialogo - Rosanna Supino Oltre 400mila interventi di oculistica da recuperare a causa del COVID-19. Ai pazienti vanno date soluzioni. - Matteo Piovella intervistato da Lorella Bertoglio Ingegneria tissutale e Medicina Rigenerativa - Francesca Boccafoschi Consigli DOC - Carlo Alfaro The Ferragnez - La Serie - Ruben Cazzola

Cucinare per il nostro cane e gatto. Si può fare. - Giacomo Biagi Cani che non amano troppo - Carlo Pirola Basta una zampa: l'integrazione a scuola si fa con la Dog Therapy - Ludovica Vanni L’EDITORE Edizioni Scripta Manent s.n.c.

Via Melchiorre Gioia 41/A - 20124 Milano, Italy Tel. +39 0270608060 Registrazione: Tribunale di Milano n. 130 del 09.04.2018 e-mail: info@edizioniscriptamanent.eu web: www.edizioniscriptamanent.eu

Direttore Responsabile: Pietro Cazzola PR e Marketing: Donatella Tedeschi Comunicazione e Media: Ruben Cazzola Grafica e Impaginazione: Cinzia Levati Affari Legali: Avv. Loredana Talia (MI) Stampa: ÀNCORA s.r.l. (MI)

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EDITORIALE

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LA SALA D’ATTeSA Virtute e Canoscenza In un precedente editoriale avevo scritto che “salutepertutti” suonava come un augurio per tutte le persone. Ora questo auspicio va contestualizzato nel tragico momento che stiamo vivendo. Purtroppo oggi la salute non è per tutti! In questo periodo doloroso, su un rilevante quotidiano si poteva leggere “Bombe sull’ospedale - Uccisi madri e figli”. Tale sconvolgente notizia destabilizza il nostro concetto di mantenimento o ripristino della salute, se basta una bomba per cancellare quanto con fatica abbiamo raggiunto. In questo momento la cosa più importante è la salute mentale dei governanti della terra che hanno il compito di renderci la vita più bella e non affliggere i nostri giorni con insane mire espansionistiche. Salutepertutti.it è una rivista con contenuti scientifici spiegati al grande pubblico, ma noi siamo anche persone che non possono ignorare il dolore dei nostri simili! Perciò ricordiamo ai nostri lettori la famosa frase dantesca "Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". La “virtute” cerchiamola in noi, per la “canoscenza” c’è Saluterpertutti.it! Pietro Cazzola Direttore Responsabile

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Questionario tratto da Proust

Risponde Stefano Nava

Ex calciatore, ha giocato come difensore centrale in diverse squadre italiane, militando anche nell’AC Milan negli anni ’90. Allenatore di calcio e commentatore televisivo.

MIO PRINCIPALE PREGIO, RISPETTO 1 ILALL’ALIMENTAZIONE IN GENERALE

4 IL MIO SOGNO DI FELICITÀ ALIMENTARE

Il sogno di felicità alimentare è abbastanza semplice: è quello di poter trasformare tutto ciò che fa male, ma che dà delle enormi soddisfazioni dal punto di vista del palato e del gusto, in alimenti assolutamente benefici e nutritivi. Quindi mi piacerebbe moltissimo che le cose più sane da poter mangiare fossero dolci, vino, fritti, formaggi, pane e pasta. È evidente che si tratta solo di un sogno, ma sarebbe tutto così meraviglioso…

Cercando di prestare la giusta attenzione all'alimentazione e considerando anche lo scarso moto e la poca attività fisica svolta, cerco in qualche modo di essere attento a quello che mangio. Come prima cosa cerco alimenti e prodotti di provenienza certificata e di buona qualità, talvolta anche andando alla scelta di alimenti. Il fatto di potermi appoggiare rivenditori di fiducia mi consente di ottenere un prodotto di buona qualità, credo che questo sia già un buon punto di partenza, se si considera la vastissima proposta a disposizione, talvolta di dubbia certificazione e qualità. Una seconda cosa che ritengo importante è il mantenere una buona disciplina a tavola, cercando di mangiare con buona soddisfazione, senza esagerare mai nelle quantità e nei condimenti.

PAESE DOVE VORREI VIVERE, DAL PUNTO DI 5 ILVISTA ALIMENTARE

So da dove veniamo e ne sono molto orgoglioso, soprattutto se penso alle nostre radici. Apparteniamo ad un Paese dal quale abbiamo esportato la bellezza, il pensiero, le arti (il 70% del patrimonio artistico nel mondo), le scienze, l'architettura, la musica, la poesia… Prima siamo stati cultura e poi nazione. Siamo speciali, noi italiani e siamo solo lo 0,5% della totalità delle persone nel mondo. Anche l'alimentazione fa parte della nostra cultura e della nostra eccellenza. Abbiamo 7000 specie vegetali (secondo è il Brasile, con poco più di 3000), 1200 vitigni autoctoni (la Francia è seconda con 222), 140 cultivar di grano duro (secondi gli Stati Uniti, con 6). Ci sarebbero tante altre eccellenze… una bio-diversità meravigliosa, una terra meravigliosa, un Paese meraviglioso. Non credo sia necessario rispondere a dove vorrei vivere in questo senso.

MIO PRINCIPALE DIFETTO, RISPETTO 2 ILALL’ALIMENTAZIONE IN GENERALE

Seppur proveniente da una esperienza professionale che mi ha sempre imposto un regime alimentare abbastanza rigido, il mio difetto, più precisamente, è la pigrizia, il non approfondire la conoscenza sui vari prodotti e sulle loro qualità benefiche, in termini di proteine e calorie. Mi piacerebbe molto esserne padrone e avere una buona conoscenza di tutto ciò che può recarmi giovamento, o crearmi dei problemi, anche alla luce di un età non più "primaverile". Questo il difetto: una conoscenza poco più che superficiale. Mi piacerebbe poter leggere di più, o farmi accompagnare da qualche esperto, o professionista, che potesse rendermi più consapevole dei metodi di alimentazione, delle proprietà di ogni singolo alimento e della capacità di giusto abbinamento tra loro.

6 IL COLORE CHE PREFERISCO, A TAVOLA

Il bianco, il rosso e il verde. Il bianco della pasta (a Gragnano, la pasta essiccata tra venti caldi e brezza del Vesuvio è la migliore in assoluto). Il rosso del pomodoro (viva il pachino siciliano!). Il verde delle verdure e del basilico (quello di Prà è il migliore del mondo).

3 LA MIA OCCUPAZIONE, TRA UN PASTO E L’ALTRO Immagino che per occupazione si intenda la capacità di gestire il tempo fra un pasto ed un altro. Se è così, mantengo la buona disciplina di non andare alla ricerca di merendine, o di varie "soddisfazioni" alimentari, a compensare una fame impazzita, tranne l’abitudine, ogni tanto, nel pomeriggio, di concedermi un tè con tre biscotti, o della frutta.

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7 IL SAPORE CHE PREFERISCO

Il sapore del mare. Abbiamo un’infinità di specie animali di acqua: 10.500 di acqua salata e 5.500 di acqua dolce. Se riusciamo a districarci ai fornelli in maniera minimamente accettabile, mi sembra un’accettabile scelta.

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8 LA MIA RICETTA PREFERITA

Il bollito in inverno, la pasta al pomodoro e basilico in estate, senza dimenticare le melanzane alla parmigiana di mia mamma.

12 IL CIBO CHE DETESTO PIÙ DI TUTTO

Le barbabietole e il fegato. Quello di mia madre, cucinato “alla vicentina” è straordinario, a detta di tutti, ma non posso confermare, purtroppo.

9 IL MIO PASTO PREFERITO DURANTE IL GIORNO 13 IL DONO DI NATURA CHE VORREI AVERE Nell’ultimo periodo mi sto impegnando in una dieta intermittente, quindi preferisco il pranzo, considerato che ho alle spalle un lungo digiuno. Durante il pranzo mi concedo qualche eccesso in più.

Non so onestamente, potrebbero essere molti. È difficile scegliere, ma sarebbe tutto più noioso.

10 IL MIO MODO DI CONSUMARE PASTI

14 STATO ATTUALE DEL MIO ANIMO

CAMBIARE QUALCOSA 11 SENELDOVESSI MIO FISICO?

COLPE CHE MI ISPIRANO MAGGIORE 15 LEINDULGENZA A TAVOLA

Mi piace molto annusare quello che ho nel piatto. Il gusto ha una grande importanza, ma anche i profumi ti riempiono il cuore. Cerco anche di masticare molto bene (al contrario dei miei figli), ma, così, gusti meglio il cibo e migliorano sia la digestione, che l’assorbimento.

È una domanda che mi mette in difficoltà e alla quale proprio non so cosa rispondere. Onestamente, sono sempre stato contento del mio fisico e, a suo tempo, delle sue prestazioni atletiche professionali. Ora segue il suo “deterioramento” in relazione all’età e alla disciplina che riesco ad impormi, ma non posso lamentarmi di una situazione più che accettabile, che continua a sorridermi. La domanda giusta sarebbe: quanto ancora continuerà questa situazione? Teniamo duro…

Purtroppo, non è un buon momento, per diversi motivi personali. Anche il contesto nel quale stiamo vivendo, privo di certezze, ma pieno di restrizioni, non aiuta certo ad essere sereni e a sorridere. E il mio, il nostro animo, ha bisogno di tornare a sorridere.

“La colpa” è di circondarmi di amici a tavola. Con questa piacevole scusa conviviale, mi consento qualche piccolo eccesso.

16 IL MIO MOTTO ALIMENTARE

Nonostante tutto, “Magna che te fa ben”.

raanlive.it/2016/04/15/primave credit by: https://www.mil ontinuero-lavoro-brocchi/ milan-nava-entusiasmo-c

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SOCIETÀ Arrigo F.G. Cicero Centro Ricerche Ipertensione e Rischio Cardiovascolare, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna – Presidente SINut

Disciplina ? a b r u t is d i c o Quant ? e l i t u è i c o t n Qua Come diceva Jim Rohn, industriale e grande motivatore americano, la disciplina è il ponte fra l'obiettivo e il risultato. Questo può essere uno spunto di riflessione anche per tutti coloro che si occupano di prescrivere diete, integratori e farmaci, perché se il paziente non riesce a mantenere un certo livello di autodisciplina, difficilmente riuscirà a ottenere il risultato prefissato. Per quanto la definizione di disciplina possa suonare rigida e antipatica, in realtà, in questo àmbito della salute, disciplina significa semplicemente dare a se stessi -e impostare- un percorso dietetico. Ignorare orari fissi per l’assunzione degli alimenti, senza porsi un limite dal punto di vista qualitativo e quantitativo, che aiuterebbe a far riconoscere quando e quanto si possa sgarrare per rendere una dieta accettabile, significa a priori determinare il fallimento dell’effetto della dieta, che questa sia finalizzata al calo di peso, oppure sia finalizzata al miglioramento di qualunque situazione in grado di minare lo stato di salute. La cosa diventa ancora più complessa quando si debba considerare un integratore alimentare, o un farmaco. Il farmaco in qualche modo incute una certa quota di timore, di riverenza, grazie ai quali la sua assunzione si

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In qualsiasi modo si usi la parola “disciplina”, ciascun significato che può avere nelle diverse situazioni, ha una connotazione che ci risulta in qualche modo negativa. Perché? DISCIPLINA

Dal latino disciplina, da discipŭlus, discepolo - Educazione, insegnamento, ma anche guida (di un maestro, di una figura religiosa) - Materia d’insegnamento e di studio condotto con rigore scientifico (filosofica, giuridica, medica, storica). Per estensione, anche in ambito sportivo, esempio: negli sport invernali e nel nuoto - Complesso di norme che, imponendo ordine, obbedienza e osservanza, regolano la convivenza degli individui di una comunità (istituto, caserma, scuola, confessione religiosa, carcere…) - Complesso di norme emanate per regolare determinati rapporti giuridici o di altra materia (patti agrari, affitti di immobili…) - Penitenza, castigo, provvedimento punitivo (originario da pratiche ascetiche). In senso figurato: sottoporsi a dura fatica e anche “farsi forgiare” da dolore, disgrazie, povertà. https://www.treccani.it/vocabolario/disciplina/

La disciplina, peraltro, è anche la capacità di controllare, in modo volontario, con sforzo e disagio, i propri impulsi e istinti, che altrimenti ostacolerebbero il raggiungimento di un qualsiasi obiettivo personale o condiviso, che invece si intende perseguire anche a costo di pesanti rinunce e sacrifici.

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mantiene più costante, nonostante l’aderenza agli schemi terapeutici da parte della popolazione, specie in Italia, sia molto bassa e nonostante varie situazioni che scaturiscono dal comportamento stesso dei pazienti, i quali tendono a:

Questo è un qualche cosa che dobbiamo evitare, perché tutti gli studi che abbiamo a disposizione ci mostrano come la dieta, l’integratore, il farmaco “funzionano” riguardo al rispettivo obiettivo di efficacia, in maniera proporzionale al livello di attenzione e cura che il paziente dedica alle indicazioni che gli sono state fornite per il suo trattamento.

• Autoridursi le terapie • Cambiare spontaneamente gli orari di somministrazione

Questo ovviamente non è da interpretare come una mera colpa del paziente che non segue volontariamente quello che gli è stato detto, ma implica anche una necessaria attenzione da parte di chi prescrive dieta, integratori e farmaci, che pertanto deve:

• Aspettare di assumere la nuova confezione di farmaco giorni dopo che hanno finito la precedente per i trattamenti cronici • Auto-attribuire eventuali effetti collaterali / eventi avversi all’utilizzo del farmaco, rispetto al non utilizzo e rispetto al fatto che magari il disturbo può essere collegato alla patologia di base che si manifesta in quanto non ben curata dal punto vista farmacologico.

1. Essere molto chiaro nella spiegazione ai pazienti 2. Dedicare il giusto tempo alla spiegazione: è tutto tempo investito bene 3. Cercare di semplificare il più possibile gli approcci da suggerire, dando un evidente segnale sulle priorità

Nel mondo dell’integrazione alimentare, prevale la percezione che l’integratore sia comunque più sicuro. Anche se la frequenza e la durata della sua somministrazione non sono esattamente rigorose, sussiste però la convinzione che non sia possibile determinare un problema di salute.

4. Mantenere la tensione sul paziente, perché segua i suggerimenti e stabilisca dei meccanismi di autovalutazione rispetto alla propria capacità di aderenza alla dieta / al trattamento.

È una percezione sbagliata che si possa non essere assolutamente ligi nell’assumere un integratore: non è indifferente assumerlo il giorno dopo perché il giorno prima non lo si è fatto. Così facendo si inficia ancora di più la potenziale percezione di efficacia del trattamento con l’integratore stesso.

Tutto questo è fattibile. È importante che l’operatore sanitario sia sensibilizzato al problema e cerchi di gestirlo in funzione anche delle capacità di comprensione e memorizzazione del paziente stesso.

CHI PRESCRIVE UN TRATTAMENTO DOVREBBE GARANTIRE LA “DISCIPLINA” PERCHÉ QUESTO SIA SEGUITO IN MODO PROFICUO Qualche esempio di metodo sbagliato…

… E qualche consiglio virtuoso Quando si effettuano delle prescrizioni, pertanto, occorre pensare al paziente, mettendoci nei suoi panni, come se noi stessi ricevessimo queste prescrizioni.

Quando chi ha in cura un paziente gli fornisce un certo numero di indicazioni dietetico-comportamentali e già in prima battuta gli prescrive 2, 3, 4, 5 integratori attivi verso diverse problematiche da controllare / modificare. In teoria, questo comportamento è per “massimalizzare” i suggerimenti terapeutici, ma è molto difficile che il paziente possa assumere tutto in maniera regolare.

Saremmo i primi a volere uno schema chiaro da seguire, perché la disciplina è fondamentale, ma deve avere una base di razionalità. Se io non capisco perché devo seguire una prescrizione complessa, non riuscirò a seguirla in maniera adeguata alle mie necessità per ottenere un risultato personale soddisfacente e questo nonostante la disciplina mi possa aiutare.

Qualcosa di peggio si verifica quando il soggetto magari sta seguendo anche una farmacoterapia, a sua volta frazionata.

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PREVENZIONE Silvana Hrelia Professore Ordinario di Biochimica Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita, Università degli Studi di Bologna

Nutraceutica e chemioprevenzione È noto che i fattori genetici contribuiscono solo per il 5–10% ai fattori di rischio per il cancro, mentre i fattori ambientali contribuiscono per il 90–95%: • 10–15% cancerogeni ambientali • 15–20% infezioni • 25–30% tabacco • 30–35% dieta Lo stile di vita rappresenta il principale determinante di rischio di cancro, per cui gli approcci preventivi devono includere il perseguimento di uno stile di vita sano e/o la modificazione del regime alimentare. Da questi ragionamenti nasce il concetto di chemioprevenzione: una branca dell’oncologia, ma anche della scienza della nutrizione, che si rivolge a persone sane e che tenta di agire in quell’ampia finestra temporale durante la quale avvengono i processi che provocano il tumore. In termini generali, significa creare un ambiente meno disponibile all’alterazione delle cellule, mediante l’adozione di uno stile di vita sano. La differenza rispetto alla chemioterapia è amplissima, innanzitutto il trattamento preventivo comporta l’utilizzo di sostanze naturali che non possono produrre effetti nocivi sulla salute, mentre nel trattamento chemioterapico vengono utilizzate sostanze chimiche nocive, che non sono indirizzate unicamente alle cellule malate, ma anche a quelle sane. La cosiddetta “chemioprevenzione alimentare”, a differenza della chemioprevenzione farmacologica, consiste proprio nel contrastare l’insorgenza, lo sviluppo e la recidiva dei tumori attraverso l’introduzione di sostanze naturali contenute negli alimenti, i cosiddetti “nutraceutici”, capaci di interrompere o fare regredire il processo di cancerogenesi. Come per la chemioprevenzione farmacologica, si tratta di una prospettiva applicabile a molti tumori, di cui sono note le cause e che hanno un lungo periodo di latenza tra l’inizio dell’esposizione alla sostanza nociva e l’insorgenza della malattia.

CHEMIOPREVENZIONE “ALIMENTARE” • SI RIVOLGE A PERSONE SANE • SI REALIZZA NEL CORSO DI ANNI DEDICATI A UNO STILE DI VITA SANO • RICORRE ALL’USO DI SOSTANZE NATURALI PRESENTI NEGLI ALIMENTI (NUTRACEUTICI), PRIVE DI EFFETTI DELETERI PER LA SALUTE • RAPPRESENTA UNO STRUMENTO MOLTO EFFICACE PER PREVENIRE SIA TUMORI DI CUI SONO NOTE LE CAUSE, SIA QUELLI CHE IMPIEGANO MOLTI ANNI A MANIFESTARSI

Nel percorso di sviluppo che porta dall’iniziale trasformazione di una cellula ed arriva allo stadio finale del tumore, esistono diversi step in cui si possa applicare il concetto di chemioprevenzione.

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FITOCHIMICO

L'infiammazione agisce in tutte le fasi della tumorigenesi, il processo di formazione di un cancro: • Può contribuire all'insorgenza del tumore, • Induce la proliferazione di cellule precancerose e migliora la loro sopravvivenza, • Promuove la formazione di un microambiente ospitale, in cui le cellule pre-maligne possono sopravvivere ed espandersi, • Promuove anche la diffusione metastatica finale. Il legame tra infiammazione e cancro è stato notato per la prima volta come associazione tra malattie infiammatorie e aumentato rischio di sviluppare tumori. Ma anche la presenza di infiammazione cronica, quale si manifesta nell’obesità, rappresenta un fattore di rischio importante per le malattie neoplastiche. L’eccesso di tessuto adiposo, infatti, produce molecole ad azione infiammatoria ed ormoni, contribuendo allo sviluppo tumorale. In particolare, dati aggiornati del World Cancer Research Fund (Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro) dimostrano come l’eccesso di grasso corporeo sia legato a un aumentato rischio di sviluppare 9 diversi tipi di tumore: 1. Mammario in donne in post-menopausa 2. Colon-rettale 3. Ovarico 4. Endometriale 5. Pancreatico 6. Epatico 7. Esofageo 8. Prostatico 9. Della cistifellea Numerosissime evidenze epidemiologiche supportano l’associazione tra particolari costituenti dietetici e rischio di specifici tipi di tumore. In linea generale, vegetali, frutta, fibre alimentari ed alcuni micronutrienti svolgono un ruolo protettivo. Tra questi micronutrienti identifichiamo: vitamine A, C, D ed E, beta-carotene, molibdeno, calcio; composti fitochimici presenti nei vegetali, quali crucifere, frutti rossi, aglio. Definiti sulla base dei loro meccanismi d’azione, gli agenti chemiopreventivi vengono raggruppati in due ampie classi: gli agenti bloccanti e gli agenti soppressori.

Gli agenti bloccanti ostacolano il raggiungimento o la reazione del cancerogeno con bersagli critici. I soppressori prevengono l’evoluzione del processo neoplastico in cellule che altrimenti si avvierebbero verso la malignità. Quindi, un buon nutraceutico chemiopreventivo può agire impedendo la formazione di composti cancerogeni, o determinando l’eliminazione dei cancerogeni formati e/o rallentando la proliferazione delle cellule trasformate, inducendone la morte o la differenziazione (cioè il ritorno alla condizione di cellule mature “normali”). Chiaramente, un chemiopreventivo promettente deve dimostrare buona selettività verso le cellule tumorali, ovvero bassa tossicità nei confronti delle cellule non trasformate (“normali”). Esposizioni relativamente lunghe e ripetute a sostanze fitochimiche alimentari sono state generalmente necessarie per osservare gli effetti protettivi. Sebbene siano stati avviati numerosi studi clinici utilizzando sostanze fitochimiche dietetiche, solo pochi risultati sono stati pubblicati e alcuni studi non sono stati completati, o i loro risultati non sono riportati. Resta a tuttora l’incapacità di traslare gli effetti dimostrati a livello sperimentale all’uomo, definendo i tempi, la durata e la modalità di assunzione, prevedibilmente di lunga durata. Trattamenti di lunga durata possono essere nocivi, anche con composti che ai normali livelli fisiologici sono essenziali. Solo l’utilizzo di combinazioni di fitochimici è in grado di esercitare il maggiore effetto preventivo nei confronti del cancro. Nessun alimento o sostanza alimentare può proteggerci dal cancro. Ma gli scienziati ritengono che la giusta combinazione di alimenti in una dieta prevalentemente a base vegetale possa raggiungere questo obiettivo… mangiare verdura, frutta, cereali integrali e legumi ridurrà il rischio di sviluppare la malattia. Con la dieta vengono introdotti elementi che favoriscono e/o inibiscono eventi mutageni e/o cancerogeni. Una dieta corretta e bilanciata resta ad ora il più valido strumento di prevenzione del cancro.

(PRINCIPIO ATTIVO PRESENTE NEI VEGETALI) RESVERATROLO

Frutti rossi e vino rosso

DAIDZEINA E GENISTEINA, CUMESTROLO

Soia e legumi

QUERCETINA

Mele e cipolle

CURCUMINA

Curcuma

SULFORAFANE

Crucifere (cavolfiore, cavoli, broccoli, cavolini di Bruxelles, verdure a foglia verde)

EPI-GALLO-CATECHINA-GALLATO

Letture consigliate https://www.wcrf.org - https://www.wcrf.org /?s=obesity

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Tè verde


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ONCOLOGIA

Mutazione BRCA e gravidanza

Maria Grilli Segretaria Generale aBRCAdabra ONLUS, incontra Matteo Lambertini

Da questo numero, Salutepertutti.it ospita regolarmente articoli di aBRCAdabra, la prima Associazione nazionale nata per sostenere tutti i portatori di mutazioni genetiche BRCA 1 e BRCA 2 e le loro famiglie.

Le mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 sono state scoperte la prima volta negli anni ’90, riguardano sia le donne che gli uomini e possono essere trasmesse ai figli. Favoriscono l’insorgenza di tumori in una fascia di età giovanissima e giovane (rari casi attorno ai 18 anni, molti casi attorno ai 30 e comunque sotto i 40/45), comportando un danno medico, sociale e umano di proporzioni enormi. aBRCAdabra collabora con sanitari e istituzioni per promuovere la corretta informazione sui tumori BRCA-associati, allo scopo di individuare e supportare la popolazione a più alto rischio oncogenetico; definire percorsi di prevenzione, diagnosi precoce e cura dei tumori eredofamiliari; sostenere la ricerca scientifica.

Matteo Lambertini

#BRCAperitivo è un appuntamento mensile trasmesso sulla pagina Facebook dell’associazione, che permette di incontrare virtualmente tutti gli specialisti del Comitato Tecnico Scientifico di aBRCAdabra, che affrontano in modo interattivo molti temi: chirurgici, ginecologici, oncologici, psicologici, genetici…

Professore Associato in Oncologia Medica, Università degli Studi di Genova – Ospedale Policlinico San Martino. Ricercatore fertilità in oncologia e membro del Comitato Tecnico-Scientifico di aBRCAdabra

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e donne portatrici della mutazione dei geni BRCA1-BRCA2 che hanno avuto un tumore del seno prima dei 40 anni possono affrontare tranquillamente una gravidanza. Non sussiste un pericolo maggiore ne’ per loro, ne’ per il bambino. Lo dimostrano i dati di uno studio internazionale, coordinato dal Prof. Matteo Lambertini. Lo studio ha visto coinvolti 30 Centri europei, americani e israeliani e l’Università degli Studi di Genova. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Oncology. I ricercatori hanno preso in considerazione i dati di 1.252 donne, tutte sotto i 40 anni e tutte con mutazione ereditaria dei geni BRCA, che avevano avuto un tumore al seno (stadio I-III) diagnosticato tra il 2000 e il 2012. “Nei successivi 8 anni di follow-up – spiega Lambertini - lo studio ha dimostrato chiaramente che avere una gravidanza è sicuro sia per la madre, sia per i neonati. Non è stato registrato nessun aumento del rischio di recidiva nelle donne che hanno avuto una gravidanza. I dati sono molto rassicuranti: tra le 150 donne che hanno partorito (76,9%; 170 bambini), solo in 13 casi si sono avute complicanze della gravidanza e in 2 casi si sono osservate anomalie congenite. L’idea di condurre questo studio nasce dall’assenza di evidenze scientifiche per poter rassicurare queste pazienti e i loro medici curanti su questo importante tema. Finora nessuno studio, a eccezione di uno piccolo, canadese, aveva considerato nello specifico le donne con mutazione dei geni BRCA, un tipo di mutazione che aumenta significativamente il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumori nel corso della vita. L’obiettivo è stato indagare non solo i rischi per la mamma, ma anche i possibili rischi per il bambino. Tra le preoccupazioni degli oncologi: i possibili effetti della gravidanza sulla prognosi della malattia in donne BRCA mutate, le recidive (il tumore della mammella è un tumore che risponde agli ormoni), la paura che la pregressa esposizione ai trattamenti oncologici, come la chemioterapia, possa provocare dei danni al feto. Per tutti questi motivi, prima dei risultati di questo studio alle donne con pregresso carcinoma mammario e portatrici di mutazione BRCA veniva spesso sconsigliata una gravidanza. Ora i dati raccolti ci permettono di affermare che, - spiega il Prof.re Lambertini- al termine delle cure oncologiche e dopo un periodo di osservazione adeguato, le donne con pregresso carcinoma mammario portatrici di mutazione BRCA possono portare a termine con successo una gravidanza. 2022;5,1.

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EMICRANIA Francesca Merzagora Presidente di Fondazione Onda

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IL MANIFESTO PER COMBATTERE L’EMICRANIA 9

’ emicrania è una malattia ad andamento cronico ed è, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la terza patologia più frequente del genere umano e la più disabilitante in assoluto, se si considerano le donne di età fino ai 50 anni. In Italia sono 15 milioni le persone che hanno manifestato almeno un episodio di emicrania nella loro vita, di questi 11 sono donne. Secondo l’indagine “Vivere con l’emicrania” condotta nel 2019 dal Censis, che analizza in maniera approfondita il fenomeno, si può parlare a pieno titolo di patologia “di genere”. Ad esempio, la malattia appare più debilitante per le donne, che definiscono “scadente” il proprio stato di salute nel 34% dei casi contro il 15% degli uomini mentre il tempo medio per arrivare a una diagnosi è doppio per le donne, quasi 8 anni, rispetto agli uomini, per cui parliamo di 4 anni. Inoltre, sono le donne ad avere gli attacchi più lunghi: il 39% ha attacchi di emicrania che superano le 48 ore contro il 12% degli uomini e sono sempre le donne a lamentare maggiormente anche la riduzione delle attività sociali (43% vs 21%) con difficoltà che si manifestano sul lavoro (40% vs 27%), nello svolgimento delle attività domestiche e familiari (36% vs 18%) e nella gestione dei figli (19% vs 8%). In generale, il 70% dei pazienti dichiara di non riuscire a fare nulla durante l’attacco e il 58% vive nell’angoscia dell’arrivo di una nuova crisi. Per richiamare l’attenzione sul tema dell’emicrania e portare avanti un impegno corale che coinvolga non solo la società civile e la classe medica ma anche le Istituzioni, Fondazione Onda ha realizzato il documento “Emicrania: una patologia di genere” che contiene il Manifesto in dieci punti “Uniti contro l’emicrania”.

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1. PROMUOVERE CAMPAGNE DI SENSIBILIZZAZIONE

2. GARANTIRE UN ACCESSO TEMPESTIVO AI PERCORSI DIAGNOSTICO TERAPEUTICI

Le persone con emicrania non si sentono comprese nella loro sofferenza. L’emicrania è ancora oggi sottovalutata e banalizzata per la mancanza di una consapevolezza sociale sulla differenza tra il comune mal di testa (sintomo) e la patologia emicranica. È necessario, dunque, promuovere campagne di sensibilizzazione per contribuire alla costruzione di una cultura sull’emicrania e sul suo condizionamento esistenziale, attraverso la diffusione capillare di informazioni chiare, facilmente accessibili, basata su consolidate evidenze scientifiche, abbattendo così il peso dello stigma che ancora grava sui pazienti in ambito familiare, scolastico e lavorativo.

Trascorrono ancora molti anni tra l’insorgenza dei sintomi e la formulazione di una corretta diagnosi: anni segnati da profonde sofferenze e solitudine. Il ritardo diagnostico si associa al rischio di abuso di farmaci analgesici e delle relative complicanze in termini di tossicità e cronicizzazione, tra cui la specifica forma patologica complicante l’emicrania (cefalea da iperuso di farmaci antidolorifici). È necessario, dunque, contrarre i tempi di diagnosi per garantire un accesso tempestivo alle cure, alleviando le sofferenze dei pazienti e riducendo il numero di visite specialistiche inappropriate.

6. COINVOLGERE ATTIVAMENTE I PAZIENTI E I FAMILIARI NEL PERCORSO DI DIAGNOSI E CURA

5. POTENZIARE LA FORMAZIONE DEI MEDICI DELLA MEDICINA GENERALE E SPECIALISTICA

È necessario educare i pazienti e promuoverne una partecipazione attiva nei processi decisionali, favorendo così una maggior aderenza diagnostica e terapeutica. È necessario, laddove possibile, coinvolgere i familiari attraverso un’adeguata informazione sulla patologia emicranica, al fine di metterli nelle condizioni di poter essere un supporto concreto per i pazienti nella fase di accettazione della diagnosi e nel successivo percorso di cura. È necessario, inoltre, attivare percorsi di formazione per pazienti emicranici in modo da fornire le competenze necessarie per la gestione di gruppi di auto mutuo aiuto che rappresentano un efficace supporto nel percorso di cura.

È necessario migliorare la formazione dei Medici di medicina generale e degli specialisti, in considerazione dell’elevata frequenza di comorbilità con altre patologie associate a dolore cronico, con disturbi dell’umore e del sonno e dell’incrementato rischio cardiovascolare al fine di garantire ai pazienti una reale e globale presa incarico in ottica di integrazione multidisciplinare.

9. GARANTIRE L’ATTUAZIONE DELLA LEGGE 14 LUGLIO 2020, N. 81, “DISPOSIZIONI PER IL RICONOSCIMENTO DELLA CEFALEA PRIMARIA CRONICA COME MALATTIA SOCIALE”

10. PROMUOVERE UN IMPEGNO COLLETTIVO

È necessario che, in virtù di questo riconoscimento, vengano adottate misure concrete di tutela tra cui l’inserimento dell’emicrania negli elenchi delle patologie ai fini del riconoscimento dell’invalidità civile. È necessario, altresì, che venga adottato –come previsto dal Comma 2 dell’art. 1 – un Decreto dal Ministero della Salute ai fini dell’attivazione di progetti specifici volti a sperimentare metodi innovativi di presa in carico dei pazienti declinati nei diversi contesti regionali. 2022;5,1.

È necessaria una condivisione di intenti e una sinergica collaborazione tra Istituzioni, Società scientifiche, Associazioni di pazienti e tutte le altre figure coinvolte (professionali e non), al fine di ridurre l'impatto esistenziale, relazionale, lavorativo e socio-economico della patologia emicranica.

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4. GARANTIRE INTERVENTI PERSONALIZZATI SECONDO UN APPROCCIO BIO-PSICO-SOCIALE

3. POTENZIARE I COLLEGAMENTI TRA I PROFESSIONISTI DEL TERRITORIO E DEL COMPARTO OSPEDALIERO

È necessario assicurare a tutti i pazienti interventi basati su Linee Guida nazionali e internazionali, personalizzati in base alla tipologia di emicrania (gravità, frequenza, durata degli attacchi), al genere, all’età, ai fattori che influiscono sulla sintomatologia e ad eventuali patologie concomitanti, considerando anche gli aspetti psicologici e sociorelazionali. Particolare attenzione deve essere riservata all’età evolutiva, in virtù della complessità clinica e dei peculiari aspetti psicopatologici dell’emicrania nel bambino e nell’adolescente.

È necessario promuovere, attraverso percorsi codificati, un’efficace e sinergica interazione tra i medici di Medicina generale, gli specialisti territoriali e ospedalieri e i professionisti dei Centri di alta specializzazione (Centri Cefalee di riferimento) per facilitare un accesso precoce ai percorsi diagnostico-terapeutici nonché garantire appropriatezza terapeutica e continuità assistenziale, secondo un modello “stratificato” in base alla crescente complessità clinica.

7. PROMUOVERE L’INNOVAZIONE TERAPEUTICA E FACILITARNE L’ACCESSO

8. RIDURRE L’IMPATTO ECONOMICO

È necessario sostenere e incentivare la ricerca al fine di individuare cure sempre più innovative ed efficaci nel controllare la malattia e, in particolare, trattamenti di tipo preventivo che consentono di migliorare la qualità della vita, riducendo gravità, frequenza e durata degli attacchi. È necessario, altresì, garantire un accesso equo ed omogeneo dei pazienti alle cure innovative secondo criteri condivisi e validati.

È necessario potenziare i modelli di presa in carico precoce del paziente con emicrania e i percorsi diagnostico-terapeutici dedicati, al fine di migliorare la gestione della patologia e ridurre così non solo i costi diretti ma anche quelli indiretti (che risultano di gran lunga superiori), correlati alla perdita di produttività e di presenzialismo.

Sebbene sia una delle patologie neurologiche di cui si possiedono maggiori conoscenze scientifiche e per le quali sono disponibili farmaci innovativi e specifici, l’emicrania rimane ancora misconosciuta, sotto-diagnosticata e non adeguatamente trattata. Il Manifesto mette a sistema le dieci azioni necessarie per promuovere una maggior consapevolezza sulla malattia, un tempestivo e più facile accesso a percorsi specialistici personalizzati di diagnosi e cura e, in particolare, alle strategie terapeutiche più efficaci e innovative: una call to action per raccogliere un impegno concreto, collettivo e coordinato, per offrire una migliore qualità della vita a tutte le persone che soffrono di emicrania. Il Manifesto mira, dunque, ad essere un appello concreto per richiamare l’attenzione su questo tema e

sollecitare ad unire le forze in un impegno collettivo multistakeholder volto a migliorare la qualità della vita di tutte le persone che ogni giorno combattono contro il dolore, la sofferenza e lo stigma legati a questa malattia. L’approvazione dal Senato, nel luglio 2020, del Testo Unificato del disegno di legge per il riconoscimento della cefalea cronica come malattia “sociale” è stato un primo, importante passo in questa direzione, ma c’è ancora molto da fare. “Ci auguriamo che l’impegno collettivo di clinici, società scientifiche, associazione di pazienti, società civile e media, sfoci rapidamente nella emanazione dei decreti attuativi indispensabili affinché la legge possa essere applicata per migliorare la qualità di vita dei tanti, troppi pazienti che soffrono di emicrania.

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2022;5,1.


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GASTROENTEROLOGIA Paola Piovesana

Gastroenterologia: quasi ovunque saltano visite ed esami prenotati

Giornalista

I

l perdurare dell'emergenza COVID non incide solo sugli interventi chirurgici programmati, ma anche su visite ed esami prenotati, che si sono persi perchè annullati o rinviati a una data da definire. Mentre il personale medico e infermieristico è nuovamente sotto pressione per l'affollamento degli ospedali, nasce l’esigenza di un’urgente riprogrammazione delle attività ambulatoriali annullate, sconfiggendo innanzitutto la diffidenza delle persone a recarsi in ospedale, per il timore dei contagi.

L’85% delle Unità di Gastroenterologia che hanno risposto all’indagine ha confermato la mancata erogazione di visite ambulatoriali ed esami endoscopici prenotate nelle ultime due settimane; oltre un quarto delle Unità ha osservato oltre il 30% di prestazioni ambulatoriali rinviate. Fabio Monica, Presidente di AIGO, ammonisce sul rischio di far perdere ai cittadini il treno della prevenzione e della cura. Il fattore tempo è cruciale per vincere la battaglia contro numerose patologie. Il cancro al colon-retto è la neoplasia più comune dell’apparato digerente e rappresenta la seconda causa di morte per tumore sia negli uomini, sia nelle donne, con un totale di 20mila decessi all'anno.

Una nuova crociata di AIGO

L’Associazione Nazionale Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri si schiera a favore del paziente e dell'efficienza del SSN con un appello per riorganizzare e recuperare, in tempi brevi, le indagini diagnostiche saltate a causa della quarta ondata pandemica. Un tema che si trascina da tempo, con dati preoccupanti anche sulla mancata prevenzione oncologica.

In Italia, le malattie dell’apparato digerente sono in costante aumento e costituiscono la seconda causa di ricovero (circa 800mila ricoveri/anno) dopo le patologie cardiovascolari. Nonostante questo, si continuano a ridurre o riconvertire i posti letto dei reparti di gastroenterologia, che sono già pochi. Secondo l’indagine, un terzo delle unità di gastroenterologia ha avuto una parziale o completa riconversione delle degenze, a seguito della nuova ondata di ricoveri COVID-correlati.

Una recente indagine condotta da AIGO su 136 strutture ospedaliere distribuite omogeneamente sul territorio nazionale, conferma che molti reparti hanno dovuto fare i conti con riduzione di personale in malattia e con molte prenotazioni disdette (o con mancate presentazioni dei pazienti all’appuntamento, senza disdetta).

La conseguenza è dolorosa: si calcola una perdita di almeno 15 mesi di aspettativa di vita.

Perchè la situazione epidemiologica delle malattie gastrointestinali è peggiorata?

Cosa fanno i medici per far fronte a questa situazione e tutelare i pazienti?

Per il perdurare dell’emergenza pandemica Per i ritardi nella ripresa delle cure

Realizzano contatti costanti e fattivi con le Istituzioni e le Direzioni Ospedaliere

Per i programmi di prevenzione, che sono saltati dal 2020 ad oggi

Attuano percorsi di recupero degli appuntamenti saltati

Per le cancellazioni delle prenotazioni non erogate in questo periodo di picco di contagi

Cosa possono fare i pazienti, per ottenere il diritto alla prevenzione? Informarsi: anche nel web si trovano notizie importanti, che spesso non sono note, sui “diritti dei cittadini e dei pazienti” Consultare fonti autorevoli, per conoscere questi diritti, che sono tutelati da precise Disposizioni e Piani governativi Far valere il principio secondo il quale “la salute è un diritto fondamentale di ogni persona” Non temere di confrontarsi con il proprio medico, o con l’Ospedale Chiedere informazioni in modo consapevole, sempre con pacatezza e rispetto. Chi si interfaccia con i pazienti conosce bene l’ansia che deriva da attese prolungate, ma può non avere la possibilità di risolvere il problema di un appuntamento slittato https://www.portaletrasparenzaservizisanitari.it/prestazionegarantitassn/i-diritti-dei-cittadini-e-dei-pazienti https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2824_allegato.pdf

2022;5,1.

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MALATTIE EPATICHE Ne parliamo con Francesca Ponziani

Malattie del fegato: un’insidia silente

Comitato Coordinatore AISF, Associazione Italiana per lo Studio del Fegato. UOC di Medicina Interna e Gastroenterologia, Unità di Epatologia - Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Roma

Premessa - “Malattie del fegato” è un’espressione molto generica, che racchiude condizioni patologiche (infettive, metaboliche, vascolari, tumorali), che possono anche essere interconnesse tra loro, ma che sono diverse per cause, andamento clinico e prognosi. Ciascuna di queste patologie è caratterizzata inoltre da una propria diffusione e da una diversa prevalenza. Spesso, se la causa non è di immediato riconoscimento, i sintomi iniziali possono essere molto sfumati e, per questo, vengono trascurati.

Diamo un po’ di numeri sulle malattie del fegato in Italia EPATITE VIRALE

Numero di casi in netta flessione da Marzo 2020 rispetto agli anni precedenti. Probabili ragioni: 1) le misure di contenimento della pandemia da SARS-CoV-2 hanno contribuito a ridurre il rischio di contrarre altre malattie infettive (tra cui l’epatite); 2) l’interesse massimo sulla pandemia ha ridotto l’attenzione su altre patologie.

EPATITE A EPATITE B ACUTA EPATITE C ACUTA EPATITE E ALTRE MALATTIE EPATICHE

Incidenza (numero di nuovi casi): 0,2 casi per 100.000 abitanti (2020)

MALATTIA EPATICA CORRELATA all’ALCOL

L’1,3% delle persone è affetto da disturbi da abuso di alcol (1,7% uomini; 1% donne). Almeno 700.000 individui sono consumatori, con danno da alcol già instaurato. Circa il 60% dei decessi per cirrosi epatica è alcol-correlato.

CIRROSI EPATICA

In oltre il 70% dei casi, la cirrosi epatica è su base etilica, con un tasso di 11.1 casi per 100.000 abitanti (uomini di età > 15 anni) e di 5.5 per 100.000 (donne). Nonostante la riduzione delle epatiti virali di tipo B e C, la cirrosi epatica è tuttora ampiamente diffusa e nel mondo occidentale rappresenta la quinta causa di morte.

STEATOSI EPATICA NON ALCOLICA (“FEGATO GRASSO”) TUMORE EPATICO

È presente nel 10-25% della popolazione generale (in media, 1 italiano su 4-5 ne soffre). Queste percentuali aumentano in modo significativo nei pazienti obesi, fino al 50-90% dei casi.

Incidenza: 0,2 casi per 100.000 abitanti (2020) Incidenza: 0,04 casi per 100.000 abitanti (2020) Incidenza in continuo aumento: casi più che raddoppiati nel 2019 (102) rispetto al 2018 (49) La vaccinazione e le terapie antivirali di forme croniche diffuse consentono l’eradicazione dell’epatite da virus, in percentuale prossima al 90%. Il consumo di alcol e la sindrome metabolica sono le cause più frequenti di danno epatico che è, appunto, su base metabolica.

Stimate circa 13.000 nuove diagnosi (rapporto uomini:donne 2:1) (2020). Prevalenza: 33.800 persone viventi in Italia dopo una diagnosi di tumore del fegato (uomini: 25.300; donne: 8.500)

N.B. L’identificazione precoce delle malattie epatiche è importante non solo per la qualità di vita dei pazienti, ma anche in relazione alle complicanze (il 45% dei casi riguarda l’encefalopatia epatica) ed anche alla necessità di contenere i costi (un paziente con insufficienza epatica costa da 400 a 3.000 €/mese, inoltre, per inadeguata aderenza terapeutica, circa un terzo dei pazienti accede nuovamente in ospedale entro un mese).

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2022;5,1.


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L’EPIDEMIOLOGIA DELL’EPATITE VIRALE NEL MONDO SECONDO L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ (OMS) Le epatiti virali rappresentano tuttora uno dei principali problemi di sanità pubblica a livello mondiale. I dati OMS (2020) riferiscono infatti 325 milioni di persone nel mondo con un’infezione cronica da epatite B o C e 1 milione e 300mila decessi ogni anno, a causa delle complicanze causate dalle infezioni virali. Ad oggi, sono noti 5 tipi principali di epatite virale (i cosiddetti virus maggiori): A, B, C, D ed E.

EPATITE A (da virus A dell’epatite, HAV)

EPATITE C (da virus C dell’epatite, HCV)

La vaccinazione anti-virus A dell’epatite, insieme a buone condizioni igienico-sanitarie e alla sicurezza alimentare, rappresenta la più efficace misura preventiva, considerata la trasmissibilità del virus per via oro-fecale. L’epatite A è endemica, cioè presente costantemente, in: • Paesi a basso e medio reddito (alta endemia), con scarse condizioni igienico-sanitarie, dove sono maggiormente colpiti i bambini sotto i 10 i anni. L’infezione è asintomatica e non si presenta in forma epidemica, perché adolescenti e adulti risultano immuni e costituiscono una barriera alla diffusione; • Paesi a medio reddito con condizioni igienico-sanitarie variabili (endemia intermedia). L’infezione si manifesta soprattutto negli adulti e si possono verificare anche importanti epidemie. • Paesi industrializzati (bassa endemia) con buone condizioni igienico-sanitarie. L’infezione colpisce maggiormente adolescenti e adulti. I principali fattori di rischio sono: viaggi in zone endemiche e consumo di alimenti contaminati (frutti di mare, acqua). Negli ultimi anni, si sono sviluppati alcuni focolai epidemici tra soggetti a rischio (tossicodipendenti che ricorrono a droghe per via endovenosa e omosessuali).

Nel mondo, circa 71 milioni di soggetti sono portatori cronici del virus dell’epatite C, che si trasmette attraverso lo scambio di liquidi biologici infetti, con modalità analoghe a quelle per il virus B dell’epatite e con il maggiore coinvolgimento delle stesse categorie a rischio. • La diffusione è a livello mondiale • Nel Mediterraneo orientale il tasso di infezione è 2,3% • In Europa occidentale è 1,5%

EPATITE D (da virus D dell’epatite, HDV) È stimato che l’epatite D (o Delta) colpisca circa il 5% delle persone che hanno un’infezione da virus B dell’epatite. La co-infezione delle due epatiti HDV-HBV è la forma più grave di epatite virale cronica, a causa della rapida progressione verso cirrosi epatica ed epatocarcinoma. La trasmissione è analoga a quella dell’HBV. Per prevenire efficacemente l’infezione da virus D, occorre la vaccinazione contro il virus dell’epatite B. La prevalenza di questa epatite è alta in: • Mongolia • Moldova • Alcuni Paesi dell’Africa mediorientale.

EPATITE B (da virus B dell’epatite, HBV)

EPATITE E (da virus E dell’epatite, HEV)

Nel mondo, sono circa 257 milioni i portatori cronici che hanno un’infezione da epatite B: solo il 10% sarebbe consapevole del proprio stato di portatore. Il virus si può trasmettere mediante contatto con sangue o altri fluidi corporei: da madre a figlio durante la nascita e il parto, nei rapporti sessuali con partner infetto, nella condivisione di aghi e siringhe per l’uso di droghe iniettive, o per terapie parenterali / manovre chirurgiche non in sicurezza.

Ogni anno, nel mondo, circa 20 milioni di persone contraggono l’infezione da virus dell’epatite E, che è solitamente autolimitante e trasmissibile per via oro-fecale, attraverso soprattutto l’ingestione di acqua contaminata. Casi di cronicità riguardano solamente pazienti immunocompromessi, ma l’infezione può evolvere in forme fulminanti (in gravidanza, negli anziani e nei pazienti con preesistenti patologie epatiche).

Nel mondo, l’incidenza di infezioni croniche è la seguente: • Paesi del Pacifico occidentale -> 6,2% • Paesi africani -> 6,1% • Mediterraneo orientale -> 3,3% • Asia sud-orientale -> 2,0% • Europa -> 1,6% • Americhe -> 0,7%

2022;5,1.

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Esistono differenze nella diffusione delle malattie epatiche, tra i Paesi occidentali e le altre aree geografiche del mondo

La malattia epatica non comporta solo danni al fegato, ma con il tempo possono essere danneggiati altri organi

In alcuni Paesi, sicuramente in quelli asiatici, l’infezione da virus B dell’epatite è molto frequente, ma anche in Paesi africani, come l’Egitto, le politiche sanitarie non sono state accompagnate da adeguate norme igieniche e precauzionali e praticamente tutta la popolazione è stata contagiata. I Paesi occidentali più industrializzati, oggi, sono invece colpiti da epatiti su base metabolica. In alcuni casi (Regno Unito, ma anche il Nord Italia), il consumo alcolico è una causa preponderante.

Una patologia del fegato cronicizzata da molto tempo, compromette anche altri organi portando alle cosiddette complicanze. Se si considerano quelle a carico del stema nervoso, una temuta conseguenza della cirrosi è l’encefalopatia epatica, per cui il paziente improvvisamente non ragiona più o persino va in coma. L'encefalopatia però può essere subdola e non sempre facilmente riconoscibile, infatti alcuni studi hanno dimostrato che i pazienti con encefalopatia epatica minima, ovvero clinicamente poco evidente, fanno per esempio parecchi errori mentre guidano diventando quindi un pericolo per sè e per gli altri. Anche l’epatite C può avere conseguenze sistemiche: ci sono pazienti con infezione da virus C che sviluppano una malattia renale: forme di nefrite e glomerulonefrite. Altri pazienti con una forma di epatopatia metabolica, possono andare incontro a problemi cardiovascolari: la steatosi epatica non solo richiede il monitoraggio del fegato, ma rappresenta anche un’importante spia, che dovrebbe indurre ad ulteriori accertamenti e a mettere in atto tutta una serie di provvedimenti per migliorare lo stile di vita e prevenire ulteriori problematiche metaboliche. Il fegato è un organo molto importante

Chi e quando deve prestare attenzione per prevenire le complicanze di una malattia epatica Gli individui che hanno una età media, soprattutto di sesso maschile. Questo perché nel corso degli anni, nei confronti del fegato, svolgono il loro ruolo negativo il consumo eccessivo alcolico, lo stile di vita troppo sedentario, un’epatopatia in seguito a danno metabolico (come è stato descritto sopra)... Si tratta di abitudini di vita non proprio corrette, mantenute continuativamente per molti anni nel corso della vita. Una recente indagine epidemiologica condotta dall’ISS ha evidenziato tra gli individui nati tra il 1969 e il 1989, quelli che sono a incidenza più elevata di infezione da HCV. Si tratta di persone tossicodipendenti che fanno uso di droghe per via iniettiva, ma anche di persone con abitudini sessuali magari promiscue. Un’altra fascia di persone a rischio è quella dei cosiddetti “baby boomer”, cioè coloro che in età giovanile erano stati sottoposti a pratiche mediche senza l’adeguata e necessaria profilassi medico-sanitaria. Inoltre, questa fascia include tra i più giovani anche persone che fanno uso di droghe per via iniettiva, o con abitudini sessuali magari promiscue.

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e deve essere prestata la massima attenzione ad ogni piccolo disturbo, che compare e poi persiste, soprattutto quando nel passato è documentata una storia di abuso di alcol, o di epatite virale, o sono presenti sovrappeso o diabete. Questi segnali che il fegato manda impongono un’analisi molto attenta di tutto l’organismo, per verificarne lo stato di salute generale e provvedere alle terapie del caso.

Letture consigliate

• Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute (SEIEVA), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) https://www.epicentro.iss.it/epatite/bollettino/Bollettino-n-8-marzo-2021.pdf • https://www.epicentro.iss.it/alcol/pdf/alcologia_n42.pdf - Alcologia, N. 42, 2020 • https://www.cirrosi.com/patologia/epidemiologia • https://www.fegato.info/patologia/diffusione-steatosi • https://www.aiom.it/wpcontent/uploads/2021/10/2021_NumeriCancro_web.pdf • https://www.epicentro.iss.it/epatite/epidemiologia-mondo • https://www.webaisf.org/wp-content/uploads/2019/01/manifestazioni.extraepatiche.pdf • Morelli MC, et al. Position paper on liver and kidney diseases from the Italian Association for the Study of Liver (AISF), in collaboration with the Italian Society of Nephrology (SIN). Digestive and Liver Disease 53 (2021) S49–S86. • Italian Association for the Study of the Liver (AISF); AISF Expert Panel; AISF Coordinating Committee, Bolondi L, et al. Position paper of AISF: the multidisciplinary clinical approach to hepatocellular carcinoma. Dig Liver Dis. 2013; 45(9):712-23.

2022;5,1.


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SOCIETÀ Rosanna Supino Presidente Associazione Medica Ebraica

Il dIalogo

I

l Dialogo, argomento oggi sempre più importante, perché uno dei rischi della società contemporanea è la non accettazione delle diverse identità: il volere omologare tutto e appiattire le differenze.

Distribuzione percentuale degli stranieri residenti in Italia per appartenenza religiosa al 1° gennaio 2020*

Sono passati vent’anni dal tragico attentato alle Torri Gemelle di New York che, oltre alla sua drammaticità, ha posto la religione al centro di successivi conflitti e dal quale emerge l’importanza del dibattito sulla libertà religiosa. Oggi, l’Afghanistan ci ripropone lo stesso problema. Solo il dialogo può portare reciproco rispetto e convivenza. Il primo obiettivo del dialogo è l’ascolto e la conoscenza reciproca. Un ascolto che non punta ad affermare una posizione tra due, ma a comprendere le esigenze di entrambe. II dialogo deve portare a riconoscere la legittimità dell'altro. Personalmente, mi impegno perché si affermi il rispetto del “diverso”, accettandolo nella sua completezza e complessità, rifiutando il concetto di tolleranza della diversità, perché tolleranza è sopportazione, è concessione di qualcosa dall’alto; non vuol dire comprensione e rispetto. Ci vuole ascolto, confronto, comprensione, riconoscimento e rispetto.

Cosa è cambiato nell’etica dell’accoglienza? Non si tratta solo di un “vengano pure”. Oltre ai beni di prima necessità e al lavoro, oggi è emersa una coscienza per la quale bisogna edificare luoghi di culto in base ai canoni di ciascuna architettura religiosa.

Il mio obiettivo è ottenere conoscenza reciproca e diffusione delle culture per un arricchimento e un rispetto della società e nella società. Emmanuel Lévinas, filosofo e accademico francese, diceva che la libertà non è la rivendicazione dei propri diritti, bensì dei diritti dell'altro.

Questi luoghi di culto sono una preziosa occasione per incontrare compatrioti, ripensare alla patria e alla memoria del passato, coltivare rapporti sociali e quindi svolgere attività sociali e culturali indispensabili per mantenere l’identità di gruppo. Le minoranze hanno bisogno di punti di incontro, per condividere festività ed eventi che permettano di mantenere la propria identità.

L’appartenenza religiosa degli stranieri residenti in Italia è dimostrata nel diagramma che segue (Dati al 1° gennaio 2020 Alessio Menonna – Fondazione ISMU) Per quanto riguarda la confessione ebraica, i cittadini italiani ebrei sono lo 0.1% di tutta la popolazione italiana.

2022;5,1.

Siamo convinti che “Salute e Cura” possano essere uno strumento di dialogo per avvicinare i popoli e le religioni.

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Ma ricordiamoci che ad unirsi non possono essere solo le Nazioni, i leader e i proclami, ma anche le comunità, le persone, la famiglia umana e anche il rappresentante religioso nella sua predica durante la funzione religiosa.

“Insieme per prenderci cura”, perché?

INSIEME: cioè tutti gli operatori della sanità, ma anche le tre religioni abramitiche che si riconoscono nel Dio della Bibbia e che partono dal presupposto che l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio. CI: “prenderCI cura” per sottolineare il coinvolgimento personale dell’operatore. Non un semplice “curare”, ma anche un avere cura fisica e psico-fisica, con attenzione al lato emotivo, religioso e spirituale del malato.

Il dialogo interreligioso in sanità, spinto primariamente da AME nella persona del suo presidente, Amos Luzzatto, risale già agli anni ’90, ma si è concretizzato tra il 2000 e il 2010, quando abbiamo organizzato alcuni incontri di medicina e di politica della medicina con gli altri Paesi del Mediterraneo e abbiamo favorito, ad esempio, l’arrivo di bambini palestinesi che sono stati curati a Pesaro, grazie all’intervento di personalità politiche e sanitarie italiane e israeliane.

Abbiamo quindi individuato e discusso i dilemmi e le problematiche che coinvolgono e turbano le diverse figure professionali nello svolgimento del loro lavoro (ginecologi, neonatologi, ostetriche, infermieri, anestesisti, oncologi, terapisti del dolore) per poi confrontarle con le posizioni delle varie religioni. Inevitabilmente questa è stata un’occasione di riflessione e confronto tra i rappresentanti dei vari gruppi.

Nel 2001 iniziò un progetto di umanizzazione dell’ospedale e nel 2009 vennero organizzate le “Stanza del Silenzio (o della meditazione)” in alcuni ospedali milanesi e, cosa ancora più importante, l’accordo con la Regione Lombardia per l’assistenza religiosa (orari liberi per il referente religioso) e per pasti rispettosi delle norme alimentari di ciascuna confessione negli ospedali.

In ospedali, università e strutture pubbliche cittadine, coinvolgendo OPI (Ordini Professioni Infermieristiche), OMCeO (Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri) di Milano e Comune di Milano, abbiamo affrontato il significato di cura e malattia, di inizio e fine vita, di trapianto d’organi, di Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT), nelle prospettive laica e religiosa, con un confronto tra deontologia, giurisprudenza e religioni, esaminando anche le problematiche che derivano dai nostri due Diritti Costituzionali: diritto alla salute e diritto alla libertà religiosa.

E poi, nel 2014, AME, con il suo Presidente, Giorgio Mortara- e con Monsignor PierFrancesco Fumagalli, vice-rettore dell’Ambrosiana e membro della Commissione vaticana per il dialogo ebraico-cristiano, ha creato il gruppo “Insieme per Prenderci Cura” a cui poi si sono uniti la COREIS (Comunità Religiosa Islamica Italiana), i Valdesi, i Buddisti, gli Ortodossi e gli Induisti e altre confessioni religiose, gli Ordini dei Medici e degli Infermieri, fornendo così un ampio ventaglio di conoscenze ed esperienze, laiche e religiose.

Abbiamo infine presentato le modalità di rispetto e osservanza delle diverse pratiche religiose nelle realtà ospedaliere (cibo, festività, visite con medici di sesso diverso, etc). Sono tutti temi sui quali le posizioni delle diverse spiritualità sono diverse e quindi vanno conosciute, per la comprensione e il rispetto di tutti.

Lo scopo era di sensibilizzare, informare e formare tutto il personale sanitario al rispetto delle diverse identità spirituali dei malati.

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2022;5,1.


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altre religioni, anche solo di altri cristiani non cattolici, era veramente minima. Oggi la situazione è migliorata, ma, ancora, se si parla di ministro di culto, si parla di prete cattolico e non si pensa ad altre confessioni.

Anche le Stanze del Silenzio sono indispensabili nelle strutture sanitarie (RSA e ospedali), ma anche nei cimiteri (i noncattolici non hanno una cappella/locale dove incontrarsi e raccogliersi), negli aeroporti, nelle stazioni e in ogni altro luogo.

Concludo con questa frase, presa dalla prefazione scritta da Amos Luzzatto al volume “L’Islam in Europa” di Yahia Pallavicini:

Poiché, da allora, sono attiva nel dialogo interreligioso in sanità, posso affermare che la conoscenza dell’esistenza di

“ciò che unisce i fedeli di tutte le religioni è la ricerca di un trascendente che sia ad un tempo consolazione e speranza, ma questa ricerca si esprime con linguaggi e tradizioni diverse. Non superiori o inferiori, non sviluppate, o primitive, ma solo diverse. è necessario superare questi atteggiamenti in un mondo che si fa più piccolo al tempo della globalizzazione, nel quale diveniamo tutti dei vicini di casa” Letture consigliate • https://www.ismu.org/wp-content/uploads/2021/06/Lappartenenza-religiosa-degli-stranieri-residenti-in-Italia.-I-dati-al-1°-gennaio-2020.pdf • https://www.ismu.org • www.prendercicura.it • Pallavicini, Yahya. L'Islam in Europa. Prefazioni di Rocco Buttiglione e Amos Luzzatto. Milano: Il Saggiatore, 2004.

2022;5,1.

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Oltre 400mila interventi di oculistica da recuperare a causa del COVID-19. Ai pazienti vanno date soluzioni. Matteo Piovella

Oculista, dal 2010 è il Presidente eletto della Società Oftalmologica Italiana (SOI), la più antica società specialistica del panorama medico scientifico. Nata nel 1869, è da 152 anni il riferimento dell’oftalmologia, alla quale fanno capo i 7000 oculisti italiani che mettono a disposizione dei pazienti le loro competenze e le nuove a specialità sono le più innovative in quest in tecnologie, che assoluto.

OCULISTICA Matteo Piovella intervistato da Lorella Bertoglio Giornalista scientifica

rita la MeA Novembre 2021, a Matteo Piovella è stata confe il masa”, Italian ologia ftalm dell’O stri “Mae daglia d’Oro clinici e meriti i per na asseg SOI la che nto scime ricono simo ra professcientifici ad un oculista, a suggello della sua carrie uti con otten li aziona intern ssi succe sionale e dei traguardi e . grande merito

LE INFORMAZIONI CHE È NECESSARIO CONOSCERE, PER CAPIRE I DISAGI. PERCHÉ SI SONO RIDOTTE LE OPPORTUNITÀ DI CURA E DI PREVENZIONE? ESAMINIAMO LE CRITICITÀ • Economicamente, senza interventi aggiuntivi di risorse, il servizio pubblico è carente riguardo all’assistenza delle persone. • Negli ultimi 20 anni, i rimborsi economici sono diminuiti del 70%, mentre il costo delle prestazioni, oltre a quello della tecnologia, è cresciuto del 300%. • Tutte le divisioni di oculistica sono state chiuse. • Riguardo agli interventi di cataratta, ne sono ‘saltati’ e sono da riprogrammare oltre 300mila, la lista d’attesa è di circa 3 anni, con la possibilità di effettuare solo il 60% degli interventi rispetto a quelli eseguiti nel 2019. • I medici oculisti sono pochi. Solo 1.800 su 7.000 lavorano nel SSN, le risorse economiche sono scarse e la carenza organizzativa è cronica. • Tuttavia, ogni anno, i 7.000 oculisti italiani salvano la vista a 1.300.000 persone ed eseguono oltre 20 milioni di visite. • La maggior parte dell’assistenza oculistica viene eseguita in regime ambulatoriale. C’è però un controsenso, se si pensa, per esempio, alla Regione Lombardia: gli interventi di cataratta non possono essere eseguiti fuori dagli ospedali e questo impedisce di prendere in carico tutte le problematiche dei pazienti.

La vista non sembra essere una priorità fino a quando non la perdiamo. Per mantenere una vista perfetta, è importante seguire il suo calendario. E quel fastidioso sintomo che chiamiamo banalmente occhio secco?

Il mondo dell’oculistica ha prodotto negli ultimi 20 anni straordinarie innovazioni tecnologiche per aiutare i pazienti e risolvere i loro problemi. In oftalmologia, la chirurgia è di tipo elettivo, ovvero scelta, programmata, decisa dal medico e dal paziente ed effettuata in situazioni di non urgenza. E con il COVID-19 le priorità sono state altre. Tutto questo ha prodotto un ritardo spaventoso per quanto riguarda quella situazione, già critica, per i pazienti in lista d’attesa. E questo da ben prima dell’arrivo della pandemia.

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Come risolvere questa situazione?

Passiamo ad un altro tema che in questi tempi di DAD, smart working, Tv e abuso di strumenti digitali provoca fastidiosi sintomi. Parliamo dell’occhio secco, una patologia che riguarda oltre 300 milioni di persone nel mondo, soprattutto donne sopra i 40 anni (50%) e in menopausa (90%).

Dobbiamo trovare soluzioni razionali alla portata di tutti e rimboccarci le maniche per ricominciare a eseguire questi interventi in tutta Italia. Al Sud, per esempio, in alcuni ospedali hanno aumentato il numero delle sedute operatorie, ma l’innovazione tecnologica da offrire ai pazienti è molto carente: aumentano i pazienti trattati, ma la qualità degli interventi può essere insufficiente rispetto alle potenzialità e allo stato dell’arte, oggi, di tutti i Paesi. Dobbiamo far sì che questa pandemia si riveli un’opportunità, una frase che non deve essere né scontata, né ripetuta a vanvera. Con l’arrivo dei fondi del PNRR, noi oculisti dobbiamo cercare di rientrare nei fondi erogati, per i nostri pazienti, ma anche per la nostra specialità. Troppe realtà lavorano ancora oggi con una tecnologia ferma al 2001.

Negli ultimi 10 anni, nuove informazioni e acquisizioni hanno focalizzato il problema e trovato soluzioni. Prima di tutto, ‘occhio secco’ è un termine improprio, meglio parlare di disfunzione delle ghiandole di Meibomio.

Le ghiandole di Meibomio (da non confondere con quelle lacrimali) si trovano sulle palpebre e sono circa 70 per ciascun occhio. Producono lipidi, che si stratificano sulla superficie dell’occhio e impediscono alle lacrime di evaporare troppo rapidamente. La “disfunzione delle ghiandole di Meibomio” indica che la secrezione in quantità sufficiente di lipidi nelle lacrime è ostacolata per vari motivi. Il film lacrimale sulla superficie dell’occhio evapora troppo velocemente, con conseguente secchezza oculare.

I pazienti possono in qualche modo fare da volano per migliorare l’attuale situazione? Il contributo del paziente è essenziale. Se le richieste partono dai cittadini, diventa più difficile ignorarle. Dobbiamo dare ai pazienti tutte le informazioni che riguardano diritti e potenzialità, affinché diventino promotori delle richieste di qualità a cui hanno diritto rispetto ai loro bisogni. Noi siamo consapevoli dei miglioramenti che possiamo offrire, che definirei quasi miracolistici. I pazienti possono aiutarci a velocizzare il sistema facendo esplicita richiesta di maggiore assistenza. Dobbiamo cambiare e lo possiamo fare con la collaborazione di tutti e senza la contrapposizione di nessuno.

Quali sono le conseguenze di questa disfunzione delle ghiandole di Meibomio?

Un dato molto preoccupante riguarda le persone che entro il 2030 diventeranno cieche. Per questo vanno risolte, con azioni mirate, tutte quelle problematiche che possono salvare la vista. Quali sono i suoi suggerimenti?

Si verifica una progressiva occlusione delle ghiandole, con riduzione di 20 volte della produzione dei “lubrificanti” e se questo perdura nel tempo, la ghiandola smette di lavorare, va in atrofia e si riassorbe. Una volta che questo processo si conclude, si perde la funzione ghiandolare per sempre.

Ritengo importantissimo seguire il calendario salva vista, che può rendere un beneficio ai nostri occhi e salvaguardarli al meglio.

Considerato che sono interessate moltissime persone dalla disfunzione delle ghiandole di Meibomio, che tende a peggiorare con l’età, quando ci si deve preoccupare?

LVA VISTA: CALENDARIO SA OCULISTICA A UARE UN VISITA QUANDO EFFETT

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Non esiste un momento specifico, ma quando si manifesta in modo grave, solitamente la situazione è definitivamente compromessa. Si tratta di un processo progressivo che tende a trarre in inganno. Se la patologia riguarda solo alcune delle 70 ghiandole non ce ne accorgiamo, ma il processo, che dura decenni, è attivo. Questa è la fase nella quale la migliore prevenzione sta in trattamenti locali sulle palpebre, privi di effetti secondari e nel trattamento dell’ostruzione delle ghiandole che è alla base di tutto il processo. Se si soffre di questo sintomo, occorre affidarsi al proprio medico oculista e nel frattempo ricordarsi che quando si lavora al computer o si guarda la televisione, è sempre utile fare una pausa ogni 15 minuti, allungando lo sguardo verso un orizzonte più lontano e ricordandosi di lubrificare gli occhi, sbattendo frequentemente le palpebre.

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LA SALUTE DEGLI ITALIANI

13 Maggio 2022: seconda Giornata per la Prevenzione Cardiovascolare

Daniel Della Seta Giornalista, autore e conduttore L’Italia che va...Rai e "Focus Medicina".

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a prevenzione cardiovascolare rappresenta ancora oggi una delle strategie di maggiore successo nella medicina. Sono stati raggiunti notevoli traguardi, tuttavia a causa della pandemia da SARS-CoV-2, vi è stata una brusca frenata della possibilità di utilizzo di tutti i mezzi su cui si basa. Ciò ha provocato sia ricadute molto gravi sugli interventi di prevenzione, sia difficoltà di accesso alle strutture sanitarie. Per incentivare una nuova sensibilità verso la materia, la SIPREC – Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare, ha proclamato per il 13 Maggio la seconda edizione della Giornata per la Prevenzione Cardiovascolare, la cui conferenza si terrà al Senato promossa assieme alla sen. Paola Binetti, membro della 12a Commissione Sanità, con ospiti diversi clinici e la vicepresidente del Coni. “Si tratta di un’iniziativa rivolta sia alla classe medica che ai cittadini, visto che le malattie cardiovascolari restano la prima causa di ospedalizzazione e possono interessare anche individui attualmente sani” sottolinea Massimo Volpe, Presidente SIPREC. I dati del 2021, sebbene provvisori, mostrano una riduzione delle prestazioni cardiologiche di circa il 20%. Il 2021 ha mostrato una sensibile ripresa delle visite cardiologiche, rispetto al 2020, ma si rimane al di sotto delle performance del 2019. Secondo la SIPREC adesso vi sono tre priorità. “Anzitutto – evidenzia il Prof. Volpe – si deve attribuire maggiore importanza a sovrappeso e obesità nella determinazione delle malattie cardiovascolari, fattori di rischio finora sottovalutati, tanto che la SIPREC presenterà proprio un Documento su tale tema in occasione della Giornata per la Prevenzione Cardiovascolare.

LE PRIORITÀ PER LA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE 1. Controllare i fattori di rischio cardiovasco- 3. Vaccinarsi. La vaccinazione contro l’inlare, ben noti, ma ancora spesso trascurati: fluenza protegge anche dagli eventi cara. Età, sesso diovascolari acuti, come infarto del b.Sovrappeso e obesità miocardio e ictus. Se il vaccino antinfluenc. Ipertensione arteriosa zale è ufficialmente raccomandato in Italia, d.Fumo di sigaretta il motivo è anche questo. Inoltre, le più ime. Sedentarietà portanti Società cardiologiche raccomanf. Alimentazione ipercalorica dano di fronteggiare l’influenza anche con g.Diabete, ipercolesterolemia il vaccino, considerate le gravi complicanze cardiovascolari che questa comporta e, 2. Aderire alle indicazioni del medico, sullo all’opposto, la capacità protettiva nei loro stile di vita sano da adottare e sulle evenconfronti, sostenuta, appunto, dalla vaccituali terapie. Seguire le prescrizioni nazione antinfluenzale. mediche non è un fatto banale.

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Un secondo elemento è l’aderenza, non solo alle terapie, ma anche allo stile di vita. Le persone vanno convinte al mantenimento di un’alimentazione corretta e varia: non fumare, fare attività fisica, per evitare gravi danni. Il terzo punto riguarda le vaccinazioni, finora mai viste come forma di prevenzione cardiovascolare. Sia quella antinfluenzale che quella contro il COVID-19 si sono rivelate importanti per ridurre l’impatto su affezioni del cuore e dei vasi, a carattere trombotico, tromboembolico o infiammatorio. Nelle future strategie dalla pandemia dovremo fare tesoro dell’insegnamento sull’importanza della telemedicina, che permette di controllare a distanza alcuni parametri come la pressione arteriosa o i principali indicatori negli esami di laboratorio, che condizionano le malattie cardiovascolari, come la glicemia nel diabete o l’ipercolesterolemia e l’ipertrigliceridemia nelle malattie a carattere aterosclerotico, o ancora gli stili di vita del paziente, che possono essere influenzati”.

TELEMEDICINA: LA TECNOLOGIA IN AIUTO DI MEDICI E PAZIENTI Di cosa si tratta: È una modalitaà di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite tecnologie innovative (Information and Communication Technologies, ICT), in situazioni in cui il medico e il paziente non risiedono nella stessa località, o si trovano in situazioni di forza maggiore, che impediscono la visita in presenza, tradizionale. Non fanno parte della Telemedicina: portali di informazioni sanitarie, social network, forum, posta elettronica, o altro. Cosa realizza: 1. Prevenzione secondaria: servizi dedicati a persone già classificate a rischio o già affette da patologie (diabete o patologie cardiovascolari) che, pur conducendo una vita normale, devono sottoporsi a costante monitoraggio di alcuni parametri vitali, come la glicemia nel paziente diabetico, per ridurre il rischio di complicanze. 2. Diagnosi: Muovere, anziché il paziente, le informazioni sulla sua condizione clinica, con la possibilità di usufruire, ad esempio, di esami diagnostici refertati dallo specialista, presso l’ambulatorio del Medico di Medicina Generale e del Pediatra di Libera Scelta, la farmacia, il domicilio del paziente stesso. 3. Cura: Scelta terapeutica, valutazione dell’andamento clinico, aggiornamento della prognosi di pazienti per cui la diagnosi è ormai chiara. 4. Riabilitazione: Erogazione di servizi a pazienti con prescrizione di interventi riabilitativi (pazienti fragili, bambini, disabili, cronici, anziani). 5. Monitoraggio: Gestione, nel tempo, dei parametri vitali, scambio dei dati tra il paziente collegato (a casa, in farmacia, in strutture assistenziali dedicate...) e una postazione di monitoraggio per la loro interpretazione. Modalità temporale con cui la prestazione è erogata

In tempo reale

In differita

Mista

Durata temporale della prestazione

Continuativa

Occasionale

Periodica

Rischio clinico

Emergenza / Urgenza

Controllo -> Acuto

Cronico

Le telecomunicazioni svolgono una funzione fondamentale per la trasmissione dei dati e la comunicazione tra il paziente e il Centro erogatore dei servizi: costoro si connettono e accedono alla rete di Telemedicina attraverso un’interfaccia, rappresentata da: - Apparati biomedicali, sistemi hardware e software per acquisire ed elaborare immagini, dati relativi al paziente, anche attraverso dispositivi mobili (smartphone, tablet); - Applicazioni web, accessibili anche attraverso smartphone e tablet per la trasmissione bidirezionale delle informazioni sanitarie; - Portali dedicati e riservati allo scopo. https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2129_allegato.pdf

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RICERCA E INNOVAZIONE Francesca Boccafoschi

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ome riportato nei documenti dell’Istituto Superiore della Sanità, negli ultimi 50 anni l’invecchiamento della popolazione italiana è stato uno dei più rapidi tra i Paesi maggiormente sviluppati e si stima che nel 2050 la quota di ultra65enni ammonterà al 35,9% della popolazione totale, con un’attesa di vita media pari a 82,5 anni (79,5 per gli uomini e 85,6 per le donne). Questo è certamente uno dei motivi che ha fatto sì che l’interesse verso l’ingegneria tissutale, i biomateriali e la medicina rigenerativa crescesse in maniera esponenziale. Infatti, come tutte le “macchine”, anche e soprattutto quelle più sofisticate, anche il nostro corpo va incontro ad “usura”, ovvero a processi di invecchiamento, che inevitabilmente modificano le caratteristiche morfo-funzionali dei nostri tessuti ed organi. La necessità di poter riparare la funzionalità di un tessuto o un organo danneggiato è alla base del processo di mantenimento della qualità di vita nei soggetti la cui aspettativa di vita va allungandosi. I biomateriali sono componenti chiave nell’ingegneria dei tessuti e nelle applicazioni di medicina rigenerativa, allo scopo di ridurre la gravità della malattia e migliorare la qualità della vita di un gran numero di pazienti. Il successo di molte strategie di medicina rigenerativa, come terapie cellulari, organi artificiali e ingegneria tissutale, è fortemente dipendente dalla capacità di progettare o produrre biomateriali idonei, che possano supportare e guidare le cellule durante la guarigione dei tessuti e i processi di rimodellamento. La ricerca di biomateriali con caratteristiche biomeccaniche idonee al recupero funzionale di una parte corporea danneggiata, in realtà, affonda le sue origini già ai tempi di antiche popolazioni, quali i Greci o i Maya e ne sono testimonianza reperti archeologici di antiche protesi dentali e ortopediche giunte fino ai giorni nostri, a consolidare la necessità che da sempre l’uomo ha dovuto affrontare, nel momento in cui una parte del corpo fosse stata danneggiata, facendo sì che lo stesso perdesse significativamente le sua funzionalità.

Professore Associato, Laboratorio di Anatomia Umana, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale. Presidente Associazione UPO Alumni

Ingegneria tissutale e Medicina Rigenerativa LA POPOLAZIONE INVECCHIA E LA SCIENZA SI ADEGUA

Un dito protesico ritrovato nei reperti dall'antico Egitto. L'alluce è scolpito nel legno ed è attaccato al piede da un involucro di cuoio cucito. Le conoscenze anatomiche e fisiologiche hanno chiaramente permesso di sviluppare soluzioni sempre più performanti. Le conoscenze nell’ambito delle scienze umane, tuttavia, avrebbero avuto solo un parziale successo nell’ambito rigenerativo se di pari passo le scienze dei materiali ad uso biomedicale non fossero avanzate a tal punto da permettere di progettare e costruire materiali che dimostrano non solo eccezionali proprietà in termini di biocompatibilità, ma anche, sfruttando le conoscenze nell’ambito dei materiali, per poterne modificare la microstruttura, adattandola anche alla possibilità di arricchire i materiali stessi con molecole (per es. antibiotici, fattori di crescita, peptidi…) utili a guidare la rigenerazione funzionale del tessuto, o dell’organo danneggiato. Va da sé che, se in un primo tempo ci si po-

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teva accontentare di utilizzare materiali pressoché inerti, ovvero che non inducessero reazioni avverse quando a contatto con i fluidi e tessuti biologici, quello che si richiede attualmente ad un biomateriale è un ruolo attivo, non solo in termini di integrazione in sede di impianto, ma anche di capacità di guidare la rigenerazione tissutale, sfruttando le reazioni fisiologiche legate alla risposta rigenerativa, che è successiva all’inevitabile risposta infiammatoria in sede di impianto. Nell’ambito dei biomateriali, si possono distinguere tre categorie principali: metallici, ceramici e polimerici. I materiali polimerici sono senza dubbio i materiali che offrono la maggior possibilità di modificazione, ovvero, oltre alla possibilità di creare co-polimeri utilizzando i singoli polimeri in combinazione tra loro, gli stessi polimeri intrinsecamente possiedono una grande plasticità che permette di modificare la struttura del polimero o del co-polimero in base alla tecnica utilizzata per la produzione della matrice, ottenendo strutture lineari, ramificate o fibre. La base chimica e la microstruttura conferiscono proprietà meccaniche modulabili in base alle necessità.

POLIMERI – PROPRIETÀ GENERALI • Macromolecole di elevato peso molecolare • Formati da catene di molecole di dimensioni inferiori (chiamate mono-

meri), che ne rappresentano le unità strutturali

• Possono combinarsi con altri polimeri (co-polimeri) • Possiedono una grande plasticità

Queste straordinarie capacità dei polimeri sono già sfruttate anche in natura. Esistono infatti numerosi polimeri naturali quali i polisaccaridi (quali gli amidi o la cellulosa), o le proteine (quali la seta o la lana). Esistono poi numerosi tipi di polimeri di origine sintetica ottenuti artificialmente attraverso, per l’appunto, processi di sintesi chimica. È dunque facile intuire come l’ambito dei biomateriali sia un settore della ricerca in continua evoluzione, anche grazie alla realizzazione di strumenti sofisticati e incredibilmente precisi, utili non solo alla realizzazione di biomateriali sempre più performanti nell’ambito rigenerativo, ma anche utili nella caratterizzazione dei biomateriali innovativi di nuova sintesi.

Aree di impiego di oggi e del prossimo futuro, della Medicina rigenerativa, un settore di ricerca molto articolato, finalizzato in ogni suo orientamento a migliorare la salute e la qualità della vita delle persone.

MEDICINA RIGENERATIVA INGEGNERIA DEI TESSUTI Ambiti applicativi (esempi): • Ortopedico • Dentale • Rigenerazione della pelle • Cardiovascolare • ...

TERAPIA GENICA E CELLULARE Ambiti applicativi (esempi): • Tumori ematologici • Malattie metaboliche • ...

DISPOSITIVI MEDICI E ORGANI ARTIFICIALI Ambiti applicativi (esempi): • Protesi ortopediche • Protesi dentarie • Oculistica • Protesi cardiovascolari • Protesi acustiche • Dispositivi biomedicali in genere • ...

Letture consigliate “La Donna Bionica” serie televisiva degli anni ’70. https://www.youtube.com/watch?v=OdVC1peKjp4

L'Uomo da Sei Milioni di Dollari, 1974 https://www.youtube.com/watch?v=9YIcZB0fkiM

Alla luce delle attuali conoscenze, quanto raccontato negli anni ’70 da due famosi telefilm sulle avventure dell’uomo e della donna bionica, sembra oggi quasi logico ed estremamente intuitivo. Ma se rapportato a quel periodo storico, quando lo studio dei biomateriali muoveva i suoi primi passi, di certo non si può che stupirsi di quanta strada abbia fatto la scienza in poche decine di anni, rendendo ordinario ciò che sembrava straordinario. 2022;5,1.

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• Rahmati M, et al. Biomaterials for Regenerative Medicine: Historical Perspectives and Current Trends. Adv. Exp. Med. Biol. 2018; 1119:1-19. • Hildebrand, Hartmut F. "Biomaterials – a history of 7000 years" BioNanoMaterials. 2013; 14(3-4)119-133. • Ranganathan B, et al. Biocompatible Synthetic and Semi-synthetic Polymers - A Patent Analysis. Pharm. Nanotechnol. 2018; 6(1):28-37. • Binyamin G, et al. Biomaterials: a primer for surgeons. Semin. Pediatr. Surg. 2006; 15(4):276-83.


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Consigli DoC I

nvitiamo sempre i nostri lettori a scriverci, per nuovi quesiti, approfondimenti, informazioni, suggerimenti: info@salutepertutti.it

Chi è Carlo Alfaro

Nato a Sant’Agnello (Napoli), vive a Sorrento. Pediatra, ricopre l’incarico di Dirigente Medico di Pediatria presso l'Ospedale De Luca Rossano di Vico Equense. È consigliere nazionale della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza. Appassionato di divulgaz ione scientifica e culturale, dal 2015 è giornalista pubblicista.

DIAGNOSI DI ALLERGIA ALIMENTARE

VERTIGINE PAROSSISTICA BENIGNA

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Ho un bimbo di due anni e mezzo che a volte mi fa davvero spaventare: mentre sta benissimo, magari giocando e divertendosi al parco o sulla spiaggia, è come se perdesse all’improvviso l’equilibrio, si aggrappa a me spaventato, chiude gli occhi ma non sviene, poi dopo pochi minuti torna come se niente fosse successo. Il mio pediatra parla di Vertigine Parossistica Benigna ma io non sono serena e vorrei approfondire meglio.

Mia figlia di due anni soffre di diarrea intermittente e prurito ricorrente per la pelle secca, ma la crescita è sempre stata buona per cui la pediatra non mi ha mai consigliato di escludere qualche alimento dalla dieta. Anche perché la diarrea spesso l’abbiamo attribuita a virus, però a volte viene all’improvviso, è molto violenta e poi passa dopo più o meno dieci giorni. Anche la dermatite poteva sembrare una questione di pelle delicata (è molto chiara) ma con le creme idratanti non risolvo. Ora la pediatra vorrebbe farmi iniziare un percorso per diagnosticare un’allergia alimentare, ma mi ha anticipato che i test sono tanti e orientarsi è difficile.

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Sì i sintomi sono proprio quelli tipici della Vertigine Parossistica Benigna. Si tratta di un disturbo caratterizzato da attacchi ricorrenti, brevi (alcuni minuti o al massimo poche ore) e improvvisi (senza alcun sintomo premonitore) di vertigini, talvolta anche così intense da impedire la stazione eretta per cui il bambino può cadere o aggrapparsi all’adulto per essere preso in braccio. Spesso il bambino diventa pallido, sudato, ha paura, può vomitare. Gli episodi sono a risoluzione spontanea. La condizione non si associa ad altri problemi di salute del bambino. Interessa in genere bambini dai 18 mesi all’età prescolare, ma può verificarsi anche successivamente. Con la crescita gli attacchi si riducono in frequenza fino a scomparire. Nel 40% dei casi è presente familiarità per emicrania e 1 bambino su 5 circa sviluppa una forma di emicrania, tanto che il fenomeno è considerato un “equivalente emicranico”. Non esiste una cura, non è mai grave e non servono esami se dalla visita non emergono sospetti per altre patologie.

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Sono d’accordo, la diagnosi di allergia alimentare è molto complessa. Per identificare gli allergeni alimentari responsabili di manifestazioni cutanee come la dermatite atopica il test allergologico più usato è lo Skin Prick Test, un test cutaneo in cui una goccia di estratto allergenico viene deposta sulla cute dell’avambraccio e punta con una lancetta che fa entrare a contatto la sostanza con i mastociti cutanei. Si deve tener presente che un test positivo indica sensibilizzazione e non allergia: si stima che meno del 25% dei positivi sia confermato dal challenge con l’alimento. Viceversa, se il test è negativo è altamente probabile (>95%) che il paziente non sia allergico. Il dosaggio delle IgE sieriche specifiche (RAST) può integrare i Prick test o sostituirlo in caso di eczema severo, dermatografismo, difficoltà a interrompere l’antistaminico. Un altro esame usato per la diagnostica delle allergie alimentari con manifestazione cutanea è l’Atopy Patch Test (APT), in cui gli estratti antigenici sono apposti tramite cerotti sulla cute del dorso per 48 - 72 ore. In caso invece di manifestazioni allergiche gastro-intestinali, può essere di aiuto il dosaggio della Proteina cationica eosinofila (ECP) nelle feci, rilasciata dagli eosinofili (cellule dell’allergia) dell’intestino in seguito alla reazione allergica. Il test più sicuro per la diagnosi di allergia alimentare resta comunque il Test di provocazione orale (Tpo), in cui l’alimento sospettato viene somministrato sotto controllo medico a dosi crescenti.

sivi, farmaci per il sistema nervoso o per il cuore, ormoni, anti-diabetici). Molta attenzione anche a cosmetici (shampoo, lozioni, trucco, smalto per unghie, acqua di colonia), prodotti industriali (colla, vernici, solventi), sigarette, prodotti per la casa (detersivi, candeggina, ammoniaca, acido muriatico, sgorgatori, trielina, smacchiatori), antiparassitari (insetticidi, antitarme, antimuffa, canfora), prodotti per il giardino (diserbanti, concimi). Importante non spostare mai le sostanze fuori dai contenitori originali. Evitare anche l’esposizione a piante velenose: azalea, oleandro, ciclamino, edera, vischio, agrifoglio, ginestra, ortensia, alloro.

FARINGOTONSILLITE Il mio bambino di cinque anni soffre spesso di pus alla gola. È pericoloso dargli tutti questi antibiotici?

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La faringotonsillite rappresenta l’infezione acuta più frequente in età pediatrica. L’antibiotico va dato solo nei casi sostenuti da Streptococco beta emolitico Gruppo A (SBEGA), che può causare complicanze suppurative (ascesso retrofaringeo, ascesso peri-tonsillare, sinusiti, otiti) o autoimmunitarie (malattia reumatica, glomerulonefrite, corea, PANDAS). Virus e altri batteri non danno complicanze e non richiedono trattamento antibiotico. Purtroppo, non esistono parametri clinici che permettano di differenziare le forme da SBEGA dalle altre. Criteri che orientano per una forma da SBEGA sono: età maggiore di tre anni, periodo tardo inverno-primavera, febbre alta, cefalea, nausea e vomito, dolori addominali, essudato tonsillare, linfoadenopatia latero-cervicale, esantema scarlattiniforme, assenza di rinite, tosse, congiuntivite. L’unico test di valore certo per la diagnosi è il Tampone faringeo. Il TAS (Titolo antistreptolisinico) non serve per la diagnosi. Un ritardo nell’inizio della terapia antibiotica fino a 9 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi non comporta alcun rischio.

RISCHIO DI AVVELENAMENTO PER I BAMBINI

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Ho tre bambini di tre anni, un anno e mezzo e tre mesi e il mio incubo è l’avvelenamento perché ho letto che la maggior parte dei casi che arrivano al pronto soccorso avvengono in casa e che anche sostanze che consideriamo tranquille possono creare danno ai piccoli. Peraltro il secondogenito è geloso dell’ultima arrivata e le mette qualunque in bocca per farmi dispetto. Mi può elencare quali sono le sostanze da temere?

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Sì ha ragione, si stima che il 90% degli avvelenamenti dei bambini avviene nelle mura domestiche, di cui il 70 % in cucina, il 20 % in bagno, il 10 % in camera dei genitori. Tutti i farmaci vanno tenuti ben chiusi e lontano dalla portata dei bambini, anche quelli di uso più comune quali paracetamolo, acido acetil-salicilico, antistaminici, anti-infiammatori, fluoro, ferro, oltre ai farmaci che usano gli adulti (es. anti-iperten-

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https://myredcarpet.eu/2021/12/the-ferragnez-cinque-motivi-per-vedere-serie-su-prime-video/

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Ruben Cazzola Social Media Manager, Edizioni Scripta Manent

Ho recuperato la serie TV del momento sulla famiglia più famosa d’Italia prodotta da Banijay Italia per Amazon Prime Video. In 8 episodi, “The Ferragnez” esplora ulteriormente le già pubblicissime vite di Fedez e Chiara Ferragni, ma lo fa inserendo componenti che provano a “normalizzare” la coppia più famosa del Paese, a cominciare dalla figura dello psicoterapeuta che nelle varie puntate ospita Fedez e Chiara nel suo studio per fargli fare terapia di coppia con tanto di assegnazione di esercizi da fare a casa, per provare a raddrizzare tratti di incompatibilità caratteriale dei due. Le situazioni che la serie mostra sono tutte studiate a tavolino: il momento del “gender reveal” del loro secondogenito, la simulazione dei dolori del parto a cui si sottopone Fedez con un amico per solidarietà con le rispettive compagne in dolce attesa, la preparazione del rapper al Festival di Sanremo, il confronto tra le due famiglie, il momento in cui Fedez si sottopone a ore di trucco per trasformarsi in Babbo Natale e fare una sorpresa al figlio Leone (salvo poi essere scoperto appena entrato in casa), tutto studiato per esser rappresentato nel modo in cui noi spettatori lo vediamo. Tutto questo, però, grazie all’innata capacità di Fedez e Chiara di stare davanti alla telecamera, diventa autentico, realistico e normale. Tra i momenti più interessanti di The Ferragnez ci sono sicuramente quelli in cui vengono fuori lati dei caratteri opposti di Fedez e Chiara: lui a tratti introverso, ansioso e umorale (lo vediamo bene nel momento drammatico in cui ha rischiato di essere escluso da Sanremo per aver condiviso qualche secondo della sua canzone inedita prima del Festival), dice di non amare l’avere sempre gente attorno che siano collaboratori di Chiara o la sua famiglia (e nella serie si vede praticamente sempre un sacco di gente attorno a loro, anche a casa nel privato). Chiara invece è molto più solare, si circonda sempre di persone, sia per il suo lavoro che per questioni affettive (racconta nel dettaglio il bel rapporto che ha con le sorelle) e questi due caratteri opposti finiscono inevitabilmente e come è normale che sia, per scontrarsi. Nel corso della serie è mostrata benissimo la differenza di attitudine verso alcune cose dei due: lo si vede bene quando Chiara accompagna Fedez in studio per registrare la sigla della serie (altra cosa studiata a tavolino in maniera eccezionale che non può far altro che rimanerti in testa). Vediamo bene come Chiara sia abbastanza a disagio e chieda al marito “Cosa devo dire? Come lo devo fare? Ma io non sono capace” salvo poi riuscire nell’impresa e contribuire alla creazione dei 28 secondi di intro.

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Fedez, al contrario, è a disagio nel mondo della moda in cui Chiara invece naviga tranquillamente e la cosa che lo entusiasma di più quando accompagna la moglie e il piccolo Leone a casa di Donatella Versace per realizzare il vestito che indosserà a Sanremo e di cui anche il piccolo Leone avrà una copia su misura “per essere come il suo papà” (ennesima cosa meravigliosa), è la tazza da viaggio interamente decorata con cristalli che utilizza Donatella. Ho letto diverse critiche a questo prodotto ritenuto, a mio modo di vedere ingiustamente, troppo costruito, poco autentico e caratterizzato da troppa ostentazione. Non è una colpa se i Ferragnez sono ricchi, si circondano di persone con lo stesso status e possono permettersi certi lussi. Il bello di questa serie è proprio questo: entra ancora di più nella vita della coppia più social d’Italia e stimola continuamente la curiosità dello spettatore, che è portato a voler saperne ancora di più della loro vita “normale”. La serie è molto ben fatta e il risultato finale è un prodotto molto godibile al punto che, una volta finita, il primo pensiero è stato: E adesso? Come prosegue? Cosa succederà? Come crescerà Leo? E la neonata Vittoria? Il percorso di coppia dallo psicoterapeuta proseguirà? Per rispondere a queste domande servirebbe una seconda stagione. Speriamo la producano.

Fonti • https://www.nssmag.com/it/pills/28400/the-ferragnez-serie • https://www.google.com/search?client=safari&rls=en&q=the+ferragnez+post& ie=UTF-8&oe=UTF-8 • https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/09/the-ferragnez-la-recensione-eccoperche-non-si-finisce-mai-di-scoprire-la-vita-di-chiara-ferragni-e-fedez/6420313/

https://myredcarpet.eu/2021/12/the-ferragnez-cinque-motivi-per-vedere-serie-su-prime-video/

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https://www.vanityfair.it/article/the-ferragnez-la-serie-chiara-ferragni-e-fedez-prime-puntate

• https://www.vanityfair.it/article/the-ferragnez-la-serie-chiara-ferragni-e-fedezprime-puntate



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seguici anche qui!! www.salutepertutti.it Il podcast della rIvIsta Ogni settimana parliamo di salute, su come trovare piccoli accorgimenti quotidiani per mantenere il nostro bene più prezioso. La salute non è solo assenza di malattia, ma anche percezione di benessere, sentirsi bene ed occuparsi di cose utili e belle. Le voci di Salutepertutti.it sono di Alessia Bisini e Ruben Cazzola.


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VETERINARIA Giacomo Biagi Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie, Università degli Studi di Bologna. Past President della Società Italiana di Alimentazione e Nutrizione Animale (SIANA)

Cucinare per il nostro cane e gatto. Si può fare.

Premessa Nonostante l’indubbia comodità di alimenti preparati in modo industriale e l’offerta molto ampia che tiene anche conto di esigenze specifiche a seconda delle condizioni di salute del nostro gatto e del nostro cane, talvolta, per motivi diversi, le famiglie preferiscono orientarsi verso una dieta casalinga. Parliamo del cane e del gatto, al momento gli animali da compagnia più frequentemente presenti nelle case degli Italiani. Cosa suggerire, in funzione dell’età e dell’attività fisica sostenuta? In quanti pasti suddividere la razione giornaliera?

Quali sono, per un gatto sano che vive in un appartamento, gli alimenti cucinati a casa che non devono mancare ad ogni pasto? in quali dosi singole / porzioni? Il numero di proprietari di animali che decide di ricorrere all'alimentazione casalinga, in questi ultimi anni, è senza dubbio aumentato e questo riguarda soprattutto i proprietari di cani, molto meno quelli di gatti. Il motivo è anche legato al fatto che il cane accetta sempre molto volentieri il cibo casalingo, ma la cosa non è altrettanto vera per il gatto, che tendenzialmente preferisce gli alimenti industriali a quelli preparati in casa. Va ricordato, innanzitutto, che la tipologia di dieta che si intende allestire deve essere formulata da una persona esperta, un nutrizionista e varierà in funzione dell'età dell'animale, distin-

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LE ETÀ DEL CANE E DEL GATTO

di prepararne almeno tre per il cucciolo ed almeno due per l'animale adulto. Nel caso del gatto, il discorso è un po’ più complicato: il gatto tendenzialmente consuma tanti piccoli pasti al giorno e questo avviene soprattutto se viene alimentato con croccantini lasciati a disposizione. È chiaro che se si propone al gatto del cibo casalingo non è possibile fornirglielo 20 volte al giorno, per cui anche al micio si somministrano due o tre pasti al giorno.

L’aspettativa di vita è legata a molti fattori (razza, alimentazione, clima e ambiente di vita) CANE Cucciolo: fino a 4-8 mesi Adolescente: fino a 12-18 mesi Giovane adulto: 1-2 anni Adulto: oltre 2 anni Anziano: da 11 anni in poi (taglia piccola) da 8 anni in poi (taglia grande)

GATTO Cucciolo: fino a 3 mesi Adolescente: fino a 1 anno Adulto: oltre 1 anno Anziano: da 12 anni in poi

guendo fra animali in accrescimento, animali adulti ed eventualmente animali anziani. Valutando le fasi della vita, l'accrescimento nel gatto e nel cane di taglia piccola o medio-piccola, termina intorno ai 10-12 mesi, mentre si protrae anche fino a 18 mesi nel cane di taglia grande e si prolunga ancora di più nel caso di cani di taglia gigante. Ovviamente, le quantità di cibo tengono conto del peso dell'animale e del momento di vita, pertanto, a parità di peso, le dosi di cibo saranno più alte per gli animali in accrescimento. Va però ricordato che il rapporto fra quantità di cibo e peso corporeo non è lineare perché, in proporzione, l'animale più piccolo mangia di più, rispetto all'animale più grande ed è per questo molto importante che anche le dosi siano definite con una certa precisione da un esperto di nutrizione. Per quanto concerne il numero di pasti al giorno, nel caso del cane si consiglia

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Per un cane sano che, se vive in un appartamento con noi, supponiamo il caso più frequente, sia di media taglia e conduca una vita moderatamente attiva, quali ingredienti ed in che quantità per singolo pasto?

Per quanto riguarda la composizione di una dieta equilibrata, gli alimenti che sicuramente non devono mancare nel cane e nel gatto sono le fonti proteiche, idealmente carne e pesce come prima scelta (soprattutto nel gatto) e anche il formaggio. Le uova sono adatte in particolar modo nel cane, mentre occorre ricordare che il gatto necessita di un amminoacido specifico, la taurina, presente solo nella carne e nel pesce, ma in realtà anche negli integratori che usiamo per com-


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pletare le diete casalinghe con minerali e vitamine, che altrimenti potrebbero facilmente mancare. Oltre alle fonti proteiche e all'integrazione con minerali e vitamine, chiaramente dovranno essere presenti nell’alimentazione dei grassi, che possono essere grassi animali, oppure oli vegetali. Per quanto riguarda il gatto, anche in questo caso è meglio la fonte animale, mentre il cane si adatta bene anche all'uso di fonti vegetali. Nella dieta del cane è inoltre tipicamente presente una fonte di amido, cosa che invece è meno frequente nel gatto. Una fonte di fibra (verdure, per esempio) in entrambe le specie animali

è necessaria, perché aiuta la funzionalità intestinale. I rapporti fra i diversi ingredienti, così come le quantità, dipendono dall'animale e anche dal tipo di dieta che si intende formulare, pertanto è difficile suggerire quantità e porzioni, per le tante variabili che entrano in gioco.

Quali modalità di cottura preferire? Quello della cottura è un quesito che molto spesso i proprietari sollevano, soprattutto riguardo alla carne e al pesce. È noto che se la dieta prevede riso o pasta come fonte di amido, questi ingredienti devono essere ben cotti. Per quanto riguarda invece le diverse carni e il pesce, è necessario qualche distinguo. Alcune carni vanno cotte a tutto spessore. Quella suina, in particolare, potrebbe contenere un virus molto pericoloso sia per i cani, sia per i gatti. Altre carni, soprattutto il pollo, il tacchino e anche il manzo, vanno almeno scottate in superficie. All’interno potrebbero essere lasciate al sangue, perché se sono presenti batteri patogeni, come accade abbastanza frequentemente nella carne di pollo, questi si trovano in superficie. Nel caso dei macinati, la cottura deve essere a tutto spessore perché se sono presenti batteri, si distribuiscono in tutta la carne. Alcuni proprietari in realtà forniscono al proprio animale la carne cruda che va scelta in base alla sua sicurezza. Alcune carni (manzo, agnello e coniglio) sono certamente più sicure di altre. Pollo e tacchino sono un po' più delicate dal punto di vista igienico-sanitario. Anche il pesce può essere rischioso, se si pensa soprattutto al parassita anisakis che, come è noto a tutti, viene ucciso dal congelamento. In genere, tuttavia, il

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pesce è comunque fornito dopo essere stato cotto.

Molte persone, per motivi diversi, sono portate a ritenere alcuni alimenti particolarmente “difficili” da somministrare ai propri quadrupedi, anche se sono in buona salute. Tra questi, per esempio, l’olio di semi, l’uovo, il pesce, il formaggio… che vengono ritenuti un rischio per lo scatenamento di allergie. Quanto sono solide queste convinzioni? Questi cibi possono far parte di una dieta equilibrata da preparare a casa, per un animale sano? Per quanto riguarda il timore che alcuni ingredienti possano scatenare allergie, molto spesso si tratta di paure ingiustificate. È vero che cani e gatti possono soffrire di allergie nei confronti di certi ingredienti, ma è piuttosto raro e comunque non c’è evidenza del fatto che alcuni alimenti siano più allergizzanti di altri. Pertanto, l'uovo, il pesce, il formaggio, il glutine del frumento, che sono più spesso causa di problematiche nell'uomo, in base alle conoscenze attuali, nei nostri animali non sono più allergizzanti di altre proteine.

Tra maschio e femmina, esistono esigenze nutrizionali diverse? Non esistono differenze e motivi per differenziare la dieta fra maschi e femmine, a meno che ovviamente le femmine siano in gravidanza o, a maggior ragione, non stiano allattando dei cuccioli.

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ANIMALI DOMESTICI E COME TRATTARLI Carlo Pirola

Cani che non amano troppo

Educatore cinofilo, istruttore comportamentalista.

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l concetto di amore che vivono i nostri cani è molto diverso da quello che abbiamo noi nei loro confronti.

Di questo “amore tra noi” si parla e scrive da tempo, ma resta ancora un tema troppo poco indagato. Considerata la sua attualità, può essere utile conoscerne le dinamiche. Nel 2016 uscì un articolo di Oscar Grazioli, intitolato “Se gli umani amano troppo i loro amici a quattro zampe”. Era la recensione di uno studio di Stanley Coren, famoso divulgatore cinofilo, che testimoniava quanto i cani non siano quasi mai tranquilli quando ci lanciamo a fionda ad abbracciarli. Girano la testa, sbadigliano, spalancano gli occhi.

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Il tutto è basato su una ricerca per immagini fatta da Coren sul web. Sì, in effetti basta andare in rete e digitare “cane bambino” (giusto per fare un esempio importante) e passare le numerose immagini che dovrebbero testimoniare la tenerezza e l’amore che vorremmo esistesse tra i bambini e i cani. È vero, quasi sempre il cane di turno si mostra infastidito, per non dire a disagio. Non c’è bisogno di essere dei geni per cogliere queste espressioni di insofferenza. Ma se ne vogliamo avere certezza, basta andare a leggere un bel libro: “L’intesa con il cane: I segnali calmanti”. Scopriremmo allora che, pensa un po’, i cani comunicano e, in barba ai fotografi professionisti o dilettanti, ci mandano segnali estremamente chiari che possiamo cogliere con facilità. Giusto per capirci, lo fanno anche i gatti, i topi, ma anche le balene… Potremmo poi chiederci se sia amore quello che ci spinge a soffocare grossolanamente degli animali. Quando era piccolo, un mio nipote si lanciò ad abbracciare un grande cane gridando felice “un orso polare!”. Era un maremmano, grazie a dio bonario… Gli fu spiegata una serie di principi generali e non lo fece più. Quando invece è un adulto a prendersi tali licenze, la cosa cambia. E se pensiamo a quante persone esagerano nelle effusioni con cani sconosciuti, viene da dire che: • Il cane si dimostra un animale quasi sempre assai paziente • Esiste il dio dei pazzi • A questo mondo c’è molto bisogno di amore Già, l’amore. Perché il problema sta forse in questo fraintendimento. Sta nel ritenere che a tutti i cani risultino piacevoli le nostre espressioni amorose più estreme, a prescindere da tutto. Coren ci fa notare che forse è quasi il contrario… con qualche eccezione di individui disposti a qualsiasi manipolazione in qualsiasi momento. Eccezioni, ripeto… Coren medesimo, già nel 2009, era uscito con il bel saggio “Capire il linguaggio dei cani”, uno dei più bei tentativi di ricordare alla vasta platea che se il cane scodinzola non è sempre contento, se sbadiglia non ha sempre sonno, se ringhia non è necessariamente “cattivo”. Sta soltanto parlando. E spesso sta chiedendo con discrezione di rispettare la sua natura animale. Cambieranno mai le cose? Mah, non ci spero tanto… Dovrebbe mutare, prima di tutto, il modo con cui i media umanizzano con pressappochismo gli animali, e i cani in primis, creando leggende e immaginazioni risibili. Però, almeno noi, non dispregiamo i nostri cani, perché non cantano in coro a Natale, o perché non mettono la zampa sulla spalla dei bambini. Sono loro, quelli normali. Per i cowboy resta poco da fare. CORRISPONDENZA

Letture consigliate

Carlo Pirola

• https://www.ilgiornale.it/news/politica/se-umani-amano-troppoi-loro-amici-quattro-zampe-1255178.html

Servizi cinofili

Casa Scuropasso Cell. 3393707552 - 3349115060

• Turid Rugaas. L’intesa con il cane: I segnali calmanti, Haqihana, 2015.

e-mail. arlopiro@gmail.com

• Stenley Coren. Capire il linguaggio dei cani, Franco Muzzio Editore, 2009.

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SOCIETÀ Intervista di Pietro Cazzola a Ludovica Vanni Presidente For a Smile Onlus

Basta una zampa: l'integrazione a scuola si fa con la Dog Therapy A SCUOLA CON GLI AMICI A QUATTRO ZAMPE PER FACILITARE INCLUSIONE E INTEGRAZIONE IN UN MOMENTO IN CUI LA SCUOLA È PIÙ CHE MAI PRECARIA E INCERTA

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istanziamento, mascherine, isolamento e didattica a distanza: è questa la scuola che i nostri bambini vivono da più di due anni. Hanno vissuto lunghi mesi di isolamento a casa, privati della socialità, della loro routine e delle attività fisiche. Sono tanti e ormai riconosciuti i danni psico-sociali ereditati dal lockdown e dalle continue quarantene a cui i bambini sono costretti. Oggi la scuola a fatica sta cercando di abbracciare, almeno virtualmente, le insicurezze e le paure che questi bambini si portano 2022;5,1.

dietro. L'associazione For a Smile Onlus di Torino ha deciso di portare a scuola gli amici a quattro zampe per facilitare inclusione e integrazione. “La Onlus da 4 anni è attiva nei principali ospedali pediatrici nazionali con il progetto Basta una Zampa – Dog Therapy IAA”, spiega Ludovica Vanni, Presidente della Onlus. “Nel 2020 il progetto è entrato anche negli istituti scolastici per rendere accessibile la scuola anche ai più fragili”. L'iniziativa, che coinvolge le scuole d'in-

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fanzia, primarie e secondarie, è già partita durante lo scorso anno scolastico in alcune scuole di Piemonte, Lombardia e Sardegna e oggi riprende accogliendo le domande delle tante scuole che hanno richiesto l'intervento dei cagnolini. Si riparte dal Piemonte e dalla Sardegna ed è già grande l'entusiasmo per un progetto che rende la scuola ancora più accogliente e accessibile. “Un esperimento innovativo, particolarmente utile in questo clima confuso e ansioso nel quale viviamo tutti, grandi e piccoli. Nelle scuole la situazione è


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critica; molti bambini, specie nei contesti più fragili, hanno problemi di reinserimento e fanno fatica nel rapporto con i compagni e le maestre. In questo modo, aiutiamo a rasserenare gli animi, oltre a offrire momenti di svago e di sfogo emotivo, e a permettere un po’ di movimento”. I percorsi ludici sono costruiti in base alle esigenze del gruppo e definiti dagli operatori professionisti insieme alle insegnanti, allo psicologo della scuola e alle famiglie. Gli incontri sono condotti da operatori certificati I.A.A. (Interventi Assistiti con Animali - Dog Therapy), accompagnati dai loro simpatici amici a quattro zampe educati per le attività coi bambini. “Gli amici a quattro zampe”, continua Ludovica Vanni, “coniugano l’aspetto ludico con l’aspetto educativo. I bambini/ragazzi imparano ad avere un rapporto e interagire in modo positivo con il cane. L’animale a scuola è un valore aggiunto enorme perché è una triangolazione di effetto: il bimbo non è solo il bimbo con l’insegnante ma inserendo anche il cagnolino con il suo coadiutore IAA diventa una relazione più ricca, e il cagnolino fa la differenza”. L’intervento Dog Therapy nelle scuole lavora su meccanismi emotivo-affettivi volti ad abbassare il livello di stress legato a questo specifico periodo, di inserimento e di post isolamento. Si tratta di attività di tipo ludico-ricreativo e di socializzazione attraverso le quali si promuove la corretta interazione uomoanimale. L’obiettivo del progetto Basta una Zampa punta al miglioramento della qualità della vita e all’incremento del benessere dei bambini, attivando e sostenendo le loro risorse di crescita e progettualità individuale, e offrendo un’esperienza diversa nella routine scolastica. Attraverso l’interazione sociale con un animale formato appositamente, i percorsi di Pet Therapy contribuiscono all'aumento della fiducia in se stessi; all'elaborazione del linguaggio verbale e non-verbale nella comunicazione; al miglioramento di alcuni aspetti motori; a rafforzare lo spirito di gruppo e l'inserimento, ed è una importante valvola di sfogo emotivo. Queste iniziative sono particolarmente indicate per bambini che vivono in contesti fragili, per i bambini con disabilità, affetti da autismo o altri disturbi del neurosviluppo. Conclude la Presidente:

“Un animale significa per tutti amore, dedizione, tenerezza, conforto ed entusiasmo. È qualcosa che va a coinvolgere l’affettività, la parte più intima dei bambini. Il divertimento è alla pari non c’è una richiesta di prestazione; il gioco è sincero, empatico ed immediato. Questo offre tantissimo sia a livello affettivo che psicologico ed è veramente un anti-stress in quanto è un momento di gioia pura non solo per i piccoli ma anche per tutto lo staff dei coadiutori IAA e scolastico messi a dura prova in questi ultimi due anni” 37

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