Pentascienze - La rivista scientifica dell’IIS “G. B. Pentasuglia” La prima cosa che attira l'attenzione di Dante sono i cittadini. Il suo sguardo si focalizza soprattutto sugli anziani, così gli spiego che l'età media si è allungata fino agli 80 anni e questo ha portato alla ricerca di cure per le malattie degenerative come l'Alzheimer...
CURARE L’INCURABILE, ORA SI PUÒ! L’Alzheimer farà meno paura? Le stime più recenti, a livello internazionale, indicano che nel mondo vi sono circa 35,6 milioni di persone affette dal morbo di Alzheimer. Si tratta di una degenerazione nervosa a sviluppo inarrestabile, caratterizzata da una diminuzione del numero delle cellule nervose con atrofia celebrale. Tra gli effetti provocati dalla malattia vi sono: perdita di memoria a breve e a lungo termine, disturbi del linguaggio e deterioramento fisico.
cumulandosi nel cervello provoca l’insorgenza del morbo. Tre anni fa i ricercatori dell’Università di Philadelphia hanno scoperto la presenza nel cervello di una molecola, chiamata 12/15lipossigenasi, e sono giunti alla conclusione che anche questa contribuisca al controllo della reazione biochimica a catena responsabile dello sviluppo del morbo di Alzheimer. La ricerca ha dimostrato infatti che la 12/15-lipossigenasi controlli la beta secretasi (BACE), un enzima che rappresenta la chiave per lo sviluppo di amiloide contenuta nelle placche di Alzheimer. In alcune persone, se la 12/15-lipossigenasi lavora troppo, invia un messaggio sbagliato alla beta secretasi che a sua volta inizia a produrre più amiloide beta. Questo si traduce inizialmente in deficit cognitivo, disturbi della memoria ed incremento delle placche amiloide. “Modulando i livelli di BACE e la sua attività attraverso il controllo del 12/15-lipossigenasi, siamo in grado di migliorare la parte cognitiva del fenotipo della malattia che si traduce in una riduzione delle placche”
Nel corso degli anni, un team guidato dagli scienziati dell’Università di Bath ha effettuato diverse ricerche su possibili cure, creando in laboratorio i primi neuroni artificiali. Si tratta di dispositivi in miniatura basati su silicio, chip bionici che imitano alla perfezione il "lavoro" dei veri neuroni. (Rif. fanpage.it)
come pubblicato sulla rivista Annals of Neurology. (Rif. italiasalute.it)
L'Università australiana del New South Wales, con il gruppo del Neuroscience Research, ha scoperto, invece, una proteina implicata nei meccanismi della malattia che, introdotta nell’organismo, è in grado di prevenire il decadimento cognitivo nel cervello dei malati di Alzheimer. Si chiama P38-Tau Chinasi e gli scienziati hanno ipotizzato che abbia un effetto protettivo nei confronti del cervello: essa bloccherebbe l’azione della beta-amiloide, un peptide che ac2