Formazione del personale di polizia basata sui diritti fondamentali
2. Che cos’è una pena o un trattamento inumano o degradante? Prendendo a riferimento la giurisprudenza della Corte EDU, si considera «inumano o degradante» il trattamento che soddisfa le seguenti condizioni: • la sofferenza e l’umiliazione di un individuo devono oltrepassare quell’inevitabile elemento di sofferenza e umiliazione che è collegato a una determinata forma di pena o trattamento legittimo5; • il maltrattamento di un individuo deve raggiungere un livello minimo di gravità6, che dipende dalle circostanze concrete di un caso correlate, tra le altre cose: • alla durata del trattamento; • agli effetti fisici e/o mentali sull’individuo; • al sesso, all’età e allo stato di salute dell’individuo7.
Per le persone private della libertà, qualsiasi ricorso alla forza fisica che non sia stato reso strettamente necessario a causa della loro condotta degrada la dignità umana e rappresenta, in linea di principio, una violazione dell’articolo 3 CEDU8. La Corte EDU, nel valutare se, ai sensi dell’articolo 3 CEDU, una pena o un trattamento è «degradante», considera: • se l’obiettivo del trattamento è umiliare e degradare la persona9 e, in alternativa, • se, in relazione alle conseguenze, il trattamento compromette la sua personalità in modo incompatibile con l’articolo 310. • È considerato degradante anche un trattamento che suscita sensazioni di timore, angoscia e inferiorità tali da umiliare o degradare la vittima e, possibilmente, vincerne la resistenza fisica o morale11. Un esempio di trattamento atto a suscitare tali sensazioni, e che quindi è stato equiparato a un trattamento degradante, è il caso di un medico che è stato ammanettato dinanzi ai suoi familiari e vicini di casa senza che vi fossero le prove che egli rappresentasse un pericolo12. Nell’interpretazione dei tribunali sulla base della definizione della convenzione delle Nazioni Unite sulla tortura, la «tortura»: • provoca dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche; • è inflitta intenzionalmente; 5. Corte EDU, sentenza 26 ottobre 2000, Kudła contro Polonia, n. 30210/96, punto 92.
• per un determinato scopo (ottenere informazioni, una confessione, punire, intimidire o a scopo discriminatorio);
6. Corte EDU, sentenza 25 aprile 1978, Tyrer contro Regno Unito, n. 5856/72, punto 30.
• da un pubblico ufficiale o perlomeno con la sua acquiescenza (è necessario che i pubblici ufficiali siano in qualche modo coinvolti, per intervento diretto o per non aver adottato misure appropriate per prevenire la tortura da parte di altre persone).
7. Corte EDU, sentenza 3 aprile 2001, Keenan contro Regno Unito, n. 27229/95, punto 108; sentenza 25 febbraio 1982, Campbell e Cosans contro Regno Unito (n. 7511/76 e n. 7743/76), punto 30. 8. Corte EDU, sentenza 4 dicembre 1995, Ribitsch contro Austria, n. 18896/91, punto 38. 9. Corte EDU, sentenza 25 febbraio 1982, Campbell e Cosans contro Regno Unito, n. 7511/76 e n. 7743/76, punto 30. 10. Ibid. 11. Corte EDU, sentenza 3 aprile 2001, Keenan contro Regno Unito, n. 27229/95, punto 109. 12. Corte EDU, sentenza 6 marzo 2007, Erdogan Yagiz contro Turchia, n. 27473/02.
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Come si distingue la tortura da un trattamento inumano o degradante? Per stabilire se una determinata azione costituisce una tortura o un trattamento inumano o degradante, occorre prendere in considerazione tre condizioni. 1. Intenzionalità: Si devono considerare le intenzioni alla base delle azioni di una persona. La tortura non può essere «accidentale». Al contrario, un trattamento inumano o degradante può essere causato da negligenza o dalle conseguenze non intenzionali di un’azione, come il provocare inavvertitamente a un detenuto un dolore o una sofferenza.