N.14 DICEMBRE 2019
IN QUESTO NUMERO // SPECIALE INSIDE A1: DIECI ANNI DI BASKET // SARA BOCCHETTI: SOGNANDO LA NAZIONALE // FOCUS: NON ANCORA PROFESSIONISTE // STORIE: LA DIVINA MABÉL // SERIE A2: VAMOS IN COPPA // IL FUOCO ARGENTINO DI SANCHEZ // ALTRI MONDI: BASKIN // NEW: LA RUBRICA GUARDIA E LADRI
DICEMBRE 2019
N.14
in questo numero 1 EDITORIALE
Buon basket
3 inside a1
10 anni di basket
11 numbers
Simona Ballardini
13 Focus
Pro o non pro?
19 cover story
Sognando la Nazionale
25 inside A2
Vamos in Coppa
31 Primo piano
Fuoco argentino
35 altri mondi
Giocate a baskin
41 storie
Divina Mabél raccontaci
DIRETTO DA Silvia Gottardi REDAZIONE Silvia Gottardi,
Caterina Caparello, Giulia Arturi, Manuel Beck, Francesco Velluzzi, Marco Taminelli, Chiara Borzì, Linda Moranzoni, Susanna Toffali
PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/
46 pink mix
Meccano Floreal
48 HSBL
IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/
Sara Ronchi
51 PALLA E PSICHE
Natale in famiglia
51 guardia e ladri
Secret-Santa’s rules
INFOGRAFICA Federica Pozzecco Meccano Floreal
FOTO DI Marco Brioschi, Laura Carini Marco Scardillo, Maurizio Silla/ Magnolia Campobasso, Fiba Fip, WNBA/Getty Images, Chiara Vecchi, Roberto Liberi LBF/Elio Castoria, Giovanni Cassarino, Famila Schio
editoriale
BUON BASKET di silvia gottardi
Questo è un numero davvero speciale, non solo perché è l’ultimo numero dell’anno, ma anche perché è l’ultimo numero del decennio. Proprio per questo abbiamo voluto divertirci a ricordare i dieci anni di basket femminile che stanno per finire. Un po’ per gioco, è nato il pezzo di Inside A1 nel quale, attraverso una serie di domande che ci siamo fatti, abbiamo ricostruito il decennio di basket che si sta chiudendo. Pur con ruoli diversi, siamo gente che della pallacanestro femminile è innamorata e la vive da ben oltre un decennio, credo che ne sia uscito un pezzo interessante, ma ovviamente poi ci farà piacere scoprire come avreste risposto voi (tenete sott’occhio i nostri canali social). Ma non finisce qui, perché Pink 14 è davvero ricco. Oltre alla neonata rubrica dedicata alle giovani promesse di High School Basket Lab, in questo numero prende il via anche quella ironica di Susanna Toffali (guardia del Sanga Milano, A2): Guardia e ladri. In questa prima uscita, la nostra insider ci diverte raccontandoci come si organizza un Babbo Natale segreto. E poi il solito spazio dedicato alla A2 e alle sue protagoniste - questa volta tocca all’intramontabile Carolina Sanchez, il Baskin nella sezione Altri Mondi e, ciliegina sulla torta, l’intervista di Giulia Arturi alla più grande di tutti i tempi: la divina Mabèl Bocchi, che della capitana del Geas è anche madrina. Per finire, abbiamo ovviamente dato ampio spazio al tema del professionismo femminile, che ci sta particolarmente a cuore. Sembra che finalmente anche le atlete italiane potranno essere professioniste al pari degli uomini; un passo importantissimo in avanti, un grande regalo di Natale, ma sarà davvero così? A me non resta altro da fare che augurarvi buona lettura e buone feste. Ma soprattutto: buon basket!
ZANDAMANIA NONOSTANTE EUROBASKET 2017 SIA FINITO MALE PER LE AZZURRE, ZANDA È NEL MIGLIOR QUINTETTO E POCO DOPO VOLA IN WNBA DOVE CONQUISTA L’ANELLO CON LE LYNX.
inside A1
10 ANNI DI BASKET
NON POTEVAMO ENTRARE NEGLI “ANNI VENTI” SENZA PRIMA TENTARE UN’IMPRESA COMPLICATA MA DIVERTENTE: SELEZIONARE IL MEGLIO DELLA DECADE 2010-2019. GIOCATRICI ITALIANE E INTERNAZIONALI, MOMENTI-TOP, BILANCI E PROSPETTIVE FUTURE
Di redazione
S
ipario sugli anni Dieci. Abbiamo riunito, in una ta-
vola rotonda virtuale, la nostra direttrice Silvia Gottardi con i redattori Caterina Caparello e Manuel Beck, il collaboratore di lusso Francesco Velluzzi e l’attuale coach di Costa Masnaga, Paolo Seletti, che sul nostro magazine teneva una rubrica nella scorsa stagione. Obiettivo: riassumere il meglio del decennio al tramonto, con uno sguardo anche al futuro. Un “brainstorming”, sicuramente appassionato, si spera competente, senza la pretesa di essere esaurienti su 10 anni di campionato italiano, nazionali, Europa, America; ma provando a ripercorrere liberamente – chi più telegrafico, chi più prolisso – emozioni, temi, partite memorabili e grandi protagoniste. Ecco qua.
MIGLIOR GIOCATRICE ITALIANA
Velluzzi: Non ci sono dubbi. Oltre ad avere un talento smisurato, una tecnica da paura, una naturalezza mostruosa nelle giocate, ha mostrato più di
chiunque continuità, reggendo al top e dimostrando carattere. Il sogno è che nasca un’altra Macchi. Gottardi: Anche per me è Chicca Macchi. Seletti: D’accordo su Macchi. Beck: Giorgia Sottana. Se Macchi è stata la migliore nella prima parte del decennio e Zandalasini nella seconda, Sottana è la numero uno per continuità al massimo livello su tutto l’arco di tempo che stiamo considerando. Ha vinto da protagonista con Taranto già nel 2012, poi con Schio, è stata fra le leader della Nazionale agli Europei 2013 e lo è ancora adesso. Caparello: Raffaella Masciadri. Grande in campo, da capitana della Nazionale e dell’invincibile Schio, e grande fuori, come presidentessa della Commissione nazionale atleti del Coni, per tutelare i diritti degli sportivi.
MENZIONI D’ONORE ITALIANE
Gottardi: Sottana e Zandalasini.
inside A1
Seletti: Masciadri, Crippa, Zandalasini, Sottana, Ress. Caparello: Sottana, Macchi, Ress, Francesca Dotto. Beck: A quelle che avete nominato aggiungo Cinili, anche se forse si è fermata un gradino sotto l’eccellenza assoluta. L’ha quasi raggiunta nella finale 2015, quando stava trascinando Ragusa a detronizzare Schio. Poi lei esce per falli e Macchi segna il canestro decisivo. Chissà se fosse andata diversamente... Velluzzi: Sottana, Masciadri, Zandalasini, Ress. Insieme a Macchi hanno caratterizzato questi ultimi 10 anni. E fatichiamo a trovare delle eredi, pur con alcune speranze, tipo Panzera, Gilli, Natali. Sottana, il talento e il personaggio; Masciadri la capitana, la determinazione, la testa; Ress il centro più continuo; Zandalasini la grande promessa, la forza fisica, il personaggio da lanciare sui media.
MIGLIOR GIOCATRICE INTERNAZIONALE
Velluzzi: Nel mondo troppo facile dire Diana Taurasi, il mito per ogni ragazza che si affaccia al basket donne e lo ama. Tutto con grande semplicità. Nel campionato italiano citerei Isabelle Yacoubou che più di tutte le straniere ha inciso nelle vittorie. Un totem assoluto. Gottardi: Taurasi, the GOAT. Seletti: Taurasi. Caparello: Maya Moore. Con le Minnesota Lynx ha vinto 4 titoli Wnba, l’mvp della stagione e delle finali, con gli Usa 4 ori tra Olimpiadi e Mondiali. Tutto in questo decennio. Ma non solo: è stata la prima donna a firmare un contratto con il marchio Brand Jordan, e quest’anno ha interrotto l’attività, forse in modo definitivo, per dedicarsi alla difesa processuale di un uomo che lei ritiene ingiustamente incarcerato.
WONDER CHICCA TALENTO, CARISMA, LONGEVITÀ: PER NOI LA GIOCATRICE ITALIANA DEL DECENNIO.
Beck: Fra le americane scelgo Elena Delle Donne, non tanto perché ha vinto quasi tutto sia di squadra sia a livello individuale (c’è chi ha fatto anche di più), e neanche per la storia personale che testimonia una capacità straordinaria di superare le avversità, ma semplicemente perché al suo meglio è “il basket”: un’1.96 in grado di fare qualsiasi cosa. Fra le non americane, merita più di tutte Alba Torrens.
MENZIONI D’ONORE INTERNAZIONALI
Velluzzi: Torrens, Dumerc, Meeesseman, Xargay. Nell’ordine: l’europea più stellare che c’è, il playmaker che più fa girare una Nazionale, il centro più devastante d’Europa, e infine la razionalità, il cervello, l’essenziale. Seletti: Sue Bird, Moore, Delle Donne, Liz Cambage. Beck: Tra le americane Taurasi perché nei pochi momenti difficili gli Usa hanno dato palla a lei
e bum, problema risolto; Moore, la più vincente in Wnba; Brittney Griner per aver reso (quasi) normale la schiacciata; Sylvia Fowles, non la più appariscente ma una solidità e una costanza straordinari; Breanna Stewart, che ha avuto un biennio pazzesco prima d’infortunarsi. Tra le non americane, ai nomi già citati da Bibi e Paolo aggiungo Vadeeva, anche se è più nella categoria “emergenti”. Ma una che irrompe a 16 anni e mezzo in un Europeo senior (2015) ed è già la migliore della squadra, merita una citazione. Gottardi: Delle Donne: non vince come Taurasi, ma è il volto del basket USA. Personaggio dentro e fuori dal campo.
MOMENTO-TOP
Velluzzi: La scalata di Ekaterinburg, la vera culla del basket femminile… Con i soldi si fa tanto, ma
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inside A1 vincere non è mai così scontato. E complimenti a Miguel Mendez che si è dimostrato un grande allenatore, anche in Italia a Schio. Gottardi: La Zandamania del 2017, che ha fatto riesplodere l’amore per la Nazionale e in generale per il basket femminile. Beck: Se il momento-top è il primo che ti appare in mente quando chiudi gli occhi, allora dico Chicca Macchi che galleggia in aria e segna il canestro dello scudetto 2015 per Schio contro Ragusa: un gesto di bellezza assoluta. Seletti: I titoli olimpici del “dream team” USA.
ALTRI MOMENTI DA RICORDARE
Caparello: Le brillanti medaglie d’oro agli Europei giovanili delle ultime due estati. Beck: Giustissimo, anzi ogni volta che abbiamo visto le nostre azzurrine salire su un podio, ed è successo quasi ogni anno, è stato un momento memorabile. Penso al 2016 con l’argento ai Mondiali U17, con Madera in quintetto ideale, e la clamorosa finale europea U20 di Zandalasini contro la Spagna, anche se persa. E l’anno dopo, “Zanda” premiata nel quintetto ideale dell’Eurobasket senior. In serie A, Lucca che vince lo scudetto 2017, in due flash: Wojta col canestro dell’overtime in gara-3, e Caterina Dotto che piange di gioia in tribuna per la gemella Francesca alla fine di gara-4. La finale di EuroCup raggiunta da
BILANCIO CAMPIONATO ITALIANO
Velluzzi: Un decennio sotto la dittatura del Famila Schio che ha vinto 7 scudetti. Sponsor, presidente, squadra, tecnici, giocatrici, tutto è di un altro livello. Non a caso è l’unica squadra che ha sempre disputato l’Eurolega. Compete con i top club europei, ha un pubblico eccezionale, appassionato. Il bello sono le realtà storiche o provinciali: Geas, su tutte, ma anche San Martino di Lupari, Broni e Vigarano che stanno diventando piazze importanti. E lavorano con vera passione. Venezia è l’altra realtà di alto livello che va in parallelo col club maschile e ha un proprietario, Luigi Brugnaro, che è sindaco di una città unica al mondo. Va sfruttato il lavoro fatto da Bologna che ha inglobato la squadra femminile come hanno fatto i top club del calcio. Va veicolato in tutti i modi e portato come esempio. Ragusa è la Sicilia vincente, la Sardegna ha 3 squadre in A2. La passione di Campobasso deve trovare i risultati. Gottardi: Dominio assoluto di Schio. Il che è una buona cosa per i tifosi scledensi ma un po’ meno per il movimento, che avrebbe bisogno di più equilibrio. In questo senso ottimi segnali da Ragusa che non molla, nonostante non sia ancora arrivato lo scudetto, e dalla Reyer in crescita in questi anni. Fa ben sperare l’ingresso della Virtus Bologna nel mondo femminile. Male nelle Coppe Europee: nessun titolo vinto in questo decennio, che ci ha visto
ha un talento smisurato, una naturalezza mostruosa nelle giocate, ha mostrato più di chiunque continuità, reggendo al top e dimostrando carattere. Il sogno è che nasca un’altra Macchi. Venezia nel 2018 ribaltando il -20 dell’andata. La semifinale tra Australia e Spagna ai Mondiali 2018: rimonte, sorpassi, i miracoli di Cambage che litiga col pubblico spagnolo…. In WNBA il titolo 2016 vinto da Los Angeles su Minnesota, con le due squadre che si sorpassano 3 volte negli ultimi 20 secondi di gara-5. Ne ho detti fin troppi, ma ne avrei almeno altrettanti. Velluzzi: Il caso Crespi-Masciadri ha portato tanta attenzione sul basket donne. Un ct che nega la passerella alla capitana della Nazionale, al simbolo del movimento, non può essere scusato. L’Italia intera si è schierata a difesa di Mascia. Gottardi: Il canestro-scudetto di Macchi nel 2015, Becky Hammon allenatrice in NBA, la stella di Schio, Zanda in WNBA, l’oro ai Mondiali 3x3 nel 2018, le vittorie delle Nazionali giovanili. Seletti: Anche per me Hammon in NBA, poi i quattro titoli NCAA consecutivi di Geno Auriemma con Connecticut, lo scudetto della stella di Schio e quello straordinario di Lucca.
troppo a lungo impegnati in campo internazionale solo con Schio. Beck: Sì, da quando è finita la rivalità con Taranto, non c’è stato più un avversario di pari livello per Schio. Applausi a Lucca, Ragusa e Venezia per la costanza nelle zone di vertice, ma hanno potuto solo strappare qualche briciola al cannibale. Ma in realtà lo strapotere di una singola squadra c’è sempre stato nella storia del nostro campionato, se pensiamo al Geas negli anni ’70, Vicenza negli ’80 e la Comense nei ’90. Il vero guaio dell’A1 di questo decennio è la frequenza con cui scompaiono società, anche di primo piano, anche storiche, vedi Taranto, la Comense, Priolo, Parma, Faenza, fino all’ultimo caso di Napoli. Di positivo c’è che lo spazio per le italiane e per le giovani è cresciuto. Vivai come Venezia, Geas, Costa, Vigarano hanno allevato tante giocatrici ora in A1 (o in NCAA...). Seletti: Il movimento ha vissuto la crisi mantenendo stabili le problematiche di visibilità del decennio
THE GOAT DIANA TAURASI HA VINTO TUTTO E HA BATTUTO OGNI RECORD, È ANCORA LEI LA GIOCATRICE DEL DECENNIO.
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inside A1 SCUDETTO 2017 LUCCA BATTE IL FAMILA 3-1 IN FINALE. CONQUISTA IL SUO PRIMO STORICO SCUDETTO ED INTERROMPE IL DOMINIO ORANGE.
precedente, ma abbandonando parzialmente la finanza creativa ed applicando una spending review ferrea, non sempre dandosi priorità corrette. Sono nati però alcuni casi di società virtuose che hanno fatto fronte alle mancanze sviluppando le proprie giovani e mettendole in campo.
BILANCIO NAZIONALE MAGGIORE
Beck: Siamo andati meglio del decennio precedente, quando stentavamo a qualificarci agli Europei. Ma ci siamo fermati due volte a un passo dall’impresa: tutti ricordiamo quello che è successo nel 2017, ma già nel 2013, nei quarti contro la Serbia, avevamo la vittoria in mano. Sfortuna o incapacità di cogliere l’attimo, difficile dire. Più che recriminare sulle naturalizzazioni facili di certe avversarie o sulla nostra mancanza di lunghe, spiace constatare che la prima ondata delle medaglie giovanili recenti, con le nate dal 1992 al ’95 circa, non si è ancora tradotta in risultati senior; e ormai quelle ragazze sarebbero mature. Velluzzi: La Nazionale è un tasto dolente, perché solo se arrivano i risultati importanti il movimento decolla. Non sono mai arrivati. C’è stata una bella Nazionale all’Europeo 2017 in Repubblica Ceca, frenata da un fischio arbitrale. Poi perse anche Macchi, Masciadri e Ress a quel livello, la squadra si è arenata vivendo solo sul talento di Sottana e Zandalasini. Si attendono nuove stelle… E le vittorie. La Federazione ci crede, la tv c’è, l’attenzione arrivi se vinci. Gottardi: Dopo anni di torpore, nel 2017 abbiamo dimostrato che possiamo dire la nostra, ma mancano ancora i risultati. A volte non siamo stati fortunati, altre non abbiamo saputo gestire i momenti decisivi. Fanno ben sperare i recenti ori giovanili, ma le ragazze sapranno mantenere le aspettative? Seletti: La Nazionale maggiore ha raccolto meno di quanto meritasse rispetto al suo valore. I picchi di qualità ci sono. In molti casi gli episodi le hanno detto male, vedi antisportivo inesistente di Zanda.
BILANCIO FEMMINILE GLOBALE
Velluzzi: Il basket femminile è molto più bello di quanto si immagini… L’Eurolega è il miglior spettacolo, più bello pure della Wnba, come nella maschile. Andate a vedere delle partite di Eurolega, non vi pentirete. La Spagna fa da traino al movimento con successi infiniti, grandi giocatrici, grande organizzazione. I club ex sovietici sono al top perché hanno maggiori potenzialità economiche, l’Ungheria ha in Sopron una culla come Schio lo è per l’Italia. Gottardi: Usa inavvicinabili, Spagna e Francia hanno in atto un ricambio generazionale ma sono ancora al top, il Belgio ha portato una ventata di aria nuova! L’Eurolega è il campionato più bello di tutti.
Seletti: La lotta per la questione di genere è salita finalmente alla ribalta con una certa risonanza. Gli USA sono ancora leader incontrastati del movimento, la Spagna ha finito in calando dopo anni di grande esplosione. Russia e Turchia hanno fatto investimenti clamorosi a livello di club. Beck: Lo strapotere degli Usa, per quanto da applausi, ha tolto interesse a Mondiali e Olimpiadi della decade. In parte anche quello di Spagna e Francia in Europa, ma sicuramente meno: Serbia, Belgio, a sprazzi altre hanno detto la loro. Ma soprattutto, mi sembra che il basket femminile fatichi a crescere in popolarità nel mondo, forse stretto fra l’incudine del calcio e il martello del volley, anche se in altri Paesi va meglio che in Italia. Però si vede, anche in America, una WNBA che nonostante grandi personaggi e un livello altissimo di gioco, non si schioda dalla pur rispettabile nicchia d’appassionati.
SCENARI DEL PROSSIMO DECENNIO
Gottardi: Sarà il decennio in cui noi ex giocatrici, così mi auguro, prenderemo finalmente in mano il nostro movimento. Abbiamo già cominciato: da quelle che allenano alle team manager, le dirigenti, le responsabili comunicazione o le commentatrici tv. Il prossimo passo sarà di arrivare nelle stanze che contano, perché questo è il nostro sport. Caparello: La mia è piuttosto una speranza: che il basket femminile abbia più visibilità, ma quella sana e intelligente, fatta di storie, volti e meriti. Velluzzi: Mi fermo all’Italia perché è giusto così: Il basket femminile si è arenato per certi versi. Serve una Lega forte, che dia spazio alle idee, alle giocatrici, che abbia una tv visibile, un programma costruito (con Sportitalia si era fatto un buon lavoro), una struttura manageriale, un ufficio comunicazione che promuova al meglio un bel prodotto. Senza, rimarremo a fare i solti discorsi. Non è stata sfruttata l’onda lunga del calcio femminile che poteva far decollare anche gli altri sport (vedi la bella storia di Bologna), a livello mediatico si sono fatti passi indietro: la pagina sulla Gazzetta dello Sport è un buon veicolo, ma serve un maggior impegno nel coinvolgimento dei partner, soprattutto nel food perché il basket femminile coinvolge le famiglie e le aziende avrebbero molto interesse. Anche le giocatrici devono fare di più: non sono mediatiche, sono poco conosciute, anche loro devono entrare di più nel meccanismo e non limitarsi a giocare le partite. Seletti: Partite più brevi. Ritmo più alto. Uso del tiro da 3 che si adeguerà a quello delle giovanili che lo usano già molto di più. Speriamo di vedere qualche migliaio di spettatori in più alla tv e nei palazzetti, e un sistema economicamente più sostenibile con risorse utilizzate in modo razionale e pianificato.
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numbers
simona ballardini
% PUNTI per età
composizione PUNTI TOT
* 1996·2001
<20 anni
** 2002·2011
*
* * 2012·2019 *
9,7%
632 pt
20<anni<30
8
3PT
2PT
TL
**
57,9%
3.780 pt
22,2%
>30 anni
35,6%
** *
2.119 pt
42,2%
32,4%
1.351 2.171
2.570
N° partite con Punteggio >15
% PUNTI nei club 15>PT>19
11,5%
5,7%
Reyer Venezia
Umbertide
5,6%
Taranto
0,4%
Bourges
2,1%
Priolo
232
20>PT>25
5,9%
Magika
60
26>PT>30
11
Schio
Faenza
>30 PT
2
9,5%
59,3%
palmares carriera
1
1
2
2
1
1
1°
Scudetto
supercoppa
COPPA RONCHETTI
COPPA ITALIA
campionato a2
medaglia oro
2011·12 Taranto
2008 Reyer
2000·01 Schio 2001·02 Schio
2007 - Faenza 2012 - Taranto
1998·99 Faenza
2009 - Giochi del Mediterraneo
medie punti 99·00 / Faenza 01·02 / Schio 02·03 / Schio 03·04 / Faenza 04·05 / Faenza 05·06 / Faenza 06·07 / Faenza
serie A1
11,6 6,3 6,9 14,5 14,9 16,3 12,7
7,4 08·09 / Reyer 11,5 09·10 / Reyer 11,6 10·11 / Umbertide 12 11·12 / Taranto 10 2012 / Bourges 6,5 07·08 / Faenza
13·14 / stop per infortunio al crociato
serie A2
serie B
12,2 14·15 / Magika 13,3 15·16 / Faenza 18,4 16·17 / Faenza 9 17·18 / Faenza 12,9 18·19 / Faenza 8,2 19·20 / Faenza 9,7 2014 / Priolo
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RAFFAELLA MASCIADRI È LA STORICA CAPITANA DI SCHIO E DELLA NAZIONALE ITALIANA. RITIRATASI NEL 2019, È PRESIDENTESSA DELLA COMMISSIONE ATLETI DEL CONI.
focus
PRO O NON PRO? LE ATLETE NON SONO ANCORA STATE RICONOSCIUTE PROFESSIONISTE.
L’EMENDAMENTO ALLA LEGGE DI BILANCIO DELL’11 DICEMBRE 2019 NON GARANTISCE QUESTO DIRITTO. BISOGNA CHIARIRE DI COSA SI TRATTI E DEL PERCHÉ SIA SOLO UN PICCOLISSIMO PASSO, PURTROPPO NON DI SVOLTA
Di CATERINA CAPARELLO
F
acciamo chiarezza: le atlete non sono ancora diventate
professioniste. L’11 dicembre 2019 è stato approvato un emendamento alla legge di Bilancio, da parte del senatore Tommaso Nannicini (Pd), che prevede un esonero contributivo per 3 anni, fino a un tetto di 8000 euro, per le società sportive dilettantistiche che vorranno inquadrare i loro atleti come professionisti, indipendentemente dal genere degli sportivi, secondo i parametri stabiliti dalla legge 91/1981. L’emendamento in questione non è assolutamente un via libera al professionismo femminile, non si può cantare vittoria né stappare champagne, poiché tutto dipende dalle singole federazioni e, di conseguenza, dai club sportivi: questi, infatti, decideranno in modo autonomo se modificare i singoli contratti oppure no, decideranno chi potrà usufruirne e chi no. Un emendamento che apre un piccolo “varco”, richiamando fortemente la poetica di Eugenio Montale, da cui si intravede una lieve luce per poi realizzare come, allo stesso tempo, sia fugace. Alessandro Marzoli è presidente Giba (giocatori italia-
ni basket associati) dal 2012, lotta continuamente per la tutela degli atleti, di entrambi i generi, attraverso un lavoro capillare e di mediazione tra istituzioni e giocatori. L’11 dicembre - spiega - è stato fatto un passo avanti rispetto alla possibilità di riconoscere formalmente un diritto sacrosanto: avere delle tutele da lavoratrici alle atlete, lavoratrici a tutti gli effetti ma che non sono considerate tali per la legge 91/1981. Oggi sussiste un grande problema che è quello della sostenibilità, non solo per il calcio ma per tutti gli sport femminili, se le regole fiscali sul contratto di lavoro rimanessero così come sono sarebbe molto difficile per la maggior parte delle società femminili portare avanti attività a livello professionistico. Questo però non può essere un alibi per non riconoscere a delle lavoratrici dello sport quelli che sono i diritti che tutte le lavoratrici hanno in Italia e che a loro, oggi, non sono garantiti: a partire dalla previdenza, in particolare i contributi Inps, ex Enpals, e un’assicurazione obbligatoria, non solo quella Inail, ma anche un’assicurazione specifica per gli sportivi, oltre al diritto
focus
alla maternità garantito dal fondo. Oggi questo emendamento è un ulteriore passo avanti che purtroppo di per sé non garantisce nulla ma che, sicuramente, mette sul tavolo uno strumento al servizio delle società che potrebbero vedersi di fatto riconosciuti quei contributi previdenziali che andrebbero a gravare molto sulle loro tasse almeno per i primi anni. L’idea è quella di rendere il sistema sostenibile ma se le federazioni e le leghe femminili non fanno un passo ulteriore, il rischio è che quell’emendamento resti solo un’opportunità mancata. Come dovrebbero comportarsi le federazioni? In primo luogo è necessario che le federazioni di appartenenza riconoscano che una categoria come l’A1 femminile è una categoria professionistica. Dopodiché i club sono obbligati a sottoscrivere dei contratti di lavoro sportivo. Oggi quello che può succedere è che le società, per motivi di tempo ed economici, facciano resistenza e che chiedano alle federazioni di non uscire dall’attuale regime dilettantistico che, da un punto di vista fiscale, consente loro di sostenere i costi attuali. C’è un tema che si incrocia a quello dell’emendamento, il tema di una terza tipologia contrattualistica che, a mio parere, viene chiamato in maniera impropria “semiprofessionismo”. Questa la si potrebbe incastonare con una fiscalità in una delle diverse tipologie contrattuali, un terzo genus come ipotizzava Gabriele Gravina (presidente Figc ndr), che dovrebbe arrivare con dei decreti attuativi in modo da avere una nuova possibilità che sia aggiuntiva rispetto alla legge 91. Perché oggi la legge 91, che è da riformare, non consente un’altra strada: o sei un lavoratore professionista oppure sei un lavorato-
re dilettante, che è agevolato dal punto di vista fiscale ma che non ha alcuna tutela. Dal momento in cui non c’è una legge che obblighi le società a dare tutele, queste non sentono quindi la responsabilità di doverle dare; ciò è gravissimo perché molte ragazze si trovano da un giorno all’altro non solo senza una copertura assicurativa, che non è obbligatoria al di là delle assicurazioni Sip, assicurazione base per le atlete, ma non c’è un’assicurazione sulla malattia. Per non parlare del Tfr, il fondo di un fine carriera: è impensabile come ragazze, che da quando hanno 18 anni firmano contratti da lavoratrici, dopo 15-18 anni di carriera non abbiano non solo contributi previdenziali, quindi dovrebbero ripartire da capo con i contributi pensionistici, ma non abbiano nemmeno un minimo Tfr che le vada ad aiutare in quel periodo di transizione; rispetto ad un’altra attività lavorativa, queste donne devono ricominciare da capo rispetto ad altre colleghe. È indispensabile una risposta chiara e potrebbe darla questa legge che è chiamata semiprofessionismo, proiettata verso il riconoscimento dei diritti per le donne come i colleghi maschi. Tutto sembra dimostrare come l’emendamento sia in realtà un palliativo e che sarebbe più importante modificare la legge 91/1981. Sicuramente l’emendamento ha un forte impatto simbolico-emotivo mettendo anche dei soldi a disposizione, ma se non c’è un obbligo quei soldi potrebbero rimanere lì, in attesa di tempi migliori perdendo magari una grande occasione. L’occasione oggi c’è con la possibilità, contenuta nella legge delega per il Legislatore, di fare un percorso, attraverso i decreti attuativi, che
L’EMENDAMENTO NANNICINI NON GARANTISCE CHE LE DONNE DIVENTINO PROFESSIONISTE, POICHÉ DIPENDE DALLE FEDERAZIONI E DALLE SOCIETÀ SPORTIVE
proietti le ragazze e i colleghi uomini non riconosciuti come professionisti, in un inquadramento giuslavoristico, magari nuovo, che si aggiunga a quello della legge 91 e che dia qualcosa in più rispetto a una situazione che oggi non è più sostenibile. Bene l’emendamento però serve qualcosa in più. Quelle risorse potevano essere messe a disposizione a sostegno di una nuova tipologia contrattuale, sostenuta da un investimento per rendere più sostenibile l’investimento delle società. Che lotte sostiene la Giba e come si muoverà la Fip? Con la Fip e il presidente Gianni Petrucci il discorso si è avviato da tempo, discutendo se verranno approvati i decreti attuativi della legge delega, poiché è attento e sensibile. Personalmente vorrei che fosse il custode e il garante di quell’esigenza che rappresentiamo, non solo come Giba, ma come tutto il movimento femminile, affinché la pallacanestro abbia quelle tutele che le ragazze meritano e che oggi non hanno. Oggi sicuramente la lotta principale è quella del riconoscimento di chi è considerato dilettante pur svolgendo esattamente la stessa tipologia lavorativa dei colleghi di A1 maschile. Insieme a questo, c’è un lavoro importante come Giba che è quello di affiancare, attraverso percorsi agevolati, borse di studio e convenzioni universitarie una carriera parallela perché, purtroppo, sono pochi quegli atleti e quelle atlete che possono vivere di pallacanestro e di sport per tutta la vita. Nel basket non ci sono stipendi alti che consentano di vivere di rendita. Però affiancare e dare strumenti, o coltivare passioni, permettono di avere una prospettiva anche a medio-lungo termine, poiché il rischio di interrompere la carriera per un in-
fortunio o per l’età c’è, quindi cerchiamo di sensibilizzare e supportare donne e uomini. Chiediamo una tutela medica e sanitaria adeguata a tutti i livelli, ci sono situazioni in cui non c’è una dovuta attenzione, delle volte si chiede addirittura alle ragazze di anticipare le spese, e avere almeno un contratto standard, una contrattazione collettiva perché una scrittura privata può essere diversa da società in società. Una necessità di chiarezza anche dal presidente Petrucci, che apre totalmente al professionismo femminile, consapevole che dipenda dalle scelte delle società femminili. L’emendamento Nannicini - commenta - non è una legge per il professionismo femminile nello sport, bensì un incentivo, un’agevolazione, per avvicinare lo sport femminile al professionismo. La Fip non è di principio contraria al professionismo. Già lo applica per la serie A maschile all’interno della legge 91. Il professionismo è un tema serio ed importante. Oggi, diversamente dal passato, ci sono le condizioni culturali e sociali per riflettere seriamente sulla materia e noi non ci sottraiamo. È nel potere delle federazioni optare per il professionismo, ma credo che debbano essere le società femminili, in questo caso, a scegliere e a dare indicazioni alla federazione. In definitiva e in concreto, sono i club a spendere i soldi per garantire le attività, cosa che la federazione rispetta mettendosi a disposizione delle loro scelte. Raffaella Masciadri, ex giocatrice plurititolata e capitana di Schio e della Nazionale, è la presidentessa della Commissione atleti del Coni e ritiene che l’emenda-
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focus mento sia un primo passo, non certo la soluzione. Tutto dipende infatti dalle federazioni e dalle società, quindi non è detto che le donne diventino professioniste. Esatto, - conferma - per questo motivo apprezzo l’iniziativa ma non mi unisco alle dichiarazioni trionfalistiche. Al di là degli sgravi contributivi, l’impianto normativo su cui si innesta l’emendamento rimane la legge 91. Questa è stata più volte giudicata anacronistica e non più rispondente alle realtà sportive del nuovo millennio, persino dal mondo del calcio che la chiese a gran voce. La qualificazione di “lavoratore sportivo” e la tutela previdenziale sono diritti che prescindono dalle volontà delle federazioni e dei club. Pertanto, va cercata quell’armonia che consenta ai sodalizi sportivi di continuare ad investire nello sport e agli operatori sportivi di avere le giuste tutele, indipendentemente dal genere di appartenenza o dalla disciplina sportiva dedicata. Come rispondi ai club che lamentano del costo e delle tempistiche di esonero? Che hanno ragione, se intendono perseguire un miglioramento del modello sportivo basato su interventi duraturi nel tempo, che tengano conto della specificità dello sport e del suo ruolo sociale, nonché della pari dignità e della reciproca soddisfazione per gli operatori sportivi e per i club. Sarebbe più importante modificare la legge 91. Infatti trovo molto più produttivo e democratico che siano tutti i rappresentanti del mondo sportivo a farsi parte attiva col Governo, che ricordo è chiamato ad attuare la legge delega anche sul professionismo e sul
ne di “dual career”. La nostra Commissione vuole essere parte attiva nei vari progetti di “doppia carriera”, per formare professionalmente ed accademicamente gli atleti mentre praticano ancora le proprie discipline sportive. Soltanto in questo modo le atlete e gli atleti saranno “appetibili” per il mercato del lavoro, al momento di dire addio alla carriera da sportivi. Il Coni è stato individuato dal Legislatore come “autorità competente” per le professioni sportive regolamentate di allenatore, maestro di scherma, preparatore atletico, dirigente sportivo, direttore tecnico sportivo, ufficiale di gara. Queste trovano reale sbocco occupazionale, che saprà assicurare dignità a chi le esercita, se verranno adottati correttivi auspicati dal Tavolo di lavoro del Coni. Cosa speri che cambi nel mondo dello sport? Il vero cambiamento del modello sportivo italiano sta nella continua ricerca della perfetta conformità. Parafrasando Cavour direi “Libero Coni in Libero Stato”, cioè riconoscimento della doverosa autonomia del massimo ente pubblico sportivo, che è il catalizzatore degli interessi di tutti gli organismi sportivi da esso riconosciuti, in un ambito di perfetta tracciabilità delle azioni intraprese e dell’utilizzo dei contributi pubblici. Sono tante le perplessità anche di Luisa Rizzitelli, presidentessa Assist. L’emendamento ha in sé del buono - commenta -. Tuttavia per noi di Assist non è una vittoria, ma soprattutto non è la direzione giusta, perché l’emendamento sta-
OGGI QUESTO EMENDAMENTO È UN ULTERIORE PASSO AVANTI CHE PURTROPPO DI PER SÉ NON GARANTISCE NULLA. È NECESSARIO MODIFICARE LA LEGGE 91/1981, PIÙ VOLTE GIUDICATA ANACRONISTICA lavoro sportivo. È molto interessante quanto sta emergendo dallo specifico Tavolo di lavoro costituito dal Consiglio nazionale del Coni, su impulso del presidente Malagò, dove stanno nascendo utili elementi di valutazione dai presidenti federali, dagli enti di promozione sportiva, ma soprattutto dai rappresentanti degli atleti e dei tecnici. Si sta formulando una proposta che preservi le disposizioni agevolative previste per i dilettanti coniugandole con le tutele previdenziali, senza aggiungere ulteriori oneri ai club e agli operatori sportivi. Le tue battaglie? Elevare di dignità le condizioni degli atleti che non sono oggi ricompresi nel professionismo elitario della legge 91, o che non vestono una divisa in seno ai gruppi sportivi delle Forze armate, di polizia e dei corpi dello Stato. Come donna, chiedo che le colleghe atlete siano tutte tutelate. Tale percorso di riconoscimento professionale e previdenziale va accompagnato da una efficace azio-
bilisce quali sono alcune delle discipline sportive che possono utilizzare questa agevolazione contributiva ed è esattamente quello che non vogliamo. Non vogliamo che a decidere quali siano le atlete e gli atleti professioniste siano i loro datori di lavoro, cioè le associazioni sportive e le federazioni. Da sempre chiediamo che vengano stabiliti dei criteri oggettivi, ovvero che cosa deve fare un lavoratore, donna o uomo, per essere definito professionista, e capire che cosa può fare per avere tutte le tutele elementari cui ha diritto. Quindi l’emendamento, per quanto abbia qualcosa di buono creando delle precondizioni nel dare un aiuto alle associazioni sportive che vogliono far emergere il professionismo, ha due cose che per noi non vanno bene: fa dei distinguo tra atlete di alcune discipline con altre e lascia ancora una volta alle associazioni sportive il compito di decidere quali siano le atlete che possono utilizzare il contributo e che quindi possono diventare professioniste.
ALESSANDRO MARZOLI È PRESIDENTE GIBA DA DICEMBRE 2012. È UN AVVOCATO SPECIALIZZATO IN DIRITTO SPORTIVO, SI OCCUPA DI TUTELARE I DIRITTI DEGLI ATLETI DI ENTRAMBI I GENERI.
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LA PASSIONE CESTISTICA DI SARA BOCCHETTI, CLASSE 1993 DI NAPOLI, È INIZIATA GUARDANDO LA PHARD. HA CONQUISTATO DUE SCUDETTI CON L’U14 E UNA “COPPA DEI CAMPIONI” GIOVANILE, OLTRE ALLA PARTECIPAZIONE ALLE UNIVERSIADI 2015.
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SOGNANDO LA NAZIONALE SARA BOCCHETTI È UNA GIOCATRICE VERACE, NON SOLO
PER L’INDOLE NAPOLETANA MA SOPRATTUTTO PER LA SUA VOGLIA DI CONQUISTARE VETTE SEMPRE PIÙ ALTE.
TRA TUTTE, QUELLA DI VESTIRE LA MAGLIA DELLA NAZIONALE MAGGIORE
di FRANCESCO VELLUZZI
i
modelli sono quelli giusti: “Diana Taurasi, innanzitut-
to. Poi Mery Andrade”. Da piccola sognava anche Larry Bird. Ma per arrivare al top Sara Bocchetti, napoletana di Marano, miglior marcatrice italiana del campionato con la maglia numero 14 della Pallacanestro Vigarano, ha dovuto faticare parecchio, passando, soprattutto, da una lunga e comprensibile sofferenza interiore. Oggi che segna a raffica contro qualsiasi difesa, ha un sogno assolutamente giustificato: “Vestire la maglia azzurra della Nazionale maggiore. Le giovanili le ho fatte tutte. Ma il desiderio è quello”. Quando ha visto le ultime convocazioni fatte da Andrea Capobianco, tornato alla guida delle ragazze dopo la parentesi con Marco Crespi, ci è rimasta male. E non ha fatto mistero. “Ci sono rimasta malissimo”. Ma quella delusione è stata uno stimolo per continuare a far meglio. E Sara, con la sua squadra, col suo club, fatto di ideali, valori, piccoli passi, sana provincia, pochi soldi, ha dato ancora di più. E ora anche Capobianco ci ha messo gli occhi: “Ci sia-
mo parlati, sì. Ci siamo sentiti al telefono e mi ha dato degli utili consigli su come lavorare e sulle cose sulle quali devo lavorare”.
ESTATE In effetti, Sara non ha mai smesso di lavorare.
D’inverno lo fa col club. D’estate a casa, in Campania col fidanzato Domenico (allenatore delle giovanili a Calvano e Cercola col quale sta da quattro anni), che immaginiamo sia particolarmente innamorato e paziente. Perché Bocchetti vuole diventare una numero uno e mentre le amiche vanno al mare, lei suda in palestra o al campetto. Con Domenico che “deve” allenarla... “Lo faccio da due estati e credo che il lavoro paghi. Voglio diventare una giocatrice completa. Dovevo aumentare l’esplosività. Io sono conosciuta perché so tirare, è vero. Ma non basta più. Perché quando cominciano a conoscerti bene, spesso non ti permettono più di tirare in libertà e allora bisogna diversificare, trovare delle alternative. Io ho cercato di migliorare in tutto, palleggio, uno contro uno, pe-
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DOPO UNA SOFFERTA PARENTESI ALLA DIKE NAPOLI, SARA È APPRODATA PRIMA A LA SPEZIA, POI TORINO E ORA A VIGARANO DOVE STA DANDO PROVA, FELICEMENTE, DI GRANDE ENERGIA E BRAVURA.
netrazione. Lavoro per quel che mi manca. L’importante è imparare a non dare punti di riferimento. Poi c’è l’attenzione difensiva, anche su questo aspetto ho lavorato e lavoro tanto. Durante la stagione col club in cui mi alleno, comunque, mattina e sera, cerco di andare al campo un po’ prima per curare altri aspetti”. A Vigarano la allena Marco Castoldi, ferrarese (Ferrara è a due passi da Vigarano), vice nella passata stagione, promosso capo allenatore. “Ci stiamo togliendo delle soddisfazioni. Abbiamo battuto Ragusa
nella settimana in cui la nostra straniera Breanna Bolden ci ha piantate in asso senza neppure avvertirci. Dopo la pausa delle Nazionali non è tornata a Vigarano, non ha avvisato nessuno. Insomma, non certo un bel comportamento. Nessuna se l’aspettava. Ora troveremo una sostituta. La società è piccola, ma molto ben organizzata, con un bel settore giovanile che ha prodotto le nostre giovani d’oro (vincitrici dell’Europeo Under 18 ndr) Gilli, Natali e Nativi. Qui tutti danno il massimo e cercano di darti tutto. Io vivo
con due mie compagne, Maria Miccoli e Alice Gregori. Ognuna cucina per conto proprio. Ma ci troviamo bene. Miccoli ha le sue fisse dietetiche, è fissata con le verdure, io e Alice siamo più da pasta e carne.... Alice mi dà maggiori soddisfazioni”. Anche perché per Sara il cibo è importante e le ricorda casa. “Quando i miei genitori vengono a trovarmi, mi portano polpette e cotolette. Ma sono le polpette al sugo della nonna che mi fanno impazzire, qualcosa di irrinunciabile. Le metto nel congelatore; ecco se devo scegliere
il mio piatto preferito, dico senza esitazioni polpette al sugo della nonna”.
SOFFERENZA Ma prima di trovare questa piacevole se-
renità in Emilia, Sara ha sofferto, pianto, macinato rabbia. E, forse, ha rallentato un minimo quella crescita che, ora, invece, è evidente e sotto gli occhi di tutti gli addetti ai lavori. Il salto, il prossimo anno, in una big del campionato, è, infatti, più che probabile. “Sono napoletana in tutto, adoro Napoli, amo Napoli,
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cover story sono cresciuta e ho giocato a Napoli. Sono diventata la capitana di quella squadra. Tutto è cominciato con mio fratello Marco, laureato in Farmacia, che ha un anno in più di me, è del ‘92. Ho pure una sorella del 2006, Benedetta. Mio papà, Raffaele, biologo, fa l’informatore farmaceutico, si occupa di vaccini. Giocava a calcio, difensore, nel Giugliano. Mia mamma Paola è casalinga. Mi sono innamorata del basket da bambina. Della Phard. Ho vinto due scudetti giovanili under 14 e pure una coppa dei Campioni under 14 in Russia, contro Mosca. Avevano già preparato la coppa col loro nome sicuri di essere vincitori. Non avevano fatto i conti con noi”. Per Sara Napoli è tutto: “ho la napoletanità impressa. Totale. Mi è rimasta la capacità di uscire col sorriso dalle situazioni difficili, la scaramanzia, la grande dignità. A volte in allenamento ho dei riti, se non faccio un tot di canestri per finire non vado via”. Lasciare Napoli è stato un dolore grande, immenso. Forte. “Mi fa male anche vedere che quella squadra non c’è più, che è stata gestita così. Il vecchio proprietario (che con lei umanamente non si è comportato proprio benissimo ndr) aveva deciso che io non rientravo più nei piani. Sono andata via e sono andata a La Spezia, d’accordo col mio procuratore Luigini. Ma il primo impatto fuori
natori a migliorarsi e completarsi. “In più ho sempre lavorato, come loro, d’estate con le Nazionali giovanili. Ho appreso da tutti, insomma. Ma l’esperienza più bella rimane quella alle Universiadi in Corea del Sud. Con Ricchini arrivammo seste”. L’Università continua per Sara. Quando non si allena, dorme o mangia... studia. “Ho la triennale in Scienze Motorie. Ora faccio la Magistrale nel corso di Scienze e Management dello sport alla Parthenope di Napoli. Quando posso cerco sempre di studiare. I nostri guadagni non sono così importanti, ma io da tempo non chiedo soldi ai miei e mi mantengo da sola cercando di far quadrare i conti. Finita la “difficile” esperienza con la Ypsilon, mi sono comprata una Nissan Micra rossa di cui vado molto fiera. Me la sono guadagnata, come tutte le cose e a Vigarano non me la toccano”. Sara sogna, sogna, sempre sogna. “Aiuta. Ho fame. E sogno, sognare dà sicuramente uno stimolo in più. E io non smetto mai. Vorrei giocare un giorno una coppa europea e lavoro per poter arrivare a competere in quel livello che mi rendo conto è decisamente alto. Ho seguito da ragazzina l’esempio di Andrade, era una guerriera, una vincente nata. Abbiamo vinto la coppa Italia nel 2014. Lei restava sempre in palestra e mi dava tantissimi consigli che ancora oggi
SOGNARE AIUTA, NE HO FAME. IO SOGNO, SOGNARE DÀ SICURAMENTE UNO STIMOLO IN PIÙ. E IO NON SMETTO MAI di casa è stato molto molto difficile. Non riuscivo ad esprimermi. Proprio non ce la facevo. Mi sentivo assolutamente fuori luogo. Lontana da tutto e da tutti. Il mio sogno si era infranto, quella Napoli di cui ero diventata capitana non c’era più e il ricordo era forte, come la ferita. Per me Napoli era un ideale. Così ho cambiato e sono andata a Torino e lì ho ripreso a carburare. Ho fatto i primi tre mesi, poi ho rinnovato. L’unico problema è che mi hanno rubato ben tre volte la mia Lancia Ypsilon, la ritrovavo ma senza qualche pezzo. Comunque, l’esperienza di Torino è stata utile, importante, fondamentale per riprendermi. Poi è arrivata la proposta di Vigarano, l’ho accettata e adesso sono veramente felice. Sappiamo di non poter vincere lo scudetto, ma puntiamo a migliorarci rispetto alla passata stagione in cui centrammo le finali di coppa Italia e arrivammo ai playoff uscendo subito contro Schio. Il Famila è ancora la squadra più forte e più esperta. E la società che ha mentalità migliore. Noi andiamo avanti, crescono le nostre giovani, non saprei scegliere una migliore tra Gilli, Natali e Nativi ma assisto ogni giorno ai loro progressi. Stanno trovando minuti importanti in A1 e sono tutte del 2002, significa che ancora devono compiere i 18 anni”.
CARRIERA E VITA Anche Sara ha imparato dai vari alle-
sono utilissimi per crescere e migliorarsi. La fame, la voglia di guadagnarti sempre qualcosa in più devi averla dentro. Io penso di averla”. Ce l’ha. A Vigarano ha ritrovato l’energia giusta per arrivare a 26 anni alla maturità giusta e allo step decisivo per spiccare il grande salto. “Credo che questa società si meriti qualcosa. Fanno di tutto per metterti nelle condizioni di rendere al meglio. E si vive bene, sei vicinissima a Ferrara, ma anche a Bologna”. Dove ora si respira nuovamente il grande basket con Virtus (ai vertici) e Fortitudo. Quel basket che Sara ama. “Una delle gioie più grandi della mia vita è stata andare a vedere le finali di Eurolega maschile a Belgrado. Mi piace, comunque, anche fare bei viaggi. Il mare ce l’ho a casa. Amo visitare le città. Ho visto Oslo, bellissima. Ora sogno l’Islanda e il Giappone. Sono i prossimi obiettivi”. Sara adora camminare e pensare. E, soprattutto, sognare. Il nuovo ct Andrea Capobianco ha accolto i suoi desideri e se Bocchetti, con la 14 di Vigarano, continuerà a segnare con la continuità di questo suo straordinario girone d’andata l’approdo al prossimo raduno della Nazionale sarà praticamente automatico. Come ignorare una ragazza che vive per migliorarsi e che, lavorando così tanto, è riuscita a diventare la miglior marcatrice italiana del campionato. “Io in Nazionale ci vado anche da sola...”. Ci andrà.
SARA BOCCHETTI, DOPO LA TRIENNALE IN SCIENZE MOTORIE, STA CONSEGUENDO LA MAGISTRALE IN SCIENZE E MANAGEMENT DELLO SPORT ALLA PARTHENOPE DI NAPOLI. FIDANZATA DA 4 ANNI CON DOMENICO, HA UN FRATELLO E UNA SORELLA.
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Vamos in Coppa
SPRINT DI FINE ANDATA PER I PRIMI 4 POSTI NEI DUE GIRONI: VALGONO IL BIGLIETTO PER LA COPPA ITALIA. ALLA VIGILIA DI NATALE L’HANNO GIÀ OTTENUTO MONCALIERI, CREMA E ALPO AL NORD, CAMPOBASSO E LA SPEZIA AL SUD. MA DICEMBRE HA OFFERTO ANCHE MOLTO ALTRO
di manuel beck
L
a noia non abita qui. Del resto, se un mese inizia con
un quadruplo overtime, s’intuisce che prometterà bene... E infatti l’A2 ha regalato un dicembre abbondante di scontri diretti, episodi, rimescolamenti di carte, con Faenza unica a realizzare un percorso netto (scriviamo dopo le partite del 22/12). Mancano due turni al giro di boa di fine andata, uno solo per chi ha anticipato lo scomodo turno a cavallo tra Natale e Capodanno. Resta qualche posto da assegnare per la Coppa Italia, primo obiettivo stagionale. Al Nord, le garanzie sono Moncalieri, Crema e, un gradino sotto, Alpo. Poi un lungo “serpentone” che si snoda dal 4° al 13° posto con sottili differenze di valori. C’è chi ha raccolto di più, come Carugate, e chi meno, ma non senza battere colpi occasionali, come Ponzano (che ha cambiato allenatore) e Sarcedo; chi sta risalendo come Milano e Mantova, e chi ha perso qualche posizione, vedi Bolzano, Castelnuovo, Udine.
Anche al Sud – ormai assorbita l’esclusione dell’Athena Roma, che costringe due squadre a riposare ogni settimana: non il massimo - si sta riducendo a tre squadre la lotta al vertice: Campobasso, Spezia, Faenza. Poi una fascia medio-alta col quartetto Umbertide-Valdarno-Cus Cagliari-Ariano Irpino, fra cui le prime due sembrano avere qualcosa di più a lungo termine. Seguono, quasi appaiate, Nico, Selargius, Civitanova e Virtus Cagliari nell’area critica fra il fondo della zona-playoff, la salvezza diretta e i playout. Prima della disamina squadra per squadra, uno sguardo alle classifiche individuali. Per media-punti capeggia Dzankic (Ponzano) con 17.8, davanti a Sorrentino (Civitanova) a 17.1 e a Bona (S.G. Valdarno), 16.7. Arraffa più rimbalzi di tutte la solita Toffolo (S. Martino), 12.6 a gara, seguita da Fabbri (Ariano) con 11.3 e Brunetti (Virtus Cagliari) con 11.1. Miglior assist-woman Porcu (Campobasso) a 6.9, distanziando Melchiori (Crema), 4.8, e Vespignani (Alpo), 4.5.
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al Nord // la striscia vincente di Crema sale a 10. Sarcedo sgambetta Moncalieri che però tiene il comando. Stabile Alpo, in ribasso Bolzano, ascesa di Carugate; risalgono S. Martino, Milano, Mantova. Non ingranano Vicenza e Marghera Akronos Moncalieri (12 vinte-1 persa): colpo in trasferta nel big match con Alpo (58-61): risolve un contropiede di Katshitshi, 12 punti e 14 rimbalzi. Poi conosce la prima sconfitta, dopo overtime a Sarcedo: non bastano le “doppie doppie” di Trucco e Grigoleit. Ma piega Bolzano per chiudere il mese ancora al comando solitario. In mezzo anche due vittorie agevoli su Marghera e Ponzano. Crema (11-2): un altro mese perfetto l’ha portata in doppia cifra di vittorie consecutive, confermandola come alternativa numero uno a Moncalieri. Il calendario era abbordabile ma il +14 a Bolzano e il prepotente 62-29 su Sarcedo sono di valore indiscusso. Solita profondità invidiabile; ha la difesa meno perforata del girone ed è l’unica in tutta l’A2 ad aver già superato le 100 triple a bersaglio. Ecodent Point Alpo (10-3): comincia male il mese, cadendo con Moncalieri (impresa sfiorata, in realtà) e Albino (passo falso, questo sì). Ma si riprende infilando una tripletta con Ponzano, Bolzano e S. Martino. Si è dovuta fermare Dell’Olio per acciacchi, è cresciuta la giovane Coser al fianco di Policari ormai stabilmente in doppia cifra. Resta buona terza ma per ora non è da vertice assoluto. Mapp Tools Carugate (8-4): irrompe in zona-Coppa Italia con un tris di vittorie dopo lo stop nel sentito derby con Milano. Giocate decisive di Diotti nelle volate con Marghera e Sarcedo (un canestro e una rubata, rispettivamente). Schieppati solita macchina da “doppie doppie”. Può crescere ancora quando le acciaccate di spicco, tra cui Maffenini, avranno ritrovato il top della condizione. BC Bolzano (8-5): in calo, con una sola vinta e 4 perse nel mese, ma il calendario era durissimo e ci sta un assestamento dopo un inizio oltre ogni attesa. Quelli con Crema, Alpo e Moncalieri non sono passi falsi, lo è invece lo stop in volata a Mantova. Notevole la prestazione con Milano (+21). Tre “ventelli” di fila per Fall, serie aperta; infortunio a Mingardo. Autosped Castelnuovo (7-5): solo 3 partite giocate nel periodo in questione, unica vittoria a Vicenza con 16+10 rimbalzi di Podrug. Le successive sconfitte con Udine e Mantova girano la freccia verso il basso: più difficile la corsa verso la Coppa. Ancora qualche guaio fisico per Corradini. Sarcedo (7-6): mese in saliscendi, più scendi che sali. Male a S. Martino, con 43 punti segnati, ancor peggio a Crema, dove ne fa 29 (contro 62). Poi il clamoroso colpo al supplementare sulla capolista Moncalieri (78-75 con 21 di Iannucci e 18 di Santarelli) ma non si conferma con Carugate, cedendo in volata (mancava Santarelli). Fanola S. Martino (6-6): gran tripletta su Sarcedo, Albino e Udine (Amabiglia sempre in doppia cifra) che
porta le giovani Lupe dentro la zona-playoff, nonostante la sconfitta prenatalizia con Alpo, netta ma ben poco influente nella tabella di marcia. Infortunio a Pasa. Fassi Albino (6-7): imprese a Sarcedo (con un rimbalzo in attacco convertito da Grudzien) e su Alpo, con 30 punti e 8/15 da 3 di Baiardo. Non trova poi lo stesso smalto nelle trasferte a S. Martino e a Milano: due stop con dirette rivali che al momento la collocano ai margini della zona-playoff. Delser Udine (5-7): in miglioramento, ma incostante. Interrompe a Marghera la serie di sconfitte (17 punti di Vente), e sfodera una gran prova offensiva, da 75 punti (dopo tanti bottini magri), sul campo di Castelnuovo, con 22 di Vicenzotti. Ma in casa “stecca” contro S. Martino e Ponzano. Ancora a metà del guado ma sembra avere buone chances di risalita, anche perché davanti non stanno correndo troppo... Il Ponte Milano (5-7): la vittoria esterna nel derby a Carugate (58-69), con 17 punti dell’ex Beretta, lancia la risalita, corroborata poi dai successi nitidi su Ponzano (25 di Cicic) e Albino (33 di valutazione per Quaroni). Unico passo falso a Bolzano ma ora è in corsa per i playoff. Due “ventelli” per Toffali; Guarneri in doppia cifra a rimbalzo da 7 partite di fila. Ponzano (4-9): la scossa del cambio d’allenatore, Nicolas Zanco al posto di Campagnolo, produce frutti nel colpo a Udine (58-63, Dzankic 17) che spezza una serie di 6 sconfitte, tra cui quella allo scadere con Albino. Da registrare la difesa, la più perforata del girone. Infortunata Zecchin. MantovAgricoltura (4-9): gran momento. Ha staccato la zona-retrocessione diretta invertendo il trend di 8 sconfitte di fila con 3 vittorie nelle ultime 4 gare, tra cui due colpi di spessore su Bolzano (51-50 con 5 punti decisivi in volata per l’ex Giordano) e su Castelnuovo, e il preziosissimo scontro diretto a Vicenza (21 di Monica). Le varie debuttanti in A2 hanno saputo alzare il proprio livello. Velcofin Vicenza (1-11): il ritorno di Aldo Corno al timone non si è tradotto in risultati finora: sconfitte con Castelnuovo, Carugate e Mantova, quest’ultima la più grave perché costa un ritardo di 6 punti sulla zona-playout. Non basta la crescita esponenziale di Beatrice Olajide: 23, 22 e 30 i suoi bottini nelle gare in questione. Marghera (0-12): sfiora ma non raccoglie. Sconfitte casalinghe in volata con Udine e Carugate (più nette ma inevitabili quelle con Moncalieri e Crema) la lasciano ancora al palo. Qualche spunto dalle più giovani si vede ma senza continuità tale da proporre riferimenti sicuri a fianco di Villarruel.
CECILIA ALBANO AL PRIMO ANNO A CASTELNUOVO, PER LEI 7 PUNTI E OLTRE 6 RIMBALZI DI MEDIA.
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SILVIA SARNI UNA VETERANA DELLA CATEGORIA, GUIDA LA SPEZIA AI VERTICI DELLA CLASSIFICA CON 12,2PT DI MEDIA.
Al Sud // arriva a 8 la serie positiva di Faenza. Campobasso cade con Umbertide (che ha inserito Gelfusa) ma si riprende lo scettro espugnando La Spezia. Reagisce Valdarno dopo la sconfitta al quadruplo overtime con il Cus Cagliari La Molisana Campobasso (10 vinte-1 persa): perde l’imbattibilità con Umbertide, pagando forse la ruggine per i due turni a riposo (non bastano 25 di Marangoni), ma reagisce da grande squadra sbancando il campo dell’inseguitrice Spezia (54-66, super-collettivo con 8 giocatrici fra i 6 e gli 11 punti). Più tranquille poi le vittorie su Selargius e BasketLab. CariSpezia (10-2): l’abbordaggio mancato alla capolista non impedisce di considerare dicembre un altro mese positivo per le liguri. Bene ad Ariano Irpino (58-70 con 27 di Packovski) e a Cagliari sponda-Cus (46-55, 17 di Templari e gran difesa: 26 punti concessi nei primi 30’), più agevole con Livorno arrivando a Natale in piena zona-Coppa Italia. E-Work Faenza (9-2): tre partite tre vittorie, e fanno 8 di fila all’attivo. Con prepotenza assoluta. Un +49 in casa della Virtus Cagliari (con 23 in 20’ per Soglia), un +41 a Civitanova segnandone 95 (Franceschelli 22), poi un più “normale” 71-60 sul Cus Cagliari, comunque significativo visto il valore dell’avversaria. La Bottega del Tartufo Umbertide (8-4): la grande impresa a Campobasso (67-77, già +16 all’intervallo; Kotnis 19 punti) nobilita un mese che ha portato altre 3 vittorie, su Nico, Livorno (all’overtime) e Virtus Cagliari, con 21 di Giudice. In mezzo solo una serataccia, contro Civitanova. Sotto canestro ha inserito la grande veterana Gelfusa (ferma dopo la scorsa stagione con l’Athena Roma) al posto di Giuseppone. Cus Cagliari (8-5): mantiene il ritmo da playoff. Epica la vittoria dopo 4 overtime su Valdarno, 94-91 con 38 di Striulli (vedi il dettaglio nel “Pink Mix” di questo numero). Incamera un derby a basso punteggio con Selargius, 3950, e piega in volata un’ostica Viterbo. Poi non riesce a impensierire Spezia e Faenza (Ljubenovic 25 contro le romagnole), ma si tratta di due avversarie di livello superiore. RR Retail S.G. Valdarno (7-4): si riprende bene dallo “shock” della sconfitta al quarto overtime col Cus Cagliari (27 con tripla doppia per Bona), strapazzando Civitanova (Bona 21), espugnando Ariano nel giorno del rientro di Rosset dopo oltre un mese; infine passando con autorità a Viterbo. All’interno di un organico che resta da primissimi posti è in crescita la lunga Egwoh. Farmacia del Tricolle Ariano I. (7-5): in flessione, complice un calendario difficile. Ben 5 partite in dicembre, ne perde 3. Contro Spezia non bastano 23 di Scibelli; vince il recupero con la Nico (21 di Zanetti); perde di nuovo in casa con Valdarno, si sfoga su BasketLab, +36, ma cade nel prenatalizio a Selargius. Esce quindi dalle prime 4 ma resta salda in zona-playoff. Nico Ponte Buggianese (5-6): solo 3 partite giocate nel
periodo. Tutto liscio con Livorno, male il recupero con Ariano (meno 26 dopo 30 minuti), resistenza solo per metà gara a Umbertide. Insomma un rendimento in linea con quello che ha nelle corde, almeno in questo momento, cioè lottare per l’ultimo biglietto-playoff o almeno la salvezza diretta. Selargius (5-7): ha chiuso nel migliore dei modi, con una vittoria su Ariano (70-56, Bungaite 15) un mese fin lì sofferto, con la doppia sconfitta nei derby contro le cagliaritane: -11 col Cus, nonostante il ritorno di Arioli dall’infortunio, -14 con la Virtus. Anche uno stop con Campobasso, certo più digeribile. Ci sembra avere i mezzi per fare qualcosa di più. Fe.Ba. Civitanova (5-7): esce in piedi da un calendario di fuoco, a parte la vittoria da pronostico su Viterbo, con 21 di Sorrentino e 19 di Paoletti. Incassa sì due “scoppole” da Valdarno e Faenza (-67 complessivo), ma si rialza sorprendendo Umbertide, una delle squadre più in ascesa. Gran prestazione, un 73-55 con un’immarcabile Sorrentino (36 punti, 12 falli subiti, 12/20 dal campo e 11/15 ai liberi). Virtus Surgical Cagliari (4-8): lotta per non arrendersi agli infortuni di Favento e Lussu. Ha inserito Giuseppone. Pesa nel bilancio il passo falso con Viterbo, nonostante 26+14 rimbalzi di Brunetti. Poi regola le “collegiali” di BasketLab, con altri 19 di Brunetti, e si esalta nel derby con Selargius (66-52 con Zolfanelli a 17). La sconfitta a Umbertide ci sta. Jolly Acli Livorno (2-9): difficile uscire dai bassifondi. Male in attacco nel derby toscano con la Nico. Ha inserito la lunga Vanin, una delle “profughe” dell’estromessa Athena Roma. Passa alla cassa nell’occasione abbordabile contro BasketLab, peraltro non senza sudare (49-41 con 18+13 rimbalzi di Tripalo), l’amarezza sta nel colpo sfumato all’overtime con Umbertide, nonostante 18+11 rimbalzi di Orsini. Belli 1967 Viterbo (2-9): più competitività ma spreme solo una vittoria, pur importante. È quella in volata sulla Virtus Cagliari: già decisiva la neo-arrivata lunga Cutrupi (altra “esodata” ex Athena) con 17 punti e 14 rimbalzi. A Civitanova perde contatto solo nell’ultimo quarto, col Cus Cagliari sfiora il colpaccio arrendendosi sul filo dopo aver comandato a lungo. HighSchool BasketLab (0-13): ha già terminato la sua andata, senza vittorie. Segnali, quelli sì: con le squadre di fascia medio-bassa ora se la gioca quasi alla pari. Con Livorno era a +11 dopo un quarto, cede solo nell’ultimo; con la Virtus Cagliari perde di 6 (Ronchi 22 punti), meno “trippa” contro Ariano e Campobasso ma è un livello diverso.
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ERICA CAROLINA SANCHEZ, CLASSE 1976 DI MENDOZA, Ã&#x2C6; APPRODATA IN ITALIA A CAVALLO DEL 2000, A 14 ANNI, NELLE FILE DEL PALERMO PER POI GIOCARE A PRIOLO, CON CUI HA VINTO LO SCUDETTO.
primo piano
FUOCO ARGENTINo A QUASI 44 ANNI, CAROLINA SANCHEZ È ANCORA IN CAMPO PER RITROVARE LA SERIE A1 CON CAMPOBASSO. ALLE SPALLE, 19 ANNI DI NAZIONALE, 3
MONDIALI, 3 CAMPIONATI AMERICANI, 6 CAMPIONATI SUDAMERICANI E UNA LUNGA CARRIERA DA PROFESSIONISTA INIZIATA A 14 ANNI IN ITALIA
Di CHIARA BORZÍ
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arolina Sanchez non ha ancora voglia di appende-
re le scarpette al chiodo. La cestista argentina, nazionale dal 1997 al 2014, a 43 anni continua la sua lunga carriera italiana giocando per la Magnolia Campobasso. Il traguardo per l’attuale capolista del girone Sud è dichiarato: puntare al salto di categoria nella massima serie. “La promozione è un obiettivo troppo bello da raggiungere prima di smettere di giocare – ammette sorridendo. Gioco in un campionato molto differente da quelli vissuti in passato in Italia, perché il livello non è alto come dieci anni fa, ma l’economia è cambiata e questo influenza anche il livello della competizione. In A1 con Priolo avevo delle compagne straniere veramente allucinanti! Ho vinto con loro uno scudetto negli anni in cui davvero era difficile prevedere chi lo avrebbe conquistato, e in un periodo in cui il campionato italiano era probabilmente uno dei più forti in Europa. Oggi in A2 con Campobasso stiamo giocando un campionato molto lungo e in cui
ho il compito di aiutare la squadra mettendo a disposizione la mia esperienza. Tutte conosciamo i nostri obiettivi a Campobasso. Il mio compito a 43 anni è spingere le mie compagne, al di là del minutaggio in campo che può essere di due o cinque minuti. Conquistare l’A1 sarebbe davvero un epilogo bellissimo della mia carriera”.
Alle porte del 2020, la Sanchez porta con sé l’attacca-
mento alla pallacanestro a cavallo degli anni ’90 e il 2000. Una pallacanestro che prevedeva ancora lunghi allenamenti, grandi sacrifici, obiettivi da raggiungere mettendosi completamente a disposizione e in gioco. Caratteristiche che Carolina Sanchez ha imparato a fare proprie già in Nazionale, con la camiseta argentina cucita addosso per diciannove anni. “La nostra Nazionale è cambiata tanto – spiega dopo tre mondiali alle spalle - ho vissuto il periodo in cui la convocazione era tutto. In campo lasciavi il cuore, giocare per il tuo paese era la cosa più importante,
primo piano
spesso a discapito del denaro che oggi sembra invece aver preso molto spazio. Questo cambiamento è avvenuto quando avevo 25-30 anni. Nel 2014 ho iniziato a giocare con compagne più giovani e ho notato le differenze nelle priorità. Il valore di una giocatrice non si dimostra a priori vestendo la maglia della Nazionale, ma dal modo in cui la giocatrice tiene a indossare la maglia. Personalmente ho dato il cuore e, se potessi, starei ancora lì. So però che serve il ricambio generazionale, ma credo che il nostro di ricambio sia stato poco fortunato: mancano giocatrici che mettono il cuore e il lavoro della Nazionale stesso è cambiato”.
Tra i ricordi degli anni in albiceleste c’è anche il rapporto con la Nazionale maschile.
“Non sono ancora riuscita a veder giocare Luis Scola a Milano - scherza Carolina Sanchez. Con lui e Ginobili abbiamo dato vita ai migliori anni della pallacanestro argentina. Per noi erano un esempio nonostante fossero qualche anno più piccoli, e tutti insieme sapevamo di essere una generazione molto forte. Per la Nazionale femminile forse quel periodo è stato più brutto; ai ragazzi era riservata più attenzione, quindi quando noi andavamo al mondiale non avevamo lo stesso seguito. Loro erano stelle in NBA, erano pagati, mentre alcune delle mie compagne vestivano la maglia senza alcun ritorno economico. Alcune lasciavano il lavoro per giocare il mondiale, altre i figli, altre ancora sacrificavano lo studio, solo poche vivevano di pallacanestro”.
CAROLINA SANCHEZ, DAL MESE DI GIUGNO, VESTE LA MAGLIA DELLA MAGNOLIA CAMPOBASSO, MILITANDO IN SERIE A2, CON IL COMPITO SOPRATTUTTO DI SPINGERE LE COMPAGNE A DARE IL MASSIMO.
Storie che non sembrano estemporanee neanche oggi, in
Italia, fresca di approvazione di nuove norme sul professionismo nel settore femminile. “È giusto che l’Italia abbia delle regole in questo senso, è un bene che si stia adeguando. Sono qui da quando ho 14 anni e sono tornata in Argentina solo nel periodo in cui è morto mio padre. L’Italia mi ha dato tutto, è il primo paese che mi ha ospitata e dove ho giocato per la prima volta in A2 con Palermo. Rimangono compagne di squadra che sono state importanti, come Iris Ferazzoli, che è come una sorella. Abbiamo vinto uno scudetto insieme a Priolo e in Argentina dividevamo casa a Buenos Aires, anche se giocavamo contro. A lei non è piaciuto mai perdere, per questo quando non vinceva in casa non si poteva quasi parlare! Con lei ho impa-
rato cose necessarie per arrivare lontano – racconta. Era una pazza, non finiva la giornata se prima non faceva cinque allenamenti. Tornando a oggi, a Campobasso sono anche allenatrice di una squadra giovanile maschile U13 e credo sia davvero un momento bellissimo vedere questi ragazzi passare dal minibasket a basket. Con la società stiamo anche lavorando per portare in città giovani giocatrici per creare un buon settore giovanile. Ho portato due ragazze, una dall’Ecuador e una dall’Argentina, che potranno iniziare gli anni di formazione per diventare italiane. La città è piccolina ed è difficile trovare solo ragazze del posto. Campobasso avrà bisogno nei prossimi tre anni di persone in grado di lavorare bene per farla arrivare in alto, per costruire una bella realtà di pallacanestro femminile”.
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ALESSANDRA CALASTRI HA GIOCATO IN A CON SANGA MILANO, GEAS E CARUGATE. NEL 2013 HA SCOPERTO IL BASKIN GRAZIE A COACH PINOTTI VINCENDO DUE TITOLI CON IL SANGA.
altri mondi
GIOCATE A BASKIN
INTEGRAZIONE, SCOPERTA, DIVERTIMENTO. PAROLE CHIAVE CHE POSSONO PERÒ SOLO DESCRIVERE PARZIALMENTE LA BELLEZZA DEL BASKIN. DISCIPLINA AFFASCINANTE CHE PERMETTE AZIONE ED INTERAZIONE SPORTIVA, IN UNA NUOVA DIMENSIONE DEL BASKET, TRA NORMODOTATI E DISABILI
Di MARCO TAMINELLI
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i guidano in questo viaggio nel mondo del Baskin Ales-
sandra Calastri e Giulia Cigoli, giocatrici ed ora ambasciatrici di questo sport. Entrambe infatti sono grandi appassionate di basket con carriere ed esperienze diverse. Per Alessandra tanta A2 (Sanga Milano, Geas e Carugate in particolare) con anche una stagione nella massima serie per il centro milanese. Una stagione in A3 (a Bergamo), ma soprattutto serie B, per Giulia, Fiorenzuola, Pontevico e Cremona (dove ha avuto anche un ruolo di assistente nella Cremonese Basket per la squadra under 18), con la grande soddisfazione della convocazione per l’All Star Game lombardo.
LA SCOPERTA DI UNA NUOVA DISCIPLINA Poi la scoperta del
baskin come racconta Calastri: “Ho iniziato a giocare a baskin intorno al 2013 e sono venuta a conoscenza di questo sport grazie a Franz Pinotti che, in quell’anno, era il mio allenatore di basket nel Sanga Milano. Determinante anche la presenza di Roberto
Anzivino, in quella stagione coach della squadra di baskin dello stesso Sanga. Mi è piaciuta subito questa disciplina perché è uno sport inclusivo dove tutti gli atleti, con o senza disabilità, possono esprimersi al meglio delle loro capacità e sono tutti fondamentali per un buon gioco di squadra dentro ma soprattutto fuori dal campo, dove si impara a conoscersi, comunicare, condividere e creare legami forti”. Percorso diverso ma stessi concetti ribaditi con forza da Cigoli: “Il baskin non lo conoscevo anche se ne avevo sentito parlare perché Cremona è città e cuore del baskin. Alcuni amici, giocatori di basket, mi hanno invitata a provare questa esperienza. Inizialmente ero titubante ma ho rapidamente acquisito confidenza. Determinante è stato osservare l’entusiasmo dei ragazzi disabili che mi ha convinta a continuare. Ho incontrato un sano agonismo, una bellissima atmosfera che ti fa vivere l’allenamento in serenità”.
EMOZIONI E TECNICA Sport con regole all’apparenza
altri mondi complesse ma che diventano da subito piacevoli e coinvolgenti, come spiega Calastri: “Le regole del gioco sono numerose, prevedono in generale degli adattamenti del campo da basket (2 aree piccole in più laterali con doppio canestro per ognuna, uso di palloni da minibasket n.5 ed, in alcuni casi, di palloni di altre dimensioni/peso per il tiro dei giocatori nelle aree piccole ndr). Si gioca in 6 per squadra, i ruoli vanno dall’1 al 5 e per ogni ruolo ci sono delle regole e delle competenze motorie specifiche dove ogni giocatore avrà un avversario diretto dello stesso livello. In alcuni momenti di gioco, alcuni atleti possono diventare tutor ed assistere i propri compagni con disabilità nel tiro o nel compiere determinati movimenti”. Parte tecnica che non può essere disgiunta da quella squisitamente emotiva, che genera una straordinaria empatia e coinvolgimento tra tutti i protagonisti, come racconta Cigoli: “Tutto l’ambiente dentro e fuori il baskin è stimolante e bello da vivere. Atleti, dirigenti, organizzatori, genitori e pubblico contribuiscono con generosità ed entusiasmo a condividere impegno e soddisfazione con tutti i ragazzi disabili. Un fattore determinante, bello, stimolante e che ti dà gioia ogni volta che vai in palestra, durante una competizione oppure anche solo prima o dopo una partita. Spiegare a volte questo tipo di emozioni a chi non ha vissuto
dalla mia esperienza cestistica, sia per la proposta di alcuni esercizi in allenamento, ma anche nella lettura di alcune situazioni di gioco in partita. Faccio tesoro anche della mia professione lavorativa, fisioterapista, per comunicare nel modo più corretto sia dal punto di vista verbale che motorio, in base alle capacità del singolo giocatore. Certamente i risultati positivi sono dovuti anche alla collaborazione e agli interventi degli altri allenatori in squadra con me. È la quintessenza di uno sport di squadra, dove tutti contribuiscono alla buona riuscita del gioco attraverso un vero lavoro collettivo. A tutto questo va aggiunta la soddisfazione che ogni allenamento è un’emozione indescrivibile. Grazie al legame che si crea tra tutti, ed alla forza che mi viene trasmessa dai miei compagni con disabilità che mi dimostrano, continuamente, quanto la volontà e la determinazione facciano superare ogni tipo di ostacolo”.
L’ESPERIENZA E LE GIOIE DELLE FINALI NAZIONALI Non man-
ca quindi anche la sana competizione e la voglia di contribuire ad un successo sportivo. Entrambe campionesse d’Italia baskin (due volte con il Sanga per Calastri e, nell’ultima stagione, con la Fadigati Cremona per Cigoli), le due giocatrici ci raccontano anche l’adrenalina delle finali nazionali. Così Cigoli: “Tantissime le emozioni provate in questa esperien-
IL BASKIN CREA LEGAMI TRA TUTTI DANDO UNA FORZA CHE VIENE TRASMESSA ANCHE DAI COMPAGNI CON DISABILITÀ CHE DIMOSTRANO, CONTINUAMENTE, QUANTO LA VOLONTÀ E LA DETERMINAZIONE FACCIANO SUPERARE OGNI TIPO DI OSTACOLO l’esperienza baskin può sembrare forse riduttiva o comunque limitativa. Bisogna invitare le persone a vivere l’esperienza baskin. Per condividerne la partecipazione, prendendo parte proprio allo “spettacolo” del baskin anche da semplici spettatori. Perché credo che di questo si tratti, di un vero e proprio spettacolo di amicizia e solidarietà. Un connubio, a mio parere, straordinario e dove nulla può essere più coinvolgente”.
COMUNICAZIONE E SPIRITO DI SQUADRA Comunicazione, emo-
zioni ma anche tecnica e tensioni da partite vere vissute in un’atmosfera particolare nell’analisi accurata di Calastri: “Da 3 anni sono allenatrice/giocatrice e durante gli allenamenti cerco di proporre degli esercizi che possano includere tutti nel gioco, preparando gli atleti a quelle che possono essere le varie situazioni in una partita. Sicuramente attingo spesso
za con il baskin. Mi piace provare a ricordarle tutte perché ogni volta è una bellissima, nuova, sensazione. Difficile fare una selezione tra i momenti più belli ed intensi ma ricordo con grande piacere sicuramente la finale provinciale che abbiamo vinto nel 2015, che ci ha dato la possibilità di partecipare alle finali nazionali di Rho. Poi sicuramente le finali provinciali, entrambe vinte, nel 2018 e 2019. Il coronamento di tutto questo, ovviamente, la partecipazione alle finali nazionali di Cremona di quest’anno che ci hanno portato allo splendido successo di diventare campioni d’Italia”. “È straordinario vivere l’emozione vincente – conferma Calastri – durante le finali nazionali di baskin. Sicuramente i due trofei che abbiamo vinto sono stati l’apice delle sensazioni più forti di questo percorso. Belle vittorie che sono frutto di impegno ma anche di tanto divertimento. Meravigliosi risultati sportivi ottenuti anche attraverso
GIULIA CIGOLI HA GIOCATO IN A3, CON BERGAMO, E IN SERIE B, OLTRE ALLA CONVOCAZIONE NELLâ&#x20AC;&#x2122;ALL STAR GAME LOMBARDO. HA SCOPERTO IL BASKIN A CREMONA GRAZIE AD ALCUNI AMICI GIOCATORI E NEL 2019 HA VINTO IL PRIMO TITOLO.
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altri mondi
la determinante e preziosissima collaborazione, ad esempio, degli altri allenatori in squadra con me. A cui va aggiunto il lavoro svolto in modo appassionato da un giovane dirigente come Davide Motta. Senza dimenticare il sostegno, l’entusiasmo, la presenza dei genitori degli atleti”.
IL MESSAGGIO BASKIN ED IL SOGNO Baskin che genera entu-
siasmo e coinvolgimento in chi lo pratica, ma anche in chi lo segue da semplice appassionato. Famiglie,
società sportive, giocatrici e giocatori che possono fare da testimonial ad uno sport in crescita e che mandano un messaggio tanto semplice quanto di rara intensità. Il “sogno” per Cigoli e Calastri è proprio quello di farlo diventare ancora più grande e conosciuto attraverso l’invito a partecipare al baskin stesso, ed ovviamente di farlo conoscere ed apprezzare sempre di più. “Il mio sogno per il prossimo futuro– racconta emozionata Cigoli - è che il baskin si diffonda, diventi sempre più conosciuto e popolare.
A GIUGNO 2019, IL TEAM BASKET FADIGATI DI CREMONA HA OTTENUTO, AL PALARADI, IL TITOLO DI CAMPIONE D’ITALIA VINCENDO SU BOLOGNA 67-55.
Per provare ad inviare questo splendido messaggio chiamato baskin servirebbe, a mio parere, un maggiore coinvolgimento delle scuole. Far conoscere ai giovani studenti, ma anche ai loro genitori, agli insegnanti ed ai dirigenti scolastici, quale mondo ricco di emozioni nasconda una disciplina come il baskin. Determinante sarebbe anche la possibilità di attivare di più tutte le società sportive, ma anche le istituzioni, attraverso iniziative mirate che facciano da promozione, volano e sponsor emotivo al nostro sport.
E quando parlo di società sportive mi riferisco anche a quelle extra basket, un lavoro su ogni territorio che ci possa consentire di parlare di baskin e divulgarne il messaggio in modo sempre più capillare”. “Perché il baskin – chiosa Calastri – ti consente di praticare una disciplina davvero inclusiva. Uno sport che aiuta a far crescere tutti, è una scuola di vita che ti insegna a capire che nessuno ha dei limiti, ma che è fondamentale l’aiuto di tutti per raggiungere un successo comune”.
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MABÃ&#x2C6;L BOCCHI, 26 MAGGIO 1953, HA VINTO CON IL GEAS 8 SCUDETTI E 1 COPPA DEI CAMPIONI. NEL 2014 HA RICEVUTO IL PREMIO REVERBERI ALLA CARRIERA.
storie
DIVINA MABÉL RACCONTACI “HO SEMPRE AMATO LE COSE BELLE, DAGLI UOMINI AI VESTITI”.
BOCCHI È ANCORA OGGI LA NUMERO 1, CON CATARINA POLLINI. “IL MIO VERO TALENTO ERA IL BASKET, FINITO DI GIOCARE NIENTE ALTRO MI HA COSÌ COINVOLTO”. SALVO LA POLITICA, I DIRITTI DELLE DONNE SPORTIVE, ZANDALASINI...
di GIULIA ARTURI
M
abél Bocchi ci risponde dal terrazzo della sua casa a
San Nicola Arcella, vicino Scalea, in provincia di Cosenza. Ogni volta che apre le finestre può godere di una vista impareggiabile: l’Isola di Dino, il blu del mar Tirreno, i tramonti rosso fuoco. Il buon ritiro. Per la precisione siamo sulla cima del Villaggio del Bridge, che fu costruito oltre 30 anni fa con l’intento di raccogliere bridgisti da tutto il mondo perché potessero giocare e insieme godere di una natura spettacolare. Papà Aldo era istruttore di bridge, il fratello Norberto è tuttora professionista tra i migliori del mondo. Tra le sue piante e fiori curatissimi, gli otto gatti e i due cani, Mabél (con l’accento rigorosamente sulla e, alla spagnola: la mamma era argentina) ci racconta della sua vita di adesso e di quella passata: “Qui per me agosto è invivibile, troppa gente. È questa la stagione che preferisco, quando nel villaggio rimaniamo solo in otto, mia sorella Ambra compresa”. Per chi si ricorda la Mabél televisiva, dalle mille acconciature vistose,
la star vulcanica e appariscente, questa esternazione potrebbe provocare uno shock. Sembra quasi ci siano due Bocchi: quella con la personalità da capopopolo, che è stata anche in politica, nel consiglio comunale di Sesto San Giovanni, e quella che ama la vita appartata: “Quando facevo la leader ero ancora un’atleta in attività e le due cose erano strettamente collegate: una passione trascinava l’altra. In seguito, questo profondo coinvolgimento non l’ho sentito per nient’altro: né per il giornalismo, la televisione, le pubbliche relazioni, tutte cose che ho fatto solo per vivere. La Mabél più vera è quella di adesso, che però è anche un po’ la conseguenza dell’estrema visibilità di allora. Sono stata esposta fin troppo, in un ambiente extra campo che è stata la mia fortuna, ma che in realtà non ho mai amato”.
Chiusa la carriera agonistica è stata per tanti anni volto
della Domenica Sportiva e giornalista. “Ma il mio vero talento era il basket. Come giornalista ero una delle
storie
COSA INSEGNEREI AD UN’ALAPIVOT DI OGGI? A PRENDERE DAVVERO POSIZIONE SPALLE A CANESTRO, VEDERE DECISIONE E FORZA FACILITA TUTTO. MA AL PRIMO POSTO METTEREI LA DIFESA, PERCHÉ È QUESTO ASPETTO CHE TI DÀ LA CONNOTAZIONE DI UNA GIOCATRICE CHE GIOCA PER LA SQUADRA”.
tante, e la verità è che non ho mai amato molto i giornalisti, in pochi mi hanno entusiasmato”. Lei, talmente diversa da tutto quello visto prima da meritarsi il soprannome di “Divina”, e Catarina Pollini sono state le “più” di un secolo di pallacanestro femminile in Italia: “Ripenso spesso alla mia carriera. Quello che sono oggi, gli amici, gli uomini, tutto ciò che ho, a partire dalla casa, lo devo al basket. Era il mio mondo, e tuttora l’aver fatto sport di squadra continua ad avere un impatto sulla mia vita, insieme all’impegno politico di sinistra”.
avanti, questo emendamento è un primo passo”.
Mabél, negli anni 70, fu una delle prime atlete che si
Che Mabél abbia un carattere forte lo si capisce dalla fermezza con cui ha sempre sostenuto le sue idee. La sua tenacia e risoluzione sui temi sociali erano le stesse che portava in campo, tanto da essere considerata di non facile gestione, soprattutto per gli allenatori. “Con le mie compagne mi sono sempre comportata bene: altruista e pronta a mettermi al servizio della squadra. Ma se incrociavo qualche ‘stupido’ in panchina, non sempre riuscivo a controllarmi e dicevo quello che pensavo. Certo potevo farlo più di altre: ero forte e pochi se la sentivano di entrare in conflitto aperto con
espose per combattere la lunga e ancora oggi attuale battaglia per rivendicare i diritti delle donne, delle sportive in particolare. “All’epoca non si parlava di professionismo. Si lottava per cose oggi scontate, ma che allora non lo erano affatto. La diaria, l’assicurazione sanitaria, il diritto di avere medico e massaggiatore al seguito. Le disparità erano ancora più evidenti, la diaria in particolare era lontana dall’essere equiparata. Mi beccai una squalifica dalla Federazione per le rivendicazioni che portavo avanti, perché alla fine la
Un altro tema che sta a cuore a Mabél è lo ius soli sportivo. “Dal
20 gennaio 2016 in Italia esiste una legge che permette ai minori stranieri di essere tesserati presso le federazioni sportive italiane. Ma pochi mesi fa la squadra campana Tam Tam, composta solo da figli di immigrati africani, ha dovuto far ricorso al Tar per essere ammessa ad un campionato nazionale. Anche in questo caso si chieda allo sport di fare da apripista, di guardare al futuro”.
Lo sport deve fare da apripista, deve guardare al futuro. Dalle mie battaglie sono stati fatti tanti passi avanti. squadra si tirò indietro e fui io che mi esposi per tutte. La mia battaglia era pubblica, spesso ero invitata a convegni, facevo la suffragetta dello sport. Era difficile coinvolgere tante persone, spero che oggi le atlete siano più emancipate e vincenti. Allora sembrava parlassi arabo: nella società quei discorsi già si facevano, ma il mondo dello sport non aveva la stessa velocità nel mettersi al passo con i tempi”.
me, diciamo che avevo il coltello dalla parte del manico! C’è da dire che poi in campo ci ammazzavamo e nessuna di noi si permetteva di avere atteggiamenti negativi. Sono sicura di non aver mai ‘sbuffato’ dopo un cambio e con gli allenatori non mi permettevo di dire niente nel corso della partita. Se avevo qualcosa da chiarire, lo facevo in spogliatoio o in settimana durante gli allenamenti”.
Non confondete una vita ritirata con un disinteresse nei confronti del mondo: gli aspetti politici e sociali dello sport continuano ad appassionare Mabél, oggi come allora: “Alcuni giorni fa è stato approvato l’emendamento sul professionismo femminile: molto importante, finalmente riconosce la parità tra uomini e donne che è scritta nella Costituzione, articolo 3. Non si può andare avanti a rimborsi spese senza che ci siano delle vere tutele dal punto di vista medico, assicurativo, previdenziale, contrattuale. Questi diritti dovrebbero essere sacrosanti. La speranza è che dopo i primi tre anni, in cui è stato previsto un fondo statale per il versamento dei contributi, si troverà un modo di rendere sostenibile il sistema. È vero, le società sicuramente faranno fatica, fanno fatica adesso, figuriamoci. Le atlete però lavorano quanto gli atleti: è un impegno pregnante. E poi a fine carriera? Bisogna guardare
La Divina era una forza della natura fisicamente e tecnica-
mente, un’ala pivot mobile, che guardava già al basket del futuro. Con il grande Geas ha vinto 8 scudetti e la prima storica coppa dei Campioni “Le partite che mi sono rimaste nel cuore? La finale di Nizza nel 1978 con il Geas: centrammo il successo cogliendo un’occasione irripetibile, quando eravamo al massimo della nostra forza. In Nazionale direi i Mondiali 1975 a Cali, in Colombia, quando ero proprio al top sia tecnicamente che fisicamente”. E pensare che c’è mancato poco che l’atletica ci soffiasse il suo talento: “Facevo l’Isef, avevo come insegnante Sandro Calvesi, un grandissimo allenatore di atletica. Mi disse di provare a fare qualcosa, vedeva del potenziale, e così iniziai con il salto in alto. Mi riusciva bene, ma con il basket era un problema tra guai fisici e impegni, dovevo fare tutto di nascosto dal Geas! Ad un certo punto, quando mi chiesero di
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storie
scegliere, fu la pallacanestro ad averla vinta. Ma ero brava, feci il record regionale nonostante non avessi minimamente idea della tecnica corretta. Non potevo dedicare tempo ad allenarmi, quindi andavo un po’ a casaccio mentre tutte le mie avversarie contavano i passi, erano precise e preparate: io semplicemente prendevo la rincorsa e saltavo. Tant’è che una volta l’atterraggio sul materassone non frenò il mio slancio e travolsi il tavolo e l’ombrellone della giuria, che crollò addosso ai giudici (risata)”.
Lei che delle Nazionale è stata un perno (113 presenze, mi-
glior realizzatrice ai Mondiali di Cali, un bronzo agli Europei di Cagliari nel 1974) è rimasta sempre lega-
ta all’azzurro: “Le Nazionali le seguo sempre, guardo con entusiasmo Zandalasini, veramente un grandissimo talento. Ma i risultati stentano ad arrivare, mentre vedo che a livello giovanile otteniamo dei piazzamenti molto importanti. Speriamo che tra qualche anno si raccolgano i frutti, guai a perdere per strada quelle ragazze”. Ti dico qualche parola e tu mi dici come le hai vissute o le vivi. I colpi duri in partita? “Bene, l’importante era che fossero, tra virgolette, corretti. Non che mi trattenessero per la maglia o mi pestassero il piede mentre tagliavo, per chiarire”. La discoteca?
MABEL CON DAN PETERSON E LA STORICA COMPAGNA ROSI BOZZOLO, ENTRAMBE INTRODOTTE NELLA HALL OF FAME. CON LA MAGLIA DELLA NAZIONALE LA BOCCHI HA COLLEZIONATO 113 PRESENZE, SEGNANDO 984 PUNTI. È STATA LA MIGLIOR REALIZZATRICE DEI MONDIALI DI CALI DEL 1975 ED HA VINTO UN BRONZO AGLI EUROPEI DI CAGLIARI DEL 1974.
“Male. Non ci sono mai andata mentre giocavo. Ho frequentato poi per qualche tempo, nel mio momento della Milano by night, una famosa discoteca degli anni 80, il Nepentha, ma ho capito che era una tappa che avevo fatto bene a saltare. Fatti 5, 6 mesi poi non ci ho mai più messo piede”. La fede? “Sono molto spirituale, ma non credo nella chiesa, anche se amo molto Papa Francesco. Purtroppo, non ho la fede, sono una persona molto razionale e ogni cosa devo analizzarla, ho molte più risposte da karma e reincarnazione che in qualche modo mi aiutano a spiegare e superare le brutture di questo mondo, sperando in un miglioramento in un’altra vita”.
Tornando ad argomenti più terreni: gli abiti belli? “Quelli mi piacciono sempre. Anche se vesto molto sportiva, jeans e maglietta, le cose belle mi attirano ancora parecchio. Ai tempi quando lavoravo in televisione cercavo i capi firmati. Ora quelli non mi interessano più, anzi li evito. Insomma, amo tutto ciò che è bello, dagli uomini ai vestiti!”. Come vivi la situazione politica attuale? “La seguo e la vivo con grande passione. È una delle poche cose che mi fa gioire e arrabbiare di brutto”. L’amicizia? “Fondamentale, anche più dell’amore perché quella vera è disinteressata. Secondo me è la cosa che arricchisce di più in assoluto”.
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serie A1 lutto serie A2 COSÌ DICEMBRE ADDIO A FERRARA CHE MARATONA! L’ultimo mese di A1 ha fatto la selezione al comando: dal poker di fine novembre alla coppia Ragusa-Schio che ha preso due punti di margine su Venezia (battuta 85-76 dalle tricolori nel big match dell’1/12), mentre ha perso terreno S. Martino, sconfitta e scavalcata da Lucca, ormai non più sorpresa ma conferma. A metà classifica, il Geas sembra avere qualcosa più delle altre, mentre è in risalita Broni, corsara a Sesto e a S. Martino. In basso, solo Battipaglia, ancora a zero, è staccata, le altre sono spalla-a-spalla, con Palermo che ha battuto Costa ma ha perso con Bologna, a sua volta sconfitta da Torino. Altri due gravi infortuni: Pastrello (Lucca) e Madonna (Empoli), per entrambe al crociato. Movimenti: Ciabattoni da Schio a Battipaglia, da cui è partita Tagliamento per Ragusa; Bologna ha ingaggiato l’americana Harrison, Vigarano ha preso Kinard da Torino, dove arriva un’altra Usa, Jade Walker.
Maurizio Ferrara, 56 anni, siciliano “doc”, storico vice allenatore della Virtus Eirene Ragusa, è scomparso a inizio dicembre per una rapida e incurabile malattia. Così lo ha ricordato il suo head-coach Gianni Recupido: “Ci lascia un grande amico, una grandissima persona. L’intero ambiente cestistico ha espresso il suo cordoglio, e questo dimostra più di tante parole quale fosse il suo spessore e quanto fosse benvoluto. La massima aspirazione degli uomini è quella di lasciare un buon ricordo di sé, e in questo Maurizio è stato straordinario”. Dopo i funerali del 6 dicembre, Il pubblico ragusano lo ha onorato con calore e commozione alla prima partita casalinga disputata, il 18 contro Torino. Ma anche nella precedente trasferta della Passalacqua a San Martino si è svolta una commemorazione congiunta da parte delle due squadre.
Quando il Cus Cagliari, sul +2 a 30” dalla fine del match del 30/11 contro S. Giovanni Valdarno, ha avuto con Ljubenovic la tripla per chiudere la partita, non sapeva che sbagliandola avrebbe innescato una serie infinita di eventi. O meglio: poi è finita, ma solo dopo 4 supplementari (il record rimane ai cinque di Castel S. Pietro-La Spezia, 4 anni fa), con la vittoria delle sarde per 94-91. In mezzo, “di tutto di più”: Manfrè che pareggia per le toscane, su assist di Calamai, allo scadere del 40’; botta-e-risposta fra Striulli e Bona e ancora pari al 45’; idem tra Niola e Calamai nel secondo overtime; entrata fallita da Missanelli allo scadere del terzo. C’era il rischio di arrivare al quinto, ma Striulli ha coronato la sua prova da 38 punti in 59 minuti rubando palla sul +2 e sigillando con un libero. Per Bona 27 punti, 18 rimbalzi, 17 falli subiti e 46 di valutazione in 58’.
ADDIO MAURIZIO CI HA LASCIATI MAURIZIO FERRARA, STORICO VICE ALLENATORE DI RAGUSA, ANCHE PINK BASKET È VICINO AGLI AMICI SICILIANI IN QUESTO MOMENTO DI DOLORE.
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eurolega nazionale GIOVANILI SCHIO SECONDA SOTTANA VS PEA EVENTI DELLE FESTE
Stabili nelle rispettive zone di classifica le due italiane in Eurolega. Alla pausa di fine 2019, Schio è seconda con 5 vinte-3 perse nel suo equilibrato girone, dietro il Fenerbahce di Zandalasini (autrice, nel frattempo, del canestro decisivo nel derby con il Galatasaray in campionato turco); ancora imbattuto in casa, il Famila ha rotto il ghiaccio in trasferta con un +27 a Gdynia nell’ultimo turno. La debuttante Venezia è terzultima con 2 vinte-6 perse. Fa notizia il record appena stabilito dal talento lituano Jocyte per l’esordio più precoce nella storia della competizione: 2 minuti in campo per lei con la maglia di Lione, contro Girona, a 14 anni e 29 giorni. In Eurocup è terminata la prima fase: il Flammes Carolo di Giorgia Sottana ha chiuso in testa al suo girone. Da gennaio la fase a eliminazione diretta, in cui dal terzo turno confluiranno 4 eliminate dall’Eurolega.
Polemica prenatalizia. Claudio Pea, giornalista di lungo corso, ha scritto sul suo blog il 21 dicembre, parlando della Nazionale: “la capitana Giorgia Sottana, a nome di tutta la squadra italiana, ha detto chiaro e tondo a Petrucci, e in faccia ad Andrea Capobianco, che sono scontente del ritorno del vecchio cittì, perché è sempre impegnato in mille altre faccende e non ha mai tempo per loro e tanto meno per preparare come si deve una partita di qualificazione agli Europei”. La diretta interessata ha replicato l’indomani definendo “distorto, falso e tendenzioso” il modo in cui Pea ha riportato la riunione realmente avvenuta con Petrucci: “C’è stato uno scambio di idee e pensieri con il solo scopo di fare qualcosa di buono per la nostra Nazionale”. Sottana smentisce che le giocatrici si siano dichiarate scontente di Capobianco e chiude, rivolgendosi a Pea: “La sua fonte, se era interna, alla prossima riunione deve stare più attenta”.
Programma ricco di eventi giovanili tra fine dicembre e inizio gennaio. Il 30/12, come già dicevamo nel numero scorso, si disputa a Bologna il primo turno della Next Gen Cup, il torneo fra squadre-top U18 della Lega Basket maschile, da quest’anno aperto anche alle ragazze. Le sfide: S. Martino-Mirabello (Vigarano); Geas-BasketLab; Costa-Cuneo; La Spezia-Venezia. Le selezioni regionali U14 (8 partecipanti) saranno di scena a Rimini dal 3 al 6/1 per il trofeo Fabbri. Tra i tornei giovanili per club, spicca la quarta edizione del “Mare di Roma Trophy”, organizzato dall’Alfa Omega Ostia, con 12 squadre U16 fra le migliori d’Italia. Nell’ambito delle Nazionali, si è disputato a fine novembre il torneo di Porec, in Croazia, per rappresentative U15 (cioè U16 nella stagione in arrivo), vinto dalle azzurre di Lucchesi per classifica avulsa sulle padrone di casa e la Slovenia, tutte a 2 vinte-1 persa.
GIORGIA SOTTANA AL CENTRO DELLA POLEMICA, QUI CON LA MAGLIA DEL FLAMMES CAROLO CON CUI STA FACENDO BENE IN EUROCUP.
HSBL
SARA RONCHI Di Giancarlo Migliola “Sara è un prototipo di giocatrice moderna: atleticamente valida, esterna multidimensionale, tiratrice d’angolo, cosa non frequente nel panorama giovanile. Tutto ciò è la prospettiva e parte dell’attualità. Ha un’etica di lavoro solida e generosa, mai arida nell’impegno. È una ragazza che sta conoscendo da ben presto, troppo presto gli ostacoli della vita. Li affronta con la sensibilità di una giovanissima che si conquista nel quotidiano una forza crescente senza disconoscere paure e difficoltà. È un percorso ruvido, il suo; ed il basket è la sua benzina più pulita e miracolosamente disintossicante”. Parole e musica di Giovanni Lucchesi, che di Sara Ronchi è l’allenatore da tre anni nell’ambito di High School BasketLab, il progetto federale che prevede un raduno collegiale permanente all’Acqua Acetosa di Roma di un gruppo di atlete che vanno dal 2003 al 2005 (Savatteri unica eccezione, è del 2001). La lombarda Sara è uno dei punti di forza della squadra che quest’anno si sta confrontando col campionato di A2 Femminile, girone Sud. Esterna prolifica e moderna, che qualche mese fa ha giocato anche l’Europeo Under 16 chiuso al quinto posto, con relativa qualificazione al prossimo Mondiale U17. Come ti sei avvicinata alla pallacanestro? A 9 anni mi capitava di andare a vedere diverse partite di una mia amica. Un giorno mancava una giocatrice e allora l’allenatore chiese se c’era qualche ragazza disposta a scendere in campo. La mia amica indicò me. Io ero un po’ scioccata, pensavo che non mi avrebbero fatto entrare e invece quando mancavano cinque minuti alla fine sono riuscita anche a segnare i primi 2 punti della mia vita. Perché la pallacanestro? C’è stato un periodo nel quale praticavo sia atletica che basket, poi i miei genitori mi chiesero di scegliere. Ho scelto il Basket perché è uno sport di squadra, per conoscere e confrontarmi con i ragazzi della mia età. E anche perché molte persone mi volevano convincere che fosse uno sport da uomini. Io invece penso che l’unica cosa che conta nello sport sia la passione, nient’altro. Il più bel complimento ricevuto. “Sei un diamante”. Mi è stato detto due anni fa dopo una partita ed è una frase che mi è rimasta molto impressa. Me la dissero per convincermi a riflettere sulle mia potenzialità inespresse. Sei stata tra le protagoniste dell’ultimo Europeo Under 16. Nessuno pensava che con quella squadra potessimo arrivare quinte. Qualcuno aveva paura che potessimo retrocedere, così noi ci siamo guardate negli occhi e abbiamo messo in campo tutto quello che avevamo. Prima abbiamo superato la temutissima Germania e poi nella finale per il quinto posto col Belgio, squadra che avevamo già incontrato all’EYOF (Festival olimpico giovanile europeo, ndr) e ci aveva battuto due volte, non ci siamo fatte sfuggire l’occasione. Tra pochi mesi il Mondiale, l’opportunità di confrontarsi con le giocatrici più forti del mondo. Ho davanti a me sei mesi per migliorare, vorrei sfruttarli al meglio per arrivare al Mondiale più pronta possibile. Questo sarà possibile grazie anche al campionato di A2 che sto giocando quest’anno e che mi sta facendo assumere una visione di gioco molto più ampia. L’emozione che provi indossando la Maglia Azzurra Per me è un bel peso sulle spalle perché so di rappresentare tutte quelle ragazze che non ce l’hanno fatta, ma che allo stesso tempo guardano con passione tutte le partite.
SARA RONCHI, CLASSE 2003, MILITA CON L’HSBL IN A2. HA OTTENUTO IL QUINTO POSTO ALL’EUROPEO U16 E SI È QUALIFICATA AL MONDIALE U17. IL SUO SOGNO SONO LE OLIMPIADI.
Quest’anno affrontate l’A2, sfida molto impegnativa. Sappiamo perfettamente che questo campionato è difficile ma allo stesso tempo siamo sicure che sia molto formativo perché il livello delle partite è più alto rispetto a quello dei tornei giovanili. Ogni partita ci permette di migliorare. Nelle ultime giornate siete rimaste in partita fino all’ultimo minuto. In cosa state crescendo? Il miglioramento più evidente sta nella capacità di non subire i momenti di difficoltà, che in quasi tutte le partite si attraversano, ma di andare avanti affrontandoli a viso aperto per provare a superarli. Chiudi gli occhi e sogna. Cosa vedi? I miei sogni non partono se chiudo gli occhi, ma dalla musica che spesso mi fa riflettere molto. Quando viaggio mi metto le cuffie, guardo un po’ fuori dal finestrino e lascio scorrere tutti i pensieri brutti. A volte quelli belli me li scrivo. Il più grande è quello delle Olimpiadi. Avendo partecipato all’EYOF ho immaginato le emozioni dei Giochi Olimpici. Riuscire ad andarci sarebbe un traguardo enorme.
XMAS PARTY WILLIAMS E OROSZOVA (GEAS) DURANTE I FESTEGGIAMENTI NATALIZI, MA È GIÀ ORA DI TORNARE IN CAMPO.
NATALE IN FAMIGLIA Di Linda Moranzoni - STAFF PSICOSPORT Niente pausa per il basket femminile nel periodo natalizio. Le ragazze della Serie A saranno in campo anche nelle due settimane che per tutti significano casa, cenone e soprattutto famiglia. Sarà un Natale di allenamenti e partite per le ragazze delle serie maggiori, che brinderanno alle feste sui parquet con compagne e coach. Basketball never stops! E quest’anno è proprio il caso di dirlo. Nel periodo che per eccellenza viene identificato con l’idea di famiglia e riposo, le nostre eroiche protagoniste della pallacanestro che conta non si fermeranno praticamente mai. Tra un allenamento e l’altro, le più fortunate che giocano vicino a casa riusciranno a fare una scappata dalle loro famiglie. Per molte, invece, l’unica famiglia vicina potrà essere solo la squadra, le compagne, gli allenatori e tutto lo staff che ruota intorno a loro. Nelle dichiarazioni si legge spesso: “questa squadra è un ottimo gruppo”. Ma non sta scritto da nessuna parte che in una squadra ci si debba voler bene per forza e passare le vacanze di Natale insieme! L’importante è che in campo playmaker e pivot dialoghino in pick’n’roll e parlino in difesa. La squadra infatti è sì un gruppo, ma di persone con un obiettivo comune dichiarato in cui le risorse di ognuno vengono unite in nome del collettivo, per raggiungere un traguardo. In alcuni casi, tuttavia, le relazioni consolidate tra i giocatori possono essere la marcia in più verso il raggiungimento del risultato. A differenza dei gruppi spontanei in cui sono gli affetti a costruire i legami, nel team è l’obiettivo sovraordinato che determina la formazione del gruppo e poi ne consolida la struttura. In una situazione come la nostra, una squadra affiatata prevalentemente sul campo saprà stringere i denti superando le difficoltà della lontananza da casa, solo se gli obiettivi dichiarati sono condivisi e sentiti da tutti i componenti. Sta alla sensibilità del coach di vigilare sulla motivazione delle ragazze in questi periodi critici. Una buona soluzione è variare i carichi di lavoro, prestando più attenzione del solito alla dimensione ludica degli allenamenti per recuperare il piacere del gioco e del divertimento puro. Prendiamo questa insolita full immersion di allenamenti e partite come una gradita di occasione per compattarsi ulteriormente…Un team building d’inizio inverno in vista di un girone di ritorno da affrontare tutto d’un fiato!
Questa rubrica è tenuta da Psicosport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.
GUARDIA E LADRI
SECRET-SANTA’S RULES a.k.a. “come organizzare un Babbo Natale segreto” Di Susanna Toffali Partire con anticipo Così come per i regali di Natale, lo studio e qualunque altro aspetto procrastinabile della vita, tu e le tue compagne passerete tutto l’anno a ripetervi che si, quest’anno ce la farete ad organizzare la pesca dei bigliettini con ragionevole anticipo. E no, nemmeno quest’anno riuscirete a concretizzare i vostri buoni propositi. Lato positivo: trovandovi tutte e dodici da Tiger il pomeriggio prima della data designata per la consegna dei regali, sarà molto facile organizzare un aperitivo tutte insieme. I bigliettini La stesura dei bigliettini nominali sembra un compito semplice, ma non bisogna farsi cogliere impreparati. Vi sono regole ben precise, approvate dalla C.B.N.S. (Commissione Babbo Natale Segreto), che prevedono l’utilizzo di carta rigorosamente strappata da un quaderno, inchiostro blu del pennarello da lavagnetta del vice allenatore e, come urna ufficiale, berretto Carharrt. La scelta Nonostante la pesca della fortunata destinataria sia del tutto casuale, è fondamentale impegnarsi al massimo e convogliare tutte le proprie energie mentali al fine di scegliere il bigliettino corretto. Perché sicuramente ti capiterà la persona con cui litighi sempre in allenamento, quella che proprio non tolleri o quella che conosci meno. O, molto più probabilmente, tutte e tre le cose insieme. La segretezza Chiamandosi “Babbo Natale SEGRETO”, la riservatezza dovrebbe essere una prerogativa fondamentale. Tuttavia, c’è chi non ha ancora assimilato questo difficile concetto e, forse in cerca di suggerimenti per il dono perfetto, forse curiosa di scoprire tutti gli accoppiamenti, porge innumerevoli domande alle compagne, in pieno stile parenti al pranzo di Natale. In questo caso vige la celebre legge darwiniana della sopravvivenza: mentire. L’indiscreta persona si troverà così confusa dal proliferare di versioni incongruenti che probabilmente si scorderà del povero destinatario del suo regalo. La creatività Conoscendo il destinatario, teoricamente la “missione regalo” dovrebbe risultare abbastanza semplice, basata sulla ricerca di un pensiero ad hoc per la persona pescata. Teoricamente, perché in realtà il giorno dello scambio, si verranno in ogni caso a creare due ecosistemi opposti: da una parte, chi avrà ricevuto doni “su misura”, calibrati sui propri interessi o sulle proprie passioni, e dall’altra la sagra del “non sapevo cosa prenderti”, in un tripudio di sciarpe, pigiami, coperte, calze antiscivolo e berretti di lana con le paillettes. E proprio lì, esattamente tra questi ultimi, si troverà il regalo con il tuo nome.
*Susanna Toffali #0: Studentessa di scienze motorie presso il Sanga Basket e giocatrice dell’Università Statale di Milano... O probabilmente il contrario.
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