INTERVISTE ISTITUZIONALE di Raffaela Ulgheri
Matteo Franchetto RESPONSABILE DELLE ATTIVITÀ PATRIMONIALI E FINANZIARIE, FONDAZIONE CARIVERONA
“PUNTIAMO SULL’AZIONARIO COME INVESTITORI DI LUNGO TERMINE” Un processo di investimento che punta sulla diversificazione con l’obiettivo di “diminuire la dipendenza dai rischi specifici e accrescere i ricavi”. I fondi del Next Generation EU, “un’opportunità per infrastrutture, digitalizzazione, green energy ed economia circolare”.
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rent’anni di attività in coesione sociale ed economica col territorio. La Fondazione Cariverona, nata alla fine del 1991 sulla scorta della Legge Amato-Carli, si trova oggi a operare in un contesto profondamente mutato ma con chiari obiettivi di investimento e una forte asset allocation strategica. “Gli attivi, a fine2021, si aggiravano attorno a 1,9 miliardi di euro” afferma il responsabile delle attività patrimoniali e finanziarie Matteo Franchetto, “e gli organi di Fondazione da lungo tempo hanno deciso, ove possibile, di diversificare il portafoglio dell’ente”. L’obiettivo: “Diminuire la dipendenza da rischi specifici, stabilizzare e, possibilmente, accrescere i ricavi, l’avanzo e, quindi, le erogazioni”. Con questo orizzonte la Fondazione segue un processo di investimento in due fasi. “In primis – spiega Franchetto – si definiscono gli obiettivi di rendimento atteso e il relativo profilo di rischio, commisurato e sostenibile, cui si collega l’asset allocation strategica necessaria”. In secondo luogo avviene la selezione degli strumenti con cui implementarla. “L’asset allocation target di Fondazione (al lordo di alcuni investimenti peculiari) vede un 40% di azionario globale, un 40% obbligazionario globale e il restante 20% in mercati privati globali”, afferma l’esperto sottolineando che, per il futuro, l’ente valuta la possibilità di un profilo di rischio/rendimento superiore, “aumentando la componente azionaria fino al 50%
a scapito di quella obbligazionaria”. Il riferimento, afferma, “sono i portafogli degli endowment universitari americani, quali Yale e Harvard, istituzioni che rappresentano ‘l’investitore di lungo termine per eccellenza’ e detengono esposizioni anche superiori su azionario (60%) e mercati privati (fino al 30%)”. Una transizione in questo senso, tuttavia “va approcciata in maniera graduale”. Fondazione ha scelto di perseguirla “attraverso l’utilizzo di fondi di investimento dedicati gestiti da asset manager professionisti che, oltre ad avere politiche di investimento che si sposano con gli obiettivi dell’Ente, permettono un’importante semplificazione contabile e amministrativa”. Attualmente l’ente investe in tre fondi Ucits (due multi-asset e un azionario globale) e in un fondo di fondi alternativo dedicato ai private market.
ESPOSIZIONE SETTORIALE
In merito all’esposizione settoriale, le ultime settimane hanno aperto nuove finestre di incertezza legate a quanto sta avvenendo in Ucraina. “Prima del conflitto – continua Franchetto – si è assistito a un rialzo dei tassi di interesse in ambito obbligazionario e a una rotazione da settori growth a value e ciclici in ambito azionario. Ora questo evento esogeno rende difficile fare previsioni, se non quelle più ovvie legate all’andamento delle materie prime”. La situazione è in divenire, per cui “in assenza di visibilità e valutato l’elevato livello di volatilità, ha poco senso prendere scommesse specifiche. In ogni caso deleghiamo la tattica ai gestori dei nostri fondi”. Tuttavia, a livello strategico Franchetto è dell’opinione che “si possa cominciare ad accumulare gradualmente sul mercato azionario globale diversificato: storicamente fasi simili di nervosismo dei mercati hanno costituito dei punti di entrata per gli investitori di lungo periodo”. Uno sguardo va anche in direzione del PNRR e, più in generale, del Next Generation EU: “Nel lungo termine, una volta valutate anche le conseguenze della guerra sui piani di spesa, credo che i fondi in sede europea possano rappresentare un’opportunità per alcuni settori quali infrastrutture, digitalizzazione, green energy ed economia circolare”. Si collega, poi, a quanto definito all’interno del piano europeo “la volontà delle autorità, quantomeno di alcune aree geografiche, di indirizzare gli investimenti verso la sostenibilità”. Rientra, in questa riflessione, la componente ESG degli investimenti di Fondazione Cariverona, che ha posto ai gestori dei fondi “il vincolo che il rating medio di portafoglio sia almeno sufficiente”, e ha dedicato una parte del portafoglio al tema dell’impact investing “sui settori legati a health care, scienza e ricerca; innovazione e tecnologia; ambiente e infrastrutture; prevalentemente in Italia”. La Fondazione, conclude Franchetto, “sta anche pensando alla creazione di acceleratori negli stessi ambiti”.
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22/3/22 19:14