NO. 19 I'GIORNALINO

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NO 19 GENNAIO 2022

I’GIORNALINO


REDAZIONE 2

Direttrice GIULIA AGRESTI (VB)

Vicedirettrice MARGHERITA ARENA (VB)

Redattori CATERINA ADEMOLLO (IVB), RAVEN BEEL (IIC), GEMMA BERTI (IVB), NICCOLÒ BETTINI (IVB), MARIANNA BEZZENGHI (IVB), CATERINA CARAVAI (IVB), ELENA CASATI (IVB), GIOVANNI CAVALIERI (IIIA), LETIZIA CHIOSTRI (IVB), FRANCESCO GIOVANNUZZI (IVB), GIOVANNI GIULIO GORI (IIIB), ELETTRA MASONI (IIIB), MARGHERITA MOLFETTA (IVB), RACHELE MONACO (IIIB), FRANCESCA ORITI (VB), SARRIE PATOZI (VB), SOFIA VADALÀ (IVA), GIORGIA VESTUTI (IVB) Social Media GEMMA BERTI (IVB), ELENA CASATI (IVB), MARIA VITTORIA D’ANNUNZIO (IVB)

Ufficio Comunicazioni ELENA CASATI (IVB)

Impaginatori GEMMA BERTI (IVB);

MARIANNA CARNIANI (VB)

Collaboratori esterni DIEGO BRASCHI, PIETRO SANTI

Referenti PROFESSOR CASTELLANA, PROFESSORESSA TENDUCCI


PATRICK ZAKI È LIBERO!…………..…….…..4 TAIWAN: IL COSTO DELL’INDIPENDENZA…6 FEMMINICIDIO………………………………….8 IL PRIMO SUICIDIO ASSISTITO IN ITALIA……………………………………………..9 AUMENTO DI STRESS E DEPRESSIONE TRA I MINORI IN SEGUITO AL COVID-19……….10 JENNY SAVILLE: IL CORPO NEL MONDO DELL’ARTE……………………………………..12 AGUZZA LA VISTA!……………………………14

INDICE

IL CALCIO GAELICO………………………….15 LO SPORT PARALIMPICO…………………..18 L’ANGOLO DEL POETA………………………20 PINOCCHIO: RINASCERE PER DIVENTARE GRANDI………………………………………….21 È STATA LA MANO DI DIO…………………..24

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PATRICK ZAKI E’ LIBERO!

Pillole di attualità

di Fancesca Oriti

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Patrick Zaki è uno studente egiziano che vive a Bologna, dove frequenta il Master in studi sulla parità di genere all’Alma mater studiorum, è un attivista per la comunità LGBTQ+ e collabora con l’Ong egiziana Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR). Il 7 febbraio del 2020 Patrick Zaki atterra Al Cairo per rivedere la sua famiglia, ma viene arrestato immediatamente dagli agenti del regime militarista del generale Abdel Fattah Al-Sisi con l’accusa di istigazione alla violenza, alle proteste e alla sicurezza pubblica, accuse analoghe a quelle rivolte ai vertici dell’EIPR arrestati a Novembre dello stesso anno. Dopo 22 mesi di prigionia e in seguito a numerosi interventi a suo favore da parte di giovani, intellettuali e star dello spettacolo, viene liberato l’8 dicembre del 2021. Ma perché è stato arrestato in primo luogo? La politica egiziana, dal dopoguerra a oggi segnata dal susseguirsi di regimi dittatoriali, ha conosciuto un momento di stabilità con l’ascesa al potere di Hosni Mubarak, un generale divenuto presidente nel 1981 e destituito solo dalla Rivoluzione di piazza Tahrir nel 2011. Se il governo di Mubarak è stato segnato da Bosnie Mubarak (foto: Wikipedia)

una notevole crescita economica, con una media del 5,2% annuo, va anche sottolineato che è stato proprio il presidente a concedere all’esercito un’enorme influenza sull’apparato statale e industriale, con numerose privatizzazioni di cui hanno beneficiato soprattutto le alte gerarchie militari. Una simile politica già indica che più che presidente Mubarak dovrebbe essere definito dittatore. È infatti sotto al suo governo che inizia la serrata repressione di qualsiasi oppositore politico a cui il generale Al-Sisi si è ispirato nel caso di Patrick Zaki e in molti altri. Non è bastata la


rivoluzione del 2011 a cancellare decenni di nazionalismo militarista, che dal 2013 ha ripreso vigore con l’ascesa al potere dell’attuale presidente, responsabile di aver istituito una forma di dittatura peggiore perfino di quella di Mubarak, con un Consiglio supremo per censurare i media, tra 60.000 e 100.000 prigionieri politici (Fonte: ISPI) e il 32% della popolazione al di sotto della soglia di povertà (Fonte: Banca Mondiale). Nonostante la situazione sia evidentemente drammatica ed estremamente pericolosa, perché le dittature, seppur rimaste stabili per decenni, al momento della loro implosione generano un caos che si riverbera sull’intera comunità internazionale, gli Stati occidentali esitano a prendere una posizione netta contro Al-Sisi. Il 10 dicembre 2020, mentre al Cairo si proroga di ulteriori 45 giorni (poi ulteriormente aumentati) la prigionia di Patrick Zaki, all’Eliseo il presidente Macron onora Al-Sisi della Gran Croce della Legion d’Onore, esempio di Realpolitik per alcuni, atto indegno per altri, tra cui il giornalista Corrado Augias che ha restituito la sua Legion d’Onore all’Ambasciata Francese a Roma. L’Italia non ha certo fatto di meglio, troppi sono gli interessi economici coinvolti. Basti pensare che l’Eni è il maggiore produttore di gas e petrolio in Egitto fin dal 1954 e che neanche l’assassinio di Giulio Regeni è bastato a interrompere i rapporti commerciali con lo stato africano, che ha acquistato dal governo di Giuseppe Conte due fregate di classe Fremm e ulteriori supporti bellici. Per fortuna però gli Italiani hanno capito la gravità della questione di Patrick Zaki prima dei loro politici, infatti a partire dal 9 febbraio 2020 si sono verificate varie manifestazioni per la sua liberazione, successivamente sono intervenuti in suo favore anche l’attrice Scarlett Johansson e il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, finché finalmente ad aprile del 2021 il Parlamento ha approvato la mozione per concedere allo studente la cittadinanza italiana. E’ senza dubbio degna di nota la dichiarazione della senatrice Segre a questo proposito: “Sono in Aula a votare come nonna di Patrick Zaki”. La vicenda di Patrick Zaki ha preso una piega positiva con la scarcerazione dello scorso 8 dicembre. Ma purtroppo il caso non è concluso: c’è un’udienza prevista per il primo di febbraio per sancire o meno l’assoluzione dalle accuse.

L’abbraccio di Patrick con la sorella Marise (foto: la Notizia Giornale) 5


TAIWAN: IL COSTO DELL’INDIPENDENZA di Giulia Agresti La carne di maiale, elemento banale e ben conosciuto, è in questi giorni protagonista di uno scontro molto duro tra forze politiche a Taiwan. Per capire l’accaduto bisogna risalire al 27 novembre 2020, data in cui i parlamentari del Partito di Opposizione, Kuomintang, hanno lanciato al Premeier Su Tseng-chang della carne di maiale per evitare che potesse parlare, dando inizio a una violenta rissa. La reazione del Kuomintang era dovuta alla decisione del governo di permettere l’importazione dagli Stati Uniti di carne di maiale contenente ractopamina, un farmaco utilizzato come additivo per mangimi per aumentare la massa magra dell’animale, ma con terribili conseguenze sia per l’animale, sia per il consumatore. L’uso della ractopamina è stato vietato in quasi tutti i paesi del mondo, ma in alcuni, tra

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cui Giappone, USA, Canada e Corea del Sud, è stata ritenuta non nociva per il consumo umano. La questione torna a galla il 18 dicembre 2021, giorno in cui i cittadini taiwanesi sono andati a votare su quattro quesiti di iniziativa popolare, tra cui la richiesta di vietare l’importazione di tale tipo di carne. Il problema, come spesso succede, non è solo etico-salutare, ma anche geopolitico: se viene vietata la carne degli Stati Uniti, si è costretti a comprarla dalla Cina. È ormai da tantissimi anni che i rapporti tra i due paesi continuano ad inasprirsi: da una parte la Cina rivendica Taiwan come proprio territorio, dall’altra Taipei difende la propria libertà e democrazia. Per evitare un eventuale attacco da parte di Pechino, il presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, salito al potere nel 2016, ha attuato una

Foto da: Reuters, carne di maiale lanciata contro il Premeier Su Tseng-chang


politica di fortificazione e modernizzazione delle Forze Armate del paese attraverso l’investimento in armi mobili. Tsai ha affermato che Taiwan non

Su Tseng-chang, primo ministro del Taiwan

cerca uno scontro, ma che “se la sua democrazia e il suo stile di vita sono minacciati, farà tutto il necessario per difendersi” e che la caduta del paese provocherebbe “conseguenze catastrofiche” per la situazione d’equilibrio attuale in Asia. La già precaria relazione tra Pechino e Taipei è stata scossa dalla richiesta da parte del Taiwan di partecipare al CpTpp (Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership), ovvero l’accordo di libero scambio transpacifico voluto da Obama nel 2018. Non essendo riconosciuto come Stato indipendente, per la Cina il Taiwan non esiste né politicamente, né giuridicamente, quindi la richiesta non può che essere vista come provocazione. Dal canto proprio, gli Stati Uniti, che da tempo procurano armi e sostegno politico a Taiwan, hanno accettato la lettera di

adesione del paese. Ad affondare il coltello nella piaga è stato Joe Biden, il quale ha invitato al Summit Virtuale sulla Democrazia Taipei e non Pechino. La risposta della Repubblica Popolare Cinese non si è fatta aspettare: ben presto il Ministro degli Esteri cinese ha espresso di essere in “ferma opposizione” alla mossa del Presidente Americano, mentre il Portavoce di Pechino Zhu Fenglian ha affermato che “le azioni degli Usa dimostrano come la democrazia sia solo una copertura per far avanzare i loro obiettivi geopolitici”. La minaccia della Cina si fa sempre più reale e incombente in seguito all’allerta dei numerosi caccia cinesi nei cieli di Taiwan: 150 in soli 4 giorni. Inoltre, il Ministero della Difesa Nazionale taiwanese ha dato notizia su Twitter di 27 veicoli inviati dall’Esercito Popolare di Liberazione Cinese (PLA) ed entrati ad Adiz. Le autorità taiwanesi hanno dichiarato di aver inviato aerei da combattimento per controllare quelli cinesi, e hanno schierato i sistemi missilistici per tenere monitorata la situazione. A inizio dicembre 2021 Taiwan ha perso ancora un altro alleato diplomatico, il Nicaragua, che ha scelto di riconoscere il governo della Repubblica Popolare Cinese. La decisione annunciata dal governo di Managua lascia Taipei con soli 14 alleati al mondo, in gran parte stati insulari del Pacifico e dei Caraibi, e solo il Vaticano in Europa.

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Femminicidio di Elettra Masoni

I casi di femminicidio non sembrano affatto cessare nonostante ormai siamo nel 2021, di diritti ne parliamo abbastanza, anzi qualcuno addirittura ritiene che spesso si esageri che tutti siano perfettamente consapevoli di ciò che è corretto o meno… inutile affermare che non è così: nel 2021 i casi di femminicidio in Italia fino ad ora sono stati 57, nel 2012 129. Femminicidio è il termine usato per esprimere un omicidio compiuto da un uomo nei confronti di una donna per motivazioni basate sul genere secondo un’ideologia patriarcale. L’uomo, in questi casi, mentalmente fragile ed insicuro, trova conforto nell’irragionevole uso della violenza, incapace di discutere si rifà: stalking, stupro, percosse, controllo economico, omicidio o distruzione psicologica della compagna, moglie ex partner o, in qualsivoglia caso, donna. Ciò accade in relazioni poco stabili, nelle quali la donna è oggettificata e considerata inferiore con un costante senso di disprezzo e possessione. Il femminicidio è diffuso maggiormente nelle fasce di popolazione più povere, non istruite e quindi in condizioni di disagio. Il luogo comune per le violenze è la casa, le mura domestiche, la protezione ed il calore solitamente fornito dalla propria abitazione, la quale però si trasforma in gabbia. L’istruzione è probabilmente la soluzione: l’ignoranza pullula tra la gente, scorre velenosa nelle vene e offusca le menti. Ad esempio, frequentemente sentiamo incolpare la vittima perché incapace di reagire o di trovare il coraggio di denunciare. La sensibilizzazione a proposito potrebbe nettamente migliorare la situazione, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, sui giornali o in TV. L’aggressività deriva prettamente da uno scarso controllo di sé, il quale, probabilmente, a sua volta fonda le sue radici in un’istruzione poco adeguata. Violenza così istintiva, ma così sbagliata: non siamo animali, ci siamo evoluti, siamo muniti di una coscienza: differenziamoci. Dobbiamo imparare a non sottovalutare e sminuire alcuna manifestazione di violenza poiché vi è un inquietante alone di accettazione a questa tipologia di comportamenti, forse, perché considerati “normali” in passato e così lo sporco tradizionale, radicato nelle menti, trascina la gente e la guida verso una società tossica. È il momento di cessare di nascondere le mani e gli abiti tinti di rosso e far luce su un sostegno comune per migliorare l’etica poco considerata in un sistema marcio. 8


IL PRIMO SUICIDIO ASSISTITO IN ITALIA di Sarrie Patozi E’ la prima volta che una ASL autorizza un suicidio assistito in Italia. Ci troviamo nelle Marche, dove l’ASUR (agenzia sanitaria unica regionale) ha concesso il via libera per questa pratica ad un excamionista di 43 anni di Pesaro. L’uomo a causa di un incidente stradale era ormai completamente paralizzato da 11 anni. A dare la notizia è stata l’Assemblea Coscioni la quale ha aggiunto che si tratterà del “primo malato ad ottenere il via libera al suicidio medicamente assistito in Italia”. Stando alle fonti, la condizione dell’uomo rispettava quella prevista dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale. Una vittoria non facile da conseguire: dopo un primo rifiuto e due diffide da parte dell’Azienda sanitaria marchigiana e due decisioni definitive del Tribunale di Ancona, l’uomo è riuscito ad ottenere il consenso del Comitato etico. E’ questa una pagina fondamentale per la storia del Paese perché segna un primo e importante passo verso la libera disposizione della propria vita. Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, ha dichiarato: “forniremo, in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di auto somministrazione del farmaco idoneo per Mario (nome di fantasia), in base alle sue condizioni. La sentenza della Corte Costituzionale pone in capo alla struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale il solo compito di verifica di tali modalità, previo parere del comitato etico territorialmente competente.” Gallo ha poi affermato che Mario “è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e che non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il

dolore e la sedazione profonda. È molto grave che ci sia voluto tanto tempo, ma finalmente per la prima volta in Italia un Comitato etico ha confermato per una persona malata l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito”. Cappato, tesoriere della stessa Associazione ha aggiunto: “nessun malato ha finora potuto beneficiarne, in quanto il Servizio Sanitario Nazionale si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure”. L’uomo continua chiarendo il perché di un’azione giudiziaria tanto lunga e dei vari ricorsi: è “colpa” anche della “paralisi del Parlamento, che ancora dopo tre anni dalla richiesta della Corte costituzionale non riesce a votare nemmeno una legge che definisca le procedure di applicazione della sentenza della Corte stessa. Il risultato di questo scaricabarile istituzionale è che persone come Mario sono costrette a sostenere persino un calvario giudiziario, in aggiunta a quello fisico e psicologico dovuto dalla propria condizione. È possibile però che la decisione del Comitato etico consentirà presto a Mario di ottenere ciò che chiede da 14 mesi”. 9


AUMENTO DI STRESS E DEPRESSIONE TRA I MINORI IN SEGUITO AL COVID-19 di Margherita Molfetta

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C’è stato un aumento di sentimenti negativi nell’83% dei minori: sono cresciuti i livelli di depressione, ansia e autolesionismo a causa della pandemia e dei ripetuti lockdown. Questi dati sono i risultati di un sondaggio condotto a settembre 2020 su oltre 13.000 bambini in 46 paesi e sottolineano come le chiusure prolungate per il Covid-19 stiano avendo un impatto devastante sulla salute mentale dei bambini a livello globale. In alcuni casi, lo stress prolungato, l’incertezza e l’isolamento sociale possono portare ansia, aggressività, introversione o persino depressione e autolesionismo. In Italia un’indagine condotta tra i genitori di figli minori per verificare l’impatto della prima ondata di Covid-19 ha mostrato come il 72% dei genitori ha trovato i propri figli più nervosi, più tristi, più incerti, più insicuri; il 77% affermava che si sentivano soli e il 70% che avevano avuto un incremento dei disturbi del sonno iniziati, per circa il 12%, con dei tic che non erano presenti prima della pandemia. Già negli anni ’60 - ’70 lo psicologo E. Erikson evidenziava che la costruzione dell’identità in età infantile è influenzata da fattori psicosociali quali abitudini familiari e comportamenti ripetitivi che sanciscono l’appartenenza e la condivisione e aiutano ad attraversare in maniera sana le fasi evolutive e i problemi ad esse connessi. La pandemia ha fatto saltare regole prestabilite e schemi consueti: quarantena e distanziamento sociale – misure di protezione dalla pandemia di covid 19 – hanno rappresentato potenziali fonti di stress per i bambini, proprio a causa del perdurare di cambiamenti repentini e prolungati nei ritmi quotidiani di vita familiare e scolastica (perdita di routine, riduzione delle possibilità educative e ludico/ esplorative all’aperto, ecc.) e del “respirare” un clima di ansia/paura e incertezza per il futuro. Varie ricerche raccontano che a livello globale, alla luce del coronavirus, un giovane su quattro soffre di sintomi depressivi clinicamente rilevanti, mentre uno su cinque presenta sintomi di ansia importanti. Si tratta di tassi allarmanti: prima della comparsa del coronavirus si registravano stime più vicine a uno su dieci quanto ad ansia e depressione clinicamente elevate. Ecco perché si può parlare di raddoppio dell’incidenza di queste patologie a causa del Covid-19.

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JENNY SAVILLE: IL CORPO NEL MONDO DELL’ARTE

Arte a km zero

di Caterina Ademollo

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Dal 30 settembre 2021 al 20 febbraio 2022 la città di Firenze accoglie una delle maggiori esponenti dell’arte contemporanea, nonché una delle artiste più quotate al mondo: Jenny Saville. La mostra, che rappresenta un incontro unico tra il mondo antico e quello contemporaneo tramite dipinti e disegni degli anni ’90 e lavori realizzati appositamente per l’occasione, coinvolge il Museo dell’Opera del Duomo, il Museo degli Innocenti, il Museo di Palazzo Vecchio, il Museo di Casa Buonarroti e il Museo Novecento, dove sono esposte un centinaio di opere di medio e grande formato. Ad esempio, una vetrina che si affaccia sulla piazza nel loggiato esterno permette ai passanti di ammirare il ritratto monumentale di Rosetta II, una ragazza non vedente che l’artista ha rappresentato nelle vesti di cantore cieco o di mistica in estatica contemplazione. Altre opere dell’artista sono poi ospitate negli altri musei sopra citati. Il percorso della mostra sottolinea l’evidente correlazione tra Jenny Saville e i maestri del Rinascimento italiano, in particolare con alcune grandi opere di Michelangelo. Elementi come la misura monumentale dei suoi dipinti, tratto caratterizzante del linguaggio figurativo dell’artista fin dai primi anni della sua carriera, emergono molto chiaramente, così come la sua indagine incentrata sul corpo, sulla carnalità, e su soggetti femminili nudi, mutilati o oppressi dal peso e dall’esistenza. Nelle sue rappresentazioni del corpo umano, Jenny Saville trascende i limiti sia della figurazione classica che dell’astrazione moderna. La pittura ad olio, applicata in strati pesanti, trasmette una grande intensità, mentre ogni pennellata sembra quasi mantenere una vita propria, elastica e mobile. Mentre l’artista spinge, distende e calca il colore sulle sue grandi tele, le distinzioni tra corpi viventi e le loro rappresentazioni paiono lentamente sparire. Evitando di definire spazio e tempo, disegnando le figure senza abiti e segni riconoscibili riguardo ad appartenenza sociale, politica, o etnica, Jenny Saville dichiara, in un modello contemporaneo ma ugualmente universale, la condanna di ogni forma di violenza umana, facendo


percepire con segni drammatici il tema della pietas, l’esperienza del lutto e del compianto. Allo stesso tempo, la concezione della figura femminile in relazione alla maternità è racchiusa nei due dipinti presentati nella Pinacoteca del Museo degli Innocenti: il grande quadro The Mothers, di forte effetto evocativo, rivela l’attuale importanza di questa tematica, accolta in un edificio dove, fin dal ‘400, si è avvertito il bisogno di un impegno nell’accoglienza dei bambini abbandonati e nella promozione e tutela dei diritti dell’infanzia. Considerata erede della cosiddetta ‘Scuola di Londra”, l’artista è convinta che molte potenzialità della pittura siano ancora da esplorare, superando la distinzione tra astratto e figurativo, tra formale e informale. Costantemente ricercando la verità all’interno della pittura per esporre la naturale espressività del corpo, Jenny Saville lavora sul modello in studio e sulla fotografia. Per costruire le sue immagini in modo così impressionante e travolgente raccoglie fotografie e ritagli da giornali e cataloghi, mescolando storia dell’arte e archeologia, immagini scientifiche e di cronaca, senza creare gerarchie o distinzioni tra brutalità e delicatezza, tenerezza e crudeltà. I suoi soggetti appartengono alla tradizione classica: volti, corpi nudi, gruppi di più figure, figure distese o in piedi, maternità e coppie di amanti presentati in pose che ricordano le sculture etrusche o alcuni modelli classici appartenenti alla tradizione rinascimentale e moderna, l’arte egizia o arcaica. In un’intervista l’artista si racconta così: “Lavoro su ciò che mi affascina: se mi affascina visivamente, deve custodire in qualche modo la verità. Questo comporta spesso lo “svelamento”. Non va molto di moda parlare di verità, ma c’è qualcosa nel mio lavoro che ricerca una sorta di verità universale. Ecco perché penso che la relazione con Michelangelo sia forte, è un concetto che appartiene anche a lui. Se vuoi essere bravo in qualcosa, devi lavorarci tutta la vita. Quindi per me è sufficiente il corpo umano…più che sufficiente.”

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Aguzza la vista: La Berta di Gemma Berti, Giorgia Vestuti, Elena Casati

La storica città di Firenze cela al suo interno misteri, tradizioni e aneddoti di cui, guardandoci attorno più attentamente, troviamo traccia. In via de’ Cerretani, passando di fronte alla Chiesa di Santa Maria Maggiore, in mezzo alle pietre, possiamo notare una testa pietrificata, comunemente chiamata dai fiorentini “La Berta”. Sono innumerevoli le teorie che forniscono una spiegazione riguardo all’identità della donna rappresentata. Si pensa che la testa sia stata realizzata per omaggiare l’amata e conosciuta erbivendola del quartiere che, dedita per tutta la sua vita al lavoro e alla religione, una volta anziana lasciò tutti i suoi risparmi alla chiesa di Santa Maria Maggiore, desiderando che fosse dotata di una campana per il campanile. Una seconda teoria, invece, sostiene che la testa appartenga ad un’antica statua romana, utilizzata per ornare l’edificio durante il Medioevo. Infine, secondo una versione più comunemente accreditata, la testa apparterrebbe ad una donna a cui venne lanciata una maledizione dallo scienziato Cecco d’Ascoli, condannato al rogo per eresia dall’Inquisizione nel 1327. Si narra che l’uomo, sfilando dinanzi alla Chiesa di Santa Maria Maggiore verso il patibolo, supplicava i presenti di dargli dell’acqua e che una donna, affacciata alla finestra, esortò la folla a non offrirgli dell’acqua, dicendo: “Se beve non brucia!”. Così lo scienziato, adirato, disse alla donna: “E tu di lì il capo non caverai mai!”, ed ella rimase pietrificata all’istante. Qualunque sia la teoria che preferite, d’ora in poi, quando passerete dinanzi alla Chiesa di Santa Maria Maggiore, ricordatevi di alzare lo sguardo per ammirare e volgere un saluto alla storica “Berta”.

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IL CALCIO GAELICO L ‘angolo dello sport

di Niccolò Bettini e Francesco Giovannuzzi

Bentornati nell'angolo dello sport! La rubrica del giornalino che tratta di sport a 360°! In questa rubrica vi mostreremo ogni mese curiosità e sport insoliti praticati in tutto il mondo: oggi parleremo di calcio gaelico. IL CALCIO GAELICO: STORIA E ORIGINI Il calcio gaelico, anche noto come “peil Ghaelach” in lingua del luogo, è lo sport nazionale dell'Irlanda, che si è e si sta sviluppando tuttora sempre di più anche nel Regno Unito. Questo sport, non regolamentato fino al 1887 dalla GAA (Gaelic Athletic Association), si crede risalga ai primi del '300 in seguito ad un atto legale riguardante un omicidio in un campo del primo "football" e che abbia origini da un antico sport irlandese chiamato "caid". La prima informazione ad essere reperita quanto all'esistenza di un gioco precursore del calcio gaelico fa riferimento alla seconda metà del diciassettesimo secolo, quando si disputò nella contea Irlandese di Meath una partita di uno sport che prevedeva l'utilizzo di una palla, dei piedi e delle mani. Nonostante il Sunday Observance act of 1695 vietasse la pratica dello sport padre del calcio gaelico, l'attività sportiva continuò a svilupparsi e si ha la completa certezza che nel 1712 a Slane si disputò la prima partita di calcio gaelico tra contea di Louth e Meath. Tra gli anni 60 e 70 dell'800 il Rugby e il Calcio cominciarono ad affermarsi sempre di più oscurando lo sviluppo del

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calcio gaelico, che grazie alla regolamentazione della GAA, riprese a fine dell'800 a essere praticato. IL CALCIO GAELICO: LE REGOLE, IL CAMPO E I RUOLI REGOLE E RUOLI: In campo ci sono 15 giocatori per parte, come nel rugby, ma con un pallone tondo, come nel calcio, e con posizioni in campo che ricordano più quest’ultimo; infatti, in campo scendono un portiere, che nell'area di porta può gestire la palla in mano liberamente, sei difensori, due centrocampisti e sei attaccanti. Un giocatore può trattenere la palla tra le mani muovendosi per il campo solo se nello spostarsi non la tiene in mano per più di quattro passi, dopo i quali deve palleggiare, o facendola rimbalzare a terra con la mano (come nel basket) o sul piede, mentre stando fermo non può tenere palla per più di 4 secondi. Il palleggio col piede viene chiamato solo (e l'azione soloing) ed è uno dei gesti più tecnici dello sport, assimilabile alla capacità di palleggio o di dribbling nel calcio. Un giocatore non può effettuare più di un palleggio con la mano alla volta, ma li deve intervallare necessariamente almeno con un soloing, così da poter palleggiare illimitatamente. Il pallone può essere calciato o passato di mano colpendolo con un pugno; quando è in aria o sta rimbalzando può essere preso direttamente con le mani; quando è fermo a terra o rotola senza rimbalzare deve essere tirato su necessariamente col piede. A differenza del rugby, non si può placcare, spingere o colpire deliberatamente l’avversario, ma si può contrastarlo spalla contro spalla, così come si può tentare di rubargli il pallone colpendolo con un pugno, mentre quando viene effettuato un tiro questo può essere intercettato solo con la mano, non con il piede. Il campo da calcio gaelico è molto simile a un campo da rugby, ma più largo. Con manto in erba, è rettangolare ed ha dimensioni che variano tra i 130 e i 145 metri in lunghezza e tra gli 80 e 90 metri in larghezza. Sui lati più corti del campo sono poste due porte a forma di H composte da due pali alti dai 6 ai 7 metri uniti da una traversa orizzontale posta a circa 2,5 metri da terra. Una rete attaccata al lato dei pali sotto alla traversa e alla traversa stessa forma una porta simile ad una da calcio. Le linee sono segnate ad una distanza di 13, 20 e 45 metri da ogni linea di fondo. LE PARTITE E IL PUNTEGGIO: La maggior parte delle partite di calcio gaelico di categoria senior e under 21 durano 60 minuti, divise 16


in due tempi da 30. I pareggi sono decisi con replay (rigiocando il match) o giocando dei supplementari da 20 minuti, dieci per tempo. Quanto al punteggio, un gol tra i pali e sotto la traversa (dove c’è il portiere) vale tre punti, mentre segnare un gol tra i pali, mentre sopra la traversa, ne vale solo uno. TORNEI E COMPETIZIONI: Il calcio gaelico è uno dei quattro sport gaelici gestiti dalla Gaelic Athletic Organization, meglio nota come “GAA”, l'organizzazione sportiva più grande ed importante d'Irlanda. Con gli altri sport gaelici, il calcio gaelico rimane uno dei pochi sport agonistici amatoriali, essendo vietata dall'organizzazione qualsiasi forma di professionismo e di compenso per le attività sportive svolte da giocatori e allenatori. Secondo le direttive della GAA, il calcio gaelico è uno sport prettamente maschile. Per questo motivo la disciplina al femminile è gestita da un'altra organizzazione, la LGFA, acronimo di Ladies Gaelic Football Association. Il torneo più importante è l’All-Ireland Senior Football Championship, che si disputa annualmente e le cui finali hanno luogo al Croke Park di Dublino, con un pubblico di 80mila persone. Dal 2015 si disputano i cosiddetti Mondiali di football gaelico, ovvero i GAA World Games, che fino a oggi si sono giocati nel 2015, nel 2016 e nel 2019. CURIOSITÀ: LO SAPEVI? Le curiosità e gli eventi inusuali del calcio gaelico, seppur non molti, sono certamente rilevanti per la loro tragicità. La prima curiosità in relazione a questo sport risale proprio al 1308, anno in cui John McCrocan, uno spettatore di una partita di "football" nei pressi di Newcastle, venne arrestato con accusa di omicidio per aver pugnalato un giocatore di nome William Bernard. Ma gli eventi sanguinosi nel calcio gaelico non finiscono qui, tanto che nel novembre del 1920 accadde una vera e propria strage. Durante una partita fra le contee di Dublino e Tipperary a Croke Park, i Black and Tans, forze armate britanniche, fecero irruzione dentro l'impianto aprendo il fuoco per rappresaglia contro la popolazione civile ed i giocatori, uccidendo 14 persone e ferendone 65. Tra i morti c'era anche il giocatore di Tipperary Michael Hogan, a cui è stato dedicato uno dei settori più importanti del Croke Park, la Hogan Stand. Dopo tale episodio la GAA avrebbe vietato per parecchi decenni qualsiasi tipo di sport inglese all'interno di Croke Park. 17


Lo sport paralimpico di Marianna Bezzenghi

Approfondiamo in cosa consiste lo sport di tipo paralimpico e che significato ha per coloro che lo praticano, ripercorrendo la nascita dei celebri giochi che si tengono in corrispondenza delle Olimpiadi e conoscendo gli eroi che si fanno portavoce della nostra nazione in questo ambito. Lo sport rappresenta una forma di piacere e di libertà per chiunque lo pratichi a qualsiasi livello. Dal momento che l'attività motoria consiste essenzialmente in lavoro fisico, per coloro che soffrono di una qualche carenza nel corpo, comunemente individuata come “disabilità”, purtroppo non è stato possibile praticarla fino ad un adeguato sviluppo dei mezzi necessari. Ad oggi infatti, grazie a elaborate protesi e macchinari come avanguardistiche carrozzine, la tecnologia ha dato a tutti la possibilità di praticare qualsiasi sport senza ostacoli. Per chi vive in una situazione di non totale benessere fisico, l'attività e la competizione sono una significativa opportunità per ribellarsi e per andare oltre a quelli comunemente considerati i loro limiti. Sebbene sia estremamente difficile imparare a convivere con certe condizioni, una finalità sportiva, o anche agonistica, contribuisce per cercare di trasformare il proprio punto debole, la condizione che non lascia vivere «a pieno» la vita, in uno strumento per valorizzarsi, emergere e 18

trovare la libertà. Gli atleti paralimpici professionisti infatti sono un modello per tutti coloro che si trovano nella loro stessa situazione, proprio perché vivendo testimoniano che nonostante tutto, se non si perde la speranza, è possibile realizzare ogni sogno. Le discipline più praticate sia a livello amatoriale sia olimpico sono sicuramente l'atletica leggera, il nuoto, il ciclismo, il fioretto e il tennis, ma stanno trovando spazio anche il triathlon, il lancio del peso, il tiro con l'arco e l'equitazione. Poiché nessuna disabilità è uguale, gli atleti devono essere messi nella condizione di competere tra di sé disponendo di omologhe possibilità di vittoria. Ciascuna disciplina presenta caratteristiche diverse che la rende adatta ad essere praticata da atleti con certi tipi di disabilità. La prima divisione che viene effettuata dunque è proprio in base al genere di disfunzione, in modo che ciascuno competa con atleti che si trovano nella stessa situazione. Sono stati definiti tre gruppi: • Atleti con disabilità fisica: coloro che per esempio soffrono di paralisi cerebrale, hanno subito un'amputazione o si trovano in sedia a rotelle; • Atleti con disabilità sensoriale: coloro che soffrono di cecità o sordità; • Atleti con disabilità intellettiva e/o relazionale. All'interno di ciascun insieme vi è un'ulteriore divisione in categorie


effettuata in base alla valutazione del grado di disabilità e alla valutazione delle funzionalità fisiche totali residue. Da queste infatti si stima il “profilo funzionale” dell'atleta, ovvero il livello delle sue capacità complessive, che all'interno di una medesima categoria deve essere lo stesso in modo che tutti godano di pari possibilità di mettersi in gioco e vincere. Dunque gli atleti di una categoria possono presentare diversi livelli di disabilità, bilanciati però dalle abilità tecnico-tattiche. I gruppi si individuano con una lettera accostata a un numero. (Es: Nuoto, categoria S13; oppure Ciclismo, categoria H2). I GIOCHI PARALIMPICI Ogni 4 anni, a breve distanza di tempo e nella stessa località dei classici giochi Olimpici, dal 1960 hanno luogo anche i cosiddetti «Giochi Paralimpici», ovvero le competizioni sportive per atleti con disabilità. L'idea ha avuto origine nel 1948, quando il medico polacco naturalizzato inglese Ludwig Guttmann propose di organizzare in Inghilterra un insieme di competizioni sportive per i soldati rimasti permanentemente feriti o mutilati durante la Seconda Guerra mondiale. Alle edizioni successive cominciarono a partecipare anche atleti provenienti da altri Paesi, fino a quando, nel 1960, venne proposto di tenere i Giochi Paralimpici ufficialmente in corrispondenza dei giochi Olimpici, che quell’anno avrebbero avuto luogo a Roma. Proprio da questo parallelismo con le Olimpiadi deriva la denominazione “Para-Olimpiadi”. Durante l'ultima edizione di queste competizioni, ovvero Tokyo 2020 (o 2021), la squadra Italiana Paralimpica ha riportato un numero di vittorie mai visto prima, che spazia in ben 11 discipline: 14 medaglie d’oro, 29 d’argento e 26 di bronzo, molte delle quali, inoltre, conseguite da atleti giovanissimi. L'Italia è sempre stata patria di grandi campioni in questo settore, a

partire dal celebre ex pilota di Formula 1 Alex Zanardi, che dopo un tragico incidente non si è arreso e si è reinventato come ciclista; il nuotatore Federico Morlacchi o la spumeggiante spadaccina Bebe Vio. Questi eroi sono solo alcuni dei nomi più noti del panorama e hanno certamente contribuito ad aprire la strada e infondere coraggio a molti altri ragazzi desiderosi di ripartire attraverso lo sport. Tra le nuove e ormai affermate promesse citiamo, per esempio, Carlotta Gilli, Giulia Terzi e Simone Barlaam per il nuoto (tutti medaglie d'oro a Tokyo 2020); Monica Contraffatto e Ambra Sabatini per l'atletica; Sara Morganti per l'equitazione; Assunta Legnante per il lancio del peso; Antonino Bossolo per il taekwondo; ma potremmo fare menzione anche di molti altri. L'interesse mostrato nei confronti di questi coraggiosi atleti negli ultimi anni si è sensibilmente intensificato e per certo può ancora crescere; facendo ciò che più amano: essi non solo costruiscono la propria strada verso la libertà, ma ci insegnano cosa sia la forza di volontà e ad apprezzare ogni giorno ciò che abbiamo, come loro hanno imparato a fare.

“Non volevo dimostrare niente a nessuno. La sfida era solo con me stesso, ma se il mio esempio è servito a dare fiducia a qualcun altro, allora tanto meglio.” -Alex Zanardi

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La leggenda dell’imperatore

L’ angolo del poeta

di Giovanni G. Gori

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"Tante e tante ere or sono ai tempi degli imperator viveva un soldato romano che piangeva per il suo amor, perché mentre lui era lontano in guerra, con forza e valor la sua bella gli fu tolta di mano per il capriccio dell'imperator. Un uomo che ha tutto il potere e primo fra tutti egli sta ma come può un imperatore comandare all'amor non si sa la fanciulla con lui sorrideva non voleva mostrare dolor di nascosto, da sola, piangeva pensando al suo perduto amor. Il soldato alla fine decise, disse "Andrò dall'imperator" il giovane, ahimè, s'illudeva di far prevalere l'amor ma il grande sovrano, ahimè, aveva, ormai è noto, di pietra il suo cuor, per cui cacciò presto il soldato, lasciandolo col suo valor. Ma occhio, che il bello ora arriva, il soldato, con il suo amor organizza di notte una fuga in barba all'imperator. Ora il soldato è con la sua bella, non si sa più niente di lor, se non che fino alla fine hanno vissuto il loro amor".


Pinocchio:

rinascere per diventare grandi

Recensendo…

di Letizia Chiostri Tutti conosciamo la storia di Pinocchio, però non tutti la interpretiamo nello stesso modo. C’è chi, riprendendo in mano il testo, ripercorre i momenti della propria infanzia; c’è chi non ha mai letto il libro oppure lo ha letto da piccolo e non si ricorda la storia nei suoi minimi particolari; c’è chi ci ha scritto trattati. Mi ricordo di aver letto qualche anno fa la rivisitazione di Pinocchio scritta da Franco Nembrini, “L’avventura di Pinocchio, ovvero Rileggere Collodi e scoprire che parla della vita di tutti”, una rilettura del testo in chiave cristiana. Invece, l’interpretazione di Pier Paolo Pacini, regista dello spettacolo messo in scena al teatro della Pergola dalle attrici e dagli attori del Corso per attori “Orazio Costa”, è molto diversa: si è reso conto che quella che consideriamo una storiella a lieto fine per bambini è in realtà una vera e propria favola dark che tocca in modo più profondo gli adulti. Nella terza parte del libro viene promesso a Pinocchio che diventerà un bambino, ma questa trasformazione non avverrà mai: alla fine del romanzo egli si sveglia ragazzo e accanto a lui c’è il burattino. Perciò il Walther Jervolino,"Una probabile burattino è dovuto morire morte di Pinocchio", olio su tela, per far nascere il bambino. 1988, Pinocchio è sempre stato 21


ingannato: non è diventato bambino, è morto e rinato. Oltre che su questa interessantissima riflessione, lo spettacolo riflette su una lettura psicoanalitica. Freud aveva diviso la psiche umana in tre parti, distinte tra loro ma con funzioni integrate: Es, Io e Super Io. L’Es è la componente che racchiude in sé gli istinti e il desiderio di libertà, rappresentata nella figura di Pinocchio. Il Super Io, al contrario, tende a funzionare come il senso di colpa, e comprende quindi una consapevolezza etica e morale; in questo adattamento teatrale è incarnato dalla Fata. Infine, l’Io ha un po’ la funzione di mediatore tra i primi due, e si identifica nel personaggio di Geppetto. Il sipario si solleva e vediamo una madre e un bambino che giocano nella soffitta con un burattino. «Poi forse il bambino si addormenta, fa un sogno, e rivive tutta la storia di Pinocchio», spiega Pier Paolo Pacini. A questo punto entrano in gioco le tre Fate - sì, ben tre, perché ognuna rappresenta un diverso aspetto: la Fata bambina, la Fata adulta e la Fata più giocosa, che si diverte guardando le avventure di Pinocchio-, le quali creano i personaggi della storia e si danno trenta giorni per ingannare Pinocchio. Nessun personaggio è totalmente cattivo, nessuno è buono. Tranne Pinocchio stesso, vittima di un inganno. «Forse poi il bambino si sveglia, o forse ha la consapevolezza di cosa voglia dire “crescita”, e vede Pinocchio morto». Simbolicamente, quindi, la morte del burattino e la rinascita come ragazzo rappresentano l’abbandono della nostra infanzia, del nostro ‘Paese dei Balocchi’, e una presa di coscienza di noi stessi per crescere e diventare adulti. Il grande senso onirico dello spettacolo è trasmesso soprattutto dalle luci quasi opache e dalla scenografia stessa, semplice, con pochi dettagli. Infatti, non riusciamo a descrivere tutto di un sogno, ma ci si ricorda solamente alcuni particolari. Ciò che mi ha più colpito, però, sono stati i costumi, tutti più o meno della stessa palette di colori scuri, come il nero, il grigio e il marrone; bellissime le

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maschere che gli attori indossavano per interpretare gli animali: il gatto e la volpe, i conigli e i dottori. Infine, molto originale il modo in cui è stato rappresentato Pinocchio: «Ho pensato per anni di mettere in scena questo spettacolo, ma non avevo mai risolto la questione di come fare Pinocchio. Finalmente dieci anni fa circa ho pensato alle marionette, utilizzando il cosiddetto metodo mimico». Esso consiste nell’indossare una specie di armatura con la marionetta attaccata ai polpacci e alle spalle. In questo modo tutti gli attori avrebbero potuto interpretare il personaggio di Pinocchio, nascondendo il proprio volto sotto una retina nera per far risaltare il burattino in modo più forte. I ragazzi del Corso per attori “Orazio Costa”, nonostante la loro giovane età, sono stati perfettamente capaci di portare in scena uno spettacolo così denso e carico di riflessioni simboliche con quella ventata di modernità, innovazione e novità che solo i giovani sanno trasmettere.

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È STATA LA MANO DI DIO di Giovanni Gori

“E’ stata la mano di Dio” è un film del 2021, diretto da Paolo Sorrentino TRAMA Napoli, fine anni ottanta. Il giovane Fabio Schisa (Filippo Scotti), detto Fabie’, è molto legato alla sua famiglia, specialmente ai genitori (Toni Servillo e Teresa Saponangelo) e alla bella ma disturbata zia Patrizia (Luisa Ranieri). La tranquillità della famiglia Schisa è minata da una serie di eventi, a cominciare da un misterioso incontro avuto da zia Patrizia a inizio film e passando per le furibonde litigate dei genitori di Fabio e dei fratelli Marchino (Marlon Joubert) e Daniela (Rossella Di Lucca), soprattutto dopo che la madre ha scoperto che il marito la tradisce. Il rapporto tra i genitori di Fabio e le loro personalità sono il fulcro della prima parte del film: entrambi sono di buon cuore, ma incapaci di comprendere le inquietudini del figlio. Fabio infatti, come molti adolescenti, si sente un pesce fuor d’acqua e risente molto dei continui litigi dei genitori, fino ad una cena in cui manifesta un attacco violento di panico. In tutto questo avviene un evento che sarà da spartiacque non solo nella vita della famiglia Schisa, ma anche nella cultura di Napoli e nella storia di tutto il calcio: l’arrivo al Napoli del calciatore argentino Diego Armando Maradona, considerato il più grande calciatore di tutti i tempi. Fabio riesce ad ottenere il permesso per andare a vedere Maradona giocare allo stadio, rinunciando quindi a trascorrere la giornata con i genitori (nel frattempo riappacificati) nella casa di montagna, a Roccaraso: quella notte succede una tragedia che cambia tutto per sempre. La seconda parte si concentra sul difficile percorso intrapreso da Fabio per elaborare il lutto, percorso in cui (grazie anche alle parole di un anziano parente , interpretato da Renato Carpentieri) comprende che se non fosse stato trattenuto dall’andare a vedere la partita probabilmente anche la sua sorte sarebbe stata diversa. In un pensiero “magico” è 24


come se attraverso Maradona un’entità superiore avesse giocato col destino di Fabio, cambiando per sempre il corso della sua esistenza… RECENSIONE Il nuovo film di Sorrentino, uno dei nostri registi più apprezzati nel mondo, è fortemente e tristemente autobiografico: la tragedia della famiglia di Fabio, infatti, è la stessa che colpì il regista quando era adolescente e anche la dinamica in cui si sono svolti gli eventi è la stessa, con lui che non era presente in quel fatidico momento perché trattenuto dal desiderio di andare a vedere Maradona. Il titolo del film si rifà al soprannome proprio dell’attaccante, con particolare riferimento al suo celeberrimo gol di mano, ma, in questo caso, può essere davvero interpretato come un segno del divino vero e proprio. In questa sua ultima opera Sorrentino compie una difficilissima sfida con sé stesso: tornare indietro nel tempo e fare i conti con il proprio passato. Una sfida accentuata ancora di più dal tornare al proprio nido, a Napoli, nel quartiere del Vomero da cui mancava ormai da più di trent’anni. E il film è un vero e proprio omaggio al capoluogo della Campania, esaltato da una fotografia che mette in risalto la città di sera, illuminata dalle luci, oppure in lontananza, con il mare tutto intorno; è un inno alle persone che popolano la città, ai loro pensieri, ai loro scheletri nell’armadio, alle loro ambizioni, è una dedica al folklore partenopeo (particolare il riferimento a inizio film a San Gennaro, patrono della città, e al munaciello, un piccolo monaco deforme che, secondo la tradizione popolare, è portatore sia di buoni che di cattivi auspici). Dopo aver analizzato il film nei dettagli e dopo averlo visto viene senza dubbio da porsi una domanda: chi è o cosa è il vero protagonista? E’ Fabio? E’ la famiglia Schisa? E’ Napoli stessa? Probabilmente la vera risposta è “la vita di Paolo Sorrentino e l’ambiente in cui ha vissuto la sua giovinezza che riprende con la cinepresa in mano dopo averla abbandonata per oltre trent’anni, regalandoci uno dei film più belli, emozionanti e poetici.

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CONTATTI: @i_giornalino

I’Giornalino dell’Alberti Dante

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