Rivista20 luglio-agosto 2023

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N°58 LUGLIO-AGOSTO 2023 - periodico bimestrale d’Arte e Cultura

ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

RICCARDO CORDERO

Edito dal Centro Culturale ARIELE www.facebook.com/Rivista20

ENZO BRISCESE

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE del Centro Culturale Ariele

Hanno collaborato:

Giovanna Alberta Arancio

Monia Frulla

Rocco Zani Miele

Lodovico Gierut

Franco Margari

Irene Ramponi

Letizia Caiazzo

Graziella Valeria Rota

Alessandra Primicerio

Enzo Briscese

Giovanni Cardone

Susanna Susy Tartari

Cinzia Memola

Concetta Leto

Claudio Giulianelli

Rivista20 del Centro Culturale Ariele

Presidente: Enzo Briscese

Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedì al venerdì tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com

www.facebook.com/Rivista20 -----------------------------------------------------

copertina:Riccardo Cordero 2
In
Ragazzi del 2000 - 2023 - t.mista olio su tela - cm70x80 Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80

GIOCHI SIDERALI RICCARDO CORDERO ALLA REGGIA DI VENARIA

Dal 21 novembre 2022 al 5 novembre 2023 nei Giardini della Reggia di Venaria

Giochi siderali Riccardo Cordero alla Reggia di Venaria

A cura di Piergiorgio Dragone

Giardini della Reggia di Venaria, Parco basso 21 novembre 2022-5 novembre 2023

Nove grandi opere di Riccardo Cordero, realizzate tra il 2002 e il 2020, in acciaio e in bronzo, particolarmente rappresentative del percorso artistico di questi ultimi vent’anni dello scultore torinese, approdano ora nei Giardini della Reggia di Venaria. La sua opera, connessa a un ragionamento spaziale e materico, procede da studi su carta, bozzetti e piccoli modelli fino a tradursi in monumentali creazioni. Passando dalle prime esperienze informali al pop, il percorso di ricerca e sperimentazione plastica dell’artista a partire dagli anni novanta si orienta verso forme essenziali, iconiche, visionarie, in rapporto alla dimensione ambientale. Strutture aperte, sculturemonumento, combinazioni di elementi geometrici articolati tra di loro che danno luogo a complesse creazioni con prospettive spaziali multiple e giochi di contrappunti. Tensioni divergenti ed equilibri tra masse plastiche si alternano, tra pieni e vuoti, con nuove inclinazioni baroc

che. In questo senso i giardini della Venaria costituiscono una sede ideale. «Quale miglior luogo poteva esistere per le mie opere, se non quello dei giardini della Reggia di Venaria. Da anni infatti il mio lavoro trova ispirazione nell’architettura barocca piemontese, in quella dilatazione e contrazione dello spazio, nella contrapposizione quasi matematica di elementi curvi e spezzati, che ritengo sia ben visibile nelle mie sculture»

RICCARDO CORDERO Asteroidi, comete, meteore, satelliti, orbite siderali, compongono qui una sorprendente costellazione di opere in rapporto dinamico con il contesto architettonico e ambientale. Come piovute dal cielo, segnano le prospettive a perdita d’occhio nel Parco basso lungo il viale tra l’Allea Centrale e il Potager Royal e, nel Parco alto, lungo l’Allea di terrazza, aprendovi inconsueti scorci prospettici e punti di vista.

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Riccardo Cordero, nato ad Alba in provincia di Cuneo nel 1942, inizia il suo percorso all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino dove sarà titolare della cattedra della Scuola di Scultura fino al 2002. Scultore affermato a livello internazionale, con installazioni monumentali come il Grande Ferro per la Lookout Sculpture Foundation in Pennsylvania nel 1993, e in Cina dove realizza opere come Cometa per il Rose Garden Park di Taiwan nel 2006 e Meteora in acciaio per lo Sculpture Park di Shangai nel 20052006. Nel 2021 risulta tra i vincitori del concorso bandito a Pechino per le Olimpiadi e Paraolimpiadi Invernali e viene incaricato di realizzare la scultura New Et, alta 17 metri. Sempre in Cina figura tra gli invitati della prima Biennale

della città di Macao del 2021 per la quale ha realizzato una nuova versione di Chakra, in acciao corten. Tra le opere pubbliche nel contesto torinese: Disarticolare un cerchio, 1993, Galleria d’Arte Moderna; Rotazione coordinata, 1992, Parco della Pellerina; Chakra, 2005-2006, Piazza Galimberti. Tra le mostre personali più recenti si ricordano: L’universo di Riccardo Cordero a Monte Tamaro, Rivera (2021-2022) in Svizzera; Eduard Angeli & Riccardo Cordero, Malerei und Skulptur alla Die Galerie di Francoforte sul Meno (2019); Riccardo Cordero, Skulpturen Zeichnungen, Galerie Wohlhüter, Thalheim-Leibertingen (2015) in Germania

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INFORMAZIONI E BIGLIETTERIA Giochi siderali Riccardo Cordero alla Reggia di Venaria Giardini della Reggia di Venaria, Parco basso 21 novembre 20225 novembre 2023 La mostra è compresa in tutti i biglietti di visita alla Reggia e ai Giardini.

Per ulteriori informazioni: lavenaria.it

CONSORZIO DELLE RESIDENZE REALI SABAUDE - UFFICIO STAMPA

Reggia di Venaria - Piazza della Repubblica 410078 Venaria Reale (TO) - Italia

tel. +39 011 4992300 - fax +39 011 4598432

press@lavenariareale.it - residenzereali.it - lavenaria.it

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Incontri d’Arte

Bipersonale con:

Enzo Briscese & Michele Roccotelli

Dal 16 al 28 giugno 2023

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Michele Roccotelli

Enzo Briscese

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Dalla Toscana: da Giovanni Lazzarini detto

“Menghino” a Bernard Bezzina sino a Roberto Fiasella, Mimmo Rotella e altri.

Viareggio, Forte dei Marmi, Pietrasanta, Coreglia Antelminelli, Massa...

E così l’estate rovente delle esposizioni d’arte in Toscana è iniziata, però come al solito è impossibile farne soltanto un semplice elenco dato il numero veramente alto di personali e collettive. Ne cito solo alcune per le quali non nascondo d’essere direttamente interessato per la conoscenza diretta o del passato di alcuni protagonisti, anche per la mia... età.

Quella che il Comune di Viareggio ha dedicato nell’intera cittadina, è concentrata a Villa Paolina Bonaparte sul versatile pittore e scultore Giovanni Lazzarini detto “Menghino” (1923-2003), autore pure di famosi carri del Carnevale dal 1953 in poi. Contempla disegni, pitture e sculture bronzee e a tecnica mista, con esposizione sino a tutto settembre; fra le tante e qualificate testimonianze incluse nel catalogo è compresa quella della storica Marilena Cheli Tomei che lo ha

definito un “Argonauta”.

A pochi chilometri di distanza, a Pietrasanta, fino al 17 settembre è visibile – finalmente, personalmente la attendevo, data da bravura e la serietà dell’artista che da due decenni vi crea parte delle sue sculture bronzee che evocano percorsi e conquiste stellari (mani, piedi, viaggi nell’universo! – la retrospettiva di Bernard Bezzina titolata “Fragilità” in piazza del Duomo, nella Chiesa di S. Agostino e nel Centro “L. Russo”. Non è certo casuale che all’inaugurazione abbia parlato, accanto a lui e al Sindaco di Pietrasanta, il Principe Alberto II di Monaco.

Nella ‘pulsante” Forte dei Marmi c’è pienezza d’arte. Se nella Casa-Museo “Ugo Guidi” (disegni sono pure nel vicinissimo “Logos Hotel”) è protagonista lo scultore Roberto Fiasella con “Cavalli.

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Roberto Fiasella, Pegaso alato, partic., bonzo, 2019

Tra Mito e Contemporaneo” per cui il noto artista Jiménez Deredia ha testualmente affermato: “Il tema dominante della sua ricerca artistica sono i cavalli, semplificati, privi di qualsiasi retorica pur conservando i gesti propri della loro specie. La sua arte non poteva fare a meno dell’ispirazione equina, la stretta relazione con i cavalli, lo studio delle forme, le posizioni, la psicologia equina e la relazione storica tra uomo e cavallo hanno condizionato la sua percezione del mondo e dell’arte”.

Sempre nella cittadina versiliese, a Villa Bertelli, è giusto sottolineare, tra le non poche esposizioni che termineranno quasi tutte a fine settembre, quelle di Mimmo Rotella “Il genio poliedrico” e “Accadde in Versilia”, dipinti di Plinio Nomellini, Moses Levy e Lorenzo Viani. Negli spazi urbani sono protagoniste anche le sculture di Gustavo Vélez. Interessante, del pittore Sergio Suffredini “Variazioni del visibile” a Coreglia Antelminelli, presso Palazzo “Il Forte”. Non può mancare, nelle mie scelte chiaramente analizzate, pure Massa col Museo Diocesano che propone sino al 4 ottobre “Dove nascono le stelle” di Kazumasa Mizokami, né, nell’attiguo Museo “Ugo Guidi 2” per alcuni giorni di luglio, “Viaggi vissuti, Viaggi immaginati” curata da Roberto Borra ed Alberto Bongini per conto dell’Associazione piemontese Fly Art

con cui è puntualizzata la già esistente collaborazione culturale tra Torino e la zona apuo-versiliese. Tra i nomi quelli – per esempio – di Ezio Gribaudo, Piergiorgio Ravinale (Piergi), Carmelo Candiano, Sebastiano Salgado, Philip Staniscia.

Chiudo questo spazio segnalando che è in fase organizzativa, agli inizi di settembre (giorno 10, per due fine settimana) “Diverso non è...”, centrata sulle 31 foto da stampe di Pietro Annigoni (1910-1988) di “Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam”, con fotografie, pubblicazioni, dipinti, manifesti, saggi critici, liriche, articoli di giornale e molto altro con il tutto riguardante diversità psicologica e fisica, sensibilità, memorie d’analisi e di sentimento e non solo. Oltre ad Annigoni, segnalo solo alcune firme variamente inserite: Lorenzo Viani, Mario Tobino, Vittorino Andreoli, Gabriele Vicari, Giuseppe Viner, Roberto Braida, Giancarlo Vaccarezza, Alda Merini, Alfeo Bertin, Paolo Grigò, Kaj Redfield Jamison,Vladimir Vladimirovič Majakovskij, Daniela Maccheroni, Michele Tomei, Enzo Briscese, Giuseppe Lippi, Marta Gierut, Ernesto Treccani, Inaco Biancalana e molti altri.

Lodovico Gierut

Critico d’arte e giornalista

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Lo scultore Bernard Bezzina, il principe Alberto II di Monaco, il critico d’arte Lodovico Gierut

Il Novecento a Carrara:

mostra-evento a Palazzo Cucchiari con oltre 120 opere di scultura e grafica

Carrara e la scultura. Un binomio inscindibile, quasi un sinonimo, da sempre. A Carrara, infatti, la tradizione della scultura ha radici antiche. Si tratta di una secolare abitudine ad adeguarsi alle trasformazioni dei linguaggi espressivi e a tramandare le tecniche, e i tanti segreti, di un mestiere che non può mai prescindere dall’estro individuale, così come da una grande abilità manuale.

È tenendo conto di questo dato originale che a Palazzo Cucchiari di Carrara, il prossimo 24 giugno apre la mostraevento del 2023 dal titolo Novecento a Carrara. Avventure artistiche tra le due guerre, a cura di Massimo Bertozzi, che proseguirà fino al prossimo 29 ottobre.

Nelle eleganti sale della prestigiosa sede espositiva carrarina si potranno ammirare oltre 120 opere sia di scultura (in marmo, bronzo, gesso, terracotta), sia di grafica (dipinti, disegni, pastelli), col chiaro intento di fornire la più ampia veduta possibile di una stagione artistica di grande rilievo nella città toscana.

Dedicata ai percorsi di aggiornamento dei linguaggi figurativi e del panorama artistico carrarino nella prima metà del secolo scorso, l’esposizione si dipanerà attraverso due direttrici ben precise: da un lato quella della linea, che dal liberty porta al Novecentismo e all’astrattismo; dall’altra quella del volume, dal solido verismo al poetico naturalismo e alla “frammentazione spaziale”, in un continuo intrecciarsi tra scultura, pittura ed espressioni artistiche limitrofe.

Proprio seguendo questi due indirizzi di impostazione, saranno in mostra lavori di molti artisti che hanno scandito il “secolo breve”, da Libero Andreotti a Leonardo Bistolfi, da Carlo Carrà a Domenico e Resita Cucchiari, da Arturo Dazzi a Carlo Fontana, da Moses Levy ad Arturo Martini, da RAM e Thayhat a Gino Severini, da Carlo Sergio Si-

da Sergio Vatteroni a Lorenzo Viani, tanto per citare alcuni nomi.

Di significativa importanza anche la provenienza delle opere in mostra, le quali, oltre che da collezioni private, arrivano tra gli altri dalla Galleria degli Uffizi e dalla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti di Firenze, dal Mart di Rovereto (TN), dal Museo Novecento di Milano e da quello di Firenze, dalla Galleria Nazionale di arte moderna di Roma e da quella di Torino, dalla Galleria d’arte moderna e contemporanea di Viareggio, dal Museo civico di Casale Monferrato (AL) e dall’Accademia Nazionale di San Luca di Roma, dall’Accademia di Belle Arti di Carrara e dal Museo Ardengo Soffici e del ‘900 italiano di Poggio a Caiano (PO).

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gnori a Mario Sironi,

Il tempo e la scultura - La strada del rinnovamento della scultura moderna in Italia nei primi decenni del secolo scorso segue a Carrara un filo che annoda, lungo l’asse Bistolfi-Martini-Viani, le tappe fondamentali del suo percorso.

Nei primi decenni del ‘900, Bistolfi introdusse a Carrara, nei suoi laboratori, nel bagaglio tecnico e formale dei suoi artigiani, i temi e i modelli della scultura simbolista, il gusto per la linea e la composizione bidimensionale che contribuì a rinnovare il linguaggio della scultura, almeno fino a quando i primi segnali del ritorno all’ordine indirizzeranno anche i laboratori carraresi lungo i percorsi di ricomposizione classica della forma.

Nel corso degli anni Trenta arrivano a Carrara la purezza classica di Francesco Messina e le forme novecentiste di Mario Sironi e Fausto Melotti. Ma arriva anche Arturo Martini che, proprio grazie a Carrara, al rapporto con gli studi e gli artigiani apuani, scopre inaspettate possibilità di rinvigorire, dall’interno e proprio in rapporto a quello che sembra il materiale più compromesso, l’arte della scultura. Il Martini che allude al processo di scomposizione della forma, che si arrovella intorno alla funzione plastica delle ombre, che concepisce e chiude in una forma l’Atmosfera di una testa; lo scultore che intuisce che la scultura di domani sarà quella che sta facendo il suo allievo, Alberto Viani, è che è tuttavia convinto di dover consumare fino in fondo ogni potenzialità espressiva della figura.

Viani arriverà poi a Carrara dove darà consistenza marmorea ai morbidi volumi dei suoi gessi. Nel frattempo, tuttavia la scultura astratta aveva trovato un’altra via per approdare al marmo carrarese.

Nel 1946 giunse da Parigi Carlo Sergio Signori, con l’esigenza di realizzare il Monumento ai fratelli Rosselli per Bagnoles-de-l’Orne e l’esatta misura della capacità di rinnovare una tradizione antica è data proprio da quello

potrebbe apparire solo un episodio occasionale, perché alla fine non sarà solo per caso che il primo “monumento astratto” d’Europa venga realizzato a Carrara e in un materiale in forte sospetto di passatismo.

Così Carlo Sergio Signori, “parigino” di Milano, diventerà “carrarino”, inserendosi dentro la tradizione dei marmorari, ma in urto con la tradizione accademica, com’era quella della continuità tra Carlo Fontana, Arturo Dazzi e la loro numerosa progenie che è fatta le ossa nei grandi cantieri pubblici e nel proliferare di monumenti negli anni Trenta: Valmore Gemignani e Sergio Vatteroni, Aldo Buttini e Romeo Gregori, e poi Francesco Piccini, Giorgio Salvi, Luigi Venturini, per finire con i “professori”, continuatori anche dell’insegnamento scolastico, Alderige Giorgi, Ugo Guidi, Felice Vatteroni.

Fondazione Giorgio Conti

NOVECENTO A CARRARA.

AVVENTURE ARTISTICHE TRA LE DUE GUERRE

A cura di Massimo Bertozzi

Dal 24.06.2023 fino a 29.10.2023

Palazzo Cucchiari, via Cucchiari 1, Carrara

Orari: fino al 17.09.2023: MA-ME-GI-DO ore 9.30-12.30 e 16-20; VE-SA: 9.30-12.30 e 16-23; dal 19.09.2023 fino al 29.10.2023:

MA-ME-GI-DO ore 9.30-12.30 e 15-20; VE-SA: 9.30-12.30 e 15-21; chiusa LU

Aperture straordinarie: LU 14.08.2023 ore 9.30-12.30 e 16-20; GI 07.09.2023 ore 9.30-12.30 e 15-23

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GIACOMO MANZU’

La scultura è un raggio di luna”

La scultura italiana del Novecento non è tanto folta di nomi e di correnti quanto la pittura, nondimeno ha saputo raggiungere una pienezza di risultati che l’hanno imposta nel mondo come una delle più valide dell’arte novecentesca. Giacomo Manzù(1901-1991), pseudonimo di Giacomo Manzoni, bergamasco e dodicesimo figlio di una famiglia numerosa, dimostra presto di aver talento. Inizia facendo l’intagliatore ma è damilitare a Verona che si accosta all’arte: studia in particolare “Le porte di Sani Zeno” e i calchi dell’Accademia delle Belle Arti Cignaroli. Biograficamente in breve si possono evidenziare i primi viaggi. Va a Parigi ma è a Milano chedecide di abitare e quiintensifica la sua formazione artistica. Lavora alla decorazione dellaCappellaUniversitaria del Sacro Cuore e nel contempo prepara la sua prima mostra collettiva alla Galleria “Il Milione”; nel 33 partecipa con i bassorilievi bronzei deibusti ad una mostra presso la Galleria romana “La Cometa”. Si sposa e si separerà nel 54. Nel 38inizia a serie dei “Cardinali” con “Il Cardinale seduto”, esposto a Roma l’anno successivo alla Quadriennale e poi acquistato dalla Galleria d’Arte Modernaromana.Scolpisce più di trecento versioni della figura cardinalizia, ciascuna diversa per materiale, dimensioni e posizione. Nel 39 iniziai bassorilievi sacri in bronzo (Crocifissioni, Deposizioni,..) in cui esprime velatamente la sua opposizione al fascismo.Manzù è uno dei più grandi artisti del suo tempo e questa mostra si colloca fra gli eventi di portata internazionale. A Vercelli sono

in rassegna oltre trenta opere che vanno dagli anni ’40 al 1990, anno prima della morte dell’artista. Diversi lavori presenti nella retrospettiva di Manzùsono meno conosciuti comeiritratti femminili, le figure giapponesi, le sedie con nature morte, i corpi plastici nudi in bronzo, il Fauno che

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Scelta del titolo della mostra:“G.Manzù. La scultura è un raggio di luna”: il curatore Fiz ha voluto richiamare nel titolo una citazione famosa di Cesare Brandi, esperto conoscitore dell’artista, secondo cuialla scultura si attaglia quel titolo in quanto essa gira con tanti punti di vista autonomi e tutti confluenti in una forma che è aperta e chiusa, e nella sua staticaè dinamica per come scorre in sé stessa con una fluenza eracliteain cui non ci si può bagnare due volte. -L’Assessore alla Cultura inoltre invita a guardare in alto e a pensare ai valori importanti che devono sempre guidare la cultura.

-Cerco sempre di fare il meglio, ma il meglio è al di là di noi stessi (Giacomo Manzù)

esprime l’energia vitale.Alcune opere hanno dimensioni monumentali e provengono dalla Fondazione Manzùo da importanti collezionisti privati.Laraccolta non haun’impostazionecronologicabensì tematica.Si inseriscono nel tema del gioco infantile i figli Giulia e Mileto, avuti dalla seconda moglie e musa Inge, costante nella sua ritrattistica. L’ esposizione segue un percorso sfaccettato e che si snoda in maniera diffusa tramite le sedi messe a disposizione (la principale è l’Arca). Nella ex chiesa di San Vittore è collocata l’imponente scultura illuminata dedicata a Inge, fruibile dall’esterno grazie alle porte sempre aperte. Nella serie Strip-teaselo scultore supera anche il concetto tradizionale di ballerina, con le pieghe degli abiti che diventano una secondapelle E’ interessante anche la figura di Ulisse

in cui Manzù si identifica.

Il percorso espositivo si conclude con “La Porta della Morte”, la più bella delle Porte in San Pietro in Vaticano, riprodotta su vetro stampato in 3D, e con l’altorilievo “Il miracolo di San Biagio”.

Manzù ha una personalità forte, complessa, e un’arte potente, avvolta da una profonda spiritualità, inoltre è uno straordinario sperimentatore di tecniche antiche come l’encausto, l’intarsio, il cesello, lo sbalzo, la fusione a cera perduta e la doratura a mercurio, ed al contempo è pioniere delle più moderne espressioni artistiche come l’incisione nel cristallo,lacreta,l’intaglio in ebano, l’acquaforte unita all’acqua tinta.L’effetto che crea intorno alle sue statue non è di volume ma è la percezione di sature vibrazioni emotivee unrapidoscorrere di linee e di pittoriche superfici: pur nella sua completa autonomia stilistica si avverte l’influsso di Medardo Rosso.La mostra è interessante: se è possibile andate a visitarla.

Enti promotori: Amministrazione Comunale, Curia Arcivescovile, Studio Copernico, Fondazione Manzù

Curatela: Marta Concina, Daniele DeLuca, Alberto Fiz.

Tel 335 7096 337

E-mail: eventi@comune.vercelli.it

Sedi varie: Arca (Arca, sede espositiva principale), ex chiesa di San Vittore, Museo del Tesoro del Duomo.

Indirizzi: Arca in piazza San Marco, 1- ex chiesa di San Vittore in largo D’Azzo Nord, 4

Costo: 8 euro; 5 euro (ridotto)

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DEMETRIO SCOPELLITI IL MATERIALE E LA MEMORIA

Come per molti della sua generazione il percorso di Demetrio Scopelliti, iniziato in Accademia, sposa in un primo tempo l’impegno civile. Le tele giovanili rivelano una decisa attenzione al sociale e la sua pittura figurativa non disdegna l’intervento della fotografia. In quegli anni di ricerca di un proprio linguaggio che coniughi l’impegno politico e l’espressione artistica Scopelliti incontra l’opera di Mimmo Rotella, che aveva già aderito al movimento del Nouveau Realisme. Scopre così che ci sono altri modi per rompere con l’ordine precostituito: la realtà può essere immediatamente immessa nell’opera con tecniche miste che illuminano, con l’enfasi e l’accumulo, le proprietà che oggetti di uso comune hanno in sé allo stato latente. È una lezione che rimane a lungo, al di là delle scelte successive, segnate dall’abbandono del Realismo e del Pop. Nel clima generale dell’Informale l’artista si concentrerà su una diversa forma di estetica e di impegno e in vari modi la sua ricerca sulle possibilità emozionali della materia si protrarrà fino ai nostri giorni. La materia di Scopelliti è oprattutto il legno: lo sfibra, lo martella, lo incolla, insegue una spaccatura, la amplifica, immette colle, sabbie, colore. Il modo in cui un colore viene applicato è più importante della scelta di tale colore (J. Dubuffet). È la materia che deve parlare perché essa stessa è portatrice di significati. Il materiale è un linguaggio. E quasi sempre è memoria. Se è così si possono andare a cercare segni sui muri delle vecchie case, nelle nostre chiese, porte e numeri civici. Sugli sfondi greche e fregi, memoria di una classicità che ci appartiene e con la quale dobbiamo fare i conti, come con il nostro presente, carta da forno compresa. Il piacere della pittura inizia con la preparazione della tavola che è attesa, inizio di un’avventura. Prosegue con la materia-colore e si completa in punta di pennello. Costante rimane la ricerca di un equilibrio compositivo che si impone da sé.

Nelle opere più recenti appare spesso il bianco, in sfumature diverse dal latte al ghiaccio, spesso accompagnato da macchie di caramello e di verde. Il colore è contenuto da uno spazio-pausa, forse uno spazio mistico, dice l’autore. Tra queste tavole c’è anche un grande uovo: mi ha fatto pensare all’origine della terra, l’origine della vita. Ma di fronte a questo tipo di pittura le intenzioni dell’artista non contano e non credo sia consentita al critico una lettura di tipo psicoanalitico. Mi devo fermare ad una lettura di segni e da questi segni ricavo sicuramente un’ottimistica fiducia nella comunicazione e un grande amore per la pittura.

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DEMETRIO SCOPELLITI PIECES OF WALL

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe... (Eugenio Montale)

Le opere di questa mostra fanno parte di un progetto nato in due tempi, prima e dopo il lock-down del 2020. Scopelliti stava lavorando già dall’autunno 2019 ad una esposizione per la libreria Bocca di Milano quando il Covid ha avvolto di lutto e di silenzio il mondo intero. Si è allora assistito ad una crescita esponenziale dei social e alla loro massiva capacità di aggregazione resa quantitativamente vertiginosa dalla pandemia anche per ciò che concerne il Sistema dell’Arte. Demetrio Scopelliti però, come molti altri, si è fermato, anche il suo colore felice ha chiuso i battenti per riaprirli solo alla fine dello scorso anno. Questa la genesi delle incrostazioni esposte, piccole tavole in cui strati di colla, gesso, carta incollata, colore, sabbia di quarzo, creano uno spazio altro, non identificabile con il già visto se non in dettagli scalcinati che di norma non attirano attenzioni particolari, ma aperto al dialogo con l’io e con i propri ricordi coscienti, o anche solo con un vissuto rimosso. Uno spazio non basato sull’autorità

dell’immagine che, solo di rado, emerge scolorita in guisa di motivo decorativo architettonico, numero civico sbiadito dal tempo, grumo di brandelli di carte colorate, manifesti incollati uno sull’altro testimoni di un respiro e di una vita che quei muri hanno abitato. Muri che hanno vissuto, compagni muti e perenni, l’alito e il sospiro di chi li ha abitati, di chi, scavando nella memoria, li ricorda con il loro odore umido di inverni andati, di chi sovrapponendo materia su materia, li ricrea per se stesso e per chi ha il coraggio di affrontare un cammino che può essere a ritroso come pure in avanti, sospinto dalla quantità di luce, dal bianco abbacinante, dal puro nulla che si apre progressivamente nella parte bassa di ognuno di questi pezzi di muro. Pieces of wall è tutto ciò, è psiche e materia, è composizione ed equilibrio ossessivo, è colore felice, colore largo che respira in tutte le tonalità di cui la nostra retina può godere.

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Mariateresa Zagone

DOMENICO LASALA

Domenico Lasala non imita la realtà ma la reinventa; e nella sua invenzione scenica le forme tendono a perdere il loro peso materiale per assumere una levità incantata, sospesa, nell’incanto generale dell’atmosfera, dello spazio, del tempo.

Un senso di lontananza dalle coordinate del reale conferisce dignità e sogno alla sua opera.

“Le opere di Domenico Lasala si evidenziano per un uso sapiente del colore, ordinato per contrasti simultanei; per una rigida idealizzazione geometrica delle forme che s’accompagna alla suggestione del racconto, con un effetto di incantata attesa, e per i temi spesso legati all’arte dei suoni. Se da una parte si può scorgere una tendenza arcaicizzante dall’altra la stilizzazione delle sagome, in un’atmosfera di fluidità musicale, rendono personale la sua maniera, che

viene sottoposta a un continuo processo di trasfigurazione, ove figure pulite e ferme stanno nella fissità di statue viventi. Questo pittore cerca la bellezza, con passione instancabile e tenta di fissarla sulle tele con immagini che, se non hanno lo scorrere caldo del sangue, il respiro stesso della vita, possiedono un senso plastico dei volumi e profondi sentimenti trascendenti.”

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Musicista errante - 2018 - olio su tela - cm100x100

Linguaggio dei dipinti-testimonianza dell´ anima Anche oggi lo sforzo comune di realizzare la propria vita richiede allo stesso tempo il bisogno di soddisfacimento estetico come anche dei nostri bisogni spirituali e sentimentali.

A tal fine contribuisce sia l´intelletto, inteso come forza spirituale conoscitiva permettente l´accesso non materiale alla conoscenza che supera i nostri sensi e la nostra immaginazione, sia la capacitá della percezione estetica di bellezza e di arte con i nostri sensi.

Al contrario la pigrizia mentale, l´ariditá, l´impotenza emotiva e la convenzionalitá come l´espressione della semplice arretratezza o come consequenza della scarsa considerazione di una urgente necessitá di crescita sia affettiva che mentale rappresentano una complicazione che ci rallenta.

La pittrice Šárka Mrázová Cagliero ci offre con i suoi dipinti stimoli sempre nuovi e originali per la nostra attiva trasformazione interiore.

L´artista con la sua consapevole stilizzazione figurativa e cromatica ci porta nel suo reame fatto di ricordi d´infanzia di un mondo quasi fiabesco che ci accompagna al ritrovamento della calma interiore o piúttosto all´abbandono dei nostri disagi e confusioni.

La cromaticitá simbolicamente espressiva di una inebriante suggestione desta la nostra anima fatta d´armonia e la nostra potente riserva di emozioni e di sentimenti. Si chiariscono le tracce messe in disparte delle nostre emozioni e delle idee, di tutto quello che aiuta l´evoluzione della nostra personalitá. Queste eccitanti dichiarazioni che scaturiscono dalla ispirazione poetica suscitano delle rappresentazioni metaforiche di una realtá impossibile da descrivere direttamente. L´inebriante cromaticitá ha la funzione non soltanto di accentuare l´importanza poetica ma anche di una dichiarazione d´amore per la bellezza della natura, dei paesaggi e del mondo circostante spesso in collega-

mento con gli elementi geometrizzanti che evocano la necessitá di un´ordine, di una armonia.

Ogni dipinto viene composto con grande ingegno e la certezza espressiva di rivelare la ricchezza degli stimoli custoditi nel profondo dell´anima. Si percepisce anche il collegamento delle percezioni visuali e degli umori con la musica come sintesi della sensazione d´incantesimo che con la sua unicitá ci pervade e colma il nostro animo.

SARKA MRAZOVA

Bruno Munari : E il Linguaggio del Designer di Giovanni Cardone

In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Bruno Munari apro il mio saggio dicendo : Posso dire che la sua formazione artistica muove dalle esperienze pittoriche condotte nell’ambito del Futurismo, dal quale trarrà la sua ricerca visuale e l’interesse per l’oggetto nella sua complessa definizione e identificazione di caratteri, attributi e significati. Nel 1925 conosce Marinetti, simpatizza con Balla e Prampolini, i futuristi che lo influenzarono maggiormente. Dal 1927 partecipa alle collettive futuriste: espone alla milanese Galleria Pesaro, alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e a Parigi. Sono del 1933 le sue prime “macchine inutili”, concepite secondo i presupposti dell’arte programmata, che lo rendono famoso negli ambienti artistici dell’epoca. Inventa “L’agitatore di coda per cani pigri”, studia “il motore per tartarughe stanche”. Nel 1939 diventa art director della rivista Tempo. Con Max Huber collabora alla creazione dell’immagine della casa editrice Einaudi. Del 1945 è il suo primo multiplo cinetico “Ora X” del 1948 -49 i suoi “libri illeggibili” del 1951 le “strutture continue” tridimensionali, gli esperimenti sul “negativo-positivo” e quindi successivamente quelli sulla luce polarizzata per proiezioni dalla materia; i numerosi film di ricerca, la progettazione di oggetti di arte cinetica; le sue famose “sculture da viaggio” in cartoncino piegabile oggetti di ornamentazione estetica, progettati allo scopo di creare un punto di riferimento, in qualche modo coincidente col proprio mondo culturale, da collocare nelle anonime camere di albergo o in qualunque altro luogo non caratterizzato. Seguono le “Xerografie originali”, i “Polariscop”, gli oggetti flessibili “Flexy”, i giochi per i bambini e tanti vari oggetti di arte cinetica. A questa intensa ricerca nel campo della sperimentazione visiva e attività nel campo della progettazione, s’accompagna quella non meno costante e feconda nel campo della grafica, in quello degli allestimenti e in quello della saggistica.

Tra i suoi numerosi scritti, fondamentali sono “Design e comunicazione visiva” del 1968, “Arte come mestiere” del 1966, “Artista e designer” del 1971, “Codice ovvio” del 1971. Premi e riconoscimenti gli giungono da ogni parte del mondo: il premio della Japan Design Foundation del 1985, quello dei Lincei per la grafica del 1988, il premio Spiel Gut di Ulm del 1971 in seguito verrà premiato nel 1973 e nel 1987mentre nel 1989 gli viene conferita laurea ad honorem in architettura dall’Università di Genova.

”Il design dà qualità estetica alla tecnica. Non nel senso dell’arte applicata, come si faceva una volta quando l’ingegnere che aveva ideato la macchina per cucire, chiamava un artista che gliela decorasse in oro e madreperla, bensì nel senso che l’oggetto e la sua forma estetica siano una cosa sola ben fusa assieme, senza alcun riferimento a estetiche preesistenti nel campo dell’arte cosiddetta pura. Un oggetto progettato dal designer non risente dello “stile” personale dell’autore dato che il designer non dovrebbe avere, a priori, uno stile col quale dar forma a ciò che progetta, come avviene quando un artista si improvvisa designer ovvero l’oggetto prodotto dal designer dovrebbe avere quella “naturalezza” che hanno le cose in natura: una cavalletta, una pera, una conchiglia, una scarica elettrica; ogni cosa ha la sua forma esatta. Sarebbe sbagliato pensare queste cose in stile: una cavalletta a forma di pera, una scarica elettrica a forma di, quindi un settore diverso dal design, che ha una sua precisa funzione, è lo styling, dove si progetta moda, dove la fantasia e la novità sono dominanti, per un consumo rapido della produzione. Il vero design non ha stile, non ha moda; se l’oggetto è giusto, nel design non si dice bello dura sempre. Oggetti di design ignoto si usano da sempre: il leggio a tre piedi dell’orchestrale, la sedia a sdraio da spiaggia”.Bruno Munari è una della grandi figure del design e della cultura del XX secolo.

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Milanese, ha vissuto tutte le età più significative dell’arte e del progetto, diventandone un assoluto protagonista sin dagli anni Trenta, con la creazione delle “macchine inutili” e con il contemporaneo lavoro di grafica editoriale, del tutto innovativo nel panorama europeo. Ma è nel secondo dopoguerra che Munari si afferma come uno dei “pensatori” di design più fervidi: la collaborazione con tutte le aziende più importanti per la rinascita del Paese dalla Einaudi alla Olivetti, dalla Campari alla Pirelli e una serie di geniali invenzioni progettuali spesso realizzate per la ditta Danese ne fanno un personaggio chiave per la grande stagione del design italiano. Grafica, oggetti, opere d’arte, tutto risponde a un metodo progettuale che si va precisando con gli anni, con i grandi corsi nelle università americane, come l’MIT, e con il progetto più ambizioso di tutti, che è quello dei laboratori per stimolare la creatività infantile, che dal 1977 sono tuttora all’avanguardia nella didattica dell’età prescolare e della prima età scolare. La sua costante ricerca è stata quella dell’approfondimento di forme e colori, variabili secondo un programma prefissato, e della autonomia estetica degli oggetti. Tali premesse hanno trovato conferma nella pratica dell’industrial design. La sua po-

liedrica capacità comunicativa si è manifestata nei campi più disparati: pubblicità e comunicazione industriale libri per la scuola L’occhio e l’arte. L’educazione artistica per la scuola media, 1992; Suoni e idee per improvvisare. Costruire percorsi creativi nell’educazione musicale e nell’insegnamento strumentale, 1995, entrambi in collaborazioni inventò giochi, laboratori grafici e libri di ricerca. Munari amava raccontarsi e diceva : “All’improvviso senza che nessuno mi avesse avvertito prima, mi trovai completamente nudo in piena città di Milano, il 24 ottobre 1907.

Mio padre aveva rapporti con le più alte personalità della città essendo stato cameriere al Gambrinus, il grande Caffè Concerto di piazza della Scala, dove si riunivano tutte le persone importanti a bere un tamarindo dopo lo spettacolo. Mia madre, in conseguenza di ciò, si dava delle arie ricamando ventagli. A sei anni fui deportato a Badia Polesine, bellissimo paese agricolo dove si coltivavano i bachi da seta e le barbabietole da zucchero. Il caffè veniva dal Brasile, a piedi nudi. Sulla piazza del paese, tutta di marmo rosa, si passeggiava a piedi nudi nelle sere d’estate. Nel caffè niente zucchero.

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Le vacche erano nel Foro Boario dove improvvisavano ogni mercoledì (mercato) dei cori, non come alla Scala, ma con molto impegno. Dopo le vacche ho avuto rapporti carnali con l’arte e sono tornato a Milano nel 1929 e un giorno di nebbia ho conosciuto un poeta futurista Escodamè che mi fece il favore di presentarmi a Filippo Tommaso Marinetti e fu così che inventai le macchine inutili. E adesso sono ancora qui a Milano dove qualcuno mi chiede se faccio ancora le macchine inutili oppure se sono parente col corridore (che poi era mio nonno, mentre lo zio Vittorio faceva il liutaio e il cuoco. Scusatemi se lascio la parentesi aperta.” Dopo aver trascorso l’infanzia in un piccolo paesino del Veneto, nel 1926 Bruno Munari torna a Milano, città che diventerà il centro della sua attività artistica. Qui uno zio ingegnere lo assume nel suo studio e lo aiuta ad integrarsi nella metropoli. Il primo incontro con i futuristi milanesi risale al 1926, ma è bene ricordare che l’artista sente parlare del futurismo per la prima volta ancora adolescente, nell’albergo dei genitori. Lo stesso Munari racconta infatti: Prima della guerra passavano dei viaggiatori di commercio che si fermavano una o due notti, e fu uno di loro che mi parlò del futurismo. Ricordo che aveva al collo un fazzoletto, cosa strana perché allora si portava solo la camicia con la cravatta, e io mi entusiasmai per i suoi discorsi, avevo più o meno diciotto anni, e allora cominciai a fare dei disegni, ma senza sapere niente, inventando. L’incontro che sancirà l’ingresso di Munari nell’avanguardia, avviene invece girando per le librerie antiquarie, dove egli conosce il poeta futurista Escodamé. Questo incontro permetterà al giovane artista di conoscere Marinetti ed entrare nel gruppo di intellettuali che fonderanno il secondo futurismo milanese. Munari vede nel movimento futurista «l’espressione più coerente con l’idea del nuovo» nata durante i primi mesi passati in

città: egli, che si avvicina al mondo dell’arte da un percorso non accademico, individua l’innovazione futuristica nel coinvolgimento di diverse discipline caratteristica essenziale nella successiva attività di Munari in particolare l’attenzione ai problemi della grafica, della pubblicità e dell’arte applicata al quotidiano, in contrasto alle tendenze artistiche novecentiste e al recupero dell’arte classica e aulica. Nonostante Munari sia tra i fondatori del secondo futurismo milanese, le sue origini artistiche sono da ricercare nella prima esperienza futurista, quella di Balla, Boccioni, Carrà e Depero. Sarà significativo il rapporto con Enrico Prampolini, uno degli esponenti più importanti del primo futurismo, in particolare per la sua attenzione verso l’Europa e le esperienze d’arte internazionali tra le due guerre, egli viaggia tra Ginevra, Praga, Berlino e Parigi, mantenendo stretti rapporti con gli ambienti delle avanguardie europee. Prampolini verrà citato da Munari come suo unico referente culturale e interlocutore di tutte le esperienze internazionali diffuse nel Vecchio Continente a partire dagli anni ’20. Gli elementi di contatto più evidenti tra Munari e l’avanguardia italiana si possono individuare all’interno del manifesto programmatico pubblicato nel 1915 da Giacomo Balla e Fortunato Depero. Il documento Ricostruzione futurista dell’universo cita anzitutto l’uso di materiali poveri per la costruzione del «nuovo Oggetto (complesso plastico)». Anche nel Manifesto tecnico della scultura futurista firmato da Boccioni viene sottolineato il rinnovamento nell’uso dei materiali, in particolare attraverso la concezione del polimaterismo: 3. Negare alla scultura qualsiasi scopo di ricostruzione episodica veristica. Percependo i corpi e le loro parti come zone plastiche, avremo in una composizione scultoria futurista, piani di legno o di metallo, immobili o meccanicamente mobili, per un oggetto, forme sferiche

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pelose per i capelli, semicerchi di vetro per un vaso, filo di ferro e reticolati per un piano atmosferico, ecc. ecc. 4. Distruggere la nobiltà, tutta letteraria e tradizionale, del marmo e del bronzo. Affermare che anche venti materie diversi possono concorrere in una sola opera allo scopo dell’emozione plastica. Il manifesto mette in luce due importanti innovazioni: il rinnovamento dei materiali, ovvero la necessità di abbandonare le materie tradizionali per lasciare spazio a quelle nuove e la «compenetrazione tra gli oggetti e lo spazio circostante». Queste caratteristiche innovative della scultura futurista sono visibili nella progettazione (e realizzazione) delle prime Macchine inutili: per queste opere Bruno Munari seleziona con particolare attenzione le materie da usare, ponendo l’accento non solo sull’accostamento dei colori soprattutto tinte piatte e quindi sulla sensazione visiva che l’oggetto artistico provoca, ma anche sull’effetto tattile, nel desiderio di risvegliare tutti i sensi del fruitore nell’atto di contemplazione dell’opera.

Nelle Macchine inutili è evidente anche la fusione tra le componenti fisiche e lo spazio vuoto circostante: l’utilizzo di materiali leggeri come cartoncini colorati, bastoncini di legno e fili di seta permette alla costruzione di essere molto leggera e di potersi muovere con un soffio d’aria. A tale proposito, Munari spiega: «pensavo che sarebbe stato forse interessante liberare le forme astratte dalla staticità del dipinto e sospenderle nell’aria, collegate tra loro in modo che vivessero con noi nel nostro ambiente, sensibili alla atmosfera vera della realtà».

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ARTURO MARTINI.

Dal 10 aprile al 30 luglio 2023

Questa mostra è senza dubbio una delle più importanti concepite nell’anno in corso ed è stataattesa con piacere sia perchéArturo Martini ha raggiunto una fama internazionale sia perché la rassegna-ideata a Treviso che ha dato i natali allo scultore- è la più completa mai dedicata all’artista trevigiano.

Treviso si considera a ragione il capoluogo del rinnovamento della scultura contemporanea e l’attuale esposizione è percorsa da “un filo rosso” che inizia con Canova (la primavera scorsa), continua con Antonio Carlini, insegnante di Arturo Martini, e si conclude con questa grande mostra martiniana. Quest’ultima non segue una rigida cronologia delle opere prescelte ma procede per temi così da definire un percorso centrato sulle scelte ei passaggi relativi all’evoluzione creativa di Martini, al mutare della sua sensibilità o al suo riproporreo modificare precedenti soluzioni

formali. Pertanto per i lavoridel trevigiano è inadeguato parlare di eclettismo mentre ben gli si attaglia lo spirito dello sperimentatore infaticabile.

Egli stesso afferma: “Credevo una volta che per creare una buona scultura occorressero scatto, nervi, improvvisazione, invece col tempo ho compreso che ci vuole pazienza per rifare, ritornare, senza però insistenza”. Ciò che vuole comunicare è il proposito di lavorare approfondendo, reimpostando, i temi chiave dell’esistenza al fine di rinnovare la tradizione scultorea ponendosi in tal modo nell’ideale punto d’incontro fra l’antico e la modernità. Le sue creazioni migliori mostrano una rara capacità d’intuizione plastica ed evocano ora un’atmosfera favolosa ora una vitalità e una ‘stringatezza’ nella modellazione che danno un particolare risalto ai personaggi della sua epoca.

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Arturo Martini (Treviso 1887 – Milano 1947), nato in una famiglia disagiata, è uno spirito inquieto, ricco di talento e affascinatodalla manipolazione dell’argilla e dalle fasi di lavorazione della ceramica, apprese duranteil periodo di apprendistato. Intanto frequenta lo studio dello scultore Carlini e la scuola di Giorgio Martini, padre del piùfamoso Alberto, incisore e illustratore. Nel contempo si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Attivo e geniale riesce ad ideare una nuova tecnica incisoria a cui dà come nome “cheramografia”ottenendoesemplari- i monotipi-tramite matrici di ‘sfoglia d’argilla’e queste stampesi possono osservare nella mostra in corso. Con la sua maestria ed originalità ottiene famaefavoredella critica che invogliano il giovane artista ad allargare la sua conoscenza del mondo artistico internazionale: a Parigi frequentaModigliani e le avanguardie presenti nella capitale dell’arte del Novecento. E’ un periodo di lavoro fattivo ed importanteperché dedicato alla ricerca, all’avvio delle sue prime committenze, alla creazione di opere plastiche di inedita freschezza anche se perlopiùinfluenzate dai grandi artisti del tempo (Bistolfi, Rodin, Medardo Rosso .. ), all’attività espositiva.Intanto la scultura italiana, morto Boccioni ed esauritasi lavitalità del Futurismo, tende, con il movimento dei Valori Plastici, a ritrovare l’immagine figurativa tradizionale ma con l’immediatezza propria delle arti primitive e Mar-

tini vi si associa anche se la sua estrosa individualità non si può iscrivere dentro limiti definiti.Egli riscopre, all’epoca, l’antico superando il naturalismo ottocentesco dei suoi primi lavori plastici. La mostra in corsomette in lucetutte le fasi della vita artistica del maestro attraverso lesue cinque sezioni approcciando con centri tematici i singoli capolavori.Il percorso parte dalla sezione permanente che comprende gli anni dell’apprendistato e la prima produzione; nella lunga sala d’ingresso si sosta davanti a “Il figliuol prodigo” (il grande bronzo di Acqui Terme) che domina, impressiona e si confronta con due versioni successive. Opere e confronti sisusseguono nelle varie sale e sezioni. Donna sott’acqua, il Tobiolo,Il leone di Monterosso, La Chimera,La Pisana e La donna al sole,Ragazzo seduto, La veglia, la Sposa felice e altri lavori mai visti interpellano la curiosità dell’osservatore. La terza sezione è dedicata alle maioliche, sculture di piccolo formato ( Donna sdraiata, Esploratore, Visita al prigioniero, Gli amanti …). La quarta sezione si apre con i disegni,la grafica e i dipinti del maestro. La mostra si conclude nella quinta sezione con una scelta mirata ai capolavori nel chiostro, in particolare si impone la monumentale statua di Adamo ed Eva, alta tre metri e simbolo della mostra stessa. Questa esposizione in corso è accuratamente documentata ed interessante e, potendo, imperdibile.

MUSEO LUIGI BAILO

Borgo Cavour, 24 31100 Treviso

INFORMAZIONI: prenotazioni@museitreviso.it

CURATELA: Fabrizio Malachin, Direttore dei Musei Civici di Treviso; Professore Nico Stringa.

ORARIO: da martedì alla domenica dalle ore 10.00 alle 18.00; lunedì chiuso.

CATALOGO edito da Antiga Editore

TEL. PREVENDITA: +39 0422 658951

E-MAIL INFO: info@museicivicitreviso.it

SITO UFFICIALE: http://www.museicivici.it

COSTO: 9 euro intero; 6 euro ridotto.

MOSTRA MONOGRAFICA con 280 capolavori

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Dalla statua allo spazio, oltre i limiti dell’oggetto: la mostra alla Gam di Torino

Viaggio al termine della statuaria: la mostra alla GAM di Torino ricostruisce linguaggi, sviluppi e declinazioni della scultura italiana, dagli anni ’40 agli ’80, attraverso le opere di 40 artisti

Fino al 10 settembre 2023, alla Gam – Galleria d’Arte Moderna di Torino è possibile visitare la mostra “Viaggio al termine della statuaria”, a cura dell’attuale direttore Riccardo Passoni. In mostra sono presenti una cinquantina di opere di quaranta artisti selezionati tra i più significativi operanti in Italia a partire dagli anni Quaranta fino agli anni Ottanta del novecento. Le opere provengono dalla stessa collezione della Gam, dalla Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris e dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.

La mostra è particolarmente interessante per almeno due importanti ragioni. La prima è che colma un gap. Raramente, infatti, viene dato spazio autonomo alla scultura e a quello che è stato il percorso artistico e concettuale che questa specifica forma di espressione artistica ha attraversato nel corso dei decenni. La seconda ragione invece ha a che fare proprio con la riflessione che il “Viaggio al termine della statuaria”, come recita il titolo, puoi aiutarci a elaborare sulla storia dell’arte contemporanea in Italia, in un periodo così denso di avvenimenti e intenso nella ricerca come fu quello che va dal Dopoguerra fino alla fine degli anni Ottanta.

È infatti da osservare come già nel titolo dell’evento siano posti in luce due concetti non banali: il primo è l’uso del termine “statuaria” – la statua, quindi, come opera oggetto tridimensionale, dotato di una propria articolazione e presenza fisica nello spazio – e non letteralmente di scultura.

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Lucio Fontana Rosario di Santa Fe (Argentina),1899- Comabbio (Varese), 1968 Concetto spaziale Spatial Concept 1952 Otto elementi in ferro verniciato

MIRELLA CARUSO

Mirella Caruso nasce a Sciacca, luogo di atmosfere mediterranee che l’ha sempre ispirata per i suoi dipinti. Laureata in giurisprudenza all’Università di Palermo, ha insegnato Discipline Giuridiche e Economiche ed è attualmente impegnata nell’insegnamento delle tecniche dello yoga, pratica che è per lei ispirazione fondamentale per alcuni dei suoi soggetti simbolici. Stabilitasi a Torino, ha iniziato il suo percorso di pittrice grazie all’incontro con Margherita Alacevich. La sua energia vitale e l’irrequietezza del suo carattere la portano spesso a diversificare la sua produzione; passando per quadri simbolici si arriva alla rappresentazione figurativa di paesaggi e soggetti. Tra le maggiori esposizioni dell’artista si ricordano le personali nel 1995 a Cervo (IM) a Villa Farandi, quella del 2013 al “Re Umberto” di Torino, nel 2016 la bipersonale con Giuseppe Falco alla Galleria d’Arte Centro Storico a Firenze e nel 2017 presso il circolo culturale di Sciacca. Oltre a numerose mostre al circolo degli artisti e alla promotrice delle Belle

Arti di Torino, si ricorda la partecipazione nel 2016 alla collettiva internazionale “Time to Build” all’atelier 3+10 a Mestre, nel 2018 la collettiva presso la galleria Saphira e Ventura a New York, nel 2019 a quella all’Appa Gallery di Madrid e nello stesso anno la collettiva “Rinascimento contemporaneo” al museo Leonardo Da Vinci a Roma e nel 2021 la partecipazione ad ArtParmaFair a Parma.

Tra le principali pubblicazioni un editoriale nel 2013 sul II volume ‘La donna nella storia dell’arte’, a cura di Giuseppe Nasillo.

Nel 2015 sono stati pubblicati suoi quadri su ‘Nuova Arte’, Cairo Publishing e nel 2017 sul catalogo n.53 ‘Dell’Arte Moderna - Gli artisti dal primo ‘900 a oggi’, casa editrice Giorgio Mondadori

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mire.caruso@gmail.com

AURORA CUBICCIOTTI Attraverso

l’acqua

Galleria Sant’Andrea, via Cavestro, 6 Parma. Orari: da martedi al sabato 10:00- 12:00/ 16:00-19:00.

Domenica solo dalle 16.00 -19:00 fino al 6 Luglio 2023

Il giorno 24 giugno si è inaugurata presso la Galleria Sant’ Andrea di Parma la mostra della pittrice Aurora Cubicciotti : “ Attraverso l’acqua”. Mediante immagini che riecheggiano i preraffaeliti,anche questa volta l’artista ha voluto sottolineare un problema sociale, quello dei naufraghi, di tutte quelle anime che attraversano l’acqua per tornare a rinascere a nuova vita e che non sempre riescono a farlo. Ogni anima è un’isola nel mare: essa non viene rappresentata con un colore di pelle diverso dal nostro, perchè è la spiritualità dei corpi che viene dipinta.

Quando l’arte incontra la vita noi riscopriamo la vera essenza dell’essere persone inserite nel flusso dello spazio e del tempo. La magia dell’arte è nella possibilità della

scoperta di qualcosa che ci appartiene, il disvelamento di ciò che è parte di noi stessi, del nostro essere sulle strade tortuose, e a volte confuse, della storia, della nostra contemporaneità. È una ricerca continua, forse affannata, forse anche dolorosa, ma estremamente affascinante, quella che ci propone l’artista

Aurora Cubicciotti: una donna che sa leggere l’alito della vita, che sa guardare dentro le cose, nelle recondite profondità degli occhi dei personaggi che lei ritrae in maniera mirabile, nelle profondità delle pieghe dei meandri dell’inconscio, nelle profondità dei sentimenti, nel “simbolismo” dei suoi personaggi che diventano paradigmi delle condizioni stesse dei drammi della vita quotidiana.

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Aurora Cubicciotti non può esimersi dal partecipare concretamente al cammino della storia. L’arte è fatto storico, è nella storia, ha una sua storia. I suoi dipinti vanno nella direzione di un quotidiano impegno nella società e verso la società, verso un’arte che sappia intensamente veicolare profondi momenti di riflessione sui molteplici volti del vissuto quotidiano di ognuno di noi, quindi nel flusso concreto del tempo storico, del divenire storico. L’arte non può restare a guardare lo scorrere degli avvenimenti che passano davanti ai nostri occhi e farci rimanere inerti, im-

mersi nella più pura e vergognosa ignavia. Arte e vita. Arte per la vita. Arte nella vita: sono binomi inscindibili per mostrare il volto del mondo, per costringerci a riflettere sulle realtà e sui mali del mondo, attraverso immagini pittoriche anche dure, dolorose, penetranti come la lama affilata di un pugnale che lacera e squarcia le nostre indolenti coscienze che non hanno mai saputo, o voluto, guardare oltre il proprio sterile egoismo. In Aurora Cubicciotti l’arte diventa epifania della vita

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ANTONIO IOZZO

La mia esperienza artistica si basa su una ricerca continua ,spaziando nelle tecniche conosciute per poi annullarsi per creare delle vibrazioni di luce, per stimolare nel nostro profondo il risveglio dei nostri archetipi primordiali.I lavori che presento fanno parte del tema Ipostasi e un trittico, due matrici in legno e uno centrale su tela.

Città natale cosenza, consegue gli studi accadameci sez scenografia. Dal 1984 fa diverse esperienze teatrali sia nella prosa che nel teatro danza, che nel tatro di ricerca. Attualmente lavora in strutture riabilitative utilizando i sistemi creativi delle discipline artistiche, per mitigare e sciogliere i problemi del disaggio mentale.

Nella direzione della ricerca visiva si confronta con le diverse correnti artistiche e con le loro tecniche,cercando di esprimere un propio linguaggio visivo, fatto di vibrazioni di luce che consentono di comunicare con i nostri archetipi.

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SANTO NANIA

Pittore di formazione figurativa. Per molti anni ho seguito lo studio sul ritratto e sul paesaggio.

Nel 1989, lo studio e la ricerca verso nuovi orizzonti, abbracciando l’interesse verso la pittura “INFORMALE “ che ancora oggi porto avanti.

Ho partecipato a mostre in Italia e all’estero. Ho collaborato con enti preposti per la diffusione dell’Arte, con eventi di carattere regionale e nazionale.

Nel 1979 creo dei corsi d’Arte, indirizzati a dare sostegno ad allievi di scuola d’arte.

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DISCEPOLO GIRARDI

Discepolo Girardi è nato ad Avellino nel 1963, La sua formazione artistica ha i suoi albori presso la scuola d’arte del padre Vinicio, rinomato pittore della scuola napoletana del novecento. Si è laureato in architettura a Napoli e qui ha cominciato e continua la sua ricerca nel campo delle arti figurative senza disdegnare a periodi la scultura e le arti applicate. Ha partecipato a centinaia di concorsi di pittura in Italia ed all’estero riscuotendo successi , elogi dalla critica nazionale ed oltre 50 primi premi. Sue personali si sono tenute in enti pubblici e privati di diverse città italiane ed europee: Napoli, Torino,Salerno, Roma, Foggia, Benevento, Ischia, Nizza, Lione, Parigi ecc. Tuttora la sua presenza è permanente in diverse gallerie pubbliche e private, particolarmente la galleria ARIELE Torino. Si sono interessati alla sua pittura critici ed esponenti del mondo culturale tra cui: G. Grassi, A. Calabrese,Sgarbi , R. Zani, E.Treccani , G.A. Leone. , M .Vitiello, F.De Santis etc. riviste specializzate del settore : Il Tempo, Cronaca Politica, Il Mattino, Il Giornale di Napoli , Eco dell’arte moderna, Ciociaria oggi Ha illustrato con sue litografie e xilografie le pagine di racconti e poesie di scrittori e di alcune canzoni napoletane, inoltre ha realizzato murales per enti pubblici e privati in Campania ed Abruzzo.

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CLAUDIO GIULIANELLI

Parlare della mia pittura mi è difficile, di come nascono e prendono forma le figure che popolano i miei quadri.

Sicuramente è stato determinante il mio amore per l’arte antica, amore nato da bambino durante le vacanze estive a Porto Ercole in Toscana ove i vecchi pescatori narravano la leggenda della morte di Caravaggio.

Di quel pittore rimasi folgorato e la sua pittura entrò nel mio dna, iniziai a studiare i suoi quadri, uno ad uno, sia nello stile compositivo che nella tecnica.

Poi, un giorno, durante una lezione di educazione artistica nella scuola media, vidi appeso alle spalle della mia professoressa un poster, in un angolo, vi era riprodotto un particolare di un quadro di Hieronymus Bosch.

Ne rimasi impressionato e frastornato, pensavo si trattasse di un pittore contemporaneo per quella incredibile vena surreale che sottointendeva una conoscenza antica, quel rappresentare un uomo con la faccia da pesce.... si aprì ai miei occhi il suo mondo magico ed ermetico che mi entrò nella pelle e nella mente.

Si, mi è difficile parlare della mia pittura...

mail: claudiogiulianelli@gmail.com

Sito: https://www.megaart.it/

tel. 393.04 02 949

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ALESSIA ZOLFO

I soggetti ritratti da Alessia Zolfo hanno una carica empatica impressionante e riescono a mettersi naturalmente in diretto dialogo con chi osserva; l’artista mette in atto una pittura di ricerca e sperimentazione, con l’utilizzo di collages in cui si intravedono grafie e con un’importante componente segnica. Volti dai lineamenti marcati ma dolcissimi e dagli sguardi cristallini raccontano la loro personale storia di amicizia, nostalgia, fratellanza, tristezza e lo fanno grazie al talento espressivo di un’artista dallo stile

originale e inconfondibile.

mail: zol317@gmail.com

tel. 349.444 4774

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Alessia Zolfo e’ nata a Napoli nel 1984. Ha frequentato dapprima la facoltà di filosofia alla Sapienza di Roma e successivamente si è diplomata in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone. Dal 2009 è docente di Arte nella scuola secondaria. Sperimenta con molteplici tecniche

espressive che spaziano tra pittura, scultura e grafica e da quasi vent’anni opera nel campo delle arti, ottenendo premi e riconoscimenti tra cui il Premio Pandosia 2006, il Premio Morgese 2009, il Premio Il Segno 2011 e il Premio Biennale d’Arte Imprimatur del 2012. La sua ricerca artistica, sempre in continua evoluzione, si pone come obiettivo quello d’indagare le possibilità d’espressione della figura pur contaminata dai linguaggi dell’informale e del concettuale ma senza essere inscrivibile precisamente in nessuna di queste. I soggetti raccontano, tra storie, mitologie, e identità indefinite, quelle tematiche filosofiche dell’esistenza, della vita e della morte, che la appassionano dagli studi liceali.

Alessia Zolfo ha esposto le sue opere in eventi internazionali di rilievo, tra cui l’Esposizione Triennale di Roma del 2014 e la 54esima Biennale di Venezia del 2011. È tra i finalisti del Premio Mestre 2022. È finalista al Premio della Fondazione Amedeo Modigliani 2022 nella sezione pittura. Vive ad Alatri (FR).

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FRANCO TARANTINO

Il pittore Pugliese(nato a Monopoli) Franco Tarantino, dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte di Bari si diploma al liceo artistico di Lecce, poi trasferitosi a Milano (dove si è diplomato a Brera e all’Istituto superiore di Scultura del Castello Sforzesco), da anni rappresenta l’esempio magistrale di un percorso e una maturazione artistica che lo ha portato da un’ importante esperienza figurativa, all’attuale esperienza di astrazione cosmica e contaminazione di generi. Notato subito dalla critica per le sue doti di disegnatore e incisore figurativo- surreale di stampo Picassiano e Chagalliano, è sempre stato attratto dal colore e dalla forma realizzando negli anni oltre a bellissime incisioni di grande formato, quadri polimaterici coloratissimi, sculture e piatti in ceramica di grande suggestione. Prima ancora di essere pittore, Franco Tarantino è un grande sognatore Felliniano, (vedi opere come Annunciazione,1995, “I trapezisti”, 1996; “L’albero bifronte”,1999) che crede nella libertà creati-

ve dell’uomo, ma anche uno strenuo difensore di libertà e istanze civiche, e sociali (vedi opere come “No terrorismo”, 2006 e “USA 11settembre”, 2006; “Giustizia e Libertà, 2006 una grande tela di metri 5×2). Una delle sue doti infatti è di sapersi esprimere sia nel piccolo che nel grande formato. Forse vale la pena di approfondire alcuni suoi temi e simboli ricorrenti prima che approdasse all’attuale periodo “informale” ricco di fluorescenze coloristiche-emozionali inconsce e giardini segnici. Sono essenzialmente l’Albero, la Donna, Il Cavallo e Don Chisciotte. L’Albero, ha una potente risonanza simbolica: attraverso l’immagine dell’albero che continuamente si rinnova e rinasce, Tarantino ci parla dell’Artista e della sua Arte portatrice di valori, rinascita e memorie e nido di sogni. Dall’immagine biblica dell’albero della vita alle parole di Alce Nero, il mistico Sioux che lo rappresenta al centro del cerchio del mondo, l’albero costituisce un’immagine universale e

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archetipica, un simbolo potente che vive e si moltiplica, nello spazio e nel tempo, in un’infinita varietà di forme.

Tarantino raffigura gli alberi negli anni sia nell’incisione (di cui è uno dei maestri Italiani contemporanei) che nelle tele, con angeli dormienti, Amazzoni sognanti, pulsioni afrodisiache, un naturale habitat di poeti e sognatori, luogo d’incontri ecologici, iconologici, simulacro di visioni e di evasione, tramite tra due mondi, quello terreno e quello spirituale.

La Donna: Tarantino ha raffigurato Donne bellissime e sensuali, amazzoni, cavallerizze, modelle, illusioniste, equilibriste etc…ma sempre con un’idea di bello e di armonia, di forme modellate sulla bellezza, linee che accarezzano l’idea di un amore infinito e assoluto. Per Arturo Schwarz, in “La donna e l’amore al tempo dei miti” – Ed. Garzanti – tutte queste dee rappresentano l’Eterno Femminino, con le sue caratteristiche fisiche, bellezza e luminosità, e le sue virtù iniziatiche e salvifiche. La donna, quindi, depositaria dei misteri (le donne, incomprensibili e astute, per gli uomini –come Athena) e soprattutto dei misteri della sessualità e dell’amore. Sempre a proposito della Donna, Jung scriveva: “Quale immagine primordiale sta dietro le rappresentazioni dell’arte?” E poi afferma: “Ogni uomo porta in sé l’immagine eterna della donna, non di una determinata donna, ma l’immagine del femminile” (C.G. Jung:”Seelenprobleme der Gegenwart”, Rascher).

mail.: 1francotarantino@gmail.com

Sito: https://it-it.facebook.com › franco.tarantino2 tel. 328.878 6353

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“C’era una volta una .... .” Acrilico su cartoncino Schulz33x40 “Fascino in azzurro mare” acrilico su cartoncino Schulz 33x40

GIORGIO BILLIA

Giorgio Billia nasce a Roccaverano (AT) il 21 Marzo 1956. Frequenta il Liceo Artistico “Cottini” e l’Accademia di Belle Arti di Torino, corso di Scultura del prof. Alessandro Cherchi e Raffaele Mondazzi.

Esordisce con le prime mostre personali negli anni 1987 e 1988 presso la Galleria d’arte G.Fasolino (To), con presentazione critica a cura di Francesco Lodola ed Elena Pontiggia.

Partecipa in seguito a mostre personali e collettive, tra cui: 1990 – Biennale di Arte moderna e contemporanea di Torino a palazzo Nervi;

1992 – Fiera di Bologna a cura di Elena Pontiggia ; 2012 – “Lo stato dell’Arte” – Padiglione Italia- Biennale di Venezia a cura di Vittorio Sgarbi.

Le prime opere sono grandi frammenti di rapaci realizzati con materiali poveri che rimandano efficacemente ad un concetto di naturalismo: le immagini, strappate al loro contesto, diventano elementi concettuali.

Le opere successive sono caratterizzate da una ricerca figurativa, dove emerge un uso prevalente del colore per evidenziare le caratteristiche espressive dei personaggi ritratti.

Le ultime opere, infine, abbandonano l’uso del colore, mantenendo uno stretto legame con la figuralità e ispirandosi a canoni classici. Fondamentale è il significato concettuale dei lavori, accomunati da un unico titolo che ne rappresenta la vera essenza.

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“CECITÀ”. - anno 2020 - 60 . x 38 cm “RAPACE” - anno 1999 - dimensioni 170 cm. x 60 cm. materiali gesso duro e legno verniciato-

Queste opere dicono molto di sé, cecità? Quanta cecità ogni giorno incontriamo? Molta, ha un altro nome, ma la rispecchia a pieno l’indifferenza. Per me sei trasparente, non esisti, o non esisti più. Ti attraverso quasi calpestandoti, tanto non proverò nessun sentimento, emozione, nulla. A mio parere è la cecità peggiore, quella dell’anima. E’ lo specchio del becero egoismo, o la difesa di chi non sa argomentare. Quanta cecità moderna, pensiamo a chi lo è davvero cieco, ma percepisce ogni movimento, cambio di suono della voce, tocco. Siamo diventati asettici, nei sentimenti, nei rapporti. L’ opera lancia un messaggio forte, non diventiamo ciechi a prescindere, asettici, privi di emozioni. Guardiamoci, annusiamoci, e viviamo vedendoci, e parlandoci, nulla è più mortale dell’indifferenza, uccide tutto anche il rispetto.

“INVOLUCRO”,già il titolo di uno dei lavori è fonte di riflessione. Se ci pensiamo un attimo ognuno di noi visto dall’esterno è diverso, ma l’interno, quello anatomico è quasi uguale per tutti. Il corpo è l’involucro dell’anima, del cuore, epicentro delle emozioni più vere, dirette e reali. Possiamo nascondere ogni cosa ma saremo anima e cuore per pochissimi, che sapranno vederci dentro, oltre. D’impatto è voluto il viso, diviso dallo scheletro. Due facce della stessa medaglia, oggi più che mai attuale. L’opera è diretta e bellissima, nella sua semplicità. Ma come ci suggerisce, non fermiamoci mai all’apparenza, guardiamo la vera essenza di chi abbiamo di fronte, sempre!

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CORRAD O ADERUCCI

Esperienza in Movimento

Difficile, almeno per noi, inquadrare con precisione lo stile pittorico di questo maturo,navigato artista torinese. Un Cubista? Sì, forse.

Simbolista? Certo… anche per l’inseguimento ‘seriale’ del Non Detto, del sogno, della révérienocturne. Astrattista? Se ne può parlare, in quanto decisamente astratto è il portato della sua pittura.

Ma allora perché non divisionista, per le distanze di luci e

ombre che connotano i lavori, o chissà che altro…. No, con lui non funziona così. Probabilmente queste poche note non devono descrivere i capiscuola di questo o di quel movimento, perché rappresenterebbero solo uno spreco di nozionismo che ci porterebbe lontano, senza poi aver inquadrato il cosiddetto ‘Chi fa Cosa’ di un grande artista nostro contemporaneo, residente (OmeNomen) proprio in via Giacomo Balla!

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All’opposto, segnaliamo piuttosto la grande capacità tecnica e umana di Alderuccidi prendere immaterialmente per mano chi fruisce dei suoi quadri, per trasportarli in un suo ‘non luogo’, forse definibile come Essenza dell’Esistere;un ‘non luogo’ dove le fantasie non hanno limiti, né dogmi da seguire, e che sono circondati da meravigliosi cieli che vanno - a seconda dell’opera - dal blu al giallo limone, spesso conpuntinature che variano le tonalità dell’atmosfera dell’immagine.

Sono spazi conchiusi, ricchi di simpatiche case (quante case!) dai tetti colorati e microscopiche finestre, matite, conchiglie, figure geometriche, enigmatici profili di visi, barche di carta e quant’altro.

E’ la fantasia che esplode in tanti simboli, stimoli, odi dipinte che ti portano di qua e di là, per scoprire cosa suggerisca l’artista, e poi permetterti di raggiungere cosa tu veramente voglia suggerire a te stesso.

Chiudiamo il profilo dell’artista con un arguto pensiero di Silvia Ferrara: “La sua arte si ispira a una visione informale ove i simboli... captano sentimenti contrastanti che assumono un significato talvolta psicologico, molto amplificato delle personali emozioni”.

Per informazioni e visite in studio: cell. 335-12.91.791

Pagina Facebook: AlderuccicorradoPainter Mail: corrado.alberucci@asa.pro.

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László Botár

All’interno di Living Moments / album d’arte

Studi: 1984 „Ion Andreescu” Art University Cluj, facoltà di design industriale e grafico. Designer presso Republica Reghin, presso la Fabbrica di Trattori - Miercurea Ciuc, presso Syrinx Srl., BPM System Srl., Ambient Team Srl. 1999-2003 presidente della Hargita Visual Art Association. Paralely, coordinatore delle arti visive presso il Centro Culturale della Contea di Harghita. Mostre personali e collettive più importanti: Bucureşti, Reghin Oradea, Miercurea Ciuc, Sibiu, Tărgu Mureş, Iaşi, Sf. Gheorghe, ... (RO), Budapesta, Kaposvár, Szigetvár, Szeged Dunaújváros, ... (HU) Stoccolma, Tǻngagärde (SE), Chişinău (MD), Berlino (DE), Los Angeles (USA), Torun (PL ), Roma (IT), Vienna (AT). Sculture all’aperto: Miercurea Ciuc, Sâncrăieni, Ciceu, Salina Praid (RO). Adesione: Dal 1990 - Unione degli artisti professionisti della Romania (UAPR), 1995 - Associazione degli artisti ungheresi di tutto il mondo a Stoccolma, 1994 - Associazione Barabás Miklós - Artisti ungheresi della Transilvania, 1995 - Associazione degli artisti ungheresi di tutto il mondo a Stoccolma, 2016–ArteMix Wien. Spettacoli 2002 - Roma, Accademia di Romania a Roma (IT), 2003 - Kaposvár, Centro Culturale Vaszary János (HU)

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Nato il 20 luglio 1959 a Miercurea Ciuc Diplomato alla Scuola Superiore di Musica e Belle Arti di Târgu Mureș (1978), ha terminato la sezione di design presso l’Istituto di Belle Arti “Ion Andreescu” di Cluj. Fino al 2003 è stato presidente dell’Associazione d’arte visiva Hargita. Attualmente è coordinatore delle arti visive presso il Centro culturale della contea di Harghita. È membro dell’Unione degli Artisti di Romania (dal 1990), è membro della Corporazione “Barabás Miklós” (dal 1994), dell’Associazione Mondiale degli Artisti Ungheresi di Stoccolma (dal 1995). È membro fondatore del gruppo artistico “Studio 9”. Le mostre personali più rilevanti sono: Gyula - Casa della Cultura; Miskolc - “Casa Kós Károly”; Pusztaszentlászló; Győr - Casa Napoleone; Szolnok - Centro per la Musica e l’Arte; Casa della Cultura Ungherese, Ospedale “Nyírő József”, Hauer-Új Nemzeti Galéria, noMade Gallery a Budapest; Eger - Templom Galéria (Ungheria);

Palazzo del Parlamento rumeno, Sala Constantin Brâncuși (Romania); Stoccolma, Tångagärde - Casa ungherese (Svezia), Chișinău - Biblioteca Onisifor Ghibu e Museo nazionale della Moldavia (Repubblica di Moldavia)

Le sue creazioni sono presenti in numerose collezioni nel Paese e all’estero, come Italia, Germania, Ungheria, Romania, Israele, USA, Canada, Austria, Svezia, Moldavia, Giappone, Nigeria, Olanda, Dubai, Francia e Galles. Le sue opere monumentali sono visibili a Miercurea Ciuc, Sâncrăieni, Ciceu e Salina Praid. Tra il 1992 e il 2022 ha partecipato a numerosi campi creativi: Jigodin Ciuc, Lăzarea, Bálványos, Mărtinis, Ghimeș, Miercure Ciuc - Inter Art 2002, 2003, 2004; Miercurea Ciuc - FREE camp 2005-2014(RO); Vaja, Rezi, Pusztaszentlászló, Hejce, Szentendre, Berekfürdő, Veránka-sziget, Dunaharaszti (H); Tångagärde, Stoccolma (S); Berlino (D).

Partecipa a spettacoli: Roma - Accademia di Romania a Roma (I) Kaposvár - Centro culturale “Vaszary János”(H).

Bagni Harghita (mostra all’aperto del poeta Kányádi Sándor), Galleria d’arte Ave, Galleria d’oro, Pensione “Turul”, Galleria UAP, Galleria d’arte visiva Hargita e Galleria Kriterion a Miercurea Ciuc; Târgu Mureș - Casa-Bernády; Odorheiu Secuiesc - Casa comunale della cultura; Gheorgheni - Galleria d’arte Pro; Bucarest - Galleria Orizont e

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botarlaszlo@gmail.com
cellulare: 0040 744 646426 mail:
web: www.botarlaszlo.com

ARIPA DI MARIANA PAPARA’

Volendo ammirato, scrivere oggi sull’arte di Mariana, sottolineo subtio quello coerenza profesionale che - in pratica - la caratterizza da sempre, giustficata dall’equilibrata linearita insita in ogni lavoro espresso a tecnica mista e ad acrilico che se svela l’autonomo volto espressivo. Il suo e un impegno di ricerca che tuttavia non va da un luogo all’altro: mai dettato dalla casualita, rifugge l’odierna altrui superficiale e invadente consuetudine cucita alla casualita e all’ apparenza. Il percorso d’ogni dipinto include, înfatti, la stessa ‘ memoria’ per cui Marta Geirut, poetessa e artista scomparsa nel 2005, se l’avesse conosciuta, avrebbe senza dubbio detto essere ‘carta viva’.

Tracce e tracciati, simboli.

In Mariana Papara vivono indiscutibilmente i segni della constante riflessione dove gli attimi vitali, composti anche

da lamine dorate e argentee, da ferite rosso/ sacrificio e da vibrazioni astratte, conducono îl pensiero verso una pulsante tensione non priva di intimi accenti e ormai lontani echi figurali, si da evocare îl ‘mistero’.

L’artista proseque un interessante viaggio interpretando il proprii tempo, ecco che sulle tavole e sulle tele e sulle carte vive un pensiero lirico concretizzato da uno spazio/ colore funzionale ai propri valori morali indiscutibilmente significativi. In lei non c’e l’imitazione dell’oggetto o della materia, bensi una fantasia fata imagine in cui confluiscono, s’addensano e s’agrumano immagini di un ‘Io’ che dice e che fa, in un dare forme assestate e spiritualizzate, quasi come un voler consegnare continuativamente agli anni la generosita creativa di cui e dotata.

(Lodivico Geirut)

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Nata a Braila, in Romania nel 1955, Mariana Papară si è laureata in pittura presso la prestigiosa Accademia d’Arte “Ion Andreescu” di Cluj Napoca, conseguendo successivamente il riconoscimento di artista professionista attraverso un ulteriore e severo percorso formativo triennale, richiesto nel suo Paese per l’accesso all’Albo dell’Unione Artisti Professionisti della Romania. In parallelo, si è dedicata allo studio di numerose tecniche specialistiche antiche e contemporanee come l’iconografia bizantina, la tempera all’uovo, il vetro cattedrale e la pittura su vetro, che ha sperimentato con personali esiti di “grafismo al rovescio”.

Per oltre vent’anni è stata docente di discipline pittoriche e disegno al Liceo artistico di Piatra Neamt, avviando al contempo, a partire dal 1978, una vasta attività espositiva che l’ha vista partecipare in veste di artista ospite in simposi internazionali, ed esporre presso gallerie e musei in Olanda, Belgio, Canada, Francia, Spagna, Svizzera e Italia. (…) Il suo linguaggio fortemente comunicativo è frutto di lunghi anni di studi ed esperienze artistiche interdisciplinari, e si esprime su tavole lignee e installazioni, realizzate con materiali non solo utilizzati al servizio della forma ma concettualmente impiegati come trasmettitori di memorie e simbologie. Legni antichi, garze, pergamena, papiro, chiodi, carte da imballaggio, colle, tempere, acrilici e olii, si addensano e si raggrumano in impasti materici, amalgamati all’interno di una scrittura segnica e gestuale che per antitesi ne smaterializza il peso, allevia la gravità, suscita il levitare dell’anima. Raffinato e colto, il vocabolario di Mariana Papară sgorga da una consapevole capacità espressiva, dove ogni segno, ogni traccia, prende corpo e si traduce in immagine visiva, seguendo con esattezza il processo di pensiero che intende estrinsecare. I suoi lunghi e rigorosi studi accademici, e le profonde conoscenze di tecniche antiche e contemporanee sperimentali (spazianti dall’iconografia bizantina al vetro cattedrale, dalla tempera all’uovo alla pittura su vetro graffito con soluzioni personali per arrivare alla scultura mi-

niaturizzata del gioiello d’artista e all’utilizzo del medium tessile) le permettono di approdare all’improvvisazione creativa, che, come succede per altre discipline quali la musica e il teatro, è territorio di chi ha percorso con umiltà molti cammini di apprendimento e confronto.

Con una scrittura di radice neo-espressionista e informale, dalla quale tuttavia si discosta con stile ed esiti del tutto personali, Mariana Paparà intesse un efficace e coinvolgente dialogo tra finito e infinito, da cui sgorgano parole silenti e tratti che esplorano il sudario per trovare la via verso la purezza della gioia.

. ( Silvana Notta- critico d’arte)

mail.: marianaaripa@gmail.com www.facebook.com/ aripa.dimarianapapara tel. +40 0736 785 363

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LUIGI CURCIO

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L uigi Curcio è nato a Casabona (KR) nel 1953.

Nel 1968 trasferitosi a Torino frequenta il Liceo artistico e poi l’Accademia Albertina di Torino, dove si è diplomato nel 1978.

Vive ed esercita la professione insegnante a Torino 1985-86 fa la prima personale all’ Unione culturale presso Palazzo Carignano.

Segnalato dalla commissione “Giovani Artisti a Torino” di cui faceva parte il professore P. Mantovani.

2011 partecipa alla mostra Arte Visive Segni 20x20 ( Singolare e Plurale) presso il Castello di Rivalta, a

cura di R. Mastroianni.

2012 è presente alla mostra : lo Stato dell’Arte a cura di V. Sgarbi. Torino - Palazzo Esposizioni. Padiglione Italia 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, iniziativa speciale per il 150° anniversario Unità di Italia 2012 partecipa all’esposizione di Arte & Design - Paratissima (C’ est Moi ) 8. Borgo Filadelfia. Torino - ArtParma 2021 - ArtParma 2022

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tel.
mail.: luigicurcio.art@gmail.com
327.530 4074

MACS Museo di Arte Contemporanea Statale

Il MACS, Museo di Arte Contemporanea Statale, è stato inaugurato l’8 ottobre 2016. Il Museo, oggi, possiede una collezione di circa 500 opere di arte, donate da numerosi artisti di fama nazionale e internazionale. E’ situato in via Napoli, vico II, presso la sede del Liceo Artistico Statale “Solimena” di Santa Maria Capua Vetere ed è aperto al pubblico dal lunedì al sabato dalle ore 08.00 alle ore 14.00.

La raccolta, conservazione e l’esposizione di opere consente al Liceo Artistico di formalizzarsi quale polo culturale e sperimentale, diventando punto di incontro reale ed effettivo tra l’arte, cultura e scuola, realizzando uno spazio di libero confronto nel senso più ampio del termine, assicurando contaminazioni creative fra esperienze, stili, linguaggi, territori e generazioni.

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museo d’arte contemporanea statale

Il percorso artistico di Renzo Sbolci, nato a Livorno nel ’47, si è sviluppato a partire dagli anni ’70. Tranne un brevissimo inizio nell’area figurativa ispirata all’opera di Giorgio Morandi, subito si è indirizzato verso la pittura gestuale e materica col rifiuto del conoscibile e la ricerca di forme che avessero carattere simbolico, archetipico. Forme che dovevano vivere in uno spazio fluido privo di connotazioni prospettiche in costante trasformazione. Suoi maestri ed ispiratori in questo percorso sono stati i cubisti ed in particolare Braque e J. Gris, gli astrattisti Malevich e Mondriaan, il futurista Depero ed ancora Chagall e Kandinskij ma anche le cromie delle vetrate gotiche e Liberty…

Dall’inizio del 2000 lo Sbolci abbandona la tela per il legno che gli permette di realizzare opere “aperte” dove i pieni ed i vuoti hanno lo stesso valore; dove presenza ed assenza di materia sono parti inscindibili di un’unica realtà. In questi ultimi anni poi un ulteriore stacco con il passato si è avuto abbandonando pennelli e vernici acriliche per le matite ed i pastelli cerosi che permettono un maggiore contatto fisico con la materia legno. A questo ultimo periodo appartengono i Totem sorta di sculture da vivere sulla parete caratterizzate dalla leggerezza grafica e coloristica tipica del disegno.

49 RENZO SBOLCI
racconti47@hotmail.it tel. : 340.25 43
mail
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MARIO SCHIFANO: IL NUOVO IMMAGINARIO.

1960 -1990

alle Gallerie d’Italia a Napoli

Le Gallerie d’Italia a Napoli, museo di Intesa Sanpaolo, ospitano la mostra Mario Schifano: il nuovo immaginario. 1960 -1990, dedicata a uno dei più importanti artisti italiani della scena nazionale e internazionale del XX Secolo.

oltre 50 lavori della produzione dell’artista dagli anni Sessanta agli anni Novanta, provenienti dalla Collezione di Intesa Sanpaolo, da importanti istituzioni culturali come il Museo del Novecento di Milano e la Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro di Venezia, oltre che da gallerie d’arte e collezioni private nazionali ed internazionali e si avvarrà della collaborazione dell’Archivio Mario Schifano.

Mario Schifano inizia la sua carriera tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. La sua ricerca è inizialmente caratterizzata da una pittura monocroma, densa, con evidenti riferimenti al suo lavoro di restauratore di opere antiche nel museo d’arte etrusca e archeologica di Villa Giulia, a Roma, dove il padre lo aveva indirizzato. Il percorso espositivo parte da queste prime opere monocrome rarissime, alcune delle quali provenienti dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati, oggi parte del patrimonio artistico del Gruppo Intesa Sanpaolo per la prima volta riunite in questa importante occasione. L’esposizione tratta anche il tema delle insegne, rappresentate in mostra da importanti opere come Grande pittura del 1963 e da pitture iconiche dedicate alla Esso, alla Coca Cola ed ai segnali urbani che caratterizzano la ricerca di Schifano in questi primi anni Sessanta.

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L’esposizione, a cura di Luca Massimo Barbero, presenta

Per la prima volta saranno esposte al pubblico una serie di opere degli anni Settanta denominate Paesaggi TV: creazioni che, rivedendo la pittura attraverso l’utilizzo della macchina fotografica e l’emulsione del colore sulla tela, ripropongono fatti di cronaca, arte e pubblicità.

Il Salone Toledo al piano terra ospiterà opere di grande

formato rappresentative degli ultimi tre decenni della produzione artistica di Mario Schifano, gli anni Settanta, Ottanta e Novanta del Novecento. Questi ultimi impegnativi lavori ben illustrano la felicità creativa dell’artista anche nella sua fase matura, espressa nella forma tanto colossale quanto festosa, di quelli che la critica definisce gli straordinari teleri dell’arte contemporanea internazionale.

Dal 02 Giugno 2023 al 29 Ottobre 2023

NAPOLI

LUOGO: Gallerie d’Italia - Napoli

INDIRIZZO: Via Toledo 177

CURATORI: Luca Massimo Barbero

COSTO DEL BIGLIETTO: intero 7€, ridotto 4€, gratuito per convenzionati, scuole, minori di 18 anni eclienti del Gruppo Intesa Sanpaolo

SITO UFFICIALE: http://gallerieditalia.com

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Museo Archeologico Nazionale di Napoli

La mostra è promossa dal Ministero della Cultura italiano e dal Ministero della cultura e dello sport della Grecia, l’esposizione è organizzata dal MANN, diretto da Paolo Giulierini, con il sostegno della Regione Campania in collaborazione con Electa, in partnership con Intesa Sanpaolo ed è stata ideata anche per celebrare l’avvio della fase esecutiva del restauro del grande mosaico della battaglia tra Alessandro e Dario, proveniente dalla Casa del Fauno di Pompei e per incontrare le grandezze dell’Oriente.

Alessandro Magno subì il fascino dell’Oriente ed ebbe modo di ammirare la porta dei leoni di Babilonia, i Grifoni di Susa, l’Apadana di Persepolis e gli elefanti turriti dell’India.

La mostra, attraverso i tanti materiali custoditi dal MANN e i preziosi prestiti di musei stranieri e italiani, “eviden-

zierà i molti aspetti delle grandi civiltà antiche d’Oriente che in seguito furono recepiti e assimilati da quella grecolatina.”

Alessandro Magno re di Macedonia regnò dal 336 al 323 a.C. cambiando e orientando la storia dell’Europa e dell’Asia e questa mostra ne celebra la grandezza, attraverso le 170 opere, di cui sessanta della collezione del MANN ed altre concesse in prestito da Louvre, BritishMuseum, ArchaeologicalMuseum of Thessaloniki, Museo Nazionale Romano e dal Museo delle Civiltà – Museo d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”.

Tra le tante grandi opere esposte anche la statua equestre in bronzo che mostra il re a cavallo che è databile intorno al I secolo a.C., trovata ad Ercolano durante gli scavi di epoca borbonica.

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29 maggio - 28 agosto 2023

Informazioni

Dal 29 Maggio 2023 al 28 Agosto 2023

NAPOLI

LUOGO: MANN - Museo Archeologico Nazionale di Napoli

INDIRIZZO: Piazza Museo 19

ORARI: 9.00 – 19.30. Chiuso martedì

CURATORI: Filippo Coarelli e Eugenio Lo Sardo

ENTI PROMOTORI:

• Ministero della Cultura italiano

• Ministero della cultura e dello sport della Grecia

SITO UFFICIALE: http://mann-napoli.it

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Pantaleone Rombolà e “l’arte dei semplici”

Ho intervistato Pantaleone Rombolà artista poliedrico nato nella provincia di Vibo Valentia. Insegnante di discipline plastico scultoreee scenoplastiche. Nella sua bottega si occupa di scultura pittura, ceramica, restauro e decorazioni pittoriche. Le sue opere abbracciano diversi stili: realismo, astrattismo, impressionismo e simbolismo.

D. Raccontaci del tuo primo contatto con l’arte?

R. Il mio primo contatto con l’arte è stato davvero affascinante perché ho percepito delle sensazioni intense che hanno attraversato la mia anima.Ho sempre desiderato realizzare opere che mettessero in evidenza la mia personalità. La creazioni dei miei lavori sono stati per me un miracolo perché i miei occhi hanno colto molteplici sensazioni come se aspettassero da sempre di essere vissute. Questa, penso sia stata la mia vera cura spirituale.

D. La tua prima opera?

R. La mia prima opera è stata un ritratto, un volto daicolori forti. Ho rappresentato un Santo nella sua paca -

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tezza e fermezza attraverso l’espressione del volto e

della postura e sono rimasto affascinato dall’icona del Santo per la sua grande forza emotiva e per aver creato, con la mia semplicità innocente, un’opera dal valore divino che mi ha reso molto felice.

D. Come scegli cosa lavorare o modellare?

R. Dipende dallo stato d’animo in cui mi trovo e soprattutto dal tatto della materia e della sua malleabilitàperché,attraverso i materiali che uso posso esprimere me stesso,dando sempre un tocco speciale che si materializza durante la preparazione sia visiva che emotiva. Quindi malleabilità del sentimento e della passione artistica, che diventa vocazione professionale.

D. Se potessi incontrare un artista del passato cosa gli chiederesti?

R. Avendone la possibilità chiederei: “Quale è il confine tra l’opera d’arte e l’artista dove tutto è invisibile e tutto

ricomincia?”.Domanderei quali sono state le sensazioni che ha provato mentre si accingeva a compiere una sua creazione e con quale emozione guardava i confini che lo separavano dalla bellezza universale. Questa è la preghiera perfetta dove Dio concede la grazia ad un artista.

D. Quanto contano per te luci e ombre?

R. Per me queste due cose sono essenziali, perché,la luce che accarezza l’opera è determinante per caratterizzare il momento vivo ed emotivo dell’opera stessa. È una forma di energia radiante, anima e spirito dell’autore stesso. L’ombra invece dà volume,tridimensionalità e forza e aiuta alla comprensione per rimanere salda nello spazio circostante.

D. Da che cosa trai ispirazione?

R. Dal flusso ispirante e dal momento sublime di grazia ed estro artistico, in quanto il mio cammino di fede è

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molto radicato,quindi cerco sempre di carpire tutto ciò che è semplice ma soprattutto cerco e accolgo tutte le sensazioni del bello e del buono che si trovano in ogni gesto, in ogni incontro e in ogni battito del cuore.

D. Come definiresti il tuo stile?

R. Il mio stile lo definirei Incisivo, perché spazia dal neoclassico al barocco, ma soprattuttosi avvicina allo stile Berniniano. Espressione trascendente, linee sinuose, continue ed aperte sulla riflessioni.

D. Sei un artista multidisciplinare, di cosa ti occupi oltre alla scultura?

R. La mia arte abbraccia, oltre la scultura, la pittura e la musica che sono per me elementi che si collegano in modo sinfonico e fonetico in una tessitura semantica che esprime tutto ciò che è l’arte attraverso il sentimento romantico.

D. Progetti per il futuro?

R. Per quanto riguarda il futuro è in corso la stesura per la pubblicazione di un libro che riguarda la mia esperienza artistica, vissuta sull’arte applicata.L’esperienza sui segni del tempo che attraversano i miei giorni. Poi anche l’esposizione di una personale unitamente ad eventi culturali.

D. C’è qualche esposizione in corso dove possiamo vedere le tue opere?

R. Le mie opere sono perennemente esposte nel mio “Studio Rombo l’Arte dei Semplici“sito in Mesiano di Filandari.

D. Perché hai chiamato lo studio “Rombo l’arte dei Sempici”?

R. Mi sono ispirato alla figura di San Francesco d’Assisi alla quale sono molto legato. Amo il Cantico delle creature che mi fa pensare all’artista immerso nella natura, che non invade, un artista sobrio.

D. “Sfaccettature di donna” è un’esposizione che celebra la diversità e la complessità dell’universo femminile. Cosa vuoi trasmettere allo spettatore con questi ritratti- sculture di donna? Qual è il tuo messaggio?

R. Questa esposizione vuole essere principalmente una riflessione forte per ciò che purtroppo esiste:la violenza sulle donne. È anche un richiamo al mondo contadino, perché queste realtà esistono tutt’ora nelle zone più agreste di tutto mondo. Il mio messaggio vuole essere quello di imparare ad amare ed avere un maggiore rispetto verso noi stessi e gli altri, cercando di esprimere sempre gentilezza e positività.

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Alessandra Primicerio (critico d’arte)

Statua di Cristo a Fuscaldo

Collocata nel 1999 nel piazzale di San Francesco di Paola, l’opera è stata realizzata dall’artista Giuseppe Casale che ha utilizzato ferro e cemento. La statua rievoca la vittoria di Gesù sulla morte. Rappresenta la Resurrezione di Cristo ed è collocata accanto alla Croce.La gigantesca statua, in cemento armato, misura oltre 6 metri di altezza e peso di circa 200 quintali. È stata donata al convento dei frati passionisti di Fuscaldo.

L’artista Giuseppe Casale era di Pianopoli, i suoi numerosi e pregevoli lavori sono presenti per l’intera regione. Ha realizzato molte opere a carattere sacro essendo molto religioso. Un uomo e un artista di grande umanità che trascorreva tantissime ore al giorno nel suo laboratorio a creare opere d’arte. Giuseppe Casale ci ha lasciato un notevolepatrimonio artistico e di grande valore. Un artista poliedrico con una grande consapevolezza del tempo. Ha espresso i suoi sentimenti attraverso le sue opere e ha saputo esprimere in alcuni suoi lavori la sofferenza del popolo calabrese. Umile, non amava mettersi in mostra e spesso traeva ispirazione dalla fedeche lo portava a realizzare alcuni capolavori, come il “Cristo in croce”ed altri dove viene evidenziata la sofferenza dell’uomo. Ha sempre amato il suo paese e la sua gente. Lo scultore Giuseppe Casale era nato a Pianopoli il 3 gennaio del 1927 dove ha sempre vissuto. Aveva scoperto la sua “vocazione per la scultura del legno “ in età matura, quasi per scherzo, alcuni anni dopo aver raggiunto l’età pensionabile. Peppino, così lo chiamavano gli amici, aveva scoperto di avere delle mani capaci di modellare qualsiasi pezzo di legno in figure artistiche molto espressive e capaci di suscitare commozione e da quel giorno non ha più smesso di dedicarsi a quest’arte.

Casale ha sempre cercato l’originalità; la sua arte è stata sempre ispirata dal cuore. Tra le sue opere più importanti ricordiamo il “Ratto delle Sabine”, l’ “Amazzone “, il “Cristo in croce”, il “San Giorgio a cavallo”, “L’Alpino” e “Silvestro”. Le sue sculture hanno trovato posto nelle sale della prefettura di Catanzaro, nei locali della Provincia di Vibo Valentia, alla mostra dell’artigianato di Torino ed in tante altre manifestazioni dentro e fuori i confini regionali . Un’altra pregevole opera abbellisce la sala attesa dell’ aeroporto di Lamezia Terme: una grande scultura in legno pregiato raffigurante un emigrante. Giuseppe Casale è scomparso all’età di 78 anni.

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casale1.0

Mostra d’arte contemporanea a cura

di Demetrio Paparoni

Con opere di: Margaux Bricler, Chiara Calore, Cian Dayrit Helgi Thorgils Fridjónsson, Francesco De Grandi Rusudan Khizanishvili, Sverre Malling, Rafael Megall Ruben Pang, Daniel Pitìn, Nazzarena Poli Maramotti Vera Portatadino, Nicola Samorì, Natee Utarit Ruprecht Von Kaufmann, Wang Guangyi, Yue Minjun

Medea, icona tragica della condizione femminile è la protagonista della mostra internazionale d’arte contemporanea proposta dall’Amministrazione Comunale di Siracusa e curata dal noto critico d’arte Demetrio Paparoni. Ospitata negli storici spazi del loggiato dell’Antico Mercato di Siracusa, la mostra si inaugurerà il 5 maggio 2023 e sarà aperta ai visitatori, con ingresso gratuito, fino al 30 settembre 2023. Sempre a Siracusa, al Teatro Greco, una settimana dopo l’inaugurazione dellamostra, il dramma di Euripide tornerà in scena (fino al 2 luglio) prodotto dall’INDA – Istituto Nazionale Dramma Antico, con la regia di Federico Tiezzi.

Soggiogata dalla passione per Giasone, Medea lo aiuta con le sue arti magiche a conquistare il vello d’oro, tradendo suo padre e la sua patria. Capace di ogni efferatezza pur di raggiungere il suo scopo, vedr à il suo amato trasformarsi sotto i suoi occhi da coraggioso eroe in meschino opportunista e il suo amore in dolore, umiliazione, odio profondo e rabbia. Una rabbia che, nella tragedia di Euripide, culminer à nell’uccisione dei loro figli. Medea è una delle più attuali protagoniste del mito antico: la sua tenacia e la sua disperata fierezza sono ri -

trovabili in tante relazioni contemporanee. La sua esclusione dalla società, la sua tragica vendetta, il senso di isolamento non sono estranei a tanti fatti di cronaca dei nostri giorni. La mostra affronta però il mito di Medea andando oltre la narrazione dell’infanticidio. La mostra comprende opere di 17 artisti realizzate espressamente sul tema di Medea,

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Dal 5 maggio al 30 settembre 2023 Antico Mercato, Via Trento 2, Siracusa

tra i personaggi più celebri e controversi della mitologia greca. La mostra testimonia quanto la vicenda della maga, infanticida nella narrazione di Euripide, incida ancora oggi nell’immaginario dei nostri giorni. Attraverso lo sguardo inedito di artisti del nostro tempo provenienti da aeree geografiche diverse – dal Nord Europa alla Cina,dalla regio- ne del Caucaso al Sudest asiatico, oltre che dall’Italia – la mostra mette inevidenza il legame inscindibile tra Siracusa e il teatro antico. La tragedia classica rivive così a Siracusa attraverso espressioni artistiche contemporanee anche nell’ambito delle arti visive.

Prodotta dall’Amministrazione comunale di Siracusa, organizzata da Aditus e con gli allestimenti realizzati da INDA-Istituto Nazionale Dramma Antico, Me- dea sarà accompagnata dalla pubblicazione di un catalogo edito da Skira, una delle maggiori case editrici d’arte in Europa. Oltre al saggio di Demetrio Paparoni, so- no presenti in catalogo testi su Medea scritti per l’occasione da Roberto Alajmo, da Tiziano Scarpa e dagli artisti, che riflettono in prima persona sui loro rispettivi lavori. Il catalogo comprende inoltre un ampio repertorio iconografico di opere del passato incentrate sul mito di Medea, con immagini di Artemisia Gentileschi, Peter Paul Rubens, Charles André van Loo, Eugène Delacroix, Anselm Feuerbach, William Russell Flint, George Romney, Frederick Sandys, Johann Heinrich Füssli, Gustave Moreau, William Turner, Christian Wilhelm Ernst Dietrich, John William Waterhouse e Paul Cézanne.

TITOLO MOSTRA : Medea

A CURA DI : Demetrio Paparoni

PROMOSSA DA : Amministrazione Comunale di Siracusa

ORGANIZZATA DA : Aditus S.r.L | https://aditusculture.com/

CATALOGO EDITO DA : Skira Editore

Con un saggio introduttivo di Demetrio Paparoni e testi di Roberto Alajmo, Tiziano Scarpa e di tutti gli artisti

CONFERENZA STAMPA : Giovedì 4 maggio ore 12 nella sede espositiva

INAUGURAZIONE: Venerdì 5 maggio dalle ore 18.30 alle ore 21

SEDE : Antico Mercato, Via Trento 2, Siracusa

PERIODO ESPOSITIVO : Dal 5 maggio al 30 settembre 2023

ORARI DI INGRESSO : Da lunedì a domenica | ore 11.00-20.00

PER INFORMAZIONI : https://aditusculture.com/ esperienze/siracusa/mostre-eventi/ medea

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