TORNA IL DESIGN E MILANO VA IN FERMENTO
Dopo la fashion week milanese, senza soluzione di continuità, arriviamo a quella del design. Una settimana concentrata di eventi e di presentazioni, dove l’universo del bello prende forma e anima l’intera città di Milano.
In questo contesto, uno dei designer più alternativi e alla moda è, sicuramente, Fabio Novembre. Nell’intervista di questo numero di Beesness, ci rende partecipi dei suoi primi passi mossi nella provincia di Lecce, passando dall’incontro con Anna Molinari che, affidandogli la realizzazione del negozio a Shanghai, lo ha di fatto lanciato nell’olimpo del design, fino a occuparsi di Casa Milan e Milanello per conto di Barbara Berlusconi.
Non mancano articoli sulle recenti sfilate, come quelle di Krizia, di John Richmond, di Borsalino, di Akep con Cecilia Rodriguez, di Mar De Margaritas con la sorella Belen e di Sergio Rossi.
D’interesse risulta anche essere l’ultima intervista che ci ha concesso Vivienne Westwood, celeberrima icona della “rivoluzione” nell’ambito della moda. Si tratta di una stilista che ha dedicato, nella vita e nel lavoro, molta attenzione nei confronti dell’ambiente, suggerendo al vasto pubblico di consumatori di abbigliamento di fare pochi acquisti, ma di qualità. Infatti, l’industria della fast fashion è una dei
maggiori produttori d’inquinamento. Inoltre, la ricordiamo come paladina dei diritti e attivista, che non ha mai fatto mancare il suo sostegno alle varie iniziative susseguitesi negli anni.
Voltando pagina, lo chef Filippo Gozzoli illustra il bistrot, di cui è a capo, realizzato all’interno dello showroom di Visionnaire a Milano. Eleganza e creatività contraddistinguono la sua idea di cucina, caratterizzata da un sapiente mix di fantasia e di gusto.
Passiamo ora all’intervista ad Albertino, che con noi ripercorre i suoi esordi come deejay in Radio Deejay fino all’approdo, che dura tutt’ora, alla direzione artistica di Radio M2O.
Concludiamo con un resoconto su alcuni saloni di moda come Pitti Uomo a Firenze, giunto alla 103esima edizione e il FIMI, svoltosi a Valencia e dedicato all’alta moda per bambini.
Non mancano le ormai collaudate rubriche di retail, di franchising e di recensione di libri. Quest’ultima, tratta del volume di Cecilia Danesi, dal titolo “L’impero degli algoritmi”.
Arrivederci al prossimo numero di Beesness!
Giovanni Bonani Direttore ResponsabileREGALATI O REGALA UN ABBONAMENTO A BEESNESS AD UN PREZZO IRRIPETIBILE
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NASCE LA DONDUP HOUSE DI ANVERSA, PRIMO FLAGSHIP STORE IN BELGIO
Dondup, brand leader nel denim, ha appena inaugurato una boutique in Schuttershofstraat 31, centro nevralgico dello shopping di Anversa. Una townhouse in pieno centro storico, così si presenta il nuovo store di Dondup.
Il sapore industriale unito a dei tocchi di italianità contraddistingue la cifra stilistica di questo store. Un mix di materiali come legno, acciaio e cemento si fondono per creare uno spazio che trasmetta il carattere mai scontato del brand.
Nel negozio è presente una grande teca in vetro, che ospiterà installazioni semipermanenti al suo interno, uno spazio di racconto che prescinde dal prodotto ed esplora la filosofia e il saper fare dell’azienda.
KILESA APRE LA PRIMA BOUTIQUE MONOMARCA A NAPOLI
Il marchio italiano fondato nel 2013 dall’imprenditrice Bianca Imbembo e specializzato nella creazione di luxury bags ed accessori moda, ha scelto il cuore pulsante dello shopping di lusso del capoluogo campano per debuttare con la sua prima boutique monomarca in Via Morelli al civico 22, nel pieno “quadrilatero della moda” napoletana.
La prima boutique Kilesa si estende su 65 metri quadri in un openspace che si caratterizza subito per il dominante uso del rosa, colore istituzionale del brand, sviluppato in diversi toni per donare tridimensionalità agli spazi.
Progettato dall’architetto Maurizio Martiniello, già noto per le ristrutturazioni di interni ed esterni di alcune delle più prestigiose ville di Posillipo, il concept dello store vuole ricostruire una sorta di involucro caldo ed accogliente, quasi una cabina armadio, perfetta per avvolgere il cliente in un’esperienza a 360gradi nel mondo Kilesa
Dal suggestivo soffitto a volta decorato a mano secondo il pattern simbolico del “fiore di loto” i cui gambi diventano mensole di appoggio, realizzate in pvc e resina sottolineate da led che li delineano, fino ai puff in velluto rasato capitonnè, ogni elemento è frutto del lavoro dell’artigianato locale 100% Made in Napoli, così come ogni prodotto del brand.
AVVOLGITI DI NATURA CON LE COLLEZIONI ETICHE DI DAPHNE LA FIRMA DEI FIORI
Moderne tendenze si uniscono al naturalismo sartoriale della casa di moda DAPHNÉ che da decenni crea disegni squisitamente dettagliati della flora della Riviera Ligure, per poi essere stampati su tessuti pregiati e rigorosamente Made in Italy.
Ogni creazione della Maison sanremese è riconoscibile e duratura, queste le caratteristiche principali delle nostre capsule collection di foulard, accessori e t-shirt in tessuti organici e stampe azo free che rispettano l’ambiente, sono realizzati a mano e personalizzati.
Attraverso le proprie opere altamente dettagliate, stampate su seta, cotone organico, fibra di legno, fibra di arancio e di ginestra, DAPHNÉ crea una finestra sulla flora selvatica, spesso in via d'estinzione, tra cui fiori, arbusti autoctoni, ma anche piante marine. Una vasta collezione raccolta con amore e passione da oltre 50 anni di attività e oggi digitalizzata e disponibile nell'archivio aziendale.
Le creazioni DAPHNÉ nascono dalle visite ai giardini botanici, da un attento studio degli antichi erbari, dalla flora protetta delle Alpi Liguri ma anche dalle piante acquatiche e dai cetacei che popolano le acque cristalline del Santuario
Pelagos.
Lo studio e la raccolta di idee e l’ispirazione dal mondo naturalistico scaturiscono dalla passione e dal legame con il territorio.
Esemplari vegetali unici sono ritratti individualmente, incisi, colorati, trasformati attraverso il processo alchemico del design creativo e poi stampati su tessuti sostenibili per magnificare tutta la bellezza della natura nel loro carattere nascosto.
Le collezioni di foulard DAPHNÉ sono cresciute nel corso degli anni fino a diventare un vero e proprio archivio botanico e tessile, un patrimonio unico per la Riviera Ligure e non solo.
ROSANTICA SIGLA UNA PARTNERSHIP DISTRIBUTIVA CON RICCARDO GRASSI E PUNTA A CRESCERE IN ASIA
Rosantica sceglie di rafforzare la commercializzazione delle proprie linee di accessori e borse gioiello siglando un accordo di agenzia con la rinomata vetrina internazionale di Riccardo Grassi Showroom.
L’accordo, che prende avvio con le collezioni pre e main Fall Winter 23/24, ha come obiettivo principale di espansione i mercati asiatici oltre al consolidamento di mercati in cui il Brand è già fortemente presente come Europa e Medio Oriente.
Lo showroom milanese di Riccardo Grassi, si avvale di oltre 4000 metri quadrati di esposizione siti nella suggestiva location di Via Piranesi, 4 e si distingue per il forte impatto offerto dal luminoso loft ottenuto grazie al progetto di recupero architettonico di uno spazio industriale precedentemente adibito a deposito di merci.
Le collezioni Rosantica, che saranno protagoniste sia a Milano che e presso lo showroom parigino di Riccardo Grassi, per rafforzare così ulteriormente la propria visibilità sui buyer nazionali ed internazionali e la propria conseguente capillarità distributiva on e off line.
Il brand di borse e accessori gioiello, amato da celebs e socialite di tutto il mondo, punta con questa nuova partnership a consolidare il proprio rapporto con le più prestigiose boutique a livello mondiale.
FLOÏD LANCIA SUL MERCATO UNA NUOVA GAMMA DI PRODOTTI PER IL BENESSERE MASCHILE
Floïd , dopobarba per eccellenza , nasce in Spagna nel 1932 da un’invenzione di J.B. Cendròs, proprietario della barberia Buenos Aires di Barcellona che intuisce la mancanza di un prodotto specifico per completare il rito della rasatura per i suoi clienti, realizzando così una formula esclusiva ricca di ingredienti benefici per la pelle e dal profumo inconfondibile: Floïd "The Genuine”. Negli ultimi anni siamo stati testimoni di un cambiamento fondamentale nella cultura del benessere maschile, gli articoli da toeletta da uomo prima erano costituiti da shampoo, deodorante, crema da barba e poco altro. Oggi, da Londra a New York fino a San Paolo, troviamo intere gamme di prodotti dedicati esclusivamente alla cura per l’uomo, il mercato Men è esploso negli ultimi anni e Floïd oggi si presenta come uno dei brand protagonisti di questa rivoluzione.
L’iconico dopobarba diventato celebre per le sue formule nate per la cura della pelle maschile con un profumo unico e inimitabile lancia una serie di importanti novità tutte unite dalla prestigiosa Floïd Formula, rivisitazione dello storico prodotto creato da J.B. Cendròs Un fil rouge che unisce la storicità del marchio a prodotti e formule che guardano al futuro.
Due le profumazioni: Vetyver splash e Citrus spectre
ICONA MILANO PRESENTA I NUOVI FONDONTINTA CREATI CON ORNELLA RIVERDITI PRESSO CITY LAB COSMETICS
ICONA Milano è un progetto di make-up professionale che nasce a Milano , città simbolo del Made in Italy. La gamma dei prodotti è stata concepita per valorizzare la naturale bellezza della donna garantendo altissima qualità ed eccellenti risultati.
Da sempre Icona Milano vuole assecondare le esigenze di ogni persona: per questo, insieme alla famosa MUA Ornella Riverditi , ha creato Endless Foundation e Easy Cover Stick Foundation & Concealer, due prodotti nuovi di altissima qualità. Diversi, ma complementari, il perfetto connubio tra l’animo perfezionista , che ritiene che la base debba essere sempre perfetta, uniforme e long lasting e l’animo essenziale , guidato dal vortice degli eventi, che invece vuole scegliere i punti del viso da valorizzare in modo facile, veloce e in ogni momento della giornata.
Questa collaborazione vincente è stata presentata ufficialmente presso CITY LAB Cosmetics , laboratorio italiano - situato in Corso Garibaldi 3 a Milano - e brand di cosmetica tailor made. Il luogo perfetto dove le persone presenti hanno potuto scoprire le caratteristiche e le esigenze della propria pelle, avvalendosi dell’aiuto del personale esperto di City Lab che ha analizzato la loro pelle del viso grazie ad uno skin analyzer che, attraverso sonde e microcamere, ha permesso di scoprire quali sono le caratteristiche e le esigenze per ogni tipo di carnagione, accompagnando gli ospiti di Icona Milano nella scelta della texture perfetta dei nuovi fondotinta firmati dal brand meneghino.
MARVIS PRESENTA SENSITIVE GUMS GENTLE MINT
Marvis ha rivoluzionato il concetto di dentifricio con un’interpretazione originale e innovativa, presenta oggi una novità imperdibile: MARVIS SENSITIVE GUMS GENTLE MINT che coniuga perfettamente la performance di una formula studiata nei laboratori Marvis per prendersi cura delle gengive sensibili con il piacere del gusto e l’iconico stile Marvis Marvis è sinonimo di stile, contemporaneità, ironia e tendenza, ma anche una eccellente pasta dentifricia. La gamma Marvis si amplia proponendo una soluzione per il benessere delle gengive sensibili, con una formula innovativa in grado di garantire un’eccellente igiene orale e di rispettare le gengive . Grazie agli ingredienti attivi come l’acido ialuronico, con azione idratante e protettiva e i prebiotici, riequilibranti, lenitivi e rigeneranti, assicura una performance senza precedenti che riduce la placca e il senso di fastidio causato dalle gengive irritate sin dal primo utilizzo. Un’esperienza sensoriale nuova e inattesa al delicato sapore di menta dolce , creata in esclusiva da Givaudan, prestigiosa casa essenziera. Le dolci ed eleganti note cremose dello spearmint si fondono ad un tocco di menta piperita e mentolo che aggiunge profondità e freschezza donando a Marvis Sensitive Gums Gentle Mint un gusto unico e inimitabile, una ricercata ed avvolgente armonia.
Marvis non delude mai e anche per questo dentifricio non rinuncia al suo stile iconico e originale: Marvis Sensitive Gums Gentle Mint si veste di un inconsueto rosa metallizzato, con un effetto contemporaneo e super fashion.
DISTINGUERSI PER NON ESTINGUERSI: PHILIP MARTIN’S, L’AZIENDA
VICENTINA CHE RENDE IL DESIDERIO DI ESCLUSIVITÀ IL SUO PUNTO DI FORZA
Secondo lo studio pubblicato nell’Annuario Istat e ICE “Commercio estero e attività internazionali delle imprese 2022” nel 2021 le esportazioni italiane di beni hanno raggiunto la cifra record di 516 miliardi di euro, con un incremento del +18,2% rispetto all’anno precedente.
Il brand Italia, dunque, viene visto come garanzia di qualità, autenticità e stile. Il fattore Made in Italy aggiunge valore soprattutto ai brand minori appartenenti ai settori riconosciuti come eccellenze italiane, le cui vendite dipendono molto dall’immagine del Paese. Tra le aziende italiane che legano alla propria origine una garanzia di eccellenza, rientra Philip Martin’s, la realtà nata nel 2010 con sede ad Altavilla Vicentina specializzata nella produzione di prodotti di alta qualità per la cura dei capelli, della pelle e della persona. Il lavoro di Philip Martin’s si basa prevalentemente su due linee di business principali: da un lato, la produzione di prodotti dedicati al benessere della persona a 360° (haircare, skincare e personal care) e dall’altro, la realizzazione di prodotti professionali per saloni di parrucchieri e centri estetici.
Lo stimolo al miglioramento continuo e una visione che non rincorre le tendenze del momento sono gli elementi distintivi di Philip Martin’s, ma anche i criteri secondo i quali l’azienda vicentina sceglie i propri partner e rivenditori
Basandosi sul motto “non piacere un po’ a tutti, ma moltissimo a pochi”, i prodotti Philip Martin’s sono disponibili presso centri estetici o negozi di parrucchieri che hanno scelto di sposare la filosofia dell’azienda.
L’obiettivo dell’azienda infatti non è massificare la vendita ma collaborare solo con attività che si fanno portavoce dei valori del brand e ne diventano, indirettamente, suoi ambassador.
L’intera produzione dei prodotti Philip Martin’s è affidata a realtà venete - da questo la precisazione Made Of Italy - e l’obiettivo dell’azienda è raggiungere nei prossimi anni i migliori hotel e SPA di tutto il mondo.
Apre a Milano pasticceria Pansy, laboratorio di pasticceria artigianale che ogni giorno realizza proposte dolci e salate di alta qualità, dal gusto raffinato e adatte a tutti, anche a chi ha intolleranze, allergie o restrizioni alimentari particolari.
Pansy (con l’accento sulla «y»), vuole essere un concept di pasticceria “inclusiva” dove chi esclude certi alimenti per intolleranze e allergie, o anche solo per scelta etica, non debba rinunciare alla qualità e al gusto.
Pansy prende vita dall’idea di Anna Fadeeva, il cui fiore preferito da bambina era per l’appunto “pansy”, in italiano “la viola del pensiero”. È proprio da questo riferimento che si sviluppa l’intera identità del brand: colori delicati, ma decisi, sulle tonalità del viola, e leggere decorazioni floreali, per creazioni in grado di stupire non solo il palato, ma anche l’occhio.
Tutte le creazioni di Pansy Milano sono 100% Lactose Free e Gluten Free, senza alcuna possibilità di contaminazione. Numerose sono anche le alternative Vegan, per chi sceglie un’alimentazione attenta alla salute del pianeta.
Il team di Pansy è impegnato in una costante ricerca e sperimentazione per trovare sempre nuove combinazioni e sapori, capaci di far vivere esperienze sensoriali uniche ai clienti.
Dalla torta di punta “Pansy”, vegana, a base di mousse al cioccolato bianco artigianale, frutti di bosco, cake al cacao e glassa ai frutti di bosco, alla crostata fragola e pistacchio, fino alle cheescake con topping alla frutta o al caramello: sono solo alcune delle proposte tra cui scegliere, disponibili in versione torta, monoporzione o mignon. Oltre all’ampia offerta dolciaria, inoltre, da Pansy è possibile trovare proposte salate, tra cui diversi tipi di quiche e strudel alle verdure, pasta fresca in diversi formati ed anche il reparto panetteria, che ogni giorno sforna baguette, ciabatte integrali, pagnotte e grissini.
JYSK APRE AD ANCONA IL PRIMO STORE NELLE MARCHE
Ad Ancona, in via Primo Maggio 25, JYSK inaugura il suo primo punto vendita nelle Marche. L’inaugurazione dello store di Ancona è stata un’occasione da non perdere per scoprire la magia dello stile scandinavo di JYSK e cosa significa dare un tocco hygge alla propria casa. Espressione tipicamente danese, si pronuncia hüghe - con l’h iniziale un po’ aspirata – e rappresenta la ricerca di una felicità quotidiana, una filosofia di vita basata sulla sensazione di benessere, sul senso di comunità e comodità.
Lo store di Ancona è stato realizzato secondo lo Store Concept 3.0, una nuova concezione degli spazi che interessa tutti i nuovi negozi JYSK a livello globale e che rappresenta una profonda innovazione rispetto al passato per offrire ai clienti maggiore ispirazione e una moderna esperienza di acquisto.
Di pari passo con le aperture dei nuovi negozi si moltiplicano a livello locale le assunzioni.
Sono infatti più di cento le posizioni aperte su tutto il territorio nazionale e per lo store di Ancona si cercano le figure di Store Manager, Deputy Store Manager e Sales Assistant.
CREATORI OSTINATI DI SERENITÀ
Siamo un’agenzia di marketing e comunicazione a servizio completo con 70 collaboratori, oltre 20 anni d’esperienza e ancora tanto entusiasmo per il progetto più importante: il prossimo. Siamo organizzati in 5 Unit specializzate per coprire ogni richiesta del mercato. Siamo attenti alle persone e alle loro esigenze. E siamo pronti a lavorare al vostro fianco, per costruire valore e serenità.
FABIO NOVEMBRE
Progetti passati e futuri del famoso architetto
Parlaci del tuo periodo universitario.
A 17 anni ho lasciato Lecce, la mia città natale, e mi sono trasferito a Milano per studiare architettura. Quando mi sono iscritto, nel 1984, il Politecnico era molto diverso da quello che è adesso. L’Università di Architettura era un perfetto equilibrio tra materie scientifiche e umanistiche, non mi aspettavo di uscirne come un vero e proprio architetto ma piuttosto come un libero pensatore. E vivendo a Milano ho avuto modo di respirare l'atmosfera speciale che le generazioni precedenti avevano contribuito a creare. Il livello della ricerca, la grande cultura espressa, sono stati i motivi principali per decidere di far parte di tutto quel fenomeno. Dopo la laurea in architettura ho seguito un corso annuale di regia alla New York University che mi ha aiutato a definire dei parametri personali sull’idea di spazio: la mia intenzione era raccontare storie tridimensionali.
New York è quindi stata una tappa decisiva nella tua carriera.
La mia fortuna newyorkese è stata quella di incontrare Anna
Molinari. Al tempo vivevo in lower east side e frequentavo amicizie assolutamente trasversali e stimolanti, dal regista Jim Jarmusch alla gallerista Holly Solomon, per la quale lavoravo come tuttofare. Fu così che con una buona dose di incoscienza, sua e mia, Anna mi incaricò di disegnare il primo negozio Blumarine a Hong Kong. Decisamente questo è da considerare il mio primo “battesimo” lavorativo. All’inaugurazione mi sono reso conto che ero riuscito a sintetizzare l’amore per il cinema con la mia laurea in architettura. Dopo c’è stata l’apertura del secondo negozio a Londra, piazza decisamente più importante e da lì è iniziata la mia carriera lavorativa.
Come nascono e come si sviluppano i suoi progetti?
Il mio obiettivo è progettare spazi, non cambia che siano hotel, negozi, ristoranti o showroom, pensando di creare delle scenografie in cui raccontare storie tridimensionali. E in queste storie il pubblico è componente di progetto. Sono convinto che i miei spazi offrano la possibilità di essere attori senza dover sostenere provini.
Parlaci del tuo rapporto con il Milan. Con il Milan abbiamo collaborato su tanti fronti dall’architettura al design. Abbiamo progettato la sede Casa Milan, in cui ogni elemento racconta la storia della squadra e la passione per questo
sport meraviglioso che è il calcio. Ma ci siamo anche occupati del progetto per lo Stadio di San Siro, di un sistema di merchandising e nella stagione 2016/2017 abbiamo disegnato anche la maglia ufficiale reinterpretando le
forme e i colori del Milan.
Hai aperto una galleria a pochi passi dal tuo Studio. Parlaci di Ionoi. Come nasce questo concept store?
IoNoi nasce nel 2008 dall’idea di creare un blog in cui raccontare, privilegiando l’immediatezza delle immagini, il rapporto tra l’io e il noi, tra le cose e il loro universo di riferimento. Si tratta di confronti diretti che mostrano le connessioni, spesso non progettate o non dichiarate, per dimostrare che le persone, e le cose, nascono da altre persone e da altre cose e facilitare in questo modo un approccio alla conoscenza inclusivo e trasversale. Oggi il progetto si evolve in “IoNoi Gallery”, uno spazio fisico che racchiude ed espone il mio mondo fatto di oggetti industriali e art design nel continuo legame tra design, architettura, arte e moda. IoNoi Gallery nasce quindi da incroci creativi e proprio per questo è aperto alla ricerca e alla collaborazione.
Un progetto futuro?
Abbiamo da poco concluso la progettazione del nuovo flagship store di La Martina a Milano, il primo di un piano di espansione retail in tutta Europa che si ispirerà al concept milanese. Spostandoci sull’architettura stiamo lavorando agli headquarter di diversi brand di fama internazionale, ad esempio Motorsport Network che ci ha chiesto di progettare la loro nuova torre a Miami.
Domanda di rito: 5 brani della sua playlist di Spotify
Bob Dylan – Blowin’ in the wind
Bob Marley - Redemption song
E poi 3 miei amici italiani di 3 diverse generazioni che non posso non citare:
Jovanotti - Viva La Libertà
Negramaro - Cade la Pioggia
Blanco - Finché non mi seppelliscono
SERGIO ROSSI
Riccardo Sciutto, ci racconti un po’ la sua storia prima dell’approdo nel 2016 come CEO di Sergio Rossi.
“Ho avuto la fortuna di costruire la mia carriera mosso sempre dalla curiosità e dalla possibilità di maturare competenze uniche ma diversificate, con l’onore di ricoprire incarichi di prestigio nel mondo della moda e del consumo di lusso, che mi hanno portato a ricoprire la carica di CEO in Sergio Rossi, nel 2016.
E proprio grazie a una visione poliedrica che ho la fortuna di collaborare oggi anche all’interno di aziende e associazioni innovative e tra queste ricoprendo anche la carica di Presidente dal 2021 della società leader icloud servces, quotata alla Borsa italiana, WIIT dove sono stato consigliere indipendente dal 2018, e di essere Advisory Board Member del FTA Fashion Technology Accelerator dal 2019 e Advisory Council Member della NYU Stern School of Business.”
Definisca lo stile di Sergio Rossi con 3 aggettivi.
“Femminile, Audace, Playful per persone moderne e capaci
di interpretare la propria attitude e modo di essere.”
A chi si ispirano i vostri prodotti.
“Il punto di partenza delle collezioni è sempre quello dell’archivio ove si trovano i tesori e l’eredità lasciti dal Maestro Sergio Rossi e le donne e icone di ogni decade e tempo, in accordo con i trend che si vogliono comunicare.”
Quale experience si desidera fornire al cliente finale?
“La magia di indossare una calzatura che per essere prodotta richiede 120 steps e 14 ore di lavoro, con l’obiettivo di trasmettere l’unicità del prodotto che sta andando ad acquistare. E la possibilità di giocare sempre con uno stile day-to-night che consenta al nostro acquirente di sentirsi sempre a proprio agio.”
Il vostro è uno stile molto ricercato, quali pensa possano essere ad oggi i must have?
“Io credo che per essere competitivi oggi si debba offrire
Il CEO Riccardo Sciutto racconta l’eredità e la magia del brand
alla donna un prodotto capace di impreziosire i propri look in ogni occasione: da una sleeper con dettagli iconici come la nostra sr1, ma anche un sandalo prezioso o uno stivale unico Sergio Rossi capace di permettere di giocare con i propri outfit.”
Chi le piacerebbe vestire?
“Ogni persona che sia orgogliosa di sé e si senta a proprio agio nell’esprimere liberamente la propria femminilità indossando una calzatura Sergio Rossi.”
Made in Italy. Quale sarà il futuro dell'artigianato di alto livello in Italia?
“Il made in Italy e l’artigianato sono tra i più grandi patrimoni del nostro Paese, spesso poco valorizzati e raccontati. Da sempre sono impegnato nella tutela e nel rispetto dell’arte artigiana in Italia e nell’espansione dell’eccellenza italiana nel mondo, e questo impegno è stato dimostrato con la mia nomina a presidente del CERCAL (Scuola Internazionale Calzaturiera) l’istituzione mirata allo sviluppo di competenze altamente specialistiche per il settore calzaturiero e nel mio commitment nell’ultimo triennio come Board Member di Altagamma, fondazione che riunisce oltre 120 aziende dell’alta industria creativa italiana per preservare e tutelare il Made in Italy.”
Dal punto di vista finanziario che anno è stato il 2022 e
cosa vi aspettate dal 2023?
“Nonostante il 2022 sia stato un anno difficile su scala globale per svariati scenari socio-politici Sergio Rossi ha registrato dati positivi in termini di vendite e di crescite soprattutto sul mercato Giapponese dove siamo leader di settore. L’obiettivo resta quello di espandere la presenza degli store SR nel mondo e attrarre continuamente nuovi target di clienti, attraverso nuove collezioni e collaborazioni sempre più interessanti.”
Quale sarà il prossimo step del brand?
“Abbiamo recentemente presentato una capsule collection con AREA il design studio basato a New York, che è stata presentata l’11 Febbraio nel Fashion Show di AREA SS23 durante la New York Fashion Week. I modelli esclusivi sono tutti basati sulle iconiche forme di Sergio Rossi, e presentano dettagli caratteristici di Area come piume, cristalli e fiocchi. Il mio obiettivo resta quello di perseguire interessanti collaborazioni che possano fondere Maestria e dare al consumatore un prodotto unico che faccia parlare di noi.”
Ultima domanda di rito: gli ultimi 5 brani della sua playlist di Spotify
1. Ritornando a casa - Vinicio Capossela
2. Sweet Creature - Harry Styles
3. Falling - Jamiroquai
4. Experience - Ludovico Einaudi
5. Tango - Tananai
NON SOLO MODA
In ricordo di Vivienne Westwood
A cura di Carla Cavicchini
Ha decisamente lasciato attoniti la scomparsa della stilista inglese Vivienne Westwood, forte dei suoi 80 anni e passa portati con grinta ed un impegno notevole. Della sua bella età non si è accorto nessuno alla Fortezza da Basso di Firenze, a fine 2021, durante il conferimento del premio 'Leonardo da Vinci' alla carriera nell'ambito della tredicesima' Florence Biennale', mostra internazionale di arte contemporanea e design. Da sempre paladina per la difesa dei diritti umani e dell'ambiente,
notammo il bell’abito lungo, decisamente scivoloso in outfit, completo con tanto di stivaletti a punta e tacchi a spillo, capaci di ben reggere l'equilibrio. Questo dal momento che nei suoi abiti vengono
tuttora spesso e volentieri impresse magnifiche opere d'arte. Polemica, determinata, con voce squillante, tuonò del forte pericolo in corso con tanto di politici, che anziché preoccuparsi continuano a gettare petrolio sul fuoco. Celeberrima icona della 'Revolution' - ci piace ricordarla al presentemira a ridurre le disuguaglianze redistribuendo eque risorse, lontane dalla monetizzazione derivate dalla produzione e vendita delle armi. Quanto agli abiti - osserva - è basilare comprare poco e buono poiché i tessuti venduti a basso prezzo sono altamente inquinanti. Quindi vogliamoci bene acquistando giusto e consapevole!
Sembrerà strano eppur non troppo! Ricordarla figurina energica dai candidi lunghi capelli spesso raccolti dalle mille forcine. Invece la ricordiamo proprio così, estremamente bizzarra nel posare facendosi immortalare con cerchi rossastri attorno agli occhi, sopracciglia
tirate da linea rouge, con bocca definita da una sorta di cuore contornato da Red passion. Ed ancora attivista, alta e battagliera, nei cortei di gruppo sbandierando cartelli rivoluzionari contornata dal popolo regnante. Giusto, proprio regnante dal momento che il gruppo sgomitola con corona in testa in veste multicolore.
Lei è così, Vivienne l’eccentrica! Nata principalmente per sensibilizzare l'opinione pubblica. La rivediamo ancora in abito lineare panna quale mise comoda e compatta, dipinta come un indiano con tanti tocchi di grigio sul volto intenso atti nel lanciare fumi di pace. Innegabile che nelle sue boutique londinesi, ad inizio carriera, notare quel design innovativo sino all'affermazione d'avanguardia britannica arrivando al metodo Saville Row, con arricchimento di tessuti inglesi che tanto rimandano allo stile 600-700. Fatale nel 1989 l'incontro con Andreas Krouthaler, fondendo la sfera privata e artistica sino farlo divenire direttore creativo della maison. Tra i vari titoli conseguiti da ricordare quello di 'Dama d'impero britannico', conferitole dalla Regina Elisabetta II.
Dopo più di 40 anni di carriera il marchio Vivienne Westwood è consolidato a livello mondiale ed ella è considerata tra le più influenti fashion designer nonché attiviste dei nostri tempi. Nelle sue crociate ecologiche, opera assiduamente con Greenpeace nonché con le Ong, anche individuali, per le cause di tutela ambientale partecipando persino alle campagne di Amnesty International e World Child. Preciso ed attento il suo operato verso la salvaguardia della foresta pluviale, con tanto di battaglie contro il cambiamento climatico e surriscaldamento globale. In una tribù amazzonica peruviana si confrontò direttamente col governo locale per migliorare il programma di riforestazione, battendosi anche per fermare trivellazioni e la pesca industriale nel pianeta. E non arretra d’un centimetro ancora aiutando le donne africane nella produzione di borse a salvaguardia dell'etica. Come? Coinvolgendo artigiani e manufatturieri locali all’inserimento del circuito del mercato internazionale, con l’attento recupero degli scarti. Fedelissima al suo mantra: “La cultura? Un buono stimolo per salvare la terra.”
Motivazione del riconoscimento che le fu consegnato da Jacopo Celona, direttore generale di 'Florence Biennale': 'In riconoscimento di una produzione creativa rivoluzionaria che ha segnato la storia del design della moda nel corso degli ultimi 50 anni, cambiando e ampliando il concetto di femminilità e per aver ideato e promosso campagne innovative con l'obiettivo di proteggere la vita sulla nostra Madre Terra.'
Ringraziando la Westwood lesse in inglese ed italiano la ‘Lettera SOS’ a salvaguardia del pianeta. "La parola economia mondiale significa gestione della casa. La Madre Terra è la nostra casa pertanto su scala mondiale, economia equivale a sostenibilità. Ma non la abbiamo. Non abbiamo il futuro. Il nostro sistema finanziario si fonda su guerre perpetue, guerre commerciali e competizione. È la causa del cambiamento climatico. Le guerre vengono combattute per i territori e la manodopera è a basso costo. La vera economia è basata sul valore della terra. "La terra non appartiene a nessuno." Noi ne siamo custodi. Bisogna versare un contributo al portafoglio pubblico per l'uso della terra, un enorme entrata mai sfruttata. No alle tasse! Tutte le altre transazioni da uomo a uomo. Pertanto cooperazione non competizione. Distribuzione equa della ricchezza. Ho un piano per salvare il mondo e può funzionare perché ho analizzato il problema e ho la soluzione. La mia squadra, 'Cimate Revolution' ha iniziato la campagna per un’economia basata sulla terra grazie al suo ri-selvaggiamento. Abbiamo l'obiettivo di creare corridoi per la natura selvaggia. E su questo chiediamo la cooperazione del Governo.”
BORSALINO: INAUGURAZIONE BOUTIQUE IN VIA DELLA SPIGA
A cura della Redazione Nuovo retail concept
Prosegue il piano di sviluppo retail di Borsalino, che annuncia l’apertura di una boutique a Milano in via della Spiga 26. Il brand di Haeres Equita ha aperto le porte del nuovo spazio nel cuore del Quadrilatero della Moda, svelando l’innovativo concept che caratterizzerà il futuro del retail Borsalino. Situata all’interno dell’hub creativo Spiga26 , la boutique Borsalino si sviluppa su una superficie di circa 70 metri quadrati con due grandi vetrine cielo-terra affacciate su strada. Il punto vendita si caratterizza per l’utilizzo di colori chiari e caldi, declinati in lievi varianti cromatiche, le pareti rivestite in prezioso lino in un tenue carta da zucchero, la rilettura delle vetrine in ferro e cristallo che Ignazio Gardella progettò per Borsalino negli anni Cinquanta e il potente intervento decorativo delle grandi plafoniere in
cristallo di Murano della prima metà del Novecento, provenienti da un teatro di Vienna. Il concept ideato dall’architetto Nicola Quadri è la sintesi dell’energia che nasce dall’incontro fra l’heritage di Borsalino e il presente del brand, che dialoga con le nuove generazioni. Spiga 26 è uno spazio contemporaneo che nasce dalla rigenerazione urbana di Palazzo Pertusati, storico edificio milanese la cui costruzione originale risale alla fine del Settecento. Sviluppato da Hines con attenzione alla sostenibilità, l’edificio è certificato LEED Gold.
“Il nuovo concept retail incarna i nostri valori di passione, innovazione e bellezza declinando in maniera contemporanea l’heritage del brand” sottolinea Mauro Baglietto, Direttore Generale Borsalino, “Per la nuova boutique abbiamo scelto un progetto d’eccellenza come Spiga26 in
uno dei luoghi più ricchi di fascino del Quadrilatero della Moda milanese. È uno spazio prestigioso e dalla grande visibilità, che va ad affiancarsi allo storico punto vendita di Galleria Vittorio Emanuele II e alla travel boutique di Linate, consolidando la presenza di Borsalino in città”. La boutique di via della Spiga ospita le collezioni maschili e femminili di cappelli, berretti e accessori della Casa di Alessandria. La nuova apertura si inserisce nel piano di sviluppo retail di Borsalino che negli ultimi 12 mesi ha inaugurato nuovi punti vendita a Miami-Bal Harbour, Monte-Carlo e RomaFiumicino, oltre a una serie di pop-up store nella più importanti località turistiche del Mediterraneo.
BORSALINO: A JOURNEY TO SPACE
Nuova collezione d’avanguardia
A cura della Redazione
Doppio debutto per Borsalino sul palcoscenico della Milano Fashion Week Women’s FW 2023/24 : la Casa di Alessandria presenta la prima collezione curata dall’ Head of Style Jacopo Politi e lo fa nel nuovo showroom milanese di via della Spiga 30.
Per la collezione Autunno-Inverno 2023/24 il nuovo Head of Style Borsalino Jacopo Politi fa suo il tema del viaggio, da sempre nel Dna della Casa di Alessandria, per accompagnarci in una passeggiata extraterrestre alla scoperta del cosmo. Il risultato è una collezione che guarda al futuro, perché lo spazio, con il suo mistero, è un orizzonte sospeso che apre alle possibilità di un mondo migliore.
Lurex, strass, effetti olografici, laminature, tulle, filati argentati e loghi metallizzati: i cappelli della collezione Borsalino AutunnoInverno 2023/24 diffondono una luce incantata, un bagliore che illumina questi tempi opachi e ci guida verso destinazioni tutte da scoprire.
Le suggestioni cosmiche contaminano sia i materiali che le forme della collezione, esplorando nuove frontiere stilistiche. Il feltro, simbolo della tradizione Borsalino, declinato anche nella versione in lana, si arricchisce delle lavorazioni ‘effetto nebulosa’, ‘terra di Marte’, e ‘cielo stellato’. Colori dal registro sofisticato - Sunny Moon, Opulence Gray, Fermented Mastic e Moon Stuck - donano ai modelli carry-over una nuova energia. Accanto alle classiche silhouette Fedora, Claudette e Sophie, si stagliano inediti feltri contemporanei: spazio quindi al modello unisex a tesa larga e piatta Andrea , al baseball-cap Timothee , ai due nuovi bucket Noa e Zoe , agli ultra-femminili Jo, Kris e Rossy e, infine, a Dario, la prima Fedora della Casa di Alessandria con paraorecchie removibili a prova di freddo.
Tante novità anche nella collezione Borsalino in tessuto, che mette in luce i temi di stagione. Innanzitutto, il basco, icona dalle mille vite, che segna il suo grande ritorno declinato nelle
versioni micro Leslie e maxi Sveva. Si conferma imprescindibile il baseball-cap con i nuovi modelli Yvan , a visiera piatta con passante portaocchiali, e Alix con paraorecchie. Se il nuovo beanie in lana bouclé prende il nome di Sandy, la novità delle novità è Cirillo, modello rocciatore realizzato in tessuto tecnico a nido d’ape con chiusura in velcro 2.0. Non mancano, infine, le proposte in maglia: il micro beanie Enrique , i baschi con lavorazione a treccia Joan e Dora e il baseball-cap in maglia di soffice cachemire Roger. Da non perdere il sofisticato modello Valentina.
In un percorso organico e integrato con i cappelli della collezione, vanno in orbita anche i soft accessories Borsalino, contaminati dallo spazio e dai suoi paesaggi siderali. Sciarpe di tutti i pesi, scialli, mini-stole e scrunchies incontrano le lavorazioni ’effetto nebulosa’ e ‘cielo stellato’, il jacquart, l’animalier lurex e i loghi metallici gommati, esaltando la creatività e le lavorazioni artigianali.
THE STYLE GATE
Raccontaci un po’ di te e come nasce la tua passione per la moda Sono appassionato da sempre di moda e costume. Fin da piccolo, quando accompagnavo mia mamma ai suoi fitting di Alta Moda dai vari couturiers romani o parigini, ero affascinato dalle sale immacolate, dalle sarte silenziose e professionalissime, ma soprattutto dalla venerazione quasi religiosa pear lo stilista che compariva e scompariva in maniera quasi impercettibile e faceva avverare i sogni delle sue clienti con due colpi di forbice e 4 spilli. Era come assistere alla creazione di un’opera d’arte. Non è dunque una sorpresa che, quando da giovane laureando in ingegneria (ben 25 anni fa) dovevo decidere l’oggetto della mia tesi di laurea, abbia contattato Massimo e Alberta Ferretti per i quali ho poi sviluppato il software che i modellisti hanno incominciato ad utilizzare per creare i cartamodelli a cad: 25 anni fa era cosa da veri pionieri. E lì è cominciata una carriera nel lusso che ancora oggi continua a gonfie vele.
Parlaci di The Style Gate: come è nata e a chi si rivolge
The Style Gate nasce a ottobre 2015 quando, stanco di lavorare come big boss nel mondo corporate del lusso, capisco che avrei potuto fare meglio e con più incisività agendo da advisor. Ho sempre avuto competenze che non si fermavano alla pura strategia ma che sono molto tecniche e operative: questo mi ha permesso di implementare nella mia nuova avventura di The Style Gate, sia una parte più teorica, diagnostica e organizzativa, sia una
parte più pratica, hands on ed efficace.
The Style Gate è quindi divenuta nel tempo molto famosa e riconosciuta per uno stile di advisory molto operativo, che sa perfettamente dialogare sia con la parte di stile, creatività e branding, quanto con la parte commerciale, di supply chain e logistica. Il tutto sempre applicando, ad ogni anello della catena del valore di un prodotto di lusso, le necessarie competenze, linguaggi specifici e, ovviamente, savoir faire
Qual è stato il segreto del tuo successo in questo ambito?
Ho un network di contatti praticamente infinito, con eccellente credibilità come persona e come manager: chiunque decido o ho bisogno di contattare, a prescindere dalla sua posizione o status sociale, raramente mi risponde facendo passare più di due squilli. Segno che il mio nome rappresenta per tantissimi grande rispetto, alta professionalità e solidissima integrità. È molto facile presentare un biglietto da visita dove prima del tuo nome c’è un marchio conosciuto che praticamente garantisce per te. Chi si presenta con un biglietto da visita targato Vuitton o Fendi, Dior o Hermes, di solito non ha problemi a farsi ascoltare, non grazie a qualità personali, ma soprattutto in primis per l’azienda che rappresenta. Provate voi a stampare solo il vostro nome sul biglietto da visita, ma continuare ad essere ricevuto dalla Presidente di Net-a-Porter o dal Presidente di Saks 5th Ave: vi assicuro che non è banale.
L’idea di impresa del lusso di Alessandro Maria Ferrieri
Qual è il lavoro del “mentore”?
Adoro essere mentore. Mi capita ogni giorno in due ambiti ben distinti: da un lato, come fondatore e Ambassador del Fashion Trust della Camera Nazionale della Moda, ho il preciso ruolo di selezionare e aiutare a far crescere i nuovi talenti del panorama italiano della moda; dall’altro come responsabile di una cattedra al master Mib dell’università Cattolica di Milano, ho il compito di seguire come Tutor e come Field Coach i giovani laureandi che saranno un giorno grandi managers nel lusso. In entrambi i casi, il risultato è molto appagante perché avere un mentore è ciò che più mi sarebbe piaciuto avere nella vita: grazie alla sua presenza si evitano tanti sbagli, si guadagna molto tempo prezioso, si è più attenti agli ostacoli e più sicuri nel prendere decisioni e direzioni di carriera. Senza? Diventa tutto più lento, oneroso e pericoloso. Ma in fondo anche cosi ci si fa le ossa.
Come instaura il rapporto con il cliente? Anche per i clienti finisco per essere un mentore. Il ruolo dell’advisor è molto delicato perché ha un ambito pubblico ed un ambito privato. Quello pubblico è rappresentato dal dialogo giornaliero con il management aziendale, con i mal di testa legati all’operatività, al calendario serrato, ai costanti problemi con il budget di spesa, gli intoppi produttivi e all’immancabile sfortuna. L’altro lato, quello privato, riguarda il rapporto personale con l’imprenditore, con il Ceo, con il Direttore Creativo o con la proprietà: in quell’ambito si affrontano anche temi relativi alla leadership, allo stress da prestazione da parte della dirigenza, all’inquetudine e l’incertezza date dai repentini cambiamenti del mercato e dei consumatori. Lì, devo dire, do il meglio di me, in quanto non solo riesco a dare dei consigli efficaci ma anche molto pratici e di buon senso. L’imprenditore, che con la sua azienda ha un rapporto anche molto emotivo e di parte, apprezza quando qualcuno da fuori dimostra lo stesso suo rispetto e attaccamento.
Un messaggio da dare alle nuove generazioni nella gestione impresa a 360 gradi?
La prima cosa da fare è una bella analisi di competitor profiling e di market positioning. Molti problemi iniziano sempre da un’errata percezione del proprio target di consumatore e ancora peggio da una falsa valutazione di chi sia il nostro diretto competitor. Vedo giornalmente aziende che, pur con fatturati molto alti, si sono quasi immobilizzati e non crescono più perché non si sono evoluti con il loro consumatore di riferimento o, peggio ancora, continuano a servire un consumatore che solo nella loro testa è quello ideale, perdendo enormi opportunità e potenziale.
Come è cambiato il modo di concepire e vivere il lusso post pandemia per il consumatore e a quali aspetti deve ben tener presente un’azienda che fa lusso? Che il consumatore sia diventato il centro di tutto il sistema del lusso, è innegabile. Il designer non detta più legge né il direttore creativo impone un trend: il consumatore decide cosa vuole, decide quando la vuole, decide a che prezzo è disposto a pagarla e spesso decide anche quando è ora di licenziare un Ceo o un direttore Creativo.
Il consumatore è ormai schizofrenico, con bassissima possibilità di poterlo fidelizzare, con grande conoscenza trasversale del prodotto e dell’offerta dei vari marchi e con un gusto molto ben definito, originale e proprio. Spesso nei negozi off line i sales assistants non sono lì per suggerire e aiutare il cliente nella scelta, quanto per soddisfare una precisa domanda legata ad un post su Instagram o alla foto di una celebrity sul red carpet.
Il vero problema, nonché grande interrogativo, è che cosa sia veramente oggi il lusso. Ognuno ha la sua propria definizione, ma ogni volta tale definizione è lacunosa o trascura degli aspetti. Io mi sono fatto una mia idea che credo sia tanto teorica quanto ahimè molto veritiera: se puoi fare a meno di un oggetto di lusso pur potendotelo permettere allora quello è VERO LUSSO. Se non ne puoi fare a meno, non è più Lusso ma diventa un BISOGNO.
Chi aspetta per un anno una Birkin di Hermes non esprime lusso, pur potendola pagare e pur considerando un prodotto Hermes come esclusivo, di altissimo livello
artigianale, costosissimo e di status. Se ti chiamano dal negozio offrendoti una birkin appena arrivata e tu la rifiuti ed esci con la carta di credito nella tasca dei bermuda, quello è un gesto di lusso: perché uno status ti appartiene senza che tu dipenda da esso.
Qualche progetto futuro che puoi svelarci Due bellissimi: uno con un lungimirante e sveglissimo imprenditore rumeno del bespoke da uomo: veste con i suoi abiti sartoriali ma coloratissimi, tutte le celebrities di Hollywood, da Jason Statham a Pierce Brosnan, da Alessandro del Piero a Tom Cruise. L’altro progetto è legato ad un lavoro con le ambasciate estere sul suolo italiano, che desiderano promuovere i designers della loro patria nel Calendario delle Collezioni Milanesi o presso gli imprenditori italiani: io faccio una selezione, una due diligence ed un percorso di coaching e tutoring per i giovani talenti al di fuori dei nostri confini che sognano il mondo della moda italiano, il tutto con l’aiuto strategico, economico e diplomatico delle loro ambasciate di riferimento.
Classica domanda di rito: 5 brani della sua playlist di Spotify
Love is in the air - John Paul Young
Could it be Magic - Barry Manilov
Venus - Bananarama
One night in Bangkok - Murray Head
Writings on the wall - Sam Smith
Continua il viaggio nella ricerca e nella sperimentazione nella Krizia Fall Winter 2023.
Sempre più forte l’esasperazione dei contrasti. Strutture sartoriali laniere sono attraversate da morbide trasparenze seriche, così all’interno di capi maschili vengono intagliate silhouette femminili.
Contrasti materici tra superfici calde e fredde. Il metallo, elemento iconico del
marchio, diventa leitmotiv di questa collezione, sotto forma di pelle laminata e tessuti in fibre di puro acciaio. A questo mondo più industriale si contrappone l’artigianale e il fatto a mano, eco pellicce di maglieria in mohair lavato, realizzate con filati giapponesi provenienti da piccole realtà locali. La sensazione tattile viene alterata attraverso interventi sulle superfici dei materiali, come la pelle fittamente intagliata quasi a simulare
un effetto di squame.
Alternanza tra lucido e opaco, inaspettati abiti da sera in maglieria di mohair ipertrasparente con collant abbinati si alternano a capi iper-fluidi in viscosa effetto bagnato.
Le galvaniche colorate dei metalli sono il punto di partenza della palette colori che viene poi declinata nelle diverse nuance fino ad arrivare ai neutri e all’iconico black and white.
Un gioco di contrasti sempre più accentuato che richiama al vero spirito della maison proiettandosi in una realtà quasi futuristica.
JOHN RICHMOND ALLA MILANO FASHION WEEK
“ZIPPING UP MY BOOTS, GOING BACK TO MY ROOTS” a definire un momento importante per JOHN RICHMOND, che si immerge completamente nel suo DNA presentando una speciale capsule durante la Milano Fashion week. Una Collection con focus sul denim, da sempre protagonista del brand che si presenta in diverse sfaccettature in contrasto con diversi materiali: denim indossato, strappato, laserato sbiancato, tagliato, rattoppato, riparato, su nylon seta e jersey.
Un percorso che dagli anni 80 ad oggi ritrova il momento perfetto per la celebrazione di un pezzo iconico che ha fatto di JOHN RICHMOND il marchio per eccellenza, che contamina e sdogana. Un evento in uno dei posti simbolo di Milano, i Dazi, quasi a voler ritornare allo storico utilizzo di queste porte che permettevano di entrare in città, ecco John Richmond le simboleggia quasi come porta per entrare nel nuovo millennio, reinterpretando un’era che oggi è tornata assolutamente attuale.
Un evento per incontrarsi, parlare e far
conoscere la crescita di questo marchio che negli ultimi tempi ha ritrovato il suo spazio, aprendosi alle nuove frontiere del web3, immergendosi nel campo dell’hotellerie e lanciando sul mercato nuove linee come la RICHMOND X protagonista nel recente PITTI Uomo a Firenze. Una giornata con John partita nel primo pomeriggio fino a notte fonda dove le parole sono venute ad un certo punto sostituite dalla musica e con un party esclusivo dove ci si è immersi nel mondo denim e in quello di John Richmond.
Un grande animale ha accolto gli ospiti al loro ingresso, quasi onirico, simbolo di modernità e di avanguardia. Il tutto si immerge in un blu denim a dissacrare a disorientare come nel miglior spirito della maison: DISORDER, DESTROYED and DISORIENTED. Utilizzare la realtà esistente come un punto di partenza, lasciare un segno importante che non sia definitivo. Solo i visionari pensano in grande, sognano nuovi spazi, immaginano e trasformano con i segni. Luci e tessutiche cancellano, coprono e trasformano, lasciando all’immaginazione la possibilità di creare e ricreare, scoprire nuoveforme, sensazioni. Osare, recuperare, combinare architettura e poesia, trasformare i versi e le parole in materia, o permeglio dire in tessuto e luce. Il denim come tessuto, luce, colore e forma. Questo è il concept che, sotto la direzione artistica dell'Arch. Fabio Marano e del suo studio di progettazione FAMA Architecture & More, con la collaborazione di Marco Chiodo e Alessia Piccirillo, il gruppo ARAV realizzerà per la presentazione della nuova capsule collection firmata John Richmond FW23.
BELEN RODRIGUEZ PER MAR DE MARGARITAS
Mar de Margaritas presenta la nuova collezione Fall-Winter 2023/24.
Il racconto sognante di Mar de Margaritas e Belen Rodriguez continua con una nuova stagione ricca di novità. La gamma di prodotti si amplia per abbracciare ancora più possibilità, così come la selezione di tessuti e fantasie. L'ispirazione floreale e romantica della SS23 si accosta per questa nuova
collezione ad un mood più sofisticato e glamour, pensato per le soirée più speciali e ricercate.
Rimangono protagoniste assolute le stampe floreali, parte integrante del DNA Mar de Margaritas e create esclusivamente dalla maison. Nella FW23/24, arrivano ad accompagnarle eleganti tinte unite dai colori grintosi, donanti e versatili.
Il ton-sur-ton introduce una nuova categoria per Mar de Margaritas, pensata per un mood festoso, esclusivi cocktail party e serate all'insegna del fascino. Le linee di questi abiti sono raffinate e architettoniche, per un risultato sensuale e curato nei minimi dettagli.
Un’altra novità della FW23/24 è la maglieria. Mar de Margaritas decide di dare la sua interpretazione del guardaroba “everyday look” creando una vasta gamma di opzioni knitwear. Dalle vestibilità over di maglie e cardigan impreziosite con dettagli unici, ai pattern che riprendono alcuni degli abiti statement del brand, ogni singolo capo è reso speciale da giochi di taglio e proporzioni che valorizzano ogni figura.
Il corpo femminile rimane il punto focale di Mar de Margaritas, che continua a celebrarlo e rispettarlo con le proprie linee morbide e lavorazioni pensate ad hoc; ad esempio, il punto smock, che rende i capi del brand fluidi e perfettamente adattabili alle curve di chiunque li indossi. Allo stesso tempo, la geometria di vestiti, maglie e capospalla, riesce a mettere in risalto tutte le figure, regalando self-confidence e comfort.
La collezione Mar de Margaritas Fall-Winter 2023/24 sarà disponibile da luglio 2023 e reperibile online sul sito e nelle migliori boutiques.
CECILIA RODRIGUEZ PER AKEP ALLA FASHION WEEK
F/W 2023
Foto © Ladisa Comunication
A cura della Redazione
AKEP ha continuato il suo viaggio di ricerca presentando la collezione Fall Winter 23-24 in occasione della fashion week di febbraio. Un cocktail party esclusivo è stata l’occasione del brand del gruppo Zero & Company per presentare la nuova collezione e le recenti novità del marchio.
Materie naturali, volumi e contrasti i principi ispiratori di una collezione attraversata da tre tematiche principali: la Etno Chic, sinonimo di comfort, dai volumi over size che diventano sinuosi e femminili nel mondo Bohemien Francese con profonde scollature sulla schiena e giochi di rouge.
Infine, il tema Japan: una contaminazione nipponica che si declina in capi super stretch dai cut profondi, il tutto arricchito da icone di eccellenza quale il dragone. Giochi di contrasti double in denim che si legano in perfetta sintonia alla maglieria, da sempre essenza del marchio, fino ad arrivare a capi più preziosi per la parte sera. Si ripropone il mohair in tutte le sue finezze e maggiore attenzione al ricamo con punto cordoncino e punto lancia. Una palette cromatica che spazia dai colori caldi della terra come i
marroni i cammello e beige, ai pastello come il rosa, viola e lilla per il tema bohemien fino ad arrivare a touch più forti quali il rosso e il blu elettrico senza dimenticare i candidi bianchi e i neri intensi. La collezione vede l’inserimento dei bomber che richiamano le stampe su tessuto.
Una Capsule studiata a quattro mani presentata in occasione dell’evento che sarà in vendita già con la PE, in collaborazione con Cecilia Rodriguez. Una linea che rispecchia l’identità del brand e che si fonde perfettamente con Cecilia richiamando i colori del carnevale argentino. Il logo della capsule, veicolato solo attraverso il ricamo, è il simbolo di un suo tatuaggio importante, una luna e due stelle, che AKEP ha voluto riportare in capi semplici dalla forte identità stilistica che si sposano perfettamente con l’animo di Cecilia. Una consacrazione nella settimana più importante per eccellenza, a seguito dei numerosi progetti del brand che negli ultimi mesi ha siglato dei traguardi importanti e delle collaborazioni speciali, come quella fatta con l’Istituto Marangoni che prevederà la nascita di una speciale capsule con i professionisti del futuro.
PITTI UOMO 103
I numeri da capogiro in un clima di fashion show
A cura di Carla Cavicchini
Quattro giorni decisamente speciali, densi di eventi alla Fortezza da Basso di Firenze, nonché dentro la città, quelli di “Pitti Uomo 103”. Grazie a quelle ‘vetrine’ altamente prestigiose in un clima di fashion show. Decisamente piacevole pertanto snocciolare numeri da capogiro, visti i 789 espositori con oltre 18mila presenze registrate, doveroso segnalare 13.500 compratori in rappresentanza di 6.500 aziende di vendita e distribuzione, con un aumento del 210% rispetto al gennaio 2022. Quindi un bilancio ottimale da inquadrare in questo delicato momento geo-politico segnato anche dall’inflazione e crisi varie, legate soprattutto alla pandemia da Covid.
Leggerezza e comfort hanno accompagnato questo percorso grazie a sapienti accessori, in virtù di capi comodi, fluidi e non ingessati, tutto di grande qualità visto che ‘sfilano’ solo eccellenze, con un occhio di riguardo verso l’outdoor e moda sostenibile che, giustamente, avanza consapevolmente verso un ambiente più sano e quindi maggiormente vivibile.
Anche il tempo ‘gioca’ in casa grazie al clima impazzito, alle primavere bizzarre che un giorno regalano brina con tanto di freddo ‘birbone’, seguite spesso da temperature semitorride. Di conseguenza un vero e proprio terremoto ambientale capace d’influenzare il modo di portare l’abito buona parte dell’anno a discapito dei sette, otto mesi precedenti.
Decisamente protagonista per questo “Pitti 103” assieme a
tutte le altre maestranze estere ed italiane, il Giappone - dopo l’assenza come sappiamo forzata - capace d’aver ospitato designer e brand “Made in Japan”, quale tassello decisamente rilevante del fashion internazionale. Questo senza mancare d’aggiungere nella kermesse ‘pittiana’ l’ottimo accostamento del ‘Pitti Way’, tramite la giusta interpretazione del ‘mood’, contrassegnato dalle aspirazioni odierne nei confronti di quel filo conduttore d’ottime campagne pubblicitarie e sapienti allestimenti presso la location ‘Fortezza’.
Tra le novità interessante e non poco, l’ala del “Pitti – Pets” dedicato ai nostri amici pelosetti in tema di benessere e stile… - ambiziosetti i nostri animaletti! - in trade-d’union - tutto si ‘sposava’ perfettamente - col designer per il lancio de “The Sign”. Felice complemento in collaborazione con “Ghost Studio” atto alla visione d’oggetti e complementi d’arredo alquanto innovativi. Altamente significativo che il governo italiano e l’ICE – Agenzia promozione per l’estero – sostengano Pitti Uomo e le edizioni invernali dei saloni. Praticamente un felice modo di promozione estera ed internazionalizzazione delle imprese italiane, promuovendo la città gigliata nelle strategie mondiali legate alla moda italiana.
Da considerare poi che il nuovo appuntamento, con la collaborazione triennale di Pitti Immagine con Unicredit, è determinante nel mantenere il forte radicamento sui territori sostenendo i vari progetti di “Pitti Uomo 103” verso la piattaforma per i brand del ‘menswear’ responsabile con gli altri incontri proprio dentro la Fortezza da Basso che, tra qualche anno, sarà completamente rinnovata.
PITTI IMMAGINE UOMO
Edizione all’insegna di energia positiva e novità
Lo scorso salone di gennaio, tenutosi dal 10 al 13 nella suggestiva cornice di Fortezza da Basso a Firenze, ha registrato numeri entusiasmanti: 13.500 buyer, di cui il 33% stranieri, e oltre 18.000 visitatori totali.
I buyer hanno rappresentato 6.500 aziende di vendita e distribuzione (tra boutique, dettaglio, multimarca, department e specialty stores, catene, piattaforme specializzate di e-commerce), facendo registrare un incremento del 210% rispetto a gennaio 2022. La presenza domestica è stata di oltre 9.000 operatori (+ 190%), mentre per l’estero di circa 4.500 (+260%).
Risultati che rappresentano una reminiscenza dopo l’arduo periodo pandemico e che fanno ben sperare anche per la prossima edizione che si terrà a giugno dal 13 al 16
I primi 10 mercati esteri protagonisti di questa 103esima edizione sono stati: Germania (oltre 530 compratori), Olanda, Spagna, Gran Bretagna, Turchia, Svizzera, Francia, Stati Uniti, Giappone, Belgio.
Grande la soddisfazione per il ritorno dei migliori compratori asiatici: il Giappone , con oltre 190 buyer (contro i 6 nel gennaio 2022), la Corea del Sud, con quasi 140 (rispetto ai 5 del gennaio 2022), la Cina continentale, Cina-Hong Kong, Taiwan, Singapore e Tailandia , quasi assenti nell’ultima edizione invernale. I buyer dei paesi nordici-scandinavi , (Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia), hanno invece raggiunto quota 227, contro un totale di 60 presenze l’inverno scorso. Infine, altri dati di rilievo sono: gli exploit di Israele, Messico, Canada, Irlanda e i numeri in forte ripresa dai paesi dell’ Europa Orientale, dal Medio Oriente e dal blocco Azerbaijan - UzbekistanKazakistan (43 i compratori presenti contro i 4 dell’anno scorso).
In un layout espositivo sempre più evoluto, quasi 800 collezioni di moda maschile, lifestyle e genderless hanno trovato piena espressione e nuove sezioni, come PITTIPETS e The SIGN , hanno avuto il loro debutto.
PITTIPETS è la nuova area esclusiva ,
collocata nella Polveriera, dedicata agli accessori e al lifestyle pensati per cani e gatti. Un nuovo progetto espositivo nato per intercettare un segmento di mercato in grande crescita e raccontare a buyer e stampa il lato fashion di guinzagli e cucce. Con The SIGN Pitti Uomo si apre al mondo del design e lancia, nella Sala delle Nazioni e nel percorso della sezione Superstyling che raccoglie le collezioni di ricerca del salone, una nuova area speciale , che offre nuovi input creativi e di business a buyer ed espositori, dedicata alle soluzioni living originali e insolite, all’home decor, agli oggetti di design senza tempo e ai complementi d’arredo innovativi e inattesi. Venendo alla città, Pitti Uomo è da sempre capace di animare Firenze con la moltitudine di eventi speciali di grande glamour e attrattività per i visitatori, gli operatori, i media e gli ospiti internazionali: dalla sfilata di Martine Rose alla Loggia del Porcellino, a quella di Jan-Jan Van Essche al Complesso di Santa Maria Novella, che si aggiungono al ricco calendario di presentazioni ed eventi offerti dalla fiera.
Decisamente glamour l'evento di Fimi a Valencia con 'Baby Kid Spagna + Fimi 'grazie a questa fiera prestigiosissima che verte su prodotti per bambini, ‘forte’ dei 400 marchi esposti. Parliamo d’una provenienza da parte di 40 paesi capaci di presentare le loro nuove collezioni a visitatori specializzati stranieri. Decisamente tre giorni intensi per questa fiera valenciana assolutamente leader nella moda, che ben si muove nella esposizione della puericultura, calzature, giocattoli, con numeri alla mano! di centinaia di visitatori internazionali. E mentre Rafael Climent Ministro regionale valenciano per l'economia sostenibile, settore produttivi, commercio ed occupazione, sottolineava la presenza di oltre 250 buyers internazionali provenienti da cinque continenti, di tendenze, innovazione e sostenibilità, proseguiva poi Alicia Gimeno ‘directora Baby Kid Spain + Fimi’ visto che 'Play-up’ proponeva una intera collezione realizzata con filati riciclati da materie prime in eccedenza.
Questo senza dimenticare 'Rapife’, newcollection, voluta con coloranti naturali esclusivamente made in Spagna di tipica filiera produttiva sostenibile tra gli stand decisamente vivaci con tanto colore così amato dai piccoli, da segnalare Agata Ruiz della Prada; una cassettiera senza maniglie per garantirne la sicurezza infantile di 'Nu Furniture'; un lettino autobilanciante di 'Micuna', nonché un passeggino con copertina purificante di 'Thule'.
Magia e spettacolo con punte innovative, hanno caratterizzato le aziende ‘Martin’, ‘Aranda’, ‘Mimosines’, ‘Ecco Baby e Kids’, ‘La Ormiga’ e ‘Asalvo’. Importanti marchi che hanno partecipato alla sfilata andalusa di moda e puericultura per bambini, con il sostegno di ‘Extenda’.
Anche ‘Javilar’, ‘Airen’ e ‘Pan con Cocholate’, hanno presentato i loro ultimi modelli su una passerella che è stata calorosamente applaudita dal folto pubblico, in un design estremamente accattivante.
Di conseguenza abbiamo notato una grande artigianalità seguita da innovazione, tradizione e sostenibilità. Significativa l'azienda ‘Martin Aranda’ facendo sfilare una fanciulla diversamente abile. Belle e simpatiche le creazioni -innovazioni di ‘Asalvo’, ‘ Cambrass’ e ‘Kikkaboo’ nella particolare sfilata ‘ Bks Childcare Week’.
Ed è doveroso segnalare anche l'eccentricità fantasiosa di ‘Jane’, ‘Be Cool’, ‘Chicco’, ‘Cybex’, ‘Foppapedretti’, ‘Inglesina’, ‘Top Toys’, ‘Foque’, ‘Tartaleta’, ‘Sardon’, ‘Babybol’, ‘Babidu’, ‘Tutto Piccolo’, ‘Paz Rodriguez’, ‘Biomecanics’, ’Pisamonas’, ‘Ria Menorca’ in questo evento decisamente spettacolare a Valencia.
A Dolores Segura direttrice di ‘Asepri ‘ abbiamo chiesto proprio di parlarci di ‘Asepri’.
“Si, volentieri in quanto è l’unica associazione della Spagna che rappresenta la moda infantile con calzature e puericultura, borse, accessori
e complementi d’infanzia. Parliamo di oltre 300 marchi che sicuramente estenderemo viste le richieste.”
Come è andata quest’anno?
“Molto bene, abbiamo avuto moltissimi contatti e clienti sia con la madre patria Spagna, sia America Latina, Arabia Saudita, Giappone, Africa, Taiwan, etc.”
Alla pandemia del Covid come avete reagito?
“Beh…come tutti, con tanto impegno verso nuovi orizzonti tanto che ormai tale fenomeno è dietro alle spalle. Le persone adesso si spostano amando vedere e toccare le collezioni e, proprio in questo 2023, abbiamo ampliato felicemente il padiglione arrivando a 430 aziende.”
Decisamente un buon inizio d’anno!
“Si, siamo molto contenti come del resto gli espositori che hanno avuto tantissimi contatti. Stessa cosa anche a Firenze per ‘Pitti Bimbo’ segnalando trend altamente positivi.”
Progetti futuri?
“Si. ‘Dià Magico’, alla Fiera Fimi di Valencia. Ci stiamo preparando per il prossimo maggio con gli abiti da cerimonia tipo comunioni ed occasioni speciali per bambini e bambine. Non a caso ‘Dià Magico’ è l’unica fiera riconosciuta a livello mondiale ed è un grande onore parteciparne, come risulta doveroso ricordare che sia per “Baby Kid Spain” che “Dià Magico”, la direttrice è Alicia Gimeno.
I buyers provenienti dall’Italia, Stati Uniti, Regno Unito, Messico, Colombia, Portogallo, Ecuador, Israele, Giappone, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Repubblica Dominicana, Paesi Bassi, Slovenia e Croazia, hanno visitato i padiglioni di BKS + FIMI ammirando e comprando proprio le ultime tendenze ed innovazioni, nel fantastico mondo ‘Baby Kid Spagna + Fimi’.
MARIO VALENTINO F/W 2023
Collezione “oriental mood” e incursioni urban style
A cura della Redazione
Mario Valentino, in occasione della Milano Fashion Week di febbraio 2023, ha presentato la sua collezione che per questa stagione propone un oriental mood , declinato sulle iconiche forme a stiletto tipiche della maison.
L’ispirazione contamina tutti i modelli, sia quelli squadrati, che le décolleté con montante iperfemminile che finisce con un cinturino alla caviglia con tacco 105mm.
Il fil rouge è un fiore stilizzato rappresentato da un bocciolo a forma di ventaglio che si ritrova sui modelli, disegnato con stampa digitale. Un elogio all’oriente, ai suoi fiori, ai suoi boschi e ad una natura affascinante fatta di immagini delicate, eteree come ad evocare atmosfere sensoriali.
I colori sono il rosa fucsia, verde menta, nero e verde bosco.
Mario Valentino S.P.A. nasce negli anni 50 e afferma il suo marchio a livello nazionale ed internazionale, con il suo stile inconfondibile, vestendo le donne più eleganti del mondo. Intellettualmente curioso e amante delle sperimentazioni, ricevette illuminanti contributi dalla collaborazione con noti stilisti– come Paco Rabanne, Karl Lagerfeld, Muriel Grateau, Marie France Acquaviva, Claude Montana, Giorgio Armani e Gianni Versace – e di autorevoli artisti – in particolare, gli illustratori Brunetta,
Antonio Lopez ed Eula e i fotografi Franco Rubartelli, Roberto Carra, Richard Avedon, Robert Mappletorpe ed Helmut Newton.
Mario Valentino ha presentato sempre per la stagione invernale, il brand VALENTINO che spazia nel mondo street, mantenendo l’esclusività ma rimanendo esigente nello stile ed attento nelle tendenze, ma parlando sempre un linguaggio differente.
La collezione quest’anno si arricchisce oltre della linea EcoFriendly, anche della linea Urban . Troviamo, tra i modelli delle Sneakers High-Top realizzate in vitello laminato silver, dettaglio linguetta logo stampa ad alta frequenza; la suola personalizzata completa il modello.
Uno stivaletto stringato realizzato in vitello nero e abbinato all’iconico fondo personalizzato Bounce; V-Round logo laterale stampa ad alta frequenza.
Uno stivale flatform con tubolare imbottito e impreziosito dal ricamo-lettering del logo in modalità all-over, realizzato in ecopelle e vitello. Doppia suola con carrarmato.
Ed infine per la linea Eco – Friendly troviamo delle Jenny Ankle boots realizzate in pelle scamosciata recycled e pelliccia sintetica; dettaglio posteriore banda elastica logata ton sur ton. Suola in gomma riciclata.
NICE FOOTWEAR
Nuove tendenze e ispirazioni per i brand del marchio
A cura della Redazione
Nice Footwear presenta le nuove collezioni calzature Fall/ Winter 2023 dei brand Avirex, Lyle&Scott, G-Star RAW e Ellesse.
Tendenze outdoor con modelli leggeri e impermeabili, innovazione sostenibile , rimandi all’abbigliamento da sci anni '60, al workwear e allo stile varsity 80’s, che ricorda l’atmosfera dei college americani e delle loro divise sportive. E ancora, ispirazioni allo skate style '00 con geometrie “puffy” e ampie tomaie, al look “Romantic Grunge” e al mondo punk rock La palette colori comprende tonalità ispirate al mondo della natura , calde e rassicuranti; colori radiosi , vividi, esuberanti, digitali; toni rilassanti , raffinati, quasi industriali; rimandi al mondo rétro, anni ’60 .
Si riassumono così i trend footwear della Fall/Winter 2023. La linea FW23 di Avirex è una sintesi tra outdoor, urban style, stili vintage e rivisitazioni in chiave moderna del running rétro, che mira a valorizzare qualsiasi look. Migliorano le prestazioni, i materiali sono nuovi e di alta qualità , sempre con focus sul green: nabuck, suede e pelli spazzolate ma anche pelle sintetica e mesh riciclato.
Retro-running, running, cupsole, boots caratterizzate da una forte attenzione ai dettagli.
Per la FW23 Avirex introduce per la prima volta anche la linea donna : una collezione moderna, intraprendente e giovanile, dedicata a chi ama l’esplorazione e la vita all’aperto.
Spicca nella linea uomo MIKEL , di chiara ispirazione vintage, best seller della collezione con suola “dirty brushed”, declinata anche nella versione eco-friendly MIKEL VNTG e in quella più glamour MIKEL CAMO , modello prezioso, realizzato in 100% suede, con una tecnica particolare: la tinta camouflage viene dipinta direttamente sul suede. Nella collezione donna si distingue JENNIFER , proposta in diversi materiali e combinazioni colore, sneaker caratterizzata da una suola rialzata, chunky e confortevole, con battistrada che avvolge anche il tallone e la parte anteriore. Sportiva ma femminile, con inserti in laminato e tonalità morbide.
Peculiarità della collezione femminile è la rivisitazione del logo: un corsivo elegante ma sprint, dal look contemporaneo, che conserva il DNA distintivo del brand.
Lyle&Scott declina la sua FW23 in tre capsule collection ispirate alle piste da neve scozzesi : Cairngorm, Glenshee e Glencoe. Linee donna, uomo e bambino versatili e variegate, modelli no gender, dal gusto vintage; tonalità, volumi, materiali e layout che rimandano al mondo dello sci degli anni ’60 . Da questa stagione, inoltre, compare anche il logotipo scritto , per sottolineare la forte presenza all’interno delle collezioni del DNA Lyle&Scott.
La tradizione che si fonde con la modernità, che dona alla collezione estetica contemporanea e fascino rétro.
Modello di punta della linea donna è LENZI , disponibile anche in versione Kid. Realizzata in nappa PU e suede, è un modello glam per materiali e nuances, sia basic sia sui toni del rosa rame.
Con una suola più alta e comfort e nuovi dettagli come il logo scritto posizionato lateralmente. Per l’uomo spicca MELROSE , sneaker accattivante, grintosa e preziosa, realizzata in morbido nabuck e pelle, disponibile sia nella collezione femminile sia in quella maschile e declinata anche in MELROSE MID, con il collare più alto.
Nuova proposta della linea kid, è infine LENZI BOOT, caldo e morbido scarponcino da neve in nappa PU e cow suede, un vero must-have per i più piccoli, perfetto per la stagione invernale.
G-Star RAW propone una FW23 declinata in tre temi, Hardcore Denim , Military e Industrial , caratterizzata da esperimenti “denim patchwork”, ispirazioni punk rock e skate style ’00. Colori metal, inediti colori “pop” d’ispirazione Prouvé, materiali di qualità , modelli rétro, ampie tomaie, suole super platform: l’artigianalità che si evolve in chiave moderna attraverso l’innovazione sostenibile.
Linee uomo e donna ampie, variegate, strong: dedicate agli amanti dell'espressività e della libertà.
La filosofia dell’“Hardcore Denim” emerge, per la donna, in
AEFON , modello industrial proposto in vari colori e materiali dai volumi importanti, suola chunky e stile 90’s. Nella declinazione in denim assistiamo alla “sperimentazione patchwork”, ovvero l’unione di pezzi o “toppe” di tessuti diversi, che dona alla scarpa un look dirompente, strong e femminile al contempo. Per l’uomo spicca invece POSTINO, che possiede al 100% il DNA G-Star RAW: in stile industrial, è un modello cupsole dai volumi importanti, con suola platform in gomma, confortevole, casual, perfetta per l’urban style.
La FW23 di Ellesse rappresenta l’intersezione perfetta tra sportswear e sartoria tradizionale, tra modelli sportivi e vintage. Forme, volumi e nuances che rimandano allo stile anni ’90 e a quello skater degli anni ’00 , ma anche sneakers più casual, perfette per l’outdoor o riconducibili allo streetwear contemporaneo Collezioni uomo, donna e bambino versatili, sportive, dinamiche, con una forte attenzione all’eco-friendly attraverso l’utilizzo di materiali ecosostenibili e a basso impatto ambientale. Nella linea uomo si fa notare NEW HOLDEN, modello a cassetta in pelle sintetica e suola in gomma, con volumi, tonalità e geometrie che ricordano lo stile skater ’00 e una forte attenzione al dettaglio, dalle cuciture visibili ai toni pop, fino ai passanti in metallo che riprendono la cornice del logo. Per la donna spicca ALBURY, proposta eco-friendly: classica, fresca e leggera, realizzata in pelle sintetica e lacci in cotone organico, con inediti dettagli a contrasto come i glitter sull’etichetta.
WALT è invece una delle proposte della collezione bambino, cupsole proposta in due varianti bicolore, con suola in memory foam e strappo in velcro per un’allacciatura più comoda.
Nice Footwear è una società attiva nello sviluppo, produzione e distribuzione di sneakers per il tempo libero e per lo sport, con brand propri, in licenza e per conto terzi. Negli ultimi anni l’Azienda ha rafforzato il proprio piano di sviluppo attraverso l’acquisizione di Favaro Manifattura Calzaturiera e di EMMEGI S.r.l., entrambe aziende della Riviera del Brenta e rappresentanti dell’eccellenza luxury del Made in Italy.
MIA BAG CLUB
Prende vita il nuovo progetto delle It bag
A cura della Redazione
Mia Bag, il marchio di Monica Bianco, creatrice delle It bag personalizzata con le iniziali, in occasione della Fashion Week milanese, ha lanciato il nuovo progetto MIA BAG CLUB. Il progetto è stato ideato per solidificare la community Mia Bag come parte di un progetto di rebranding. A tal proposito è stato organizzato un evento per poter presentare la nuova collezione, a tema DISCO CLUB, con performance speciale di due volti storici degli anni 80: Pino d’Angiò e Ryan Paris, accompagnati dal DJ set di Disco Stupenda. Durante l'evento è stata presentata l'iniziativa a scopo benefico che il brand ha deciso di sostenere devolvendo il 5% del ricavato di tutto il mese di marzo alla Fondazione IEOMONZINO per la Ricerca IEO sui tumori femminili. Mia Bag aderisce infatti a Follow the Pink, l’iniziativa della Fondazione interamente riservata alle donne per diffondere la cultura della prevenzione, che raddoppia anche quest’anno con la sua “spring edition”, anticipando l’edizione di ottobre con nuove proposte. Tra i tantissimi ospiti e volti noti Jessica e Clarissa Selassié, George Ciupilan, Iconize, Lukas Zanotta, Romina Pierdomenico, Bianca Atzei, Giovanni Ciacci, Ambra Cotti, Ryan Prevedel, Elena Hazinah, Marianna Zuliani e tantissimi altri.
THE INSIDE STORY OF ITALIAN FASHION
Beesness
alla prima del film-documentario
A cura della Redazione
protagonisti del mondo della moda come Giorgio Armani, Santo Versace, Eva Herzigova, Marisa Berenson, Christian Gaston Illan, Teresa Calandra. Proprio Christian Gaston Illan ci ha raccontato la emozione e la forza che questo film trasmette per l’intensità e la passione in ogni processo creativo. Questo film è stato realizzato in partnership con Camera Nazionale della Moda, Comune di Milano, Campari, Intesa-San Paolo e la società di risparmio gestito FSI.
A conclusione della fashion week, dopo essere andati, da Krizia, Richmond, Akep, Mar de Margaritas e da tanti altri stilisti, il team di Beesness ha presenziato alla prima del film The Inside Story of Italian Fashion. Sulla scia dei tributi che gli americani hanno sempre avuto per le colonne portanti dei loro business nazionali, anche Milano si autocelebra, con il gusto e il tipico sapore milanese che questo può comportare. «Milano: The Inside Story of Italian Fashion» è un film-documentario diretto dal regista americano John Maggio, vincitore di un Emmy Award. All’Odeon di Milano erani presenti in sala il sindaco Beppe Sala e i
Nel docu-film, scritto e prodotto da Alan Friedman, Giorgio Armani racconta la storia della sua vita, inclusi gli inizi celebri e gli aneddoti come quando lo stilista in erba dovette vendere il suo Maggiolino Volkswagen per finanziare l’attività.
Giorgio Armani seduto in prima fila è stato il protagonista assoluto della pellicola che racconta cinquant’anni di moda italiana assieme a Gianni Versace il “creatore” del fenomeno delle top model degli anni 80. Si parla nel film anche di Gucci, Missoni, Valentino, Prada. Per capire, cosa vuol dire “Made in Italy” sono state le star di Hollywood: Sharon Stone, Lauren Hutton e Frances McDormand, Helen Mirren e Samuel L. Jackson.
CLERICI TESSUTO
Prendono forma le collezioni 2024
A cura della Redazione
Clerici Tessuto, azienda tessile punto di riferimento per il mondo del lusso, ha partecipato a Milano Unica e Première Vision, presentando le proposte SS 2024: collezioni che incarnano l’eccellenza della sua produzione in un connubio tra la salvaguardia della tradizione e la continua ricerca in termini di innovazione e performance.
CLERICI TESSUTO (abbigliamento donna prêt-à-porter)
Concluso l’anno del centenario dalla fondazione, la collezione Clerici Tessuto per il mercato del prêt-à-porter continua il percorso di integrazione tra heritage e contemporaneità, fondendo lavorazioni tradizionali e materiali innovativi. Il primo tema “Rome-antique” include tessuti leggeri e trasparenze lavorate a disegno, chiffon di seta con gessature di viscosa opaca e sfumature di colore degradé, nuove organze fil coupé con gessature di lurex e garze arricchite da disegnature jacquard. Il secondo tema “in-taglio” presenta tessuti fil coupé caratterizzati dalla ricerca nei materiali e nei finissaggi, parte in seta con fili di poliuretano, parte con fili ad effetti flottanti, mentre altri presentano scavature e intagli a disegno che successivamente vengono trattati con lamine materiche. Il tema “orientalismo” è un’interpretazione raffinata di decori e motivi orientali,
con tessuti dalle strutture particolari ed elaborate: troviamo imbottiti in seta/cotone con rilievi molto marcati e garze con effetti di trasparenze, con disegni a campiture importanti. Il tema “nel-sogno” presenta infine una palette cromatica varia ed elaborata, con decorazioni, disegnature e un gioco continuo di elementi che si intrecciano, si sovrappongono e si mimetizzano.
BROCHIER PARIS (tessuti di alta gamma per l’alta moda femminile)
Ricerca e raffinatezza sono alla base dello sviluppo della collezione Brochier Paris SS 24: si alternano ricchi broccati dalle disegnature classiche con fantasie naturalistiche rivisitate in chiave moderna, tessuti che spaziano da basi di sofisticate organze, faille di lamé e impalpabili georgette coupé, fino a rafie floreali multicolor. La proposta di stampe è ricca di basi ricercate, con organze quasi cangianti rese materiche da un filo metallico, nylon effetto carta crespa e sofisticati cloqué ajoure di seta. Troviamo poi tessuti più strutturati e insoliti, come canapa in mischia con la seta, lamé impalpabili e devoré dalla mano cruda.
INDUSTRY (abbigliamento donna dal mood giovane e dinamico)
Industry presenta una collezione dal forte impatto cromatico e visivo, suddivisa in cinque tematiche, che presentano stampe, jacquard e uniti, tra loro collegati dal fil rouge del colore. I temi sono: “bianco e nero”, “effetti tonalità del blu”, “anni ‘70”, “etnici piena estate”, “disegnature piccole e femminili nei toni pastello”. Obiettivo della collezione è soddisfare le esigenze di più mercati, puntando da una parte su un’ampia offerta di disegnature e basi per la stampa, dall’altra su innovazione di prodotto e sostenibilità. I fondi stampa sono circa 15 e spaziano dai pesi più leggeri fino ai capispalla, da effetti rete e tulle, ad effetti crêpe. Un’ampia parte della collezione è composta da tessuti in poliestere certificato GRS e viscosa certificata FSC, in linea con il percorso di sostenibilità seguito dall’azienda.
LARUSMIANI TESSUTI (abbigliamento uomo per una nuova sartoria)
Le proposte della collezione SS 24 di Larusmiani Tessuti hanno come focus la ricerca di nuove fluidità nei tessuti, con finissaggi sempre più ricercati. Troviamo tessuti in Tencel, viscose in mischia con cotone e lino, nylon leggerissimi per abiti e capi antipioggia. I colori spaziano dai tenui pastello a tonalità accese, perfette per la stagione estiva. Sete in mischia ai cotoni vengono utilizzate per dare corpo a tessuti che ben si prestano ad un ritorno della sartorialità e dell’eleganza nei capi maschili. Chiude la collezione una parte “nobile”, che presenta morbidissimi e finissimi cotoni Sea Island, mischiati con fibre naturali.
TEX HOMME (abbigliamento uomo dal mood contemporaneo, eclettico e non convenzionale)
La nuova collezione estiva di TEX HOMME è caratterizzata dalla sperimentazione di tecniche di stampa sempre più innovative e da finissaggi in grado di donare ai tessuti un’apparenza e una mano sempre diverse. Troviamo jacquard con effetti embossed in cotone e nylon, molteplici finissaggi di spalmature e accoppiature per tessuti con elevate prestazioni tecniche. Vengono poi presentati per la prima volta autentici denim giapponesi con stampe a rilievo, che vengono successivamente decolorati.
Colombo Industrie Tessili , azienda storica fondata nel 1962 in provincia di Como, è tornata con importanti novità a Milano Unica.
La realtà comasca, leader del comparto tessile italiano, era presente con uno stand interamente dedicato al brand ITS ARTEA che celebra anche i 75 anni di vita.
Marchio specializzato nei tessuti tecnici per l’outerwear, ITS ARTEA ha sviluppato nel corso del tempo un côté sostenibile ed innovativo che l’azienda ha declinato interamente nella realizzazione dello stand espositivo.
Colombo Industrie Tessili ha progettato uno stand totalmente realizzato con materiali di recupero e riuso, ideale per trasmettere tutte le novità del prodotto e del mondo tecnico e urbano in cui opera ITS ARTEA
Lo spazio espositivo darà risalto in particolare al trattamento con il grafene in grado di valorizzare i colori dei tessuti e donare loro innovative caratteristiche termostatiche. Sarà inoltre presentato un tessuto idrosensibile che a contatto con l’acqua si modifica e svela nuove fantasie.
Stefano e Massimo Colombo, rispettivamente Presidente a AD dell’azienda , commentano: “Siamo tornati sull’importante palcoscenico di Milano Unica per celebrare un altro momento storico: i 75 anni del nostro brand ITS ARTEA. E proprio al marchio abbiamo voluto dedicare lo stand, partendo dalle sue
A MILANO UNICA CON ITS ARTEA
Per un futuro sempre più sostenibile
A cura della Redazione
caratteristiche principali: innovazione e sostenibilità. Siamo molto soddisfatti del risultato non solo perché i visitatori della Fiera potranno conoscere tutte le ultime novità relative al prodotto ma soprattutto troveranno uno spazio espositivo interamente realizzato con materiali di riciclo che, una volta dismessi, avranno nuova vita. Visitare il nostro stand vuol dire immergersi nella nostra realtà e conoscere in maniera diretta quello che orgogliosamente siamo oggi e dove vogliamo andare.”
Per l’allestimento di Milano Unica, Colombo Industrie Tessili ha collaborato con un importante partner comascol’ azienda Figli dei Fiori – il quale ha portato la natura all’interno dello stand grazie a preziose e ricercate scelte floreali e l’azienda EBE coinvolta in un progetto incentrato sul concetto di recupero e circolarità. Tutte le sedute presenti nello stand di Colombo Industrie Tessili sono strutture di arredo in disuso alle quali è stata conferita nuova vita grazie a lavorazioni artigianali e al rivestimento con i diversi tessuti di scarto della stessa Colombo.
PASTASCIUTTA CHE PASSIONE
Amore tutto italiano
A cura di Marco Chingari
“Pizza, pasta e mandolino” l’atroce luogo comune tanto pubblicizzato nel mondo, specialmente dai divertenti film della saga di Fantozzi, dopo tanti decenni, sembra essere tramontato.
La cucina italiana, o meglio la cucina mediterranea italiana, la fa ormai da padrone nel mondo ed i ristoranti inneggianti al tricolore nostrano crescono economicamente in maniera esponenziale in tutto il globo terracqueo.
Ma qual è il segreto di tanto successo?
Sicuramente gli incredibili prodotti eno-gastronomici (che l’Europa, a nostro parere invano, sta cercando di screditare presentandoli come pericolosi per la salute) dei quali la nostra penisola può vantare un numero davvero impressionante sia come ingredienti che come qualità, ma anche e soprattutto, a parte la pizza (famosissima, esportata e cucinata davvero ovunque), l’incredibile pastasciutta. La pasta rimane un prodotto davvero impressionante come varianti di taglio e forma e, allo stesso tempo, come numero di ricette che, in Italia, è assolutamente vasto come l’universo.
La pasta dunque, sia quella secca fatta con la semola di grano duro, che quella all’uovo, si presta infatti, come la molecola del carbonio con le altre molecole (fonte di vita), ad essere cucinata con qualsiasi ingrediente, in qualsiasi modo (fredda, al forno, mantecata in padella, come primo, dolce, piatto unico) e può essere consumata davvero in ogni ora del giorno (c’è addirittura chi fa colazione con gli spaghetti aglio e olio la mattina).
Ma la pasta, esattamente, chi l’ha inventata? Sicuramente, a porre codesta domanda all’uomo della strada italiano per lo più, e senza ombra di dubbio, risponderebbe: “I cinesi! Sono loro che hanno inventati gli spaghetti e Marco Polo, commerciante veneziano e viaggiatore, che li ha importò dal lontano oriente!”.
Ebbene non è così.
O meglio, in Cina, erano già conosciuti da oltre 4000 anni specialmente in una zona al nord ovest della Cina ed erano fatti con farina di miglio o farine leguminose di soia o di frumento ma non con la semola di grano duro base della pasta di tradizione italiana. Quindi, molto probabilmente, il buon Marco Polo non portò seco i famosi spaghetti tornando dal suo famoso viaggio in Oriente nel 1295, ma, anzi, l’immagine iconica del grande viaggiatore che mangia gli spaghetti fu una trovata pubblicitaria della Keystone Macaroni Manufacturing Company di Lebanon, Pennsylvania, fondata nel 1914 dall’immigrato calabrese Girolamo Guerrisi, le cui immagini pubblicitarie antiche hanno peraltro acquistato anche un certo valore nel mondo dell’antiquariato Vintage. Ebbene i Romani, i Greci e perfino gli Etruschi già ben conoscevano la pasta e la lavoravano in forma di “lagana” (l’antenata della moderna lasagna) ovvero delle sottili sfoglie di pasta farcite con carne e cotte al forno.
Addirittura pare siano state ritrovati, in un’antica tomba etrusca, tutta una serie di utensili per lavorare la pasta quali spianatoia, matterello, sacchetto per spolverare la farina sulla tavola, mestolo, coltello e perfino una rotella per ricavare il bordo ondulato!
Per arrivare però al protospaghetto bisogna spostarci in Sicilia nell’anno 1154: il geografo arabo Edrisi descriveva “un cibo di farina in forma di fili”, chiamato “triyah” (dall'arabo “Itrija”), che si confezionava a Trabia (Palermo) e si esportava in botti in tutta la penisola. Pensate che ancora oggi, in Sicilia, si possono degustare “I vermiceddi di triyah” o anche detta “Tria bastarda”
E poi ancora in Puglia con “tria e ciceri” (particolare variante di pasta e ceci, tipica del Salento) e “tridde” o “triddi” (sorta di maltagliati preparati in brodo, a Bari).
In particolare, nei ricettari arabi, la pasta già compare nel IX Secolo, pasta peraltro
prodotta per lo più in Sicilia, stante l’importante e secolare dominazione araba, per essere poi esportata ovunque anche in paesi lontani.
Abbiamo quindi una ragionevole certezza che gli arabi conoscessero la ricetta della pasta secca (adattissima per essere conservata durante i lunghi viaggi nel deserto) molto tempo prima.
Ergo, ben prima del ritorno di Marco Polo con i suoi spaghetti cinesi, nel 1295, la pasta già era conosciutissima e consumata alla grande in Italia: anche in Liguria, dove il clima temperato e ben ventilato favoriva il buon e rapido essiccamento della pasta, con le sue “Trie genovesi” o “Paste di Genova” con il pesto Genovese o “Trapanese” (prova evidente della commercializzazione e tradizione della sicilianissima con Trapani) cotte , anzi stracotte ( per consumare la pasta “al dente” bisognerà attendere il 600 Napoletano) con formaggio grattugiato in gran quantità e spezie in polvere; Bartolomeo Sacchi la consigliava “con capponi, uova e qualsiasi genere di carne”; nel XV secolo farà la sua apparizione anche il burro, spesso abbinato a zucchero e cannella. In genere sulle tavole aristocratiche la pasta era considerata un contorno, per gli strati popolari era invece un piatto unico. Come su accennato la vera rivoluzione della pasta in Italia comincia, guarda caso, proprio all’ombra del Vesuvio.
Dovete sapere che nel 600 Napoletano una
terribile carestia flagellò il Regno di Napoli governato con mano ferrea dagli spagnoli. Ebbene nella capitale partenopea, la più demograficamente importante d’Europa, il sovraffollamento umano e la cieca nonché rigorosissima fiscalità spagnola di natura assolutamente vampiresca, portarono la popolazione alla fame nonché alla rivolta di Masaniello: in tutto questo il commercio del pane e della carne crollò a favore assolutamente della pasta soprattutto grazie all’invenzione altamente tecnologica(per quei tempi) della gramola, del torchio e della trafila che avevano nel frattempo abbassato esponenzialmente il prezzo della pastasciutta che divenne, quindi , il cibo principale del popolo partenopeo.
Fu già da allora che, probabilmente, si cominciarono ad usare i Pulcinella mangiatori di spaghetti (con le mani chiaro!) davanti alle mescite alimentari come una sorta di proto pubblicità, icona poi tramandata nel tempo nei quadri e, talvolta, anche sui pacchi di pasta.
Altra figura iconica della tradizione partenopea fu quel “Re Nasone”, al secolo Ferdinando I il quale, diventato Re di Napoli per caso, essendo di terza fila genetica (ma il Principe primogenito era andato in Spagna a governare con il Re padre, mentre il secondogenito era fuori di testa, leggi pazzo) era stato cresciuto tra i guaglioncelli a Napoli e salì al trono a soli 9 anni: ebbene mangiava anch’esso gli spaghetti con le mani,
affermando che "O maccarone se magna guardanno ‘ncielo!” e lo faceva peraltro, il più delle volte , ben seduto sul cessetto di cortesia esponendo agli ospiti l’olezzo delle sue miserrime nequizie .
La qual cosa, e diciamocelo per amor di Gossip, non risultava per nulla gradita alla consorte austriaca Maria Carolina d’Austria che lo rimproverava continuamente disgustata (ma non a letto dato che i due ebbero vari figli, lei con precisione 18 gravidanze) nonché allo zio della moglie, Giuseppe d’Asburgo che lo prendeva sempre in giro per il fatto del cessetto di cortesia, tanto da regalargliene uno di finissima porcellana inserito in un mobile ligneo altamente cesellato.
La storia finì che, per la legge del contrappasso, Ferdinando soprannominò l’augusto e scatologico regalo “Zì Peppe” in onore dello zio della moglie (Sic!) e così ancora adeso, dal vulgo di antico conio, viene denominato il water portatile e non in Lazio ed in Campania.
Ma non divaghiamo.
Essere chiamati “Magnamaccheroni” per i napoletani fu l’affare di un istante: subito presero il posto dei siciliani, fino ad allora famosi come superbi consumatori di pasta, tanto da far dire agli stranieri “Voi date una zuppa ad un italiano? Ma gli italiani non mangiano che maccheroni, maccheroni e maccheroni”, frase intesa addirittura da Carlo Goldoni a Parigi sul finire del ‘700.
Venne poi l’uso della salsa di pomodoro, prima gialla (appunto “Pomo d’Oro”) e
poi rossa nelle varie gradazioni, come condimento della complice pasta nei piatti prima dei napoletani e poi degli italiani tutti. Cavour ebbe infatti a scrivere, alla vigilia dell’annessione del Regno delle due Sicilie da parte dei Savoia, “I maccheroni sono cotti e noi li mangeremo”: lui si riferiva ai meridionali ma in realtà saranno invece i maccheroni a conquistare il Piemonte e non solo. Ma veniamo ai tempi nostri.
Oramai la pasta ha spopolato ed è, insieme alla pizza, il cibo italiano più esportato e famoso e diffuso nel mondo.
Attualmente ci sono, almeno in Italia, più trecento tipi di pasta dalla corta alla lunga, di tutti i formati addirittura quelli sensuali (da scherzo goliardico tipo le “Minchiette”) conditi con ogni ben di Dio di condimenti: dai vegetali, legumi e funghi (gioia di vegani e vegetariani), carne, pesce, molluschi, formaggi, salse varie e salumi (il guanciale suino primo fra tutti).
E poi la particolarità, assolutamente italiana, della incredibile varietà delle ricette numerosissime ed incredibilmente variegate tanto che, per esempio, tra un paesino ed un altro nella nostra bella terra italica, magari distanti pochi chilometri, ci sono ricette diverse con diversi ingredienti. Oppure, e lì gioca un simpatico (per una volta tanto), campanilismo, che vuole la stessa ricetta ripetuta (oh mirabile gioco di italica fantasia!) in varie località ognuna preparata con modalità ed ingredienti diversi, tipo il famoso “brodetto marchigiano” o “zuppa
di pesce” dell’arco marchigiano presente sul territorio con almeno una decina di preparazioni simili ma assolutamente diverse. Improbabili quanto , a volte immangiabili, poi le interpretazioni straniere : dalla pasta col pollo in Germania, alla famigerata “Tagliatella Alfredo “ diffusa in America con arzigolatissimi ed improbabili ingredienti (tutti estranei alla ricetta originale tipo panna, formaggi vari, bacon funghi gamberi et simile lordura) ai maccheroni and cheese, anch’essi di statunitense invenzione per non parlare dei temibilissimi “Spaghetti with meatballs”, cioè spaghetti con polpette, sconosciuti in Italia ma spacciati, anch’essi negli States, come italianissima ricetta, con polpette talvolta dalla forma volume, e purtroppo consistenza, delle palle da baseball.
Per quanto riguarda poi la salute, la pastasciutta, cotta molto al dente beninteso, sembra davvero essere la panacea della buona dieta: gli spaghetti “duretti” di cottura presentano un invidiabile indice glicemico adatta anche ai diabetici (non in grandissime quantità chiaro).
Purtroppo c’è anche il caso delle intolleranze celiache che sono sempre più diffuse specialmente tra i giovani: ma la colpa sembrerebbe essere imputabile più alla natura delle moderne coltivazioni, la lavorazione e, qualcuno mormora e sussurra, anche all’intervento umano nel corredo genetico del grano, che sì sarà anche efficacissimo per quanto riguarda la produzione e la lotta alle malattie del frumento, ma forse non indicatissimo per la salute dell’organismo umano.
Ma, e qui si capisce quanto sia importante la pastasciutta nell’immaginario collettivo dell’Italia e non solo, subito per tutti gli intolleranti sono state prodotte tipologie di paste da quelle prive di glutine (non eccellentissime dato che rimangono un po’ durette e diversamente flessibili dalla pasta col glutine), le paste al mais, di riso, nonché anche quelle proteiche fatte con farina di legumi.
Insomma chi ne ha più ne metta. Comunque, per finire in bellezza e citare la pubblicità di una nota marca, guarda tu il caso, di pasta, quando c’è pasta …c’è casa: ma che meravigliosa ed accogliente casa! Buon appetito…
GASTRONOMIA, ARTE E DESIGN AL VISIONNAIRE BISTROT
Un nuovo modello di convivialità è al centro del food concept firmato dallo chef Filippo Gozzoli partner di Visionnaire Bistrot, il locale all’interno di Visionnaire Design Gallery in piazza Cavour a Milano, a pochi passi dal vivace quartiere Brera. In un’atmosfera elegante, governata dal lusso e dalla creatività, Gozzoli propone una cucina gustosa, fantasiosa e contemporanea che ha come protagonisti i quattro sapori principali sapientemente bilanciati per creare in ogni piatto quell’equilibrio perfetto e quel sapore compiuto che conducono il palato verso il gusto intenso e pieno dell’umami.
L’idea di cucina di Filippo Gozzoli è gustosa, perché con ogni piatto è in grado di regalare una sensazione di piacere e completezza; fantasiosa, perché giocata su abbinamenti particolari: ingredienti semplici, come verdure e pesce, si sposano con la frutta (fresca e secca) e con dressing ricercati che esaltano sapori e intensità. Contemporanea nel gusto, la cucina che Gozzoli propone al Visionnaire Bistrot lo è anche nel modello: le portate sono servite assieme per consentire ai commensali
Lo Chef Filippo Gozzoli firma una cucina fantasiosa e contemporaneaFilippo Gozzoli
di condividerle, chiacchierando e sorseggiando un calice di vino o di champagne Perrier Jouët o un cocktail fresco e dissetante.
Il nuovo concetto di condivisione celebrato da Filippo Gozzoli rievoca quel clima intimo e familiare, quel calore domestico che trasformano un pranzo o una cena in un'esperienza autentica. Un inno al comfort food che trae ispirazione da tre proposte culinarie di respiro internazionale: bento, tapas e lounge bar. Bento, in un’unica volta sono serviti tutti i piatti ordinati; tapas, per la varietà di proposte che si possono gustare contemporaneamente; lounge bar, per l’atmosfera rilassata ed elegante che si respira nel bistrot. Il tutto con la regia di un servizio attento e misurato che fa sentire l’ospite coccolato come a casa. I menu del Visionnaire Bistrot sono studiati per ogni momento della giornata: dal lunch alla merenda, sino all’aperitivo e alla cena. L’offerta a pranzo ha un’importante proposta plant based che nasce dal desiderio di contribuire alla tutela dell'ambiente. Piatti a base di verdure e proteine di origine vegetale che coniugano gusto e sostenibilità, creatività e rispetto per la natura e per i suoi cicli stagionali, biodiversità e piacere per il palato. Le verdure, sempre diverse in base a stagionalità e disponibilità, vengono impreziosite da condimenti di ispirazione etnica e dalla frutta secca. Nel pomeriggio è possibile bere caffè, tè, tisane da accompagnare alle classiche “torte di credenza” della tradizione nostrana: sbrisolona, torta di mele, crostate, vengono proposte in una mise en place firmata Seletti che coniuga cucina e arte, creando un link diretto con Visionnaire Design Gallery. Nell’orario dell’aperitivo l’atmosfera si trasforma e diventa ancor più rilassata: sul bancone spicca il bouquet royale di crudi di pesce (tartufi di mare, gamberi, scampi) a cui si affiancano lobster, capesante e ostriche gratinati, con una panatura moderna connotata dalla freschezza del limone, e accompagnati da salse a base vegetale, come maionese al caffè e liquirizia, wasabi o maionese alla
barbabietola.
A cena, il menu si amplia: al bouquet royale si aggiungono altri crudi di pesce (tonno, ricciola e salmone), piatti a base di carne (come la tartare di manzo con cime di rapa, radice di cren e dressing all’ostrica, o il club sandwich con pomodoro, zucchine, melanzane, misticanza e maionese alla barbabietola), primi piatti gustosi, tra cui spicca la Minestra di Mare (pasta con primizie di mare). Completa la proposta la possibilità di scegliere piatti fuori menu, realizzati a mano libera dallo chef con gli ingredienti freschi del giorno.
La cucina di Filippo Gozzoli, che si avvale della preziosa collaborazione dello chef de cuisine Luca La Peccerella, è quindi una narrazione che parte dalla selezione degli ingredienti e termina nel piatto: come in un’opera d’arte, le sue composizioni sono il risultato di uno studio attento di colori, di intrecci travolgenti di forme e relazioni
d’amore tra cibi. Una ricerca dei particolari che si ritrova anche nella cocktail list e nel servizio attento e impeccabile di Salvatore De Biase, Restaurant e F&B Manager.
In Visionnaire Bistrot convivono design, arte e cucina: tre espressioni della creatività umana apparentemente distanti tra loro, che si uniscono in una proposta innovativa. E Visionnaire Design Gallery diventa un luogo dell’essere, un posto in cui sentirsi a casa e concedersi il piacere di un comfort food raffinato.
Visionnaire Bistrot è dedicato a coloro che giungono a Milano da ogni parte del mondo per visitare Visionnaire Design Gallery e arredare la propria casa, ma anche a tutte quelle persone che vogliono vivere un’esperienza culinaria diversa, in una location particolare e godere appieno del viaggio sensoriale proposto dalla nuova convivialità proposta da Filippo Gozzoli.
tel. +39 338 7415899
Lun 15-19
Mar-Ven 10:30-22.30
Sab 17:30-22:30
Chiuso sabato a pranzo e domenica
www.visionnaire-bistrot.com
VISIONNAIRE DESIGN GALLERY
Visionnaire, fondato dalla casa madre IPE con sede a Bologna dal 1959, è un brand meta-lusso di riferimento nel settore dell’interior design Made in Italy, amato per la capacità progettuale one-of-a-kind cucita sui desideri dei propri clienti. Il marchio ha dato vita ad uno stile distintivo, caratterizzato da una vivace sperimentazione sui materiali, volumi dall’equilibrio inaspettato e motivi inconfondibili che celebrano le origini tutte italiane della maison.
Quando Visionnaire sceglie nel 2008 la propria sede milanese all’interno dell’ex cinema Cavour, immagina uno spazio di sperimentazione artistica e concepisce un luogo in cui le persone possano condividere e convivere con i manufatti attraverso l’esperienza della bellezza. Nasce così la Wunderkammer, una galleria d’arte all’interno della galleria di design, luogo di esposizioni artistiche che organicamente estende, o crea corto circuito, con l’attività di design del brand e con essa instaura una fertile connessione generativa. La Visionnaire Design Gallery è un punto di riferimento nel quartiere di Brera e al suo interno nasce un bistrot, che amplia il concetto di negozio da spazio di vendita a luogo dell’essere.
INDRA GALBO, GAMBERO ROSSO
A cura di Maria Giulia Linfante
Indra Galbo, editor presso la redazione del Gambero Rosso e capo panel di "Oli d'Italia del Gambero Rosso", pubblicazione nazionale che, come ogni anno, fotografa regione per regione la stagione olivicola grazie a un lavoro capillare.
Come nasce la passione per questo particolare percorso sensoriale?
“Questa passione nasce un po' per caso. Vengo da un percorso accademico completamente diverso - scienze politiche - sempre però con l'obiettivo del giornalismo. Dopo svariate esperienze in uffici stampa e di testate giornalistiche, approdo al Gambero Rosso con lo scopo di concentrandomi propriamente su tutto ciò che riguarda l'analisi sensoriale nel settore gastronomico. Da qui, dopo la formazione da assaggiatore, nasce la prima edizione della "Oli d'Italia del Gambero Rosso". Assaggiare e scrivere, condurre il lettore attraverso questo percorso sensoriale dell'olio.”
In che cosa si differenzia l'assaggio dell'olio rispetto alla degustazione dei vini?
“L'analisi sensoriale dell'olio rispetto a quella più poetica del
Il percorso sensoriale tra i migliori oli d’Italia
vino, è molto più tecnica e asciutta. Ogni assaggiatore di olio è iscritto ad un albo regionale che viene depositato al Ministero dell'Agricoltura - cosa completamente differente per quanto riguarda gli assaggiatori di vino. Dopodiché, l'assaggio del vino si differenzia per il concetto di terroir, ovvero tutto il lavoro che c'è dalla vigna fino alla mano del vignaiolo. Nel vino il rapporto che lega un vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo in cui è coltivato, è ben presente e radicato. Nel caso della degustazione dell'olio può avere diverse interpretazioni: sicuramente l'ambiente dove cresce l'ulivo caratterizza le proprietà dell'olio ma ciò che determina veramente la differenza è nella varietà di olive dalle quali esso viene prodotto. Nell'assaggio dell'olio poi vi sono anche dei difetti "codificati": vi sono 13 difetti riconosciuti dal Consiglio Olivicolo Internazionale (COI). Il COI ha sede a Madrid e non è un organo per olivicoltori o produttori, ma propriamente una diramazione dell'ONU. Di fatto quello che facciamo noi al Gambero Rosso, è sulla base di quelle che sono le indicazioni del COI, come analisi asettica e la compilazione delle schede di valutazione costruite da noi appositamente. Altro sostanziale distaccamento di questo ramo è il metodo di valutazione: l'identificazione dei difetti ha priorità sugli attributi positivi. Questo si tramuta nel capire prima di tutto se l'olio in analisi presenta un difetto, poi escludendo ogni possibile imperfezione allora si procede alla valutazione. Anche le sale panel sono molto differenti: sono luoghi completamente asettici che rispettano delle norme propriamente di costruzione anche nelle postazioni degli assaggiatori al fine di garantire la totale imparzialità del giudizio.”
Come avviene l'assaggio di un olio?
“Olio è versato dentro un bicchierino di vetro blu scuro - per mascherare il colore e non alterare il giudizio dell'assaggiatore - coperto da un vetrino e posto su un fornelletto. Quando l'olio raggiunge la temperatura di 28°C si sviluppano gli aromi e allora può essere preso in analisi. Si procede inizialmente con l'analisi olfattiva stabilendo l'intensità del fruttato; dopodiché, se l'olio non presenta difetti, si passa alla degustazione attraverso il metodo dello stripping, nebulizzando l'olio all'interno della cavità orale per poter scoprire il grado di amarezza ai lati della lingua e il piccante in gola. Piccante e amaro non sono mai difetti: sono attributi positivi che indicano il quantitativo di polifenoli, ovvero di antiossidanti, presenti nell'olio. Pertanto un olio più è amaro e piccante, significa che è più ricco di proprietà benefiche per l'organismo.”
Come è andata l'annata appena trascorsa 2022?
“È stata un'annata molto difficile perché è stata caratterizzata da una grande siccità. A subire di più, sono state le zone del Centro Italia dove vi è stato il calo più significativo. Anche la Puglia ne ha risentito moltissimo, regione che da sola riesce a produrre la metà dell'olio evo nazionale. Si sono salvati i produttori che avevano i campi irrigui, negli altri casi sono stati prodotti oli con un retrogusto di "secco" un po' legnoso:
sentore tipico di quando l'oliva viene portata al frantoio ma risulta essere un po' asciutta e non possiede la giusta dose di acqua al suo interno.”
Come si riconosce un olio evo di qualità?
“In bocca, sicuramente il discorso di amaro/piccante, ma esiste un escamotage per le persone non esperte: al naso un olio evo di qualità deve rimandare a dei profumi che ricordano odori vegetali - come il pomodoro, lattuga, carciofi - alla frutta secca ma anche all'erba tagliata, note balsamiche e erbe aromatiche. Altro fattore è la sensazione in bocca: un olio buono, pur essendo un grasso, non lascia il palato unto e sporco. Se si riscontrano queste caratteristiche bisogna farsi venire il dubbio sulla sua bontà.”
Ricette per dessert con olio evo al posto del burro. Cosa consiglia di provare?
“È possibile sostituire grassi animali come il burro, in tutti i ciambelloni dolci: l'olio evo conferisce quel tocco aromatico in più. Ma può essere impiegato, nella preparazione anche della frolla che rimane sicuramente più friabile. E poi esiste un abbinamento insolito ma molto ben riuscito: oli evo più amari e piccanti, con cioccolato extra fondente (oltre il 70%) per esaltare tutte le note più intense.”
La nostra domanda di rito: gli ultimi cinque brani della sua playlist.
Fontaines D.C. - Roman Holiday
Pink Floyd - Sheep
Vikingur Olafsson / Mozart - Rondo in d major k 485
Sonic Youth - Mote
Piano 9 - Overbooking
CIAO, SONO ALBERTINO!
Dalla carriera come DJ al successo in radio
Presentati ai nostri lettori:
Ciao, sono Albertino!
Come nasce la tua passione per la musica dagli esordi come dj al tuo approdo in Radio?
Nasce durante la mia adolescenza nell'hinterland milanese. Mio padre suonava la tromba e ascoltava sempre la radio, i miei fratelli amavano la musica e la radio in casa era sempre accesa. Proprio in quel periodo nascevano le prime radio private che sono state per me un'illuminazione. Quelle voci, quei jingle americani hanno acceso la mia immaginazione. Quindi ci ho provato e devo dire che mi è andata bene.
Che sensazione hai provato quando hai preso la direzione artistica di M2O 4 anni fa?
L’ho voluto fortemente. Dopo 35 anni a Radio Deejay ho sentito il desiderio di fare qualcosa di diverso, qualcosa che mi assomigliasse di più. Deejay è diventata una radio adulta. Io non voglio diventare adulto, sono un eterno Peter Pan. Battute a parte, mi sento più legato ad un format radiofonico più musicale che votato soltanto all’intrattenimento. Quindi ho
colto un’occasione. Radio m2o è una radio del gruppo GEDI che, purtroppo, andava molto male e che volevano chiudere e vendere. Ho detto: "datela a me, proviamo a farne un nuovo progetto". Dopo soli 4 anni posso affermare che è stata un'ottima decisione. Radio m2o oggi è una radio che mi piace ascoltare. Una sensazione bellissima.
Il tuo programma Dj Time oggi come è strutturato?
Il Deejay Time oggi è un appuntamento settimanale che ripercorre la nostra storia lunga 30 anni. C'è la mia conduzione, c'è Mario Fargetta in regia, il “Megamix” di Molella e il “Disco Prezioso” di Giorgio. Poi, abbiamo inserito il “Deejay time Story”, una rubrica di storytelling dove, in pochi minuti, raccontiamo la storia dei dischi più rappresentativi del Deejay Time.
Come descriveresti con un aggettivo i tuoi colleghi e amici di una vita ovvero Molella, Fargetta, Prezioso?
Mario è come un fratello. Molella è un'entusiasta. Prezioso un introverso geniale. Tutti talenti straordinari sia nella produzione che nella tecnica.
Domanda di un nostro lettore, Francesco Salvo:
Che consiglio darebbe ai giovani del sud nell’intraprendere al nord un percorso simile al suo in radio e nel settore discografico in un periodo delicato come questo?
Intanto non bisogna sottovalutare le difficoltà che può trovare un ragazzo del Sud per mantenersi al Nord mentre impara un mestiere che ormai non ti insegna più nessuno. Sono sempre meno le radio importanti che danno la possibilità di fare stage e formazione ma il consiglio è inseguire i propri sogni e provarci sempre.
Quale è il messaggio che hai trasmesso ai giovani con il Dj Time all’epoca?
Un messaggio positivo attraverso una selezione musicale propositiva che spaziava dalla techno all’hip hop, un sound design straordinario, un linguaggio nuovo, studiato nei dettagli, ironico, fatto di tormentoni. Eravamo veramente diversi.
Tornando ad oggi…
Come è cambiato il mondo delle discoteche e della musica post pandemia? Forse, dopo la pandemia, le discoteche sono diventate un luogo un po' difficile da frequentare. Sono pochissime quelle che possiamo ancora veramente definire tali. È un settore in grande difficoltà secondo me. I festival invece hanno grande successo, godono di grandi spazi all'aperto che io preferisco anche per il format del Deejay Time. Speravo che il dopo pandemia avesse potuto portare a qualcosa di nuovo, di più serio, gestito in modo più professionale come ormai succede in gran parte del mondo. Invece siamo ancora indietro. Anche a livello musicale.
Raccontaci un episodio particolare durante il tuo tour in giro per l’Italia Ogni tappa è fatta di hotel, aeroporti, ristoranti, eventi. E ogni volta c’è sempre il solito tormentone: "Ma Mario"?
Nel corso della tua carriera come Dj e in radio hai avuto la possibilità di stare accanto a dei big mondiali. Qual è stato quello che ti ha fatto emozionare di più
e chi ti piacerebbe ora intervistare in Radio.
Non sono mai stato un grande intervistatore anche se mi è capitato di farne molte. Emozionato non saprei, direi Oasis o Jay-Z. Mi sarebbe piaciuto fare due chiacchere con Bono degli U2. Sono sempre stato un grande fan della band che ho avuto anche il piacere di presentare in diretta da Rotterdam per un loro concerto, senza incontrarli però. Ci tengo a ricordare che in radio ho avuto a fianco gente come Gerry Scotti, Fiorello, Jovanotti, Amadeus. Insomma, la crema dello show business nazionale.
Svelaci qualche tuo progetto futuro Cambiare casa? (ride) Perché dovete sapere che io da grande volevo essere un architetto.
Ultima domanda di rito: 6 brani della tua playlist di Spotify
Difficile solo 6, proviamoci:
You Are the First, the Last, My Everything
- Barry White
Rapper's Delight - Sugarhill Gang
One - U2
Peg - Steely Dan
Paid In Full - Eric B. & Rakim
Isn't She Lovely - Stevie Wonder
PADEL TREND EXPO
A cura della Redazione
OLTRE 18.000 PRESENZE IN 3 GIORNI ALL’ALLIANZ MICO FIERA MILANO CITY
2.000 LE PERSONE SCESE IN CAMPO TRA CLINIC E OPEN TEST DI RACCHETTE
TANTISSIMI I PERSONAGGI NOTI CHE HANNO PARTECIPATO ENTUSIASMANDO IL PUBBLICO PER UN’ESPERIENZA IMMERSIVA E UNICA NEL SUO GENERE
Organizzata da Next Group, gruppo di comunicazione integrata in collaborazione con la Federazione Italiana Tennis e Padel ed il patrocinio del Comune di Milano, la “fiera” a cui erano presenti oltre 90 espositori, è stata letteralmente presa d’assalto dagli appassionati che hanno potuto incontrare, vedere in azione ed addirittura giocare con campioni del mondo e pro internazionali del calibro di Martin Di Nenno, Miguel Yanguas, Gonzalo Rubio, Mati Diaz, Veronica Virseda, Jessica Castello, Luca Bergamini, Tolito Aguirre (spettacolari le sue giocate), Juan Restivo, Alvaro Montiel, e tanti altri.
Che il padel non sia più una moda è ormai evidente a tutti, con oltre 7.000 campi in Italia e quasi 1 milione di praticanti, ma quello che è successo a Milano al Padel Trend Expo, il primo evento in Italia interamente dedicato a questo sport, è davvero straordinario.
Una 3 giorni a ritmi battenti a due passi dal quartiere modaiolo di Citylife e con un programma ricchissimo (intrattenimento, shopping, tornei e convegni) che ha coinvolto oltre 18.000 persone di cui “solo” 2.000 messe in campo dagli organizzatori (6 i campi allestiti per l’occasione nel bellissimo padiglione del MiCo) che hanno avuto la possibilità di partecipare alle numerose clinic realizzate da coach internazionali di assoluto livello quali Martin Echegaray, Marcela Ferrari, Maxi Castellote, e Gustavo Spector, oltre a poter provare le nuove collezioni di racchette, messe a disposizione dai numerosi top brand presenti in fiera.
Non potevano certo mancare gli ex calciatori ( Candela, Di Biagio, Maini, Locatelli, Amoruso, Panucci, Adani, Toni, Fiore e Giannichedda) che capitanati da Bobo Vieri ed il suo torneo Italy Padel Tour, si sono dati battaglia davanti alle centinaia di persone che gremivano le tribune. Il torneo è stato vinto dalla coppia formata da Toni e Locatelli
Spazio anche all’inclusione con l’evento europeo di Padel Mixto (coppie formate da un giocatore normodotato insieme ad uno in carrozzina) con la partecipazione di esponenti di ben 5 nazioni; l’evento organizzato dalla Onlus Sportinsieme e sostenuto dalla Fondazione Entain , ha visto la partecipazione di Oscar Agea , il giocatore spagnolo più forte del mondo.
E poi ancora show divertentissimi sul palco e partite inedite nei campi con la partecipazione di Cabrini, Barzagli, Jimmy Ghione, Moreno Morello, Cambiasso, Junior Kelly, Hugo Sconochini,
Successo strepitoso per la prima edizione a Milano, nel cuore di CitylifeFoto © Marco Dughetti
Claudio Coldebella, Paul Griffen, Damiano Pippi, Mark Iuliano, Alberto Cisolla, Claudio Galli, Davide Silvestri, Francesco Oppini, Cristian Zenoni, ed i Tik Toker Nunzio Fresi e Tommaso Donadoni.
Presenti tante stelle italiane, come Carolina Orsi ed Emily Stellato, medaglie di bronzo ai recenti mondiali di Dubai ed ancora il campione italiano Marco Cassetta, insieme a Marcelo Capitani, Lorenzo Di Giovanni, Michele Bruno, Luca Mezzetti, Alessandro Mezzetti, Francesca Campigotto, Saverio Palmieri e Alessandro Cervelletti.
Tra le verie iniziative, che si sono susseguite, ha suscitato molto interesse il Fashion Padel organizzato da Next Group, gruppo di comunicazione integrata (attraverso la sua controllata Padel Trend Srl) in collaborazione con la Federazione Italiana Tennis e Padel e Cluster International Padel, con il patrocinio del Comune di Milano. Si sono esibiti tantissimi
personaggi che fanno parte della Nazionale Italiana Artisti TV.
Atleti, artisti ed ex sportivi, anche se definirli “ex” o solo artisti, sembra una “roba” non vera, per l’impegno, la concentrazione, il gioco e lo stato di forma degli stessi. Pare invece che abbiano semplicemente cambiato disciplina. Per dire, Lele Adani fisicato e in palla ha tirato botte di padel mica da ridere, così come Bobo Vieri sempre preciso e “rasato”, perdonate il poco implicito riferimento, ma ci è scappato così.
Se volete mettiamoci i due di “Chefaticalavitadabomber”, cioè Fabio Tocco e Emanuele Stivala, che per l’occasione sono diventati atleti come quelli che ci propongono di solito loro. Dai passateci qualche battuta, si tratta di Padel e di uno show, che ha coinvolto intorno ai campi di gioco un sacco di appassionati. Dalle tribune gremite al 100%, al prossimo
giro converrebbe aumentare la capienza, partivano in certi frangenti urla, cori ed esaltazioni in pieno “San Siro” Style. Dalla zona lounge sono state fatte moltissime interviste flash con i personaggi di questo evento.
Ma chi sono stati i vincitori?
La risposta scontata è: “tutti” e il motivo ci sembra francamente e sufficientemente
chiaro. La risposta “premio sportivo” invece, nomina ufficialmente vincitori la coppia Nick Amoruso e Alessandro Stilo. La Bonny (Sonia Bonalda) insieme a Mark Juliano si è classificata, come seconda coppia. Lo scriviamo solo per evidenziare che le donne in questo sport sono protagoniste “stratoste” e la Bonny lo dimostra. Comunque se siete curiosi di vedere chi c’era (tantissimi e tantissime in
gara e nella lounge Zone) collegatevi sul nostro YouTube. Solo un po’ di pazienza!
La nostra formazione atleti e artisti VIP (in ordine di uscita casuale)
DJ Ringo (Virgin Radio) Coach.
Gibba (Radio 105). Simone Barbato (Mimo Zelig). Cristian Zenoni (ex calciatore).
Davide Silvestri (GFVIP). Nunzio Fresi (tik toker). Rachele Sangiuliano (ex pallavolista). Mark Juliano, (ex calciatore). Nic Amoruso (ex calciatore). Emanuele Stivala CFVB (CheFaticaLaVitaDaBomber). Fabio Tocco CFVB (CheFaticaLaVitadaBomber). Mariano Cardamone (giocatore). Simone Radaelli (Sport Mediaset). Tommaso Donadoni (tik toker, giocatore).
I nostri Supporter VIP (in ordine di uscita casuale)
Chiara Squaglia (Striscia la notizia). Francesca Leto (Presentatrice Tv). Claudia Peroni (giornalista). Sarah Maestri (Attrice, scrittrice). Vanessa Minotti (Presentatrice Tv). Francesco Mogol (Conduttore Tv).
Davide Paniate (Zelig). Sandra Lovisco (Influencer sportiva). Patrizia Lovisco (digital strategist).
HOME OF FOOTBALL”
Legends: da sogno a realtà
Marcelo Ordas inaugura
Rubrica iLoby a cura di Christian Gaston Illan e Luca Sardi
Da semplice appassionato a collezionista di cimeli di inestimabile valore. Quella di Marcelo Ordas, argentino di 47 anni, è la storia di un'incredibile avventura iniziata durante i Mondiali di Italia '90 fino a trasformarlo nel custode di un museo calcistico che non ha eguali per valore e dimensioni
Come nasce questa sua idea?
“L’idea era quella di salvaguardare la storia dello sport più amato del mondo, una storia fatta di passione, trasporto ed emozioni uniche che crea un grande senso di appartenenza. L’idea era di farlo attraverso quelle che Alfredo Di Stefano chiamava 'las armaduras', le armature, le maglie di questi eroi. Vogliamo che la gente 'senta' questa collezione, che ne sia toccata emozionalmente.”
A proposito di emozioni… ho visto su Instagram che hai accarezzato la coppa del mondo originale prima della finale del mondiale di dicembre. Quale è la sensazione che hai provato?
“L’ho fatto con tanto timore ma si è presentata l’occasione e nessuno sente l’amaro con il dolce.”
Come mai Legends proprio a Madrid?
“Vivo a Madrid da 3 anni. Una volta completata la collezione abbiamo iniziato a cercarle casa. Io inizialmente
volevo che fosse nella mia Buenos Aires. L’economia argentina è molto instabile e l’investimento che ho fatto ora non era possibile in argentina ma in Europa sì. Sono stato a Roma, a Londra, a Parigi, a Barcellona, ma alla fine ho scelto Madrid, perché era la città di mio nonno e perché lo ritengo il luogo ideale per tradizione e passione calcistica.”
Da sogno a realtà…
“Il progetto non è un’idea ma una realtà ormai. È un investimento da più di 10 milioni di euro.
Vi hanno contribuito anche Liga Spagnola, e la FIFA. Questo progetto è il primo nel mondo ma abbiamo in mente di farne altri 5-6.”
Parlaci del Museo.
“Il museo non è solo un’esperienza espositiva. C’è anche molta tecnologia e molta esperienza che coinvolge il visitatore. Non sarà un vero museo ma un’esperienza con una particolarità che negli anni siamo riusciti a recuperare dei “gioielli della corona” che io chiamo magliette come la maglia di Joan Kruiff del 1974 come quella di Maradona del 1986 o di Pelè del 1970, di Charlton del 1976, di Messi del 2022 e di Paolo Rossi del 1982 tra le tante. E poi tutti i palloni dei Mondiali, tante scarpe usate ai Mondiali e tutte le medaglie olimpiche del calcio,
“THE
dal 1908. Se facciamo un paragone con l’arte e un po’ come avere il cenacolo di Leonardo o i girasoli di Van Gogh. È molto difficile aver tutti questi gioielli in uno stesso museo. Questo posto si chiama legend. È un eterno omaggio al calcio e alle leggende del calcio e a tutte le persone che omaggiano questo sport magnifico che noi essere umani abbiamo creato.”
Una curiosità da argentino:
La maglia “armatura” di Maradona che hai in collezione quale è?
“È quella che lui ha scambiato a fine primo tempo con Matthaeus.
Invece quella di Maradona del 1986 contro l’ Inghilterra (la famosa partita della “mano de dios”) è andata all’asta per 10 milioni di euro circa. Matthaeus mi ha donato la maglia di Maradona del 1986 per la quale gli avevano offerto 8 milioni di euro. Hanno chiesto a Matthaeus che cosa l’avesse motivato a donare la maglia e lui ha detto che il denaro non è tutto a differenza della famiglia degli amici e della patria. Matthaeus era un grande amico di Diego. Lui ha capito tutto e per questo è stato così forte ad avere quel pezzo unico.”
Come è strutturato il museo?
“Abbiamo realizzato qualcosa di unico senza precedenti. È posizionato a Puerta del Sol, in Calle de Espoz y Mina con Carrera de San Jerónim. Sono 7 piani di museo su 4200 mq di superficie. Al piano 0 ci sarà uno store con tutto il merchandising di tutte queste istituzioni ufficiali. Si potranno acquistare tutti questi gioielli /magliette come repliche ufficiali. Si vedrà anno per anno, campionato per campionato tutte queste “armature” delle competizioni più importanti dal 1960 fino all’anno scorso, campione per campione. Ci sarà ogni maglietta utilizzata nella coppa libertadores, champions legue, mondiale FIFA, giochi olimpici, UEFA Europa League, SuperCoppa Europea, Coppa America, Nation League, Coppa d’Africa, ecc...
Tutto è certificato per tutti i giocatori con un vero certificato di autentificazione da parte di un notaio. La Liga Spagnola attraverso un notaio internazionale ha certificato tutta la collezione. Ho una tracciabilità sia dell’istituzione sia dei giocatori. Abbiamo anche una sala per eventi dove faremo degli eventi su misura come per la settimana del calcio argentino. Abbiamo un cinema 4D con sedili meccanici con tutti i tipi di effetti speciali per rivivere ogni edizione della coppa del mondo con occhiali per la realtà virtuale. Faremo quindi fare un viaggio incredibile per la storia del calcio.”
Quando sarà l’inaugurazione del museo?
“Sarà tra la fine di marzo ed inizio aprile. Stiamo ancora decidendo la data perché dobbiamo tenere conto dell’agenda di numerosi sportivi e autorità. Apriremo i primi giorni di aprile per il pubblico e poi faremo un’inaugurazione ufficiale.”
AGILITÉ E IL MERCATO ITALIANO
Flessibilità e
per costruzioni senza limiti
A cura di Laura LamarraCon Headquarter a Parigi e sedi a Milano, Londra, Lussemburgo e Berlino, Agilité, società paneuropea specializzata in sviluppo di progetti di fit-out nel settore office, retail e hospitality, supporta la crescita e l’espansione dei clienti in tutto il continente, tra cui Apple, Pimco, Mozilla, Singapore Airlines, The Instant Group, Lids e MBA, Fred Perry e Big Mamma, fornendo soluzioni di allestimento chiavi in mano, con particolare riferimento ai settori office, retail & hospitality.
Cosa significa essere General Contractor nel mercato attuale?
“Offrire una gamma di servizi a 360 gradi, dalle fasi preliminari sino a quelle successive alla consegna del progetto: dalla consulenza iniziale per lo space planning, all’allestimento degli interni o alla valutazione di fattibilità. Significa gestire il progetto in ogni sua fase, fornendo competenza tecnica multidisciplinare, grazie ad una rete di professionisti di alto livello esperti nello space planning, nella progettazione e nei servizi di costruzione”, afferma Maria Luisa Daglia, architetto di formazione, con consolidato background internazionale nel settore delle costruzioni e del project management, attualmente Country Manager della sede italiana
Quali sono i principali punti di forza di Agilité?
“Senza dubbio la flessibilità, la capacità di adattarsi in modo veloce ed efficace al cambiamento e alle svariate esigenze del nostro target di clientela, ampia e variegata, la vocazione e la consolidata
velocità
expertise internazionale, che ci consente di realizzare e consegnare in tutta Europa progetti di qualità, senza interruzioni, rispettando le tempistiche e i budget, sono nel nostro DNA e rappresentano i nostri principali elementi distintivi”.
È recente il debutto della sede milanese, cosa significa per Agilité la presenza in Italia?
“L’apertura lo scorso novembre della nuova sede, nel palazzo Wework a Milano, in via Vittor Pisani 15, nei pressi della stazione Centrale, e l’annessa assunzione di figure specialistiche, in particolare in ambito amministrativo, project and construction management, è una tappa importante della strategia di consolidamento e sviluppo di Agilité nel mercato immobiliare italiano e soprattutto nel capoluogo lombardo, afferma Daglia. E prosegue: “Milano si è affermata da tempo come città internazionale, ben collegata al resto d’Europa, punto nevralgico di scambi economici, culturali e luogo intorno al quale gira la filiera del Real Estate. Avere una sede operativa a Milano significa essere vicini ai più importanti player del mercato e poter partecipare ad eventi (offerti ad esempio dai vari showroom del settore), traendo nuove opportunità di contatto e dunque di business”.
Quali sono i principali risultati a due anni dall’apertura della prima sede italiana, sia in termini economici, sia di progetti realizzati e in corso?
“Incremento del fatturato, fino a 5 milioni di euro nel 2022; con un
aumento stimato di 7,5 milioni di euro per il 2023”, afferma Daglia E prosegue “Siamo presenti nelle principali fiere di settore, abbiamo ampliato le partnership qualificate e le collaborazioni con società internazionali, nonché realizzato nuovi uffici per societa’ nazionali e internazionali come Neosperience, QBE Europe, EP Produzione e BGC Aurel nel capoluogo lombardo. Infine, nel retail, in particolare nel settore food, come il progetto per Five Guys a Milano in via Dante e la gestione del nuovo Ristorante di Big Mama a Milano fino al Fashion Retail con l’apertura del primo store in Italia del multi brand britannico di moda End Clothing.” www.agilitesolutions.com
LA "CLASSE" DEL GIORNALISMO
Botteri riceve il “Premio Semplicemente Donna”
A cura di Carla Cavicchini
Giovanna Botteri è una delle più popolari giornaliste che regolarmente appaiono sugli schermi televisivi. Da anni racconta l’attualità e segue le pagine più complesse della storia recente. Stimatissima per la professionalità che la contraddistingue, risulta una delle più accreditate editorialiste di politica italiana ed estera. Dal dicembre del 2021 è corrispondente da Parigi e responsabile dell’ufficio francese per i servizi giornalistici, radiofonici e televisivi della RAI.
Semplicissima, vestita di scuro, sorridente, quasi mite durante la decima edizione del “Premio Semplicemente Donna”, è pronta per essere premiata per il settore ‘Giornalismo’, nell’ampio teatro Mario Spina di Castiglion Fiorentino. Col suo bell’accento del nord visto che è triestina, racconta che per lei è un grande onore con dividere il palco assieme a tante altre figure femminili.
“Stasera ho ascoltato cose belle ma anche terrificanti, quanto nel ricevere tutti questi
applausi… a me che mi sento così piccola, mah! Inevitabile a questo punto parlare di giornalismo. Di noi che raccontiamo le storie degli altri, della curiosità che ci spinge continuamente a proseguire, considerando che proprio la storia, la studi, la vivi, in un contesto in cui risulta fondamentale non parlare di noi stessi bensì semplicemente raccontarla.”
“Da inviata di guerra è innegabile pensare alla pace, tenendo tuttavia ben conto delle realtà locali. Sono stata varie volte in trincea, vivendo momenti terribili, con persone tranquille sedute a casa.”
“In Cina, da inviata, fino a poco tempo fa - prosegue - tante, tantissime persone morivano a causa del Covid. Io capivo, capivo cosa c’era sotto, tanto d’essere considerata una ‘Cassandra’. Il mio lavoro mi ha portato a vivere accanto anche ai talebani - veri e propri padroni, signori d’un territorio martoriato - vivendo in condizioni di pura follia! E quindi è giusto sottolineare che non siamo dei robot, che abbiamo i nostri sentimenti.
Personalmente amo le donne con la loro bellezza e loro disperazione, poiché proprio la donna è il futuro”.
“Il mio consiglio? Non cedere, non mollare, mai e poi mai, via lo spauracchio di rimanere sole. Questo non è un sogno, semplicemente la propria idea che ti sprona ad andare avanti.
Alla fine vincerai tu e non gli altri! Quanto all’essere donne, siamo anche mamme, ed è bellissimo, talmente bello che mia figlia mi ha salvato la vita!”
Il pubblico è totalmente rapito, l’attenzione è massima mentre Giovanna Botteri prosegue spiegando: “Accadde accanto alla collega Maria Grazia Cutuli durante la missione in Afghanistan. Proprio in quel frangente mia figlia mi cercò, aveva urgente bisogno di me ed io la raggiunsi. Purtroppo i fatti successivi furono estremamente tragici poiché come ricordiamo, Maria Grazia morì per l’attentato di mano talebana a Sarobi, sulla strada tra Salalabad e Kabul.” Nell’intervista concessa mi chiedono d’essere estremamente veloce e quindi mi precipito… domandando del Premio, notando l’intenso volto struccato e cristallino.
Già, proprio questo “Premio Semplicemente Donna” che lei conoscerà, siamo estremamente curiosi di sapere cosa ne pensa.
“Credo sia importante in questo momento aiutare, sottolineare il lavoro che le donne stanno facendo nei vari ‘campi’ della società. È un momento difficile, siamo usciti da una pandemia, c’è una guerra in corso, una crisi economica che regna, la minaccia dell’inflazione, siamo tutti incerti, impauriti, e le donne, ancora una volta, sono una colonna, un punto di riferimento forte per quel che succede e per quello che si cerca di ricostruire. Di conseguenza una immagine focale per la pace e per il futuro dei giovani. Pertanto un Premio che ne riconosca il valore, del loro lavoro nei vari campi, è molto importante.”
Lo sa che appena è salita sul palco abbiamo avvertito la sua emozione?
“Beh…ritrovarmi assieme a tante altre persone con scambi di esperienze e di vissuti, decisamente è stato molto emozionante ed importante.”
Nonostante sia una professionista affermata le domando cosa farà da grande, ed ancora: vista la sua esperienza decisamente notevole e colma di gratificazioni…provo a dirlo... si sente arrivata?
Sorride e candidamente: “Per la prima, quando crescerò glielo dirò, quanto al sentirsi ‘arrivate’ credo non voglia dire niente. Arrivata dove? L’importante è continuare a marciare, avanzare, non c’è mai un punto in cui arrivi, bensì un punto inferiore ed una marcia ulteriore da fare.”
Giusta osservazione da parte di una donna estremamente matura, capace di risalire a monte delle cose, di costruire una controinchiesta su tematiche scottanti, tenendo ben alto il concetto che conoscere la storia è fondamentale nel proseguire il proprio cammino. In grande umiltà.
NEMO NON PROFETA IN PATRIA MA NEANCHE LAVORATORE
Quando esterofilia e demeritocrazia governano sovrane in Italia
A cura di Marco ChingariÈ di poche settimane fa la notizia bomba: a Napoli, 12 laureati, primo caso nella storia dei concorsi per operatori ecologici, saranno assunti in maniera indeterminata dall’Asia (l’azienda napoletana per la raccolta dei rifiuti urbani).
In realtà i vincitori del Concorso bandito dall’Asia sono duecento ma mai si erano visti ben 12 laureati non solo partecipare, ma addirittura vincere ed accettare di essere assunti come “spazzini” (vetusto nome dell’Operatore Ecologico) dopo tanti sacrifici e soldi spesi per conseguire una laurea.
Ma cosa sta succedendo all’Italia?
Siamo diventati una nazione che non premia più sacrifici e cultura? Senza nulla togliere al lavoro dignitosissimo e basilare degli operatori ecologici (quando li fanno lavorare, almeno a Roma, in piena emergenza spazzatura), ma ci sembra davvero assurdo e distopico il fatto che un laureato, dopo tanti sacrifici e studi, debba andare a fare un concorso per spazzino dove è richiesta come base scolastica la terza media.
Ma andiamo con ordine.
Allo Stato Italiano, è stato ben calcolato, ogni studente costa circa 8200 euro l’anno dalle classi elementari fino alla laurea: ergo parliamo della bagattella di circa 147.600 euro per ogni laureato. Ed alle famiglie quanto costano questi giovani virgulti da portare fino al sospirato Dottorato?
Una sciocchezza (si fa per dire).
Da 53000 euro di base fino ai lussuosi 700.000 euro di chi, magari ed avendone le possibilità, vuol far studiare il figlio all’estero per garantirgli un futuro più stabile lavorativo ed economico.
Ma tornando alla nostra Italietta, sommiamo i 147.600 euro statali ai 53.000 (modello base) privati delle famiglie: viene fuori
la bazzecola di euro 200.600 per far laureare il prode rampollo. Quindi, se la matematica non è un’opinione, quest’anno 12 operatori ecologici sono costati allo Stato Italiano (leggi noi tutti) ed alle famiglie in toto euro 2.407.200!
Il che, francamente, non ci sembra davvero un ottimo rapporto qualità-prezzo.
Ma che sta dunque succedendo? Niente di buono.
L’Italia non premia più la meritocrazia ma, anzi, è oramai una repubblica basata non più sul lavoro ma sul risparmio del costo del lavoro.
Vogliamo dire che oggigiorno le qualifiche, i master, le specifiche culturali non sono poi così ben viste in generale (raccomandati a parte beninteso, per quelli c’è sempre il lavoro) in quanto andrebbero pagate e riconosciute come optional positivi in un mondo del lavoro che fosse basato sulla logica e non sulla follia e sul risparmio coatto.
Ebbene qual è dunque il risultato finale? Appunto la fuga dei cervelli all’estero ed il fatto che chi rimane, ob torto collo, è costretto a fare l’operatore ecologico e ti saluto e sono alla signora Laurea.
Peraltro la cosiddetta e su citata fuga dei cervelli ci costa (e sono dati anche vetusti del 2018 fonte ex Ministro Padoan) circa un bellissimo punto del Pil l’anno, una cifra semplicemente enorme. Ma a noi, alla fine della fiera, sembra che degli italiani non importi poi così tanto.
Senza aprire la diatriba poi sull’impatto devastante sul mondo del lavoro dove decenni di lotte sindacali sono state praticamente quasi cancellate dall’immissione di lavoratori extracomunitari che si prestano a lavorare a meno della paga normale di un italiano, spostiamo l’azione un attimino su un segmento lavorativo che nessuno analizza in quanto, parrebbe, di nicchia e cioè la scolarizzazione e l’eventuale introduzione al lavoro delle masse artistiche e cioè cantanti e musicisti.
In Italia attualmente ci sono 77 istituti di alta formazione musicale (54 Conservatori statali, 19 privati, 4 istituti accreditati); 50.000 studenti, di cui il 10% stranieri (il doppio rispetto alle Università) e 6.000 docenti che, sulla carta, non è niente male per una nazione non poi così immensa come l’Italia.
Ma a fronte di tanti e tanti Istituti di formazione musicale, Licei musicali, Istituti privati et similia quale poi sarà l’aspettativa lavorativa in Italia di codesti virgultissimi musicisti e cantanti?
Ben modesta.
A parte il fatto che ogni governo che si insidia, complice anche adesso crisi, Covid e guerra Russia – Ucraina, continua a togliere soldi su soldi al Fus (Fondo Unico dello Spettacolo), il numero degli eventi, recite, concerti in Italia è sempre più basso e quindi la torta si assottiglia sempre di più.
Ma non certo i costi faraonici dei teatri, tanto per fare un esempio, nei quali ultimamente pare essersi resa evidente anche una contaminazione della ‘ndrangheta (a Verona c’è attualmente un’inchiesta in corso su fatture gonfiate ed evasione fiscale a danno dell’erario e a favore delle cosche criminali) né la chiusura
continua delle orchestre sinfoniche e liriche saranno gli attori che spianeranno il terreno lavorativo per le giovani leve artistiche. In più ci si mette anche la nostra meravigliosa ed intramontabile esterofilia.
Ultimamente Vittorio Sgarbi (sottosegretario attualmente alla Cultura N.d.R.) ha dichiarato, sollevando un polverone che neanche il Ghibli libico foriero di tempeste di sabbia, che sarebbe ora di avere un Sovrintendente italiano alla Scala di Milano dato che sono fin troppi anni che è straniero.
Apriti cielo.
Il Sindaco Sala di Milano gli ha risposto, secondo lui, a tono, dicendo che “quando avrà le deleghe ne discuteremo”.
Perché adesso, evidentemente, per affermare delle ovvietà bisogna avere delle deleghe secondo il Primo Cittadino Meneghino al quale forse sfugge che, senza nulla togliere alla professionalità di Meyer (l’attuale Sovrintendente della Scala), in Italia senza cercare neanche troppo potrebbero esserci degli italiani atti a ricoprire il ruolo di Sovrintendente nel famoso Teatro Meneghino. E non solo.
Anche a Firenze, a Napoli e perfino a Torino dirigono gli stranieri. Ora, a ben vedere, non mi sembra, eccezioni a parte ma una rondine non fa primavera, che i nostri connazionali dirigano ed imperino nelle grandi istituzioni teatrali internazionali tipo Covent Garden (Londra) Opèra di Parigi, Wiener Staatsoper (Vienna), Metropolitan di New York tanto per dirne qualcuna. Ebbene in Italia no invece, in Italia gli stranieri impazzano che è un piacere.
Ma non solo nei posti dirigenziali badate bene.
Se qualcuno si prendesse la briga di andare a controllare le stagioni liriche italiane scoprirebbe, con (credo) somma sorpresa che anche in questo caso gli stranieri, sia per opere non italiane che anche e soprattutto per quelle italianissime, la fanno da padroni, essendo come numero di scritturati assolutamente superiori ai poveri italiani, addirittura anche nelle parti secondarie e non solo in quelle soliste. Qualcuno potrebbe obiettare che anche gli italiani cantano all’estero: si va bene ma quanti sono in percentuale rispetto agli stranieri che cantano in Italia?
E comunque due dati su tutti: in Francia prima si pensa di dare lavoro agli artisti francesi e poi, se proprio non se ne può fare a meno, agli altri tra i quali i sempre più poveri italiani.
Non parliamo poi degli States dove una politica di difesa ad oltranza dei lavoratori americani fa sì che per uno straniero non residente sia assai complicato essere scritturato o assunto.
Come la mettiamo allora?
Possibile che noi si debba essere così autocarcinomici tanto da escludere sempre di più gli italiani dai circuiti lavorativi italiani mentre gli stranieri difendono a spada tratta i loro connazionali?
Eh sì perché pare che la globalizzazione, che i soliti informati anni fa dicevano essere la quintessenza della ricchezza culturale e lavorativa, nel tempo, complice il Covid, la crisi economica e la guerra, pare
stia creando l’effetto opposto ovvero la chiusura a riccio dei vari stati su sé stessi e sui lavoratori autoctoni.
Ma in Italia no, non sia mai. E quindi, di conseguenza, che senso ha avere tanti Conservatori ed Istituti Musicali che sfornano laureati su laureati musicali molti dei quali, inevitabilmente, andranno ad ingrossare le fila dei disoccupati o tante facoltà universitarie (alcune delle quali anche abbastanza inutili dalla bassa capacità occupazionale tipo Giurisprudenza (24%) e Psicologia (18%) , Lettere (15%) e Scienze Sociali (14,3%) ed anche Lingue, Scienze della Comunicazione, Scienze Politiche e Arte e Design con un tasso di disoccupazione tra il 12,4% e il 13,1% e chiudendo con Filosofia, Agraria e Sociologia, con una percentuale di poco superiore al 10%. Infine il guadagno medio mensile dei laureati magistrali occupati a un anno dalla laurea è di circa 1.013 euro netti. Esattamente il 20% in meno rispetto al 2016.)
Mala tempora currunt avrebbero detto gli antichi, tempi brutti tristemente profetizzati dal bellissimo lavoro ne “La meglio gioventù “l’opera televisiva di Mario Tullio Giordana nel quale, nella scena dell’esame universitario, ben è rappresentata la rovina di un paese in mano ai cosiddetti “Dinosauri” (il professore universitario esaminante nella scena) che fermano il tempo, la civiltà ed
il progresso dell’Italia definita, dallo stsso Dinosauro: “Un posto bello. Un posto bello ed inutile da distruggere”.
Il Maestro Riccardo Muti, che magari un tantinello è anche lui un po’ “Dinosauro”, parlando dello stato della musica in Italia (stato assolutamente “comatoso”) ha avuto a dire:
"L'Italia è una delle nazioni che ha meno orchestre al mondo. Inutile centuplicare i conservatori che continuano a sfornare dei diplomati che non trovano lavoro. Le orchestre però vanno centuplicate unicamente per portare cultura alla popolazione, non per trovare lavoroha aggiunto - quella del musicista non è solamente una professione ma una missione".
Ed infine: “La musica è importante per tutti, la musica rende migliori. Sono frasi che a furia di ripeterle sono diventate retoriche e vuote - ha insistito il maestro - Lo dimostrano proprio i due musicisti ucraini che suonavano con noi e sono in Italia per qualche mese. Si sono sposati musicalmente con i nostri giovani della Cherubini - ha spiegato ancora - pur non comunicando con la lingua tra loro, la musica li ha uniti".
Aggiungendo: “Perché la musica unisce", e concludendo in napoletano: "Per chi 'o ccapisce".
Ecco per chi lo capisce.
Ma non c’è peggior sordo o stolto di chi non vuol capire...
EDITH BRUCK
Scrittrice poetessa a Firenze
È un giorno altamente significativo quello del 27 gennaio: “Giorno della Memoria”. Ogni anno viene ricordato tenendo presenti le vittime dell’Olocausto, in Italia nonché nel resto del mondo.
La commemorazione rappresenta un alto momento di riflessione visto che nel 1945, alla fine della seconda Guerra Mondiale, vennero finalmente abbattuti i cancelli di quel famigerato luogo che, insieme ad altri, era stato un vero e proprio teatro dell’orrore. Auschwitz, davanti alle truppe dell’Armata Rossa durante la liberazione del campo di concentramento, offrì l’agghiacciante realtà: quella d’un vero e proprio genocidio tanto da essere appellato “La fabbrica della morte”. Una scena apparsa in tutta la sua crudezza, efferatezza, con quei circa 7000 sopravvissuti, tra strumenti di tortura e morte, insieme a cadaveri, quintali di capelli, scarpe ed abiti sparsi in ogni angolo. Riteniamo di conseguenza che sia giusto, doveroso, ricordare la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, le deportazioni, le prigionie di coloro che le subirono, guardando con occhio diverso e speranzoso il futuro.
Sul tema della ‘Felicità’ si è espressa l’ungherese Edith Bruck, analizzando tale concetto nelle varie sue sfaccettature durante lo scorso convegno del “Festival delle religioni” per “Felici e scontenti”,
tenutosi nella superba Abbazia di San Miniato al Monte alle porte di Firenze. Lucidissima coi suoi novanta e passa anni, si pose ai media in maniera cordiale, gentilissima, contenta della splendida giornata di sole che cingeva l’aria, osservando… “Beh… la scontentezza c’è da tempo! Tuttavia oggi, in questo luogo magico, mi sento in Paradiso, pensando anche alle “Chiavi della città” che riceverò dalle mani del sindaco Dario Nardella. Che dire ancora…è il massimo che si possa avere da Firenze, una delle città più belle del mondo, considerata giustamente la culla dell’arte. La conosco ma non abbastanza, è sempre un piacere riscoprirla e… grazie al sole che in questo momento ci vuole così bene!” Durante l’incontro nel bellissimo luogo di culto davanti ad una nutrita moltitudine di persone, ecco che la signora, di panno vestita color avorio, si fece più seria, pensosa, mentre veniva osservato che il tema trattato dell’Olocausto era un fenomeno da farci ben riflettere.
“No, non sono felice, la felicità è sorella della scontentezza. Mi vedo bambina, poverissima, eppure gioiosa nel ricevere una caramella ed ancora un paio di stivali di gomma. E più serena di oggi. Ricordo mia madre dopo la Pasqua ebraica che regalava la farina per fare il pane, ed ancora io, nel ghetto, che riuscivo a sorridere quando un amico di papà mi gettava patate e marmellate. Non ero triste nemmeno nel vagone
delle bestie che correva verso Auschwitz mentre mia mamma dolcissima mi pettinava. Una volta arrivati i tedeschi ordinarono: destra! Sinistra! Ed io che andai a sinistra mentre qualcuno mi sussurrò d’andare a destra dove c’erano i lavori forzati. Mia madre fu colpita col calcio del fucile ed io mi trovai con Adele, mia sorella, nei campi vedendo e subendo selezione ed annientamento totale. Di conseguenza, più tardi, Dachau fu per me un paradiso con quelle patate in cucina, avendo tuttavia la consapevolezza di non essere niente e nessuno, solo un numero! Ricordo, meravigliata e non poco, quando mi sentii chiamare col mio nome, Edith, nonostante mi fosse stata gettata la gavetta malamente, però con marmellata da mangiare!
Ed ancora quella volta che mia sorella si buttò contro un tedesco per difendermi poiché trovata in terra, tra la neve, mi venne puntato il fucile, per poi risparmiarci, lanciandoci un sacco di offese.
No…non bisogna dimenticare anche se è il mondo che dimentica. Da più di 50 anni vado nelle scuole notando tuttavia che l’insegnamento è fatto poco e male. Mi dispiace dirlo ma…in questo mondo, questa violenza imperante unita al razzismo. Ed è bene essere sempre informati visto che ciò che accade ci riguarda personalmente, senza mai, mai! Voltarci! I ragazzi sarebbero curiosi ma la famiglia inculca troppo poco questo! Una volta rimpatriati, cinque soldati ungheresi ci chiesero
in ginocchio di riportarli a casa – erano nemici – che avevano diviso il cibo coi fascisti, nonostante ciò una volta arrivati…
Ma è giusto che Dio benedica, benedica tutto e tutti, visto che questo è una forma di bellezza assoluta. Io, personalmente, non ho mai provato odio, nemmeno quando ci sputavano addosso. Poiché loro erano peggio di noi! L’essere umano è debole e fragile, non sono certamente io in grado di giudicare!”
Primo Levi nutriva un senso di colpa per essere sopravvissuto…mah, ricordo ancora gli incontri con Mengele senza però essere mai stata corrotta! Solo quella carta stropicciata che mettevamo sulle guance per cercare d’essere più decenti! Questo mentre Primo Levi aveva condizioni migliori, ed io! Che invece mi rifiutavo persino di rubare le rape! Ad un certo punto ci selezionarono per ucciderci e, francamente, mi chiedo ancora come faccia ad essere in vita! Nonostante tutto, chi mi ascolta, mi regala una grande energia! Proseguo osservando che gli americani arrivarono troppo tardi, prima arrivarono i russi, ed ancora, tutti quei mille chilometri per arrivare a Begen Belsen dove portavamo i cadaveri nella tenda della morte. Due di loro erano vivi: ci pregarono di raccontare…raccontare, ed è quello che sto facendo!”
“Termino dicendo che ho imparato ogni forma di rispetto, presumo proprio sulla scia di ciò che ho subito, eppure continuo a non capire come abbiano programmato tutto questo, con la complicità del mondo, continuando a negare! Una volta arrivati, dopo la guerra, nessuno, nemmeno in Italia, ci considerava, senza sapere cosa avevamo vissuto, nonostante che a Napoli mentre cantavano “Maruzzella, Maruzzella”, trovai tanta umanità.
Sono arrivata alla fine: l’uomo crea e distrugge, ma questo riguarda l’uomo e non Dio nonostante l’indegna morte avvenuta seppur in una vita buonissima e caritatevole. Sapete, mio padre aveva un amico zingaro e…sarà strano dirlo, ma siamo tutti fratelli! Con i miei occhi ho visto calci, cani che urlavano, terrore puro, con tanto di cose anche imbarazzanti, raccontate con difficoltà nelle scuole. E sta di fatto che se gli ebrei sono visti come quelli che hanno crocifisso Cristo, beh… allora l’uomo non impara mai!”
Gentilissima accolse la richiesta di una intervista per Beesness. Le domandammo: Lei ha sempre dichiarato che la propria Università è stata Auschwitz, è difficile cancellare le proprie cicatrici interne? “Non si devono e non si possono cancellare. È per sempre. Ad Auschwitz ho vissuto tale orrore, annientamento totale, considerando poi tutti gli altri campi, 1635? Di concentramento in Germania, Dakau. Il guaio è che le persone hanno volutamente la memoria corta; tutta l’Europa compreso l’Italia ha sofferto non poco, di conseguenza siamo noi delegati a parlarne, a rivivere, portando testimonianze, considerando che rimane sempre una cosa molto, molto, pesante. Ma è il nostro dovere morale ed è giusto farlo.”
Sappiamo che è stata anche consulente del regista Gillo Pontecorvo per lo splendido film ‘Kapò’.
“Si…fu una esperienza molto drammatica nonostante l’amicizia con Gillo. Gillo che mi faceva delle sorprese patetiche facendomi trovare 500 finti morti aprendo il magazzino. No…non lo rifarei più nonostante ne avessi bisogno. Da poco ero arrivata in Italia e quindi
accettai tale lavoro anche se ne ho fatti diversi; tuttavia dopo un mese lasciai tutto. Troppo terrificante insegnare come mangia un affamato, spiegare quel gelo che attraversava le membra davanti a bravissime attrici che però non conoscevano le sofferenze.”
Ci racconti quando il Ministro Speranza la volle nella “Commissione Assistenza Sanitaria e Socio Sanitaria” per popolazione anziana. Come fu tale esperienza?
“Beh… facemmo varie riunioni in merito nonostante la mancanza di mezzi economici per l’assistenza domiciliare. Personalmente sono favorevolissima che gli anziani non debbano essere allontanati da casa bensì curati a domicilio. È ingiusto trascurarli, farli sentire un peso, ripeto, la medicina migliore è assisterli tra le mura di casa loro. Su questo posi l’attenzione ai vari media, anche presso il passato governo Draghi, considerando però i tempi interminabili.”
Ha avuto l’onore di essere ricevuta dal Capo dello Stato Mattarella nonché dal Papa.
“Con Mattarella fu un momento bellissimo, seppur in forma ufficiale, con tanto di cerimoniale, ed anche con il Papa Francesco fu un momento altamente toccante nel trovarlo così amichevole. Emana una grande, grandissima forza umana ed è meraviglioso. Durante l’incontro sentii agitazione davanti a una tale figura carismatica, commuovendomi non poco. Mi ha poi telefonato varie volte e… può darsi che ci rivedremo. Lo spero!
L’IMPERO DEGLI ALGORITMI
AI, inclusiva, etica e al servizio dell'umanità
A cura della Redazione
"L'impero degli algoritmi" è un libro che ci introduce a una realtà innegabile: siamo governati da sistemi "intelligenti" silenziosi ed enigmatici. Il problema sorge quando ci si rende conto che la tecnologia, lungi dall'essere neutrale, è altamente permeabile ai valori, ai pregiudizi e agli stereotipi di ciascuno degli attori coinvolti nel suo ciclo di vita e, soprattutto, della società.
Così, attraverso casi reali e quotidiani, come i social network, i sistemi di riconoscimento facciale, le piattaforme digitali (come Uber, Glovo, ecc.), tra i tanti, il libro evidenzia l'enorme impatto di questi sistemi sui diritti umani. Decenni di progressi in questo settore vengono buttati via dalla frenetica automazione?
Il libro ha tre temi centrali: la prospettiva di genere, la rivendicazione dell'identità iberoamericana (Italia compresa) e l'umanesimo tecnologico.
Nell'ultimo capitolo, offre un messaggio di speranza attraverso chiavi di lettura per lo sviluppo di un'IA equa e inclusiva che ci permetta di rovesciare il suo attuale impero. È una "chiamata all'azione" perché tutti, indipendentemente dal loro ruolo o dalle loro conoscenze nel campo, sono coinvolti e hanno molto da fare.
Diamo il calore di una casa a chi deve curarsi lontano da casa
Aiutaci a rispondere con 3.000 mq in più di accoglienza, costruiamo insieme una nuova
CasAmica per i malati e le loro famiglie.
Sono sempre di più le persone costrette a curarsi lontano da casa. CasAmica da oltre 30 anni è accoglienza, conforto e sostegno concreto. È un luogo dove chi deve affrontare lunghi periodi di cura può contare sulla vicinanza dei propri cari, in un ambiente confortevole e familiare e con il sostegno umano dei nostri volontari ed operatori. Aiutaci a costruire una nuova CasAmica, aiutaci a dare il calore di una nuova casa.
DONA AL 45591
con un SMS o chiama da rete fissa
DAL 12 MARZO AL 1 APRILETOSCA: IL TERRITORIO AL CENTRO DEL NUOVO FORMAT DI RISTORAZIONE
A soli due mesi di distanza dalla notizia dell’importante ingresso del Gruppo Miroglio nella compagine societaria di TOSCA –L’ARTE DEL GUSTO, il format di ristorazione recentemente creato dall’imprenditore Pietro Nicastro, già ideatore con Monica Fantoni del brand di successo Löwengrube, sigla un’intesa con i primi Consorzi toscani per garantire ai clienti l’autenticità dei prodotti che sono alla base dell’esperienza gastronomica proposta. La partnership siglata con i Consorzi di Prosciutto Toscano DOP, Pecorino Toscano DOP, Finocchiona IGP e Olio Toscano IGP esprime e consolida la volontà del nuovo brand di fare del territorio il perno del format e garantisce l’autenticità dell’origine dei prodotti anche in vista della replicabilità del format su scala nazionale ed internazionale. L’accordo prevede infatti che gli approvvigionamenti delle materie prime (prosciutto crudo, pecorino, finocchiona e olio) vengano fatti esclusivamente da produttori aderenti ai diversi Consorzi. Ciò rappresenta una chiara scelta di posizionamento del brand, che potrà essere sottoposto in qualsiasi momento a controlli campione lungo tutta la filiera per garantire l’autenticità dell’offerta e della comunicazione della stessa verso i consumatori. Tosca si impegna infatti a trasferire ai clienti il valore delle eccellenze alimentari selezionate attraverso la comunicazione dei Consorzi sul menu e altro materiale di divulgazione, contribuendo così alla conoscenza da parte di un pubblico sempre più allargato, attraverso lo sviluppo della rete di punti vendita prevista in Italia e all’estero (nel corso del 2023 si prevede la prima apertura a Londra).
Mentre sono già all’orizzonte le prime aperture all’estero, sono in corso contatti per coinvolgere nell’operazione altri Consorzi di tutela, ampliando ulteriormente il patrimonio gastronomico del menu.
12OZ CONTINUA L’ESPANSIONE NEL SEGMENTO TRAVEL
12oz, retail format specializzato nel servizio rapido di coffee&milk based drinks , concepiti principalmente per il consumo in movimento, ha aperto il suo 22° punto vendita all’interno della stazione RFI di Milano Rogoredo .
Snodo centrale della fascia sud-est della città, con 8 binari su cui sfrecciano treni ad alta velocità, regionali, suburbani e a lunga percorrenza, come la tratta Nizza-Mosca, è una delle prime stazioni della città per traffico giornaliero. Le cup to go di 12oz seguiranno così lavoratori, studenti, turisti e pendolari nei loro spostamenti, garantendo a tutti un servizio rapido e veloce.
La velocità di servizio è infatti uno dei principali asset del format: in soli 30 secondi in media il viaggiatore può prendere al volo una bevanda, calda o fredda, e continuare il proprio percorso, con la giusta dose di energia e gusto.
Questo nuovo punto vendita è il 19° a gestione diretta e l’8° nella città metropolitana di Milano. Lo store di Milano Rogoredo, di soli 15 mq, è concepito per assecondare le esigenze di chi ha poco tempo e non vuole correre il rischio di perdere le coincidenze dei mezzi di trasporto. Niente posti a sedere, dunque, per un format che mantiene la solita profondità di menu con bevande personalizzabili a base di caffè e latte (anche vegetale), da accompagnare a donut, bagel, brioches e molto altro. Tutto rigorosamente veloce e to go.
LA PIZZA DI ROSSOPOMODORO CONQUISTA GLI AEROPORTI: NUOVA APERTURA A ROMA FIUMICINO
Per Rossopomodoro il canale "travel" (stazioni ferroviarie e aeroporti) rappresenta un posizionamento di crescente rilievo per la strategia di sviluppo, come dimostrano le ultime aperture del brand napoletano nel 2022. L’anno appena concluso ha contato una serie inarrestabile di aperture. All’estero, a San Jose in California e a Doha in Qatar, e in Italia nella stazione di Roma Termini e di Bologna Centrale, nell’aeroporto di Bergamo Orio al Serio, e infine a Castelletto Ticino, Nichelino e Messina.
Con l’espansione nei maggiori aeroporti italiani, si consolida la partnership con Areas - My Chef. Dopo la recente apertura di Bergamo Orio al Serio, al piano ammezzato dell’area arrivi, adesso anche a Roma Fiumicino nell’Aeroporto Leonardo da Vinci, dove dal 28 dicembre si può gustare la pizza di Rossopomodoro. Grazie a questa continua espansione in aeroporti e stazioni Rossopomodoro sta diventando il brand italiano più famoso al mondo grazie al numero di clienti che cresce esponenzialmente ogni anno: non più solo gli affezionati che possono contare sulla pizza di Rossopomodoro nella propria città, ma anche tutti i viaggiatori provenienti da qualsiasi Paese. Il nuovo locale, accogliente e luminoso, si trova in una posizione rialzata con vista sul Terminal ed è collegato con comodi tapis roulant alle aree parcheggio e alla stazione dei treni diretti a Roma Termini. Conta oltre 100 posti a sedere e si presenta con un layout originale e molto attrattivo ispirato al claim del brand “come un giorno a Napoli”. Un inno che invita a vivere un’esperienza 100% italiana grazie alla possibilità di gustare le eccellenze del territorio campano e le specialità della cucina tradizionale di Napoli e ovviamente l’inimitabile pizza napoletana.
TORNA “SEMPRE APERTI A DONARE”: PER IL 2023 OBIETTIVO 200.000 PASTI
La collaborazione tra McDonald’s e Fondazione per l’Infanzia Ronald McDonald prosegue con la nuova edizione di “Sempre aperti a donare” - l’iniziativa di donazione di pasti caldi a sostegno dei più fragili - che riparte a dicembre per concludersi ad aprile 2023.
Lanciata per la prima volta nel 2020 nel periodo della pandemia per supportare le persone più fragili, l’iniziativa solidale ha riscontrato un successo e un’adesione oltre le aspettative e oggi, alla luce del complesso scenario che vede aumentare di giorno in giorno il numero delle persone IN DIFFICOLTÀ, si ripropone con un traguardo ancora più ambizioso: donare 200mila pasti in 200 città italiane
Un obiettivo raggiungibile grazie anche alla collaborazione che continua per quest’edizione con Banco Alimentare –fondamentale nell’individuazione delle associazioni LOCALI CONVENZIONATE alle quali donare – e con la Comunità di Sant’Egidio, che si occupa di sostenere e supportare chi è senza dimora; insieme con altri enti caritativi che operano sui territori. Un piccolo gesto ma concreto che vedrà coinvolti in prima persona i team dei ristoranti McDonald’s nella preparazione dei pasti e nella distribuzione capillare su tutto il territorio nazionale - da Milano a Roma, da Torino a Bari, da Cagliari a Verona. Solo tra dicembre 2021 e marzo 2022, grazie alla collaborazione con i franchisee e al legame consolidato con Fondazione per l’Infanzia Ronald McDonald, “Sempre aperti a donare” ha offerto più di 170mila pasti, coinvolgendo 245 ristoranti e oltre 200 associazioni in 195 città italiane
DAL MODELLO AMERICANO AL MERCATO ITALIANO: JOHNNY ROCKETS VERSO NUOVE APERTURE
Brand di ristorazione ispirato all’American diner e nato a Los Angeles nel 1986, Johnny Rockets è stato importato in Italia nel 2016, proponendo un modello che conta 350 ristoranti in tutto il mondo e in grado di coniugare il cibo di qualità con l’attenzione per la filiera.
Il consolidamento in Italia, che conta attualmente già otto locali, è destinato ad aumentare ed espandersi lungo lo stivale con un programma di aperture nelle principali città italiane, da Milano a Bologna, da Verona a Firenze, da Napoli a Torino, con una media di 2-3 aperture all’anno tra corporate e affiliazioni.
Dagli ingredienti alla location, entrare in Johnny Rockets vuol dire far parte di una squadra in cui tutto è coordinato per far vivere agli ospiti un’esperienza unica. Per questo con il 2023 la casa madre italiana è alla ricerca di gestori di ristoranti esperti che vogliano operare come suoi sub-franchisee, avviando un’attività di successo con l’assicurazione di un team presente in ogni passo, con particolare attenzione nella selezione della location e design del ristorante, negli acquisti delle materie prime e delle attrezzature necessarie all’avvio dell’attività. Non solo: il team fornisce supporto nella gestione delle operazioni e nella formazione del personale, affinché nessun dettaglio sia tralasciato, neppure ciò che concerne le aree di marketing e promozione. Affiliarsi a Johnny Rockets prevede un investimento minimo che oscilla tra i 400 e i 500mila euro a seconda del format: formula express, rientra nelle food court dei centri commerciali, o format traditional, prevede uno spazio di almeno 200 mq e tavoli di proprietà.
BROOKLYN FITBOXING: IL BRAND INTERNAZIONALE CONTINUA LA SUA ESPANSIONE IN FRANCHISING IN ITALIA
Dopo l’importante crescita ottenuta in Spagna, il brand internazionale ha scelto di espandere la propria rete in Francia, Germania e soprattutto in Italia, dove sta riscuotendo un grande successo. Hanno aperto a novembre e dicembre 2022 altri due centri a Milano in Piazzale Udine e in via Rembrandt aggiungendosi ai già esistenti Ticinese ed Isola, arrivando così a 4 solo nell’arena milanese. Brooklyn Fitboxing propone un percorso di fitness completo e molto efficace basato sul metodo HIIT (HIGH INTENSITY INTERVAL TRAINING) affiancato da una tecnologia brevettata che rende i sacchi capaci di monitorare in tempo reale le performance di ogni fitboxer. Le sessioni di allenamento ad alta intensità, della durata di 47 minuti, alternano colpi al sacco a ritmo di musica e round di esercizi funzionali per stimolare il metabolismo in maniera efficace. Il concetto è non fermarsi mai, intervallando momenti di fitboxing con esercizi mirati al potenziamento muscolare.
Divertimento, Gamification e Community sono i pilastri sui quali si è deciso di costruire il brand. L’approccio di Brooklyn Fitboxing si basa sul divertimento, rendendo dimagrimento o rimodellamento del corpo, il normale risultato dell’allenamento condotto da trainer professionisti. Il sistema di luci e sensori integrato nei sacchi rende i fitboxer protagonisti, ad ogni allenamento, di un gioco nel quale sfidare sé stessi e gli altri. Questo contribuisce a creare un ambiente frizzante ed inclusivo, dove non è più la “fatica” il driver principale, bensì lo stare bene con sé stessi, migliorarsi e divertirsi insieme agli altri. Contribuisce a consolidare il senso di appartenenza alla community globale anche la filosofia Hit4Change (Change your Body, Change your Day, Change the World) basata sull’energia che i fitboxer generano durante le loro sessioni. Ciascun fitboxer può scegliere a quale delle attività solidali promosse dal brand donare la propria energia (sostegno all’infanzia, assistenza sanitaria, protezione degli oceani e tutela della fauna e della flora terrestre.)
Mercatino Franchising leader nell' intermediazione dell’usato, nasce a Verona nel 1995 e ad oggi ha sviluppato una rete in franchising di oltre 180 negozi. La formula del conto terzi consente a due soggetti diversi un’azione di guadagno (chi vende espone gratis il proprio usato) e una di risparmio (chi compra lo fa a prezzi inferiori a quelli di mercato). Con il suo sistema virtuoso, Mercatino diffonde la “buona pratica” del riuso come sistema etico - sociale nella salvaguardia dell’ambiente e del territorio. I fattori di successo del Franchising Mercatino sono: Assistenza & Formazione, Innovazione tecnologica e Visibilità Nazionale.
PROFILO FRANCHISOR:
Ragione sociale: Mercatino
Indirizzo sede legale: Via Angelo Messedaglia 8C, Verona
Sito Internet: www.mercatinousato.com
Attività: Intermediazione di oggetti usati
Anno di fondazione dell’Azienda: 1995
Anno di lancio del franchising in Italia: 1995
PV in franchising Italia: 182 aperti e 10 in apertura
PV in franchising all’estero: 1
Regioni italiane di interesse per lo sviluppo: tutte
Paesi esteri di interesse per lo sviluppo: non abbiamo preferenze
Franchisee singoli: 137
Multi-Unit Franchisee: 15
PROFILO FRANCHISEE
Bacino d’utenza: 50.000 abitanti
Ubicazione ottimale PV: zone commerciali/residenziali
Superficie media PV: a partire da 400 mq
Addetti richiesti per PV, compreso il titolare: a partire da 3
Esperienza pregressa nel settore: non richiesta
Formazione iniziale: 5 giorni
Arredo e investimento medio iniziale: € 50.000
Fatturato medio annuo (stima): € 469.000
Merce in conto vendita: SI
Sistemi informativi offerti: SI
Diritto d'ingresso: € 5.000
Canoni periodici (royalties): 3% sul venduto mensile
Canoni periodici fissi: NO, solo servizi accessori al franchising
Pubblicità a livello locale: NO
Contributi per campagne pubblicitarie nazionali: SI
Assistenza in loco in fase di apertura: SI
Assistenza per la durata del contratto: SI
Zona di esclusiva: SI
Durata contratto: 5 anni
CONTATTI FRANCHISOR
Franchisor: Mercatino
Referente franchising: Veronica Spadafora
Telefono: 0458203355
E-mail franchising: sviluppo@mercatinousato.com
Sito Internet: www.mercatinousato.com
N.B. I dati sono puramente indicativi e concordati con l’Azienda
Dal birrificio Doppio Malto di Erba (CO), Foodbrand Spa ha dato vita ad una delle principali esperienze italiane legate al mondo della birra artigianale. Doppio Malto è infatti una realtà che oggi conta 20 locali in Italia e uno all’estero e punta a far crescere la cultura della birra artigianale nello Stivale con un piano che prevede dieci nuove aperture nel 2021. Entro la fine dell’anno entrerà pienamente in funzione il secondo birrificio Doppio Malto a Iglesias, in Sardegna. Lo sbarco all’estero è arrivato nel settembre 2020, con l’apertura di un Doppio Malto nel nuovo centro commerciale Steel di Saint-Étienne (Francia), mentre per il 2021 è previsto un ambizioso piano di sviluppo in Italia e all'estero (Francia e Scozia).