Lucciola Novembre 2021

Page 32

IDEE

Anche quest’anno Anche quest’anno abbiamo occupato, “se semo presi scola”. Ne è valsa la pena? Non lo so. Abbiamo sbagliato a farlo? Non credo. Le tradizioni, specie nella nostra cultura, sono una parte fondamentale del nostro essere sociale, senza quelle le giornate perdono il ritmo e i mesi non si distinguono l’uno dall’altro se non per la temperatura che c’è fuori. Tradizione (una parola che qui, anche se non proprio correttamente, sto usando come sinonimo di rito) non significa solo andare dai nonni per Pasqua o festeggiare gli anniversari. Le tradizioni sono parte di tutti gli aspetti della nostra vita. Ci sono le tradizioni piccole, personali e quotidiane: non pestare le righe tra le mattonelle della strada, prendere un caffè al bar sedendosi sempre nello stesso posto , prendere il giornale sempre nella stessa edicola. E ci sono tradizioni particolari, per le quali ci si prepara in anticipo e che accadono soltanto in determinati momenti. Possono essere farsi una foto a ogni inizio di anno scolastico, come può essere fare a ogni Halloween un costume di gruppo, come può essere occupare la scuola ogni anno. Mi rendo conto che alcuni potrebbero sentirsi offesi all’idea che il loro strumento di protesta preferito sia ridotto a una tradizione studentesca. Ma chiamare l’occupazione per quello che è non significa sminuirne il valore, anzi, significa dargli una ragione più profonda di quello che il Collettivo o la preside possano dargli. Sono certo che tra gli studenti, specie tra quelli che hanno brandito il megafono, c’è sicuramente qualcuno che crede fermamente che quest’occupazione, come le altre, sia stata efficace e necessaria per la difesa della libertà e dei diritti studenteschi.

Ma questo è solo un aspetto parziale della questione, in quanto, l’utilità dell’occupazione e le sue ripercussioni possono essere valutati in maniera soggettiva e avere effetti diversi da persona a persona. L’unico aspetto oggettivo del “prendersi scola” è la ritualità che quest’atto comporta. Ci sono pochi altri eventi capaci di unire emotivamente un gruppo di adolescenti come la partecipazione a un’esperienza del genere; e qui non si tratta soltanto di un gruppo di amici sgangherati che creano profondi legami tra loro, ma di un liceo intero. Se chiedessi a ogni manariota, o almeno a quelli dell’epoca pre-covid, qual è stato il momento che lo ha più di tutti legato al nostro liceo o fatto sentire un tutt’uno con i suoi compagni di scuola, per quanto qualcuno possa dire “la notte bianca” o “il vitamina day”, sono sicuro che la maggior parte di noi citerebbe una qualche occupazione (specie, e sempre, quelle più vecchie, “che si facevano mejo di queste”). Le norme codificate del nostro rito sono semplici. Il collettivo a Valle non è che una vigilia del grande evento, è il momento nel quale si ufficializza la legittimità dell’azione, e si stabilisce il modello da seguire. “Alzatevi e votate: di qua per occupare, di là per non occupare”, ma lo sanno tutti che saranno in quattro da un lato e in cento e passa dall’altro. Non si tratta di un voto reale, ma della dimostrazione che è il Manara a volerlo. Non c’è più lo studente, né la classe, né tantomeno il Collettivo, c’è solo la volontà del Manara ora, un unico grande organo che prende decisioni per se stesso e conosce la sua strada. Ogni elemento contrario al volere dello spirito manariota non è che una piccola acciuga che si è staccata dall’immenso

32


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.