Pepeverde
n. 10- 2021 aprile giugno
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EDITORIALE
Letture e letterature giovanili
E CHI NON FOSSE D’ACCORDO BATTA UN COLPO Ermanno Detti Care lettrici e cari lettori, Illustrazione di copertina di Miria Savioli.
Miria Savioli collabora con il “Pepeverde” dal 2009. La sua passione sono i numeri e i colori. Tra i suoi desideri più grandi c'era quello di realizzare una copertina per il “Pepeverde”. Con questo numero il suo desiderio si è avverato. La rivista ospiterà volentieri i suoi preziosi contributi (segnaliamo su queste colonne il suo pezzo alle pp. 46-47). Il fumetto in II di copertina è di Barbara Calcei, in arte Bake
come vedete, tutti i collaboratori della nostra rivista sono impegnati, tra l’altro, nella lettura dei libri che escono e a segnalarli. Un lavoro attento, che richiede tempo e competenze perché tra le migliaia dei nuovi libri che escono ogni anno noi vogliamo segnalare quelli meritevoli in modo da orientare i nostri lettori. Ora nel nostro gruppo di lavoro si comunica, si fanno valutazioni generali, si osservano tendenze e sviluppi della produzione, e in generale emergono plausi e lamenti. Per esempio viene molto apprezzata la volontà di alcuni editori di ristampare i classici o anche i libri non proprio classici, ma buoni o ottimi che meritano di non essere sepolti dalle numerose novità. In genere li segnaliamo. Molto apprezzate anche alcune recenti iniziative di tradurre dall’estero opere di pregio spesso dimenticate o volutamente accantonate perché, scusate l’espressione strausata, non proprio politicamente corrette. Ci sono invece un paio di cose che recentemente vengono lamentate e che io stesso condivido. Chi mi segue su questa colonne conosce la mia fissazione sulla qualità in generale. Non solo, ho anche l’ossessione delle belle storie, di quelle che commuovono e coinvolgono con “motori narrativi” accattivanti e capaci ci catturare i lettori (magari per la presenza di vicende misteriose e avventurose o magari per la vena comica umoristica che strappa sorrisi e risate). Ora dicevo si registrano in generale due fenomeni. In primo luogo la sovrapproduzione di albi illustrati. Sì, certo, sono i più richiesti, alcuni genitori più illuminati ormai comprano albi per bambini molto piccoli, quindi è logico che l’editoria risponda a queste nuove e positive esigenze. Ma non trovate che questi albi siano davvero un po’ troppo uguali? Qualcuno dei miei collaboratori mi ha fatto notare questo appiattimento e mi assumo la responsabilità di condividerlo e di scriverlo. Guardate nella nostra rivista il settore delle schede e osservate come ormai la maggior parte sia occupata da libri per bambini molto piccoli. Non avremo con il tempo quell’inquinamento di storie di cui Jack Zipes ha parlato più volte su queste stesse colonne? Considerate che oggi ovunque si narra, dalla pubblicità ai videogiochi, ma troppo spesso si narra in maniera superficiale e “meccanica”. Il secondo aspetto riguarda un certo appiattimento nelle storie: tutte carine, tutte corrette, ma troppo carine e troppo corrette, diremmo, scusate ancora, troppo politicamente corrette. Difficilmente si registrano nelle storie quelle imprevedibilità e quei guizzi di trasgressione che sono il sale del coinvolgimento di cui sopra. Tutto bene, tutto regolare, come in una storia – ne parlo con rispetto – di un fumetto seriale. Tutto è anche rassicurante e vendibile, ma certo l’intelligenza dei bambini a nostro avviso ne soffre. Digressione d’obbligo: non ce l’ho davvero con gli autori italiani a cui dedichiamo una buona parte in apertura della rivista e che credo meriterebbero uno spazio maggiore. In questi giorni sto rileggendo l’Ariosto. È una miniera di trovate fantastiche, di veri trionfi dell’immaginazione, di battute ironiche, di riflessioni filosofiche e sarcastiche, di soluzioni imprevedibili (pensate ad Angelica, principessa corteggiatissima, che sposa un fante!). Mi è venuto in mente che un Rinascimento (se ne parla tanto) della letteratura per ragazzi sarebbe auspicabile. L’Orlando furioso sta lì da secoli e ancora ci delizia, mentre invece oggi nuove opere capaci di durare nel tempo se ne vedono poche. Forse i tempi sono cambiati, ma chiediamoci se non è il caso di cambiarli di nuovo (magari ripartendo da “le donne, i cavallier, l’arme e gli amori” per andare oltre). Forse sarebbe il caso di provarci con la fine, auguro e spero, della pandemia.