N.19 MAGGIO 2020
IN QUESTO NUMERO // SUMMERS OF ZANDA // TUTTI I COLORI DI CECILIA // CATERINA DOTTO: CHE VOGLIA DI TORNARE // PINK DREAM TEAM // SCHIEPPATI: REGINA DI CUORI // L’IMPRESA DI PRIOLO // PROTANI: SAFETY FIRST // PAGELLONE DI FINE ANNO // BAR SPORT 2.0
MAGGIO 2020
N.19
in questo numero 1 EDITORIALE
Sogno o son desta?
3 inside a1
Che voglia di tornare
9 Focus
Summers of Zanda
15 DREAM TEAM 00/20 17 cover story
Tutti i colori di Cecilia
23 Primo piano
Regina di cuori
29 altri mondi Safety first
33 storie
L’impresa di Priolo
39 PALLA E PSICHE
Bar Sport 2.0
40 guardia e ladri
Pagellone di fine anno
DIRETTO DA Silvia Gottardi REDAZIONE Silvia Gottardi,
Manuel Beck, Giulia Arturi, Eduardo Lubrano, Chiara Borzì, Bibi Velluzzi, Susanna Toffali, Alice Buffoni
PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal
INFOGRAFICA Federica Pozzecco IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal
FOTO DI Marco Brioschi,
Matteo Marchi, Giovanni Cassarino, Ciamillo/Castoria, Archivio FIP, FIBA
editoriale
SOGNO O SON DESTA? di silvia gottardi
Ekaterinburg ha vinto la sua terza Eurolega di fila, Griner il premio di MVP. Onestamente ce lo aspettavamo un po’ tutti, ma quello che ha fatto piacere è stato vedere Zandalasini in una finale di Eurolega con il suo Fenerbahce. Zanda ha giocato ad un livello stellare: i 23pt messi a referto in finale confermano che si è meritata il miglior quintetto di Eurolega. Peccato per il risultato... Ma Eka è ancora di un’altra categoria. Ora aspettiamo con ansia di vedere cosa saprà fare la nostra superstar quest’estate oltre oceano. Clamoroso finale di stagione per la Reyer! Grazie ad una cavalcata senza errori nei playoff di Eurocup e ad una scatenata Anderson nella serie finale contro Kursk si è portata a casa il suo primo trofeo europeo femminile. Ma non finisce qui, perché le lagunari sono riuscite ad acciuffare in extremis anche il primo posto in campionato, guadagnandosi così il fattore campo nella finale. Macchi ha dichiarato: “Se vinciamo anche lo scudetto mi ritiro”. Ma chi le crede... Altrettanto incredibile è però l’eliminazione del Famila (vittorioso in Coppa Italia) in semifinale ad opera di una scatenata Ragusa, anche se a onor di cronaca va detto che il misterioso virus che ha messo KO Gruda per ben 3 partite ha sicuramente inciso sul risultato finale. Ma si sa, i virus sono delle brutte bestie! Venezia e Ragusa comunque ci stanno facendo davvero divertire, in una serie che da subito non ha risparmiato colpi di scena. Dopo aver perso nettamente Gara1, Ragusa è riuscita a rialzarsi e a vincere le due successive, strappando il fattore campo a Venezia. Già questa sera, davanti al loro pubblico, le aquile biancoverdi potranno provare a portare a casa quello che sarebbe il primo storico tricolore per Ragusa. Mancano ancora parecchie ore alla palla a due, ma il Pala Minardi è già tutto esaurito... Sarà dura per Venezia. Drin, Driiiin. Spengo la sveglia, è ora di alzarsi. I sogni lasciano il posto allo smart working, al distanziamento sociale e alla mascherina. Per fortuna però ora le Società possono riprendere, con le dovute precauzioni, nuovamente a lavorare in palestra. Questo è l’ultimo numero della stagione di Pink Basket. Ho voluto divertirmi un po’ immaginando il finale che non abbiamo potuto vivere sul campo. Speriamo, a breve, di poterci di nuovo tutti ritrovare nei palazzetti, senza più bisogno di sognare! PS: Non me ne abbiano gli amici di Schio per averli esclusi dalla Finale, ne hanno giocate così tante che per una volta ho pensato di farli riposare ;)
CATERINA DOTTO PADOVANA, CLASSE 1993, CRESCIUTA NEL VIVAIO DI S. MARTINO DI LUPARI A CUI È TORNATA NELLA STAGIONE 2018/19. UN INFORTUNIO AL GINOCCHIO LA TIENE AI BOX DA OTTOBRE 2018.
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Che voglia di tornare L’ULTIMA PARTITA DI CATERINA DOTTO IN CAMPIONATO RISALE ALL’OTTOBRE 2018. DA ALLORA – TRANNE LA PARENTESI A EUROBASKET 2019 – PER LEI UN LUNGO CALVARIO, NON ANCORA RISOLTO. CI RACCONTA LA SUA DETERMINAZIONE A RIALZARSI, LA SUA CARRIERA, IL RAPPORTO CON LA GEMELLA FRANCESCA
Di Manuel Beck
“M
a quando torna Caterina Dotto?”: una delle do-
mande più ricorrenti fra gli appassionati del femminile, ormai da troppo tempo. La playmaker di San Martino di Lupari, classe ’93, non gioca in campionato dal 28 ottobre 2018, quando si ruppe un legamento crociato a Battipaglia. Era la quarta giornata di una stagione in cui Caterina era partita fortissimo: 16 punti di media, miglior marcatrice italiana di A1. Per la verità, lei era tornata eccome: in azzurro, all’Eurobasket in Serbia, giugno 2019. Sembrava dunque naturale ritrovarla al via della stagione 2019/20, sempre a S. Martino. Invece, per lei solo presenze in panchina, ad incitare le compagne, senza mai mettere piede in campo. Curiosamente, il prossimo campionato – se inizierà in autunno – dovrà fare a meno di entrambe le gemelle Dotto: Francesca, play di Schio, è stata appena operata all’anca. Ma qui parliamo con Caterina, della sua voglia di tornare in campo e di tanti altri argomenti.
Caterina, cos’è successo tra la fine dell’Europeo e il precampionato con S. Martino, quando ti sei dovuta fermare di nuovo? “È difficile darvi una risposta certa, perché la questione è ancora oggetto di valutazione medico-legale. Purtroppo, l’unico dato sicuro è che le cose non sono andate come speravo e come ci si attendeva secondo la casistica medica. E, dopo vari tentativi basati su soluzioni meno invasive, ho dovuto affrontare un nuovo intervento che mi terrà fuori per altri 6-8 mesi.” Ci spiace davvero. Ma tu come hai vissuto questo continuo allungarsi dei tempi? “Gestire psicologicamente questa fase e queste incertezze nel recupero non è stato semplice. Ma adesso sono davvero fiduciosa di aver imboccato la strada giusta e guardo al futuro con una nuova determinazione e un altro spirito: so che dovrò di nuovo affrontare il percorso riabilitativo e tutti i sacrifici che ne derivano,
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ma non vedo l’ora di tornare di nuovo in campo alla fine di tutto.” È un periodo difficile per tutti, visto lo stop a tempo indeterminato per l’emergenza-Covid 19 (solo adesso, a fine maggio, si comincia a tornare in palestra per sedute individuali). Come hai trascorso i due mesi di quarantena? “Sono state pesanti soprattutto le prime due settimane: un periodo di adattamento alla nuova situazione. Ne ho approfittato per scrivere la tesi e studiare per l’esame di Stato in Fisioterapia, che sosterrò presumibilmente ad ottobre. Sono fortunata perché ho un po’ di giardino dietro casa, che ho utilizzato per allenarmi e rilassarmi prendendo il sole durante le belle giornate. Ho sfruttato la situazione per condividere più tempo col mio ragazzo, col quale convivo. Dal punto di vista sociale, ho sentito molto la mancanza di parenti e amici”.
Ma sei anche riuscita ad esercitarti con la palla, in qualche modo? “Sì, mi sono fatta spedire a casa un canestro regolamentare per tirare un po’ e sentire meno la mancanza del basket...” Parlando di S. Martino, come valuti la stagione delle Lupe? Le carte sembravano in regola per raggiungere un’altra semifinale: l’interruzione è arrivata con voi al quarto posto. “Sì, la stagione prometteva bene. Il recente arrivo di Gwathmey aveva dato un’arma in più alla squadra (con Ostarello diventata utilizzabile da italiana, ndr): una giocatrice talentuosa, competitiva e trascinatrice. Si sarebbero potute vedere belle sorprese da parte nostra in Coppa Italia e anche nei playoff, confermando il risultato dell’anno scorso, appunto la semifinale, e provando anche a sognare qualcosa in più”.
EUROBASKET 2019 CATERINA È PARTE DELLA SPEDIZIONE AZZURRA IN SERBIA, GIUGNO 2019. PER LEI È IL RITORNO IN CAMPO DOPO L’INFORTUNIO AL GINOCCHIO.
Apriamo il capitolo-Nazionale: che cosa ti rimane dell’Eurobasket dello scorso anno? Più soddisfazione per aver partecipato al tuo primo grande evento in Nazionale maggiore, oppure più delusione perché l’Italia non ha raggiunto gli obiettivi? “La prima emozione che provo ripensando all’Europeo, devo ammetterlo, è un misto di delusione e tristezza riguardo al risultato finale. Sono certa che si potesse fare meglio. Personalmente, il mio è stato un percorso formativo, che mi ha dato tanto. C’era gioia e felicità nel tornare in campo, a maggior ragione a quel livello. Il periodo insieme al gruppo nel raduno di preparazione, condividendo tutto ciò che ne consegue, è stato esaltante. Così come la possibilità di vedere da vicino le giocatrici migliori d’Europa e trarre spunto dal loro gioco”. Hai avuto un rapporto molto buono con l’allora c.t. Crespi. Secondo te, quali caratteristiche tue erano
apprezzate da lui e che cosa piaceva a te del suo metodo? “Credo che gli siano piaciute la mia dedizione e la mia intensità di gioco. Di lui io apprezzo la sua passione e la sua dedizione, che arrivano a livelli estremi. Inoltre ha un entusiasmo incredibile, che cerca sempre di trasmettere a tutta la squadra, staff compreso”. Nel tuo passato azzurro ci sono anche 4 Europei giovanili, con una medaglia d’argento nel 2013, insieme a tua sorella. “Il primo Europeo era U16 e si giocava a Napoli. Ricordo ancora con amarezza la partita dei quarti di finale contro la Russia, persa per un soffio. Purtroppo poi ci siamo scoraggiate, perdendo anche la finale 5°-6° posto, che valeva l’accesso ai Mondiali U17. Poi ho giocato altri due Europei, U18 e U20, senza grandi risultati. Il fallimento però ci ha fatto imparare la lezione, tanto
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inside A1 che abbiamo conquistato la medaglia d’argento all’ultimo Europeo U20. Una grandissima soddisfazione!” L’altra perla della tua carriera giovanile risale al 2010, quando tu e Francesca avete vinto lo scudetto U17 con S. Martino e siete state inserite entrambe nel quintetto ideale delle finali. “Un bellissimo ricordo! Una stagione straordinaria, con una squadra molto affiatata, meravigliosa. Non eravamo le favorite, ma la nostra determinazione ci ha permesso di conquistare il tricolore. Io e Francesca quell’anno giocavamo già a Roma con il College Italia, quindi non ci siamo mai allenate con le ragazze di S. Martino, che sono state bravissime a integrarci velocemente”. Hai citato il College, dove infatti, sempre con tua sorella, hai vissuto e giocato per due stagioni (200911). Di quell’esperienza a Roma che cosa hai apprezzato e che cosa, eventualmente, meno? “Una scelta che rifarei sempre, se me lo chiedessero. Andare via di casa a 16 anni ti responsabilizza molto. Vivere a stretto contatto con le compagne, gioire nei
www.pinkbasket.it/magazine). Come descriveresti il vostro rapporto come sorelle, come compagne di squadra e come avversarie? “Il rapporto da sorelle l’avete capito da quello che ho appena detto. Come compagne di squadra è fantastico sapere che hai sempre una persona pronta a sostenerti e di cui ti fidi ciecamente. Inoltre, essendo molto competitive, in allenamento ci motiviamo a vicenda, spingendoci sempre oltre la comfort zone e sfidandoci. Da avversarie invece la cosa diventa problematica perché sai che la tua vittoria rende triste la tua gemella, ma non puoi accettare di perdere, a maggiore ragione contro di lei”. Quali allenatori e compagne sono stati più importanti per te nelle esperienze in A1 a Faenza, Umbertide, Venezia e ovviamente San Martino? “Fra i coach, Lollo Serventi, con cui sono cresciuta molto dal punto di vista tecnico e col quale ho avuto scontri accesi... Inoltre Larry Abignente, che nelle poche partite giocate con lui a S. Martino mi ha dato tantissima fiducia e responsabilità. Per quanto riguarda le compagne, a Faenza vivevo con Martina Crippa, una ragazza d’oro, silenziosa ma sempre presente, in tutto. Di Um-
«Gestire psicologicamente le incertezze del recupero non è stato semplice. Ma adesso sono fiduciosa e guardo al futuro con una nuova determinazione». momenti felici e piangere in quelli tristi, sempre assieme, fa crescere dal punto di vista umano, non solo sportivo. Avevamo a disposizione un ambiente fatto su misura, che soddisfaceva qualsiasi necessità. Una situazione del genere, per delle ragazze di 16 anni, è un sogno! Il lato non dico negativo, ma più duro, era la lontananza da casa, la mancanza degli affetti. Fortunatamente avevo mia sorella sempre al mio fianco...” Restiamo al capitolo “tu & Francesca”. Ti ricordiamo inquadrata dalla tv, in una bellissima immagine, mentre esulti in tribuna per tua sorella che conquista lo scudetto 2017 con Lucca, battendo Schio. Sembravi felice come se stessi vincendo tu. Era davvero così? “In verità no. Vincere lo scudetto sarebbe un’altra emozione, che per ora non so descrivere, non avendola vissuta. Però guardare lei conquistare il campionato, da sfavorita, è stata una gioia immensa perché ho visto la soddisfazione nei suoi occhi. Le voglio un bene dell’anima, vederla felice è il massimo per me! Francesca è il regalo più bello che la vita mi abbia dato”. Hai usato parole simili a quelle di Francesca nei tuoi confronti, quando la intervistammo per Pink Basket di marzo 2019 (n° 7, disponibile nel nostro archivio:
bertide non posso non citare Scons (Chiara Consolini, ndr), mio idolo di quando ero piccolina, con la quale ho condiviso tantissimo. Riesce sempre a farti sorridere! Sempre a Umbertide ho conosciuto per la prima volta Federica Tognalini: l’anno scorso a S. Martino condividevamo la casa e tutti i ragionamenti possibili e immaginabili: un confronto intellettuale, aperto e sincero. Quanto a Venezia, mi vengono in mente Beba Bagnara, Martina Sandri e Anna Togliani. Di San Martino vorrei citare tutta la squadra, che mi è stata vicina nei momenti difficili della lontananza dal campo di gioco”. Siamo in dirittura d’arrivo. Nella già citata intervista su Pink Basket, Francesca ci ha parlato della sua passione per gli scacchi. Anche tu hai questo hobby? “No, io ci ho giocato un po’ durante questa quarantena, ma gli scacchi non sono la mia passione. Mi piace molto studiare. Mi sono laureata in Scienze Motorie e adesso sono iscritta al terzo anno di Fisioterapia”. E nel tuo futuro dopo il basket giocato, cosa vedi? “Mi vedo fisioterapista e/o preparatrice atletica, magari in una squadra di basket. Sarebbe fantastico continuare a vivere la pallacanestro anche dopo la carriera da giocatrice”.
CAMPIONATO 2018/19 PRIMA DI INFORTUNARSI, CATERINA ERA PARTITA ALLA GRANDE IN CAMPIONATO: 16 PT DI MEDIA NELLE PRIME 4 PARTITE CON LA MAGLIA DELLE LUPE.
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CECILIA ZANDALASINI NEL 2016 PARTECIPA AGLI EUROPEI U20: ARRIVANDO IN FINALE E SEGNANDO 28PT. VIENE NOMINATA MVP DELLA MANIFESTAZIONE.
focus
Summers of Zanda
PER CELEBRARE L’INSERIMENTO DI CECILIA ZANDALASINI NEL QUINTETTO IDEALE DI EUROLEGA, RIVIVIAMO LE MAGICHE ESTATI 2016 E 2017, CHE L’HANNO LANCIATA COME GIOCATRICE DI STATURA INTERNAZIONALE E COME PERSONAGGIO NUMERO 1 DEL NOSTRO MOVIMENTO
Di Manuel Beck
“E
chi non ha mai visto nascere una dea / non lo sa che
cos’è la felicità...”, cantava Cesare Cremonini all’inizio del decennio scorso. Cecilia Zandalasini, come divinità del basket (sì, esageriamo, ma nemmeno troppo), l’abbiamo vista nascere in due estati con la maglia azzurra, che l’hanno trasformata da promessa in solida realtà; da nome noto solo agli adepti del femminile a personaggio apprezzato ben oltre la cerchia dei cultori della materia. Quando la Gazzetta dello Sport ha prodotto un numero speciale del suo magazine, con una serie di copertine dedicate ad atlete-simbolo della propria disciplina, ha scelto Zanda per il basket. A oggi, maggio 2020, la 24enne da Broni, sud-ovest della Lombardia, raccoglie 64mila followers su Instagram e quasi 50mila su Facebook. Certo, la sua popolarità in Italia non ha ancora la dimensione universale di una Sofia Goggia, di una Paola Egonu o di una Sara Gama (senza scomodare sua maestà Federica Pellegrini), cioè di atlete che hanno
goduto di vetrine olimpiche e mondiali per le loro imprese. Succederà anche per Cecilia? Serve l’occasione; le potenzialità ci sono. Perché lei ha tutto per piacere. Non solo per quello che fa, e non è poco, ma per come lo fa. La perfezione stilistica, la capacità di emozionare, soprattutto nei momenti in cui sembra posseduta da una forza superiore, conquistano tanto le ragazzine, che la prendono a modello, quanto gli appassionati del maschile, solitamente poco propensi a esaltarsi per l’altra metà del cielo cestistico.
LUGLIO 2016
A Matosinhos, Portogallo, Cecilia Zandalasini affronta l’ultimo Europeo della sua carriera giovanile. Nelle estati precedenti, la ragazza da Broni ha fatto la sua brillante parte nell’epoca di rifioritura delle nostre Nazionali “under”: nel 2011 medaglia di bronzo U16 e quintetto ideale per lei; nel 2012 argento U16 e ancora quintetto ideale.
focus
Poi, però, bene ma non benissimo, sia lei sia l’Italia, nel triennio 2013-15. Il suo palmarès, certo, è già di lusso per una ventenne (a livello di club vanta 6 titoli giovanili col Geas Sesto S. Giovanni; 2 scudetti e altri 3 trofei in due stagioni a Schio), ma tra talento e rendimento c’è ancora qualche passo da compiere.
L’IMPREVISTO L’Italia U20 di Massimo Riga esordisce
nell’Europeo senza troppo credito nei pronostici. Luci e ombre nelle amichevoli di preparazione; carenza di stazza; attacco fin troppo legato alle due punte di diamante, Zandalasini e Tagliamento. Che infatti segnano 37 punti su 61 dell’Italia nella vittoria inaugurale sulla Germania. La seconda partita, con la Serbia, è esaltante per il risultato (+27 su un’avversaria fra le più dure), ma letale per le nostre prospettive, o almeno così sembra: Tagliamento si rompe un ginocchio. Sì, poi battiamo anche la Svezia, finendo il girone a punteggio pieno, e passiamo il primo turno a eliminazione diretta sulla Bosnia, con varie giocatrici – ad esempio Pan, Kacerik, Costa – brave a salire di rendi-
mento per colmare il vuoto lasciato da Marzia. Ma per andare oltre un onesto piazzamento fra le prime 8, serve qualcuna che indossi il costume da Wonder Woman. La chiamata è per Zanda; e lei risponde presente. Già ottima con 20 punti negli ottavi, è dai quarti che diventa leggenda, inanellando tre prestazioni fra le migliori mai viste a questi livelli. Al punto che due anni dopo, quando la Fiba farà votare la miglior giocatrice di sempre dell’Europeo U20, vincerà lei.
L’ESPLOSIONE Tutto scatta quando siamo spalle al muro,
il 15 luglio. La Lettonia ci domina: siamo a meno 16 e mancano 11 minuti. Servono miracoli. E Zanda inizia a produrne, uno dopo l’altro; le compagne la seguono. Ribaltiamo tutto con un parziale di 29-6 e vinciamo 61-54. Cecilia: 31 punti e 11 rimbalzi. Siamo in zona-medaglie: in semifinale ritroviamo la Serbia, ben determinata a rifarsi della batosta di pochi giorni prima. È un thriller dall’inizio alla fine; si va al supplementare, dove Zanda segna 9 dei suoi 27 punti e ci porta al traguardo: 63-60. Finale per l’oro, 17 luglio; di fronte la Spagna, favoritis-
EUROPEO 2017 NONOSTANTE LA SCONFITTA DELL’ITALIA AI QUARTI DI FINALE, ZANDALASINI È STATA INSERITA NEL MIGLIOR QUINTETTO DI TUTTO IL TORNEO ASSIEME A TORRENS, MEESSEMAN, MIYEM E MALTSI.
sima. Che però perde la stella Quevedo per infortunio dopo pochi minuti. Invece di approfittarne, ci sgonfiamo: iberiche a +18 all’intervallo. La nostra reazione arriva, ma sembra insufficiente: ancora meno 12 a 6 minuti dalla fine. Lì gettiamo il cuore oltre l’ostacolo: tutte a difendere con la bava alla bocca, in attacco ci pensa Zanda, in piena trance agonistica. Riceve spalle a canestro, esegue un giro dorsale verso centro area e galleggia in aria beffando due avversarie per il meno 8. Poco dopo, ruba palla e la trasforma nel contropiede del meno 4. Non solo: ingaggia una sfida di sguardi con la panchina spagnola, “dedicando” ogni canestro; incita le compagne, rincuora, urla a tutte di crederci. Mai l’avevamo vista così carica a livello emotivo. L’ultimo minuto e mezzo è da cinema. Zanda prende sfondamento; segna in arresto e tiro sovrastando la difesa spagnola: meno 2. Rispondono le iberiche. Tripla di Pan dall’angolo: meno 1. Due liberi per la Spagna. Trenta secondi alla fine, meno 3. Ed ecco la perla assoluta di Cecilia: riceve poco oltre metà campo, palleggia verso destra con l’avversaria incollata, si alza per la tripla con una sicurezza paranormale: canestro, parità.
Boato del pubblico mentre lei urla e mostra la maglia.
DELUSIONE ED ECHI Momento epico senza lieto fine, perché
Zandalasini, onnipresente, stoppa l’ultima entrata avversaria ma la palla carambola in mano alla Spagna e gli arbitri vedono un fallo della nostra difesa, con 1” sul cronometro. Flores segna i due liberi del 71-69 che vale l’oro. Cecilia, però, con 28 punti e 10 rimbalzi in finale, è eletta miglior giocatrice dell’edizione, a dispetto della sconfitta. La risonanza dell’impresa va oltre ogni aspettativa. Contano anche fattori propizi: quindici giorni prima, l’Italia U17 ha vinto uno storico argento ai Mondiali, ma si era nel pieno degli Europei di calcio e di altri grandi eventi sportivi, così l’exploit aveva avuto meno risalto di quanto meritasse. Invece ora siamo verso fine luglio, c’è poco altro di cui parlare, e l’Italia cestistica ha voglia di consolarsi dell’epocale sconfitta nel Preolimpico maschile. Insomma, il terreno è fertile e le magie di Zandalasini lo coltivano alla grande. Nei social e nei forum di appassionati diventa l’argomento numero uno; tanti la scoprono ora. Qualche esempio:
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focus “Dove si compra la maglietta di questo fenomeno?”; “Ieri sera mi hai fatto emozionare più della nazionale maschile”; “Ha un tiro, un approccio al canestro, perfino la corsa, che molti colleghi maschi, anche di notevole caratura, non avranno mai”. E lei scrive così su Facebook: “Da queste settimane ho imparato che i sacrifici vengono sempre ripagati. Che il momento arriva, non importa quando, ma arriva. sempre. Bisogna solo avere la forza e la pazienza di aspettare”.
GIUGNO 2017
Passano undici mesi. Il primo Europeo senior di Zandalasini, in Repubblica Ceca, con Andrea Capobianco c.t., arriva dopo una delusione in finale-scudetto con Lucca. C’è attesa intorno alla debuttante, ma alla vigilia la tecnica azzurra – giustamente – è in mano ad elementi più esperti: Sottana, Francesca Dotto, Ress, la venerabile Macchi.
L’EREDITà Ma l’Europeo di Chicca dura una partita e
mezza: il tempo di battere la Bielorussia, poi nel terzo quarto della battaglia contro la Turchia, il 17 giu-
troppo alto l’ostacolo-Belgio della sublime Meesseman (cui Zanda tiene testa con 23 punti e 8 rimbalzi). Ma non è finita: c’è lo spareggio con la Lettonia per andare ai Mondiali 2018.
MAGIE E BEFFA “Ma che roba è? Da che pianeta viene?”,
twitta Flavio Tranquillo, principe dei telecronisti Nba d’Italia, dopo una tripla in transizione di Zanda contro le baltiche. L’ennesima giocata da salto sulla sedia in una prestazione clamorosa: 25 punti, 14 rimbalzi. E il canestro che sarebbe decisivo per andare ai Mondiali: penetrazione regale sulla linea di fondo, 67-66 Italia a 15” dalla fine. Il resto vorremmo cancellarlo. Come l’anno prima è un fallo a condannarci alla sconfitta. E stavolta è proprio lei a commetterlo. Il famigerato “antisportivo” che regalerà la vittoria alla Lettonia, facendo impazzire di rabbia l’Italia cestistica nei commenti dei giorni successivi. Rimane l’amaro per i Mondiali persi così, un danno irreversibile; ma c’è anche il dolce, un posto nel quintetto ideale del torneo per Cecilia: onore insolito per chi si piazza al settimo posto. Segno che ha fatto davvero qualcosa di speciale. E la Zanda-mania dilaga, come
«HA UN TIRO, UN APPROCCIO AL CANESTRO, PERFINO LA CORSA, CHE MOLTI COLLEGHI MASCHI, ANCHE DI NOTEVOLE CARATURA, NON AVRANNO MAI». gno, un gomito alzato a tradimento dalla naturalizzata Hollingsworth le frattura la mandibola. Tocca a Zanda prendere il suo posto. Come un anno prima, ecco la chiamata alla grandezza dopo l’infortunio a una compagna-chiave. E anche stavolta lei risponde “sì, ci sono”. Passano pochi minuti, sempre in quel terzo quarto. Zandalasini segna in palleggio-arresto-tiro, il suo marchio di fabbrica. Poi addomestica una palla vagante nella nostra metà campo difensiva, scatta avanti, brucia in velocità il play turco Alben e deposita a canestro. Fa il bis attraversando l’area in entrata e reggendo il contatto col totem Hollingsworth senza perdere il controllo del corpo. Poi rifila pure una stoppata alla turca d’America. Pochi istanti dopo, riceve un lancio di Dotto e appoggia altri due punti in contropiede. Finito? No, ci mette anche una tripla. Si materializza, nel più inatteso e rapido dei modi, quel passaggio di consegne che Macchi aveva simbolicamente annunciato pochi mesi prima, in diretta tv dopo una partita di qualificazione, investendo Cecilia del ruolo di sua erede. Il resto della storia lo conoscete. Quella partita con la Turchia la perdiamo di un punto (Zanda 23+10 rimbalzi), ma Cecilia continua a correre, e le compagne con lei. Battiamo la Slovacchia, poi l’Ungheria in un ottavo soffertissimo (49-48). Nella corsa alle medaglie è
e più dell’estate prima. “Zandalasini ha portato il suo gioco a un nuovo livello, una nuova stratosfera. Con incredibile classe”, scrive Paul Nilsen, penna prestigiosa del basket femminile europeo. Sbalordito, come tutti, da un salto di qualità così improvviso e così prepotente sul palcoscenico più difficile.
AMERICA Quell’estate 2017 non finirà così per Cecilia.
Si apre un secondo capitolo: il viaggio in Wnba, alla corte delle Minnesota Lynx. “Minneapolis. Minnesota. America. Esco sul balcone. Fa freddo, ma non mi importa. Sono in America. Chiudo gli occhi e la respiro, a pieni polmoni. Ero solo una bambina che voleva imitare suo fratello con un pallone da basket. Ero solo una bambina quando ho preso in mano il pallone. Ora guarda dove sono”. Così scrive lei stessa su Facebook, raccogliendo quasi 4000 “like” in meno di un’ora. Le Lynx vinceranno il titolo, ma ormai sarà autunno, e questa è una storia di estati. Nelle ultime due, lo sappiamo, non s’è accesa la magia. Nel 2018 niente azzurro, nel 2019 un Europeo poco esaltante. Quest’anno si è messo di traverso il coronavirus, anche se la Wnba, con Cecilia di nuovo a Minnesota, potrebbe partire, seppure in ritardo. Nell’incertezza, meglio puntare sul 2021, quando potrà e dovrà essere ancora... Summer of Zanda.
IL PRIMO ANELLO WNBA NEL 2017, CECILIA ZANDALASINI È STATA LA SECONDA ITALIANA (DOPO CATA) A VINCERE, CON LA MAGLIA DELLE MINNESOTA LYNX, IL TITOLO WNBA.
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CECILIA ZANDALASINI CLASSE 1996, ALLA SUA SECONDA STAGIONE AL FENERBAHCE. CRESCIUTA NEL GEAS, IN ITALIA HA GIOCATO ANCHE A BRONI E A SCHIO, CON CUI HA VINTO 3 SCUDETTI.
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TUTTI I COLORI DI CECILIA VIAGGIO NELLA ZANDALASINI CHE NON CONOSCETE: LE FOTO IN ANALOGICO, LA SUA ISTANBUL, LA CONQUISTA DELLA CONTINUITÀ IN CAMPO. “MERITO DELLA FIDUCIA DEL MIO ALLENATORE: ORA DEVO IMPARARE A PARLARE DI PIÙ”. E LA SCOPERTA DI UN’ARTISTA...
Di giulia arturi
“A
Istanbul c’è uno studio al terzo piano di un edificio
un po’ malmesso, pieno di macchinari per le stampe fotografiche. È li che porto i miei rullini. Ci lavora un ragazzo eccentrico, con la barba lunghissima. È efficientissimo, in un giorno e mezzo mi manda tutto. Un bel personaggio”. Cecilia Zandalasini non è solo pallacanestro. “Mi è sempre piaciuto fare foto, guardarmi intorno. Fino a qualche anno fa il mio strumento era il telefono, non mi ero mai veramente avventurata alla scoperta di altro. Ogni volta che vedevo una macchina fotografica pensavo ‘oddio, ma io questa cosa non la so usare’. Era più immediato prendere il telefono e schiacciare il tasto in mezzo. Poi ho comprato una piccola macchina fotografica compatta e da lì ho iniziato a capire: il diaframma, la luce e via così. L’anno scorso mi sono innamorata del mondo delle macchine analogiche e dei rullini. In pratica sono passata dal fare foto con il telefono a scattare in analogico”. Il rullino richiede un
certo rispetto e più riflessione. Bisogna scordarsi i click illimitati, non ci sono scatti da sprecare distrattamente. Il rullino è soffermarsi ad osservare piuttosto che vedere e passare oltre. “È quello il bello. Quando scattavo con il digitale, potevo fermarmi davanti ad un soggetto e provare qualsiasi cosa: una modifica, uno scatto da un angolo diverso, un tentativo in orizzontale, uno in verticale. Ora, per ogni cosa che vedo, ho solo una, massimo due foto per catturarla. Il rullino ne ha 36, bisogna farne buon uso, guardare veramente le cose, dedicarci un’attenzione diversa. Mi piace davvero molto”. Zanda ha un occhio speciale, un po’ da artista. “I soggetti che scelgo variano a seconda di quello che ho intorno. Mi piacciono i palazzi, le forme, l’architettura, ma quando mia mamma mi viene a trovare la uso sempre come modella, le viene bene e mi asseconda nei vari esperimenti. Ma non ho le idee già chiare, quando qualcosa mi ruba l’occhio, scatto”. #33cccc. È il codice hex di una speciale tonalità di
cover story
EUROLEGA ZANDA È STATA NOMINATA NEL MIGLIOR QUINTETTO DELLA STAGIONE CHE HA CHIUSO CON 15.9 PUNTI DI MEDIA, TIRANDO IL 51.1 % DA 2 E IL 40.7% DA 3.
turchese. Se avete fatto un giro sul profilo Instagram di Cecilia sicuramente avrete notato una macchia di colore ricorrente. “In tanti mi chiedono cosa significhi, ma è solo un colore in cui mi sono imbattuta, che mi ha colpito. Quando intorno a me le cose sono sempre uguali tendono a stufarmi; cerco di uscire dagli schemi, la monotonia mi dà un po’ fastidio. Ma ogni volta che guardo quel colore mi piace, non mi stanca, una cosa molto strana per me. Finché continua a piacermi lo tengo lì”. Ciò che davvero non la annoia mai è la pallacanestro. “Amo quello che faccio. Non mi ha mai pesato a livello di pressione in campo. Il momento più difficile al di fuori è stato dopo l’estate del 2017: quella degli Europei, della prima esperienza in Wnba, del titolo. È successo tutto talmente in fretta che mi ha scombussolato, non c’era stato il tempo di elaborare niente. Adesso vivo tutto molto serenamente, sono contenta di quello che faccio, mi piace il mio sport, mi piace sempre con la stessa intensità, e se c’è un momento un po’ difficile lo affronto andando in palestra ed allenandomi. È un modo per non pensare a niente altro”.
“Istanbul l’ho vissuta molto meglio dell’anno scorso, quando il cambio era stato davvero traumatico: è una città veramente immensa tanto che i primi mesi ne ho subìto l’impatto e facevo quasi fatica a uscire di casa. Ora mi muovo molto meglio: conosco le strade, so dove andare. È una città bellissima, ci sono una miriade di posti speciali, oltre a quelli turistici più conosciuti, che le mie compagne mi hanno fatto scoprire. Certo servirebbe avere un’intera giornata libera per potersi muovere agevolmente: avendo poco tempo a disposizione era meglio stare nei dintorni senza avventurarsi in un traffico davvero terribile, il punto debole della città, ma che fa parte della sua identità”. Zanda ha occhio per ciò che ruba l’occhio. E quante volte il nostro sguardo è stato rapito dalle sue giocate? Magia dopo magia, il suo Fener ha chiuso la stagione regolare di Eurolega al primo posto ed era avanti uno a zero nei quarti di finale contro Bourges, prima che il coronavirus paralizzasse il mondo lasciando sospesi i sogni di tanti atleti. “È stata una stagione speciale:
eravamo una squadra quasi interamente nuova e da subito si è creato un grandissimo gruppo, andavamo d’accordo. Filava tutto liscio, qualcosa di molto raro, ed è stata la nostra forza. Grande merito è del coach, Víctor Lapeña. Mi sono trovata subito molto bene con lui, mi ha dato tantissima fiducia, cosa che, per il tipo di giocatrice che sono, è fondamentale. È importante essere consapevoli che la fiducia è una base solida e che quanto riesco a dare alla squadra viene apprezzato. Toglie quel minimo di pressione che si può avere giocando ad alti livelli. Nei momenti più importanti sapere di avere sempre dalla tua compagne e allenatore alleggerisce il compito”. La palla dalle sue mani ha volato leggera: 15.9 punti di media con il 40.7% da 3 punti e il 51.1% da 2. Numeri, consistenza e vittorie di squadra le sono valse la nomina nel miglior quintetto della stagione di Eurolega. Un punto di arrivo, o di partenza? “È stato un gran bel riconoscimento, ne sono davvero contenta, non posso nasconderlo. L’Eurolega è una competizione difficile: ogni partita è importante, basta perderne un paio per
scivolare in fondo. Quindi ogni settimana la sfida è massima; essermi mantenuta a un buon livello di continuità è anche frutto del gran lavoro di squadra che abbiamo fatto”. Dunque, parola chiave: continuità. “Nelle passate stagioni ho sempre avuto un andamento un po’ discontinuo: alternavo ottime partite a prestazioni meno brillanti, non riuscivo a mantenere sempre lo stesso livello, non parlo solo di punti segnati, ma anche di presenza nella partita. Con Victor ci siamo concentrati molto su questo aspetto, sull’essere consistente. Da subito abbiamo iniziato a lavorare bene e il coach è stato sempre molto tranquillo e diretto nel dirmi cosa voleva da me. Non lasciava mai dubbi o perplessità soprattutto sul ruolo che ognuno aveva in campo”. Un grande gruppo e le migliori individualità: accanto a Cecilia, in maglia gialloblu, tra le altre, c’era Alina Iagupova. Classe 1992, star assoluta, MVP della stagione regolare. “La conoscevo solo come avversaria. Averla in squadra è stata una grandissima rivelazione,
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cover story soprattutto come persona: super tranquilla, sempre disponibile con le compagne, molto partecipe durante gli allenamenti. Quindi sicuramente un valore aggiunto: inevitabilmente giocare con lei rende tutto più facile. Quando la difesa raddoppiava, riusciva sempre a passare la palla al momento giusto, ha una grande visione di gioco. Per noi è stata certamente il punto di svolta”. A febbraio l’Europa si rende conto della diffusione del coronavirus: da quel momento iniziano le prime interruzioni della vita di tutti i giorni e dello sport, poi si riaccende la speranza di ripartire e infine arriva l’inevitabile lockdown. Una stagione che per Cecilia e compagne sembrava poter essere memorabile è finita da un giorno all’altro: all’improvviso si è passati dalle palpitazioni del momento più caldo dell’an-
e che mi hanno riempito le giornate. Sono fortunata ad avere il giardino: tra quello, i cani, la famiglia, le giornate sono andate piuttosto bene considerata la situazione. Ho ritrovato anche una foto che mi ha divertita: ero all’aria aperta, col cappellino e il cane al guinzaglio: ero proprio nel giardino di casa”. I primi rullini di Cecilia non erano perfetti. Ma poi si osserva il lavoro e la volta dopo si aggiusta l’apertura, il tempo, la composizione. Un processo di miglioramento che Zanda è già solita fare sul campo. “Riguardare le mie partite mi aiuta, ed è qualcosa che sto imparando a fare sempre di più. Inizialmente mi dava quasi fastidio, sono autocritica e non è facile: ogni secondo trovavo qualcosa di sbagliato. Ora lo faccio con più criterio: grazie ai miei allenatori ho fatto tante ore di video specifici sulle situazioni di
«La continuità è stato il grande passo avanti che ho fatto in questa stagione». no sportivo, i playoff, a trascorrere mesi a casa, nel silenzio, senza competizioni. Un inedito per tanti, Zanda compresa. “Abbiamo giocato l’ultima partita il 14 marzo poi è finito tutto. Durante questa lunga quarantena mi sono sempre tenuta in allenamento. Certo, non tutti i giorni è facile trovare la motivazione: senza la squadra, senza sapere che prospettiva c’è di riprendere a giocare e quando. Non so neanche da quanto non passavo così tanto tempo a casa, sicuramente da prima che iniziassero le estati con le nazionali giovanili. Nella drammatica situazione generale, essere a casa, vicino alla famiglia è stata una fortuna grande. Se avessi dovuto immaginarmi di trascorrere la quarantena da sola in Turchia sarebbe stata dura”. Frustrazione, rimpianto, rassegnazione. Cosa passa nella testa di un’atleta che sa di aver lasciato incompiuto un percorso iniziato mesi prima? Il momento sportivo non torna indietro: la forma fisica, mentale, le emozioni, l’inerzia sono tutte condizioni legate alla specificità di un frangente. Da una stagione all’altra cambia tutto. “La preparazione è iniziata a metà agosto: mesi di lavoro passati a costruire la squadra, per tuffarsi nei playoff, la parte più bella, per provare a vincere qualcosa. Arrivare a quel punto in Eurolega ci aveva dato una grandissima carica e veder sfumare tutto ha provocato un misto di emozioni, anche perché l’anno prossimo ogni cosa sarà inevitabilmente diversa. Tutto sommato penso di averla presa bene. Ho avuto modo di mettere mano a ricordi, oggetti, fotografie che non avevo più guardato da secoli. Tante cose che non avevo mai il tempo di mettere in ordine
gioco. È sicuramente utilissimo. Bisogna saper accettare di sbagliare e farlo il meno possibile, ma soprattutto non ripetersi. ‘Vi prego fatemi vedere degli errori nuovi’, ci diceva sempre Victor. Ha perfettamente senso”. Nel futuro prossimo? Sicuramente il Fenerbahce (con cui ha appena rinnovato) e la Nazionale. E la Wnba, emergenza sanitaria permettendo. “Vivo molto anno per anno. Anche quando ero più piccola non mi ricordo di aver mai pensato ‘tra tre anni voglio arrivare lì’. Ogni stagione è diversa e bisogna sempre un po’ adattarsi e cercare di migliorarsi: su questo mi concentro. Penso di essere sempre stata coerente nel mio percorso di crescita e così voglio continuare. Per quanto riguarda la Nazionale spero davvero in un grande futuro. Ce n’è bisogno, per tutte noi, dalle più piccole alle più grandi. Un giorno vedere la Nazionale vincere sarà qualcosa di bellissimo”. Si procede spediti, con le idee chiare, anche su cosa bisogna migliorare. “Mi riesce ancora difficile parlare in campo, quasi mi sentissi ancora quella ‘giovane’. Dovrei cercare di essere un po’ più estroversa. Sono sempre pronta ad incoraggiare e partecipare emotivamente alla partita, ma farsi sentire in maniera costruttiva è importante e sto cercando di farlo con più continuità”. Il basket di Cecilia è figlio della sensibilità personale: gesti di eleganza superiore sul campo scaturiscono da un modo di essere, che fa capolino nelle foto, nei suoi colori, nelle parole che verranno ma che ha già chiare in testa. Tutte cose da artista.
LA WNBA? SI STA VALUTANDO DI GIOCARLA UN PO’ RIDOTTA, TUTTA NELLA STESSA LOCATION”. SE LA STAGIONE DOVESSE PARTIRE CECILIA VOLERÀ IN MINNESOTA, PER LA SUA TERZA STAGIONE IN MAGLIA LYNX.
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VERONICA SCHIEPPATI 30 ANNI IL 12 FEBBRAIO, VERONICA HA INIZIATO A GIOCARE TARDI, ALL’ETÀ DI 11-12 ANNI. A 15 ERA GIÀ STATA SCELTA DALLA COMENSE.
primo piano
REGINA DI CUORI
UNA GIOCATRICE CHE AMA LA VITA E LE SUE SFACCETTATURE. UNA DONNA CHE AMA LE PERSONE ATTORNO A LEI, IL FUTURO MARITO, LE SUE AMICHE E I BAMBINI DEGLI ASILI NIDO. VERONICA SCHIEPPATI AMA IL BASKET CHE RIESCE A DONARLE TUTTO QUESTO, UNA GRANDE FAMIGLIA
Di francesco VELLUZZI
L
a regina abdica. E lo fa con un botto: “A giugno 2021 mi
sposo”. Veronica Schieppati diventa regina di cuori. Ma di cuori ne infrange tanti. Perché gli ammiratori dell’ala-pivot che ha giocato l’ultima stagione a Carugate non sono mai stati pochi e ora Roberto, ex cestista, da qualche anno più dedito al lavoro nei testi scolastici, ha vinto su tutti. Per anni il tempio dei cestisti e pallavolisti è stato il Ganas di Milano in corso Como e Vero ha sempre guidato il gruppo delle geassine e delle giocatrici che transitano su Milano. Una, due vodka pesca e lemon (“è dolce e non è troppo forte”), risate, racconti fino a tarda notte. Quello è stato lo svago di Vero e tanti sportivi, non calciatori. Ma “certe notti sei sveglio o non sarai sveglio mai”, per dirla con Ligabue che è tanto caro a Veronica, il suo cantautore italiano preferito. Ma da tempo il Ganas è chiuso, le ragazze del Geas, che sono tanta parte della vita di Vero, si erano spostate all’enoteca di piazza Lega Lombarda. Ma, adesso, causa pandemia, è finito anche quell’appuntamento e Schieppati ha superato brillan-
temente persino la difficilissima prova della convivenza ai tempi del Coronavirus e quella storia con Roberto si è trasformata da un tanto pensato “Non è tempo per noi, forse non lo sarà mai” a un sì per sempre. Sancito con anello di fidanzamento, il giorno dopo il suo compleanno e alla vigilia di San Valentino, e organizzazione del ricevimento a Fidenza.
IL BASKET Ma siccome la parte Stranamore ci interessa
relativamente, qui dobbiamo raccontare la cestista Veronica Schieppati che il 12 febbraio ne ha fatti 30, ma sarebbe un peccato se non continuasse a giocare. Perché quest’anno a Carugate, sempre da ala grande, stava facendo la differenza pur in una stagione complicata per un club che lavora bene, con gli ingredienti che le ragazze amano: passione, serietà, familiarità, gruppo. Il tecnico Luigi Cesari non è stato bene e per un periodo ha dovuto cedere la panchina al suo vice Matteo Catalfamo (“due ottime persone, entrambe”). Francesca Gambarini, play guardia talentuosa di
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scuola Geas, ha pagato un altro conto salatissimo con la sfortuna rompendosi il ginocchio, Giulia Maffenini, che in A2 continua a far canestro come poche, ha avuto i suoi guai... Insomma, prima che la Lega stoppasse tutto e subito, Carugate era al quinto posto. Ma Canova (“un’amica vera, una persona che stimo, pure lei insegna, ma Scienze motorie”) e Schieppati il loro l’avevano fatto. “Ero partita forte, segnando tanto, poi mi sono stabilizzata sui 10 punti a partita di media”, (più oltre 11 rimbalzi e un sontuoso 20,6 di valutazione media, ndr) racconta Veronica che ora ha tutto il tem-
po per decidere se continuare a giocare. Sarebbe un peccato se non lo facesse visto che di basket vive da 17 anni. Da quando, tardi, a 11-12 anni, ha cominciato a capire che quello era lo sport giusto. “Ne avevo provati tanti. Danza, ginnastica artistica, nuoto, anche pallavolo. Poi sono salita al metro e ottanta, mia mamma Giuliana aveva giocato (suo papà Giorgio ha fatto calcio) allenata da Dante Gurioli. Ho scelto la pallacanestro, non me ne sono pentita”. Ora a 30 anni, e con un lavoro che di sera la porta all’allenamento un po’ stanca, Veronica deve capire se ne vale ancora la pena. “Se
GRANDE AMICIZIA CON GIULIA ARTURI VERONICA E LA CAPITANA DEL GEAS NON SONO SOLO STATE COMPAGNE DI SQUADRA, MA UNA FORTE AMICIZIA LE HA SEMPRE TENUTE LEGATE.
continuo può essere ancora a Carugate”. Continuerà perché quando quella è la tua vita, è difficile staccare. E Veronica, che quando ci parli capisci innanzitutto che è una donna che ragiona col cuore, col sentimento e la ragione, non ha mai dimenticato la A1 che fa gola. “Una proposta da Ragusa? Sarebbe folle, vista la lontananza e il lavoro da educatrice che faccio, ma adoro la Sicilia”.
GEAS La A1 Schieppati l’ha lasciata spontaneamente
come tante ragazze che scelgono il minutaggio ri-
spetto alla gloria e al palcoscenico più ambito: “Gioco da quattro, al Geas avevo Brunner davanti, americana fortissima, i miei 10 minuti li facevo, ma vuoi mettere giocarne 40?”. A Carugate era insostituibile e la A2 Veronica l’ha scelta più volte, pure al Geas. “Ho cominciato a casa a Rho, dove sono cresciuta con i miei genitori e mia sorella. Poi a 15 anni sono stata scelta dalla Comense. Mi portavano col pullmino. Vedevo Chicca Macchi, giocare e allenarsi lì. Un esempio, un modello. Facevo cadette e juniores. Poi è arrivato il Geas, Natalino Carzaniga, una persona speciale per tutte noi (che
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primo piano purtroppo non c’è più). È diventata la mia vita. Pensate che non c’è stata una partita in casa in cui dopo non siamo andate a cena tutte assieme, noi giocatrici. E spesso, rientrando da una lunga trasferta in pullman, trovavamo il tempo per farci un bicchiere, così per stare unite anche dopo quella faticosa giornata. Roberto Galli e Cinzia Zanotti, marito e moglie, i due tecnici a cui devo di più. Lì ho ottenuto la promozione dall’A2 e ho fatto 3 stagioni in A1. Ho sempre giocato da quattro, ma tirando da fuori. Non ho un gran tiro da tre, ma da 2,8, come mi piace dire, sì. Amo l’uno contro uno in velocità. Il Geas è quel che piace a me: una famiglia. È la parola perfetta per descrivere che ambiente sia. Sono cresciuta con Giulia Arturi, che è ancora la capitana. Amicizia vera, fatta di splendide vacanze estive, dappertutto, America e Formentera... Un gruppo inossidabile di cui fanno parte anche Mary Arnaboldi che al Geas ha giocato e Claudia Giunzioni, ex Sanga”. Sanga Milano che Veronica ha “abitato” per una stagione. Della serie non mi faccio mancare nulla. La Lombardia l’ha setacciata: Rho, Comense, Geas, Sanga, Carugate, Costa Masnaga (senza poter giocare per infortunio). “Ho avuto anche Franz Pinotti. Anche il Sanga è un modello di vita. La differenza è che forse il Geas è più famiglia, mentre al Sanga è centrale il ruolo di una persona, Pinotti. È stata anche quella una bella esperienza”. Come l’unica “avventura” lontana dalla
to lo scientifico con indirizzo linguistico, si era buttata sulla facoltà di Lingue per poi scegliere definitivamente Scienze della formazione e diventare educatrice negli asili nido. Un’esperienza giornaliera con i bimbi dai 5 mesi ai tre anni. “Li adoro. Vivrei con i bambini. E quel che dico ovviamente fa pensare che non tardi vorrei diventare mamma. Con loro sto benissimo. Ne sono innamorata. Insegno a Rho, abito ad Arese, dove ho sempre avuto tanti amici. In pochi minuti sono in centro a Rho dove fino a febbraio ho visto i miei bambini. È un’assunzione a tempo indeterminato. Ora cercheremo di capire cosa succede. Spero di riprendere presto”. Anche col basket? “Vedremo. Mi sono attualmente più concentrata sul lavoro. Ma adoro giocare. Mi dispiace che il nostro movimento continui ad avere problemi, ma ci vorrebbe maggior visibilità, non può non esserci la televisione e anche noi dovremmo fare la nostra parte. Con Cecilia Zandalasini avevamo trovato un personaggio forte. La Nazionale ovviamente deve portare risultati. È un peccato. Ma il basket lo vivo da 17 anni ogni giorno. Il mio compagno lo ha fatto per tanti anni pure lui. Il basket ci piace”. Forse anche più dei tatuaggi.... “Ne ho sei, devo fare il settimo. Perché devono essere dispari. Ovviamente ognuno racconta qualcosa”. Si torna alla Veronica della movida... Ma no. “Ora non riesco a far tardi, neppure la domenica. Il lunedì mattina devo essere dai bambini. Arrivo alla sera,
«SONO UNA PERSONA DI CUORE. AMMIRO LE PERSONE CHE SI SANNO METTERE IN GIOCO, QUELLE INTRAPRENDENTI, AUDACI E DECISE». sua Lombardia: “Ho fatto un anno a Castel San Pietro, in Emilia. Bello. Mi allontanavo per la prima volta, è stato utile. Sono arrivata a un raduno con la Nazionale sperimentale (avevo fatto anche qualcosa con le Nazionali giovanili). Ho giocato accanto a una campionessa come Simona Ballardini che si è rivelata anche una super persona. Facemmo una stagione pazzesca, ma in finale per la promozione chi incontriamo? Il mio Geas. E perdiamo”. Vero è tornata alla casa madre. Felice di sentire nuovamente il sudore della sua palestra, di essere accanto a Giulia e alle altre.
GLI STUDI Poi il nuovo stacco, per avere più spazio in campo e conciliare col lavoro che è diventato col tempo più importante. Raccontando il Geas, abbiamo più volte spiegato che ogni ragazza ha seguito brillantemente anche il corso di studi. Veronica Schieppati non si è sottratta all’impegno. “Una serata con le amiche sì, il divertimento pure, un bicchiere in più certo, ma mai perdere di vista l’obiettivo”. Vero, che al liceo aveva fat-
dopo l’allenamento (e a Carugate ne facevamo tre a settimana) stravolta. In questa pandemia ho imparato anche a cucinare. Amo mangiare, amo il pesce e il vino bianco per accompagnarlo, della pizza non potrei fare a meno come del cioccolato fondente puro. Per fortuna non prendo tanti chili. Sono diventata brava a fare la crostata. Mi riesce meglio quella di fichi”. Poi c’è stato spazio per la lettura: “Gialli e romanzi con qualche intrigo o storia d’amore”. L’amore in cui Veronica crede. “Penso di essere una persona di cuore”. Lo intuisci parlandoci a lungo. “Ammiro le persone che si sanno mettere in gioco, quelle intraprendenti, audaci e decise”. È una chiacchierata che non finirebbe mai. Giocatrice, lavoratrice, donna. La moda è un altro capitolo importante che Schieppati analizza con piacere. “Io vivo praticamente in tuta, perché tra bambini e palestra devo sempre essere comoda. Ma per andare a cena o fare una serata, cerco di valorizzare la femminilità. Sono alta 1,84, ma riesco a stare ancora nella 42. Ve l’ho detto... mangio tanto, ma mi tengo in forma”.
CARUGATE PRIMA DELLA CHIUSURA DEL CAMPIONATO, VERONICA SCHIEPPATI VESTIVA LA MAGLIA DI CARUGATE IN A2 CON UN OTTIMO 4° POSTO A FINE ANDATA.
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MASSIMO PROTANI L’EX DS DELLA DIKE NAPOLI E DEL CUS CAGLIARI È PRESIDENTE DELLA LEGA BASKET FEMMINILE DAL 2016.
altri mondi
safety FIRST
LA SICUREZZA INNANZITUTTO, NONOSTANTE LE POLEMICHE. IL CONCETTO ESPOSTO DA MASSIMO PROTANI, PRESIDENTE LBF, È CHIARO: RITORNARE SUI CAMPI SOLO IN CONDIZIONI OTTIMALI E DI TUTELA SANITARIA
di EDUARDO LUBRANO
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assimo Protani è il presidente della Lega Basket Femminile
dal 10 settembre del 2016 quando, succedendo a Paolo De Angelis, è diventato il tredicesimo presidente delle società femminili, il quinto dal 2000. Il 2020 doveva essere l’anno delle elezioni che invece saranno rimandate al prossimo anno a causa dell’emergenza Covid-19 e della sospensione delle attività sportive. La Lega Basket Femminile di Massimo Protani è stato il secondo “organismo” sportivo nel nostro paese a sospendere i campionati, dopo il rugby. “Non sono affatto pentito di quella decisione – esordisce Protani –. Anche perché è stata frutto di un confronto importante e fitto con la Federazione Italiana Pallacanestro ed il suo presidente, il dr. Gianni Petrucci. E perché l’abbiamo presa appena abbiamo avuto la consapevolezza che la situazione del Paese stava diventando drammatica. L’attenzione alla salute di tutte le protagoniste e protagonisti del nostro movimento è stata la strada maestra che abbiamo seguito. Ho rice-
vuto anche qualche critica ma poi tutti hanno capito la bontà di quella scelta. Sono sconvolto dall’altissimo numero di persone, concittadini che non ci sono più e sono ancora più convinto che abbiamo fatto la scelta giusta”. Presidente, è il momento della ripartenza o quello di pensare a come ripartire? “C’è ancora un po’ troppa confusione in giro sulla questione e non parlo del basket. Io credo che sia il momento di pensare a quello che vogliamo fare ed a come farlo. Come Lega Basket Femminile ci atterremo, ovviamente, alle direttive del governo così come ci saranno comunicate dal Coni e dalla Federazione con la quale, ci tengo a ribadirlo, ci sono un dialogo, un confronto ed una condivisione di idee costanti e comuni. Detto questo vogliamo ripartire. Con entusiasmo, con le nostre bambine e ragazze, le famiglie e le giocatrici e tutti gli altri. Sappiamo però che ci vorrà del tempo anche se gli italiani hanno dimostrato di essere i pri-
altri mondi
LAURA SPREAFICO COVID 19 HA FERMATO IL CAMPIONATO MA NON IL MERCATO ESTIVO. LAURA SPREFICO LASCIA BRONI DOPO 2 STAGIONI E TORNA A LUCCA.
mi della classe. Puntiamo a sbagliare il meno possibile perché saremo molto attenti alle indicazioni del presidente Petrucci, ai regolamenti regionali, comunali, alle Commissioni tecniche scientifiche. Quindi in questa fase stiamo raccogliendo tutte le informazioni sulla sicurezza per le persone e per gli impianti”. Però qualche pensiero sul quando, quantomeno su un periodo nel quale immaginare la ripartenza ce l’ha? “Lasciatemi dire prima di tutto che sposo in pieno la “provocazione” di provare a giocare all’aria aperta lanciata da Gianni Petrucci almeno fino a settembre cioè fino a quando il tempo sull’Italia dà ampie garanzie di tenuta. Con gli standard di sicurezza ovviamente al massimo della qualità. Anche grazie alla straordinaria bellezza di tanti luoghi che potremmo scegliere. Quanto all’ordine di grandezza di un periodo, è vero, ce l’abbiamo. Ottobre è il mese al quale in questo momento stiamo pensando ma come ipotesi. Vorremmo ripartire in quel mese lì con i campionati. Facendoli precedere, magari, dalle Finali Nazionali Giovanili (U14, U16, U18, U20 ndr). Che ci piacerebbe chiamare Coppa dei 100 anni, dedicata al centenario della FIP che cade nel 2021. Parliamo anche del 3X3. Dove? Forse anche in un’unica sede in un unico periodo, non lo so adesso. Ma vogliamo, in totale accordo con la FIP, garantirci la sicurezza per cui adesso queste sono idee allo stato embrionale”. È vero che si candida al Consiglio Federale? “Lo smentisco assolutamente. No, non è vero. E spiego anche perché. Il rapporto con la Federazione ed in
particolare col presidente Petrucci è ottimo ed il nostro movimento gode di rispetto, considerazione ed autorevolezza. Non credo serva che io entri nel Consiglio per sostenere le nostre ragioni. Penso di poterlo fare meglio dalla posizione di presidente della Lega, posizione per la quale mi ricandiderò. Specie in questa fase. Nella quale dobbiamo ricreare entusiasmo, convincere i nostri sponsor a sostenerci all’interno di un mondo che è cambiato e convincerne di nuovi ad avvicinarsi. Serve entusiasmo. Servono cose e notizie positive. La Lega Basket Femminile seguendo le linee guida federali, ridurrà il costo di iscrizione alla Lega del 30 per cento da 12.500 euro a 10 mila, con un’altra serie di iniziative che stiamo studiando. Ad oggi penso che al via del campionato di serie A ci dovrebbero essere tutte e 14 le squadre che erano in classifica al momento dello stop. Se non dovesse essere così prenderemo atto della situazione e lavoreremo per avere la più alta qualità possibile. Più che una speranza ed un augurio vorrei fosse un segnale concreto del buon lavoro fatto sino ad oggi”. Ci racconta un fatto positivo del campionato interrotto a fine marzo dal vostro intervento? “Ne dico due. In serie A stavamo vivendo una stagione sana dal punto di vista delle società che sia pure navigando in mezzo alle difficoltà stavano tenendo. Il secondo viene dal campo. Quest’anno ci sono state 23 giocatrici italiane Under 20 in campo con minutaggi importanti, da protagoniste. Mi piacerebbe che si ripartisse anche da qui”.
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SUSANNA BONFIGLIO CLASSE 1974, HA TRASCINATO PRIOLO ALLO SCUDETTO 2000 E VINTO IL PREMIO DI MVP. QUI SUONA IL TAMBURO ALLA FESTA SCUDETTO. DI FIANCO A LEI VINCI AL SAX E GOTTARDI AI PIATTI.
storie
L’IMPRESA DI PRIOLO
20 ANNI FA PRIOLO SALIVA SUL TETTO D’ITALIA CONQUISTANDO IL SUO SECONDO SCUDETTO A DISCAPITO DI SCHIO. LA SQUADRA GUIDATA DA SANTINO COPPA NON IMMAGINAVA DI COMPIERE UN’IMPRESA CHE SAREBBE RIMASTA NELLA STORIA DEL BASKET FEMMINILE ITALIANO
di CHIARA BORZÌ
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na vera impresa sportiva conserva intatto nel tempo
un “gusto” particolare, lo conserva per le squadre che la compiono, per i singoli individui che la costruiscono, per le città che se ne fregiano, per lo sport in cui sono compiute. Il sapore dell’impresa migliora con il tempo, un po’ come il vino buono, anche se non passano giorni ma venti anni. Certo, servono anche dinamiche che la rendono memorabile, ed effettivamente il secondo scudetto della storia della Trogylos Priolo, conquistato durante la stagione 1999-2000, ne ha tanti. A maggio di venti anni fa le bianco-verdi di Santino Coppa rientravano in Sicilia accolte da una folla di tifosi praticamente “calcistica”, animata da una soddisfazione irrefrenabile portata dallo scudetto ottenuto battendo 1-3 il Famila Schio. Un risultato pazzesco, figlio di quattro partite tiratissime ed una serie play-off tuttora leggendaria. È questo uno dei traguardi storici su cui si fonda il mito di Mago Santino, allenatore che semplicemente
allenando ha concretizzato successi insperati e regalato a giocatrici, che non hanno rifiutato una pallacanestro di sacrificio, la gioia del massimo risultato. Priolo ha messo in bacheca venti anni fa uno scudetto non preventivato perché all’inizio di quell’annata la società non aveva in programma un campionato di vertice, non ambiva al ruolo di “squadra da battere” ed è lo stesso Coppa ad ammetterlo spiegando: “Avete visto la foto della squadra di quell’anno? Confrontandola con quelle delle nostre avversarie era impossibile immaginare il risultato finale!”
CHI C’ERA IN QUELLA FOTO? Susanna Bonfiglio, Iris Ferazzoli,
Tari Phillips, Silvia Gottardi, Carolina Sánchez, Saška Aleksandrova, Rita La Rosa, Tania Ferrazza, Manuela Monticelli, Murriel Page e Sofia Vinci erano le giocatrici immortalate nella Isab presentata ai nastri di partenza del 74° campionato di serie A e nello staff allenatori sarà facile riconoscere anche il messinese Giustino Altobelli, che proprio con Schio vincerà 9
storie
SANTINO COPPA LO STORICO ALLENATORE DI PRIOLO, DUE SCUDETTI E UNA COPPA CAMPIONI NELLA SUA BACHECA, È TORNATO IN A1 LA SCORSA STAGIONE CON PALERMO.
scudetti in 16 anni. Erano nomi di atlete non ancora diventate di vertice, ma che sarebbero entrate nella storia superando talenti affermati come Taj McWilliams, Anna Zimerle, Marta Cattani, Odile Santaniello, Catarina Pollini, Lorenza Arnetoli, Nicoletta Caselin, Yamilet Martinez Calderon e Chiara Strazzabosco. “Le nostre due straniere erano l’americana Tari Phillips, riserva proprio di Taj McWilliams ad Orlando, e Murriel Page, “scappata” poi a metà stagione. Per rimpiazzarla è arrivata Tania Seino, cubana come Calderon di Schio. Ferazzoli e Sanchez non erano ancora conosciute, Silvia Gottardi era un talento emergente che era solo al secondo anno in A1, Susanna Bonfiglio avrebbe finito l’anno diventando MVP del Campionato italiano, Sofia Vinci era già Sofia Vinci, mentre Sashka Aleksandrova si era da poco sposata ad Augusta. Io, invece, quell’anno dovevo allenare la Rescifina Mes-
di seta che avevamo realizzato per la nostra dirigenza, sperando potesse arrivare a Fidel Castro...”. Non sappiamo se la cravatta di seta “Made in Priolo” sia arrivata davvero al dittatore cubano, ma Tania Seino arrivò in Italia. “Lei riuscì a cambiare i nostri equilibri, è stata una grande atleta e un grandissimo difensore, ma – prosegue Santino Coppa - quell’anno la svolta vera è stato l’addio di Murriel Page. Ragazza introversa, era arrivata a Priolo con la compagna che però non l’aveva più seguita di ritorno dalla vacanze di Natale. Page non ha retto e la mattina che precedeva la gara di campionato contro Schio Giustino Altobelli aveva trovato un biglietto sulla sua macchina dove la giocatrice ci comunicava d’essere andata via. Era scappata. “Giustino, questa è la nostra salvezza” gli dissi “ci vediamo fra un’ora al palazzetto per fare allenamento”. A metà stagione perdere una straniera è ovviamente
«SCHIO ED ANCHE LA RESCIFINA QUELL’ANNO CORREVANO COME UNA FERRARI, MENTRE NOI ERAVAMO UNA 500». sina – confessa Santino Coppa – avevo ricevuto una corte molto importante dalla dirigenza, dovevamo preparare solo il contratto, poi quando la notizia del mio addio è arrivata a Priolo se n’è discusso perfino in Consiglio Comunale e ho dovuto declinare l’offerta. Schio ed anche la Rescifina correvano quell’anno come una Ferrari, mentre noi eravamo una 500”.
UNA CRAVATTA DI SETA PER FIDEL CASTRO Nella stagione 1999-
2000 arrivava in Sicilia per la prima volta una giocatrice diventata storia per la piazza di Priolo, Tania Seino Barbon. La lunga nata a L’Avana ha vestito la maglia bianco-verde fino all’ultimo anno di vita della società siracusana, nel 2017, scendendo in campo fino in Serie B regionale. Centinaia le sue partite giocate con la Isab poi Trogylos. Con lei nel campionato italiano, come anticipato, giocava anche la connazionale Calderon, fatto che ha creato a Priolo un aneddoto “senza prezzo”! “La Federazione cubana aveva invertito le fatture delle due giocatrici – racconta Santino Coppa – recapitando a noi quella di Calderon e a Schio quella di Seino. Tania riceveva 2 mila dollari al mese mentre l’atleta di Schio 20 mila, fortunatamente l’equivoco venne chiarito ma si possono immaginare le nostre facce nell’attimo in cui aprimmo il documento. La storia dell’arrivo di Seino in Italia ha un altro retroscena interessante. Nel periodo in cui stavamo sperando nel suo arrivo, a Priolo avevamo ricevuto la visita del presidente della Federazione Cubana, in difficoltà con il Governo perché il figlio aveva scelto di scappare in America per giocare in NBA. Un po’ per aiutare il presidente, un po’ per aiutare noi, gli consegnammo una delle cravatte
preoccupante, ma quel pomeriggio abbiamo comunque battuto Schio. Noi che eravamo un po’ come la mia Palermo di oggi. Per la prima volta la 500 superava la Ferrari.
PRIOLO SPAZZA VIA LE CUGINE DELLA RESCIFINA MESSINA Al termine
della regular season 2019-2020 la Isab è sesta classifica, obbligata a sfidare la terza forza del campionato, cioè la siciliana Rescifina Messina. Coppa, che era stato corteggiato dalle peloritane, “ringrazia” eliminando 0 a 2 una delle tre squadre migliori del campionato, posizionatasi solo alle spalle di Cerve Parma e Pool Comense. “Abbiamo vinto da loro di un punto con un canestro allo scadere di Tari Phillips e poi con 20 punti di scarto in casa nostra. Era già quella una partita irripetibile e un’impresa che non ha avuto repliche, da sesti eliminavamo la terza classificata e ci preparavamo ad affrontare La Spezia. Le ligure, settime alle spalle di Priolo riescono ad eliminare Parma 0-2, ma sono costrette a subire lo stesso risultato in Semifinale dalla Isab. Schio supera Treviglio (2-0) e Como (0-2), ma per le ragazze di Aldo Corno l’incantesimo si ferma definitivamente a gara 4 contro le siciliane.
COSA SERVE PER RIPETERSI? “Serve lavorare con costanza
per almeno 3 anni disponendo di un budget normale. La storia si costruisce giorno dopo giorno, solo le persone che conoscono le realtà in cui abbiamo lavorato possono capire che significa. Personalmente primo e secondo scudetto avevano differenze importanti. Il primo scudetto è stato di grande coinvolgimento. La finale si giocò a Ragusa perché Priolo non aveva un palazzetto capiente a sufficienza. Sia-
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storie
mo arrivati davanti al PalaZama (PalaPadua) un’ora e mezza prima e c’era tutto il piazzale pieno, non erano tifosi in attesa di entrare ma quelli rimasti fuori. È stato un bagno di folla incredibile di priolesi e ragusani appassionati di pallacanestro. A differenza del secondo scudetto, nella serie finale contro Milano (1988-89), ero ancora un allenatore incosciente e non mi rendevo conto dei risultati che ottenevamo. Undici anni dopo battere Schio alla quarta è stato un risultato enorme. Non ci sono paragoni in particolare sulla differenza di capitali e di atlete che avevamo a disposizione. Tutte le giocatrici che hanno vinto nel 2000 sono frutto del lavoro fatto insieme in palestra. Chiamarmi “Mago Santino” non è corretto, non sono mago, ma allenatore. Anche Gottardi è venuta a Priolo dalla A2 ed è arrivata a fare 38 punti in Coppa Ronchetti”.
LA ISAB DEL “NUOVO millennio”, UN GRUPPO USCITO ALLA DISTANZA
“Non era un anno facile. Il gruppo è venuto fuori alla distanza e si è rivelato vincente anche perché Santino ti spinge fin al massimo in cui puoi arrivare”. A spiegare i retroscena da giocatrice è Susanna Bonfiglio, stella di Priolo, ex Azzurra ed ex WNBA, crescendo proprio con il basket di Coppa. “Certo non è mancata un po’ di fortuna, ma anche la capacità di dare il meglio insieme nei momenti di difficoltà. Avevamo chiuso la stagione regolare da seste, per cui abbiamo giocato diverse “belle”, partite da dentro o fuori. Avevamo in squadra gente che giocava benissimo e che giocava meno bene, dovevamo sopportarci e supportarci. È stata dura – ammette Bonfiglio – solo dopo tanti anni riconosci il valore di quel titolo ed effettivamente è stata un’impresa storica pensando a chi avevamo di fronte”.
CAMPIONESSE D’ITALIA DA SX: PHILLIPS, VINCI, ALEKSANDROVA, TIRALONGO, SEINO, BONFIGLIO, LA ROSA, SANCHEZ, MONTICELLI, GOTTARDI, FERAZZOLI.
TUTTE BATTAGLIE! “Non avevamo giocato un gran cam-
pionato, non eravamo noi la squadra da battere, ma quando vinci ci prendi gusto e non essendo squadra blasonata senti meno la pressione. Eravamo sul pezzo, le partite erano preparate benissimo. Passi il primo turno contro Messina (serie durissima), poi batti La Spezia con Andrade che non le mandava a dire. Giocare ogni 3 giorni voleva dire allenarsi poco, ma il nostro staff allenatori ci aveva messo nelle condizioni di arrivare alle partite comunque fresche fisicamente e mentalmente. Di quei giorni solo adesso ho dei bei ricordi – ride Susanna Bonfiglio - ma è stata durissima! L’1-3 con cui abbiamo vinto contro Schio sembra una passeggiata, ma non lo è stato affatto. Nei momenti che contavano giocavamo in cinque, ma tutte hanno dato un contributo in quella serie.
Penso a Rita La Rosa che ha fatto la differenza con una bomba dall’angolo. Solo con il lavoro una squadra piccola può fare un grande risultato. Ti crei un gruppo di gente di cui ti fidi, che giocano per la maglia e non per i soldi, magari rinunci a qualche soldo, ma scegli un allenatore che sa tirare fuori il meglio di te. A Priolo ti beccavi qualche urlo, ma era un posto in cui riuscivi a migliorare”. L’Isab Priolo del 1999-2000 è un po’ come Lucca nella stagione 2016-2017, ma nessuna siciliana ha ancora raccolto questo testimone. Ricorrono quest’anno, insieme al ventennale dello scudetto, anche i 50 anni di attività di Coppa come allenatore. Lui che di “sesta piazza” se ne intende, confessa: “Con Palermo avremmo potuto arrivarci se il campionato fosse in continuato...”.
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SOCIAL MARZIA TAGLIAMENTO È UNA DELLE GIOCATRICI ITALIANE PIÙ ATTIVE E SEGUITE SU INSTAGRAM.
BAR SPORT 2.0 Di alice buffoni - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport Quante volte prendete in mano lo smartphone per fare qualcosa di preciso e poi vi ritrovate dopo mezzora a vagare su instagram senza ricordarvi perché siete li? I social, e il telefono in generale, sono dei vampiri che si nutrono della nostra concentrazione. Eppure non è più possibile farne a meno: lo smartphone è uno strumento di lavoro e di studio, siamo iper-connessi e sempre reperibili, le informazioni ci arrivano veloci e lasciano poche tracce. Quali sono le conseguenze sul rendimento sportivo? Smartphone e Social Networks incidono in modo importante su diversi aspetti della vita degli atleti; saperli usare in modo consapevole non è scontato, e sta diventando una skill fondamentale anche per il buon rendimento in campo. L’aspetto più evidente è l’abbattimento delle barriere tra tifosi e atleti. Fino a pochi anni fa, per seguire i nostri idoli sportivi avevamo tre possibilità: andare al palazzetto, leggere la Gazzetta, aspettare le uscite delle riviste specializzate. Oggi i social hanno avvicinato mondi prima distanti: possiamo sapere in tempo reale cosa succede durante gli allenamenti, come si vestono, cosa mangiano, dove vivono le nostre giocatrici preferite. Il vantaggio è anche per le atlete, che possono impostare una collaborazione diversa con gli sponsor o far sentire la propria voce su questioni importanti. Se prima reperire i tabellini delle partite era un’impresa, oggi basta un giro su facebook per sapere quanto ha segnato quella 2004 fortissima che gioca in uno sperduto paesino abruzzese. È più facile per le ragazze giovani essere notate e per le “professioniste” crearsi un seguito di followers, un proprio brand, anche se non sono mai finite sulla stampa nazionale. Lo svantaggio è che il punto di rottura tra tifosi e giocatori è dietro l’angolo: la facilità con cui si confonde persona e atleta porta spesso i followers a giudizi affrettati o a un controllo ossessivo dei comportamenti dentro e fuori dal campo. Le atlete oggi devono sapere che qualsiasi dichiarazione o materiale postato in rete può incidere significativamente sulla propria immagine e persino sulla propria carriera. Questo vale anche per chi gioca nei campionati minori. Le reazioni del pubblico possono fragilizzare in modo importante atlete che si trovano in fasi delicate del loro percorso di crescita o di carriera, per esempio al rientro da un infortunio. Per questo motivo la maggior parte degli atleti più noti sono seguiti da agenzie specializzate e utilizzano i social applicando piani editoriali che tutelano la loro privacy. L’utilizzo dei social per chi non è “famoso”, ma ha comunque una visibilità pubblica al di fuori di un sistema di relazioni familiare o amicale, non può più essere spontaneo e ingenuo. Occorre sempre domandarsi cosa vogliamo comunicare, chi vogliamo coinvolgere, se quello che diciamo può creare danni o sofferenza a qualcuno. Soprattutto dobbiamo essere consapevoli di quello che vogliamo rivelare di noi. I social sono insomma diventati un lavoro e hanno aggiunto nuove pressioni a quelle che prima venivano solo dal campo. La pretesa di continua reperibilità è una delle nuove cause di ansia degli sportivi, per esempio. Chi non ha una vita da atleta difficilmente riesce a capire che spegnere o silenziare il cellulare è una necessità reale. La partita, per esempio, non impegna le giocatrici solo per i quattro quarti dichiarati, ma esiste il tempo del riscaldamento e prima ancora quello importante della trasferta, durante il quale lo smartphone può essere un buon compagno contro la noia, ma più spesso anche un veicolo di informazioni disfunzionali che possono distrarre o angosciare. In questo caso è meglio utilizzare il telefono per ascoltare musica, lasciandolo off line in modo da mantenere il focus sulla gara e sulla dimensione-squadra. Agli atleti del nostro team consigliamo anche di stabilire uno slot di tempo da dedicare al rapporto con i followers: un’ora al giorno, concentrando tutta l’attività di relationship in un solo momento è molto funzionale, così da non sottrarre nessuna risorsa mentale e fisica al proprio lavoro di sportivi. Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.
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GUARDIA E LADRI
PAGELLONE DI FINE ANNO
Voti a una stagione decisamente storta Di Susanna Toffali Domenica 26 gennaio 2020 Si sono da poco concluse le partite della diciottesima giornata di campionato, quando inizia a diffondersi una notizia a dir poco sconvolgente. Si pensa ad un errore, uno scambio di persona, uno scherzo di pessimo gusto, ma ci si trova ben presto a fare i conti con la cruda realtà: Kobe e Gigi non ci sono più. Il basket femminile decide di reagire, portando un po’ di “Mamba Mentality” in qualsiasi palazzetto, da nord a sud. I simbolici 24 e gli 8 secondi scorrono lenti, in mezzo ad applausi e qualche lacrima di giocatrici, staff, arbitri e tifosi. Commovente. Voto: 10
Il pubblico Onore ai genitori che, per seguire le pargole (sistematicamente fuorisede), ogni weekend percorrono centinaia di chilometri in giro per la penisola. Onore a fidanzati e fidanzate che, per evitare il linciaggio e lo status di single, passano il sabato e la domenica in tribuna armati di spritz e patatine San Carlo a tifare la consorte (sistematicamente panchinara). Onore ai bimbi del minibasket ed ai loro genitori che riescono a trovare parole di conforto anche dopo una sconfitta condita da un favoloso 0/10 al tiro. Onnipresenti. Voto: 9
Il girone d’andata Squadre che partono con incoraggianti record di 0W e 6L e a gennaio ritrovano magicamente a metà classifica. “Cenerentole” neopromosse che macinano posizioni settimana dopo settimana, alla faccia di chi s’era permesso di sottovalutarle. Big che cadono su campi impensabili, facendo imprecare gli scommettitori di fiducia. Ah si, e anche gli allenatori. Il girone d’andata è un vortice di novità e abitudini ormai consacrate, un mix di studio delle avversarie e di sfide giunte ormai alla decima replica, ma che non smettono mai di stupire. Sorprendente. Voto: 8
La non pausa natalizia Dicembre. Inizi a programmare i meritatissimi giorni di ferie tra Natale e Capodanno, cercando di incastrare allenamenti, pranzi con i congiunti e visite ai suoceri. Con non poco giubilo apri il programma prontamente inviato dallo staff e scopri che il calendario prevede tre partite e due soli giorni di riposo: 25 dicembre e 1 gennaio. Meditando già su come nascondere i chili di troppo il giorno di Santo Stefano, ti rendi conto dell’unico barlume di positività della situazione: non ci sarà tempo nemmeno per il tragico yo-yo test. Salvifica. Voto: 7
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Le statistiche Ci sono algoritmi al mondo che non sono ancora ben chiari alla maggior parte della popolazione. Uno di questi è certamente la formula con cui vengono stilate le statistiche durante le partite. In particolar modo, il concetto di “assist” resta ancora un’intrigante terra inesplorata. Se la mia compagna segna da tre su passaggio mio è assist? E se esegue un palleggio prima del terzo tempo? Ma soprattutto, se (come sempre) faccio airball ed il pivot, ritrovandosi casualmente la palla in mano, fa canestro, vale? Che poi, pensi, certe volte gli errori degli addetti non sono nemmeno così deleteri. Soprattutto quando omettono le tue sette palle perse. Carpe diem. Voto: 6
Le regole sul vestiario “Gli accessori utilizzati devono essere dello stesso colore per tutti i componenti della squadra”, dicono le nuove disposizioni generali riguardanti l’equipaggiamento di squadra. Panico totale. Quella che utilizza gli stessi elastici per capelli (puntualmente viola e verde) dal 2005 ha un mancamento. Come si può non aver tenuto conto dell’isterica scaramanzia che aleggia in qualsiasi spogliatoio? Pazzi. Voto: 5
Il turno infrasettimanale Borsone, preso. Documento, c’è. Musica, pronta. Alla vigilia di una trasferta di oltre cinquecento chilometri i pensieri comuni non possono che essere questi. Si gioca alle 21, partenza ore 13.30, cinque ore e mezza di viaggio ed una partita da giocare. “Unica” pecca: è mercoledì, rientrerai a casa (se tutto va bene, perché la legge di Murphy causerà sicuramente qualsivoglia ritardo possibile) per le cinque e alle otto devi essere in università per un esame. E non sai se faccia più paura quello o i trenta punti che prenderete dalla squadra avversaria. Horror. Voto: 4
Lo stop forzato Arriva nel momento migliore della stagione, con una manciata di partite di regular season rimanenti ed un sacco di squadre in piena crescita, rovinando i piani e, soprattutto, privandoci di quel momento che tutti aspettavamo da inizio anno. No, non i playoff, la cena di fine anno offerta dalla società. Pessimo tempismo. Voto: 3
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