DOSSIER
Andrea Zorzi, Valentina Piazza, Massimo Achini
Haiti ora viaggia di pari passo col Csi
A Port au Prince, la terza volta del gruppo italhaitiano di Massimiliano Morelli
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arlare di Haiti per il Centro sportivo italiano è diventata una piacevole abitudine. Perché l’isola caraibica che invece d’essere posizionata a due ore d’aereo dall’opulenza di Miami pare essere incastonata in Africa rappresenta ormai una seconda casa. Una dimora umile ma accogliente, dove la gente è bisognosa d’affetto e consigli, esperienza, solidarietà, confronto. Una seconda casa, scrivevamo, al punto che all’inizio di marzo si è tornati per la terza volta da quelle parti. Quasi una piacevole abitudine il dialogare e discettare su Haiti, ma un “obbligo” morale nel contempo - da parte di chi sbarca su uno dei Paesi col Pil più povero del pianeta - di rimboccarsi le maniche perché ogni volta che si va dall’altra parte del mondo, a Port au Prince, c’è sempre da fare qualcosa. E diventa importante oltre all’insegnamento che si può offrire a chi ha sempre voglia d’apprendere, anche il più genuino dei sorrisi o una carezza esternata nei confronti di chi non aspetta altro che affetto. Amore, verrebbe da scrivere, ma rischieremmo d’esser fraintesi, perché qualcuno è ancora convinto che si debbano amare solo le persone con cui si vive a stretto contatto di gomito, non chi s’incontra casualmente in un fazzoletto di terra posizionato a 15, 20 ore d’aereo dalla propria casa. Così, dopo che nella scorsa estate s’erano