Produzione & Igiene
SPECIALE
SICUREZZA ALIMENTARE Monitorare l’ambiente di lavorazione: come scegliere il parametro microbiologico indicatore dello stato igienico e verificare l’efficacia delle azioni correttive e preventive
SPECIALE
PEST MANAGEMENT Nella nuova IFS v.7 requisiti ben definiti per la gestione degli infestanti negli stabilimenti certificati: cosa cambia con il recente aggiornamento dello standard
BIMESTRALE – EDITORE QUINE Srl – 20141 MILANO – VIA G. SPADOLINI, 7 ISSN 1721-5366
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13 maggio
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Il disegno igienico degli stabilimenti lattiero-caseari Introduzione a cura di
Relatore
Vincenzo Bozzetti
Prof. Vittorio Zambrini
Direttore tecnico di Scienza e Tecnica Lattiero-Casearia
Professore a contratto, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza
PA R L E R E M O D I :
il disegno igienico: concetto e principi generalità su normativa e standard volontari disegno igienico e sicurezza alimentare le buone pratiche: esempi di applicazioni
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PROFESSIONE
Etichettatura degli alimenti in continua evoluzione
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e etichette dei prodotti alimentari hanno subìto in questi anni un processo di rinnovamento estremamente importante: rimane l’aspetto accattivante di marketing, teso a convincere esteticamente il consumatore, ma il grado di attenzione e l’esigenza di chi legge, nonché la necessità di dare sempre più informazioni al consumatore sui rischi alla salute, hanno aperto la strada al cambiamento. Molti dei nostri laureati hanno partecipato attivamente a questo processo, per altri l’aggiornamento legislativo che ha interessato l’etichettatura alimentare è stato un tema essenziale e un’occasione per il proprio lavoro, ma è indiscusso che sia materia tipica di competenza della professione di Tecnologo Alimentare. Il nuovo sistema NOVA, basato sul grado di lavorazione industriale messo a punto da un gruppo di studio brasiliano, definisce le lavorazioni come “i processi fisici, chimici e biologici che interessano i vari alimenti una volta che siano separati dalla natura e prima che siano consumati o utilizzati nella preparazione di piatti”. L’applicazione francese Yuka è in grado di scannerizzare dallo smartphone l’etichetta dei prodotti alimentari, analizzando in un batter d’occhio l’impatto sulla salute del numero e tipo di additivi, decidendo se un prodotto è buono o da LUCA BIANUCCI Consigliere Ordine Nazionale Tecnologi Alimentari
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Produzione & Igiene
evitare. Ma è l’etichetta semaforo NutriScore quella di maggior impatto negli ultimi mesi. Prima che fossimo travolti dalla pandemia, era in corso in Italia una battaglia mediatica imposta dall’Europa per danneggiare il made in Italy. Da qualche tempo la campagna contro il Nutri-Score è ricominciata a suon di comunicati stampa: i Paesi Europei che hanno adottato il Nutri-Score si alleano, Luigi Scordamaglia di Filiera Italia parla di “minaccia di imposizione” dell’etichetta francese e di “un sistema di etichettatura scorretto nei confronti dei consumatori e a favore solo di poche multinazionali”. Tra gli obiettivi dell’ambizioso programma della Commissione europea c’è l’intenzione di proporre (entro la fine del 2022) un’etichetta nutrizionale frontepacco armonizzata e obbligatoria in tutta Europa. Niente di definitivo, nel documento non si fa alcun cenno al Nutri-Score, ma se si va a leggere il rapporto del Joint Research Centre sulle etichette a semaforo, le probabilità che questa etichetta diventi il sistema in uso in tutta Europa appaiono piuttosto buone. La scommessa del Tecnologo Alimentare nell’era post-Covid sarà proprio questa: rappresentare l’anello di congiunzione tra competenze diversificate, quali le nutrizionali e salutistico-mediche, progettuali e ingegneristiche, di sicurezza e innovazione. La presenza del TA in uno staff di professionisti, tecnici, commerciali, marketing, pare essere la direzione che molte aziende prenderanno.
I consumatori Italiani ed Europei vedono come più puliti e facilmente comprensibili gli elenchi di ingredienti in etichetta brevi, con la percezione che il prodotto sia più salutare: Clean Label, Free From, Low Carb, E-number free sono le definizioni più in voga, e la tendenza sta spingendo i produttori a indirizzare gli elenchi degli ingredienti con cinque o meno componenti in etichetta. Allo stesso tempo però, un breve elenco di ingredienti non significa necessariamente che un prodotto sia sano o nutriente. In questo quadro generale è chiara l’importanza di una competenza tecnica di un professionista come il Tecnologo Alimentare, espressa come consulente dell’industria alimentare o come operatore dell’industria, che sia sviluppata sui prodotti finiti o sulle materie prime. La formulazione dei prodotti passa attraverso il vaglio di tecnici competenti e specializzati, i nostri laureati sono già al lavoro da tempo per ridurre gli zuccheri o i grassi, oppure il numero di additivi, mantenendo la struttura del prodotto, ma soprattutto la sua shelf life e la salubrità. In alcuni casi è una “mission impossible”, ma chi meglio di un Tecnologo Alimentare è in grado di raccogliere questa sfida? Per quanto in corso nelle varie Commissioni Europee e dei singoli Stati membri riportato sopra, la sfida sarà anche politica, il nostro Ordine in ambito territoriale e nazionale farà la sua parte al meglio delle sue possibilità.
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Produzione & Igiene
IN QUESTO NUMERO... PROFESSIONE Etichettatura degli alimenti in continua evoluzione Luca Bianucci
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INSIGHT Food Safety: tra responsabilità condivise e cultura del cambiamento Massimo Artorige Giubilesi
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INGRANDIMENTI Quando saremo noi a mettere le camole in dispensa Benedetta Bottari 8
NEWS DAL MONDO a cura della Redazione
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BEST PRACTICE La cultura della sicurezza alimentare Paolo Bersighelli
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CONSUMI & TRENDS
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Covid-19: nuovo approccio alle scelte alimentari Guendalina Graffigna
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TECNOLOGIE/LATTIERO-CASEARIO Automazione e sicurezza per Igor Gorgonzola Francesca De Vecchi
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TECNOLOGIE/CEREALI Fattori tecnologici per la digeribilità degli amidacei Francesco Salemi 20
SPECIALE SICUREZZA ALIMENTARE
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INCHIESTA Trasparenza e competenza: la comunicazione del rischio in EU Francesca De Vecchi
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Produzione & Igiene
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LABORATORIO Alimenti e indicatori di igiene Chiara Scelsi
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CONTAMINAZIONE AMBIENTALE Monitoraggio dell’ambiente di lavorazione a cura della Redazione
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ALLERGENI Birre senza glutine: quali prospettive? Marianna Bottero
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SHELF LIFE Sanitizzazione dei prodotti caseari freschi Francesco Emilio Ricciardi, Valentina Lacivita, Amalia Conte, Matteo Alessandro Del Nobile
Direttore Responsabile Giorgio Albonetti
Pubblicità Luigi Mingacci - dircom@lswr.it
Direttore Scientifico Massimo Artorige Giubilesi
Traffico Ornella Foletti ornella.foletti@quine.it
Comitato tecnico scientifico Giancarlo Belluzzi, Vincenzo Bozzetti, Francesco Fiorente, Gaetano Forte, Luciano Negri, Erasmo Neviani, Serena Pironi, Daniele Roseghini
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Redazione Cristina Cardinali redazione.food@quine.it
Stampa Aziende Grafiche Printing Srl Via Milano 3/5 20068 Peschiera Borromeo (MI)
Produzione Paolo Ficicchia p.ficicchia@lswr.it
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Produzione & Igiene Alimenti - Bimestrale Rivista ufficiale del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 510 del 29-10-1983 Iscrizione al ROC n. 23531 dal 6 Maggio 2013
SPECIALE PEST MANAGEMENT AUDIT E STANDARD IFS FOOD versione 7 Francesco Fiorente
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Europeo per la Protezione dei Dati Personali 679/2016 di seguito GDPR, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dal GDPR. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Quine Srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della
CASE HISTORY Analisi del rischio, audit e trend analysis Michele Ruzza
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Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica
PEST CONTROL APPLICATO Il controllo dei ditteri nella grande distribuzione organizzata Moreno Dutto e Francesco Fiorente
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PRODOTTI E SOLUZIONI
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CONTROVENTO Si può innovare nella tradizione? Vincenzo Bozzetti
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Periodo 1/1/2019-31/12/2019 Tiratura media: 3029 copie Diffusione media: 2821 copie Certificato CSST n. 2019-3051 del 24/2/2020 Società di Revisione: Fausto Vittucci
INSERZIONISTI ALITEST BASF BAYER BRENTA RENT COPYR CSB SYSTEM EKOMMERCE FOODCOM
IV Copertina pag. 57 pag. 52-53 III Copertina pag. 51 pag. 11 pag. 65 pag. 19
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pag. 58-61 II Copertina, inserto pag. 29 pag. 49 pag. 43, inserto pag. 32, 33 pag. 39 pag. 1
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INSIGHT
Food Safety: tra responsabilità condivise e cultura del cambiamento
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e parole “food safety, food security, food quality” fanno da tempo parte fondante del vocabolario tecnico di ogni Tecnologo Alimentare, inglobando concetti forse tra i più importanti che riguardano il cibo e l’intera filiera agroalimentare. L’elenco prosegue con l’aggiunta di altri termini quali “food fraud, food defense, food waste” e perché no, anche “food delivery” così di moda ultimamente. Senza soffermarsi nei dettagli, sarebbe assolutamente giusto dire che emerge la punta dell’iceberg delle problematiche legate al mondo alimentare. Non mi dilungo nel riportare le definizioni precise di ogni termine che stando a quanto adottato nel nostro gergo professionale ha un suo valore specifico che deve essere chiaro e distinto, perché a mio avviso è giunta l’ora di rivedere tali definizioni non solo riportate al quadro generale della situazione di emergenza che stiamo attraversando da oltre un anno. Mi chiedo se alla luce di tutto ciò che sta succedendo a livello globale possiamo ancora permetterci un netto distacco tra la food safety e la food security? Possiamo ancora parlare di food quality senza le dovute considerazioni che richiamano l’attenzione della food fraud? Possiamo
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MASSIMO ARTORIGE GIUBILESI Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari Lombardia e Liguria
ancora puntare sulla food delivery lasciando la food defense come priorità solo per il settore produttivo e non per quello del trasporto e della consegna? Può esistere un buono e valido Sistema di Gestione della sicurezza alimentare che non preveda azioni di riduzione dello spreco alimentare? Facendo queste domande non voglio assolutamente semplificare gli argomenti, perché è ovvio che parlando e agendo all’interno di una filiera così complessa come quella alimentare, le problematiche sono interconnesse e concatenate, ma voglio richiamare l’attenzione sulla necessità di maggior sensibilità e attenzione ad ogni livello. Mai come oggi urge la necessità di reagire trasversalmente e in maniera concreta e responsabile. Non a caso dal 2019 l’OMS e la FAO hanno istituito la Giornata Mondiale della Sicurezza Alimentare con il chiaro obiettivo di stimolare tutti gli attori della filiera - istituzioni, operatori, consumatori - ad intraprendere politiche attive che contribuiscano ad uno sviluppo sostenibile che garantisce la crescita economica. Nel 2020 la Commissione Codex Alimentarius ha introdotto alcune importanti novità nel documento CXC 1-1969, che
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conosciamo come il documento principale contenente le indicazioni in merito all’approccio HACCP. È il caso di ricordarci che CXC 1-1969 – “Codice internazionale raccomandato di pratiche generali e principi di igiene alimentare” è stato redatto nel lontano 1969 e successivamente modificato nel 1997, 1999 e 2003. L’ultima revisione a settembre 2020 apporta modifiche strutturali del documento dividendolo in due capitoli. Il primo, dedicato alle buone pratiche igieniche (General Principles of Food Hygiene) che sono riportate già in altre misure introdotte dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) in materia di Sistemi di Gestione della sicurezza
alimentare, rinforzando però il concetto che gli OSA possono e devono applicare con flessibilità il metodo senza perdere l’efficacia dello stesso. Nel secondo documento (CXC 80-2020) è riservato un particolare spazio alla gestione degli allergeni che rappresenta un problema rilevante che secondo le statistiche riguarda circa 3-4% della popolazione. Questo dato però, come sottolinea la stessa EFSA, dovrebbe essere sottoposto a ulteriori misurazioni in quanto la gravità dei pericoli associati alle reazioni allergiche possono provocare in alcuni casi conseguenze letali. È chiara quindi l’intenzione del legislatore di introdurre cambiamenti necessari
Dal 2019 l’OMS e la FAO hanno istituito la Giornata Mondiale della Sicurezza Alimentare con il chiaro obiettivo di stimolare tutti gli attori della filiera ad intraprendere politiche attive che contribuiscano a uno sviluppo sostenibile.
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all’adeguamento dei processi sull’intera filiera agroalimentare per garantire maggior tutela per i consumatori, sottolineando le responsabilità condivise tra tutti gli OSA, a seconda del livello in cui operano. Si deve fare ancora molto per l’allineamento e la riqualificazione operativa sul Sistema di Gestione degli sprechi alimentari e la ridistribuzione delle eccedenze sempre in stato di salubrità, in risposta anche alle evidenti necessità a livello sociale. Quello che soprattutto conterà, da qui in avanti, sarà lo sforzo che dobbiamo compiere a tutti i livelli per la diffusione su larga scala di una ”cultura della sicurezza alimentare”, a cui il nuovo Reg. UE 2021/382 dedica un capitolo specifico, intesa come l’impegno degli OSA e del Management aziendale a informare-formare-addestrare tutti i collaboratori per prevenire malattie trasmissibili con gli alimenti e stati di allerta sanitaria. L’introduzione del Codex Alimentarius ci stimola a riflettere su alcuni temi fondamentali, con un approccio trasversale e multidisciplinare, abbandonando vecchi schemi e adottando un nuovo approccio culturale lungo tutta la filiera: “La popolazione ha il diritto di aspettarsi che il cibo che essa assume sia sicuro e idoneo al consumo. L’insorgenza di focolai di malattie alimentari può danneggiare il commercio, il turismo, condurre alla perdita di profitti, di posti di lavoro e a contenziosi. La degradazione degli alimenti è uno spreco, è costosa e può influenzare negativamente il commercio e la fiducia dei consumatori. Un controllo efficace dell’igiene è vitale al fine di evitare conseguenze negative sulla salute umana ed economiche (derivanti da malattie alimentari, lesioni d’origine alimentare, degradazione degli alimenti). Ognuno, compresi gli agricoltori e gli allevatori, i produttori ed i trasformatori, coloro che maneggiano gli alimenti ed i consumatori stessi, ha la responsabilità di assicurare che gli alimenti siano sicuri ed idonei al consumo”.
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INGRANDIMENTI
Quando saremo noi a mettere le camole in dispensa
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inalmente, se così si può dire, l’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha espresso parere positivo sull’uso di insetti come nuovo alimento. In realtà la questione è un po’ più complessa di così, poiché esistono numerosissime specie di insetti teoricamente commestibili, e altrettante richieste di valutazione di nuovi alimenti da essi composti, sottoposte ad Efsa. Per ora, è l’utilizzo di larve delle tarme della farina (Tenebrio molitor), allevate ed es-
Possiamo iniziare a lavorare sul “fattore disgusto”
BENEDETTA BOTTARI Professore Associato Microbiologia degli Alimenti Università degli Studi di Parma
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siccate, ad essere stato valutato come sicuro per il consumatore. Dall’analisi della letteratura, non sono emerse criticità dal punto vista nutrizionale - anzi si tratterebbe di un’interessante fonte proteica, tra le altre cose particolarmente sostenibile - né da quello tossicologico. Il trattamento di essicazione permette di ottenere la sicurezza microbiologica, mentre rimane aperta la questione allergeni (gli insetti sono composti anche da proteine simili a quelle dei crostacei e degli acari della polvere, e si cibano di farine che possono contenere glutine), che
sarà affidata ad una corretta ed esaustiva etichettatura. Prima di poter fare grandi scorpacciate di queste esotiche prelibatezze, dovremo però attendere che la Commissione Europea formuli una proposta di autorizzazione e che i paesi membri votino per l’immissione sul mercato della larva gialla. Nel frattempo, possiamo lavorare sul cosiddetto “fattore disgusto”, come lo ha chiamato il collega Giovanni Sogari, ricercatore dell’Università di Parma, che ha a lungo studiato la percezione del consumatore riguardo all’entomofagia. Con il tempo, e grazie alla suggestione positiva derivante dal sapere che oltre ai 2 miliardi di persone che vanno già ghiotti di insetti, e che anche gli altri paesi europei stiano arricchendo i ricettari con zampette tra gli ingredienti, questa repulsione potrebbe essere superata. D’altronde, contro ogni pronostico, anche noi italiani - pizza, pasta e mattarello - ci siamo appassionati al sushi: chi dice che in qualche anno non apriremo le nostre menti, e le nostre tavole, a qualche saltellante microalimento? Si tratta poi di vedere se gli insetti diverranno alimenti per pochi e bizzarri consumatori o se il costo finale dei prodotti derivati sarà compatibile con una maggiore diffusione, così da disporre di un’altra fonte sicura di proteine (o di proteine sicure), alternativa ai nostri tradizionali alimenti occidentali, utile a nutrire, in futuro, i sempre più numerosi abitanti del nostro pianeta.
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NEWS
AGRIFOOD 4.0: DINAMICITÀ E INNOVAZIONE
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emergenza Covid-19 ha messo fortemente sotto stress il settore agroalimentare italiano, diminuendo la disponibilità di manodopera, aumentando la pressione sulla logistica distributiva, riducendo le vendite nel canale Ho.Re.Ca e la fiducia dei consumatori. Queste difficoltà, soprattutto durante il primo lockdown, hanno rallentato anche il mercato dell’Agricoltura 4.0, che però è ripartito di slancio nella seconda parte dell’anno, raggiungendo un valore di 540 milioni di euro nel 2020 (circa il 4% del mercato globale) e registrando una crescita del 20% rispetto all’anno precedente, in linea con l’andamento pre-pandemia. La spesa è trainata dalle soluzioni di Agricoltura di Precisione - gli strumenti a supporto delle attività in campo – come i sistemi di monitoraggio e controllo di mezzi e attrezzature (36% del mercato), e i macchinari connessi (30%). Sono 538 le soluzioni di Agricoltura 4.0 disponibili per il settore agricolo in Italia (oltre 100 in più rispetto al 2019), che usano prevalentemente sistemi di Data
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Analytics, piattaforme o software di elaborazione e Internet of Things, e trovano applicazione nelle fasi di coltivazione, semina e raccolta dei prodotti in diversi comparti, fra i quali emergono l’ortofrutticolo, il vitivinicolo e il cerealicolo. Ben il 60% delle aziende agricole utilizza almeno una soluzione digitale, e il 38% ne impiega due o più, ma solo il 3-4% della superficie agricola è coltivata con strumenti 4.0, segno che il mercato deve ancora esprimere larga parte del suo potenziale.
Il digitale è sempre più presente Avanzano le tecnologie per la raccolta, la valorizzazione e la condivisione dei dati lungo la filiera, come le soluzioni Mobile (+65% rispetto al 2019), l’analisi avanzata dei dati (+57%) e le piattaforme di elaborazione (+60%). Continua la crescita della Blockchain, presente nel 18% delle soluzioni di tracciabilità (+59%), anche se con un ritmo più lento rispetto al 2019. L’agroalimentare è il terzo settore per numero di progetti pilota e operativi di Blockchain a livello internazionale, avviati dalle imprese per ragioni commerciali, migliorare l’efficienza della supply chain e per una maggiore sostenibilità ambientale o sociale. Sono i risultati della ricerca realizzata dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano* e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, presentata ad un recente convegno online “Smart Agrifood: condivisione e informazione, gli ingredienti per l’innovazione”. “Il settore agroalimentare ha superato la prova della pandemia, mostrandosi dinamico e aperto all’innovazione, ben consapevole dei benefici che l’applicazione delle tecnologie digitali può appor-
tare in termini di efficienza, competitività, sostenibilità della filiera – afferma Andrea Bacchetti, direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood -. Nonostante questo, soltanto una piccola parte della superficie agricola è oggi coltivata con strumenti 4.0. Per sbloccare questo potenziale ancora inespresso sarà necessario lavorare sull’interoperabilità e l’interconnessione delle soluzioni, lo sviluppo di competenze specifiche e la valorizzazione e condivisione dei dati”. “Le soluzioni digitali si stanno facendo largo nell’ambito della tracciabilità alimentare, dove non mancano soluzioni abilitate da tecnologie che migliorano la raccolta, la valorizzazione e la condivisione dei dati lungo la filiera - afferma Chiara Corbo, direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood -. Accanto alle tecnologie più innovative come IoT, Mobile e Advanced Analytics, rimane però importante il peso delle soluzioni “tradizionali”, come i software gestionali e quelli cosiddetti verticali, che non sempre assumono una prospettiva di filiera. Nel prossimo futuro sarà fondamentale lavorare a soluzioni che, in un’ottica di “piattaforma”, siano adatte a sostenere lo scambio e la valorizzazione di dati tra gli attori, per rendere la tracciabilità un’opportunità concreta per l’efficienza della supply chain, per il coordinamento lungo la filiera e per la valorizzazione del prodotto”.
L’Agricoltura 4.0 Il mercato italiano dell’Agricoltura 4.0 è trainato dai produttori di macchine agricole e ausiliari, responsabili del 73% del fatturato, seguiti dai fornitori di soluzioni IT e tecnologie avanzate (in particolare Internet of Things) con una quota del 17%. Le soluzioni che attirano più investimenti sono quelle per il monitoraggio e il controllo di mezzi e attrezzature agri-
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NEWS
e innovativi. Emerge l’importanza delle piattaforme (30% delle soluzioni) per la condivisione dei dati di filiera, in crescita di oltre il 60% rispetto all’anno precedente. Tra le tecnologie innovative, guida la tecnologia Mobile (presente nel 25% delle soluzioni), che è anche quella più in crescita (+65%), seguita da Blockchain (+59%), Data Analytics (+57%) e IoT (+47%).
La Blockchain nell’agroalimentare
cole (36% del mercato) e i macchinari connessi (30%). Nei software gestionali si concentra il 13% della spesa, i sistemi per il monitoraggio da remoto di coltivazioni e terreni coprono l’8%, il 5% è rappresentato da sistemi di supporto alle decisioni, il 4% da soluzioni per la mappatura di coltivazioni e terreni, il 2% da robot per le attività in campo.
L’Alimentare 4.0 Oltre alle aziende agricole, anche le imprese della trasformazione alimentare sono aperte all’innovazione e alla sperimentazione di soluzioni 4.0, anche se ancora spesso legate a tecnologie di base. L’87% delle 135 imprese analizzate dall’Osservatorio applica o sperimenta almeno una tecnologia digitale, principalmente nei processi distributivi e produttivi, fra le quali spiccano i software di gestione dei fornitori e del magazzino (75%) e i dispositivi portatili (57%). Non mancano, però, realtà che si concentrano su tecnologie più innovative: soprattutto Data Analytics (il 19% le applica, il 9% le sperimenta), Cloud (18% e 10%),
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IoT (16% e 10%), Advanced Automation (13% e 3%) e Blockchain (2% e 6%). Le aziende utilizzano le soluzioni digitali principalmente per rendere più efficienti i processi produttivi (52%), ridurre la distanza col consumatore (47%) e migliorare la gestione logistica e la tracciabilità (45%). L’85% del campione intende investire in strumenti 4.0 entro i prossimi tre anni, soprattutto in soluzioni Mobile (54%), software gestionali per fornitori e magazzino (43%), Data Analytics (33%) e Blockchain (18%).
L’agroalimentare si conferma il terzo settore per numero di progetti di Blockchain a livello internazionale, pari al 7% delle 1.242 iniziative mappate, anche se solo il 31% sono progetti pilota e appena l’8% sono iniziative realmente operative, contro il 61% di annunci. Le imprese sperimentano la Blockchain per ragioni commerciali e di marketing (nel 61% dei casi), per migliorare l’efficienza della supply chain (45%) e per una maggiore sostenibilità ambientale e sociale (24%). I produttori di materia prima sono coinvolti nell’81% dei progetti, ma ne sono promotori solo nel 3% dei casi, mentre il 23% è avviato da imprese della distribuzione e il 20% da aziende della trasformazione.
Il digitale per la tracciabilità alimentare La tracciabilità alimentare è uno degli ambiti in cui le aziende stanno maggiormente utilizzando il digitale (89% del campione), che genera i maggiori benefici per il settore e in cima alle preferenze di investimento. Sono 157 le soluzioni digitali per la tracciabilità alimentare offerte da 125 aziende, equamente divise fra strumenti tradizionali (come i gestionali o i software verticali fortemente specifici per la rintracciabilità dei lotti)
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STUDIO SULLE DIFFERENZE SENSORIALI
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a Commissione Europea ha pubblicato i risultati della seconda parte di un confronto di qualità a livello di UE dei prodotti alimentari commercializzati con lo stesso marchio, uno studio condotto dal Centro comune di ricerca (CCR). La prima parte dello studio, pubblicata nel 2019, si è concentrata sulle differenze nella composizione dei prodotti alimentari. Per circa un terzo dei prodotti testati, sono state riscontrate differenze non immediatamente evidenti dalle informazioni sulla parte anteriore della confezione, ma dagli ingredienti. Lo scopo della seconda parte dello studio, presentato oggi, era scoprire se queste differenze compositive possono essere percepite dai sensi umani. Le differenze nei prodotti alimentari non hanno seguito un modello geografico. Allo stesso tempo, i risultati presentati oggi dimostrano che le differenze sensoriali sono chiaramente evidenti, dove ci sono grandi differenze nella composizione del prodotto. Ad esempio, differenze significative nel contenuto di zucchero nei cereali per la colazione possono essere percepite influenzando la dolcezza complessiva del prodotto. Al contrario, quando le differenze di composizione erano piccole, gli esperti non potevano percepirle, ad esempio, variazioni minori nel contenuto di grassi nelle patatine. Nel complesso, sono state riscontrate differenze sensoriali in 10 dei 20 prodotti testati. Lo studio è stato condotto come progetto pilota, testando 20 prodotti che avevano mostrato differenze di composizione nella prima parte dello studio. I campioni di ciascun prodotto sono stati acquistati in 5-10 diversi Stati membri. Poiché i tester sono stati appositamente formati, è probabile che il consumatore medio non percepisca necessariamente le stesse differenze. La possibilità o meno di rilevare differenze da parte degli esperti dipendeva non solo dal fatto che le differenze di composizione fossero grandi o piccole, ma anche dal tipo di ingredienti utilizzati: allo stesso tempo, va notato che i consumatori non basano la loro decisione di acquistare un prodotto esclusivamente sull’esperienza sensoriale ma possono anche essere influenzati da altri elementi, come i costi.
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La Cultura della sicurezza alimentare Il vero impegno porta a risultati reali. Perché preoccuparsene?
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a cultura della sicurezza alimentare e della qualità è una componente importante per la resilienza nelle imprese. Aiuta a creare un sostenibile vantaggio competitivo perché una cultura robusta può meglio governare i rischi e anche aiutare ad adattarsi più facilmente a nuovi modelli di lavoro in contesti in rapida evoluzione e senza precedenti come quelli di oggi. Inoltre, il 3 marzo 2021, la Commissione europea ha pubblicato il Regolamento (UE) 2021/382 che modifica gli allegati del regolamento (CE) n. 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari per quanto riguarda la gestione degli allergeni alimentari, la ridistribuzione degli
alimenti e proprio la cultura della sicurezza alimentare. Rivenditori e produttori alimentari si stanno concentrando più da vicino su questo aspetto perché la cultura può migliorare la produttività e la qualità della produzione, ridurre il turnover dei dipendenti e fornire una maggiore soddisfazione della clientela. Ciò può tradursi in meno sprechi, costi inferiori, miglioramenti nella sfera della reputazione e, in ultima analisi, in maggiore redditività. La cultura di un’organizzazione è composta da componenti tangibili (come retribuzione, condizioni di lavoro e la formazione) ed intangibili (come l’auto-motivazione, la fiducia, il lavoro di squadra e il riconoscimento).
Buona vs cattiva cultura Così come ogni organizzazione ha la propria missione, ogni organizzazione ha una cultura unica. Tuttavia, le organizzazioni che hanno culture positive tendono ad avere queste caratteristiche comuni: § visione e valori aziendali chiari § dipendenti che la pensano allo stesso modo e che lavorano in modo trasversale rispetto alle singole funzioni § una struttura relativamente piatta in cui la dirigenza interagisce costantemente con i dipendenti § buona retribuzione e benefit § i dipendenti hanno il potere di prendere decisioni § promozione basata solo sul merito § formazione e sviluppo personale In contrasto, culture aziendali limitate o disfunzionali spesso includono: § strutture gerarchiche § dipendenti che svolgono lavori ripetitivi con minima responsabilità § ricorrenza della “colpa” e un atteggiamento difensivo quando si commettono errori § diverse funzioni che lavorano in silos e in un ambiente altamente regolato In questo tipo di atmosfera, gli errori possono essere commessi da dipendenti scarsamente motivati e nascosti sotto il tappeto. È probabile che si avrà anche un elevato turnover dei dipendenti poi-
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Produzione & Igiene
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Paolo Bersighelli Business Developer Manager Food sector, BSI
BSI BRITISH STANDARDS INSTITUTION BSI British Standards Institution - in qualità di ente di normazione - da oltre un secolo consolida best practice aiutando le organizzazioni in tutto il mondo a portare l’eccellenza al proprio interno e a costruire competenze e capacità per una crescita sostenibile. Fornisce servizi di certificazione, training e soluzioni di “customize assurance” ad oltre 86.000 clienti in 193 paesi e diversi settori tra i quali il Food&Beverage. www.bsigroup.it
ché le persone non vogliono lavorare in un ambiente in cui il loro contributo non è adeguatamente percepito. Un elevato turnover dei dipendenti è costoso. Le persone non fanno il loro lavoro correttamente per svariati motivi (mancanza di tempo, mancanza di formazione, mancanza di motivazione). La ragione di fondo è che questi compiti non sono stati recepiti con il giusto livello di priorità perché gli amministratori e i manager non comunicano sufficientemente la loro importanza. Anche le relazioni stabili con i fornitori sono alla base della cultura. Etica e valori sono altrettanto importanti. Quando il rapporto cliente-fornitore è puramente transazionale e basato sul prezzo, i fornitori vengono cambiati frequentemente, non è quindi possibile sviluppare una relazione che promuove la sicurezza alimentare e la qualità.
Sviluppare una buona cultura della sicurezza alimentare Una buona cultura non esiste per caso. Fin dai primi passi, cioè definizione e progettazione, è richiesto un duro lavoro.
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Produzione & Igiene
La cultura inoltre richiede costante attenzione: deve essere nutrita e adattata continuamente per essere rilevante in un’organizzazione.
Quali sono i requisiti di una cultura della sicurezza alimentare? Innanzitutto l’alta dirigenza deve essere coinvolta, attiva e impegnata su questo tema. § Creare una strategia per la sicurezza alimentare che venga sostenuta da politiche chiare e ben comunicate. La strategia e le politiche devono ovviamente essere allineate alle priorità aziendali. Tutti i dipendenti devono comprendere il loro ruolo e l’importanza delle buone pratiche. Questo vale anche per i fornitori e tutti i portatori d’interesse all’esterno dell’organizzazione. § Ruoli e responsabilità dei dipendenti devono essere chiaramente definiti. Ciò consentirà loro di prendere decisioni, oltre a fornire KPI allineati alla strategia e alle priorità dell’azienda. § Gestione, feedback e lavoro di squadra integrato e aperto. I dipendenti dovrebbero essere incoraggiati a fornire feedback, comprese le segnalazioni, attraverso meccanismi consolidati sapendo che non saranno incolpati o ignorati. È importante che il senior management si assicuri che il middle management aderisca alla stessa visione al fine di evitare che i messaggi giusti non vengono trasmessi al personale. § Fornire gli strumenti e le attrezzature giusti ai dipendenti per svolgere il lavoro. Questo può sembrare ovvio, ma sorprendentemente spesso non è così. § Riconoscere un lavoro ben fatto e stabilire le conseguenze del mancato rispetto delle regole aiuta a promuovere un clima di fiducia e rafforza le priorità aziendali.
§ Implementare le misurazioni, ciò che viene misurato viene fatto. Gli standard e gli audit svolgono un ruolo importante. Per scoraggiare la percezione che gli audit siano un ostacolo da superare, aiutare i lavoratori a capire che il loro scopo principale è ricontrollare che tutto stia funzionando bene. Ciò che viene misurato può anche evolversi nel tempo; coinvolgere i dipendenti chiedendo loro cose nuove che potrebbero essere misurate per renderli parte del processo. § Revisione regolare e meccanismi di feedback. Ciò garantisce che le giuste priorità e messaggi vengano trasmessi a tutto il personale. L’opportunità di fornire feedback può essere estesa anche a fornitori e/o clienti poiché le persone esterne all’azienda potrebbero essere in grado di identificare ulteriori aspetti rilevanti.
Il ruolo della tecnologia Progressi tecnologici come l’Internet of Things porterà vantaggi in tutta l’industria alimentare. Aspetti di sicurezza alimentare che in precedenza erano attività manuali, come le temperature del frigorifero e la durata di conservazione possono ora essere registrate automaticamente ed è possibile avere avvisi istantanei in caso i limiti siano superati. L’automazione nell’industria alimentare migliorerà senza dubbio accuratezza, qualità, produttività e coerenza.
Guardare al futuro È importante che tutti i dipendenti si evolvano e cambino in relazione al business. Comunicazione chiara e comprensione del perché le cose stanno cambiando sono elementi assolutamente essenziali per garantire che il cambiamento avvenga senza impatti sulla la qualità del cibo e sulla cultura della sicurezza alimentare.
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CONSUMI & TRENDS
Covid-19:nuovo approccio alle scelte alimentari
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e ancora oggi, in buona parte del Mondo, la pandemia da Covid-19 è un’emergenza sanitaria, è sempre più evidente come la crisi che ne sta derivando impatti su molti ambiti della nostra vita quotidiana. In quest’ottica, e focalizzando l’attenzione sulle relazioni tra alimentazione e difese immunitarie, è recentemente uscito uno studio dell’Università Cattolica che inizia a far luce su un aspetto peculiare di questa fase storica: il cambiamento che Covid-19 sta causando nell’approccio psicologico alle scelte e ai consumi alimentari. Da questa ricerca – condotta attraverso una survey su un campione rappresentativo della popolazione – emerge subito un dato particolarmente rilevante: il 40% della popolazione italiana percepisce la propria alimentazione come “poco importante” al fine di rafforzare il sistema immunitario per ridurre il rischio di contagio da Covid-19. E in tal senso sono soprattutto i giovani a pensarla così: nella fascia della popolazione tra i 18 e i 34 anni, il 51% del campione non ritiene che le proprie scelte alimentari possano aiutare a difendersi da Covid-19. Seppur ad oggi non esistano evidenze scientifiche che testimoniano una relazione diretta tra l’alimentazione e la prevenzione da Covid-19, è pur sempre vero che da sempre gli esperti sottolineano l’importanza
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di avere un sistema immunitario sano per affrontare al meglio eventi come questo. Risulta quindi interessante offrire una panoramica sugli orientamenti degli italiani rispetto al ruolo che l’alimentazione possa avere in questa pandemia, anche a fronte delle sfide che essa ha comportato per gli italiani in termini di stile di vita. In questa fetta della popolazione, quelli che attribuiscono meno importanza al cibo come fattore di prevenzione differiscono, dal punto di vista psicologico, sull’atteggiamento nei confronti della salute e del cibo. Lo studio – condotto da Mariarosaria Savarese, Greta Castellini e Guendalina Graffigna dell’EngageMinds HUB, centro di ricerca della Cattolica in psicologia dei consumi e della salute e da Lorenzo Morelli, Ordinario di microbiologia e direttore del Dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile (Distas) dello stesso Ateneo e pubblicato sulla rivista scientifica Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases – ha fatto emergere anche altri elementi che coinvolgono la sfera psicologica dei cittadini e che possono fornire una chiave di lettura interessante per questo fenomeno. In particolare, fra coloro che hanno una bassa preoccupazione di contagio da Co-
vid-19 e mostrano difficoltà nel gestire la propria salute in condizione di forte stress, la percentuale di persone che non percepisce l’alimentazione come un fattore di protezione aumenta, rispettivamente, di 6 e 15 punti percentuali (46% e 55%). Per quanto riguarda le abitudini di consumo alimentare, fra coloro che non percepiscono l’alimentazione come un’arma di difesa contro il contagio da Covid-19, solamente il 18% dichiara che, nei prossimi sei mesi, il rafforzamento del sistema immunitario diverrà un principale driver di consumo alimentare. Per questo motivo, probabilmente, affermano che, anche nei prossimi sei mesi, l’85% delle persone non darà ai propri consumi alimentari la valenza di sostegno al proprio sistema immunitario e dunque di difesa da Covid-19. Nemmeno attraverso prodotti ricchi di vitamine e antiossidanti. Di conseguenza, la maggior parte di queste persone non sarà intenzionata ad aumentare l’acquisto di alimenti ricchi di vitamine e antiossidanti ma, al contrario, ne prevede una diminuzione (15%). Ma ripartiamo dal contesto. La diffusione del coronavirus Sars-CoV-2, che sta determinando la pandemia da Covid-19 – sta sfidando i comportamenti delle persone, e questo è particolarmente vero nel campo degli stili di vita e delle scelte
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di Guendalina Graffigna Ordinario di Psicologia dei Consumi e della Salute, Università Cattolica del Sacro Cuore
Il 40% della popolazione italiana ritiene la propria alimentazione come “poco importante” al fine di rafforzare il sistema immunitario
alimentari. Molte delle misure di contenimento della curva epidemiologica, quali la
LA RICERCA I dati della ricerca sono stati raccolti tramite un questionario posto a campione rappresentativo della popolazione italiana per genere, età, professione, area geografica. Il sondaggio è stato condotto utilizzando la metodologia CAWI (computerassisted web interviewing) tra il 12 e il 18 maggio 2020. Il campione era costituito da 1004 soggetti selezionati in modo casuale dal panel dei consumatori gestito da Norstat srl (https://norstat.it/). Nella ricerca sono state esplorate le differenze tra quanti credono che il rafforzamento delle difese immunitarie attraverso la nutrizione sia importante per ridurre il rischio di contrarre Covid-19 e coloro che pensano il contrario; e i dati sono stati incrociati con variabili sociodemografiche e un insieme di item ad hoc.
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La pandemia può spingere verso una visione di cibo “rifugio emotivo” forte riduzione degli spostamenti, il lavoro da casa e il distanziamento sociale che elimina la convivialità stanno cambiando l’approccio delle persone all’acquisto del cibo. E in questa fase, dall’altro lato, gli sforzi di molti soggetti istituzionali per comunicare buoni stili di vita e corrette scelte alimentari, sembrano essere vanificati dall’orientamento psicologico di molti cittadini. Sono d’altro canto diversi gli studi recenti che indicano come l’emergenza da Covid-19 abbia influito sui consumi alimentari tramite l’impatto psicologico che essa ha avuto sui consumatori. È ad esempio frequente il caso di persone che per affrontare lo stress passino a diete scorrette e talvolta nocive per la salute, attraverso un abbondante ricorso a cibi ricchi di zuccheri, sali o grassi. Considerando che il cibo ha un ruolo importante nel buon funzionamento del sistema immunitario, questa ricerca è stata orientata alla comprensione degli atteggiamenti delle persone sul ruolo dell’alimentazione come misura di prevenzione nel corso della pandemia da Covid-19, allo studio della relazione che esiste tra l’orientamento dei cittadini alla salute e come questo aspetto possa riconfigurare i consumi alimentari di oggi e del futuro. In questo contesto, la situazione determinata dal Covid-19 sembra aver polarizzato nelle persone gli atteggiamenti
psicologici nei confronti della salute e abbia influenzato le loro scelte alimentari aumentando potenzialmente il rischio di diete scorrette. Seppur evidenziato dalla letteratura scientifica, il legame tra alimentazione e sistema immunitario rischia di essere sottovalutato proprio a causa del disorientamento emotivo che i consumatori stanno vivendo in questa pandemia. Il pericolo è quello che le scelte dei consumatori italiani si allontanino da un’alimentazione sana ed equilibrata – rappresentata nel nostro Paese dal modello della dieta mediterranea - verso forme più estreme di alimentazione che oscillano tra una visione del cibo come “rifugio emotivo” ad una visione dello stesso come panacea per tutti i mali. Ecco il motivo per cui è sempre più importante comprendere l’orientamento psicologico delle persone, anche e soprattutto al fine di trovare le leve giuste, dal punto di vista della comunicazione in senso lato e delle policy da adottare a vari livelli, per orientare favorevolmente le dinamiche individuali e sociali, e di conseguenza le scelte alimentari dei consumatori. Anche attraverso campagne educative che mirino a diffondere informazioni efficaci e corrette, a rafforzare la motivazione positiva degli individui verso un sano consumo di cibo e ostacolare così l’insorgere di comportamenti a rischio.
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Tecnologie / Lattiero Caseario
Automazione e sicurezza La scelta di Igor per coniugare tradizione e futuro
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OP dal 1996, il Gorgonzola ha una storia che risale a tempi antichi. Le prime forme sono state prodotte alla fine del IX secolo, alle porte di Milano, nel paese che ancora oggi dà il nome al formaggio. Fabio Leonardi la conosce bene. Oggi è CEO di Igor Gorgonzola, azienda famigliare fondata dal nonno Natale a Mezzomerico (NO) nel 1935. Leonardi racconta di quando, fresco di laurea, girando il
Fabio Leonardi, CEO di Igor Gorgonzola
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Linea di pastorizzazione latte (Tetra Pak)
mondo si rende conto di quanto questo formaggio sia apprezzato all’estero e di quanto la conoscenza sia estesa. «C’era però ancora una certa diffidenza verso i piccoli produttori in merito agli aspetti relativi alle garanzie quantitative e di si-
curezza microbiologica e nessun produttore aveva fatto investimenti per far crescere il prodotto Gorgonzola nel mondo». Igor si trovava davanti ad uno spazio inesplorato e fu così che la famiglia decise di fare un primo grande investimento per un nuovo stabilimento. «La mossa vincente - dice Leonardi fu scegliere di progettare un impianto all’avanguardia con una società di engineering francese. In Francia, infatti, la cultura imprenditoriale sull’automazione, sui materiali, i processi di cleaning, era già presente presso alcuni produttori di Camembert». Altra decisione rivelatasi fondamentale fu quella di cominciare a produrre a marchio privato per la GD (sia italiana, sia estera), che insegnò all’azienda a lavorare secondo procedure, certificazioni e tracciabilità. «Abbiamo capito che le cosiddette private label avrebbero offerto a Igor una opportunità per struttura-
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Francesca De Vecchi Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica
re l’impresa di famiglia, da artigianale a modelli di produzione moderni. Un cambio epocale per quegli anni» ricorda il CEO di Igor. Fiducia, tenacia, spirito imprenditoriale. Descrive così Leonardi, guardando indietro, l’avventura di ampliamento dell’azienda. Quali sono stati i requisiti che avrebbe dovuto avere il nuovo impianto? Automazione e controllo, un sistema di stagionatura dinamico, completamente lavabile (i formaggi a crosta fiorita hanno infatti il problema della diffusione di Listeria), tanto per cominciare. Era necessario fare scelte radicali per garantire sicurezza nel rispetto della tradizione casearia del Gorgonzola. Il nuovo stabilimento già nasceva pronto per rispondere ad una eventuale crescita delle produzioni. Quando la domanda diventa esplosiva Igor decide di ampliare la parte della stagionatura e quella produttiva, senza snaturare i processi. Nel 1996
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quindi installa un impianto di coagulazione in continuo, della tedesca Alpma, in uso a poche multinazionali. «Grazie alle caratteristiche di efficienza e sicurezza dell’impianto, Igor si presenta sul mercato globale con un prodotto igienicamente sicuro e senza le oscillazioni tipiche di quello artigianale, unica azienda ad integrare produzione, stagionatura e commercializzazione». Nel frattempo mentre cresce la domanda di prodotto premium da caseificio artigianale, Igor acquista altri siti: due caseifici artigianali con polivalenti da 3000 litri, Pal e Clin, poi un magazzino di stagionatura, la Ballarini. Insomma, il coagulatore ormai lavorava in continuo e nasceva anche la necessità di smaltire grandi quantità di siero: quello del Gorgonzola è pregiato perché ricco di lattosio e senza lisozima, per trattare il quale Igor installa anche un impianto ad osmosi inversa della danese DSN per la fase di concentrazione. «A questo punto avevamo prodotto per soddisfare tutte le esigenze dei nostri clienti – continua Leonardi. Avevamo però bisogno di un secondo coagulatore, ma soprattutto di ripensare a tutto l’impianto in termini di sostenibilità e di tracciabilità da industria 4.0».
Obiettivo: efficienza massima «Con un quota di mercato vicino al 40% abbiamo messo in programma 5 anni fa un investimento da 50 milioni di euro: controllo di processo, ricettazioni particolari per le esigenze del mercato estero e 28 linee di confezionamento su cui abbiamo investito per rispondere alle richieste del consumatore finale e dell’Horeca». Abbiamo fatto quindi un calcolo sui benefici diretti e indiretti e la richiesta fu “efficienza massima”: massimo recupero termico del latte in arrivo a 4 gradi e dei vari salti termici fino al prodotto a 30°C (temperatura di ingresso in produzione). Recupero dell’acqua demineralizzata per osmosi per fare i primi lavaggi. E non ultimo il recupero energetico: «oggi abbiamo due impianti di cogenerazione e autoproduciamo energia con gas» spiega Leonardi. Oggi Igor ha un impianto altamente automatizzato grazie ad un lavoro di progettazione e messa in opera molto sofisticato. L’impianto è stato di fatto raddoppiato: posizionato un doppio pastorizzatore, doppie scrematrici, per essere autosufficienti e per garantire una produzione continua con elevati standard igienici (20 ore di
LE PRINCIPALI OPERAZIONI AUTOMATIZZATE Ricevimenti: 4 da 40000 lt ciascuno; richiedono attenzione alla movimentazione del latte in modo che non si producano schiuma e piccole perdite di carico. Sono state inserite valvole a doppia tenuta che consentono di avere prodotto da un lato, mentre dall’altro passa liquido di lavaggio. L’impianto guadagna così in flessibilità, minimizzando le attese. Lavaggi: il sistema di cleaning (CIP) è completamente automatico (monitoraggio e registrazione) con controllo di ogni singola utenza in lavaggio, ognuna impostata con parametri propri. Pastorizzazione: l’impianto è un pastorizzatore classico ma studiato per diminuire turbolenza e perdite di carico all’interno dello scambiatore. È controllato con sonde doppie che verificano reciprocamente le temperature.
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Tecnologie / Lattiero Caseario
produzione e 4 di cleaning). È un allestimento complesso, gestito però da due persone per turno. Tutte le parti, dal trattamento latte, al coagulatore, al fermentatore fino al trattamento del siero, sono strettamente integrate e interconnesse. Per il progetto è stata scelta Tetra Pak, la cui proposta, racconta Leonardi, aveva «un elevato contenuto tecnico. L’azienda ha poi garantito disponibilità e flessibilità anche nell’affiancamento in fase di passaggio alla produzione industriale». Riferisce Attilio Terragni, project manager Tetra Pak: «È stata una grande sfida. Ci siamo occupati di progettare e installare tutta la parte di trattamento latte, prima della caseificazione: ricevimento, stoccaggio e pastorizzazione del latte, fino al coagulatore in continuo». È di Tetra Pak anche l’impianto di recupero e trattamento del siero. «Si è trattato di raddoppiare l’impianto esistente che doveva soddisfare tutte le richieste in termini di automazione, efficienza, sincronia». Da un punto di vista tecnologico è un impianto molto evoluto, in cui è confluita tutta la tecnologia e il know how di Tetra Pak: dalla tipologia di valvole e pompe, allo studio per il dimensionamento di tubazioni e scambiatori. Di fatto sono due impianti in parallelo. Dopo qualche ora dalla partenza del pri-
La famiglia Leonardi alla guida dell’azienda
mo impianto, questo si ferma per il cleaning (CIP) ed entra in funzione il secondo, in modo da dare continuità di alimentazione al coagulatore. La sequenza di tutte le operazioni viene fatta in automatico. Al termine della produzione in successione si fermano anche tutte le operazioni connesse (svuotamenti, recuperi). «La raccolta dati permette la tracciabilità e la rintracciabilità del prodotto, ma la sfida progettuale è stata anche la sincronizzazione di tutti gli impianti della linea: coagulatore, fermentatore, gestione siero, per garantire la continuità della pro-
Linea di coagulazione in continuo (Alpma)
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duzione e infine l’altissima automazione e la raccolta dati» conclude Terragni. Oggi 2 siti Igor e 3 siti artigianali, realtà ben radicate nel territorio, producono circa 2 milioni e mezzo di forme di formaggio, poco più di 30000 tonnellate/ anno. L’acquisizione delle aziende Clin, Pal, Ballarini e SI Invernizzi (quest’ultima acquisita a settembre 2019) ha permesso a Igor di puntare sulla fascia premium, con prodotti di qualità artigianale senza perdere in flessibilità, coniugando automazione di processo, sicurezza e qualità sensoriale del prodotto.
Scrematrici per siero (Tetra Pak)
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Good Starters, qualità unica, prodotti sicuri!
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ffidabilità, competenza e passione sono i valori che ispirano da oltre 30 anni la storia della FoodCom, che accompagna all’eccellenza chi trasforma il latte in formaggi, yogurt, ricotta, panna e burro. Una storia che parte da una formazione professionale specifica e che prosegue con anni di esperienza nell’applicazione di fermenti lattici, caglio, enzimi, muffe in ogni tecnologia. La stessa passione e competenza vengono riproposte anche nella divisione “meat” con l’impiego di starter per carni e insaccati. Un modello in termini di professionalità, di lavoro e un supporto tecnico puntuale riassumono tutto il valore aggiunto della FoodCom. Rispetto della tradizione, capacità d’ascolto e dialogo sottolineano il carattere innovativo dell’azienda, finalizzato all’ottenimento della qualità, diventando per molti clienti il partner affidabile che offre, attraverso tecnologie all’avanguardia, ricette dedicate destinate a migliorare la sicurezza alimentare.
FOODCOM
www.foodcom.it
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Tecnologie / Cereali
Fattori tecnologici per la digeribilità degli amidacei
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o studio della digestione di un alimento è affascinante e complesso allo stesso tempo. Per questo motivo è importante cogliere gli aspetti più salienti del meccanismo, soprattutto quelli biochimici. Prima di entrare addentro nella questione, è doveroso capire cosa s’intende con il termine “digestione”. La digestione è il processo attraverso il quale l’organismo vivente trasforma meccanicamente e chimicamente il cibo in una miscela di composti più semplici in modo tale che siano assorbibili da parte dell’organismo medesimo. La fase della digestione meccanica comprende tutti i movimenti fisici che permettono di sminuzzare, tritare, inghiottire, rimescolare e trasportare il cibo. La fase della digestione chimica comprende l’insieme di reazioni chimiche attraverso le quali avviene la trasformazione del cibo in sostanze semplici e assimilabili. Le reazioni chimiche si realizzano attraverso l’acqua e sono perciò dette “idroli-
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tiche”; in pratica le varie molecole costituenti gli alimenti vengono trasformate in molecole più piccole. Tale scissione sarebbe piuttosto lenta se non ci fosse l’intervento degli enzimi. A titolo esemplificativo, la reazione che scaturisce a seguito dell’ingerimento di pane comporta che l’amido presente nell’impasto viene rotto da un enzima specifico, l’amilasi pancreatica. Questo enzima, prodotto dal pancreas e riversato nel lume intestinale, trasforma l’amido in molecole più semplici, le destrine e il maltosio. In generale, l’efficacia dell’azione di un enzima dipende da alcuni fattori: a) temperatura e tempo di permanenza della sostanza (es. farina) a contatto con l’enzima; b) temperatura e pH della sostanza; c) struttura e quantità della sostanza.
Gli enzimi hanno una maggiore probabilità di rompere le sostanze se il loro tempo di contatto è più lungo. In genere le temperature ottimali d’azione degli enzimi si attestano tra i 35-60°C, temperature più basse tendono a rallentarne l’azione. Temperature superiori a 70°C determinano il rallentamento dell’attività enzimatica, superiori agli 80°C comportano l’inattivazione degli enzimi stessi. Ancora, si rileva che gli enzimi hanno una sensibilità variabile al pH: per esempio, l’amilasi pancreatica gradisce un pH quasi neutro (pH 6,9), la pepsina (l’enzima dello stomaco) preferisce invece un pH molto basso (pH 1,5-1,6). Gli enzimi hanno più difficoltà a demolire le strutture di sostanze complesse: un enzima riesce ad aggredire meglio una sostanza complessa quando questa subisce prima una rottura meccanica.
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Francesco Salemi Tecnologo Alimentare OTASS
Una farina appena macinata e utilizzata per la preparazione di un impasto non presenta buone caratteristiche di utilizzo
Un utilizzo smisurato di lievito per innescare lievitazioni rapide determina difficoltà digestive Come la tecnologia alimentare può favorire la digeribilità degli amidacei Farina poco matura
IL PANE La preparazione del pane - fatta eccezione per varietà particolari come il pane azzimo - comprende tre fasi: impastamento, lievitazione e cottura. A seconda degli sfarinati utilizzati, la classificazione in relazione alle ceneri è : semola, semolato, semola integrale di grano duro e farina di grano duro. I pani speciali contengono ingredienti aggiuntivi (rispetto a farina, acqua, lievito e sale). Il pane a cassetta o pan carré è confezionato a partire da impasti morbidi, sottoposti a lunga lievitazione, cotti in stampi con forma caratteristica.
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Una farina appena macinata e utilizzata per la preparazione di un impasto, non presenta buone caratteristiche di utilizzo. Quando, infatti, gli enzimi (le diastasi) della farina non hanno il tempo necessario per rompere l’amido, viene impedita sia la regolare attività successiva di fermentazione dei lieviti, sia quella di digestione nello stomaco dell’amido, ancora molto compatto.
Alto indice di caduta (Falling number) della farina (>300) Una farina con un deficit enzimatico di partenza non può garantire una fermentazione ottimale e, quindi, la formazione di un impasto digeribile perché le proteine e, soprattutto, gli amidi presentano una struttura difficilmente aggredibile da parte degli enzimi dell’organismo umano.
Il grado di lievitazione dell’impasto È opportuno chiarire che la “lievitazione” è quel processo attuato dai lieviti (Saccharomyces cerevisiae in particolare), in cui gli zuccheri semplici della farina vengono trasformati in alcool etilico e anidride carbonica (reazione principale). Anche l’eccessiva presenza di gas nell’impasto provocato da un utilizzo smisurato di lievito (procedura adottata al fine di innescare lievitazioni rapide) può determinare qualche piccola difficoltà digestiva. Ma è bene ricordare che non c’è nessuna attività fermentativa da parte dei lieviti presenti nel prodotto. Infatti, sia l’alta temperature di cottura, sia l’acidità dello stomaco contribuiscono in maniera decisiva ad una completa eliminazione dei lieviti. Il gonfiore a livello addominale è senz’altro la conseguenza di un’incompleta digestione delle sostanze complesse, dell’amido in particolare, che nel tratto finale dell’intestino vengono fermentate e trasformate in sostanze gassose dalla flora intestinale.
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Tecnologie / Cereali
La composizione dell’impasto e la tipologia di ingredienti ad esso associati Un prodotto come la pizza, o come il panettone, può determinare delle difficoltà digestive, soprattutto quando vi è una mistura di ingredienti che lo compongono. L’amido presente nell’impasto base viene digerito solo in minima parte dall’amilasi salivare, anche per il breve tempo di permanenza nella bocca. Nel momento in cui il bolo passa nello stomaco, un’eccessiva presenza di proteine animali ( mozzarella, prosciutto, ecc.) induce una precoce e abbondante secrezione di succo gastrico fortemente acido (pH 1,6) nello stomaco, provocando un’inefficienza o addirittura un arresto della digestione degli amidi in maniera repentina. La digestione dell’amido riprende a livello intestinale (pH 6,8), grazie all’amilasi pancreatica, ma deve prolungarsi per diverse ore affinché possa completarsi in maniera completa. Pertanto un prodotto, come per esempio la pizza, se eccessivamente condito con
LIEVITAZIONE E MATURAZIONE DELLA PIZZA NAPOLETANA L’impasto, una volta estratto dall’impastatrice, si lascia riposare coperto da un panno umido in modo che la superficie non possa indurirsi formando una sorta di crosta causata dall’evaporazione dell’umidità rilasciata dall’impasto stesso. Trascorso il tempo ritenuto necessario all’assestamento e al riposo dell’impasto, si passa alla formatura del panetto, tradizionalmente eseguita a mano, con una tecnica che ricorda la mozzatura delle mozzarelle. I panetti devono avere un peso compreso tra i 200 ed i 280 g. Una volta formati i panetti (staglio), avviene una seconda lievitazione in cassette per alimenti di durata variabile, in funzione delle caratteristiche di temperatura e umidità dell’ambiente e dell’assorbimento della farina utilizzata. La maturazione consiste in una serie di processi biochimici e enzimatici che scindono le strutture più complesse, proteine e amidi in elementi più semplici. fonte: Associazione Pizza Verace Napoletana
ingredienti misti, soprattutto se poco stagionati, può provocare disturbi durante la fase digestiva. Le abbondanti proteine di origine animale associate agli amidi dei cereali possono spesse volte entrare in contrasto durante la fase digestiva. Difatti, si digerisce poco bene quando gli ingredienti richiedono processi digestivi fra loro contrastanti o addirittura opposti.
In ultimo, l’eccessiva ingestione di bevande durante il pasto può determinare un rallentamento della digestione, soprattutto quella delle proteine, a causa di un’eccessiva diluizione dei succhi gastrici. Per questo motivo è sconsigliabile bere molto durante i pasti, qualche sorso d’acqua invece è suggerito poiché favorisce una migliore aggregazione del chimo nello stomaco.
In una prima fase della cottura, fino a circa 50°C, continua la fermentazione alcolica e quindi la produzione di gas
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Il grado di maturazione dell’impasto Per “maturazione di un impasto” s’intende il processo di rottura delle molecole complesse dell’impasto (es. amidi, proteine, ecc.) in molecole più semplici da parte degli enzimi della farina. Questo processo si realizza unitamente alla formazione della maglia glutinica. Di recente molti panificatori/pizzaioli stanno attuando nuove metodiche di lavorazione come le fermo-lievitazioni, cioè il rallentamento della lievitazione per diverse ore in frigo. A basse temperature (es. 4°C) gli enzimi presenti nell’impasto lavorano in maniera lenta e, con un’opportuna tempistica, possono favorire la rottura graduale dell’amido in sostanze semplici che arrivano nello stomaco già “pre-digerite”: si agevola così l’attività degli enzimi dell’apparato digerente. La maturazione prolungata (da 30 a fino anche a 96 ore) di un impasto, inoltre, garantisce un migliore assestamento e una più efficace rottura delle componenti proteiche della maglia glutinica, risultando quindi più aggredibili ovvero più digeribili all’organismo. Più sarà prolungato il tempo di maturazione di un impasto, maggiore sarà l’attività enzimatica e la digeribilità del prodotto finale: è come se l’impasto subisse
Il tempo prolungato di maturazione di un impasto aumenta l’attività enzimatica e la digeribilità del prodotto finale
un processo di “stagionatura”. Questa, come noto, oltre che fornire gusti particolari, contribuisce infatti a rendere più digeribile un prodotto. Di contro, gli impasti poco lavorati e con poche ore di lievitazione possono provocare problemi digestivi, ciò proprio a causa dell’insufficiente rottura dell’amido e delle proteine.
Tempi e temperature di cottura Un impasto poco cotto (o per basse temperature o per tempi inadeguati) risulta essere poco digeribile, infatti, le amilasi attaccano difficilmente l’amido crudo. L’amido per essere aggredito deve essere “preparato” alla digestione. Durante la cottura, dopo i 60-65°C, inizia la saldificazione dell’amido, quindi la formazione della mollica. Una cottura regolare favorisce la rottura e la fusio-
ne dei granuli di amido dell’impasto favorendo l’attività degli enzimi amilasici nell’organismo.
Condizioni psico-fisiche dell’uomo Condizioni particolari di stress psicofisico possono determinare un rallentamento dei movimenti dei muscoli dell’apparato digerente, impedendo e/o rallentando il regolare transito del cibo. Naturalmente se si considerano i casi di persone affette da disturbi digestivi (gastriti, coliti, ecc.) il problema si accentua ulteriormente. Inoltre, durante le ore serali e notturne l’organismo rallenta tutte le sue funzioni vitali, comprese quelle funzioni legate alle fasi della digestione e, in particolare, la peristalsi intestinale.
Un impasto poco cotto è poco digeribile poiché le amilasi non attaccano l’amido crudo Aprile 2021
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Speciale Sicurezza Alimentare / INCHIESTA
Trasparenza e competenza nell’analisi del rischio Cosa cambia con l’applicazione del nuovo Reg. 2019/1381
I
l 27 marzo 2021 entrerà in applicazione il nuovo Regolamento (UE) 2019/1381 sulla trasparenza e la sostenibilità dell’analisi del rischio nella catena alimentare. Si tratta del Regolamento (UE) 2019/1381 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativo alla trasparenza e alla sostenibilità dell’analisi del rischio dell’Unione nella filiera alimentare”. L’analisi del rischio è un processo complesso che si basa essenzialmente su tre componenti strettamente connesse fra loro: la valutazione, la gestione e la comunicazione del rischio. Era stato il
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Regolamento 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio – caposaldo della legislazione alimentare dell’Unione e degli Stati membri - a stabilirne l’importanza; nello stesso provvedimento viene infatti istituita Efsa, l’Autorità per la sicurezza alimentare, con sede a Parma, che avrà da allora il ruolo di responsabile della valutazione su base scientifica dei rischi, nelle questioni legate alla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, nell’Unione. Un ruolo di riferimento tecnico-scientifico importante, di indirizzo per le decisioni e gli atti normativi della Commissione.
“Il bilancio sul livello di sicurezza alimentare conseguito tramite l’adozione del regolamento 178/2002 è nel complesso positivo – scriveva Paola Cane, consulente esperta di regolatorio in ambito alimenti, mangimi e pet food poco dopo l’uscita del nuovo Regolamento - non solo poiché è stata implementata la base scientifica delle misure adottate nel settore della legislazione alimentare, ma anche perché il regolamento 178, vuoi con l’istituzione dell’Efsa, vuoi con l’introduzione del RAFFS ha contribuito ad armonizzare le posizioni degli Stati membri su aspetti fondamentali della sicurezza”.
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Aprile 2021
di Francesca De Vecchi Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica
IL CASO GLIFOSATO Da un contenzioso tra industria e associazioni ambientaliste sugli effetti di alcuni biocidi sulla salute delle api, emerse che la necessità di tutela dell’ambiente prevale sulla richiesta, di per sé legittima, di tutela dei dati dell’industria. Questa vicenda è tra quelle che hanno ispirato un aggiornamento del Regolamento sulla comunicazione del rischio.
Dopo il caso “glifosato”, la CE aprì alla possibilità di rendere pubblici gli studi scientifici
Il meccanismo, tuttavia, nel corso del tempo ha incontrato qualche difficoltà, osserva ancora Paola Cane, in particolare nella parte di comunicazione del rischio, con il risultato di mettere in crisi il rapporto di fiducia con i cittadini. Lo dicono i rapporti REFIT, della legislazione alimentare generale (Regolamento (CE) n. 178/2002), il programma attraverso cui la Commissione garantisce che le leggi dell’UE forniscano i benefici previsti per i privati e le imprese, semplificando le leggi dell’UE esistenti e riducendo la burocrazia, ove possibile. Emerge da questi che la comunicazione del rischio
Aprile 2021
Produzione & Igiene
viene considerata complessivamente di scarsa efficacia, con gravi ripercussioni sulla fiducia dei consumatori nei risultati del processo di analisi del rischio. A partire dalle definizioni spesso confuse e mai ben comprese, secondo i Rapporti, fra i concetti di rischio e pericolo. Una comunicazione che, invece, dovrebbe “prestare particolare attenzione a spiegare in maniera precisa, chiara, completa, coerente, adeguata e tempestiva non solo i risultati della valutazione del rischio, ma anche in che modo tali constatazioni sono utilizzate per contribuire a formare decisioni in materia di gestione del rischio”, si legge nei consideranda del Regolamento. Trasparenza che invece non c’è stata o non è sembrata esserci, soprattutto in merito ad alcune vicende che hanno monopolizzato la discussione in materia di sicurezza degli alimenti, negli ultimi anni. Uno su tutti – ma non l’unico - il caso “glifosato” e l’iniziativa dei cittadini europei
(CIE) del 2018 “Vietare il glifosato e proteggere le persone e l’ambiente dai pesticidi tossici” (www. stopglyphosate.org), che oltre a chiedere di vietare il glifosato e in generale di ridurre l’uso di pesticidi, reclamava che la valutazione scientifica dei pesticidi per l’approvazione regolamentare nella UE si basasse unicamente su studi pubblicati, commissionati dalle autorità pubbliche competenti anziché dall’industria dei pesticidi. La risposta della Commissione fu di apertura: concordando con la necessità di massima trasparenza nelle valutazioni scientifiche, preannunciò per la primavera dello stesso anno una proposta di modifica delle norme in vigore in modo da garantire che gli studi scientifici fossero resi pubblici e che, in ultima analisi, i cittadini potessero comprendere come vengono adottate decisioni che autorizzano o vietano determinate sostanze. Prese dunque avvio la proposta che ha portato al Regolamento in questione “per
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Speciale Sicurezza Alimentare / INCHIESTA
una comunicazione del rischio trasparente, ininterrotta e inclusiva durante l’analisi complessiva, con la partecipazione di responsabili della valutazione del rischio e responsabili della gestione del rischio a livello dell’Unione e nazionale”. Il nuovo Regolamento si pone i seguenti obiettivi: § Definire un Piano generale sulla comunicazione del rischio in cui Efsa e gli Stati Membri collaborino maggiormente per rendere più trasparente il processo di valutazione. A Efsa viene garantito l’arruolamento di esperti altamente qualificati, nei gruppi chiamati a valutare gli studi presentati per l’approvazione di una nuova sostanza;
I TESTI NORMATIVI MODIFICATI DAL REGOLAMENTO 1381/2019 Reg. (CE) 178/2002 - principi generali della legislazione alimentare Reg. (CE) 1829/2003 - alimenti e mangimi geneticamente modificati Reg. (CE) 2065/2003 - aromatizzanti di affumicatura per alimenti Reg. (CE) 1935/2004 - MOCA Reg. (CE) 1331/2008 - autorizzazione per gli additivi, gli enzimi e gli aromi alimentari Reg. (CE) 1107/2009 - immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari Reg. (UE) 2015/2283 - novel foods Reg. (CE) n. 1831/2003 - additivi alimentazione animale Direttiva 2001/18/EC - rilascio nell’ambiente di GMO
agli Stati Membri viene richiesta una maggior partecipazione nel consiglio di amministrazione dell’Autorità.
§ Per scongiurare il timore che la valutazione di Efsa avvenga esclusivamente sui dati dell’industria e nei casi di con-
EFSA E IL RAPPORTO DI FIDUCIA CON I CITTADINI Abbiamo chiesto ad Alberto Mantovani, Mantovani Direttore di Ricerca all’Istituto Superiore di Sanità, quali sono gli aspetti rilevanti per il ruolo di Efsa, che emergono dal nuovo Regolamento 1381/2019.
Cosa ha ispirato la Commissione ad aggiornare il Regolamento sulla comunicazione del rischio? Bisogna fare alcune considerazioni di fondo e partire dal riconoscere che c’è un possibile problema prima di tutto etico, di fiducia da parte del cittadino e poi anche legale – vale a dire di piena trasparenza - insito in una procedura di valutazione del rischio, che riguarda l’approvazione di una nuova sostanza o il rinnovo di una sostanza già autorizzata, che si basi esclusivamente su studi prodotti e sottoposti dall’azienda (cioè l’applicant). Il nuovo Regolamento ha innanzitutto lo scopo di aumentare la trasparenza e ristabilire il rapporto di fiducia con la società. Efsa, infatti, è tenuta alla riservatezza e alla protezione di dati considerati sensibili che riguardano l’azienda stessa. In alcuni casi, in tempi recenti, questa
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procedura ha sollevato il dubbio di scarsa trasparenza, che è un valore a cui Efsa tiene in modo particolare. Faccia qualche esempio... Il più eclatante riguarda la vicenda a carico del “glifosato” e più in generale il fatto che Efsa ha dovuto oscurare parte dei dati contenuti negli studi dell’applicant in diversi pareri su pesticidi controversi, ad esempio per la possibile interferenza endocrina. Un altro esempio – importante anche se non riguarda direttamente gli alimenti - concerne gli studi sugli effetti di alcuni biocidi sulla salute delle api. Il caso ha interessato una domanda di autorizzazione sottoposta al CTGB (Board for the Authorisation of Plant Protection Products and Biocides), Authority dei Paesi Bassi che valuta la sicurezza per la salute umana, animale e
Alberto Mantovan Direttore di Ricerca all’Istituto Superiore di Sanità
ambientale di pesticidi e biocidi. Emerse un contenzioso fra industria e associazioni ambientaliste che infine si è risolto con un pronunciamento della magistratura olandese, che ha sancito che la necessità di tutela dell’ambiente prevale sulla richiesta, di per sé legittima, di tutela dei dati dell’industria. In linea di principio si tratta di due posizioni di tutela considerate legittime dal legislatore ma, quando in contrasto, una delle due deve prevalere sull’altra. Questa vicenda è stata discussa anche a livello europeo ed è fra quelle che hanno ispirato un aggiornamento del Regolamento sulla comunicazione del rischio.
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troversie o dati contraddittori, si dà a Efsa la possibilità di commissionare ricerche e studi indipendenti alle Agenzie degli Stati Membri per valutare e approfondire aspetti dubbi, che possono emergere durante l’esame dei dati presentati dalle industrie stesse (resta fermo l’obbligo che i richiedenti dimostrino la sicurezza della sostanza). § Rendere disponibile la documentazione scientifica a supporto delle richieste di approvazione e delle decisioni scaturite dalle valutazioni, con un limite di riservatezza e protezione per alcune informazioni relative, per esempio, al processo di fabbricazione della sostanza.
Quali sono le novità rilevanti per Efsa? Il nuovo Regolamento permetterà ad Efsa di commissionare ad enti pubblici terzi, studi finalizzati a chiarire eventuali dubbi sorti dalla valutazione dei lavori sottoposti dall’applicant per l’autorizzazione di nuove sostanze, per esempio pesticidi o additivi, che necessitano di una procedura di approvazione. Prima accadeva che uno studio riconosciuto non valido da Efsa fosse rimandato all’azienda, con l’indicazione di seguire le linee guida di riferimento. In questi casi è chiaro che i Paesi con agenzie forti e strutturate, sostenute da una rete di laboratori di ricerca, o in grado anche di eseguire studi in prima persona, giochino un ruolo importante e potenzialmente influente. È uno sviluppo di cui andrebbe tenuto conto anche in Italia. Si può ipotizzare il rischio di perdita di indipendenza dell’Efsa? Il processo, che è solo alle battute iniziali, va verso una partecipazione alla valutazione del rischio molto più ampia, ma l’autonomia di Efsa, nel processo di valutazio-
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Accompagnato dall’emissione del documento “Regolamento per la trasparenza: disposizioni pratiche” che descrive per gli operatori le fasi e le modalità di applicazione, il testo modifica otto norme in vigore (vedi box) e inaugura il nuovo corso della Commissione e di
Efsa verso un approccio alla comunicazione del rischio sulla sicurezza degli alimenti, che faccia prevalere l’interesse pubblico, la completezza delle informazioni e la responsabilità delle Istituzioni europee verso la popolazione dell’Unione.
ne del rischio, va difesa. Su questo è molto chiara e forte la posizione del direttore di Efsa, Bernahrd Url sin dalla conferenza internazionale organizzata da Efsa nel 2018: occorre sviluppare un circolo virtuoso fra una Efsa sempre più autorevole, indipendente e trasparente e il contributo scientifico - in termini di esperti, studi e dati - degli Stati Membri, coinvolgendo ove necessario anche le altre agenzie europee come ECDC, ECHA, EMA.
Nel contempo occorre rispondere alla richiesta di trasparenza da parte della società... La divisione dei ruoli fra valutazione e gestione del rischio è il cuore della strategia europea di sicurezza alimentare “dal campo alla tavola” e sottende tutta l’attività di Efsa. Credo che la divisione dei ruoli vada mantenuta, proprio in nome della richiesta sociale di trasparenza. È innegabile che questa separazione abbia creato in qualche caso assenza di dialogo e questo chiaramente è molto grave. Come affermato più volte da B. Url, le valutazioni del rischio debbono essere comprese e utilizzate dai gestori del rischio; il trasparente dialogo fra valutatori e gestori è importante per assicurare la fiducia e il sostegno dei cittadini. Un nuovo Regolamento è necessario per mantenere tale la fiducia, che è essenziale. Da parte delle Istituzioni è necessaria una gestione coerente ed equilibrata degli effetti pratici del nuovo Regolamento.
È un processo rischioso… Sì, va governato e non è scevro da rischi ed incognite. Se da un lato è chiaro che Efsa ha bisogno del sostegno degli Stati membri, dall’altro c’è un rischio reale che Paesi con agenzie particolarmente forti come la Germania, la Francia e l’Olanda abbiano un peso sulle valutazioni dell’Authority molto maggiore di altri Paesi Membri. Questa valutazione del rischio “partecipata” presenta indubbi vantaggi, purché si mantenga chiaro il ruolo necessario di referente scientifico unico in Europa di Efsa.
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Speciale Sicurezza Alimentare / Laboratorio
Alimenti e indicatori di igiene Come scegliere il parametro microbiologico indicatore dello stato igienico
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a un punto di vista del tutto teorico, il tecnico di laboratorio in un’azienda alimentare avrebbe la possibilità di ricercare all’interno di un alimento tutti i microrganismi che ritiene possano essere presenti e farsi così un quadro molto preciso e approfondito della situazione igienica, ma questo modo di operare è proprio di un lavoro di ricerca e non è applicabile ad analisi di tipo routinario, come quelle che hanno come obiettivo la verifica dell’idoneità delle procedure HACCP. Inoltre, problemi relativi alla complessità di esecuzione, ai tempi di attesa per le risposte e ai costi elevati hanno determinato la necessità di effettuare poche analisi, ma mirate all’obiettivo. In quest’ottica diventa importante individuare microrganismi che siano “indicatori” della qualità o dello stato igienico di un prodotto o di un processo.
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Le analisi non sono eseguite a tappeto su tutti i prodotti finiti, ma diventano “analisi di verifica” da eseguire periodicamente per accertare che tutte le fasi di produzione siano sotto controllo
Per quanto concerne la salubrità di un alimento, i principali indicatori rimangono sempre i microrganismi patogeni, così come indicato anche dal Regolamento 2073/2005. Salmonella spp. e Listeria monocytogenes sono considerati patogeni “classici” e la loro assenza serve ad indicare la sicurezza alimentare della maggior parte dei prodotti sia di origine animale che vegetale. Altri patogeni, soprattutto quando hanno determinato nuove patologie o episodi di ampia portata, vengono utilizzati quali indicatori di un particolare alimento o gruppo di alimenti: sono i patogeni emergenti o riemergenti a seguito di mutate abitudini alimentari
o provenienti da aree geografiche diverse. È questo il caso ad esempio di Enterobacter sakazakii responsabile di gravi patologie nei lattanti, la cui ricerca serve a verificare la sicurezza alimentare per i latti liquidi e in polvere destinati alla prima infanzia, o di E.coli VTEC 0157 produttori di verocitotossine, causa di episodi tossinfettivi in alimenti potenzialmente pericoloso in carni bovine, pesci, molluschi, vegetali, latte non pastorizzato, consumati crudi o poco cotti. Oltre ai batteri, anche altri microrganismi patogeni vengono ricercati come indicatori emergenti di salubrità: virus come i Norwalk virus nei frutti di mare, parassiti
Produzione & Igiene
Aprile 2021
Chiara Scelsi Redazione
come Anisakis nei pesci, Protozoi come Cryptosporidium parvum nelle acque, muffe tossinogene (Fusarium) nei cereali in grani e nelle farine. Più complesso è invece definire per un alimento od un gruppo di alimenti quali siano gli indici microbiologici di qualità, come gli indici di carenza di igiene o quelli di alterabilità. Anche in questo caso il Regolamento 2073/2005 viene in aiuto ai microbiologi analisti definendo alcuni marcatori microbiologici che siano indici dello stato di igiene di produzione e ciò viene fatto in maniera dedicata per diverse categorie alimentari: prodotti carnei, lattiero-caseari, ovoprodotti, prodotti ittici, ortaggi, frutta e derivati, poiché alimenti di diversa composizione possono venire degradati da differenti gruppi microbici. Infatti, per valutare le condizioni igieniche dei prodotti e dei processi alimentari è necessario indivi-
duare microrganismi che rispondano al alcune precise caratteristiche cioè che siano tipici del substrato in esame, ma anche facili da rilevare e quantificare e che, possibilmente, siano indicatori della presenza anche di altri microrganismi pericolosi per la salute.
Gli indicatori sono specifici per categoria di prodotto La ricerca dei contaminanti generici come la carica batterica totale può essere un buon punto di partenza, poiché facilmente a cariche elevate corrispondono carenti condizioni igieniche di produzione come forte contaminazione ambientale o scarsa igiene degli operatori; inoltre, è maggiore la probabilità che oltre a contaminanti generici saprofiti siano presenti specie alterative o patogene. Discorso analogo può essere fatto per la carica generica fungina, nei gruppi
La sicurezza inizia dagli ambienti
di alimenti come frutta, verdura, succhi, farine ed in genere prodotti di origine vegetale e a pH acido, di cui molte specie fungine sono alterative o patogene. Il dato relativo alla carica batterica totale può essere dunque valutato solo come un’indicazione sulla contaminazione generica presente: più elevate sono le cariche, più carente è lo stato igienico. In maniera più specifica possiamo invece individuare marcatori microbiologici che siano indici di situazioni meno generiche come lo stato igienico di una linea di produzione o la probabile alterabilità di una categoria di prodotti. Ad esempio, la ricerca di Enterobatteriacee totali e di E.coli è utile per rilevare una situazione igienica nel settore dei prodotti carnei, dalle carcasse animali alle carni fresche, alle preparazioni di carne: questo gruppo microbico è, infatti, tipicamente di origine animale e prevalentemente intestinale. In
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più, data questa sua origine, E.coli nelle carni fresche e preparazioni di carne ha il significato di indice di contaminazione fecale. La ricerca di E.coli può essere comunque utilizzata anche al di fuori del settore delle carni, nei prodotti ittici, negli ovoprodotti, nel settore lattiero-caseario, in frutta e vegetali: cioè in tutto il settore alimentare quando si voglia verificare uno stato igienico globale. La ricerca delle Enterobatteriacee (e di E.coli) ha il significato di “indice” poiché all’interno del gruppo, oltre ad un gran numero di specie saprofite, esistono specie patogene per via alimentare, la cui presenza è tanto più probabile quanto più elevata è la carica degli Enterobatteri totali. Analogamente e più o meno con lo stesso significato di “indice di igiene” può essere ricercato il genere Staphylococcus, anche se questo gruppo è maggiormente legato ai soli prodotti di origine animale: anche all’interno di questo gruppo esi-
stono specie patogene alimentari come Staphylococcus aureus coagulasi positivi, potenzialmente tossinogeni. Per quanto concerne le analisi microbiologiche da effettuare per individuare i microrganismi alterativi di questo o quell’alimento, il discorso si fa molto più ampio poiché richiede numerose conoscenze scientifiche relative alle possibilità che i vari microrganismi possano svilupparsi nei diversi prodotti, a seconda delle loro caratteristiche fisico-chimiche (pH, aw, composizione) e tecnologiche (trattamenti di stabilizzazione, durata e condizioni di conservazione). In linea di massima possiamo fare una prima grande distinzione: gli alimenti di origine animale, come carni, pesce, uova, latte, con un pH prossimo alla neutralità (6,5-7), vengono degradati prevalentemente da batteri. Alterativi delle carni, e quindi da ricercare, sono i batteri gramnegativi: Pseudomonadaceae ed Entero-
L’effettiva efficacia di un “check” microbiologico dipende dalla tipologia dei microrganismi scelti, dai limiti stabiliti per l’accettabilità e dalle procedure di attuazione
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bacteriaceae, ma anche alcuni gram-positivi Staphylococcus spp., Micrococcus spp., Bacillus e Clostridium, Brochotrix thermosphacta, tutti con attività proteolitica e/o lipolitica. Gli alimenti di origine vegetale come frutti, verdure, succhi, birra, vino, a pH decisamente acido (2,0-5,5) vengono degradati maggiormente da muffe e lieviti. In questo caso è già utile un’analisi della carica fungina totale, con distinzione fra muffe e lieviti, a seconda della tipologia di prodotto. Nei succhi e derivati di frutta i lieviti possono fare fermentazioni anomale con sviluppo di gas e odori sgradevoli, mentre nella frutta e verdura fresche le muffe sono responsabili di marciumi e alterazioni organolettiche. Nelle conserve vegetali, inoltre, se il pH è superiore a 4,5 possiamo ricercare anche batteri quali Bacillus e Clostridium, anch’essi responsabili di fermentazioni indesiderate. Accanto alle cariche microbiche totali batterica e fungina, agli indici di igiene e di alterabilità, il microbiologo ha un ulteriore strumento di analisi: la valutazione della carica microbica dell’ambiente di produzione. La contaminazione ambientale può influire anche pesantemente su quella del prodotto finito e, secondo il concetto di controllo preventivo introdotto dal metodo HACCP, l’analisi microbiologica della contaminazione dell’aria, delle superfici e del personale serve a verificare che essa rimanga entro limiti tali da non costituire un pericolo di inquinamento delle produzioni. Queste sono alcune indicazioni che possono essere utili al microbiologo alimentare. La scelta di quante e quali analisi e la loro frequenza ha un’ampia variabilità, dettata non solo dalla tipologia di prodotto ma anche da esigenze aziendali come la disponibilità di personale e i costi di esecuzione: fondamentale è comunque che siano mirate all’obiettivo che ci si prefigge.
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VETRINA / SANIFICAZIONE E VERIFICA IGIENE
Igiene delle superfici
Lumitester Smart, l’innovativo bioluminometro
Garantire e mantenere un elevato livello di igienizzazione risulta ancora più necessario nel settore della ristorazione. Per rispondere a questa esigenza, Amuchina Professional, da sempre sinonimo di igiene e disinfezione, propone Amuchina Multiuso Area Food, ideale per tutti gli ambienti in cui vengono trattati prodotti alimentari. Lo sgrassatore ad azione igienizzante è stato appositamente studiato per la pulizia delle superfici adibite alla conservazione e alla lavorazione degli alimenti, come le aree di produzione e confezionamento dell’industria alimentare e della ristorazione. Infatti, Amuchina Multiuso Area Food permette una detersione profonda delle superfici, garantendo allo stesso tempo un’azione igienizzante e una rapida asciugatura. Il prodotto, quindi, è particolarmente indicato per la pulizia di forni a microonde, affettatrici e superfici in acciaio. Indispensabile per tutte le attività che operano con procedure di pulizia regolate dall’HACCP, il prodotto non contiene sostanze abrasive e non lascia graffi o striature. Inoltre, non produce schiuma e quindi non necessita di risciacquo, a meno che non venga usato per superfici direttamente a contatto con gli alimenti. Disponibile nel pratico formato trigger da 750 ml, per un’azione mirata ed efficace basta applicare Amuchina Multiuso Area Food direttamente sulla superficie da trattare, con un panno o con carta monouso, strofinando sullo sporco più ostinato. Dopo il lavaggio le superfici risultano pulite e brillanti.
L’igiene ambientale è fondamentale per garantire la sicurezza alimentare. Lumitester Smart è un bioluminometro portatile che permette di verificare istantaneamente la contaminazione microbica di una superficie o di un liquido, rilevando l’ATP (adenosina trifosfato) ed i suoi derivati tramite una reazione di bioluminescenza. L’ATP è una molecola coinvolta nel metabolismo di tutti gli organismi viventi ma è relativamente instabile se sottoposta a trattamento termico o fermentazione, generando cataboliti quali ADP (adenosina difosfato) e AMP (adenosina monofosfato): la loro presenza è considerata un indicatore igienico efficace. Lo strumento rileva un segnale luminoso emesso dalla reazione tra il campione e il reagente presente nel tampone (luciferasi). La luce prodotta è misurata dal bioluminometro e convertita in un valore numerico (RLU) visualizzato sul display. La contaminazione microbica è direttamente proporzionale al valore di luce misurata. Il test offre una sensibilità più elevata tramite la tecnologia brevettata A3: il tampone LuciPac, sia nella versione dedicata alle superfici (LuciPac A3 Surface) che in quella per le acque (LuciPac A3 Water) presenta il vantaggio di rilevare l’ATP e i suoi prodotti di degradazione, distinguendosi dai test che invece rilevano solamente l’ATP con possibili falsi negativi. Lo strumento può essere utilizzato facilmente anche da personale non strutturato: si raccoglie il campione con il tampone LuciPac e dopo averlo agitato bene, si inserisce nel Lumitester, da cui si ottiene il risultato in 10 secondi. Lumitester Smart consente di trasferire i dati direttamente su smartphone, tablet o pc tramite la funzione Bluetooth: i risultati sono memorizzati nell’archivio cloud, a cui si accede in qualsiasi momento per un continuo monitoraggio dei dati al fine di garantire un elevato livello di sanificazione ambientale.
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Produzione & Igiene
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INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
L’innovazione nel food
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l settore alimentare è caratterizzato dalla frequente introduzione di ingredienti e additivi sempre più ricercati al fine di ottenere nuovi prodotti dalle caratteristiche nutrizionali e organolettiche più indicate per il consumatore moderno. La ricerca e l’innovazione nel settore food è rivolta anche ad avere un’attenzione sempre maggiore alla sicurezza e alla salubrità del prodotto stesso, nonché al suo aspetto sempre più accattivante. Per verificare la corrispondenza di questi “nuovi alimenti”, alle caratteristiche organolettiche delle nuove ricette, RG Strumenti propone una serie di apparecchi di misura: gli spettrocolorimetri per il controllo del colore dei prodotti finiti, dei coloranti e degli imballi; i texturometri e viscosimetri per la verifica dei parametri fisici quali la tenerezza, la consistenza, la resistenza al taglio, l’elasticità, la fragranza e la viscosità. La ricerca nel settore food ha fatto in modo di migliorare anche i metodi di trattamento termico, di imballo e di conservazione degli alimenti con notevoli miglioramenti per quanto riguarda la shelf-life del prodotto finito. Oggi troviamo sul mercato una grande quantità di alimenti freschi che, se non prodotti rispettando le indicazioni dei protocolli HACCP, potrebbero essere ad alto rischio di contaminazione microbica. Anche in questo settore RG Strumenti è all’avanguardia nella fornitura di apparecchi per il controllo dei punti critici (HACCP) disponendo nel proprio catalogo di data-logger per il monitoraggio di temperatura e pressione nei processi termici, data-logger monouso digitali per il controllo dello stoccaggio e del trasporto, e strumenti per il mo-
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nitoraggio dei gas nelle confezioni in atmosfera controllata. La gamma della strumentazione proposta è completata dai sistemi per i controlli ambientali quali le lampade UV per la sanificazione degli ambienti di lavoro, i bioluminometri per il monitoraggio dell’igiene delle superfici, i contaparticelle ambientali e i campionatori d’aria. In particolare il monitoraggio dell’igiene mediante Bioluminometro (ATP test) sta diventando il metodo più diffuso per garantire l’igiene dei prodotti e dell’ambiente di produzione. Infatti questo strumento fornisce una misurazione diretta e oggettiva dell’efficienza della pulizia e un riscontro immediato dello stato igienico delle superfici. Per la sua semplicità ed economicità, la verifica dell’ATP superficiale diventa un’analisi di routine che può essere facilmente integrata dalle analisi microbiologiche tradizionali. Se abbiamo un sistema di monitoraggio continuo ed immediato dell’azienda, possiamo intervenire con analisi più approfondite, solo nel caso in cui i valori di ATP si discostano dai risultati attesi. Infatti un tempestivo controllo dei punti critici
Fig.1 Verifica dei parametri fisici quali la tenerezza, la consistenza, la resistenza al taglio, l’elasticità, la fragranza e la viscosità
durante la produzione alimentare può consentire ai tecnici di intervenire immediatamente sul processo produttivo; evitando contestazioni da parte del cliente, sprechi di prodotto e di imballi, fermi macchina e soste prolungate dei prodotti in magazzino. È evidente che l’acquisto di strumentazione per il controllo qualità non deve essere considerato un costo, ma è invece un investimento fondamentale per lo sviluppo dell’azienda che permette di migliorare la resa qualitativa e quantitativa della produzione stessa.
Fig.2 Data-logger monouso digitali per il controllo dello stoccaggio e del trasporto
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Aprile 2021
Speciale Sicurezza Alimentare / CONTAMINAZIONE AMBIENTALE
Monitoraggio dell’ambiente di lavorazione
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IDF ha pubblicato una scheda informativa (IDF 13/2020) preparata dal gruppo d’azione del Comitato permanente per l’igiene microbiologica sul monitoraggio dell’ambiente di lavorazione. Ogni stabilimento di lavorazione del latte dovrebbe implementare un programma di monitoraggio dell’ambiente di produzione pensato per tale impianto e definire le azioni correttive da implementare, oltre a specifiche operazioni di pulizia.
Limitazioni dei test sul prodotto finito Nell’articolo del 1986 sulla gestione della Salmonella spp. nei prodotti a base di latte in polvere, Habraken et al. ha affermato che: “La scarsa affidabilità del mero esame dei prodotti finiti nella valutazione della salubrità microbiologica dei prodotti alimentari è nota ai micro-
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biologi da molto tempo”, citando sei riferimenti, tra i quali uno datato 1931. A seguito di un’epidemia di Salmonella Agona nel 2005 in Francia, il team investigativo ha dichiarato nel suo articolo (Brouard et al., 2007): “I controlli microbiologici di routine sono insufficienti per rilevare un basso grado di contaminazione”. Recenti focolai segnalati per Listeria monocytogenes e Salmonella spp., e più raramente Cronobacter spp., hanno mostrato le implicazioni di una mancanza di controllo microbiologico nell’ambiente di lavorazione e conseguente contaminazione dei prodotti alimentari.
Per i suddetti motivi, è ormai prassi standard nell’industria alimentare intraprendere un monitoraggio mirato della carica microbica dell’ambiente di lavorazione, con un approccio basato sul rischio per l’attuazione del programma di campionamento. Nelle sue linee guida per stabilire criteri microbiologici relativi agli alimenti, il Comitato del Codex sull’igiene alimentare del Codex Alimentarius afferma che: “I criteri per il monitoraggio dell’ambiente di lavorazione degli alimenti sono spesso considerati parti importanti del sistema di controllo della sicurezza alimentare” (Codex, 2013).
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Aprile 2021
a cura della Redazione
A seguito di un risultato positivo, un’accurata pulizia e sanificazione è un’azione correttiva obbligatoria
Monitoraggio dell’ambiente di lavorazione per garantire l’efficacia del sistema di gestione della sicurezza alimentare L’equazione ICMSF (ICMSF, 2002, 2018) è stata utilizzata per quasi 20 anni per concettualizzare i rischi microbici e le successive misure di controllo in atto per soddisfare l’obiettivo previsto per la sicurezza alimentare (UST). La ricontaminazione dei prodotti lattierocaseari lungo tutta la filiera deve essere anticipata con un approccio proattivo. Negli ultimi anni, a seguito di epidemie di
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Produzione & Igiene
origine alimentare in vari tipi di alimenti, collegate alla contaminazione dell’ambiente di lavorazione, sono state applicate norme per garantire che gli operatori del settore alimentare includano questo approccio proattivo nei loro sistemi di gestione della sicurezza alimentare (Canada, 2004; Unione Europea, 2005; Ministero delle industrie primarie della Nuova Zelanda, 2006 e 2020; Stati Uniti, 2011). I campioni provenienti dalle superfici dell’ambiente di lavorazione del latte vengono generalmente utilizzati per la verifica di pratiche igieniche efficaci e procedure di pulizia e sanificazione, non per definire la sicurezza o la qualità dei
prodotti lattiero-caseari. Sono considerate due classificazioni dai diversi documenti del Codex Alimentarius: superfici a contatto con alimenti e superfici non a contatto con alimenti. Alcuni regolamenti, pubblicazioni e linee guida (ad es. USFDA, da Zona1 a Zona4) utilizzano un approccio di compartimentazione a quattro livelli basato sulla vicinanza al prodotto alimentare: uno per le superfici a contatto con gli alimenti e tre per le superfici non a contatto con gli alimenti. L’ISO ha recentemente aggiornato le sue specifiche tecniche per fornire metodi orizzontali per tecniche di campionamento utilizzando piastre di contatto,
EQUAZIONE ICMSF
H0 - ∑R + ∑I (G+C) ≤ FSO H0: Prevalenza e livelli di microrganismi dalla contaminazione iniziale ∑R: riduzione ∑I: aumento; crescita (G) e ricontaminazione (C)
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Speciale Sicurezza Alimentare / CONTAMINAZIONE AMBIENTALE
tamponi, spugne e panni su superfici nell’ambiente della catena alimentare, al fine di rilevare ed enumerare microrganismi coltivabili come batteri patogeni o non patogeni o lieviti e muffe (ISO, 2018). Come evidenziato nello standard ISO, il tamponamento delle superfici nell’ambiente di lavorazione durante il turno di produzione non ha lo scopo di convalidare o verificare le procedure di pulizia e sanificazione. Il numero di volte in cui viene eseguito il tampone è importante sia per l’aspetto della rilevanza dei risultati (ad esempio i campioni prelevati direttamente dopo l’applicazione di un disinfettante non sono utili, se non per verificare l’efficacia del disinfettante), sia per l’interpretazione dei risultati (ad esempio presa direttamente dopo l’applicazione del disinfettante potrebbe essere interpretata erroneamente come un “ambiente pulito”). Lo scopo del monitoraggio dell’ambiente di lavorazione è confermare che gli addetti alla manipolazione degli alimenti lavorino in un ambiente igienico e sicuro. Il monitoraggio dell’ambiente di lavorazione aiuterà a concentrare le priorità sulla suddivisione in zone, sulla formazione degli addetti alla manipolazione degli alimenti, sulla frequenza e sull’efficacia delle procedure di pulizia, nonché sull’eradicazione dei siti di rifugio dei microrganismi.
Campionamento di routine e di indagine Il numero di tamponi prelevati e la frequenza di campionamento non possono essere standardizzati a livello globale, poiché vi è troppa variazione nei processi e nella progettazione delle strutture. Ogni stabilimento di lavorazione del latte deve implementare un programma di monitoraggio dell’ambiente di lavorazione definito per tale impianto. Tuttavia, la logica basata sul rischio alla base del piano di campionamento può essere generalizzata.
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Il campionamento dell’ambiente di lavorazione del latte non dovrebbe essere né casuale né completamente fisso, ma una sottile miscela di entrambi. Si dovrebbero prima considerare i punti fissi del campionamento, che sono luoghi definiti con precisione. Questi possono essere indicati come “gatekeeper” con l’obiettivo di non rilevare microrganismi preoccupanti. Il piano di campionamento dovrebbe essere flessibile per adattarsi alla “vita reale” dell’impianto di lavorazione. Oltre a prelevare campioni di routine, l’addetto al campionamento deve essere adeguatamente formato per identificare i punti che destano più preoccupazione e che potrebbero richiedere ulteriore considerazione, o punti campione di “indagine”. A differenza dei punti di campionamento “gatekeeper”, i campioni di “indagine” hanno lo scopo di identificare potenziali siti di rifugio dei microrganismi in questione. Si prevede quindi che i campioni “investigativi” rileveranno il microrganismo in esame. Classicamente, i campioni “gatekeeper” sono superfici a contatto con alimenti e superfici non a contatto con alimenti con elevata vicinanza alle superfici a contatto con alimenti, mentre i campioni “investigativi” sono solitamente situati più lontano con un potenziale minore di contaminazione del prodotto alimentare (con la possibile eccezione di quelli campionati durante un’epidemia di origine alimentare). I risultati dei campioni di routine devono essere trattati, separatamente dai risultati di indagine.
Azioni correttive e preventive Come per qualsiasi monitoraggio, l’operatore del settore lattiero-caseario dovrebbe avere un piano di azioni correttive / azioni preventive per trattare campioni positivi dell’ambiente di lavorazione (test di rilevamento o enumerazione del microrganismo preoccupante al di sopra di una certa soglia). A seguito di un risultato positivo, un’accurata pulizia e
Non Food Contact Surfaces
Product Proximity
Food Contact Surface
sanificazione, seguita da un tampone per la verifica del processo di pulizia, è un’azione correttiva obbligatoria. Su ogni superficie positiva testata si dovrebbe avviare un’analisi della causa principale, che sarebbe più efficiente con un ampio approccio di campionamento intorno al punto positivo prima della pulizia (campionamento a stella o vettoriale) e dopo la pulizia, per caratterizzare meglio la deviazione e identificare quali correzioni, azioni correttive e preventive sono più rilevanti da attuare. Il piano di azione correttiva del tamponamento prima della pulizia deve essere eseguito su superfici con classificazione di prossimità variabile ai campioni dell’ambiente di elaborazione iniziale positivo, al fine di identificare la fonte o le fonti della contaminazione, per capire quanto è estesa la contaminazione e se c’è un significativo rischio di contaminazione del prodotto. La tipizzazione dei ceppi isolati, in caso di numerosi tamponi positivi, sarebbe necessaria per definire quanti siti di rifugio dovrebbero essere studiati. Questo tipo di approccio aiuta a definire quali potrebbero essere le azioni correttive implementate oltre a specifiche operazioni di pulizia, come una maggiore frequenza di test per il prodotto finito. (Fonte: IDF Factsheet 13/2020. www.fil-idf.org)
Produzione & Igiene
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Vetrina / Laboratorio
Vogliamo parlare di Vera Qualità?
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a oltre 20 anni Alitest opera nel settore lattiero-caseario fornendo test di altissima qualità e affidabilità i leader del settore agroalimentare di tutto il territorio nazionale. Quante volte abbiamo sentito frasi riferite a metodi di analisi del latte ormai obsoleti solo perché: “Abbiamo sempre fatto così”, oppure “Li usano gli altri”, oppure “Non mi hanno mai dato problemi”, oppure “Li abbiamo scelti solo per una questione di prezzo”, oppure “Abbiamo accreditato questo metodo perché è quello che è sempre stato utilizzato da Tizio, Caio, Sempronio”! E poi scopriamo un numero elevato di operatori del settore lattiero-caseario che hanno tuttora problemi in lavorazione (siero innesto, fermenti lattici, coagulazione, ecc.) gonfiori tardivi, standard qualitativi scadenti, perdita d’immagine, danni economici!
Tutto questo, per una scelta di un test non conforme al concetto di vera qualità. Qualità significa testare il latte sempre ogni giorno alla stalla, in azienda, al ricevimento e in laboratorio, prima di ogni scarico. Qualità è un confronto delle sensibilità dei test disponibili sul mercato, è capire l’affidabilità del test che si sta utilizzando e porsi sempre delle domande:
§ Quali sostanze rileva e come vengono rilevate? § Rispetta i limiti MRL EU? § È validato? § Quanti passaggi? § Qual è la percentuale d’errore? § Qual è la tempistica di esecuzione? Utilizzare test, anche più economici e con sensibilità che non rispettano i Limiti Europei (MRL) previsti dalla Legislazione, provoca un numero altissimo di falsi negativi nel latte con le conseguenze sopracitate e un danno alla salute del consumatore finale. Per garantire la qualità al consumatore finale e salvaguardare l’immagine aziendale, l’operatore attento non può accettare un latte che non sia realmente Pulito. I Test Rapidi MRL Charm sono la giusta soluzione: pratici, sicuri e affidabili, sono da oltre 40 anni leader mondiale. Qualunque sia il latte da analizzare - mucca, capra o pecora - Alitest ha quello che fa per la Vostra azienda.). Alitest www.alitest.it
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Produzione & Igiene
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Vetrina / Laboratorio
La soluzione analitica completa per la filiera lattiero-casearia
L’
esigenza di adeguati strumenti di controllo e certificazione nella filiera lattiero-casearia ha generato negli anni disposizioni specifiche a tutela della sicurezza e della tracciabilità di prodotto, quali il sistema HACCP e il Regolamento 178/2002. A supporto di tali norme, è fondamentale disporre di metodi analitici in grado di garantire la qualità delle materie prime/semilavorati e prodotti finiti (panna, mascarpone, burro, formaggi e formule per lattanti), in tempi brevi e direttamente in azienda. I kit R-Biopharm permettono di dosare, in modo accurato, i principali parametri chimici (quali urea, acido L-lattico e acetico, colesterolo, ammoniaca, nitrati e lattosio anche in tracce) e i contaminanti (aflatossina M1) di latte e derivati. L’utilizzo combinato di kit pronti all’uso e analizzatori automatici permette oggi di rispondere alle esigenze di: § accuratezza e precisione: molti metodi di screening oggi utilizzati per, ad esempio, il dosaggio dell’urea nel latte (indicatore diretto e pratico per la valutazione delle condizioni nutrizionali delle bovine) o del lattosio, sono spesso affetti da fattori di variabilità, in particolare per campioni con com-
posizioni particolarmente divergenti da quelle standard; § sensibilità e specificità: grazie all’uso di sistemi enzimatici altamente purificati si garantisce l’assenza di effetti matrice, senza dover ricorrere a fasi laboriose di preparazione del campione; § rapidità: l’automazione permette di analizzare, in poco tempo, un elevato
numero di campioni (da 60 a 100 test/ ora) e quindi programmare controlli continui ad ampio spettro. R-Biopharm ha sviluppato un metodo semplice e preciso per estrarre in acqua e dosare in modo selettivo il lattosio in tracce in diverse matrici alimentari, delattosate o naturalmente prive, basato sull’utilizzo di kit enzimatici. Il limite di quantificazione, pari a 10 ppm (0.001%) per prodotti naturalmente privi di lattosio e 20 ppm (0.002%) per i delattosati è ben al di sotto del limite di legge pari a 1000 ppm (0.1%) e delle soglie più restrittive fissate da alcuni produttori, claim “lactose free” < 100 ppm (< 0.01%”).
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Produzione & Igiene
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Speciale Sicurezza Alimentare / Allergeni
Birre senza glutine: quali prospettive? Tecnologie produttive e valutazione dei test di laboratorio
I
l mondo dei “free from” continua a registrare un trend positivo. A dirlo è l’analisi dell’Osservatorio Immagino Gs1 Italy, condotta in collaborazione con Nielsen, che rileva i dati nel periodo 2019 –2020. I prodotti di cui viene messa in evidenza la mancanza di uno o più ingredienti hanno un giro di affari di 6,9 miliardi di euro; +2,2% rispetto al precedente anno. Nel comparto della GDO (grande distribuzione organizzata), e in particolare nei supermercati e negli ipermercati, la categoria dei “free from” ha determinato il giro d’affari più rilevante, con il 18,3% dei prodotti presenti a scaffale. E se i “free from”, con i claim senza antibiotici, senza conservanti, senza zuccheri, ecc., conquistano avventori attenti al benessere e alle scelte di consumo, il mercato dei prodotti adatti agli intolleranti,
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soprattutto senza lattosio e senza glutine, si consolida in più del 30% delle famiglie italiane. In particolare, gli alimenti destinati ai celiaci registrano un +2,6% per un totale delle vendite che vale 3,7 miliardi di euro. Sugli scaffali di supermercati e ipermercati sono ben 9.431 i prodotti senza glutine o senza lattosio: il 13,1% dell’offerta alimentare totale presa in analisi dall’Osservatorio Immagino. Una ricerca dell’Allied Market Research stima che, nel 2026, il mercato mondiale dei prodotti free from varrà circa 161 miliardi di euro, con una crescita dell’80% rispetto al 2018.
Negli ultimi 25 anni, i celiaci sono quintuplicati: nel gennaio del 2019 la relazione del Ministero della Salute ha registrato 206.561 celiaci in Italia, ma si stimano ancora 400mila non ancora diagnosticati. Di riflesso anche il mercato delle birre senza glutine è in crescita: si stima che il mercato delle birre senza glutine arriverà a valere 160 milioni di dollari nei prossimi anni. Dati, questi, che danno una misura delle prospettive future e di quanto diventi sempre più importante studiare prodotti che rispondano alle esigenze dei consumatori, investendo in innovazione tecnologica, ricerca e sicurezza alimentare.
Produzione & Igiene
Aprile 2021
Marianna Bottero Autore per Birra Nostra Magazine
Nelle birre più alcoliche si utilizza più malto d’orzo e quindi più glutine, aumentando il rischio che questo, dopo i trattamenti enzimatici, non precipiti sotto la soglia consentita
Birre senza glutine: cosa dice la legge Per quanto riguarda la produzione di birra, l’ingrediente che contiene glutine è il malto d’orzo, insieme ad altri cereali spesso impiegati come il frumento, tipico delle Blanche e delle Weizen, l’avena o il farro. Per risolvere il problema, si potrebbe pensare di produrre birra utilizzando quelli che vengono definiti “pseudocereali”, che non contengono glutine: il sorgo, il miglio, l’amaranto, la quinoa, il mais o il riso, ad esempio. Pratica consentita in America o in Australia dove si distinguono birre gluten free, ovvero che
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Produzione & Igiene
In fase di produzione si deve necessariamente escludere il rischio di contaminazione non hanno alcun ingrediente contenente glutine in partenza, e birre gluten reduced, che hanno malto d’orzo deglutinato con enzimi. Tuttavia, in Italia, questa soluzione non è compatibile con le disposizioni di legge. Infatti, viene specificato che “la denominazione “birra” è riservata al prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces carlsbergensis o di Saccharomyces cerevisiae di un mosto preparato con malto, anche torrefatto, di orzo o di frumento o di loro miscele e acqua, amaricato con luppolo o suo derivato o con entrambi”. Rimuovendo il malto d’orzo o di frumento, bisognerebbe riportare in etichetta la dicitura “bevanda a base di riso” o “bevanda a base di mais”. Per legge, non è consentito definirla propriamente “birra”, pena minima sanzioni amministrative pecuniarie fino a 16mila euro, a meno che il caso non costituisca reato. Nel nostro Paese, il Regolamento CE n. 41/2009, relativo alla composizione e all’etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine, distingue: quelle definibili senza gluti-
IL RISCHIO DI CONTAMINAZIONE Il glutine non è presente solo in pane, pasta, pizza, dolci e prodotti che comunemente utilizzano la farina. Per chi è celiaco o affetto da gluten sensivity le difficoltà nella scelta dei prodotti da consumare sono principalmente due: la lettura e comprensione delle etichette alimentari, per determinare l’idoneità del prodotto contenente possibili ingredienti rischiosi, come certi tipi di conservanti ed edulcoranti; la sicurezza alimentare in fase di produzione, che deve necessariamente escludere la presenza di contaminazione. L’unica tutela e garanzia ad oggi esistente è la scritta “senza glutine” in etichetta che, previe le dovute analisi di laboratorio, assicura l’assenza di contaminazione durante il processo produttivo.
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Speciale Sicurezza Alimentare / Allergeni
ne, dove le analisi di laboratorio rilevano presenza di glutine sotto la soglia dei 20 ppm (parti per milione) e che hanno diritto al simbolo della spiga barrata in etichetta, previa stipula del contratto di concessione con l’AIC (Associazione Italiana Celiachia); e birre a basso contenuto di dove il glutine è presente tra i 21 ppm e i 100 ppm.
Come si producono le birre senza glutine Le birre senza glutine seguono lo stesso procedimento produttivo delle birre con glutine. La differenza è nell’introduzione durante la fermentazione di specifici enzimi, come il Clarex usato anche per chiarificare la birra. Una tecnica, utilizzata perlopiù in campo industriale, che prevede l’impiego massivo di luppoli in fase di bollitura. Questo perché le resine dei luppoli si legano al glutine, facendolo precipitare sul fondo del tino e rendendolo facilmente eliminabile durante il whirpool. Aiuto ulteriore a questo procedimento diventano poi la maturazione a freddo e
la microfiltrazione. Per quanto riguarda la produzione artigianale, generalmente, si mantiene a lungo una temperatura di 50-52 gradi in fase di ammostamento (protein rest). Questo può contribuire a ridurre il livello del glutine che è, appunto, una proteina. Tuttavia non bisogna eccedere nei tempi per evitare di ridurre sensibilmente la tenuta della schiuma nel prodotto finito. È inoltre possibile, nel limite del 40% consentito dalla legge, utilizzare anche i succedanei naturalmente privi di glutine, quali il mais o il riso. Esistono birre più adatte a essere senza glutine? Sì, non per stile brassicolo, ma tendenzialmente è più probabile che i test di laboratorio rilevino glutine inferiore ai 20 ppm in birre non troppo complesse, con grado alcolico finale medio-basso. Nelle birre più alcoliche, infatti, si utilizza più malto d’orzo e quindi più glutine, aumentando il rischio che non precipiti sotto la soglia consentita. Una volta che la birra viene infustata o imbottigliata, sarà necessario che, in caso di somministrazione, anche chi si
Sono in corso diversi studi su nuove tecnologie per rilevare singole molecole di glutine e ottenere risultati più attendibili rispetto ai sistemi analitici al momento a disposizione
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occupa del servizio presti attenzione alle possibili contaminazioni. È buona norma lavarsi bene le mani prima di spillare birre senza glutine e, soprattutto, bisogna evitare di utilizzare la stessa spatola tagliaschiuma usata per le birre tradizionali, altrimenti tutto viene vanificato e si rischia che il cliente si senta male.
I test di laboratorio sono davvero sicuri? Esistono diversi test che consentono di analizzare i prodotti alimentari e rilevare la presenza di glutine, ma tutti i fermentati come la birra o la soia, ad esempio, necessitano di test dedicati. Infatti, la fermentazione e le lavorazioni ad alte temperature idrolizzano il glutine. Negli ultimi dieci anni, diversi studi in materia di tecnologia alimentare, a livello mondiale, stanno mettendo in discussione l’efficacia dei test ELISA (Enzyme-Linked Immunosorbent Assay) R5 Competitive o “sandwich” largamente utilizzati dai laboratori per rilevare la presenza di glutine nei fermentati. Questo perché i test prendono in esame i peptidi di glutine (corte catene di amminoacidi) ma non riescono a convertire i risultati nell’effettiva quantità di singole molecole presenti nel campione analizzato. Michelle Colgrave, professoressa di proteomica per l’alimentare e l’agricoltura alla ECU University di Joondalup in Australia, si occupa di sicurezza alimentare e studio delle proteine, grazie alla spettrometria di massa (LC-MS). In una sua ricerca, pubblicata a ottobre del 2017 sul Journal of Agricultural and Food Chemistry e intitolata “Liquid Chromatography–Mass Spectrometry Analysis Reveals Hydrolyzed Gluten in Beers Crafted To Remove Gluten” (L’analisi con cromatografia liquida e spettrometria di massa rivela glutine idrolizzato nelle birre destinate a essere senza glutine), la ricercatrice ha testato con la spettrometria di massa alcune birre con presenza di
Produzione & Igiene
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glutine sotto i 20 ppm, come evidenziato dai test ELISA R5 Competitive. I risultati sono stati sorprendenti: in ogni birra presa in esame ha rilevato frammenti di glutine non identificati dal test ELISA. La maggior parte dei prodotti analizzati conteneva livelli molto più alti di glutine rispetto a quanto dichiarato, mettendo potenzialmente a rischio la salute di celiaci e intolleranti. Anche in Italia si stanno conducendo diversi studi sulle tecnologie per rilevare singole molecole di glutine e ottenere risultati più attendibili. Nel 2007, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Napoli ha elaborato una possibile tecnica diagnostica, grazie a un gruppo di ricercatori guidati da Sabato D’Auria, direttore dell’Istituto di Scienza dell’Alimentazione (ISA) e, dal 1997 al 2002, ricercatore e professore associato del Centro di Spettroscopia di Fluorescenza all’Università del Maryland a Baltimora. Il team ha
portato in evidenza l’efficacia dei test con spettrografia di fluorescenza di correlazione (FCS) che sarebbero in grado di individuare fino allo 0,006 ppm di gliadine presenti nel prodotto alimentare. Altri studi su approcci analitici efficaci e innovativi sono stati condotti da Monica Mattarozzi, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma. Come Colgrave, anche Mattarozzi ha testato la biosensoristica e il metodo LC-MS/MS che combina spettrometria di massa e cromatografia liquida. I risultati sono stati positivi e hanno evidenziato come sia importante e determinante sviluppare la ricerca su metodi di estrazione e analitici il più precisi possibile, soprattutto per tutelare il crescente numero di intolleranti dalla presenza accidentale di allergeni. Già dal 2013 la Food and Drug Administration, l’ente governativo che regola i
prodotti alimentari e farmaceutici negli Stati Uniti, ha vietato l’utilizzo di test ELISA R5 Competitive per apporre in etichetta il claim “senza glutine”, a meno che le birre non siano in partenza prodotte da pseudo-cereali. Tuttavia, nonostante i numerosi studi e i chiari esempi di ricerca innovativi, metodi come LC-MS non sono ancora stati validati e regolamentati dagli enti internazionali che si occupano di sicurezza alimentare. Pertanto, non sono riconosciute effettivamente tecniche di analisi alternative ai test ELISA. Con gli attuali metodi di produzione, inoltre, celiaci e intolleranti sono informati sul fatto che anche le birre senza glutine ne contengano una minima parte e che, seppur consentite, vadano consumate con moderazione poiché la quantità di glutine potrebbe andare in accumulo e causare malessere, oltre che danni permanenti dati dalla negligenza nel seguire una corretta dieta.
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Produzione & Igiene
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Speciale Sicurezza Alimentare / Tecnologie per la shelf life
IN COLLABORAZIONE CON GSICA Gruppo Scientifico Italiano di Confezionamento Alimentare
Sanitizzazione dei prodotti caseari freschi IL CASO DEI RAGGI X APPLICATI A FIORDILATTE E RICOTTA
D
a qualche decennio, il mondo scientifico è impegnato nello studio di tecnologie alternative alla classica sanitizzazione termica. Tra le più citate si ricordano la luce pulsata, i campi elettrici pulsati, gli ultrasuoni, le radiazioni ionizzanti, le alte pressioni e il plasma freddo. Tali tecniche sono note per abbattere la carica microbica e/o ridurre l’attività enzimatica, promuovendo quindi un incremento della shelf life dell’alimento trattato. Tuttavia, il loro utilizzo è ancora molto limitato su scala industriale poiché di queste tecnologie non si conoscono a fondo gli effetti collaterali, perché è ancora necessario ottimizzare il trattamento per le specifiche categorie alimentari, perché possono causare alterazioni delle proprietà sensoriali.
Le potenzialità dei raggi X In questo ambito, un gruppo di ricerca dell’Università di Foggia, ha voluto esplorare le potenzialità dei raggi X applicati ad alcuni prodotti caseari freschi, quali fiordilatte e ricotta (sia ricotta artigianale che industriale). Fiordilatte e ricotta artigianale sono prodotti lattiero-caseari che, a causa della loro composizione e dell’elevato livello di umidità, hanno un’al-
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MECCANISMO DI AZIONE DEI RAGGI X L’attività igienizzante dei raggi X può essere ascritta a un effetto primario e ad effetti secondari. L’effetto primario si ha quando gli elettroni che vengono rilasciati a seguito dell’interazione con i fotoni stimolano altri atomi vicini favorendo la formazione di ioni. Gli effetti secondari si verificano quando questi ioni generati in seguito a reazioni primarie reagiscono con altre molecole per formare componenti altamente reattivi come radicali liberi, elettroni e ioni. Gli effetti della radiolisi dipendono dalla dose di energia assorbita per unità di massa.
ta proliferazione microbica che li rende inaccettabili nel giro di pochi giorni. La ricotta industriale ha shelf life più lunga poiché sottoposta a pastorizzazione. L’applicazione dei raggi X sui prodotti scelti si è rivelata molto interessan-
te poiché il prolungamento della vita di scaffale dei campioni trattati è stato significativo. I raggi X sono una tecnologia ad elevato potere penetrante, in grado di sanificare la matrice alimentare, garantire un’efficace azione antimicrobica e
Produzione & Igiene
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Francesco Emilio Ricciardi, Valentina Lacivita, Amalia Conte, Matteo Alessandro Del Nobile Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente, Università di Foggia
RICOTTA INDUSTRIALE
25
90
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3.0 kGy 2.0 kGy
10
0.5 kGy
5
CTRL
0
a
SHELF LIFE (GIORNI)
SHELF LIFE (GIORNI)
RICOTTA ARTIGIANALE
80 70 60
3.0 kGy
50
2.0 kGy
40 30
0.5 kGy
20 10 0
CTRL
b
Figura 1. Shelf life di ricotta artigianale e industriale
FIORDILATTE
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SHELF LIFE (GIORNI)
40 35 30
3.0 kGy
25 20
2.0 kGy
15
0.5 kGy
10 5
CTRL
0
Figura 2. Shelf life del fiordilatte.
sono applicabili sul prodotto già confezionato, senza che ci sia quindi rischio di ri-contaminazione del prodotto in fase di confezionamento.
I risultati della ricerca Anche se la dose massima consentita sugli alimenti è di 10 kGy, nell’ambito della ricerca sono state utilizzate dosi molto più basse. Nello specifico, campioni confezionati di ciascun prodotto sono stati trattati a dosi di 0.5, 2.0 e 3.0 kGy. Durante la conservazione a temperature di leggero abuso termico (9 °C), a intervalli di
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Produzione & Igiene
tempo regolari, sono state eseguite analisi microbiologiche per identificare lo sviluppo di agenti deterioranti/patogeni (Pseudomonas spp., lieviti, Enterobacteriaceae, Mesofili e Bacillus cereus), valutare il pH e analizzare la qualità sensoriale mediante panel test. Tutte le analisi sono state eseguite anche su campioni di controllo, cioè non trattati e tenuti nelle stesse condizioni di conservazione. In Figura 1 è mostrata l’efficacia del trattamento ai raggi X per ricotta artigianale e industriale rispetto ai prodotti non trattati. La ricotta artigianale, di cui si stima normalmente una durata di circa 4-6 giorni, dopo trattamento a 0.5 kGy ha esteso la shelf life a 2 settimane, mentre, alle dosi irradianti di 2.0 e 3.0 kGy, la durata si è allungata fino a 24 giorni. Anche la ricotta industriale, che generalmente registra una shelf life di poco superiore al mese, ha dato risultati interessanti. Il campione di controllo è durato circa 38 giorni, mentre a tutte le dosi di trattamento utilizzate, si è avuta una shelf life più che duplicata (84 giorni). La Figura 2 mostra l’efficacia del trattamento sul fiordilatte rispetto al campione non trattato. Il fiordilatte fresco ha mostrato una durata di circa 10 giorni, tempo in cui le Enterobacteriaceae hanno raggiunto il limite di accettabilità di 105
cfu/g, mentre per i prodotti irradiati si è verificato un’estensione della shelf life di 20 giorni per il trattamento eseguito a 0.5 kGy e di circa 44 giorni per i restanti trattamenti (2.0 e 3.0 kGy), così confermando che nei campioni in cui è stata inibita la crescita microbica sono state apprezzate più a lungo anche le proprietà sensoriali. In tutte le matrici il pH risultava leggermente superiore rispetto al controllo. Ad oggi l’uso dei raggi X, a livello nazionale, è consentito solo per prevenire la germogliazione di patate e liliacee e per il trattamento di erbe e spezie aromatiche. Tale tecnologia potrebbe davvero cambiare lo scenario di molti prodotti freschi di qualità e renderli disponibili anche su mercati molto lontani dal luogo di produzione. Pertanto, la ricerca dovrà proseguire e approfondire le conoscenze per dare maggiori informazioni al mondo industriale, che possa sentirsi motivato nell’operare scelte mirate all’innovazione di processo, e maggiori garanzie di sicurezza al consumatore finale, ad oggi ancora scettico sulle radiazioni ionizzanti applicate agli alimenti. Per ulteriori approfondimenti si rimanda alle seguenti pubblicazioni scientifiche: § Lacivita, V., Mentana, A., Centonze, D., Chieravalle, E., Zambrini, Conte, V.A. & Del Nobile, M.A. (2019) Study of X-ray irradiation applied to fresh dairy cheese. LWT. 103, 186-191. § Ricciardi, E.F., Lacivita, V., Conte, A., Chiaravalle, E., Zambrini, A.V. & Del Nobile, M.A. (2019) X-ray irradiation as a valid technique to prolong food shelf life: The case of ricotta cheese. International Dairy Journal. 99, 104547.
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Speciale Pest Management / AUDIT E STANDARD
IFS FOOD versione 7 Confermata l’attenzione per il Pest Management
I
FS Food rappresenta uno dei più diffusi standard volontari di Sicurezza Alimentare ed è riconosciuto internazionalmente dal GFSI (Global Food Safety Initiative). Nasce come standard di riferimento per la conduzione di audit dei fornitori di prodotto a marchio dei distributori. Di origine franco-tedesca (ma ha visto anche il contributo italiano nella sua realizzazione), lo standard è applicabile alla verifica dei produttori di prodotti alimentari e può essere utilizzato solo per aziende di trasformazione alimentare e/o società che confezionano prodotti alimentari sfusi, attraverso lo svolgimento di dettagliati audit da parte di Organismi di Certificazione accreditati. Assieme ad altri standard sulla Sicurezza Alimentare, IFS rappresenta anche un riferimento per i Professionisti del Pest Control, poiché prevede requisiti ben definiti per la gestione degli infestanti negli stabilimenti certificati.
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Questa attenzione alle attività di Pest Management in senso lato è stata rinnovata con la pubblicazione della nuova edizione dello standard Food. Ad ottobre 2020, infatti, è stata diffusa, dopo una lunga gestazione, la versione 07. Molteplici sono le novità di interesse e anche il requisito dedicato al “Monitoraggio ed al controllo degli infestanti” (requisto 4.13) ha visto alcuni aggiornamenti. Si consideri che gli assessment (terminologia con cui di fatto si indica l’insieme delle attività di audit ed ispezione) sono possibili a partire da marzo 2021, mentre dal 01/07/2021 l’adozione della versione 7 sarà obbligatoria.
La nuova versione, allineata ai più recenti requisiti di benchmarking GFSI, FSMA e Regolamenti UE, vede una riduzione complessiva del 15% del numero di requisiti: 237 nella versione 7 vs i 281 requisiti della versione 6.1. In alcuni casi alcuni requisiti sono stati fusi con altri requisiti, in altri casi soppressi ma ve ne sono anche di nuovi. Tra gli altri aspetti di novità, si citano la revisione di alcuni requisiti al fine di renderli maggiormente chiari, la revisione del protocollo di audit e delle check-list al fine di dedicare maggiore tempo alle valutazioni in campo rispetto agli aspetti documentali. Sono stati inoltre forniti
Produzione & Igiene
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Francesco Fiorente Consulente in Pest Management
Tra gli elementi da tenere in considerazione: la tipologia di materia prima e di prodotti finiti e gli elementi costruttivi sensibili all’attività degli infestanti
Le attività di Pest Management sono indispensabili per gli obiettivi di Food Safety
menti ai “pest” a proposito di pavimenti, soffitti ed elementi sospesi, finestre, porte ed aperture, condizioni di trasporto, gestione delle materie prime, dello stoccaggio, smaltimento e gestione dei rifiuti, ecc. chiarimenti in merito ai requisiti degli Organismi di Accreditamento e di Certificazione anche per migliorare la possibilità di confronto con gli altri standard GFSI (tra cui per es. BRC, FSSC 22000, ecc). Relativamente alla gestione degli infestanti, vi sono delle integrazioni ed è stato aggiunto un requisito, portando il numero dei punti di interesse a sette. Ciò sicuramente conferma l’attenzione al ruolo chiave del Pest Management tra le GMP e la gestione dei PRP. Naturalmente, l’attenzione agli animali infestanti è presente anche in altri paragrafi, legati a vari aspetti produttivi, organizzativi e del sito: ritroviamo riferi-
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Produzione & Igiene
Pest Prevention Il primo e nuovo requisito è il punto 4.13.1 che asserisce come l’infrastruttura del sito e le operazioni debbano essere progettate e costruite per prevenire le infestazioni. Questo aspetto sarà valutabile dall’assessor (l’auditor) mediante l’ispezione del sito. Pur non modificando il titolo del capitolo in “gestione degli infestanti” (come accaduto con BRC GSFS FOOD ed. 8), viene di fatto richiesta l’adozione di veri e propri “piani di gestione delle infestazioni” che tendano a ridurre al minimo le possibilità di infestazioni: il concetto di “pest
prevention” appare sempre più chiaro. Emerge palesemente che i servizi di pest management debbano basare la propria progettazione a seguito di un’accurata valutazione dei rischi.
Rischi di contaminazione Il punto 4.13.2 conferma di fatto i contenuti della precedente versione (ex punto 4.13.1) relativamente alla predisposizione di adeguate misure di controllo degli infestanti che devono essere conformi ai requisiti di legge locali1, prendendo in considerazione i rischi legati agli infestanti, ai prodotti alimentari presenti, le responsabilità, la frequenza delle ispezioni, ecc. Compresi i requisiti relativi ad ordinanze locali e leggi regionali, oltre che relativi al Paese in cui il sito è ubicato. Tra questi aspetti, si cita l’uso delle esche rodenticidi anticoagulanti, secondo le indicazioni di etichetta, tema ancora in fase di forte dibattito tra gli addetti ai lavori.
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Speciale Pest Management / AUDIT E STANDARD
Sono aggiunti quali elementi da tenere in considerazione: la tipologia di materia prima e di prodotti finiti, gli elementi costruttivi sensibili all’attività degli infestanti quali soffitti, cantine, tubazioni, canaline, angoli e i depositi in affitto. Si potrebbero, pertanto, configurare dei rilievi “KO” o “NC Maggiori” qualora non siano messe in campo misure di pest control, qualora accada una contaminazione di prodotto a causa di esche di vario genere non tenute sotto-controllo o qualora possa configurarsi un rischio per la sicurezza dei prodotti.
Il responsabile interno Il requisito 4.13.3 assume un’interessante connotazione circa le definizioni delle responsabilità. Infatti, è ora ancora più evidente che qualora l’Impresa alimentare incarichi un fornitore esterno di servizi di pest control, tutti i requisiti di servizio specificati al punto 4.13.2 dovranno essere chiaramente specificati in un contratto di fornitura di servizi che, è auspicabile, sia il più dettagliato possibile. In aggiunta, dovrà essere identificata una persona dell’Impresa alimentare, nominata e debitamente addestrata per monitorare le misure di pest control intraprese, ricordando che anche se il servizio di pest control fosse esternalizzato (come di fatto spesso accade), le responsabilità per le azioni necessarie (inclusa la supervisione continua delle attività di disinfestazione) debbano rimanere all’interno dell’azienda. In questa fase, diventano di primaria importanza, la selezione e la qualifica dei fornitori esterni del servizio e la valutazione della formazione e degli addestramenti di tutte le persone coinvolte in tale attività. Su questo aspetto, certamente andranno ad influire anche le norme adottate dai fornitori professionali di servizi di pest control, quali in particolar modo
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le norme UNI EN 16636:2015 (integrata nel 2020 dalla UNI/PdR 86:2020), UNI 11381:2010. Relativamente alla formazione per i cosiddetti “Professionisti formati” della disinfestazione (con specifico riferimento all’impiego dei prodotti biocidi), in assenza di un’abilitazione dal valore legale per lo svolgimento di tali attività e per l’impiego dei prodotti, il mercato privato della formazione offre oggi numerosi programmi formativi completi (40 ore), anche nelle modalità di formazione in remoto, destinati al personale delle Imprese di Pest Control. Per quanto riguarda i requisiti 4.13.4, 4.13.5, 4.13.6 (rispettivamente nella precedente versione 4.13.3, 4.13.4 e 4.13.5), essi sono sostanzialmente invariati rispetto alla versione IFS 6.1. Relativamente al punto 4.13.4 il valutatore dovrà verificare la disponibilità delle evidenze documentali delle ispezioni periodiche e delle azioni correttive applicate, controllando anche che tali documenti siano firmati dalle parti e che le azioni
correttive siano state applicate in tempistiche ragionevoli ed adeguate. Con riferimento al requisito 4.13.5 (“Le esche, le trappole e i dispositivi anti-insetto devono essere perfettamente funzionanti, in numero sufficiente, progettati allo scopo, ubicati in posizioni appropriate e utilizzati in modo da evitare qualsiasi rischio di contaminazione”), saranno, tra le altre cose, verificate le ubicazioni della lampade UV per la cattura degli insetti, se funzionanti: l’eventuale posizionamento in modo tale da consentire agli insetti di raggiungere e contaminare i prodotti alimentari sarà fonte di eventuale rilievi “KO” o “NC Maggiori”. Si cita, altresì, la necessità che i dispositivi per il monitoraggio e per il controllo degli infestanti siano necessariamente “designed for purpose” ovvero “progettati per lo scopo” anche ai fini di una corretta valutazione dell’efficacia e dell’efficienza. Viene, quindi, rimarcata l’importanza di dotarsi e di impiegare di strumenti adeguati, coinvolgendo anche i fornitori di prodotti e dispositivi.
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Speciale Pest Management / AUDIT E STANDARD
Verifica dell’efficacia delle attività Infine, per il requisito 4.13.6 sarà necessario predisporre azioni mirate alla verifica delle materie prime e dei beni ingresso nel sito, documentando le attività e l’eventuale presenza di infestanti e le misure di gestione intraprese. Il requisito 4.13.7, ultimo specifico per la gestione degli infestanti nei siti certificati IFS 7, pone l’attenzione sulla conferma dell’efficacia e sul riesame periodico delle attività. Tra le righe, appare chiaro che la “trend analysis” rappresenta solo uno degli strumenti per confermare l’efficacia: non è da escludere infatti che anche le indagini approfondite da parte di un “pest control expert”, già prese in considerazione dallo standard BRC, vengano consigliate anche in aziende certificate IFS, come anche le esperienze degli ultimi anni ci hanno indicato.
Al fine di chiudere le correzioni, potranno essere accettate quali prove i registri di formazione, le procedure aggiornate con modifiche tracciabili, immagini delle situazioni “prima” e “dopo”, evidenze di trasmissione di documenti al personale interessato, evidenze di svolgimento di audit/ispezioni interne anche supplementari, indagini approfondite ed approfondimenti presso laboratori di campioni/contaminanti, evidenze di svolgimento di interventi straordinari per gestire un’infestazione, comprese le fatture di riparazioni, interventi di manutenzione (i preventivi non rappresentano una prova di correzione, ma solo l’intenzione di procedere), ecc. Infine, è bene ricordare come, seppure non sovrapponibile nei punti norma, i requisiti descritti nello standard IFS FOOD relativi al pest management, trovano un riscontro anche nella norma UNI EN 16636:2015 che disciplina i servizi
di gestione delle infestazioni. Per esempio, le attività di ispezione, valutazione sono descritti ai punti 5.2, 5.3 della norma “16366”. La valutazione dei rischi del sito e del cliente è riportata al punto 5.4, mentre la definizione di adeguate misure di gestione e gli aspetti contrattuali sono indicati ai punti 5.6, 5.7, così come l’implementazione del sistema (con aggiunta del riferimento al punto 5.8). Infine, lo svolgimento di adeguate pratiche di monitoraggio e di conferma di efficacia sono riferibili ai punti 5.11 e 5.12 della norma UNI EN 16636. Allo stesso tempo, il punto 6.1 dello standard “16636” approfondisce le modalità della formazione e delle competenze del personale impiegato. Anche con l’ultima revisione 7, lo standard IFS riconosce ulteriormente, confermandolo, il ruolo di primaria importanza per le attività del Pest Management quali indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi di Food Safety.
Anche nel caso di fornitore esterno, le responsabilità per le azioni necessarie all’attività di pest management rimangono all’interno dell’azienda
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Indagine qualitativa: disinfestazione e industria alimentare
Scarica il Libro Bianco sul Pest Control nell’industria alimentare
Bayer ha recentemente condotto un’indagine rivolta ai disinfestatori e ai referenti tecnici dell’industria alimentare. Daniel Lucien, Field Manager and Technical Support Bayer ci racconta brevemente cosa è emerso
L’
indagine è stata svolta negli Stati Uniti e nel regno Unito in collaborazione con BRC Global Standards. I risultati degli audit BRC Global Standards mostrano come le non conformità legate alla disinfestazione riguardino il 15% dei siti certificati nel Regno Unito e il 20% di quelli negli Stati Uniti. Questi livelli di non conformità sono mediamente nella norma, ma la non conformità dell’audit riguarda non tanto l’efficacia del servizio, ma la sua pianificazione e preparazione, ad esempio l’analisi del sito. Abbiamo iniziato con una dettagliata indagine qualitativa con i Technical Managers di grandi imprese di disinfestazione (Stati Uniti e Regno Unito) per individuare quali sono le fasi della relazione professionale. Dopo di che abbiamo approfondito il tutto tramite 200 interviste telefoniche a tecnici disinfestatori ed un questionario online a 200 Responsabili di aziende alimentari. I risultati sono chiari e tutt’altro che scontati. La fotografia che emerge da questa indagine è che obiettivi e aspettative delle imprese di disinfestazione e
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dei responsabili dell’industria alimentare sono molto allineati. Nonostante questo, si evidenziano anche aree di miglioramento, individuate da entrambe le parti, oltre che la necessità di una comunicazione inclusiva e di attività per definire il ruolo di tutte le persone
coinvolte nelle attività di ispezione, di erogazione del servizio e di mantenimento della relazione commerciale. Ad esempio i responsabili dell’industria alimentare si aspettano che l’impresa di disinfestazione illustri in quale modo saranno affrontati i rischi specifici del
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sito e mettere in evidenza come saranno soddisfatti i requisiti di sicurezza alimentare, compresi quelli che derivano dagli standard volontari: appare chiaro come i clienti non gradiscano un approccio standardizzato all’ispezione e all’impostazione del contratto, e preferirebbero che il disinfestatore sia in grado di comprendere le loro specifiche necessità. I disinfestatori invece riferiscono che non è sempre possibile fare un sopralluogo del sito: questa è una barriera importante per un preventivo accurato e per l’erogazione del servizio. L’accessibilità a tutte le aree del sito è molto importante.
Rispetto ai risultati emersi, quali sono le azioni intraprese da Bayer per rispondere alle esigenze di entrambe le parti? Per riassumere i risultati di questa indagine, abbiamo stilato un elenco di suggerimenti validi per entrambe le parti: le conclusioni hanno generato una checklist sulla quale impostare più
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efficaci programmi di gestione e controllo degli infestanti. Anche se possono sembrare suggerimenti dettati semplicemente dal buon senso, la pressione sotto la quale vengono eseguite le attività di pest control dimostra come questi aspetti siano a volte trascurati. Ad esempio garantire all’impresa di disinfestazione accesso e tempo adeguato per l’ispezione del sito e per l’erogazione del preventivo. Oppure stabilire chiaramente ruoli e responsabilità del personale dell’impresa e di quello dell’azienda cliente.
Parliamo di innovazione e tecnologia: quali sono i vostri piani per il futuro in termini di sviluppo di prodotti e soluzioni? Sviluppiamo soluzioni integrate per il controllo degli infestanti per aiutare i professionisti della disinfestazione a mantenere gli ambienti salubri e a garantire la sicurezza degli alimenti. Grazie all’estensione di impiego del gel insetticida Maxforce PLATIN, quest’anno presentiamo un protocollo per il controllo del Pesciolino d’argento, un infestante presente ma ancora poco diffuso in Italia ma che probabilmente aumenterà in futuro. Nel corso del 2020 abbiamo presentato K-Othrine PARTIX, un nuovo insetticida registrato come Prodotto Biocida che impiega una nuova tecnologia di formulazione che permette di ottimizzare l’utilizzo del prodotto e di ottenere un’efficacia di lunga durata con una quantità inferiore di principio attivo. Inoltre abbiamo lanciato in 15 paesi del mondo l’applicazione mobile Pest Partner, che offre al tecnico della disinfestazione numerosi strumenti utili per il suo lavoro di tutti i giorni, ad esempio il Calcolatore di dosaggio, che permette di calibrare e di calcolare la giusta dose d’impiego per il prodotto insetticida. Crediamo che il corretto
utilizzo dei prodotti, evitando sprechi e sotto-dosaggi, sia da supportare e da agevolare in tutti i modi anche offrendo ai professionisti degli strumenti tecnici come questo.
Infine, cosa vuol dire per Bayer essere sostenibili? Contribuire allo sviluppo sostenibile è diventato un elemento centrale della strategia di Bayer ed una delle leve strategiche dell’azienda. Con la nostra strategia per la sostenibilità stiamo venendo incontro alle sfide globali dei nostri tempi, come il cambiamento climatico e la protezione dell’ambiente, e stiamo lavorando per migliorare l’impatto sulla società dell’azienda e delle nostre attività. Nel settore della disinfestazione professionale cerchiamo sempre di promuovere l’applicazione dei principi dell’Integrated Pest Management e di sviluppare prodotti, come ad esempio K-Othrine PARTIX, che permettano di applicare una dose inferiore di prodotto mantenendo un livello ottimale di efficacia. Infine Bayer vuole avere un ruolo attivo nel tessuto sociale e da anni si impegna concretamente per una crescita sociale e culturale, operando a fianco di istituzioni e organizzazioni in grado di promuoverla.
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Speciale Pest Management / Case history
Analisi del rischio, audit e trend analysis Un’esperienza di Pest Management in uno stabilimento alimentare
L
o studio della disposizione dei Control Points (CP) all’interno di un’industria alimentare si è sviluppato secondo un’analisi del rischio legato alla diversa tipologia di infestanti, in ottemperanza anche alle disposizioni di cui alla BRC, IFS, ISO 22000 e naturalmente alla ISO 16636:2015. Lo stabilimento è circondato da aree agricole, fattore che aumenta la pressione di infestazione esterna. L’analisi è stata eseguita al fine di stabilire le aree a maggior criticità e quindi i punti più idonei a introdurre le postazioni per il controllo delle entità infestanti.
Suddivisione dello stabilimento per aree omogenee La struttura produttiva è stata analizzata al fine di definire le Aree Sensibili (AS)
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in cui possono verificarsi infestazioni dei locali interni e/o delle aree di produzione. Per ogni tipologia di infestante e per ogni area da trattare sono stati apposti dei
Punti di Monitoraggio (PM) scelti in base di ogni Area Sensibile. Per la definizione delle Soglie di Rischio sono stati utilizzati i seguenti parametri:
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Michele Ruzza Direttore Tecnico Divisione Pest Control
TIPOLOGIA DEI PRINCIPALI INFESTANTI CONSIDERATI NELL’ANALISI DEL RISCHIO - SCHEMA Coleotteri - Specie
Famiglia
Nome comune
Feromone/Attrattivo
Sithophilus granarius
Coleottero Curculionide
Punteruolo del grano
FA
Sithophilus zeamays
Coleottero Curculionide
Punteruolo del maisInterventi eseguiti.
FA; AL
Tribolium castaneum
Coleottero Tenebrionide
Tribolio
FA; AA; AL
Sitophilus oryzae
Coleottero Curculionide
Punteruolo del riso
FA; AL
Tribolium confusum
Coleottero Tenebrionide
Tribolio
FA; AA
Tenebrio molitor
Coleottero Tenebrionide
Verme della farina
FS
Gnatocerus comutus
Coleottero Tenebrionide
Gnatocero cornuto
FA
Legenda attrattivi
FS: Feromone Sessuale FA: Feromone di Aggregazione AA: Attrattivo Alimentare AL: Attrattivo Luminoso AC: Attrattivo Cromotropico NB: alcuni riguardano le specie prese in considerazione non appartenenti all’ordine dei coleotteri Egual schema è stato realizzato per gli invertebrati: lepidotteri delle famiglie dei Fictidi (es. Plodia interpunctellata); Galleridi (es. Corcyra cephalonica); Piralidi (es. Pyralis farinalis); Gelechidi (es. Sitotroga cerealella); Tineidi, Piralidi. Ditteri, Blattoidei, (famiglia Blattelde, Blattide, Polifalide), Vertebrati (Mus musculus, Arvicole spp, Rattus norvegicus, R. rattus) e Columba livia var. urbana.
§ PE: indice di pericolo che rappresenta il criterio di valutazione che consente di collegare la presenza di un infestante alla probabilità che
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possa determinare la contaminazione di un prodotto in una determinata area; § VI: valutazione dell’infestazione che si ricava direttamente durante le attività di monitoraggio e rappresenta un dato
quantitativo direttamente correlato alla presenza dell’infestante; § R: determinazione del rischio che viene automaticamente graduato mediante una formula matematica R = PE x VI
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Speciale Pest Management / Case history
Audit e criticità rilevate Scopo dell’ispezione è quello di analizzare eventuali criticità nella struttura che possano favorire l’insediamento/ sviluppo di infestanti e proporre al contempo delle azioni correttive, oltre a valutare l’impianto di Pest Control attualmente presente e relativa documentazione presente, in riferimento all’analisi del rischio. In riferimento alle criticità evidenziate nel precedente nell’Audit si sono evidenziate le verifiche, strutturando il piano di interventi come in questo esempio: Soglie di rischio. Legenda: 1-Muridi 2-Insetti striscianti 3-Insetti volanti 4-Infestanti delle derrate
Alta attenzione
Basso rischio
Non esposto
PE
All fine di rendere sempre più performante e attento il servizio di eseguire nel dettaglio queste migliorie: 1. riposizionamento della cartellonistica: si è rilevata l’usura della cartellonistica dovuta al tempo e alle condizioni oggettive di servizio e dell’impianto. A fronte di questo si valuta un ricambio graduale di tutta la cartellonistica; 2. sostituzione trappole roditori/Insetti con modelli più funzionali; 3. inserimento di nuove postazioni (erogatori d’esca): nell’area esterna si è valutato di implementare gli
Alto rischio
Le soluzioni proposte
VI
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3
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3
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erogatori d’esca per il contenimento dei muridi sviluppando una cintura esterna perimetrale; 4. inserimento di nuove postazioni (trappole a cattura topi/blatte) nell’area interna;
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5. inserimento di nuove postazioni (monitoraggio infestanti delle derrate); 6. inserimento di nuova lampada bifacciale; 7. verifica documentale presente nel portale dedicato e in forma cartacea.
Descrizione
Responsabilità
Azione correttiva proposta e interventi
Esterno scarico merce in entrata Problema: volatili
Azienda alimentare committente
Si consiglia soluzione meccanica per impedire lo stazionamento di volatili nelle tubature della struttura. Eseguiti interventi parziali nell’area con eliminazione di vari siti di stazionamento.
Esterno Retro Stabilimento Area Silos 1
Azienda alimentare committente
Si consiglia pulizia dell’area con asporto rifiuti e sfalcio dell’erba. Interventi eseguiti.
Esterno Retro Stabilimento Area Silos 2
Gico Systems
Si valuta implementazione di erogatori d’esca nell’area al fine di arginare il movimento di muridi. Interventi eseguito con posizionamento di n.4 postazioni.
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Erogatori di feromone e innovazione
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a anni il team Ricerca & Sviluppo di GEA S.r.l. è impegnato nell’implementazione dei dispositivi di monitoraggio inPEST, proponendo soluzioni sempre più performanti e rispettose dell’ambiente. Questi dispositivi sono rivolti ai professionisti del Pest Control, i PCO/Trained Professional. Gli erogatori di feromone sono senza dubbio tra i prodotti su cui il team si è concentrato maggiormente in quanto, collocati nelle apposite trappole, rappresentano i principali dispositivi per il monitoraggio di artropodi infestanti di importanza merceologica. Diverse sono le tipologie di erogatori disponibili sul mercato e diversi sono i materiali che li caratterizzano. Si utilizzano infatti dalla para, al polietilene, al silicone, all’EPDM, a tessuti laminati ecc. La scelta delle caratteristiche tecniche di un erogatore di feromone, come il materiale, il colore, la forma e la grandezza, verte su una molteplicità di fattori: il tipo di trappola su cui verrà impiegato, l’insetto oggetto del monitoraggio, la quantità di feromone attivo con cui verrà caricato, l’eventuale necessità di rilevarlo al metal detector, ma, soprattutto, l’emissione del feromone e quindi la durata del prodotto stesso. Ottimizzare l’emissione dell’erogatore e, di conseguenza, incrementarne l’effi-
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cacia in campo, è certamente l’obiettivo finale del team Ricerca & Sviluppo. A tal fine, negli ultimi anni, il team ha implementato uno degli erogatori più richiesti e utilizzati dai propri clienti: l’erogatore di feromone in para, dalla caratteristica forma a “tappino”. Gli sforzi del team hanno portato alla sostituzione del precedente dispositivo con una versione più innovativa: il nuovo erogatore di feromone “Pherosi” inPEST, realizzato con una miscela siliconica ad hoc. Al fine di garantire una migliore qualità e sicurezza del prodotto, è stata sele-
zionata una miscela siliconica idonea al contatto con gli alimenti e in conformità alle vigenti regolamentazioni (CEE 1935/2004/CE, BfR (ex BGVV) Raccomandazione XV “Silikone” (Germania); - Food and Drug Administration (FDAUSA) regulation 21 CFR 177.2600), avvalendosi di fornitori in grado di garantire un alto standard qualitativo del processo produttivo, sia in termini di stampaggio che di post-curing e finitura dell’erogatore. Inoltre, GEA ha implementato il processo produttivo interno di attivazione con il feromone, revisionando la
Erogatori inPEST nella precedente versione (a sinistra) e i nuovi erogatori “Phero-si” inPEST (a destra) a confronto. Gli erogatori neri rappresentano la variante rilevabile al metal detector, “Phero-si MD”
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INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
Adulto di Plodia interpunctella
procedura in corso grazie a miglioramenti tecnici appositamente studiati per il nuovo erogatore. Il nuovo dispenser presenta una caratteristica forma cilindrica, più maneggevole, con un maggior peso e una maggiore superficie di emissione. La scelta della nuova matrice siliconica ha inoltre permesso di: § impiegare una miscela maggiormente adatta ad essere utilizzata in ambito alimentare,
§ migliorare l’emissione dei feromoni con cui vengono caricati i dispositivi, § incrementare l’efficacia in campo, rilevando tempestivamente anche bassa presenza di infestanti e restituendo un maggior numero di catture del target, § garantire una migliore emissione del feromone nel tempo rispetto agli erogatori in para, § creare una versione del dispositivo interamente rilevabile al metal de-
Emissione (ng/h)
12,00 10,00 8,00 6,00 4,00 2.00 0,00
Erogatore inPEST (para)
Phero-si inPEST
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Phero-si MD inPEST
Emissione dei campioni a 0, 15 e 30 giorni in termini di ng/h
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tector, “Phero-si MD” inPEST, aggiungendo la ferrite alla miscela siliconica. Questo aspetto tecnico è sempre più importante nelle aziende alimentari e richiesto dai principali standard di certificazione (BRC, IFS, ecc.). Al fine di valutare l’efficacia dei nuovi erogatori “Phero-si” inPEST, questi sono stati testati, sia in termini di emissione, tramite un’analisi SPME-GC/MS, sia in campo, a confronto con la precedente versione in para.
RISULTATI ANALISI DELL’EMISSIONE
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Adulto di Ephestia kuehniella
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Per indagare eventuali differenze di emissione tra i nuovi erogatori e quelli precedenti, un erogatore “Phero-si”, uno nella versione detectabile, “Phero-si MD”, e uno nella precedente versione in para, caricati con la medesima molecola feromonica, sono stati analizzati tramite tecnica di Micro-Estrazione in Fase Solida (SPME). Le analisi sono state realizzate a 0, 15 e 30 giorni dall’apertura della confezione, quantificando in nanogrammi la quantità di feromone emessa dai singoli campioni. Al termine delle analisi si è potuta osservare, fin dal tempo zero, una maggio-
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YOUR INFORMATION PARTNER 2UJDQR Xɝ FLDOH 2UGLQH 7HFQRORJL $OLPHQWDUL L’INFORMAZIONE DI QUALITA’ PER LA SICUREZZA E L’IGIENE ALIMENTARE #42 MEDIAKIT 2018 ∙ AREA BUILDING www.casaeclima.com
ISSN: 2038-0895
#251
ISSN:2038-2723
NOVEMBRE/DICEMBRE 2016
ANNO 8 - FEBBRAIO 2017
Organo ufficiale
bimestrale
A SCUOLA DI EFFICIENZA
ORGANO UFFICIALE ANGAISA (Associazione Nazionale Commercianti Articoli Idrotermosanitari, Climatizzazione, Pavimenti, Rivestimenti ed Arredobagno)
TAVOLA ROTONDA
Conto Termico e TEE. A che punto siamo?
CLASSIFICHE 2015
Analisi del processo e case study
FILTRAZIONE E QUALITÀ DELL’ARIA SOTTORAFFREDDAMENTO ADIABATICO PER LA FRIGOCONSERVAZIONE ALIMENTARE
Produttori e distributori: ce la si può fare!
Poste Italiane Spa – Posta target magazine – LO/CONV/020/2010
IMPIANTI NEGLI NZEB: DALLA TEORICA ALLA PRATICA EPB, LE NOVITÀ DELLE NUOVE NORME IMPIANTI AD ARIA PRIMARIA VS VAV FOCUS COMMISSIONING
N. 64 · Anno XI · dicembre 2016
Per PENSARE, PROGETTARE e COSTRUIRE SOSTENIBILE
ITS Dove va la filiera? FOCUS Un anno di logistica MATERIA CONNECTION
SPECIALE BIM TREND Il bagno che ti calza a pennello
DISTRIBUZIONE Quando la differenza la fa il “service”
ANTONIO FALANGA Una passione sempre viva
N. 0 | SETTEMBRE 2019
BIRRA NOSTRA SAIE INNOVATION 2016 MEDAGLIE D’ORO A “IMPATTO ZERO”
FOTOVOLTAICO INTEGRATO STORIA E ITER PROGETTUALE PCM UNA SCELTA DA NON SOTTOVALUTARE
RISPARMIO ENERGETICO NEL TERZIARIO
Passo obbligato e grande opportunità
Il ruolo del BIM nella sicurezza in cantiere
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Innovazione e cambiamento di GIOVANNA ROSADA
O
gni campo dell’architettura e dell’ingegneria nel senso più ampio del termine ha fatto progressi, ha modificato modalità, metodologie, tecnologie, mezzi e strumenti, fatto ricerche e scoperte. Le idee sono progredite, sono mutate, si sono evolute; si sono adeguate alla società o hanno modificato modi e stili di vita. Nessuno si è mai posto il problema se fosse giusto o sbagliato; la cultura del “fare” ha privilegiato la sperimentazione e ha insegnato che dagli errori si può imparare, crescere, progredire e migliorare. Non è mai stato chiesto ai professionisti se fossero d’accordo con un “SI” o con un “NO”. È stato dato semplicemente per scontato che il cambiamento fosse insito nella natura dell’uomo e nel nostro caso dei professionisti, nella loro ricerca di miglioramento e progresso per il bene comune. Ci sono stati “si” e “no” dettati da successi e insuccessi; il buon senso e la competenza hanno sempre fatto da guida nelle scelte e quindi nell’evolversi delle professioni. Per la politica evidentemente è diverso; ma ciò dimostra solo uno scollamento fra i problemi pratici della quotidianità dell’individuo e l’incapacità della politica ad adeguarsi. Il buon senso non fa da guida; un referendum che fa contento/scontento la metà dei cittadini resta un problema non risolto. Il cambiamento è necessario e la civiltà parla da sola a tal proposito; ma il cambiamento dovrebbe godere della fiducia e della certezza di tutti i cittadini quando si parla di politica. Se tutti quanti noi quando attraversiamo un ponte o saliamo sulla cima di un grattacielo diamo per scontato di poterci fidare di chi ha pensato il progetto, forse non vuol dire che i professionisti potrebbero insegnare e dire il loro pensiero con più forza alla politica?
alle pagg. 2223
DIGITAL N. 12 - Dicembre 2016
Dal 1952 periodico di informazione per ingegneri e architetti
La crisi ancora “morde”, il contesto politico barcolla, alta l’attenzione sul governo degli ingegneri
Un CNI eletto per dare risposte
di MATTEO PALO
R
iorganizzazione delle divisioni operative del Cni. E, in prospettiva, due sfide: quella dei servizi per gli iscritti e delle strutture territoriali. Armando Zambrano, presidente uscente del Consiglio nazionale degli ingegneri, si prepara a governare la categoria per altri cinque anni: dal 2016 guiderà gli ingegneri fino al 2021, quando completerà i suoi dieci anni di mandato. In attesa che arrivi l’ufficialità del ministero della Giustizia e che i consiglieri designati indichino lui come nuovo presidente, è già possibile fare il punto sulle prime mosse del nuovo Governo del Cni. “Siamo desiderosi di partire, visto che dai territori è arrivata un’indicazione così forte per la continuità del Consiglio nazionale uscente”, è stata una delle prime dichiarazioni fatte da Zambrano.
In USA volano le infrastrutture
TAX& LEGAL Partite IVA dal prossimo anno la contabilità diventa un lavoro a tempo pieno e i costi salgono a pag. 15
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LA DISTRIBUZIONE NEGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
SCIA, operativo il modello unico
Raddoppiati i programmi per le opere pubbliche, un trilione Lj r-]ĸƐ di dollari per infrastrutture e stimolo ai consumi. Gli effetti in Europa e le opportunità per le imprese italiane. La Cop22 di Marrakech e le politiche Usa sulle emissioni. alle pagg. 6-7
Lj r-]ĸƐƓ
segue a pag. 2
GOVERNO IN CRISI
Ancora trattative e consultazioni?
CASSA DEPOSITI E PRESTITI
Parte il piano 'smart city' 1 miliardo per 14 città
a pag. 7
I pareri degli Ordini dopo l’esito del referendum del 4 dicembre
Abbiamo sentito alcuni Ordini per commentare un ipotetico scenario all'indomani delle dimissioni di Renzi. Nelle parole dei Presidenti inter pellati è fortissima la preoccupazione sull’ennesima battuta d’arresto di un Paese in affanno. Stabilità e certezza sono oggi più lontane per lo meno dal punto di vista temporale. Come sottolinea Varese “Ora gli ac cordi tra CNI e Governo che fine faranno?” / alle pagg. 1819
LA TRIVELLA
Professionisti al passo coi tempi...
SPECIALE MILLEPROROGHE
INTERVISTA ALL’ARCH. DE LUCCHI
“Il museo del futuro è il mondo intero”
Eucentre per ricostruire la sicurezza Tutti
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Novembre/Dicembre 2016
#4maggio 2016 mensile
CORSI
FINANZIAMENTI PMI
TAVOLA ROTONDA
Editoriale
Via libera alla finanza innovativa, quali risposte alla stretta del credito?
Italia scossa di Fabio Chiavieri Macerie ovunque, interi paesi rasi al suolo, gente disperata, sguardi persi. No, non è lo scenario di guerra che ci arriva da qualche zona remota del mondo, a cui siamo tristemente abituati. È la forza devastante del terremoto che ha colpito, e continua a farlo, il nostro Centro Italia. Una faglia che si è estesa per cinquanta chilometri, una ferita su quelle terre che non si potrà più rimarginare. L’Italia è scossa, fisicamente e mentalmente; schiaffeggiata dalla mano della natura che a volte sa essere molto dura nella sua inarrestabile forza. Eppure il nostro paese risulta essere nelle prime posizioni per quanto riguarda l’utilizzo di tecnologie antisismiche nelle nuove costruzioni. Cosa succede allora? Alessandro Martelli, Presidente del Glis (Isolamento sismico e altre strategie di progettazione antisismica), ha dichiarato che “Oltre il 70% dell’edificato italiano attuale non è in grado di resistere ai terremoti che potrebbero colpirlo”. Il problema pertanto è la sicurezza delle costruzioni più datate, e di un immenso patrimonio storico e culturale famoso in tutto il mondo, fatto di chiese, monumenti, palazzi storici, emblema di un passato grandioso che ha visto protagonisti i più grandi artisti e ingegneri di tutti i tempi. Il tema della sicurezza degli ambienti in cui viviamo e lavoriamo, più volte trattato dal nostro giornale e a cui le nostre imprese pongono molta attenzione, ritorna così alla ribalta in un frangente – purtroppo non l’unico negli ultimi anni - tanto eclatante quanto drammatico. Dalle pagine de L’Ammonitore abbiamo rivolto molti inviti al settore manifatturiero italiano a investire in tecnologie produttive innovative per continuare a essere competitivo, e questa volta ci sentiamo di invitare tutti a investire sulla propria sicurezza, lo Stato a salvaguardare la vita dei cittadini intervenendo significativamente sulle strutture pubbliche e sul nostro prezioso patrimonio artistico, perché il futuro non si prevede, men che meno un terremoto, ma si prepara.
LA CITTÀ DELLA BIRRA AMERICANA Matteo Macalaria
Per redarre un progetto il supporto informatico è dato per scontato che i professionisti lo abbiano, lo usino e lo utilizzino. Per depositare un progetto in Comune è scontato che tutto il supporto elettronico diventi carta, che la firma digitale non sia prevista, e che sia scontato fare una coda di ore per farsi mettere un timbro di carta per documentare la consegna.
50 anni di torni
Fondata da Paolo Giana nel 1966, Torgim compie il prestigioso traguardo dei 50 anni di attività. Il comune di Magnago vide un grande sviluppo economico e industriale già a partire dalla seconda metà del 1800. Con il passare dei decenni il territorio s’è via via arricchito di aziende manifatturiere che hanno rappresentato delle vere eccellenze in molti settori industriali. [pag. 11]
[pag. 10]
– Anno 72 - n. 9
i rinvii
[pag. 14]
a pag. 10
Indicizzata in
MISURA
UTENSILI
Trasformare l’esperienza di oltre 40 anni di attività in una nuova piattaforma in grado di coniugare soluzioni avanzate con le esigenze e professionalità di oggi. Questo è lo sforzo che sta compiendo Hexagon Manufacturing Intelligence, emerso anche durante il forum di fine settembre dedicato all’automazione e alle tecno[pag. 4] logia multisensore.
M-Steel qualità da oltre 40 anni
Ovako, fornitore finlandese di acciai, ripropone sul mercato la qualità M-Steel. Grazie ad un incremento nella lavorabilità M-Steel si caratterizza per affidabilità, coerenza e prevedibilità nelle lavorazioni, riducendo i così costi di pro[pag. 12] duzione.
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Il 2016 è un anno molto importante per Tiesse Robot. L’azienda festeggia infatti i 40 anni di attività: una storia lunga di successi nazionali e internazionali per le applicazioni della robotica in [pag. 6] ambito industriale.
L’anello che mancava: l’utensile connesso al sistema produttivo L’utensile “intelligente” è il naturale completamento del complesso sistema produttivo che si basa sulla raccolta e l’analisi dei dati provenienti da macchine e strumenti di misura in costante dialogo tra loro. In altre parole un nuovo passo avanti verso la creazione della fabbrica completamente automatica. [pag. 7]
[pag. 18]
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numero 0 | LUGLIO 2019
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re emissione degli erogatori “Phero-si” e “Phero-si MD” rispetto all’erogatore in para. Questa tendenza viene mantenuta anche a 15 e 30 giorni. È bene ribadire che il picco di emissione iniziale, a tempo zero, rappresenta una fase transitoria e breve di sovra emissione degli erogatori. Nel tempo gli erogatori di feromone emettono una quantità inferiore di feromone ma in ogni caso una quantità attiva nei confronti del target, come dimostrano i dati di efficacia in campo. Gli insetti infatti rispondono in natura a piccole quantità di miscela feromonica.
RISULTATI PROVE DI EFFICACIA IN CAMPO Per le prove in campo, invece, erogatori “Phero-si” inPEST caricati con il feromone comunemente denominato TDDA, molecola attiva nei confronti delle principali tignole degli alimenti, sono stati posti a confronto con erogatori in para caricati con la medesima quantità di feromone. Tali dispositivi sono stati testati in due aree di un mangimificio, in cui era nota la presenza preponderante di E. kuehniella e sporadica di P. interpunctella.
CATTURE E. KUEHNIELLA 1200 1000 800 600 400 200 0
Precedente versione
Phero-si
Area 1
Precedente versione
Phero-si
Area 2
Confronto fra catture totali di Ephestia kuehniella realizzate in 2 ambienti differenti
I dispositivi sono stati posizionati su trappole adesive “Multitrap inPEST®” le quali sono state ruotate di posizione ad ogni controllo, al fine di limitare l’errore statistico dovuto alla posizione stessa. Le trappole sono state sostituite ogni sette giorni e gli erogatori di feromone
CATTURE P. INTERPUNCTELLA
ogni due mesi, come indicato da scheda tecnica del prodotto. Le catture sono state registrate ogni settimana per un tempo complessivo di cinque mesi. Al termine delle prove gli erogatori “Phero-si” inPEST hanno permesso una cattura media, pari a +445% su P. interpunctella e +30% su E. kuehniella, rispetto agli erogatori in para posti a confronto.
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CONCLUSIONI
140 120 100 80 60 40 20 0
Precedente versione
Phero-si
Area 1
Precedente versione
Phero-si
Area 2
Confronto fra catture totali Plodia interpunctella realizzate in 2 ambienti differenti
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Produzione & Igiene
Alla luce degli ottimi risultati ottenuti sia in termini di emissione, quanto di efficacia in campo, risulta evidente come l’impegno di GEA S.r.l. per un IPM moderno e rispettoso dell’ambiente si applichi nel concreto riuscendo a proporre al PCO/Trained Professional un prodotto di qualità, efficace e in linea con quanto affermato dalle più importanti normative italiane ed europee in materia. Chiara Piombo, Marco Caimi www.inpest.it
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Speciale Pest Management / PEST CONTROL APPLICATO
Il controllo dei ditteri nella grande distribuzione organizzata
I
ditteri sono un ordine di insetti ampiamente rappresentato nei contesti urbani capace di sfruttare svariate matrici alimentari per la nutrizione e lo sviluppo e in grado di penetrare negli ambienti più disparati; nel contempo la grande distribuzione organizzata (GDO), con i suoi numerosi punti vendita e laboratori, offre agli insetti (e agli infestanti in generale) un’enorme quantità di ambienti e microambienti e di substrati alimentari attrattivi. È pertanto necessario conoscerne approfonditamente i rischi legati a questo gruppo di insetti e valutare adeguate strategie di prevenzione, monitoraggio e controllo delle infestazioni. Le specie di maggior rilievo all’interno della GDO sono sicuramente il gruppo definito comunemente delle “mosche” in cui è possibile annoverare Musca domestica (mosca comune), Fannia canicularis e il gruppo dei “mosconi della carne”
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comprendente le specie appartenenti ai generi Lucillia, Calliphora e Sarcophaga. Musca domestica è una specie spiccatamente onnivora allo stadio adulto e saprofaga allo stadio larvale, mentre Lucillia, Calliphora e Sarcophaga sono più prettamente legate ai substrati di origine animale (carne e pesce). Oltre alle specie precedentemente citate è ancora necessario ricordare i moscerini della frutta (Drosophila) che allo stadio larvale si sviluppano in frutta marcescente o in masse organiche in putrefazione, mentre gli adulti si nutrono di liquidi zuccherini in fermentazione. Nella maggior parte dei casi nella GDO, per quanto concerne i gruppi delle “mo-
sche” e dei “mosconi”, non si tratta di infestazioni attive all’interno dei locali quanto bensì di intrusioni provenienti dall’esterno delle strutture di vendita che si manifestano, generalmente, con la presenza numericamente contenuta di esemplari adulti. L’impatto delle “mosche” e dei “mosconi” sull’igiene degli alimenti è molto elevato in quanto rappresentano gruppi di vettori meccanici di agenti patogeni particolarmente efficienti per via del loro comportamento trofico. L’azione vettoriale può essere esplicata direttamente sugli alimenti (contaminazione diretta) oppure sulle superfici di lavoro/preparazione (contaminazione indiretta).
Produzione & Igiene
Aprile 2021
1
di Moreno Dutto1 e Francesco Fiorente2 Studio di Entomologia e Fitopatologia Applicate 2 Consulente in Pest Management
Le caratteristiche ambientali, costruttive e logistico-organizzativo proprie della GDO non giocano a favore delle azioni preventive. Le misure di prevenzione dovrebbero già essere valutate in fase di progettazione e allestimento degli ambienti
La problematica sostanziale è che nella GDO si è in presenza di un paradosso in quanto tendenzialmente alla presenza numerica di infestante relativamente bassa si associano danni, in termini economici (spese giudiziarie, risarcimenti, danni d’immagine, lavori di adeguamento, ecc.), particolarmente elevati.
Prevenzione
Un secondo aspetto che non deve essere assolutamente trascurato è la possibilità che alcune specie (in particolare quelle che manifestano spiccata necrofagia) possano infestare propriamente l’alimento attraverso la deposizione di uova o larve. Nella pratica, per la GDO, il danno dovuto alle mosche si può tradurre potenzialmente in perdite economiche dovute a: § aumento dell’invenduto per scarto di alimenti infestati o per cambio merce; § riduzione delle vendite per danno d’immagine (in particolare quando l’evento ha risonanza mediatica); § sanzioni amministrative, penali e risarcimenti di danni a terzi.
Aprile 2021
Produzione & Igiene
La prevenzione delle intrusioni delle mosche all’interno delle strutture di preparazione e vendita è un elemento cardine per una corretta gestione dell’infestante richiamata, genericamente, anche negli allegati del Reg. CEE 852/2004. Purtroppo, le caratteristiche ambientali, costruttive e logistico-organizzative proprie della GDO non giocano a favore della prevenzione in quanto ambienti ampi, climaticamente favorevoli e dotati di ampie aperture agevolano notevolmente la circolazione delle mosche che, una volta penetrate all’interno dei locali, sono fortemente attratte dai reparti gastronomia, pescheria e macelleria. Buona parte delle misure di prevenzione dovrebbero già essere valutate in fase di progettazione e allestimento degli ambienti, come possono essere la scelta dei materiali costruttivi, il grado di rifinitura strutturale (chiusura fori tecnici, via di fuga, ecc.), la tipologia degli ingressi, l’installazione di automatismi di chiusura/
apertura, la presenza di tende e zanzariere, la dislocazione delle aree adibite agli scarti e ai rifiuti, ecc. Le misure preventive, o di lotta indiretta, sono focalizzate sull’impedire l’accesso dell’infestante e sul limitarne la libera circolazione all’interno della struttura. Le misure di lotta indiretta che possono essere attuate nella GDO sono essenzialmente legate all’applicazione di zanzariere alle aperture finestrate e la dotazione di generatori di flussi laminari d’aria agli ingressi; l’ideale sarebbe creare ingressi a “bussola” climatizzata (temperatura inferiore di 5-7°C rispetto all’esterno) in associazione a generatori di flussi laminari d’aria (porte ad aria). Ulteriori misure di prevenzione che possono essere attuate a specifica protezione delle matrici alimentari maggiormente attrattive (es. carne, preparati di gastronomia e pesce) sono l’adozione di specifici banchi dotati di chiusura sul lato operatore e con rifiniture anti-insetto. Nella prevenzione delle intrusioni giocano poi un ruolo determinante anche le misure organizzativo-gestionali che vertono sulla formazione e sulla sensibilizzazione del personale ad adottare corrette pratiche che concorrano a limitare la circolazione dell’infestante (es. chiusura porte), segnalare prontamente eventuali presenze anomale (es. esplosioni demografiche), ridurre l’attrattività degli scarti, ecc.
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Speciale Pest Management / PEST CONTROL APPLICATO
Misure di lotta diretta Le misure di lotta diretta sono tutte quelle attività finalizzate non ad interferire con la circolazione spazio-temporale delle mosche bensì puntano all’aumento della mortalità all’interno della popolazione infestante. Tali misure di lotta possono trovare impiego sia all’interno (uso prevalente) che in esterno; in quest’ultimo caso, se correttamente applicate, rappresentano un elemento rafforzativo delle misure di lotta indiretta. Nell’ambito della GDO le misure di lotta diretta devono essere intese come provvedimenti di seconda linea finalizzati ad intervenire sulle fallanze delle misure preventive, considerato che le tecniche di lotta diretta attuabili nei contesti della GDO sono soggette a deficit di efficacia dovuti essenzialmente alla persistenza temporale dell’effetto
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(es. insetticidi) e al potenziale attrattivo (trappole attrattive). In sostanza, le tecniche di lotta diretta attuabili nei locali magazzino e di vendita sono essenzialmente basate sull’abbattimento attraverso l’impiego di sostanze insetticide e sulla cattura massiva attraverso l’impiego di trappole attrattive (UVA e/o cromotropiche) abbinate a sistemi di cattura (es. pannelli collanti) o di abbattimento (es. griglie elettrificate). L’impiego di formulazioni insetticide o insetto-repellenti, seppure permettano una rapida riduzione della popolazione, trovano limiti applicativi legati al conseguente aumento della contaminazione chimica ambientale con potenziali rischi di contaminazione degli alimenti. La lotta insetticida in ambiente interno è pertanto da considerare quale ultima risorsa applicabile.
In merito all’impiego di formulazioni insetticide è necessario valutare poi attentamente anche le potenziali ripercussioni in termini sanitari per il personale e per i fruitori degli spazi trattati considerato che i piretroidi, gruppo di insetticidi molto utilizzati in contesti civili, possono essere alla base di reazioni di ipersensibilità in soggetti allergici o affetti da asma. Ad ogni modo, in ambito interno, anche l’impiego di insetticidi specifici a base di neonicotinoidi o fosforganici con applicazioni localizzate, rappresenta un’opportunità non priva di rischi. Non è da escludere, tuttavia, la possibilità di utilizzo della lotta insetticida abbattente nelle aree esterne non aperte al pubblico, nei pressi delle aree di carico-scarico e di deposito dei rifiuti. Le trappole a cattura massiva, basate sull’attrattività esercitata da una fonte
Produzione & Igiene
Aprile 2021
UV-A, rappresentano uno fra i presidi più utilizzati seppure la loro capacità attrattiva sia limitata in particolare nei contesti come quelli della GDO dove, nella quasi totalità dei casi, l’emissione UV entra in forte competizione con l’abbondante radiazione luminosa del sistema di illuminazione artificiale e le cariche infestanti a livello ambientale sono molto basse. Le trappole luminose attrattive (UV-A) rappresentano però, nel contempo, un presidio indispensabile ai fini dell’attività di monitoraggio delle specie presenti caratterizzate dalla capacità di volo e dal fototropismo positivo alla luce artificiale. Le lampade per la cattura degli insetti sfruttano il potere attrattivo delle radiazioni ultraviolette emesse da specifici tubi che emettono radiazioni luminose nella banda dell’UV-A con una lunghezza d’onda compresa tra 315-400 nm; in associazione ai tubi ad emissione UV-A possono essere abbinati tubi che emet-
Aprile 2021
Produzione & Igiene
tono una luce più prossima a quella visibile sulla lunghezza d’onda del verde (520-565 nm). L’uso di trappole attrattive con uno spettro di emissione più ampio permette di aumentare la capacità attrattiva. Questa tipologia di dispositivi viene commercializzata con design di vario genere e adattabili anche alle aree aperte al pubblico (design decorativo) seppure sia necessario ricordare che gli elementi estetico/decorativi non devono schermare o ridurre eccessivamente la fonte emittente. In conformità con le indicazioni dei produttori, i tubi UV, devono essere sostituiti periodicamente (di solito una volta all’anno) al fine di mantenerli sempre in efficienza ed evitare che l’usura dei tubi permetta l’emissione di bande dell’UV nocive all’uomo (UV-B e C). Recentemente sono disponibili sul mercato anche lampade che sfruttano la tecnologia LED la quale consente un ciclo
Scorretto utilizzo di zampironi repellenti
di vita di circa 3 anni, permettendo così di ridurre notevolmente i tempi legati ai passaggi di manutenzione come pure la gestione dei ricambi. Inoltre, con la tecnologia LED, la luce UV viene diffusa per il 40% in più rispetto ai tubi a fluorescenza
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Speciale Pest Management / PEST CONTROL APPLICATO
Trappola a cattura massiva con attrattivo ad UV collocata nell’area esterna carico/scarico di un punto vendita GDO
grazie a fasci di luce efficacemente direzionati. Dal punto di vista dei consumi energetici, la luce a LED riduce in modo sostanziale i consumi di energia elettrica. Relativamente alla dislocazione delle trappole attrattive la norma UNI 11381:2010 indica, per quanto riguarda le trappole per i ditteri, che devono essere collocate all’interno o all’esterno degli ambienti, in relazione alla tipologia e alle specifiche del fabbricante. Il numero di trappole da installare è variabile in funzione delle caratteristiche di attrattività delle stesse e comunque entro ciascun ambiente dovrebbe essere prevista la collocazione di almeno 2 trappole ad altezza di circa 1,5 m, per quelle con attrattivo non luminoso, e di circa 2,0 m per quelle con attrattivo luminoso. Si ricorda che la stessa norma volontaria indica, quale frequenza di controllo ottimale, una verifica ogni 30 giorni, oppor-
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tunamente modificabile anche in funzione della stagionalità. È opportuno non collocare le lampade UV di fronte ad aperture in diretto collegamento con l’esterno e, al tempo stesso, è necessario mantenere accesi i dispositivi 24/24-7/7. Risulta poi importante, ai fini di limitare le ripercussioni dell’effetto “attrattivo senza cattura”, collocare i dispositivi di attrazione e cattura al di fuori delle aree da proteggere e non nelle aree che si desidera rendere flies-free. Naturalmente, solo una corretta analisi dei rischi potrà determinare la corretta dislocazione di tali dispositivi. L’uso in esterno delle trappole a cattura massiva ad attrazione luminosa, in particolare, in prossimità delle aree di deposito rifiuti e magazzino concorre a ridurre la popolazione di insetti potenzialmente candidati ad accedere alle strutture a condizione che siano correttamente installate e in abbinamento a severe misure di prevenzione delle intrusioni. Tali trappole non dovrebbero essere installate nelle vicinanze dei punti di accesso alle strutture. Il sistema di cattura delle trappole, naturalmente, deve permettere la ritenzione dell’infestante e non sono più accettabili, nei locali ove sussiste la presenza di alimenti non protetti, le griglie elettrificate che possono proiettare l’insetto o frammenti di esso a distanza. Trovano poi residuale importanza applicativa le trappole attrattive innescate con substrati alimentari data la complessità di gestione nei contesti della GDO, se non nelle aree esterne non aperte al pubblico, in considerazione anche degli odori sgradevoli che esse possono generare a causa degli attrattivi in uso.
di importanti perdite soprattutto in termini di fiducia del consumatore. La lotta deve essere incentrata prevalentemente sulla corretta manutenzione e gestione degli spazi esterni e sulla corretta ed efficace attuazione di misure di prevenzione antintrusione e di protezione meccanica degli alimenti suscettibili. L’impiego, ai fini di monitoraggio e lotta dei ditteri sinantropi, delle trappole ad emissione UV, seppure possano sembrare dispositivi innocui e di facile gestione, deve sottostare ad una rigorosa valutazione e progettazione considerato che le emissioni UV possono essere nocive per la vista e, di conseguenza, l’installazione deve evitare che il campo visivo dei lavoratori ricada ripetutamente e per un periodo prolungato nel raggio di emissione delle lampade. Le azioni di lotta basate unicamente sulle misure di lotta diretta (chimica) non offrono quasi mai una protezione completa e agiscono unicamente sulle conseguenze di un problema e non sulle sue reali cause.
Conclusioni In conclusione è possibile affermare che il controllo dei ditteri sinantropi nell’ambito della GDO deve essere una priorità aziendale in quanto può essere alla base
Esempio di una trappola ad attrattivo luminoso installata presso la GDO
Produzione & Igiene
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Speciale Pest Management / vetrina
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a gamma di trappole luminose ORMA si arricchisce con due modelli equipaggiati con tecnologia LED. Questa tecnologia consente un risparmio immediato e continuo: la luce emessa è focalizzata sulla lunghezza d’onda attrattiva per gli insetti, ottimizzando i consumi elettrici e l’efficienza della trappola. il modello Saturn LED con soli 8 W permette di proteggere 100 m2, il modello Fly-Tec LED con 4
W raggiunge una copertura di 60 m2. Il risparmio si estende a una più semplice gestione dei rifiuti grazie alla durata più lunga dei LED rispetto ai classici tubi UV e all’assenza di mercurio, di vetri frantumabili, di rivestimenti in fluoropolimeri. L’emissione controllata di raggi UV rende le trappole a LED discrete e rispettose del benessere degli operatori. ORMA www.ormatorino.com
Attrattivi alimentari
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attuazione di politiche di gestione integrata degli infestanti (IPM) soprattutto in aree sensibili come le industrie alimentari, richiede prodotti innovativi e affidabili che garantiscano un monitoraggio continuo e non siano fonte di problemi collaterali relativi alla loro manutenzione. In questa ottica Copyr ha avviato un’importante partnership con Futura Germany nella lotta contro i roditori, grazie alla distribuzione esclusiva di NARA® e Gorilla Trap®. NARA® è la linea di attrattivi alimentari privi di sostanze tossiche o allergeni utilizzata in tutto il mondo
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nei formati Lure, Bloc e Spray, in diversi aromi per assicurare i migliori risultati di monitoraggio in ogni area di utilizzo. Con una vita utile di tre mesi, gli attrattivi NARA® sono ideali anche in aree umide poiché non ammuffiscono e non si decompongono e non sono soggetti a infestazioni di insetti come gli attrattivi tradizionali. Gorilla Trap® sono robuste trappole a scatto con la sede per gli attrattivi NARA®. Le trappole Gorilla Trap® sono integrabili con i sistemi eMitter® Pro, sensori collegati al cloud per il controllo da remoto delle trappole. Questo sistema permette al disinfestatore di avere sem-
pre a portata di mano il controllo di tutti i punti esca posizionati presso i diversi clienti e risparmiare così tempo e risorse per le ispezioni. Copyr www.copyr.eu
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Speciale Pest Management / vetrina
Newcidal® Micro: una formulazione moderna
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ewcidal® Micro offre numerosi vantaggi al settore del Pest Management grazie alla tecnologia innovativa applicata alla formulazione e che consiste in un rilascio graduale e sensato della sostanza attiva Cipermetrina. Il principio attivo viene inglobato all’interno di un polimero di cellulosa a struttura reticolare per una cessione graduale e a lungo termine.
Lento rilascio Mai come ora, formulazioni tecnologicamente avanzate come le microcapsule alla base del Newcidal® Micro, rappresentano un vantaggio competitivo per i professionisti del settore. La combinazione in sequenza di tenui, ma rapidi rilasci di sostanza attiva alternate a cessioni più imponenti, ma lente, permettono al Newcidal® Micro di esercitare un significativo effetto abbattente accostato alla elevatissima residualità.
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L’innovativo sistema di microincapsulazione ecocompatibile della sostanza attiva, unico e all’avanguardia, genera microcapsule incredibilmente piccole (2-10 micron di diametro) per un rilascio lentissimo dell’ingrediente fino a 120 giorni dall’applicazione. Inoltre, sono state incorporate alla parete delle microcapsule, agenti antiossidanti e protettivi dalla radiazione ultravioletta. Potersi avvalere della migliore microincapsulazione sul mercato Internazionale, offre ai Professional Pest Control Operators numerosi vantaggi e benefici: § Basso contenuto di solventi organici. § Prestazioni migliorate anche su superfici porose e altamente assorbenti. § Maggiore stabilità fisica grazie a microcapsule a flusso libero non agglomerate. § Tossicità notevolmente ridotta grazie alla microincapsulazione del principio attivo.
§ Rilascio ed efficacia programmata grazie a diverse dimensioni di microcapsule. Newcidal® Micro rappresenta la miglior strategia adottabile per il controllo degli insetti striscianti in ambienti interni di edifici domestici, civili e industriali. Poter eseguire il minor numero di interventi annuali e avere la garanzia di una residualità senza precedenti, si traduce in un vantaggio competitivo elevatissimo per i PCO, specialmente quando chiamati ad intervenire contro insetti lucifughi come gli scarafaggi. Infine, a testimonianza della qualità della microincapsulazione, Newcidal® Micro può essere applicato anche con pompe e nebulizzatori ULV che raggiungono pressioni di esercizio di 5 bar. Newpharm www.newpharm.it
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Klight UV traps & FluX glueboard
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e trappole Klight sono il frutto della continua evoluzione tecnica, della tradizione ecologica e della particolare attenzione per il design da parte di Ekommerce. Lo sviluppo di strategie di Integrated Pest Management (IPM) nell’industria alimentare, in seguito alle richieste dei consumatori e del legislatore, si è
sempre più orientata all’uso di prodotti privi di residui chimici tossici dovuti a trattamenti con insetticidi. Nelle aree di produzione e stoccaggio di alimenti il sistema di monitoraggio delle popolazioni dannose di insetti volanti maggiormente utilizzato è quello delle le trappole luminose a piastra collante. Tali dispositivi sfruttano il manifesto
fototropismo positivo di diverse specie di artropodi; infatti il richiamo visivo influenza notevolmente le loro risposte comportamentali. Tra i modelli proposti da Ekommerce le trappole UV Pro 40 e Pro 80 sono progettate appositamente per applicazioni professionali nell’industria agro-alimentare dove efficacia, qualità, robustezza e praticità sono due elementi di fondamentale importanza per un servizio di monitoraggio all’altezza delle esigenze del settore. L’efficacia delle trappole UV Klight è ancora maggiore grazie all’ausilio di FLUX, il nuovo pannello collante per trappole luminose, unico e patent pending, capace di attirare e intrappolare fino al 180% in più di mosche e altri insetti alati rispetto a una piastra gialla della stessa misura. L’incredibile risultato è garantito da un elevato grado di riflettanza del pannello grazie alla colla applicata in strisce verticali alternate a spazi vuoti. Ciò permette di assecondare l’attitudine naturale della mosca a poggiarsi in prossimità della linea di confine tra le zone ad alta/bassa luminosità.
Ekommerce www.ekommerce.it
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Prodotti e Soluzioni
Sealed Air a supporto dell’emergenza Covid-19 L’attività di Sealed Air è quella di proteggere, risolvere le sfide di packaging e lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato. Il nostro portfolio comprende marchi noti tra cui Cryovac® - soluzioni di confezionamento alimentare, Sealed Air® - imballaggio di protezione e Bubble Wrap®. Le nostre soluzioni consentono una catena di fornitura alimentare più sicura ed efficiente e una protezione elevata per merci pregiate spedite in tutto il mondo. In qualità di leader del settore in soluzioni e sistemi di imballaggio sostenibili, Sealed Air Corporation è orgogliosa di svolgere un ruolo importante anche nel fornire soluzioni di imballaggio essenziali necessarie per aiutare nella lotta contro il Covid-19. L’Azienda fornisce soluzioni di imballaggio, tra cui scatole per spedizione fabbricate su misura e sistemi automatizzati di imbal-
laggio e confezionamento che consentono la distribuzione di apparecchiature medicali, mascherine per il viso e kit per i test. Sealed Air supporta altresì la distribuzione e la somministrazione di vaccini, offrendo una gamma completa di materiali di packaging atti a garantire la temperatura richiesta per mantenere una corretta catena del freddo, anche durante l’ultimo miglio critico prima della consegna.
Sealed Air sta introducendo una soluzione innovativa chiamata “Sealed Air® TemPreserve KF” che porterà ulteriori vantaggi in termini di sostenibilità e di costi. TemPreserve KF è un imballaggio in poliuretano termico personalizzabile il quale, unito a un refrigerante, aiuta a mantenere le temperature richieste (ultra-fredde, fredde o calde) per il periodo di tempo specifico necessario durante il trasporto. “Siamo orgogliosi di offrire una gamma completa di soluzioni di imballaggio che permettono di fornire in maniera prioritaria i corretti kit per test, attrezzature e vaccini alla popolazione mondiale, nel modo più rapido e sicuro possibile”, ha affermato Sergio Pupkin, Chief Growth and Strategy Officer di Sealed Air. SEALED AIR
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CSB Factory ERP è il factory software dell’anno 2020 Il CSB ERP specifico di settore per la gestione degli stabilimenti produttivi è stato premiato per la seconda volta come “Factory software dell’anno” nella categoria “Fabbrica digitale” durante il “Congresso digitale sul factory software”. Il gruppo di esperti del centro di applicazioni Industria 4.0, cattedra di informatica economica all’università di Potsdam, che aveva già premiato CSB ERP nella categoria “Soluzioni complete” nel 2018, ha premiato nuovamente CSB Factory ERP come soluzione eccel-
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lente in grado di realizzare la fabbrica digitale. La giuria ha apprezzato in particolare il vantaggio concreto fornito ai clienti, il concetto di tracciabilità verticale e orizzontale e la comunicazione a tutto tondo con i clienti, attraverso più canali. CSB Factory ERP si interfaccia con l’ERP di gruppo e consente una gestione operativa ottimale degli impianti di produzione. Le interfacce standard garantiscono un’infrastruttura di sistema stabile, flessibile e integrata tra ERP di gruppo e Factory ERP. Con il Factory software, CSB ha colmato le lacune tra
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Freddo per la sicurezza alimentare Dai tempi più remoti il freddo ha sempre rappresentato il metodo migliore di conservazione degli alimenti. In passato l’uomo utilizzava il ghiaccio dei mesi invernali che veniva immagazzinato in ghiacciaie, a cui potevano accedere i medici per la cura della malaria e i venditori di derrate durante le stagioni più calde in quanto il freddo impedisce la proliferazione batterica. La normativa Europea HACCP prevede che gli ambienti destinati alla lavorazione e confezionamento degli alimenti siano climatizzati a temperature inferiori ai +14°C per tutto l’anno con particolare attenzione ai mesi estivi. Regole ancora più rigide vengono applicate nel mondo farmaceutico , delle sale operatorie e del packaging. La prima misura igienica di prevenzione e sicurezza alimentare è proprio l’utilizzo del freddo per la climatizzazione degli spazi lavorativi e di conservazione. Brenta-Rent da più di 15 anni è impegnata in questo settore e rappresenta il pun-
to di riferimento per il noleggio del freddo in cui è richiesto un servizio temporaneo o di emergenza per permettere la continuità del ciclo produttivo e lo smaltimento del calore in eccesso. Le applicazioni sono molteplici e si inseriscono nei seguenti contesti. § Raffreddamento di acqua di processo per confezionamento sugo di pomodoro o confetture § Refrigerazione di serbatoi-cisterne per deposito latte e derivati § Refrigerazione impianti enologici e delle bevande § Produzione di glicole refrigerato a -8/-10°C per alimentazione celle frigorifere § Climatizzazione delle aree produttive per lavorazione alimenti § Confezionamento di prodotti alimentari § Impianti per la produzione di buste e sacchetti in carta per uso alimentare Lo studio del sistema da utilizzare viene esaminato in fase preventiva con il
ERP di gruppo e MES. Pertanto CSB Factory ERP non supporta solo i processi classici della fabbrica digitale, come gestione costi e ricette, pianificazione delle vendite e della produzione o garanzia di rintracciabilità ma si assume anche l’organizzazione dei flussi delle informazioni tra stabilimenti, dipendenti, macchine, fornitori e clienti coinvolti nel processo. Da una parte CSB Factory ottimizza i processi all’interno della fabbrica, dall’altra garantisce l’integrazione verticale e orizzontale dei sistemi coinvolti e gestisce le interfacce verso i
partner della supply chain a monte e a valle e verso gli altri stabilimenti aziendali. Con hardware specifici come il CSB Racks, CSB Vision (per il riconoscimento automatico delle immagini), CSB Sorter e soluzioni di automazione, CSB armonizza il flusso di merci e di dati e consente la digitalizzazione dell’intera fabbrica. Grazie ad algoritmi di ottimizzazione delle ricette, della produzione o dei giri, le aziende possono elaborare in modo proficuo i dati raccolti. “Siamo molto soddisfatti di aver ottenuto nuovamente questo riconoscimento”
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cliente, poi studiato e realizzato presso la struttura Brenta-Rent. Prima della consegna dei materiali viene eseguito collaudo prestazionale, viene inoltre garantito servizio di teleassistenza da remoto visualizzando lo stato macchina. BRENTA-RENT
www.brentarent.it
- dicono in CSB System SE - “È la dimostrazione che, assieme ai nostri clienti, stiamo proseguendo sulla strada verso la digitalizzazione, offrendo loro soluzioni già utilizzabili e consolidate nella pratica. Un ringraziamento particolare va perciò ai pionieri, innovatori e change maker della nostra azienda, ai nostri consulenti e programmatori che mettono la loro competenza ed esperienza al servizio del nostro software” CSB SYSTEM
www.csb.com
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CONTROVENTO
Si può innovare nella tradizione?
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a voglia di tornare alla vita precedente alla pandemia è tanta! Bene, però chiediamoci: a quale vita di prima? Quella vertiginosa, insostenibile e distaccata dalla natura? Anche no, grazie! Dai blocchi delle attività, dalle limitazioni alle libertà individuali, qualche dubbio non è spuntato? Vediamone uno (non proprio) a caso: tra chi ha retto bene il grande urto del piccolo virus, spiccano le filiere del sistema agro-alimentari nazionali, anche se criticate per nanismo e tradizionalismo. Nanismo: sì è vero che abbiamo pochi giganti (in termini di fatturato), abbiamo però una miriade di nani capaci di una gigantesca resilienza per resistere alle evenienze negative, per adattarsi alle nuove situazioni, per velocità di reazione alla domanda, per talento e creatività. Tradizionalismo: fallace il suffisso, verace il sostantivo! È ben vero che la maggioranza delle filiere agro-alimentari sono orientate al tradizionale, nel senso che trasmettono nel tempo, di generazione in generazione, una offerta di prodotti-servizi che costituiscono soprattutto un apprezzato stile di vita. E questo non è poco! Quindi, il nostro modello agro-alimentare tradizionale - ci àncora al naturale, alla qualità sensoriale degli ingredienti utilizzati, quando non anche al territorio. E questo, in modo più o meno consapevole, ci preserva dalla miope politica degli ingredienti al minor prezzo che soggiace ineludibilmente all’impiego di correttivi, miglioratori, e surrogati; ovvero a tutta una serie di accorgimenti e tecnologie nella vana ricerca della qualità perduta. Intendiamoci, vana non per limiti tecnologici, bensì per valori intangibili che stanno alla base dell’etica professionale. Vecchi discorsi? No di certo, attuali e sempreverdi! È proprio in questi tempi difficili che bisogna saper restare ancorati all’etica professionale. Altrimenti, si cade nell’effimero, se non anche nel virtuale, magari vantando l’innovazione nella rete a 5G e nell’industria 4.0. Però, senza etica e tradizione, non hai vera innovazione. Ed ecco il nodo: si può innovare nella tradizione? Sì, senza antitesi o contrapposizioni! Molto si può innovare, fermo restando l’etica della responsabilità sociale del prodottoservizio offerto al consumatore! Siete d’accordo ?
Senza etica e tradizione non si ha vera innovazione
VINCENZO BOZZETTI
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Volete dire la vostra? Scrivete a : redazione.food@quine.it
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il freddo a noleggio
FREDDO A NOLEGGIO al servizio dell’industria alimentare e delle bevande
1 Attiva da oltre 15 anni sul mercato del noleggio Nell’ambito dell’industria alimentare il giusto trattamento e refrigerazione dell’aria è un fattore fondamentale per garantire la catena del freddo che dal produttore porta al consumatore. A partire dalla produzione, passando per l’imballaggio e l’immagazzinamento, fino ad arrivare alla distribuzione, l’obbligo è assicurare qualità, sicurezza e conservazione degli alimenti e delle bevande, Che si tratti di semplici attività di stoccaggio o di più complesse strutture di trasformazione alimentare, il servizio di noleggio BRENTA RENT dispone di soluzioni per la refrigerazione e riscaldamento che si adattano alle dimensione dell’azienda ed alle sue caratteristiche di processo.
Grazie ad un’adeguata progettazione, configurazione ed individuazione delle necessità di lavorazione, BRENTA RENT può integrare le proprie macchine per il condizionamento e filtraggio, pompe, distribuzione dell’aria, controllo delle temperature e dell’umidità per realizzare misure correttive e preventive per il controllo ed il miglioramento delle condizioni dell’aria negli ambienti di lavoro, mantenendo sempre efficiente il processo produttivo e la qualità del servizio offerto. Il nostro FREDDO A NOLEGGIO è disponibile con soluzioni modulari ed espandibili in grado di accompagnare la crescita aziendale; il Cliente è affiancato dai nostri tecnici per un’assistenza continua che assicura il mantenimento di un processo produttivo sempre efficiente e un’alta qualità del servizio offerto che si distingue anche per un notevole risparmio energetico.
Brenta Rent Srl Via Dell’Industria, 17 • 35020 Arzergrande (PD) - Italy • Tel. +39 049 5800034 • Fax +39 049 9724623 • Mobile +39 347 0554982 www.brentarent.it • brenta@brentarent.it
Alitest Alitest,
Soluzioni di Qualità
da oltre 22 anni opera nella distribuzione dei Test Rapidi per la rilevazione di inibenti nel latte, continua la propria missione proponendo alcune novità che rafforzano e danno risposte precise al confronto e alle esigenze di un Mercato che deve, che vuole garantire sempre maggiori livelli Qualitativi. In quest‛ottica Alitest è orgogliosa di offrire una gamma completadi prodotti per il settore agroalimentare territoriale.
L’uomo è quello che mangia, Alitest ne garantisce la Qualità. L’utilizzo di antibiotici per la cura delle malattie degli animali è fondamentale per il loro benessere. Ciò che invece nuoce è il loro abuso, che può favorire lo sviluppo di batteri antibiotico-resistenti che se trasmessi agli esseri umani, possono provocare gravi danni alla loro salute. Appare per tanto evidente l’importanza di poter disporre dei migliori strumenti atti alla rilevazione di residui di tali sostanze potenzialmente cancerogene e dal potenziale allergico presenti dopo il trattamento sanitario e alla verifica che il periodo di “sospensione” sia stato rispettato. Va tenuto presente al riguardo che lo stesso varia in base alla classe chimica del trattamento delle molecole utilizzate, alle loro caratteristiche farmacologiche, nonché alla genetica dell’animale e delle condizioni ambientali generali. Relativamente ai “migliori strumenti” di rilevazione intendiamo sottolineare l’importanza di Semplici, Sensibili, Accurati e Rapidi Test che diano certezza di risultato ai laboratori di indagine. Charm MRL Quad1 è certo in tal senso l’unico sul mercato che, rispettando a pieno i limiti di MRL imposti dalla Comunità Europea soddisfa tali esigenze individuando in soli cinque minuti di incubazione: - la presenza delle principali famiglie di antibiotici (Betalattamici - TetraciclineSulfamidici-Chinoloni). - Il ceppo completo del Ceftiofur e i suoi metaboliti. Offrendo un’evidenza dei risultati ottenuti, sia visiva che con il sistema di lettura EZ. Si tratta dell’unico Test che non ha problemi di Cross-Contamination, offerto da una azienda, la Charm Science Inc, Leader sul mercato internazionale, che vanta una esperienza nel settore latte di oltre 45 anni, superando ogni confronto per affidabilità. Noi dell’Alitest ci pregiamo di rappresentarLa orgogliosi di difendere la Qualità di un prodotto che sfida, su tutti i parametri, gli altri sul mercato, senza temere per questo la concorrenza di prezzo.
TM ®
Lettura immediata Quantitativa per una grande Famiglia di Test
ll programma igiene di Charm basato sul rilevamento dell’ ATP (adenosina trifosfato) fornisce soluzioni rapide per valutare istantaneamente lo stato igienico delle superfici delle tue strutture (sia per il contatto alimentare che non) e soluzioni per testare anche la qualità dell'acqua e altre aree ambientali, compresi i luoghi difficili da raggiungere, nell'intero impianto di lavorazione. .
Lettore Novalum II Per i test F-AP - SWAB
Parliamo delle piastre Peel Plate Charm per le conte microbiologiche. Oggi sul mercato esistono prodotti simili con caratteristiche laboriose che implicano diverse problematiche, come ad esempio la preparazione del terreno, la cross-contamination, la diffusione dell’aliquota e la necessità di molto spazio per l’esecuzione di numerose piastre. Molti sono i test microbiologici, ma pochi sono stati studiati per risolvere pienamente i numerosi problemi riscontrati durante le analisi. Le Piastre Microbiologiche Peel Plate Charm presentano le seguenti caratteristiche: - Pronte all’uso, contenenti un terreno di coltura selettivo per la crescita dei microrganismi. - Un solo passaggio, basta pipettare il campione da analizzare senza l’utilizzo di tecniche di diffusione. - Progettate e validate per essere sovrapposte. - Tempi e le temperature di incubazione coincidono con le convenzionali procedure microbiologiche. -Validate AOAC e NCIMS
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