Notiziario della Marina gennaio 2022

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M ARINA N O T I Z I A R I O d el l a

A N N O L XV III - G E N N A I O 2 0 2 2 - € 2 ,0 0

Inserto centrale Italia, Paese marittimo Comando in Capo della Squadra Navale Cambio al vertice Uno sguardo al futuro European Patrol Corvette


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Il Notiziario della Marina è una testata giornalistica mensile fondata nel 1954

SOMMARIO

Registrazione: Tribunale di Roma n.396/1985 dell’ 8 agosto 1985

gennaio 2022

Proprietà Ministero della Difesa Editore Ministro della Difesa Marina Militare - Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione

In prima di copertina: Golfo di Guinea, la portaerei Cavour e la fregata Bergamini insieme al mercantile italiano Jolly Bianco.

DIRETTORE RESPONSABILE

In quarta di copertina: Recupero con biscaglina da elicottero MH-90A.

Alessandro BUSONERO

REDAZIONE Antonello D’AVENIA,Pasquale PRINZIVALLI, Emanuele SCIGLIUZZO D IREZIONE E R EDAZIONE Marina Militare - Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione Notiziario della Marina - piazza della Marina, 4 - 00196 Roma - tel. 06.3680.5556 mail: notiziario.marina@gmail.com segreteria e abbonamenti tel. 06.36806318 partita iva: 02135411003 N ORME

PER LA COLLABORAZIONE

La collaborazione è aperta a tutti, gli elaborati, inediti ed esenti da vincoli editoriali, esprimono le opinioni personali dell’autore, che ne assume la responsabilità. La Direzione si riserva il diritto di dare agli articoli il taglio editoriale ritenuto più opportuno. Gli articoli, concordati con il Direttore, dovranno essere corredati di foto (formato .tif o .jpg, di dimensioni minime 18 x 13 cm, con risoluzione a 300 dpi) e didascalie esplicative; gli elaborati dovranno essere redatti evitando l’uso di acronimi, che eventualmente vanno esplicitati. L’accoglimento degli articoli o proposte di collaborazione non impegnano la Direzione alla pubblicazione nè alla retribuzione. © Tutti i diritti sono riservati.Testi e foto non possono essere riprodotti senza l’autorizzazione del Direttore.

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Fasan: missione compiuta! di Giovanni Iabichella

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Mediterraneo centrale, pattugliatori sempre presenti di Antonello D’Avenia

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Uno sguardo al futuro: European Patrol Corvette di Andrea Quondamatteo

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Inserto speciale: Italia, Paese marittimo introduzione del Capo di Stato Maggiore della Marina Militare

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Marina Militare e Enea insieme per la 37ª spedizione in Antartide di Mariarosaria Lumiero

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Fianco a fianco agli incursori di Marina di Gianluigi Angiulli

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Il dovere implica il sapere di Elisabetta Gualdi

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La salvaguardia della vita umana in mare di Antonino Pulvirenti

A.N.M.I. di Torino 125 anni di fratellanza e solidarietà dei marinai di Alessandro Busonero

Stampa: Fotolito Moggio srl, Villa Adriana - Tivoli

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Il palazzo dell’ammiragliato di Napoli di Claudio Romano

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Gabinia, l’operazione di contrasto alla pirateria della fregata Marceglia di Attanasio Sarno

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Concessionaria di pubblicità: Difesa Servizi Spa

L’ammiraglio De Carolis al Comando della Squadra navale di Emanuele Martini

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L’editoriale di Alessandro Busonero

Recensione Giuseppe Bavastro un corsaro a Livorno di Alessandro Busonero

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L’editoriale di Alessandro Busonero

Affezionati lettori, «Guardare insieme con fiducia e speranza al nuovo anno», così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è rivolto agli italiani per il tradizionale discorso di fine anno, sottolineando come non sia mai venuta meno «l’aspirazione diffusa degli italiani a essere una vera comunità, con un senso di solidarietà che precede, e affianca, le molteplici differenze di idee e di interessi». Quella «vera comunità», che in Marina

è identificata con l’essere parte di un equipaggio. Un unicum che accompagna per la vita i militari e il personale civile in ogni comando, sia esso in mare o sul territorio. Come una sola cima, che si sa essere fatta da legnoli intrecciati tra di loro, il legame di «vera comunità», prosegue forte oltre il servizio attivo anche quando termina l’intera carriera o quando questa viene interrotta. In questi ultimi casi rimangono i legami legati ai valori e alle esperienze vissute


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insieme, come ad esempio, accade agli oltre 36.000 Soci dell’A.N.M.I. (Associazione Nazionale Marinai d’Italia). Dopo questo incipit che trova ispirazioni dalle parole della più alta carica dello Stato, non posso che scrivere: ben trovati nel 2022 sempre a bordo del Notiziario della Marina! Sono sicuro che, anche in questo nuovo anno, sarete pronti a navigare sulla rotta editoriale della nostra rivista giornalistica nel mare della comunicazione. Un mare

assai esteso, sempre più variegato, fatto di missioni, esercitazioni, curiosità, sport, salvaguardia della memoria e raccontate in prima persona dal personale della Marina. Senza indugi quindi consegno i numeri del Notiziario della Marina 2021 all’archivio di redazione. Una preziosa raccolta, al cui interno sono custoditi ben 67 anni di memoria della nostra Marina. Tra le novità, nel 2022 troveremo diversi Speciali interni, ovvero la trattazione approfondita di specifici argomenti. Nelle pagine del numero di gennaio leggerete lo speciale: «Italia, paese marittimo» con l’introduzione straordinaria del capo di Stato Maggiore, ammiraglio di squadra Enrico Credendino. Un’autorevole riflessione sulla natura marittima della nostra nazione. Uno strumento per riflettere a 360° - fruibile da ogni lettore - con il fine di sviluppare maggiore consapevolezza su quanto la tutela, la difesa e la valorizzazione del mare portino benefici diretti e soprattutto indiretti (meno noto) a tutti noi italiani. Un’occasione, anche, per sensibilizzare ogni appassionato del Notiziario della Marina

a contribuire alla diffusione della cultura del mare nell’ambito della propria vita personale e professionale. Ricche di argomenti anche le pagine di questo primo numero del 2022 dove avrete modo di trovare tra i vari articoli, un’intervista all’ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis, nuovo Comandante in Capo della Squadra Navale. Il ponte di volo della portaerei Cavour ormeggiata a Taranto era spazzato da un “fresco vento di tramontana” e nel silenzio attento degli ospiti e dei reparti schierati, ho ascoltato una parte del discorso d’insediamento dell’ammiraglio De Carolis che non poteva non destare ancor più la mia attenzione: «[…] I marinai d’Italia, quei marinai ai quali mio padre è appartenuto con orgoglio, mi raccontava spesso delle sue vicende di Marina […] …E così son cresciuto. Ascoltando storie di mare, leggendo Melville e Conrad, sfogliando il Notiziario della Marina che a casa non mancava mai […]» La menzione della nostra rivista, a margine di un commovente ricordo della vita privata della famiglia De Carolis, è stata una testimonianza concreta di come il Notiziario della Marina nel tempo abbia fatto parte della vita di una “famiglia di Marina”. Testimonianza sincera e appassionata di come le pagine del Notiziario della Marina abbiano fatto parte delle letture di un ragazzo che nella Marina e nel mare ha visto il sogno e l’avventura nella quale imbarcarsi per il resto della vita. Un sogno e un’avventura divenuta realtà. «alla via così»! Buona navigazione tra le pagine del Notiziario della Marina!


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tazione navale Mar Grande di Taranto, 17 dicembre 2021, a bordo della portaerei Cavour, in una bella e fredda giornata di fine autunno, si è svolta la cerimonia di avvicendamento del Comandante in Capo della Squadra Navale tra l’ammiraglio di squadra Paolo Pezzutti e l’ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis, che prende così il timone della Squadra Navale. Nella formalità del cerimoniale, l’emozione ha attraversato gli animi degli oltre 300 presenti, tra i militari schierati,

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Ponte di volo della portaerei Cavour: il sottosegretario di Stato alla Difesa senatore Stefania Pucciarelli, accompagnata dal Capo di Stato Maggiore della Marina, passa in rassegna l’equipaggio e i reparti schierati.

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L’ammiraglio De Carolis al Comando della Squadra navale

L’ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis ha assunto il comando della Squadra navale (Cincnav) della Marina Militare nella città dei due mari, subentrando all’ammiraglio di squadra Paolo Pezzutti. La cerimonia di avvicendamento si è svolta sulla portaerei Cavour, ormeggiata a Taranto nella Stazione Navale Mar Grande. di Emanuele Martini autorità e ospiti, quando è stata letta la formula del riconoscimento e della consegna, nelle mani dell’ammiraglio De Carolis, della Bandiera di Guerra della Marina Militare e delle Forze Navali, un ideale passaggio di testimone del cuore pulsante, della professionalità e dei valori che accompagnano da sempre la Marina. Tra le presenze istituzionali: il sottosegretario di Stato alla Difesa senatore Stefania Pucciarelli e l’onorevole Gianluca Rizzo, presidente della commissione

Difesa della Camera dei Deputati. Nel corso del suo intervento, il senatore Pucciarelli, rivolgendosi all’ammiraglio De Carolis, ha sottolineato come questa assunzione d’incarico avvenga “in un periodo in cui il nostro Paese sviluppa la propria visione di difesa avanzata in aree strategiche sempre nuove, perché sempre nuove e subdole sono le minacce alla sicurezza e alla stabilità.” Così invece il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare:“L’avvicendamento del Comandante in Capo della Squadra

Navale rappresenta senza dubbio alcuno la più affascinante delle cerimonie che riguardano i vertici della Forza Armata, valorizzata dallo splendido scenario ove fanno da sfondo le più performanti unità navali di cui dispone la Marina Militare”. Definendo poi la Squadra navale come il braccio d’azione operativa, spina dorsale e nerbo della Forza Armata, ha posto l’accento sul personale: “Proprio in questo momento, più di 1.400 donne e uomini sono impegnati in attività operative fuori dai confini nazionali: equipaggi

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L’avvicendamento del Comandante in Capo della Squadra Navale rappresenta senza dubbio alcuno la più affascinante delle cerimonie che riguardano i vertici della Forza Armata, valorizzata dallo splendido scenario ove fanno da sfondo le più performanti unità navali di cui dispone la Marina Militare il capo di Stato Maggiore della Marina Militare ammiraglio di squadra Enrico Credendino

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in mare, in cielo e in terra, impegnati nelle diverse basi, nei teatri operativi o nei diversi contesti internazionali. Sono ben consapevole di quanto sforzo vi sia quotidianamente richiesto, nelle strette turnazioni d’impiego che gravano, ancor di più sulle vostre famiglie”. Mani ferme, orgogliose, sicure, quelle dell’ammiraglio Aurelio De Carolis mentre riceve in consegna, nella sua amata Taranto, la Bandiera di Guerra della Marina Militare e delle Forze navali. L’ammiraglio De Carolis ha tra l’altro affermato: “Mi dedicherò con slancio e totale dedizione alla preparazione e all'impiego delle forze dipendenti in aderenza alle priorità che Lei (Capo di Stato Maggiore n.d.r.) definirà, affinché la componente operativa della Marina oggi alle mie dipendenze possa esprimere il massimo livello di prontezza per assolvere le missioni e i compiti assegnatici dalla Nazione. Sopra e sotto i mari, dentro e fuori dal Mediterraneo, nelle nostre basi, a fianco al personale delle altre Forze Armate con cui cooperiamo nei teatri operativi fuori area; ovunque

chiamata ad operare, la Squadra navale darà il massimo per mare, cielo e terra, incluso il contributo che la Marina fornisce alle attività spaziali e di difesa cibernetica, in un moderno approccio multi dominio”. L’ammiraglio De Carolis nel suo discorso ha toccato anche le corde della memoria e dei ricordi, nel quale è emerso come la Marina sin stata sempre in famiglia sin dall’infanzia: “Ho voluto rievocare questi ricordi per meglio descrivere ciò che vivo oggi. Mio padre mi parlava infatti del suo lavoro e talvolta anche dei suoi capi, degli ammiragli e del Co-

mandante in Capo della Squadra navale. Li percepivo come figure mitologiche, personaggi da poema epico cavalleresco. A 40 anni da allora, oggi sono qui. E sono molto contento”. Queste le parole di chi con passione ha fatto del proprio lavoro una missione.

Stazione navale Mar Grande di Taranto, 17 dicembre 2021. Alcuni momenti di forte emozione e valore simbolico. In basso il Comandante in Capo della Squadra navale, ammiraglio Aurelio De Carolis.

Intervista esclusiva dell’ammiraglio Aurelio De Carolis al Notiziario della Marina di Alessandro Busonero Quale auspicio per il 2022 per gli equipaggi della Squadra navale, essenza e ragion d’essere della Marina Militare? Il mio sentito auspicio per il 2022 è che il nuovo anno porti al personale della Squadra navale, me compreso, tanta energia fisica e mentale affinché possiamo operare sempre al massimo dell’efficienza e mantenere su livelli altissimi la motivazione e la soddisfazione per quanto quotidianamente facciamo, nella consapevolezza dell’importanza delle missioni che il Paese assegna alla Marina. Le famiglie vivono spesso con sacrificio i periodi di imbarco dei loro cari distanti da casa anche per lunghi periodi. Qual è il messaggio rivolto a loro? Le nostre famiglie sono la nostra ancora di sicurezza. Il marinaio riesce ad affrontare al meglio le difficoltà della vita di mare quando sa che a casa qualcuno pensa a lui e attende il suo rientro. Questo sentimento è ancora più avvertito in periodi particolari come quello delle festività natalizie. Mi viene qui in mente una poesia di Stevenson, dal titolo Christmas at sea, che ben descrive la vita di mare in un contesto di fine ‘800, quando le condizioni erano molto più dure delle attuali. Il marinaio che si trova in mare, soprattutto nei momenti di difficoltà, immagina la terra e impara ad apprezzare ancora di più quegli aspetti della vita quotidiana che per altri costituiscono la normalità. In queste considerazioni ci sono tutte le asperità e al tempo stesso le peculiarità che contribuiscono a conferire fascino alla nostra condizione di gente di mare. Tre parole (o tre brevi concetti) che ritiene debbano essere

di riferimento per ogni donna o uomo di un equipaggio. Tre sono le parole da prendere come riferimento per i componenti di un equipaggio: entusiasmo, coraggio e coesione. Credo che esse esprimano concetti tra loro correlati. Infatti, all’interno di un gruppo, l’entusiasmo dei singoli aiuta a rafforzare la coesione, che a sua volta accresce il coraggio individuale e collettivo. C’è un episodio di qualsiasi genere della storia navale della Marina Militare che nella sua lunga carriera ha tenuto presente quale riferimento e “faro” per la sua azione di comando? Più che ad uno specifico episodio di riferimento ho sempre ispirato la mia azione di comando all’eroismo e alla dedizione dei nostri padri che con abnegazione, senso del dovere e spirito di servizio hanno dedicato la propria vita alla Marina e grazie ai quali oggi godiamo di grande considerazione nel panorama istituzionale nazionale e nel contesto internazionale. In conclusione, Ammiraglio, qual è il saluto che rivolge ai lettori del Notiziario della Marina? Il mio saluto ai lettori è quello di un altro assiduo lettore che da quasi 50 anni apprezza il Notiziario della Marina. In questa bella rivista periodica vedo non solo un efficace strumento di comunicazione interna ed esterna della Forza Armata, ma anche un importante riferimento per seguire le attività della Marina – attraverso articoli e foto – e l’evoluzione dei principali concetti di gestione e conduzione delle forze.

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Gabinia, l’operazione di contrasto alla pirateria della fregata Marceglia Rafforzati i rapporti internazionali, nell’ottica del più ampio concetto di comprehensive security

di Attanasio Sarno. Foto Mario Cardone. ’ufficiale di guardia in plancia con il binocolo, vede in lontananza l’isola del Tino e all’orizzonte il Golfo dei Poeti. Siamo a casa! Il Mar Ligure e le sue coste frastagliate hanno accolto il rientro della fregata Antonio Marceglia a La Spezia, il 22 dicembre dopo circa 4 mesi di missione operativa fuori del Mediterraneo: oltre 20.000 miglia nautiche percorse e 140 ore di volo dell’elicottero imbarcato. La missione di presenza e sorveglianza nel Golfo di Guinea, zona geo-strategicamente rilevante in cui insistono importanti interessi economici del nostro Paese, ha visto un impiego molto

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versatile di nave Marceglia: dalle attività operative e addestrative sino all’esercizio delle funzioni di naval diplomacy, con l’obiettivo di consolidare le relazioni con gli stakeholder, nazionali e anche internazionali, sviluppando una sempre più ampia rete di contatti e legami con le Marine rivierasche del continente africano. Più volte la nave della Marina ha effettuato soste logistiche in porti africani e diversi sono stati gli eventi protocollari che hanno coinvolto l’equipaggio: 171 tra donne e uomini, “marinai” di ogni grado ed età, a cui si è aggiunto un nucleo del Gruppo Operativo Subacquei

del Comando Subacqueo e Incursori (COMSUBIN), il team opposed della Brigata Marina San Marco e il personale della componente volo. Navigando verso le coste africane, la prima sosta ha visto il Marceglia attraccare nel porto di Abidjan (Costa d’Avorio), dove un caloroso benvenuto è giunto da parte dell’ambasciatore d’Italia Stefano Lo Savio. Nella prima decade di ottobre, in sosta alla fonda a Lagos (Nigeria), il console Generale Maurizio Busanelli, accompagnato da una rappresentanza della Marina nigeriana, è salito a bordo e nell’occasione ha espresso parole di stima a tutto

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l’equipaggio schierato in assemblea generale sul ponte di volo, per la professionalità e la dedizione dimostrati nell’assolvimento della missione. Navigando verso Est, l’unità è giunta ad Accra (Ghana), dove l’ambasciatrice d’Italia in Ghana e Togo, Daniela D’Orlandi ha portato la sua testimonianza. Nella sosta ghanese un’altra visita a bordo ha omaggiato il Marceglia: il nunzio apostolico monsignor Henryk Mieczyslaw Jagodzinski, il quale ha officiato a bordo la Santa Messa con grande partecipazione dell’equipaggio. Stefano De Leo, ambasciatore d’Italia nella Repubblica del Congo, ha invece raggiunto la nave durante lo scalo a Pointe Noire, in Congo, accompagnato dal Comandante in Capo delle Forze Navali della Marina del Congo e dal dottor Gian Paolo Frajese, rappresentante di ENI in Congo, quasi a simboleggiare un “stringersi a coorte” del Sistema Paese Italia anche a migliaia di miglia di distanza dalla Madre Patria. Nave Marceglia ha fatto sosta anche a Libreville, in Gabon, dove nessuna nave della Marina era mai stata in visita prima, e a Dakar (Senegal), dove Giovanni Umberto De Vito, Ambasciatore d’Italia in Senegal, ha definito la fregata un “gioiello della tecnologia e dell’industria italiana”. In questa missione in Golfo di Guinea, sono state numerose le relazioni e le “amicizie” strette in navigazione e durante gli eventi addestrativi, come ad esempio durante l’esercitazione GANO ’21, a conduzione francese, che ha visto

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Assemblea generale sul ponte di volo della fregata Marceglia. Il comune di 2ª classe Francesca Bono condivide con l’equipaggio l’articolo pubblicato a ottobre sul Notiziario della Marina “Maritime security: la Marina Militare contrasta la pirateria”. Rifornimento di elicottero SH-90A in hover con tecnica HIFR (Helicopter In-Flight Refuelling Rifornimento in volo di elicottero).

il coinvolgimento di tutte le marine rivierasche del Golfo, oppure nelle tante attività addestrative bilaterali condotte con le navi militari incrociate in mare, appartenenti a paesi africani, sud americani, ed europei, che collaborano per la stabilità e la sicurezza marittima in quel grande tratto di mare. Tra questi

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eventi è da annoverare l’ITA-MOR, l’esercitazione bilaterale che ha visto addestrarsi nelle acque dell’Oceano Atlantico la fregata italiana Marceglia e quella marocchina Mohammed VI, e che proprio nella sosta a Casablanca, ha accolto a bordo Armando Barucco, ambasciatore d’Italia a Rabat. Gli eventi addestrativi si sono rivelati veri e propri booster per la cooperazione bilaterale con i Paesi rivieraschi africani. Hanno creato infatti un flusso informativo efficace e concreto, in grado di garantire risposte rapide alle richieste di intervento durante eventi reali, come nel caso della scorta alla nave mercantile Queen Zenobia con la Marina Nigeriana o dell’ispezione e fermo effettuato dalla Marina del Togo alla nave mercantile Plata, sospettata di supportare la pirateria marittima e contrabbandare gasolio. In un clima sempre collaborativo e rispettoso, per accrescere le capacità delle Marine rivierasche nel contrasto alla pirateria marittima, attraverso la promozione di attività di capacity building e di pattugliamento coordinato, la missione militare ha così attuato uno dei suoi più importanti obiettivi prefissati: la valorizzazione dei rapporti internazionali, nell’ottica del più ampio concetto di comprehensive security.


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l’intervista Comandante (Francesco Ruggiero, capitano di fregata n.d.r.), insieme al suo equipaggio ha trascorso in Golfo di Guinea mesi impegnativi, con la necessità d’essere pronti ad intervenire in qualsiasi ora della notte e del giorno in caso di attacco da parte dei pirati a navi mercantili. Come ha mantenuto addestrato e reattivo l’equipaggio per un periodo così lungo, mantenendo un buon equilibrio tra benessere e stress? "Credo nel principio per il quale io e il resto dell’equipaggio siamo la stessa cosa, e quindi il benessere dell’equipaggio ed il mio sono correlati, direi congiunti. Il benessere a cui aspiro per l’equipaggio deriva di fatto dalla ricerca di un bilanciamento tra le attività di servizio (guardie, manutenzioni, addestramento, formazione) e lo svago, per quanto possibile a bordo, ovvero lo sport ed alcuni momenti conviviali – basta davvero poco a volte per portare serenità e buonumore - fino al meritato riposo psico-fisico. In tale ottica di bilanciamento ho organizzato la vita a bordo. Mantenere quindi uno stato di allerta sempre elevato, grazie all’alternanza del personale nei turni, ma garantendo anche il tempo sufficiente per rigenerarsi. Questa organizzazione, unita alla professionalità di tutti, permette di vivere l’esperienza di una missione lontani da casa e dagli affetti dei propri cari, non soltanto in una dimensione professionale, ma soprattutto umana. Un lavoro importante è stato fatto sul fare squadra, sul sentire l’equipaggio come una seconda famiglia, dove la divisione dei reparti e dei servizi è sì funzionale allo svolgimento degli incarichi assegnati, ma non in maniera troppo marcata. A bordo ci sono militari in tuta di volo, altri in mimetica, tenuta operativa, tutti un unicum indivisibile in nome dell’equipaggio. La priorità condivisa è stata darsi una mano ed aiutarsi l’uno con l’altro, ascoltarci e dialogare per risolvere insieme le difficoltà quotidiane,

come del resto si fa in una famiglia.” Comandante, può descriverci uno dei ricordi più forti che porterà con se dopo questa missione? “Le emozioni provate in questa esperienza sono tante e variegate, dall’orgoglio di aver guidato e comandato questo equipaggio, alla grande gratificazione nell’essermi confrontato in via epistolare con gli altri comandanti delle navi incontrate. Memori di uno scenario di tradizioni cavalleresche e goliardiche, dopo eventi addestrativi e reali portati a termine insieme, nell’epoca di internet e delle mail, ci siamo scambiati semplici lettere “cartacee” di amicizia. Missive che “viaggiavano” veloci sul mare da una nave all’altra dalle quali traspariva lo stato d’animo del momento, le emozioni, ma soprattutto la comunione di valori universali che legano la gente di mare”. Nel numero di ottobre del Notiziario della Marina, avevamo incontrato il marinaio più giovane di bordo per la prima volta imbarcato per una missione internazionale, il com. 2ª cl. Francesca Bono. La risentiamo al termine della missione. “È difficile esprimere in poche battute le tante emozioni ed esperienze che l’operazione Gabinia ha suscitato in me. Da questa missione, sono sincera, non sapevo cosa aspettarmi. Per me era un’incognita, salvo qualche commento

ricevuto dai colleghi più esperti. All’inizio, prima della partenza, ero un po’ spaventata. Non posso nascondere di aver passato momenti di sconforto, in cui credevo di non essere pronta ad affrontare un’esperienza, una prova così grande. Ed è proprio così che l’ho vissuta, come una sfida, durante la quale la ragazza impaurita e fin troppo sensibile che è in me, ha lasciato il posto ad una giovane donna coraggiosa, matura e con grandi ambizioni in Marina. Voglio ringraziare tutto l’equipaggio per avermi fatto sentire, seppur giovane e alla prima esperienza, una marinaia il cui contributo e supporto è stato importante per affrontare questa missione. I mesi in mezzo al mare sono giunti al termine, ma porterò la “magia” di nave Marceglia e il suo equipaggio sempre con me. L’incontro con il comune di 2ª cl. Bono si conclude con un’inedita quanto piacevole sorpresa: da bordo in navigazione abbiamo raggiunto al telefono in Italia la mamma, la signora Maria Rita. “Non mi era mai accaduto di essere lontana da Francesca per così tanto tempo, mi è mancata molto” - dice commossa al telefono “Francesca è sicuramente cresciuta grazie a questa esperienza perché le ha insegnato a non dare nulla per scontato. Ci ha reso orgogliosi per il percorso di vita che ha voluto intraprendere”.


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Fasan: missione compiuta! La fregata Virginio Fasan, unità di bandiera dello Standing NATO Maritime Group 2 (SNMG2), rientra a La Spezia dopo 179 giorni. di Giovanni Iabichella a fregata Virginio Fasan, al comando del capitano di fregata Roberto Ruggiero, il 14 dicembre 2021 ha fatto rientro nella base navale di La Spezia al termine dell’assegnazione in qualità di nave di bandiera dello Standing NATO Maritime Group 2 (SNMG2), uno dei quattro dispositivi multinazionali permanenti che costituiscono la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), elemento di massima prontezza della NATO Response Force (NRF) che opera sotto il comando marittimo alleato (MARCOM), basato a Northwood (UK). Trascorsi quasi 6 mesi dalla partenza, avvenuta il 26 giugno scorso, la fregata ha portato a termine il suo impegno nel Mar Mediterraneo centrale e orientale, Mar Egeo e Mar Nero dopo aver assicurato, senza interruzioni il pattugliamento marittimo e una costante presenza nell’area d’operazione. Di particolare rilevanza il prolungato supporto fornito all'operazione NATO Sea Guardian nel monitoraggio delle linee di comunicazione marittime, vitali per tutti i paesi della NATO, contribuendo così a mantenere, in queste aree di interesse strategico, un importante presenza per garantire la sicurezza marittima. Il dispositivo navale SNMG2, impegnato nel Mar Mediterraneo con il compito

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di assicurare la Maritime Situational Awareness (MSA), il controllo degli spazi marittimi garantendo la sicurezza dei traffici commerciali nell’area, ha operato al comando del contrammiraglio Stefano Russo imbarcato su nave Fasan. All’interno del gruppo si sono avvicendate nel secondo semestre del 2021 le fregate turche Barbaros e Gokceada, la fregata rumena Regina Maria, la fregata bulgara Drazki e le unità rifornitrici Cantabria e Spessart, rispettivamente spagnola e tedesca. La costante presenza della NATO nel Mare Nostrum costituisce un significativo apporto alla sicurezza dei confini marittimi e alla libertà della navigazione. L’interoperabilità e la coesione tra le unità navali del dispositivo incrementano lo spirito di cooperazione e aggregazione tra le marine dei paesi alleati, nonché la consapevolezza di poter fare affidamento su una collaborazione efficace ed essenziale, per affrontare le future sfide che vedranno protagonista il fianco sud dell’Alleanza Atlantica. Meritevoli di attenzione sono i numeri che hanno caratterizzato questa mis-

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sione: 104 giorni di attività operativa in mare, 21.816 miglia marine percorse e 2.241 ore di moto. Di grande spessore la partecipazione alle attività addestrative di carattere internazionale, svolte in Mar Nero, Mar Mediterraneo e Mar Egeo, tra le quali: Breeze 21, Sea Breeze 21, Dynamic Guard 21, Mare Aperto 21, Dogu Akdeniz 21 e Niriis 21, scandite dalle soste dell’unità di bandiera in 6 porti stranieri (Odessa, Varna, Souda, Izmir, Aksaz, Pireo) e 3 porti italiani (Taranto, Augusta e La Spezia). L’addestramento congiunto ha interessato, in particolare, i settori della difesa antiaerea, subacquea e di superficie in scenari realistici e multi minaccia, la condotta delle manovre marinaresche e della navigazione in acque ristrette


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(attraverso lo stretto dei Dardanelli, del Bosforo e tra le isole della Grecia), l’interoperabilità della componente elicotteristica imbarcata con un SH-101A (con frequenti attività che hanno visti coinvolti tutti gli equipaggi di volo delle unità navali dello SNMG2) e, infine, le attività di Maritime Interdiction Operations con i boarding team della Brigata Marina San Marco specializzati nell’abbordaggio e ispezione alle navi mercantili. L’impiego quale nave di bandiera di nave Virginio Fasan ha rappresentato un’eccellente occasione di crescita, in termini di esperienza e preparazione professionale, per tutti i membri dell’equipaggio, di ogni grado, anzianità ed estrazione professionale. “Non avrei mai immaginato un inizio di carriera così avvincente e dinamico dopo aver concluso da poco l’iter formativo nella Scuola Marescialli di Taranto.

Sono arrivata a bordo ad ottobre, passando dai banchi di scuola all’unità già impegnata in mare, e ho preso parte alle attività addestrative e operative con le Forze marittime della NATO. La disponibilità e la professionalità dei miei colleghi mi ha colpito fin da subito, loro mi hanno accolto a braccia aperte, dandomi un enorme supporto nell’affrontare le entusiasmanti sfide che si sono presentate nel corso dell’attività in navigazione e in porto”. Nelle parole del capo 3ª classe Emma Albertini, in un’intervista condotta a bordo dell’unità, si evince quanto sia stato formativo il periodo di impiego appena concluso. Il regolare concorso fornito della Marina Militare alle forze navali permanenti di reazione rapida della NATO (Nato Response Force) e alle principali esercitazioni dei paesi alleati è sempre più essenziale per mantenere un'elevata prontezza, migliorare l'interoperabilità e rafforzare la coesione, contribuendo a mostrare la presenza e l’impegno della NATO per la sicurezza marittima e la difesa collettiva. Per l’equipaggio di nave Fasan la soddisfazione di aver portato a termine un’impegnativa attività internazionale in mare, caratterizzata dal grande impegno profuso da ogni singolo marinaio che, con dedizione e professionalità, anche in questo momento storico caratterizzato delle difficoltà legate alla pandemia COVID-19, ha portato a termine la missione assegnata. Ben tornata a casa nave Fasan!

Mar Mediterraneo, la fregata Virginio Fasan in navigazione (foto di repertorio).

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Mediterraneo centrale, pattugliatori sempre presenti La sorveglianza delle attività marittime ed economiche lungo gli 8000 km di coste italiane

di Antonello D’Avenia

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ll’interno dello scacchiere mediterraneo, tutti gli stati costieri hanno iniziato a trattare un argomento tanto delicato quanto importante: la delimitazione della propria zona economica esclusiva (ZEE). L’Italia con la legge del 14 giugno 2021 nr. 91 ha autorizzato l’istituzione di una ZEE i cui limiti esterni saranno determinati sulla base di accordi fra

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gli stati il cui territorio è adiacente al territorio italiano o lo fronteggia. La sorveglianza della zona economica esclusiva costituisce un’importante compito della Marina Militare, che per naturale vocazione assicura il controllo degli spazi marittimi d’interesse nazionale, vigila sulle attività marittime ed economiche e di salvaguardia dell’ambiente marino.


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La Squadra navale oltre a poter contare sulle fregate o altre unità maggiori, può contare su navi dagli elevati requisiti di versatilità strategica, flessibilità d’impiego, proiettabilità e integrazione. Parliamo dei pattugliatori classe Sirio (Sirio e Orione), dei pattugliatori classe Cassiopea o Costellazione (Cassiopea, Libra, Spica, Vega), dei pattugliatori d’altura classe Comandanti (Bettica, Borsini, Cigala Fulgosi, Foscari).

E potrà presto contare sui nuovi pattugliatori polivalenti d’Altura (PPA), tre dei quali già varati: Thaon de Revel, Francesco Morosini e Raimondo Montecuccoli. Ne parliamo con il capitano di vascello Luca Pasquale Esposito, comandante delle Forze da Pattugliamento per la Sorveglianza e la Difesa Costiera (COMFORPAT), a cui abbiamo posto alcune domande.

Mar Ionio, sullo sfondo l’Etna. I pattugliatori Vega (P404) e Comandante Cigala Fulgosi (P490) a poppavia del pattugliatore Cassiopea (P401), durante una manovra cinematica.

Cosa è la Zona Economica Esclusiva (ZEE)? La ZEE è un’area esterna e adiacente alle acque territoriali nella quale uno Stato costiero beneficia di diritti sovrani ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche e minerali, che si trovano nelle acque sovrastanti il fondo del mare, sui fondali marini e nel relativo sottosuolo. Inoltre, esercita la propria giurisdizione in materia di: installazione ed utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture, ricerca scientifica e preservazione e protezione dell’ambiente marino. Nella ZEE tutti gli stati, sia costieri sia privi di litorale, godono

delle libertà di navigazione e di sorvolo, di posa in opera di condotte e cavi sottomarini e di altri usi del mare leciti in ambito internazionale. Tuttavia, nell’esercitare i propri diritti e nell’adempiere i propri obblighi nella zona economica esclusiva, gli stati devono rispettare sia le leggi e i regolamenti emanati dallo stato costiero sia le altre norme del diritto internazionale. La ZEE può estendersi fino a 200 miglia dalle linee di base. Le scoperte degli ultimi anni di enormi giacimenti di gas oltre che di petrolio nel Mediterraneo orientale hanno conferito ulteriore impulso nella definizione delle ZEE.

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Le interviste, la parola ai protagonisti

Capitano di vascello Luca Pasquale Esposito Comandante, le Forze da pattugliamento sono sempre in mare e non di rado impegnate nella ricerca e soccorso. La salvaguardia della vita umana in mare è nel DNA del marinaio. Quanto si addestra il personale delle sue navi per essere sempre pronto 24 ore su 24? La nostra missione è sorvegliare, proteggere e garantire la libertà di navigazione, vigilando affinché siano rispettate le leggi nazionali e internazionali. Le navi di COMFORPAT per ragioni di salvaguardia della vita umana in mare sono chiamate anche a intervenire in attività di soccorso in mare. Si tratta di un dovere morale per ogni marinaio.

Tra le vostre operazioni vi è la Vigilanza Pesca, 365 giorni all’anno dal 1959 a supporto della flotta peschereccia italiana, terza in Europa e prima nel Mediterraneo. Quanto è grande l’area in cui operate? Qual è la turnazione degli equipaggi, quali sono i rapporti con i pescatori a cui date sicurezza? La Vigilanza Pesca è una storica missione svolta dalle navi del comando Forze da Pattugliamento. Una missione svolta senza soluzione di continuità a salvaguardia dell’attività di pesca e del rispetto delle leggi nazionali e internazionali. L’area sottoposta al pattugliamento delle nostre navi è pari a circa 33.000 miglia quadrate. È un’area di mare vastissima, che equivale a circa un terzo della superficie della penisola italiana, in cui è fondamentale l’impiego degli elicotteri imbarcati per estendere il raggio d’azione dei nostri pattugliatori. Essi si alternano per periodi che vanno da dieci a quattordici giorni di mare. I rapporti in mare sono sempre improntati alla collaborazione; ogni giorno le navi della Marina contattano i pescherecci nazionali e i mercantili in transito nell’area di vigilanza, accertandosi che non vi siano problematiche e intervenendo quando richiesto o necessario in supporto tecnico, sanitario o di altro genere. Il covid è un nemico subdolo che ancora combattiamo, ma che non ha fermato le missioni della Marina, neanche un giorno. Come si motivano comandanti ed equipaggi che per lunghi periodi stanno distanti dalle loro famiglie? Nelle fasi più critiche dei lockdown, la Marina ha attivato dei “nuclei di supporto” alle famiglie dei colleghi impegnati in mare. Vari i compiti: dalla consegna a domicilio della spesa e di farmaci, al consulto medico domiciliare da parte degli ufficiali medici. È stato impegnativo da gestire, tanto quanto è stato bello osservare l’entusiasmo con cui il personale ha supportato le famiglie dei colleghi, facendo sentire la vicinanza della Marina in quei particolari momenti in cui spesso non si poteva contare sull’aiuto di parenti o amici. Sentirsi parte di un’organizzazione che è presente e pronta a supportare in concreto il proprio personale contribuisce a motivare gli equipaggi, così come vi contribuiscono la vicinanza e il contatto continuo e diretto con i propri comandanti. La funzione del comandante è quindi centrale nel sostenere l’equipaggio, e sebbene ogni comandante sviluppi un proprio stile di comando, mi sento di dire che, a fattor comune, questo rapporto è basato sul contatto continuo, sulla conoscenza approfondita dei propri uomini e donne, sul rigore e sull’esempio. Abbiamo poi incontrato e conosciuto anche il comandante e il conduttore di macchina del pattugliatore Sirio


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Tenente di vascello Simone Ceccolini

Luogotenente Antonio Piras

Comandante Simone Ceccolini, lei è tenente di vascello: che emozione si prova ad essere così giovane (31 anni - n.d.a.) ed avere la responsabilità di un equipaggio di 60 persone oltre che di un mezzo all’avanguardia dotato anche di elicottero. I suoi coetanei, magari i suoi ex compagni di scuola come vedono la sua professione? È senza ombra di dubbio un’immensa soddisfazione, alimentata ogni giorno da grandi oneri e responsabilità. Diventare comandante è ciò per cui mi sono preparato fin dai primi momenti vissuti nella Marina Militare, ciò che sognavo da quando ho iniziato il mio percorso in Accademia navale allontanandomi – ma solo da un punto di vista fisico - dalla mia famiglia e dagli amici. Proprio questi ultimi, talvolta, non nascondono la loro curiosità nei confronti della mia professionalità e una certa stima verso il mio incarico, per ciò che faccio per il Paese. Credo che il pattugliatore Sirio sia una delle realtà più belle della Marina. È un’unità versatile, ma allo stesso tempo complessa nella gestione e nel mantenimento in efficienza di tutti i suoi mezzi, compreso l’elicottero imbarcato che di fatto, aumenta le capacità di scoperta e intervento quando siamo in alto mare. In ogni caso, ciò che rende unica questa esperienza è senza dubbio il mio equipaggio, che vede in me un punto di riferimento per ogni problema, dubbio o confronto. C’è un sincero rapporto di collaborazione e di stima reciproca con ognuno di loro e la mia sfida giornaliera è rimanere me stesso, nella speranza di apparire ai loro occhi come leader e non come “capo”.

Luogotenente Antonio Piras, lei è entrato in Marina nel 1993 ed è alla soglia dei trenta anni di carriera con le stellette. Quindi, grande esperienza e grandi responsabilità tecniche. Quale è il suo segreto nel trasmettere professionalità e passione ai giovani sottufficiali e marinai appena imbarcati? È vero, sono entrato nel lontano 1993 e da lì ho ricoperto diversi incarichi fino ad ora che sul pattugliatore Sirio sono il conduttore di macchina, ma per tutti “il Dire” (il Direttore n.d.r.). Come tanti tecnici sono nato e cresciuto sul campo: in sala macchine e nella mia amata T.A.G., turbina a gas per quelli meno avvezzi. Adesso invece mi ritrovo in un mondo più articolato, fatto anche di burocrazia, scadenze di legge e certificati. Sono grato e fortunato nell’avere una componente formata da sottufficiali e graduati di grande esperienza che mi supportano in ogni modo: mi sento di dire con un po’ di orgoglio e senso di appartenenza che siamo una vera squadra. Mi piace pensare di essere un punto di riferimento, mi impegno ogni giorno per esserlo. Cerco di ascoltare tutti i miei collaboratori senza dimenticarmi che anche io ero al loro posto qualche anno fa. Cerco di conoscerli, supportarli e insegnare loro quello che ho imparato via via nel tempo, che secondo me vale molto di più di quanto sta scritto in certi libri. Soprattutto, cerco di dare le giuste gratificazioni quando un lavoro è portato a termine o quando vengono risolte avarie assai complesse. In sintesi, il mio modo di lavorare? Dare il massimo ogni giorno ed essere di esempio.


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Uno sguardo al futuro: European Patrol Corvette l’Italia è coordinatore del principale progetto di sviluppo della Difesa europea per il dominio marittimo. di Andrea Quondamatteo

l progetto European Patrol Corvette (EPC) si inquadra nell’ambito della Permanent Structured Cooperation (PESCO), ovvero la cooperazione internazionale strutturata dell’Unione europea nel settore della Difesa. In particolare, EPC è un progetto proposto dalla Marina Militare, supportato dal Ministero della Difesa e approvato dalla Commissione Europea il 12 novembre 2019. L’iniziativa, nata a seguito della firma avvenuta il 3 giugno 2019 di una lettera d’intenti congiunta con la Marina Militare francese, ha suscitato l’interesse di diverse nazioni che hanno in seguito manifestato l’intenzione di aderire in qualità di partecipant Member State – pMS: ad oggi composto da Italia (coordinatore del progetto), Francia, Grecia e Spagna o di osservatore quale il Portogallo. Il progetto EPC è caratterizzato dalla realizzazione di navi militari del tipo pattugliatori, dotati di spiccate doti di modularità e flessibilità in grado di svolgere molteplici missioni e pertanto sia compiti di “presenza e sorveglianza” che quelli con un profilo “combat”, anche se con le limitazioni dovute al fatto d’essere “navi di seconda linea”, con un dislocamento di poco superiore alle 3000 tonnellate. Grazie al supporto della European Defence Agency (EDA), referente istituzionale per la fase di definizione ed armonizzazione dei requisiti comuni, è stata trovata una convergenza per la redazione dei documenti d’impianto iniziali con l’obiettivo di stabilire le linee di sviluppo dell’intero programma. Al riguardo, risale al novembre 2020 la Outline Description che definisce con maggior dettaglio le diverse fasi del progetto da affidare al-

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l’EDA. Nel progetto, Spagna e Francia hanno concordato una versione comune denominata Long Range Multipurpose (LRM); mentre è emersa l’opportunità di convergere su un’unica versione italo-greca denominata Full Combat Multipurpose (FCM). Tali versioni della “corvetta europea” si diversificano per compiti e funzioni: - LRM (Francia/Spagna), dotata di grande autonomia per svolgere attività di presenza e sorveglianza nei territori oltremare lontani dalle nazioni d’appartenenza. L’armamento prevede sistemi di autodifesa contro minacce asimmetriche. Anche in questo caso la nave disporrà di capacità aggiuntive modulari. - FCM (Italia/Grecia), da impiegare nell’ambito del Mediterraneo allargato, con focus specifico sul Mediterraneo centrale e orientale, per compiti in prevalenza di presenza e sorveglianza, dotata di una varietà di sistemi in grado di garantire l’autodifesa in tutte le forme di lotta, ovvero: capacità di contrasto dal cielo (AAW - Anti-Aircraft Warfare), dal mare (ASuW - Anti-Surface Warfare) e da sotto la superficie del mare (ASW Anti-Submarine Warfar). Questo tipo di nave potrà aumentare le sue capacità grazie ad un approccio modulare (multi-mission bay per moduli di missione); Nel dettaglio, la versione italiana avrà le seguenti caratteristiche: velocità massima 25 nodi; autonomia 4.000 miglia nautiche (a 14 nodi); sistema missilistico antiaereo (AAW) in due varianti (corto raggio e medio raggio); lotta sottomarina (ASW) completo di sonar a scafo, sistema passivo trainato e hard kill. Dal punto di vista industriale la joint venture (accordo fra aziende)

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denominata NAVIRIS (partecipata al 50% da Fincantieri e Naval Group), si è fatta promotrice del coordinamento di un consorzio formato dalle maggiori aziende cantieristiche: Fincantieri, Naval Group e Navantia. NAVIRIS ha prospettato l’opportunità che il programma EPC preveda dei technological bricks, ovvero dei “mattoncini di innovazione tecnologica”, per rendere il progetto competitivo e versatile per l’export, anche in base alla considerazione che il programma in esame interesserà gli anni dal 2030 al 2070 e, pertanto, è necessario che lo stesso intersechi trend e tecnologie emergenti oggi realizzabili e ritenute paganti. Sono tre le direzioni principali individuate in fase preliminare e oggetto di ricerca e sviluppo da parte dell’industria privata in tal senso: - miglioramento delle capacità operative, prevedendo l’integrazione di veicoli ed assetti unmanned (che non prevedono la presenza dell’essere umano); - greening (rispetto dell’ambiente) e riduzione dell’impronta carbonica, per combattere il cam-


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biamento climatico e la salvaguardia dell’ambiente attraverso la ricerca di maggiore efficienza energetica; - aumento di un’architettura digitale in grado di sfruttare le capacità di “decision support” (ausilio al Comandante/decisore), “processazione” e “storage” (archiviazione) dei Big Data anche attraverso l’utilizzo di Cloud (spazio di archiviazione). La Marina Militare intende dotarsi delle corvette europee (EPC) in collaborazione con i paesi dell’UE, nell’ottica di una sempre maggio-

re collaborazione nella Difesa comune, in cui la Marina intende mantenere una posizione di rilievo. L’obiettivo è quello di perseguire una sempre maggiore sinergia ed ottimizzazione ai fini dello sviluppo delle capacità dello strumento marittimo e, al contempo,

superare la frammentazione che caratterizza oggi l’UE, dove esistono più di 30 tipi di classe di unità (dalle 500 alle 4000 tonnellate) e conseguire maggiore interoperabilità. Il contratto per la realizzazione delle corvette europee (EPC) potrebbe essere firmato già dal 2026 e l’impostazione della prima nave (taglio della prima lamiera) potrebbe avvenire nel 2027.

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Prefazione del capo di Stato Maggiore della Marina Le parole dell’ammiraglio di squadra Enrico Credendino sull’importanza della marittimità per il benessere sociale ed economico per il nostro Paese l 2022 è appena iniziato e voglio cogliere questa opportunità, attraverso le pagine del Notiziario della Marina, per trattare uno dei temi che mi stanno più a cuore: l’importanza del mare per l’Italia media potenza regionale marittima con interessi globali. La Marina Militare contribuisce a favorire la diffusione di una maggiore consapevolezza sul ruolo vitale del mare per la crescita, il benessere e lo sviluppo dell’Italia, attraverso molteplici iniziative, seminari, dibattiti e articoli, come questo. L’Italia è un Paese marittimo: una media potenza regionale marittima con 8000 km di costa pari ai 7/8 dei confini nazionali, al centro del Mediterraneo; con un’industria prevalentemente di trasformazione che importa via mare la maggior parte delle merci, riceve via mare le risorse energetiche ed esporta via mare i prodotti finiti. Il benessere, la crescita e lo sviluppo dell’Italia sono legati al mare in maniera indissolubile, così come la sua sicurezza. Il mare è una risorsa da tutelare e proteggere. Il 50% dell’ossigeno che respiriamo proviene dal mare, l’anidride carbonica che espiriamo ritorna in mare. Gli oceani sono il motore della meteorologia e delle stagioni. L’80% della popolazione vive entro i 200 km dalla costa, quindi è facilmente accessibile via mare e ancora una volta il mare rappresenta la via più economica e più ecologica per muovere mezzi e persone. Oggi la regione del Mediterraneo, nella sua accezione allargata, comprendendo quindi anche il bacino somalo, il golfo di Guinea e Hormuz, vive un equilibrio instabile. Ciò che avviene in quest’area strategica si ripercuote immediatamente sui nostri porti e sul nostro sistema economico. Il Mediterraneo è un sistema molto complesso, un medio-oceano, che rappresenta la via più rapida, sicura e veloce

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per collegare l’Atlantico con l’Indopacifico. Nel mezzo di questa autostrada c’è lo Stretto di Sicilia, un choke point fondamentale, nel quale la Marina Militare è in prima linea. L’incidente della Ever Given lo scorso marzo a Suez, con il blocco del canale, ha drammaticamente messo in evidenza il valore e i costi associati all’interruzione del traffico commerciale via mare. Analogamente, negli anni di picco degli attacchi, la pirateria marittima nel golfo di Aden e nel bacino Somalo ha comportato l’aumento dei costi delle assicurazioni con un aumento della materia prima immediato stimato, allora, del 30% e la tendenza a circumnavigare l’Africa, con il rischio di marginalizzare i porti del Mediterraneo. Poi, grazie anche alle missioni navali dell’Unione Europea e della NATO, cui l’Italia ha fornito un contributo determinante, la libertà di navigazione è stata ripristinata. La Difesa, attraverso la sua Componente navale, rappresenta una costola fondamentale del dominio marittimo che consente agli altri attori del cluster marittimo nazionale come ad esempio il Ministero dello Sviluppo Economico, quello delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili o la Confederazione Italiana Armatori (Confitarma), di operare sul mare in piena sicurezza. La Difesa possiede le capacità e le competenze per proteggere e tutelare l’ambiente marino, con le grandi navi e con tutte le articolazioni della Marina Militare. La Marina Militare difende, sorveglia e protegge il mare in tutti i suoi molteplici aspetti, nel più ampio contesto interforze, inter-istituzionale e inter-agenzia, senza confini, grazie alla sua naturale predisposizione multi-dominio e alla capacità di proiezione che le permette di essere autonoma nel portare a compimento le proprie missioni e intercettare le minacce quando sono ancora lontane dai confini, ovvero prima che queste si riverberino

sul territorio nazionale.Per conseguire questi obiettivi non siamo soli; il dialogo e la cooperazione con le altre Forze Armate nazionali e alleate, sono fondamentali per ottimizzare l’efficienza e l’interoperabilità. Valorizzare le potenzialità del dominio marittimo e il ruolo strategico che il mare ha per l’Italia assume un ruolo importante a livello geopolitico e sulla scena internazionale.Essere consapevoli dell’importanza del mare per l’Italia è un primo importante passo per rafforzare la nostra identità di Paese marittimo e quindi consolidare la nostra economia che dal mare trae linfa vitale. La diffusione di questa consapevolezza è quindi uno degli obiettivi strategici che la Marina Militare persegue, attraverso la sua comunicazione istituzionale. A noi “marinai”, il compito di essere all’altezza dei tempi, delle sfide e delle opportunità, facendo leva sui nostri valori, sulla nostra competenza e sulla nostra credibilità. Buona lettura dell’inserto interno “Italia, Paese marittimo”


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Il Mare

Il mare è tutto: non per nulla copre i sette decimi del globo. Ha un’aria pura e sana, è il deserto immenso dove l’uomo non è mai solo, perché sente la vita fremergli accanto. Il mare è il veicolo di un’esistenza soprannaturale e prodigiosa, è movimento ed amore, è l’infinito vivente

Jules Verne

Il porto di Genova fa parte di un sistema portuale al primo posto in Italia per volumi di traffico merci e passeggeri, diversificazione produttiva e valore economico (fonte www.portsofgenoa.com).

e ci soffermiamo a pensare al mare non c’è modo migliore che iniziare prendendo un respiro profondo. Oltre il 50% dell’ossigeno che avremo inspirato sarà stato generato dal mare, la fonte primaria di vita sulla Terra che occupa circa il 70% della superficie terrestre rappresentando il 97% della idrosfera (il rimanente 3% è acqua dolce). Nell’acqua sono nate le prime forme di vita batterica, le cui successive mutazioni hanno portato a una biodiversità tanto vasta da racchiudere le più differenti forme animali e vegetali. Il complesso degli oceani determina le condizioni metereologiche del pianeta, produce più della metà dell’ossigeno che respiriamo e assorbe circa un terzo dell’anidride carbonica immessa nell’atmosfera. Quando si cercano forme di vita su altri pianeti uno degli elementi cardine di cui si indaga la presenza è l’acqua. Oggi circa l’80% della popolazione mondiale vive entro 200 km dalla costa. L’acqua è dunque un elemento fondamentale del nostro vivere quotidiano. Sul mare – e grazie al mare – si sono sviluppate le prime comunità che, da esso, hanno dapprima tratto giovamento per aspetti di natura climatica e di sostentamento e, successivamente, per i traffici commerciali ed espansionistici per i quali il mare ha rappresentato un ponte. Alexander Pope1 ha scritto: “Il Mare unisce i Paesi che separa”; non un mezzo di separazione quindi ma di unione, che attraverso i secoli ha ga-

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rantito prosperità riducendo le distanze, favorendo gli scambi, stimolando la cooperazione internazionale nonché lo sviluppo scientifico rivolto, in particolare – ma non in maniera esclusiva – all’approvvigionamento di risorse energetiche. Il concetto di mare deve essere letto oltre il suo significato puramente geografico, poiché comprende una serie di aspetti ben più ampi della sola dimensione fisica. Oltre che essere un prezioso – ma non inesauribile – contenitore di risorse alimentari, materie prime e fonti energetiche, il mare è anche il più grande sistema di comunicazione globale per il trasferimento di materiali e di merci, dimostrandosi cruciale per lo sviluppo economico mondiale. Il mare è quindi un “ponte”, un “confine”, una “risorsa”. Economia, energia, alimentazione, sicurezza, comunicazioni, tecnologia, cultura: tutti i grandi snodi della globalizzazione passano dal mare. La globalizzazione ha modificato il concetto di distanza e di spazi geografici facendo assumere, al mare, un ruolo di importanza vitale quale elemento di unione per le economie nazionali e per l'interdipendenza tra le nazioni. Basta pensare il 99% delle informazioni digitali che ci arrivano tramite internet e oltre il 90% del traffico merci mondiale viaggiano attraverso il mare, facendo leva su un processo di standardizzazione unico, che rappresenta un modello di efficienza per altri ambiti produttivi ed organizzativi. A titolo di esempio, nessun altro mezzo inventato dall’uomo è in grado di tra-

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sportare le quantità di merci che può muovere una nave, con un impatto sull’ambiente decisamente minore in termini di inquinamento: il treno più lungo che esiste ha 120 vagoni e il massimo che può trasportare, se si raddoppiano i container (cioè se si mettono l’uno sopra l’altro), può arrivare a 240 mentre la più grande nave portacontainer ne arriva a trasportare fino a 24.000 (ovvero il 2000% in più); una nave portacontainer di medie dimensioni garantisce il trasporto di 4.000 container sostituendo - di fatto - 4.000 camion che, a parità di distanza percorsa e tralasciando le considerazioni sul traffico su gomma, emettono una quantità di CO2 di ben cinque volte superiore a quella prodotta dalla nave. Nessun Paese, nessuna moderna economia può fare a meno dell’uso del mare e delle vie marittime, poiché i fattori fondamentali per la stabilità, sia domestica che internazionale, per la prosperità e per lo sviluppo si fondano sull’approvvigionamento delle risorse e sulla garanzia del loro trasferimento. Ciò vale in particolare per l'Italia, Paese dalla vocazione marittima per eccellenza, che deve al mare e alle attività ad esso connesse gran parte della sua prosperità, del suo benessere e della sua sicurezza e che presenta una frontiera terrestre sicura a nord con i Paesi europei e una “frontiera liquida”, aperta a sud, il Mar Mediterraneo. Il mare è vita, benessere, prosperità e progresso per l’Italia, Paese che si protende sul mare con i suoi 8.000 chilometri di coste e che dipende fortemente – in ragione della sua economia prettamente di trasformazione – la componente internazionale del trasporto marittimo è sempre rilevante (nonostante gli effetti della pandemia sull’economia mondiale). In particolare,

nel 2020 ancorché si sia registrato un -17% rispetto al 2019, il valore complessivo degli scambi commerciali via mare si è attestato su oltre 206 mld€, mentre nel primo trimestre del 2021, l’import/export via mare ha registrato un significativo +3%. L’insieme delle attività dell’economia del mare italiana (blue economy) rappresenta una componente determinante per l’intera economia nazionale e, nel 2020, è arrivato a produrre circa 47 miliardi di euro di valore aggiunto, pari a circa il 2.9 per cento del prodotto interno lordo complessivo. I dati soprariportati sono solo alcuni tra quelli che possono dare un’idea della valenza del mare per l’Italia, una penisola che si protende nel cuore del Mar Mediterraneo – che costituisce una vera e propria cerniera di tre continenti (Europa, Africa,Asia) – che pur rappresentando solo l’1% della superficie acquea globale è interessato dal 20% del traffico marittimo mondiale (27% del traffico container), che sale al 30% per quanto riguarda il petrolio e al 65% per le altre risorse energetiche comprese quelle trasportate dai gasdotti sottomarini. Il Mediterraneo è inoltre il centro geografico, geopolitico ed economico di una serie di arterie digitali formate da cavi che scorrono sott’acqua e attraverso cui transita quasi tutto il traffico internet mondiale.

Foto satellitare - credits NASA. 1 Poeta inglese (Londra 1688 - Twickenham 1744), considerato uno dei più importanti del XVIII secolo.

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L’italia e il mare

a posizione geografica dell’Italia, centrale rispetto ai due passaggi ristretti di Gibilterra e Suez, pone i porti nazionali in un importante crocevia strategico che interseca il traffico commerciale diretto verso l’area atlantica (alla volta dei mercati nord e sud americani e delle nuove frontiere energetiche e commerciali del CentroAfrica occidentale), verso l’area mediorientale (dove si trovano le maggiori riserve mondiali di energia fossile fruibili dell’Africa occidentale) e verso l’area continentale europea, cuore industriale dell’Unione, in cui il 36% degli scambi intracomunitari avviene via mare. Risulta quindi chiaro che una posizione baricentrica nel Mediterraneo e un clima favorevole hanno consentito all’Italia di svilupparsi come Paese marittimo e diventare la culla di una delle più grandi civiltà della storia. Secoli di incontrastato dominio da parte della gens italica hanno fatto del Mediterraneo il Mare nostrum, ovvero un luogo di incontri, confronti, scontri, interscambi intellettuali e religiosi, crocevia di commerci, epicentro di esportazione culturale, economica e sociale tra continenti. Il rapporto diretto e quotidiano con il mare ha permesso la nascita di illustri marinai ed esploratori italiani che hanno contribuito a scoprire il mondo come oggi lo conosciamo. Storicamente il mare ha sempre condizionato la crescita e il progresso degli abitanti della nostra penisola, rappresentando una grande opportunità per l’aumento del benessere della popolazione nei momenti di massimo sfruttamento delle rotte commerciali. La possibilità di accedere e operare liberamente e in modo sicuro sul mare consente di

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sviluppare numerosissime attività, dai traffici commerciali ed energetici, alla cantieristica navale, alla pesca, al turismo marittimo e crocieristico e, non da ultimo, alle telecomunicazioni: in sintesi, un’enorme e continua opportunità di crescita da valorizzare e impiegare in modo sostenibile, nonché da tutelare opportunamente. Come accennato, gli interessi strategici italiani passano inevitabilmente attraverso il mare. E l’Italia non può fare a meno di riflettere sulla propria strategia marittima. Un fattore troppo spesso sottovalutato, dato quasi per scontato. Come se il mare interessasse solo il settore esclusivamente marittimo, senza

Storicamente il mare ha sempre condizionato la crescita e il progresso degli abitanti della nostra penisola, rappresentando una grande opportunità per l’aumento del benessere della popolazione nei momenti di massimo sfruttamento delle rotte commerciali

che si comprenda che invece è il mare, con i suoi collegamenti, i suoi fondali, i suoi porti, le sue rotte e le sue risorse ad essere il vero fulcro della economia e delle strategie nazionali. In tale ambito, di preminente interesse per l’Italia è il cosiddetto Mediterraneo Allargato, regione che parte dal Mar Mediterraneo e si allarga ad oriente verso il Mar Nero, il Medio Oriente e – tramite Suez – il Mar Rosso, il Golfo Persico, il Corno d’Africa, l’Oceano Indiano e, a occidente – attraverso Gibilterra – il Golfo di Guinea; un concetto geopolitico già promosso negli anni Novanta e poi sviluppato in relazione al progressivo allargamento delle aree geografiche le cui dinamiche politiche e socio economiche sono strategicamente legate a quelle della Regione mediterranea. Si tratta di un’area molto estesa, densa di opportunità per la nostra realtà commerciale, ma anche di minacce che ne mettono a rischio gli interessi. Nell’area, la rilevanza dell’ambiente marittimo è inoltre particolarmente significativa se si considera che la popolazione è concentrata per oltre l’80% in una fascia distante meno di 150 km dalla costa e può essere facilmente raggiunta attraverso il mare, che rappresenta il sistema più vantaggioso per muovere ingenti quantità di merci tra Paesi produttori e consumatori. Il legame che unisce l’Italia al mare è dunque indissolubile. Dalla sua solidità dipende la nostra prosperità e il nostro futuro. E per capire a fondo l’importanza e la necessità di mantenere e preservare questo legame nell’interesse collettivo, analizziamo il “concetto di mare” in tre sue fondamentali dimensioni.

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ttraverso il mare si muovono i principali flussi di import e di export planetari (90% del commercio mondiale), con una crescita globale, che negli anni passati si è attestata su circa il 3% e scambi che hanno superato i 10 miliardi di tonnellate (per il 2021 si è registrato un incremento di circa il 4,2% per volumi complessivi maggiori di 12 miliardi di tonnellate, superiori quindi ai livelli pre-COVID-19, mentre per il 2022 si stima un ulteriore incremento del 3,1%). Anche in Europa viene replicata questa tendenza, con statistiche che presentano un settore in continua espansione e interscambi che valgono più di 1.200 miliardi di euro. Ciò anche grazie all’allargamento del Canale di Suez, ultimato nel 2018, che ha consentito, nel 2020 il trasferimento annuale di oltre un miliardo di tonnellate di merci da e per il Vecchio Continente. Il presupposto primario dell’odierno sistema produttivo e consumistico globalizzato si basa sul principio secondo il quale un bene viene realizzato laddove esistono condizioni più convenienti per il produttore (costi, tecnologia, risorse, ecc.), per essere poi massivamente trasportato e distribuito nei mercati da cui proviene la maggiore richiesta, secondo un costante e ininterrotto flusso di distribuzione, senza limiti di spazio, confini e tempo. Ciò è alla base dell’economia di trasformazione, di fondamentale importanza per il nostro Paese che, a parte in qualche settore, è strutturalmente in deficit di materie prime. L’Italia riceve via mare quasi la totalità delle materie prime per la nostra industria manifatturiera Nel 2020, 60,7 milioni

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La dimensione economico-commerciale marittima

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di tonnellate che vengono processate in semilavorati e prodotti finiti da destinare ad altri mercati in Europa e nel mondo (nel 2019, 65 milioni di tonnellate). In tale contesto, le coste italiane rappresentano un’enorme opportunità di collegamento attraverso le numerose rotte commerciali aperte su scala internazionale. L’orografia del Paese ha consentito, infatti, di disporre di insenature naturali in cui si sono facilmente sviluppati porti commerciali di importanza e rilevanza mondiale per la marineria mercantile e gli interscambi. In particolare, i porti italiani sono tra i primi in Europa per volumi di merce trasportata: le linee di navigazione internazionali e di cabotaggio hanno movimentato nel 2020 circa 470 milioni di tonnellate complessive: 181 milioni di merci liquide alla rinfusa, 66 milioni di rinfuse solide, 223 milioni di merci varie (di cui 94 milioni rotabili e 95 milioni in container). Oltre il 90% del commercio globale utilizza il trasporto marittimo, del 4,2% per volumi complessivi maggiori di 12 miliardi di tonnellate, superiori quindi ai livelli pre COVID-19, e per il 2022 un ulteriore incremento del 3,1%. Dopo quasi tre millenni, il futuro dell’Italia continua a dipendere fortemente dal mare e dalle opportunità che esso offre. Nel 2020, il saldo della bilancia commerciale nazionale ha registrato un attivo di circa 75 miliardi di euro, continuando in un trend positivo che aveva posto il Paese tra i primi al mondo. Ciò soprattutto grazie alla quinta flotta mercantile nazionale per controllo armatoriale (sesta per flotta di bandiera) nell’ambito

dell’Unione Europea, che si situa sui 15,5 milioni di tonnellate di stazza. Se si considera tuttavia il genuine link tra bandiera della nave e nazionalità dell’armatore la flotta italiana è addirittura la quarta in UE – con posizioni di primato o di grande rilievo nei settori più sofisticati (unità “Ro-Ro”2 , navi da crociera, navi-cisterna speciali per prodotti chimici e petroliferi). Il nostro Paese mantiene la leadership europea nel traffico crocieristico pur con le limitazioni determinate dal lockdown causa COVID-19 (con 1.447 “toccate nave” nel 2021), nonché il 3° posto in Europa - dopo molti anni di primato - per importazioni ed esportazioni di merci via mare attraverso il sistema portuale. La flotta da pesca italiana è la seconda del Mediterraneo ed è in grande sviluppo l’acquacoltura; è in crescita la formazione marittima e l’occupazione, aumentano anche gli investimenti nella tutela dell’ambiente nel settore marittimo. Il nostro Paese è anche leader nell’industria navalmeccanica mondiale, annoverando uno tra i più importanti complessi cantieristici al mondo. In tale ambito, l’Italia è considerata all’avanguardia nell’industria navale in Europa, nonché guida nella progettazione e in tutti i settori della navalmeccanica ad alta tecnologia, dalle navi crociera e militari all’offshore, dalle navi speciali e traghetti ad elevata complessità ai mega-yacht, nonché nelle riparazioni, nelle trasformazioni navali, nella produzione di sistemi e componenti, nell’offerta di servizi post-vendita. L’impatto sull’economia italiana delle attività marittime va quindi ben oltre gli aspetti più strettamente legati alla loro dimensione trasportistica e coin-

volge direttamente anche i settori produttivi, manifatturieri e terziari, dell’economia. L’economia del mare italiana dà occupazione a circa 900 mila addetti, tra diretti e indiretti (3,5% dell’occupazione del Paese), e a 5 milioni di lavoratori nell’indotto, con oltre 200 mila imprese impegnate nel settore ed una spesa annuale di oltre 20 miliardi di euro in acquisti di beni e servizi. Si tratta, di fatto, di un insieme di attività che non si esaurisce nelle sole attività marittime ma si estende a molte altre attività che vengono attivate indirettamente: esiste in pratica un moltiplicatore per cui per ogni euro prodotto da un’attività legata al mare se ne attivano altri sul resto dell’economia. Nel 2019, i 47,5 miliardi di euro di valore aggiunto prodotti dalla blue economy hanno attivato 89,5 miliardi di euro di valore aggiunto sul resto dell’economia, per un ammontare produttivo complessivo pari a 136,9 miliardi di euro (ovvero l’8,6% dell’intera economia nazionale). In altre parole, per ogni euro prodotto dalla blue economy se ne attivano sul resto dell’economia altri 1,9 euro.

Golfo di Guinea, marzo 2021. La fregata Luigi Rizzo fornisce supporto e cornice di sicurezza alla porta-elicotteri anfibia Dixmude (Marina francese) che ispezione il mercantile "Najlan", in transito in acque internazionali. Nell’operazione sono state rinvenute più di 6 tonnellate di cocaina, dal valore stimato di 1.3 miliardi di dollari. 2

Roll-on/roll-off , termine inglese per indicare una nave-traghetto per il trasporto con modalità di imbarco e sbarco di veicoli gommati e di carichi.

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La dimensione energetica marittima ome per qualunque forma di commercio, anche sotto il profilo energetico il mare assume una duplice valenza: da un lato l’export energetico è un’importante fonte di introito a supporto della bilancia commerciale interna, dall’altro l’import energetico è vitale per chi, come l’Italia – povera di fonti energetiche – necessita di forniture esterne per soddisfare un mercato sempre più “energivoro”. Grazie ad aziende di primissimo livello nella prospezione del fondale marino e con una fitta rete di approvvigionamenti di petrolio e gas altamente diversificata che eviti la fornitura in forma esclusiva, possibili situazioni di monopolio e di insicurezza energetica, l’Italia esercita i suoi interessi in questo ambito con i partner dell’area nordafricana, euroasiatica, mediorientale, e, in maniera crescente, anche centroafricana occidentale del Golfo di Guinea. Volendo corroborare con qualche numero quanto appena esposto, nel 2020, la domanda di gas naturale in Italia è stata di 70,4 miliardi di mc, di cui 4,1 di produzione interna e 66,3 di importazione, l’importanza del mare e della sicurezza marittima per la nostra dimensione energetica è facilmente riscontrabile con qualche dato aggiuntivo a quelli già presentati: due dei quattro gasdotti che servono l’Italia attraversano il Mediterraneo centro-meridionale, mentre il quinto (in costruzione) attraverserà il Basso Adriatico. Il GNL che arriva, come detto, con le gasiere è convertito allo stato aeriforme tramite tre rigassificatori marini, due nel Tirreno settentrionale e uno in Nord-

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Adriatico, mentre la quasi totalità del petrolio che raggiunge il nostro Paese è trasportato tramite le petroliere. Un approvvigionamento energetico affidabile, conveniente e sicuro è fondamentale per la qualità della nostra vita: un’interruzione della fornitura di energia può causare un blocco totale per molte attività. È quindi evidente come le condotte sottomarine e la flotta mercantile nazionale siano essenziali per l’Italia che riceve, per il loro tramite, la quasi totalità del fabbisogno dell’industria nazionale. La Strategia Energetica Nazionale3 ha altresì riaffermato la necessità di accelerare il percorso per rendere il sistema energetico italiano sempre più sostenibile, attraverso la progressiva

Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia, tramite le moderne dorsali marine dei flussi dati, replicando sottacqua – per dimensione – le reti degli altri traffici che avvengono in superficie. Sono 487 i cavi sottomarini adagiati sul fondo del mare, per un totale di oltre 1,3 milioni di chilometri.

chiusura degli impianti offshore ubicati nelle acque di giurisdizione nazionale, i cui pozzi sono peraltro in fase di esaurimento, e al non avvio di nuove trivellazioni. Questo percorso da un lato ridurrà – entro pochi anni – la produzione nazionale di energia fossile (si pensi che nel solo periodo compreso tra il 2018 e il 2019 la riduzione è stata del 1.8%), mentre dall’altro sosterrà ancor più lo studio e lo sviluppo di soluzioni per trovare fonti energetiche sostenibili, sempre di origine marina4. Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia, infatti, tramite le moderne dorsali marine dei flussi dati, replicando sottacqua – per dimensione – le reti degli altri traffici che avvengono in superficie. Sono 487 i cavi sottomarini adagiati sul fondo del mare, per un totale di oltre 1,3 milioni di chilometri.

La fregata Carlo Bergamini in prossimità di una piattaforma energetica. La Marina Militare supporta il potenziamento della sicurezza energetica a protezione degli interessi nazionali in campo marittimo. 3

Elaborata nel 2017 dai Ministeri dello sviluppo economico e dell’ambiente in forma congiunta. 4 Ad esempi: Progetto Sealines Mediterranean Safety Network portato avanti dal MiSE nell’ambito di una partnership europea riguardante il Programma Horizon 2020 sullo studio sul riuso delle piattaforme Oil&Gas per la produzione di energia da fonti rinnovabili, la conversione in idrogeno e lo stoccaggio nelle sealines connesse alla piattaforma.

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La dimensione cibernetica marittima ontrariamente alla percezione comune, che associa la prevalenza dei traffici dati con i satelliti, il fondo del mare accoglie una fitta rete di cavi che assicurano la quasi totalità delle trasmissioni su scala globale, fondamentale per lo sviluppo informativo ed economico e per i collegamenti web e telefonici tra tutti i continenti. Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia, infatti, tramite le moderne dorsali marine dei flussi dati, replicando sottacqua – per dimensione – le reti degli altri traffici che avvengono in superficie. Sono 487 i cavi sottomarini adagiati sul fondo del mare, per un totale di oltre 1,3 milioni di chilometri, indispensabili per gestire efficacemente le esigenze di comunicazione della moderna economia e società digitale, lungo una rotta ideale che collega l’Estremo Oriente agli Stati Uniti, passando per l’Europa via canale di Suez, Sicilia, Marsiglia e poi a terra fino ad Amsterdam e Londra dove ripartono i cavi transatlantici. Si tratta di un sistema che oggi è di vitale importanza per tutto il genere umano e, in quanto tale, bisognoso di grande attenzione e protezione in considerazione della possibilità concreta di violabilità di tali reti con conseguenti problemi di sicurezza cibernetica. Pensiamo ad esempio alla fruizione non autorizzata dei dati a scopo di spionaggio, al taglio fisico dei cavi, ma anche a danni accidentali: le conseguenze su tutti i servizi erogati attraverso la rete – dall’economia, alla previdenza, ai trasporti, alla sanità, all’informazione, all’energia, alla sicurezza – sarebbero di estrema gravità. Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia tramite le dorsali marine dedicate ai flussi dati. Ecco dunque che i mari e gli oceani continueranno a rappresentare una fondamentale risorsa anche nel settore delle energie rinnovabili (sfruttando l’enorme

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potenziale di onde, vento, maree, gradiente di salinità e gradiente di temperatura), destinato ad una rapidissima crescita in previsione dell’aumento, nei prossimi decenni, del consumo energetico mondiale. Con la sua decisione C (2020) 3667 dell’11 giugno 2020, la Commissione Europea ha approvato, fino alla fine del 2023, la proroga delle misure, messe in atto dall’Italia in sostegno al settore del trasporto marittimo per il quale si stima, a fronte di un ipotetico incrementando del 10% del numero dei marittimi oggi beneficiati di tale aiuto, l’attivazione di circa 8.600 nuovi posti di lavoro. Il quadro fin qui tracciato dipinge un assetto del mare che si fonda sull’uso di esso e sulle opportunità che si aprono grazie al progredire continuo della tecnologia. È tuttavia necessario soffermarsi a riflettere anche sui rischi e sui pericoli legati alla messa in opera di comportamenti indifferenti alla fragilità dell’ambiente marino e alle minacce che si sviluppano sul mare e dal mare provengono. Se, da un lato, le opportunità di natura socio-economica sono il motore dello sviluppo marittimo e del benessere della popolazione, dall’altro il mare pone importanti sfide che sollecitano quel legame indissolubile che l’Italia ha creato con esso sin dai primordi e che riguardano la libertà di navigazione, il commercio marittimo e gli interessi economici, le risorse energetiche e la prospezione sostenibile delle geo-risorse nelle zone dell’alto mare. Ampliando il discorso alla Regione mediterranea, questa è caratterizzata da numerosi fattori di instabilità e dimensioni conflittuali intra e interstatali, con focolai di crisi e minacce che inevitabilmente si riverberano sul bacino e ne influenzano le attività marittime, rilevanti per la sicurezza e la prosperità dell’Italia e dell’Unione Europea.

Crisi e minacce che spaziano dai conflitti di varia natura alle crisi tradizionali – soprattutto nella sponda sud dell’area – dal crimine organizzato – inclusa la pirateria marittima5 – al traffico di esseri umani, di armi e droga, all’immigrazione irregolare, al contrabbando, al terrorismo/ecoterrorismo ed alle attività illegali intenzionali rivolte contro navi, merci, equipaggi e passeggeri, attrezzature portuali e infrastrutture critiche marittime ed energetiche, inclusi gli attacchi cibernetici. Persino il legittimo sfruttamento delle risorse marine, fortemente condizionato dai crescenti fenomeni della cosiddetta “territorializzazione”6 e della “urbanizzazione” di ampie porzioni dell’Alto Mare – che determina la riduzione delle acque soggette alla piena libertà di navigazione – è potenziale fonte di conflittualità tra i Paesi rivieraschi. Il mare aperto – fondamentale per i liberi scambi commerciali ed energetici – si sta riducendo, mentre le dispute per i confini marittimi stanno aumentando in molte aree regionali, quale risultato delle strategie periferiche attuate da molti Stati. Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia tramite le dorsali marine dedicate ai flussi dati. (Ricostruzione grafica cavi sottomarini fonte internet).

5 La pirateria è oggi ancora diffusa soprattutto nel Corno d’Africa, nel Golfo di Guinea, dove si concentrano i nostri principali interessi energetici marittimi, nello Stretto di Malacca e nei Caraibi. 6 La situazione degli spazi marittimi del Mediterraneo va verso una progressiva territorializzazione: le proclamazioni di zone di giurisdizione nazionale quali le Zone Economiche Esclusive (ZEE) hanno infatti determinato la riduzione delle aree di alto mare rendendo quindi necessaria la cooperazione tra gli Stati rivieraschi per l’esercizio dei loro diritti.

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Sfide e minacce l libero movimento sul mare è essenziale per alimentare il considerevole volume del commercio marittimo che dall’Italia transita in Europa e per sostenere l’industria di trasformazione del Paese, oltre che per influenzare in maniera positiva situazioni di crisi e di condurre operazioni di sostegno alle popolazioni colpite da calamità naturali. Qualunque tentativo di restringere le capacità di movimento dei vettori economici italiani in ogni parte del mondo, costituisce di fatto una minaccia ed un attentato alla sicurezza nazionale. In tale contesto, un esempio significativo è rappresentato dal fenomeno della pirateria marittima, che costituisce da secoli una grave minaccia alla libertà e alla sicurezza nella navigazione, in particolar modo per quel che riguarda i traffici commerciali. Scrivere delle origini della pirateria significherebbe scrivere la storia marittima del mondo poiché la sua nascita è concomitante con l’inizio dei traffici per mare. Tuttavia, essa è tutt’altro che un ricordo legato al passato e alla storia. Alla base del continuo processo rigenerativo del fenomeno vi sono condizioni di precarietà economica e di instabilità socio-politica presenti in alcune regioni che, al contempo, vedono transitare di fronte alle loro coste la maggior parte del traffico mercantile mondiale. Dopo alcuni eventi risalenti agli anni 70 e 80 del secolo scorso e relativi a Asia e Africa Occidentale, a partire dal 2005 si è assistito a un incremento esponenziale degli episodi che si sono estesi successivamente all’Oceano Indiano e agli Stretti di Hormuz e Malacca. Ad oggi, il Golfo di Guinea è l’hotspot mondiale della pirateria: la maggior parte dei 195 tentativi di attacco registrati nel 2020 è avvenuta al largo del Golfo. Peraltro, detta area è stata oggetto, nel 2021, del 43% degli incidenti.Al fenomeno sono associate conseguenze che si estrinsecano ben oltre la semplice perdita derivante dai danni alla nave attaccata o al carico da essa trasportato, poiché hanno importanti riflessi sia macroeconomici sia geopolitici. Si pensi, solo per citare un esempio, al

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sovraprezzo delle polizze assicurative per i rischi aggiuntivi dovuti alla pirateria che, a titolo statistico, nel periodo 2009 e 2010 hanno toccato gli 1,5 miliardi di dollari7. Inoltre, si valuta, che l’utilizzo di rotte alternative (re-routing) per evitare le aree più esposte ai pericoli della pirateria, comporti, a causa dell’allungamento delle tratte, un costo addizionale di circa 1 miliardo di dollari l’anno8 . Il re-routing oltre a implicare, alla pari del sovrapprezzo delle polizze assicurative, un aumento dei costi di trasporto, incide pesantemente anche sulle economie dei Paesi interessati dalla diminuzione dei traffici. Il libero movimento sul mare risulta essenziale per alimentare il considerevole volume del commercio marittimo che dall’Italia transita in Europa ma, soprattutto, per sostenere l’industria di trasformazione del Paese. Basti pensare, a titolo di esempio, ai mancati introiti per l’economia egiziana ogni qualvolta parte del traffico commerciale, al fine di evitare il golfo di Aden, circumnaviga l’Africa e non transita per il canale di Suez. Di fatto, la difesa dell’agibilità completa e sicura del canale di Suez e l’eliminazione del fenomeno della pirateria marittima nelle acque dell’Oceano Indiano sono questioni di assoluto rilievo anche e soprattutto per l’Italia. Un ulteriore spostamento dei traffici dalle rotte per Suez a favore di quelle che circumnavigano l’Africa, con il conseguente punto di imbarco e sbarco delle merci nei porti nordeuropei (come, ad esempio, Rotterdam), potrebbe, infatti, condurre alla “marginalizzazione” del Mediterraneo e del nostro Paese. Da quanto esposto appare evidente come nella Regione mediterranea le pressioni di carattere politico, economico, religioso, ideologico e criminale troveranno sempre più sul mare il campo di applicazione in quanto, proprio sul mare, i margini di sicurezza atti a evitare reazioni non controllabili risultano ben più ampi di quelli consentiti dalla rigidità dei confini terrestri. Di contro tali fenomeni, se subordinati alle convenzionali regole del diritto in-

ternazionale – in primis la Convenzione sul Diritto del mare siglata a Montego Bay nel 1982 – consentiranno lo sfruttamento disciplinato e sostenibile delle aree di mare un tempo oggetto di scontro fra Paesi rivieraschi e contribuiranno a incrementare la sicurezza marittima anche nei confronti di altri rischi e minacce, mantenendo l’alto mare un’area di cooperazione e non di competizione. Le situazioni di instabilità cui abbiamo accennato riguardano l’intera comunità internazionale che, come l’Italia, è legata indissolubilmente al mare, essendo i confini marittimi fluidi per loro stessa natura e quindi permeabili ai citati rischi e minacce. Mai come oggi geo-strategia, economia e situazione politico-culturale si presentano interconnesse e intrecciate da forti nodi problematici. In tale prospettiva l’Italia, costituendo l’anello di raccordo tra l’Europa, l’Africa e il vicino Oriente, si può proporre – per posizione geografica, cultura e storia – quale referente naturale per i Paesi nord-africani e mediorientali. Al contempo, il Paese può risultare particolarmente rilevante, agendo anche quale partner abilitante dell’Unione Europea e della NATO nell’opera di dialogo e cooperazione con gli Stati rivieraschi. Oggi, lo sviluppo e il progresso del Paese si basa fortemente sulla certezza di mari e oceani sicuri, protetti e puliti. Immagine tratta dal film “Captain Phillips – Attacco in mare aperto” del 2013 del regista Paul Greengrass. Il film portò alla ribalta internazionale la piaga della pirateria marittima al largo della Somalia. A seguire, la portacontainer Ever Given, nel marzo del 2021 s’incagliò nel Canale di Suez provocandone il blocco per sei giorni. La perdita economica giornaliera stimata è stata di 9.6 miliardi di dollari di cui 5,1 generati dal traffico marittimo che va dal Mediterraneo verso l’Oceano Indiano e 4.5 quello relativo alla direzione opposta. 7 Cfr. F. Biloslavo e P. Quercia, Il tesoro dei pirati. Sequestri, riscatti, riciclaggio. La dimensione economica della pirateria somala Ministero della Difesa, supplemento al numero di Marzo 2013 della Rivista Marittima. Cap V pag. 84. 8 Ibid. Cap V pag. 85.

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Il potere marittimo similitudine dell’apparato cardiovascolare umano, la fitta rete viaria marittima planetaria è più che mai vitale per la sostenibilità dell’uomo: infatti la libera, sicura e ininterrotta fruibilità di tale rete è garanzia per lo sviluppo e il rafforzamento delle economie di ciascun Paese. La tutela delle frontiere marine, della sicurezza delle vie di comunicazione marittima, dello stesso ambiente marino e di tutte le attività ad esso connesse, impone il continuo impegno della comunità internazionale, azione che – all’atto pratico – è resa possibile in maniera preminente dall’opera delle Marine militari. Ciò richiede a ciascun Paese di disporre di uno strumento marittimo credibile, efficace, adeguatamente dimensionato e dotato di tutte le capacità necessarie a garantire l’assunzione di tale responsabilità. In tale contesto, la capacità di utilizzare il mare per i propri fini, per difenderne le risorse e gli stessi confini marittimi nazionali si identifica con il potere marittimo che afferisce, secondo l’accezione generalmente riconosciuta, non solo alla sfera militare, ma include quella economica, commerciale, sociale e culturale, tramite lo sviluppo della flotta mercantile, della cantieristica, dei porti e della necessaria logistica integrata e il radicamento di una cultura marinara tra la popolazione9. Attesa l’importanza del mare non solo per l’Italia ma per molti altri Paesi, risulta essenziale mettere a fuoco le situazioni che rischiano di arrecare pregiudizio al naturale equilibrio marino, soprattutto in quelle regioni ad alta concentrazione di interessi. Come precedentemente accennato, ne è un esempio la regione del Mediterraneo allargato dove, affacciandosi nazioni dalle differenti culture, tradizioni

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storiche, religioni e con pretese di giurisdizione extra-territoriale, i problemi inerenti la sfera della difesa e della sicurezza marittima sono complicati e molteplici e, spesso, si generano anche in zone lontane dalle coste nazionali. La pirateria, il terrorismo e i traffici illeciti dilagano, mentre i flussi migratori via mare e i problemi dei rifugiati, l’assertività nei confronti di un uso sempre più esclusivo del mare e delle sue risorse minacciano non solo i Paesi costieri, come l’Italia, ma l’intera comunità internazionale, sempre più interconnessa e globalizzata. Queste sfide dimostrano come il concetto di potere marittimo sia non solo attuale ma anche suscettibile di un approfondimento e di una rivisitazione continua, al fine di renderlo un volano di sviluppo economico, tecnologico e culturale, promotore di sicurezza e benessere delle popolazioni. A prescindere dalla forma in cui si intenda aggregare e leggere i dati evidenziati in queste pagine, appare evidente come il mare sia un fattore essenziale per la prosperità dell’Italia, oltre che per la sua sicurezza. La protezione del territorio nazionale e di chi opera nell’ambiente marittimo da rischi e minacce che sul mare si sviluppano e dal mare provengono, la tutela del complesso sistema produttivo e di trasporto marittimo – linee di co-

Navi della Squadra navale in formazione. Il Comando in Capo della Squadra Navale (Cincnav), con sede a Santa Rosa (Roma), è il vertice dell’organizzazione operativa della Marina Militare. 9 Attribuita allo storico americano contrammiraglio Alfred Tayer Mahan (1840-1914).

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municazione marittima; oleodotti, gasdotti e cavi per trasmissione dati sottomarini; porti; interporti; centri nodali di smistamento; navi; piattaforme petrolifere – e l’investimento nella marittimità sono essenziali per lo sviluppo del Paese. Le opportunità che risiedono nell’intera dimensione marittima offrono un ampio bacino di soluzioni per il mantenimento e il miglioramento del benessere del Paese e della sua popolazione, purché si segua un approccio che consideri le peculiarità naturali del mare, preservandone gli equilibri biochimici e la biodiversità, utilizzando in maniera sostenibile le risorse marine (che non sono inesauribili) e sviluppando le pertinenti tecnologie. Ciò detto, risulta evidente che siano ancora ampi i margini di miglioramento e di progresso volti a conferire alla dimensione marittima nazionale il dovuto rilievo e la necessaria centralità. Un processo – questo – che deve partire dalla presa di coscienza della peculiarità della tematica per l’Italia. In tal senso occorre sviluppare una maggiore consapevolezza individuale e collettiva della fondamentale importanza della marittimità per il Paese, che faccia leva sulla partecipazione attiva non solo delle Istituzioni e degli esperti di settore ma anche, e soprattutto, dei cittadini, consci che la sicurezza e il benessere dell’Italia dipendono fortemente e imprescindibilmente dal mare. La parola d’ordine è quindi consapevolezza: consapevolezza dell’importanza del mare per l’Italia, consapevolezza che l’Italia è una potenza marittima. È dunque necessario promuovere un’efficace azione che coinvolga tutti gli stakeholder che possono contribuire al rilancio della politica marittima nazionale (organizzazioni governative e non governative, Marina Militare, mondo dell’istruzione e della ricerca, industria, terzo settore e attori privati) attraverso

la valorizzazione delle esperienze e delle conoscenze. La misura in cui l’Italia riuscirà a cogliere questa opportunità potrà definire gli equilibri geopolitici ed economici futuri, passando attraverso l’inquadramento di una governance globale dei mari volta a consentirne uno sfruttamento disciplinato e sostenibile, tutelandone l’ecosistema, contribuendo a incrementare la sicurezza marittima nei confronti di rischi e minacce che provengono dal mare – la frontiera “esposta” del Paese – mantenendo l’alto mare un’area di cooperazione e non di competizione. Solo assumendo con decisione tale responsabilità, l’Italia potrà acquisire una maggiore valenza a livello internazionale – contribuendo anche al recupero della credibilità del Paese – ed essere sostenuta dall’Europa in un progetto che dia al Mediterraneo priorità e centralità nelle scelte politiche. Ciò consentirà alla Nazione anche di tutelare nel bacino mediterraneo i propri vitali interessi che, come detto, includono tanto la sicurezza e lo sviluppo dell’economia, quanto la tutela dell’ambiente e l’utilizzo sostenibile delle risorse energetiche e alimentari del nostro mare. In conclusione, dalle crisi nordafricane alla questione dei migranti, dalle nuove rotte commerciali alle partite per gas e petrolio, una fetta delle più importanti priorità italiana è sul mare.

Golfo di Taranto, ottobre 2021. Gruppo navale della Marina Militare in navigazione durante l’esercitazione Mare Aperto 21.

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Un team di operatori subacquei interforze guidati dai palombari e due ufficiali dell’Istituto Idrografico della Marina tra i ghiacci dell’Antartide

Marina Militare e Enea insieme per la 37ª spedizione in Antartide di Mariarosaria Lumiero icembre 2021. La Marina Militare italiana è sbarcata per la 37ª spedizione scientifica in Antartide. A bordo di nave Laura Bassi, il capitano di fregata Nunzio Langellotto e il capitano di corvetta Ettore Cimenti, entrambi abilitati in idro-oceanografia, un graduato nocchiere, 2° capo scelto nocchiere Patrizio Cupido, i luogotenenti palombari Gianni Carboni e Mauro Masala, del Raggruppamento Subacquei ed Incursori Teseo Tesei, hanno supportato tec-

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nici e ricercatori dell’ ENEA (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile), presso la base italiana in Antartide Mario Zucchelli. Aperta in ottobre e chiusa nel corso di febbraio/marzo, è una delle due basi di ricerca in Antartide (la base italofrancese Concordia è la seconda), rifornita nei mesi di dicembre e gennaio dalla nave rompighiaccio Laura Bassi. Presenza imprescindibile è la Marina Militare. Il nocchiere supporta le ope-

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razioni marittime, i palombari gestiscono e coordinano le attività subacquee, garantendo sia la cornice di sicurezza sia l’esecuzione degli interventi richiesti dai ricercatori. Sono l’indispensabile contributo per l’allestimento dei laboratori nelle gelide acque antartiche, la raccolta di sedimenti, spugne, invertebrati e campioni d’acqua utili per lo studio dei cambiamenti climatici e della biologia marina. L’Istituto Idrografico della Marina (IIM), invece, impiegando lo scandaglio multi-


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beam, che esplora in modo continuo e completo, soprattutto acusticamente, sia la colonna d’acqua che la risposta acustica del fondale (back scatter), aggiorna la cartografia rendendo sempre più sicura la navigazione nel Mare di Ross. Organo cartografico dello Stato, l’IIM ha tra i suoi obiettivi proprio la “Sicurezza della Navigazione”, pertanto, sono state aumentate le attività, seguendo linee di ricerca ben specifiche: geodesia, idrografia, topografia, reperimento e cartografia. “L’area da scandagliare è individuata dal personale idrografo di bordo – spiega il comandante Langellotto – in relazione alle esigenze operative, legate alla disponibilità di tempo e alla posizione o esigenze particolari della nave (ad esempio l’area geografica da scandagliare è differente rispetto a quella pianificata). Il fattore meteorologico e la presenza di ghiaccio, condizionano molto l’operatività e costringono a modificare, in corso d’opera, le attività pianificate. Il ghiaccio può essere compatto e occupare un’intera zona – aggiunge – oppure

può essere flottante e spostarsi sotto l’effetto del vento, rendendo inagibili superfici di mare molto ampie. Per questo motivo, il periodo migliore è quello dell’estate australe, in una finestra temporale limitata da metà dicembre fino a fine gennaio, in cui la presenza di ghiaccio non è così invasiva come nel resto dell’anno”. In merito all’influenza dei cambiamenti climatici, chiarisce:“parlerei, piuttosto, di cambiamenti meteorologici locali repentini, legati ai frequenti passaggi di depressioni cicloniche oppure ai fortissimi venti di caduta con raffiche oltre i 150 km/h, che possono limitare o impedire qualsiasi tipo di attività sia a terra che in mare”. Terminata la prima fase delle attività subacquee, durante la quale sono state effettuate 29 immer-

sioni, per un totale di 1.200 minuti sott’acqua, raggiungendo la profondità di 39 metri, il 1° luogotenente Carboni conclude: “Dopo un anno di attesa sono di nuovo qui. Sembra di non essere mai andato via, di essere ritornato a casa, nel mio - giardino di ghiaccio dove basta fare un foro per immergersi e provare nuove emozioni. Raccontarne una in particolare sarebbe riduttivo, perché immergersi in questo continente è pura magia”.

Palombari e personale idrografo della Marina Militare presso la base italiana in Antartide Mario Zucchelli.

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Fianco a fianco agli incursori di Marina Goldfinger: la più importante esercitazione di controterrorismo in ambiente marittimo di Gianluigi Angiulli

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oldfinger, il nome rievoca il noto film di 007 degli anni ‘60, ma qui di finzione c’è davvero poco. Si tratta infatti di una esercitazione del Gruppo Operativo Incursori (GOI): freddo, vento e pioggia saranno gli elementi predominanti di questa esperienza raccontata da un punto d’osservazione privilegiato. All’orizzonte verso nord-est nel mar Adriatico, si intravede la piattaforma off-shore che ci ospiterà per simulare uno degli scenari più difficili in cui gli Incursori di Marina sono preparati a intervenire. Mentre i pensieri viaggiano veloci, i motori del battello d’assalto Hurricane ruggiscono fendendo le onde. L’operazione Goldfinger è iniziata già

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da qualche ora con il calare delle tenebre e gli “Uomini Gamma” (gli incursori n.d.r.), partiti silenti per raggiungere i basamenti della piattaforma dai quali inizieranno la fase di incursione, saranno i primi ad rompere il silenzio che avvolge questo ambiente poco ospitale. Il vento tagliente sferza il mio volto rafforzato da spruzzi di schiuma sollevata dalla prora, intorno a me ci sono uomini “senza volto” equipaggiati con armamenti futuristici, pronti all’azione appena toccheranno la piattaforma. Con la potenza

Discesa con “barbettone” da elicottero MH-90A di un team di incursori.

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dei suoi 600 cavalli, il battello veloce “galoppa” ad una velocità di 50 nodi, e in breve siamo al punto di salita. Il mare non ci aiuta, la pioggia neanche. A garantire protezione ci sono gli incursori che dal mare sono riusciti a salire e prendere posizione sulla piattaforma. Il loro motto dice tutto: “E fluctibus irruit in hostem” (dal mare irrompiamo sul nemico). In posizione, pronti ad intervenire si scrutano in silenzio in attesa di un comando. Il silenzio è assoluto, il freddo predominante e la pioggia non ci risparmia. Poco più in alto, una figura li osserva, sguardo severo e attento, il suo volto esprime concentrazione e determinazione, riesco a riconoscerlo: è Renato del “Team Torre”, una vera leggenda all’interno del Gruppo: Si materializza e prende appunti, io stesso avverto il peso della sua presenza.Arriva l’atteso via, la squadra si mette in azione. Gli operatori si spostano coprendosi a vicenda e la partita è iniziata. Più in alto ci sono gli “Opposed”, pronti a riceverli in maniera “poco amichevole”. Primo livello conquistato. Sento il cuore battere più forte e il respiro affannoso, eppure siamo solo all’inizio e penso che gli “Uomini Gamma” hanno anche nuotato per diverse miglia al freddo, arrampicandosi da chissà dove, senza mostrare un minimo di stanchezza. Il secondo livello dell’esercitazione inizia con alcuni colpi esplosi attutiti dai silenziatori. Si prosegue senza esitare. Inizio ad avere le gambe pesanti e siamo solo alla metà del percorso. Sento altri

Fasi dell’esercitazione degli incursori sulla piattaforma off-shore.

colpi, l’intelligence ha riferito che troveranno alcuni ostaggi ed elementi “ostili”: il livello di attenzione adesso è assoluto; non possono esserci sbavature, è il momento in cui il capo squadra ordina i compiti ad ogni operatore. Poco più in alto un’altra figura si palesa e scruta ogni uomo, ogni movimento, ogni decisione; è anche lui un veterano del “Team Torre”, “Dex”, così lo chiamano. Nell’aria avverto un rumore familiare, la struttura inizia a tremare: è un elicottero MH-90A, il cui rotore genera una raffica di vento forte e improvvisa. Un team di assaltatori sta per essere rilasciato dall’elicottero per rinforzare l’azione d’attacco: solo pochi secondi e la squadra irromperà. Giù il barbettone


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dal portellone laterale dell’elicottero e gli uomini iniziano a scendere dall’alto per “bonificare” quel che trovano, nel mentre gli “Uomini Gamma” sono pronti ad entrare nel locale mensa: un cenno d’intesa e via, aperta la porta. Da questo momento non ci sono esitazioni. Si entra nei corridoi e in ogni locale. La porta esterna si apre, i fucili pronti a far fuoco e flash bang all’interno, i visori sugli occhi e si dà corso all’ingresso. Tutto è veloce, ma sincronizzato. Dex osserva per valutare tempi, movimenti, errori. Ogni elemento sarà valutato dallo staff degli RSO (Range Security Officer). Un “botto” più forte mi fa presagire l’esplosione di un ordigno improvvisato: la squadra continua l’azione senza rallentamenti. Sento altri spari. Questa volta hanno un rumore diverso, sono gli Opposed, e questo significa che tra pochi secondi saranno neutralizzati, giusto il tempo di valutare la situazione come in una partita a scacchi, le cui mosse però sono fulminee e

senza indugi. Siamo all’ultimo attacco, gli ostaggi sono liberati, l’area bonificata e ci si prepara per l’esfiltrazione. Come un fiume in piena, i “nuotatori” si dirigono verso i basamenti e gli “operatori elitrasportati” verso il ponte di volo per imbarcare sugli elicotteri. In pochi secondi si allontanano nel freddo e nella pioggia incessante della giornata. I corpi inermi degli oppositori sono il risultato di anni di tecniche e procedure messe a punto da titani come Renato e Dex, solo uomini, ma capaci di compiere azioni al limite dell’immaginario. L’esercitazione Goldfinger si conclude e io resto immerso nei miei pensieri, come se avessi appena assistito ad uno spettacolo di magia, cercando di capirne i trucchi. I battelli veloci e ruggenti si allontanano squarciando il mare, affiancati verso l’orizzonte dagli elicotteri. Il tramonto ci regala uno sfondo unico, colori tenui e caldi in questa fredda e dura giornata, mentre la pioggia ha smesso di cadere.

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Il dovere implica il sapere A Mariscuola La Maddalena la preparazione ad affrontare le emergenze presuppone la conoscenza del diritto di Elisabetta Gualdi l mare è epico, non solo per la sua romantica bellezza capace di affascinare in tutte le stagioni. Il mare è titanico in tutta la sua essenza quando, dopo aver incantato, spaventa, travolge e inghiotte. Per questo, chi ama il mare deve imparare a rispettarlo, requisito indispensabile per tutti i marinai. Nel bagaglio di un buon navigatore non deve mancare quel codice d’onore che nei secoli si è tramandato sino ad essere tradotto nelle convenzioni internazionali

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che oggi ne disciplinano i molteplici aspetti riguardanti tutte le circostanze in cui si può incorrere durante la navigazione. È per affrontare quelle circostanze, anche le peggiori, che gli allievi sottufficiali della Scuola Sottufficiali di La Maddalena sono preparati, nella teoria e nella pratica, perché nel futuro potranno essere coinvolti in operazioni di ricerca e salvataggio in mare, anche in condizioni di ostilità: meteorologica, ambientale oppure, speriamo mai, in stato di conflitto. Esiste un innato spirito umanitario, celato dalla serietà delle uniformi e dal rigore delle nostre unità navali, grandi o piccole che siano, che forse non viene colto nelle letture giornalistiche e nelle immagini video, ogni volta che donne e uomini della Marina Militare intervengono per soccorrere. Quei salvataggi nascono dal cuore, ma soprattutto dal dovere, sono il frutto di conoscenze, esperienze e formazione. Formazione che a Mariscuola La Maddalena passa anche dallo studio del diritto della navigazione, del diritto internazionale ma-

rittimo e del diritto internazionale umanitario, ma anche con le attività pratiche in mare e nella Sala operativa didattica che consente di riprodurre l’habitat naturale nel quale gli operatori radio si troveranno domani a gestire le comunicazioni in emergenza. Il dovere implica il sapere e lo stesso sapere consente di non distinguere in tempo di conflitto armato un naufrago che si trovi in pericolo sul mare o in altre acque, così come prevedono le Convenzioni di Ginevra. Ma la stessa abnegazione nel proteggere oltre ogni distinzione è viva nella quotidianità e si traduce nel rispetto del codice della navigazione, della Convenzione sulla ricerca ed il salvataggio marittimo firmata ad Amburgo nel 1979 e delle successive conseguenze normative, necessarie per definire le metodologie tecnico-operative e della Convenzione SOLAS per la sicurezza della vita in mare del 1974. La dedizione e la professionalità non sono eccezionali, sono una costante, come testimonia Il 1° Luogotenente Antonio Paparo, istruttore di Polizia

giudiziaria a Mariscuola: “In 36 anni di servizio ho partecipato a numerosi salvataggi, ma nella notte del 3 luglio del 2001 ci fu, per me, il più impegnativo. Ero il nostromo della Capitaneria di Porto di Crotone e insieme al pattugliatore Granatiere della Marina Militare portammo in salvo circa 600 naufraghi. Un’esperienza professionale impegnativa che ho portato sempre con me nell’affrontare situazioni analoghe”. La stessa caparbietà di salvare ed emozionarsi ha attraversato gli anni e continua a caratterizzare le immagini mai sbiadite dei ricordi più forti dei tanti militari impegnati nell’intensa missione Mare Nostrum, perché il mare, mentre accresce l’esperienza, richiama anche la memoria delle emozioni.

Naufrago assistito da un elisoccorritore, pronto per essere recuperato da un elicottero.

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La salvaguardia della vita umana in mare di Antonino Pulvirenti

Gli Operatori dei Gruppi di Volo di Maristaeli Catania si addestrano al recupero naufrago

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l mare, elemento di connessione globale, costituisce una risorsa strategica imprescindibile per l'Italia. La garanzia della libertà di navigazione, la salvaguardia della vita umana in mare, la sicurezza delle coste, costituiscono una cornice essenziale allo sviluppo delle relazioni internazionali e sono condizioni per il mantenimento della pace tra i popoli". Lo affermava nel suo messaggio augurale il capo dello Stato Sergio Mattarella, in occasione dell'anniversario

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della Marina. La salvaguardia della vita umana in mare è un punto fermo della millenaria cultura marinara del nostro Paese. Su questo aspetto, al pari degli altri, si concentrano le energie degli equipaggi di volo, forti di una professionalità che pone la massima attenzione in ogni dettaglio della formazione e del know how necessario agli operatori di recupero naufrago (ORN). L’ORN è scelto tra gli operatori di volo con caratteristiche psicofisiche

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di particolare vigore e resilienza, ed è addestrato al delicato e prezioso incarico di prestare soccorso a persone in difficoltà in seguito a naufragio o altro sinistro che li abbia costretti alla deriva in mare. La scorsa primavera, il capo di seconda Lorenzo Maringiò, operatore di volo appartenente al 4° Gruppo Elicotteri di Grottaglie e il sottocapo di prima classe Giovanni Agolino, del 2°Gruppo Elicotteri di Catania, hanno finito il corso “Rescue Swimmer”, presso la


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Navy Aviation School in Pensacola (Florida-USA). Racconta Agolino: “È stata un’esperienza unica a livello formativo, professionale e umana che ci mette nella condizione di offrire e mettere a sistema, integrandole con le esperienze nazionali, le procedure di aerosoccorso apprese dai colleghi americani della United States Navy School”. L’iter addestrativo inizia con quattro settimane di pre-load dedicate al condizionamento fisico, con sessioni di

attività aerobica all’aperto, in mare e in piscina, rivolto a incrementare la capacità di affrontare situazioni di elevato stress psicofisico protratte nel tempo. La seconda e ultima fase si basa su un addestramento avanzato riguardante le attività di soccorso in mare di personale non addestrato e soprattutto privo di ausili di galleggiamento. L’obiettivo finale del corso è di portare il soccorritore a operare in uno sce-

nario, seppur simulato, il più fedele possibile alla realtà, mettendolo in condizione di risolvere tutte le problematiche inerenti, al soccorso in mare con rapidità ed efficacia.

Operatori di volo di Maristaeli Catania, in addestramento recupero naufrago con elicottero AB212- ASW; sullo sfondo la nave anfibia San Giusto.

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A.N.M.I. di Torino 125 anni di fratellanza e solidarietà dei marinai

di Alessandro Busonero

l gruppo “M.O.V.M. (Medaglia d’Oro al Valor Militare) Umberto Grosso” di Torino dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia ha tagliato un traguardo importante: 125 anni dalle origini torinesi dell’istituzione. Valori, tradizione esperienze vissute, è questo il patrimonio che con orgoglio e partecipazione, gli amici del gruppo A.N.M.I. di Torino, ma non solo loro, hanno celebrato e festeggiato lo scorso dicembre in occasione della ricorrenza di Santa Barbara, patrona della Marina. Sembrerà strano parlare di uomini di mare a Torino, ma la storia straordinaria e curiosa di un’Italia di oltre un secolo fa, andò proprio così.Torino, nonostante sia lontana dal mare, ha dato tanto alla

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Marina, molti equipaggi erano composti di torinesi e piemontesi. Piemontese, ad esempio, era il generale Benedetto Brin, cui si deve, tanto per citarne alcune realizzazioni, la nascita della base navale di Taranto e la costruzione dei bacini di carenaggio dell'Arsenale di La Spezia. Correva l’anno 1896, il 1 gennaio per la precisione, quando venne inaugurata la “Società di Mutuo Soccorso fra Militari Congedati dalla Regia Marina”. Fu questa la prima associazione marinara in Italia, nata per un’iniziativa di Vittorio Giuseppe Torta, sottocapo timoniere della Regia Marina. Nel 1894, Torta coinvolse i marinai torinesi nell’idea di far nascere una Società in grado di unire i marinai congedati con onore dalla Regia Marina e aiutare le famiglie di altri marinai in difficoltà. Da quest’iniziativa, negli anni

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a venire nacque l’attuale A.N.M.I. (Associazione Nazionale Marinai d’Italia). Passano gli anni e aumentano i Soci, la Società si evolve e nel 1911 a Milano nasce una Società tra i marinai in congedo e in servizio della Regia Marina, senza distinzione di grado, con il nome Unione Marinara Italiana (U.M.I.), e anche l’Associazione di Torino nel 1912 cambierà la sua denominazione sociale in “Unione Marinara Italiana”. L’U.M.I. con decreto Reale del 18 ottobre 1934, divenne “Associazione d’Arma Gruppi Marinai d’Italia”, per poi approdare, con decreto Presidenziale del 23 marzo 1954, all’attuale “Associazione Nazionale Marinai d’Italia”. Tornando a Torino, nel 1922 il Presidente in carica riuscì ad ottenere dal Comune l’uso di un terreno sulla sponda del fiume Po (Parco del Valentino) e, nel


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L’associazione, apolitica e senza fini di lucro, è la libera unione di coloro che sono appartenuti o appartengono, senza distinzione di grado, alla Marina Militare e che, consapevoli dei propri doveri verso la Patria, intendono mantenersi uniti per meglio servirla in ogni tempo

1925, l’approvazione per la costruzione di uno chalet che ancora oggi è la sede dei “Marinai torinesi”. Da quel 1896, i “Marinai torinesi” hanno sempre mantenuto un forte legame con la Marina. Nella loro sede vi è conservato uno straordinario e unico cimelio: la torretta del sommergibile Andrea Provana (varato il 27 gennaio 1918 - dismesso nel 1927), primo in Italia per musealizzazione – ancorché parziale e unico battello italiano risalente alla Prima guerra mondiale ad essere pervenuto fino a noi. Giunse a Torino nel 1928 per l’Esposizione nazionale ed internazionale per celebrare il 10° Anniversario della Vittoria. Furono allestiti i padiglioni della Tecnica, della Scienza e delle Forze Armate, e la sede dei marinai

ospitò il Centro Radiotelegrafico della Regia Marina. Il cimelio del Provana (camera di manovra, cabina del Comandante, torretta con periscopio), divenuto monumento dedicato ai “Caduti del Mare”, fu posto nel 1933, a spese del Comune di Torino, nell’area esterna della sede, dove si trova ancora oggi disponibile gratuitamente per le visite di chiunque voglia immergersi nel mare della Memoria. “Marinaio una volta, Marinaio per sempre”. In apertura: Esposizione internazionale di Torino 1928, la sezione del sommergibile Provana con in primo piano le ancore delle corazzate austriache “Viribus Unitis” e “Tegethoff ” che l’anno dopo saranno poste all’ingresso di Palazzo Marina a Roma.

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Il palazzo dell’ammiragliato di Napoli Uno scrigno ricco di storia e di opere d’arte di Claudio Romano

l palazzo dell’Ammiragliato di Napoli (noto anche come “Palazzo Rosso”) nasce, attorno all’anno 1300. All’inizio la sua morfologia era di gran lunga diversa rispetto all’attuale e, sebbene cambiata con il passare dei secoli, continuò a svolgere la sua originale funzione religiosa fino alla seconda metà del XVIII secolo. Infatti, in concomitanza dell’espulsione dal Regno borbonico dei Gesuiti, attorno al 1780 l’immobile fu trasformato per diventare un albergo di lusso con il nome di “Locanda Reale”. Tale utilizzo, giustificato dall’estrema sua vicinanza alla residenza del Sovrano, proseguì per alcuni decenni. La leggenda vuole che nelle sue stanze vi soggiornasse anche l’ammiraglio inglese Horatio Nelson quando, reduce dal successo della battaglia della baia Abukir (vicinanze del delta del Nilo), fu ospite del Borbone. Si narra che l‘ufficiale inglese scelse quella sistema-

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zione in luogo di una stanza nel Palazzo Reale per potersi incontrare in modo più “discreto” con Lady Emma Hamilton, giovane e bellissima moglie dell’anziano ambasciatore inglese a Napoli, con la quale (si dice) fosse nato un audace flirt. Nel 1806, con l’arrivo dei francesi nella città partenopea, la locanda fu dapprima requisita per ospitare militari di alto rango e, dal 1810, fu trasformata per accogliere il dicastero delle Finanze del neonato Regno murattiano e quello della Marina da

Guerra. Con la restaurazione borbonica del 1815, l’edificio proseguì la sua funzione d’immobile ad uso governativo, continuando ad ospitare la sede del Ministero delle Finanze fino al 1820 e, dall’anno successivo, quella della Real Marina, più consona per la sua vicinanza alla base navale partenopea. Nel 1830, in quel palazzo fu sistemata anche l’abitazione di Carlo di Borbone, principe di Capua, fratello del Re e responsabile dell’Armata di Mare borbonica. Questi fece subito ristrutturare intero l’edificio, inclusa l’area destinata a diventare la sua residenza. Fu così creato un appartamento di ben 1.800 mq. che non doveva sfigurare a confronto


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della residenza reale. Le pareti di molte stanze, incluse quelle del salone di rappresentanza, furono impreziosite con i broccati prodotti dalle seterie di San Leucio, analogamente a ciò che si faceva per gli ambienti della Reggia di Capodimonte o quella di Caserta. Il Conte d’Aquila, il 3 dicembre del 1850, fu nominato presidente del Consiglio di Ammiragliato e, pertanto, era solito ospitare nel suo appartamento le riunioni anche di tale importante consesso. Per questo motivo, l’immobile sempre più spesso, fu identificato con il termine di “Palazzo dell’Ammiragliato”. Luigi di Borbone abitò in questo edificio fino al 14 agosto del 1860, cioè fino a pochi giorni prima dell’arrivo in città di Garibaldi. Con l’unità d’Italia, l’immobile mantenne la sua funzione militare, ospitando la sede del “Ripartimento meridionale” della Regia Marina e, con essa, l’alloggio dell’Ammiraglio comandante. Tutt’oggi il “Palazzo dell’Ammiragliato” di Napoli ospita uffici della Marina Militare e l’abitazione dell’Ammiraglio responsabile del Comando Logistico. Talvolta, nelle sue stanze si tengono incontri o ricevimenti in onore di eminenti rappresentanti, militari e civili, di altre nazioni che, immancabilmente, rimangono affascinati dalla storia e dalla bellezza di questo immobile, impreziosito da svariate decine di opere d’arte, alcune concesse in temporaneo prestito dai maggiori musei cittadini, altre di proprietà della Marina Militare. Napoli, palazzo dell’Ammiragliato. A destra alcuni degli ambienti: salone di rappresentanza, ingresso ammiragliato, camino in marmo e terrazzo con veduta del Palazzo Reale.


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RECENSIONE GIUSEPPE BAVASTRO Un corsaro a Livorno di Alessandro Busonero

orsaro, basta solo nominare questo “antico mestiere” che nelle nostre menti subito si materializzano scenari di navi e mare. Uomini all’arrembaggio con la sciabola ricurva sguainata tra nuvolette di fumo provocate dai tiri dei moschetti o addirittura delle bordate dei cannoni che squarciano le vele. Urla di battaglia di uomini vestiti con abiti dai colori sgargianti, i pugnali tra i denti, mentre, aggrappati a una cima, una scotta pendente da un pennone, si lanciano verso la nave, verso l’equipaggio avversario. Immagini create nella nostra mente grazie agli innumerevoli film storici e di avventura visti sin da quando eravamo piccoli. Un classico fu il Corsaro Nero del 1976, diretto dal regista Sergio Sollima e tratto da due romanzi di Emilio Salgari: Il Corsaro Nero e La regina dei Caraibi. Stefano Gennari, in questo libro ci propone la storia di un corsaro dell’epoca napoleonica di nome Giuseppe Bavastro, che per anni permise alla Francia di contrastare il dominio britannico sul Mediterraneo. Nato il 10 maggio 1760 a Sampierdarena (Genova) da una famiglia nizzarda, fin da giovane Bavastro dimostrò un carattere indipendente e combattivo e una forte passione per il mare che negli anni giovanili lo portò ad avere la “patente di corsa” per la Francia, ovvero divenne “Corsaro di Napoleone”. Nel 1800, il corsaro Bavastro era a Genova quando, difesa dai francesi del generale e amico Andrea Massena, fu assediata dagli austriaci e fermata dal mare da una squadra navale inglese. Al comando del Prima, l’unica galera da guerra presente in porto, Bavastro diede all’inizio filo da torcere agli inglesi, che

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poi contrattaccarono ed ebbero la meglio, costringendolo a ritirarsi. […] Al momento del dessert, il Console prende la parola e, con tutto il sussiego e la solennità diplomatica dovuti, fa dono a Bavastro di un “Certificato d’onore”,

interamente miniato e ornato, a firma del primo console, Napoleone Bonaparte, per le imprese compiute nel corso dell’assedio di Genova, insieme a un cofanetto contenente l’ascia d’oro di abbordaggio d’onore, una delle massime onorificenze militari della repubblica francese a quel tempo” […]. Ma Gennari, ufficiale di Marina, oggi non in servizio, nella stesura del testo

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racconta anche una storia di memoria familiare: la sua. Gennari infatti, è un discendente dal corsaro. Nel 1814 Carlo Rocco, figlio di Giuseppe Bavastro, si trasferì a Livorno su “suggerimento proprio del padre, per curarne gli interessi commerciali e finanziari e dove, rimasto vedovo e con due figli, costituì la sua nuova famiglia, sposando in seconde nozze una donna livornese”. Da quel ramo familiare, unico con discendenza diretta del corsaro, deriva una parte della famiglia dell’autore. “In sostanza il libro, abbraccia tutta l’avventura marinara del corsaro, sin dalle prime battute, quando s’imbarcò per la prima volta su una nave a 15 anni, per arrivare sino al giorno della sua fine, nel marzo del 1833, ad Algeri, dove nominato comandante del porto dalle forze di occupazione francesi, morì assistito al suo capezzale dalla sola figlia Maria Geronima che lo aveva seguito”. La trama intreccia “al trefolo principale delle gesta di Giuseppe Bavastro altri due percorsi, così da consentire al lettore, da un lato, d’inquadrare correttamente sotto il profilo storico gli eventi che videro protagonista il corsaro per mare, dall’altro, di apprezzare quelle caratteristiche peculiari di Livorno e della sua gente, che lo affascinarono a tal punto di spingere il figlio Carlo Rocco a stabilirvi la sua dimora”.

Autore: Stefano Gennari Anno di pubblicazione: 2021 Lingua: italiano numero pagine: 287 brossura prezzo: € 18,00


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Il mare raccontato dai professionisti


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