Anno III n. 10/ 2021 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/2/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (Roma)
Letture e letterature giovanili
Pepeverde n. 10-2021 aprile giugno
Pepeverde
n. 10- 2021 aprile giugno
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EDITORIALE
Letture e letterature giovanili
E CHI NON FOSSE D’ACCORDO BATTA UN COLPO Ermanno Detti Care lettrici e cari lettori, Illustrazione di copertina di Miria Savioli.
Miria Savioli collabora con il “Pepeverde” dal 2009. La sua passione sono i numeri e i colori. Tra i suoi desideri più grandi c'era quello di realizzare una copertina per il “Pepeverde”. Con questo numero il suo desiderio si è avverato. La rivista ospiterà volentieri i suoi preziosi contributi (segnaliamo su queste colonne il suo pezzo alle pp. 46-47). Il fumetto in II di copertina è di Barbara Calcei, in arte Bake
come vedete, tutti i collaboratori della nostra rivista sono impegnati, tra l’altro, nella lettura dei libri che escono e a segnalarli. Un lavoro attento, che richiede tempo e competenze perché tra le migliaia dei nuovi libri che escono ogni anno noi vogliamo segnalare quelli meritevoli in modo da orientare i nostri lettori. Ora nel nostro gruppo di lavoro si comunica, si fanno valutazioni generali, si osservano tendenze e sviluppi della produzione, e in generale emergono plausi e lamenti. Per esempio viene molto apprezzata la volontà di alcuni editori di ristampare i classici o anche i libri non proprio classici, ma buoni o ottimi che meritano di non essere sepolti dalle numerose novità. In genere li segnaliamo. Molto apprezzate anche alcune recenti iniziative di tradurre dall’estero opere di pregio spesso dimenticate o volutamente accantonate perché, scusate l’espressione strausata, non proprio politicamente corrette. Ci sono invece un paio di cose che recentemente vengono lamentate e che io stesso condivido. Chi mi segue su questa colonne conosce la mia fissazione sulla qualità in generale. Non solo, ho anche l’ossessione delle belle storie, di quelle che commuovono e coinvolgono con “motori narrativi” accattivanti e capaci ci catturare i lettori (magari per la presenza di vicende misteriose e avventurose o magari per la vena comica umoristica che strappa sorrisi e risate). Ora dicevo si registrano in generale due fenomeni. In primo luogo la sovrapproduzione di albi illustrati. Sì, certo, sono i più richiesti, alcuni genitori più illuminati ormai comprano albi per bambini molto piccoli, quindi è logico che l’editoria risponda a queste nuove e positive esigenze. Ma non trovate che questi albi siano davvero un po’ troppo uguali? Qualcuno dei miei collaboratori mi ha fatto notare questo appiattimento e mi assumo la responsabilità di condividerlo e di scriverlo. Guardate nella nostra rivista il settore delle schede e osservate come ormai la maggior parte sia occupata da libri per bambini molto piccoli. Non avremo con il tempo quell’inquinamento di storie di cui Jack Zipes ha parlato più volte su queste stesse colonne? Considerate che oggi ovunque si narra, dalla pubblicità ai videogiochi, ma troppo spesso si narra in maniera superficiale e “meccanica”. Il secondo aspetto riguarda un certo appiattimento nelle storie: tutte carine, tutte corrette, ma troppo carine e troppo corrette, diremmo, scusate ancora, troppo politicamente corrette. Difficilmente si registrano nelle storie quelle imprevedibilità e quei guizzi di trasgressione che sono il sale del coinvolgimento di cui sopra. Tutto bene, tutto regolare, come in una storia – ne parlo con rispetto – di un fumetto seriale. Tutto è anche rassicurante e vendibile, ma certo l’intelligenza dei bambini a nostro avviso ne soffre. Digressione d’obbligo: non ce l’ho davvero con gli autori italiani a cui dedichiamo una buona parte in apertura della rivista e che credo meriterebbero uno spazio maggiore. In questi giorni sto rileggendo l’Ariosto. È una miniera di trovate fantastiche, di veri trionfi dell’immaginazione, di battute ironiche, di riflessioni filosofiche e sarcastiche, di soluzioni imprevedibili (pensate ad Angelica, principessa corteggiatissima, che sposa un fante!). Mi è venuto in mente che un Rinascimento (se ne parla tanto) della letteratura per ragazzi sarebbe auspicabile. L’Orlando furioso sta lì da secoli e ancora ci delizia, mentre invece oggi nuove opere capaci di durare nel tempo se ne vedono poche. Forse i tempi sono cambiati, ma chiediamoci se non è il caso di cambiarli di nuovo (magari ripartendo da “le donne, i cavallier, l’arme e gli amori” per andare oltre). Forse sarebbe il caso di provarci con la fine, auguro e spero, della pandemia.
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INDICE
N. 10/2021 aprile/giugno
Pepeverde
EDITORIALE ___________________________________________________________________________________ E CHI NON FOSSE D’ACCORDO BATTA UN COLPO, di Ermanno Detti, p. 3
Letture e letterature giovanili
Rivista trimestrale Iscrizione al Registro della Stampa del Tribunale di Roma n. 14/2019 del 21/02/2019
Anno III n. 10/2021 aprile/giugno Direttore responsabile Anna Maria Villari
GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI __________________________________________________________________ Cambiare sensibilità e registro narrativo SERIE DI QUALITÀ O NARRATIVA OMG? di Paola Zannoner, p. 6
Direttore editoriale Ermanno Detti
Il vivaio della serie “B” POSSIEDI IL DONO DI SCRIVERE? È di Livia Rocchi, p. 8
Comitato Scientifico Massimo Baldacci, Silvia Blezza Picherle, Lorenzo Cantatore, Liliana Dozza, Franco Frabboni, Donatella Lombello, Juan Mata Anaya, Giovanni Solimine, Jack Zipes.
I ragazzi sono il futuro della nostra editoria e non solo TANTI BEI LIBRI E POCHI LETTORI di Giuliana Facchini, p. 10
Redazione Giuseppe Assandri, Alessandro Compagno, Maria Rosaria Corvino, Valentina De Propris, Franca De Sio, Giuseppe Fiori, Loredana Genua, Tiziana Mascia, Paola Parlato, Marco Pellitteri, Luisa Salvadori, Clelia Tollot, Luciano Vagaggini, Tito Vezio Viola.
Autori italiani e autori stranieri È PROPRIO UN BEL LIBRO SEMBRA di Manuela Salvi, p. 12
UN’ILLUSIONE
AMERICANO!
COMUNICAZIONI – Roald Dahl nella mente dei bambini di Anna Oliverio Ferraris, p. 15
Coordinamento redazionale Loredana Fasciolo Progetto grafico e impaginazione Luciano Vagaggini Stampa: Tipolitografia CSR, via di Salone 131, Roma. Rivista trimestrale edita da Valore Scuola Coop. a.r.l. via Leopoldo Serra, 31/37 – 00153 Roma Tel. O6 5813173 e-mail: redazione@edizioniconoscenza.it Abbonamento a 4 numeri: Italia € 45,00, Estero € 60,00. Abbonamento sostenitore: € 100,00. Un numero € 12,00 Italia, € 16,00 Estero. L’abbonamento può essere sottoscritto in qualsiasi momento dell’anno. Modalità di pagamento: bon. bancario IBAN:IT44 Q0103003202000002356139 oppure conto corrente postale n. 63611008, entrambi intestati a Valore Scuola coop. a.r.l. via Leopoldo Serra 31 – 00153 Roma. Si può pagare anche con carte di credito sul sito: www.edizioniconoscenza.it o con la carta del docente scrivendo a e-mail: commerciale@edizioniconoscenza.it
IL GIORNALE DEI GENITORI __________________________________________________________________ Carlo e Renzo Piano narrano l’architettura ai ragazzi ALLA RICERCA DELLA BELLEZZA di Rossana Sisti, p. 16 Fumetti/Rilettura di “Little Nemo” di McCay SLUMBERLAND IL MONDO DEI SOGNI di Giuseppe Fiori, p. 18 L’ANGOLO DELL’HAIKU – di Marco Fioramanti, p. 20 Piccoli schermi/“Skam Italia” IL LATO CHIARO DELL’ADOLESCENZA di Nadia Riccio, p. 21 Fuoritesto – L’INOSSIDABILITÀ DI GIANNI RODARI di Ferdinando Albertazzi, p. 22 Fuoritesto – LIBRI CANTERINI E FILASTROCCHE di Elisa Spadaro, p. 23 Dalla libreria «amico libro» PER FORTUNA CI SONO I NONNI! Ferdinando Albertazzi a colloquio con Corrado Ramella, p. 24 Read Red Road ovvero «SE LEGGI FAI STRADA» Valentina De Propris, a colloquio con Daniela Girfatti, p. 26
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Dalla cronaca alla stanza dei giochi FEMMINICIDI, SARÀ L’ORA DI PARLARNE di Nadia Riccio, p. 28
Pepeverde
Scritti di: Ferdinando Albertazzi, Giuseppe Assandri, Francesca Baldini, Claudia Camicia, David Carotenuto, Valentina De Propris, Franca De Sio, Ermanno Detti, Giuliana Facchini, Loredana Fasciolo, Marco Fioramanti, Giuseppe Fiori, Anna Oliverio Ferraris, Letizia Lagatta, Chiara Lepri, Lorenzo Mari, Paola Parlato, Nadia Riccio, Livia Rocchi, Manuela Salvi, Miria Savioli, Rossana Sisti, Giovanni Solimine, Elisa Spadaro, Clelia Tollot, Elisabetta Vanzetta, Anna Maria Villari, Paola Zannoner.
Fuoritesto – SE ACCADESSE CHE... RODARI di Francesca Baldini, p. 29
FOSSE MESSO IN ORDINE ALFABETICO,
INTERVISTE E INTERVENTI ___________________________________________________________________________________ Proposto in graphic novel il longseller di Harari L’IMMAGINAZIONE, L’UOMO, E LE NICCHIE DI IMBECILLITÀ di Francesca Baldini, p. 30 Nuovo libro di Novara sui disastri del Covid E PER ULTIMI VENNERO I BAMBINI di Rossana Sisti, p. 33 Fuoritesto – CARTOLINE E MUSICA DALLA PERIFERIA MILANESE Ferdinando Albertazzi a colloquio con Tino Adamo, p. 35 Crisi ambientale e crisi sanitaria POI D’IMPROVVISO ARRIVÒ IL COVID di Giuseppe Assandri, p.36 BOX – LIBRI PER BAMBINI E RAGAZZI, p. 38 Del “creare” lettori SE È UN BEL GIOCO NON DURA di Elisabetta Vanzetta, p. 39 Fuoritesto – SE
POCO
GUARDIAMO L’ITALIA NEL MONDO,
di Anna Maria Villari, p. 42
EDUCAZIONE E APPRENDIMENTO – ELOGIO DELLA DAD? di Paola Parlato, p. 43 S.O.S. SCUOLA – "LA SCUOLA IN PRIMO PIANO". TUTTI LO DICONO MA... di Giuseppe Assandri, p. 45
STUDI E RICERCHE __________________________________________________________________ Tempo libero e pandemia LA LETTURA AL TEMPO DEL COVID di Miria Savioli, p. 46 Un “Meridiano” su Rodari curato da Marcheschi DA GIANNI A MARCELLO, LA FANTASTICA CHE INSEGNA di Franca De Sio, p. 50
A VIVERE
LE SCHEDE __________________________________________________________________ Fuoritesto – LIBRI IMPRINTING A MISURA DI BAMBINO, di Clelia Tollot, p. 54 Fuoritesto – BESTIARI
E ERBARI MESSI IN MUSICA,
di Rossana Sisti, p. 56
Fuoritesto – FIABE, RITMO E UMORISMO, di Claudia Camicia, p. 62 Fuoritesto – SE SULLE “PICCOLE” DONNE, di Franca De Sio, p. 64 – SCUOLE DI NUOVO CHIUSE di Giovanni Solimine, p. 66 IL GRILLO PARLANTE
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GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI
Cambiare sensibilità e registro narrativo
Serie di qualità o narrativa Omg? «scrittori di serie “B”»
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el n. 9 del “Pepeverde” Fernando Rotondo ha, con un suo articolo, riportato in primo piano un’antica questione: gli scrittori per ragazzi restano spesso “confinati” in questo tipo di produzione editoriale, considerata di serie “B”, e anzi hanno difficoltà a reinserirsi poi nella letteratura per adulti (definita di serie “A”). E porta a sostegno di questa tesi molti esempi… L’articolo ha suscitato interesse tra i nostri lettori e allora abbiamo chiesto di intervenire in primo luogo agli scrittori, a partire da quelli iscritti all'ICWA (Associazione italiana degli scrittori per i ragazzi). Hanno risposto Giuliana Facchini, Livia Rocchi, Manuela Salvi e Paola Zannoner che ringraziamo. Pubblichiamo i loro interventi qui di seguito.
La Redazione
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di Paola Zannoner
Gli scrittori per la serie “B”, la letteratura per ragazzi, sono destinati a non assurgere agli allori della serie “A”, la letteratura per gli adulti? Per rispondere a questa domanda occorre tenere conto di alcuni cambiamenti della cultura letteraria. La scelta delle case editrici di creare “settori commerciali” e il grande privilegio di scrivere per ragazzi.
L
’articolo dell’amico Fernando Rotondo mi spinge a proporre alcune riflessioni sul campo in cui lavoriamo entrambi da decenni (ma non diciamo quanti), come lettori e critici, e tralasciamo pure “esperti”, parola che ormai sa di ospedale. La letteratura per ragazzi è ancora una Cenerentola, definizione brillante coniata dal geniale Antonio Faeti negli anni ’70 del secolo scorso? È comunque destinata a una serie “B” senza sbocchi? Intanto distinguerei tra Letteratura per bambini, che vanta un linguaggio molto specifico, diretto, colloquiale, semplice, adatto ai più piccoli, con storie comprensibili, lineari, commisurate con le esperienze e il vissuto dei piccoli lettori, e Letteratura per ragazzi, per adolescenti o come si dice da oltre un decennio young adult, le cui storie vanno a sconfinare con quelle adatte a un pubblico adulto, in cui l’intreccio si fa complesso, le storie attingono all’immaginario, sperimentano l’altrove, e in cui la scrittura si fa più allusiva, articolata, sfaccettata, si permette incursioni in nuovi linguaggi, assorbendo temi e idiomi della contemporaneità. Mi permetto questa distinzione non per
stabilire un’altra odiosa demarcazione, perché scrivo indifferentemente per bambini, ragazzi e a volte adulti. Si tratta ogni volta di cambiare sensibilità, per non dire registro narrativo, ben sapendo a chi ci rivolgeremo. Si tratta di affrontare sfide letterarie diverse, di entrare in sintonia con personaggi che possono agire in un piccolo o più largo campo d’azione, si tratta di esplorare esistenze, e ognuna ha la sua dignità, la sua complessità, ed è capace di stimolare riflessioni, suscitare sentimenti, per quel percorso di conoscenza che la letteratura permette di intraprendere fin da piccolissimi. Appartengo a una (oggi nutrita) schiera di scrittori che pensano ai loro lettori, anziché pensare a sé stessi, al sé stesso bambino o ragazzino. In venticinque anni di lavoro incessante nelle scuole e nelle biblioteche, attraverso laboratori e incontri, ho avuto il privilegio di interagire con i giovanissimi lettori, e quando scrivo una storia i miei personaggi non sono mai aderenti al mio io, ma hanno personalità proprie, in cui si condensano caratteri, pensieri, curiosità, desideri delle ragazze e dei ragazzi che ho incontrato, conosciuto, a cui mi
GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI sono affezionata. Potrei dire che le mie storie sono un continuo dialogo, di sicuro rappresentano il pensiero dialogico: io e loro, cioè noi. Detto questo, non siamo ancora dentro al problema e cioè: appartengo io alla serie “B” che mai assurgerà agli allori della serie “A”? Credo che negli ultimi vent’anni sia molto cambiata la cultura letteraria. È cambiata tantissimo l’editoria, sono cambiati i gusti, sono cambiati i lettori anche della narrativa adulti, e quindi i temi e i libri di successo.
cioè il genere “distopico” molto amato dai ragazzi degli anni Dieci di questo secolo, più il successo che non si ama e non si dice della serie After, letta dalle adolescenti spesso di nascosto. Anche le Bambine Ribelli di Francesca Cavallo ed Elena Favilli si sono piazzate prime nella classifica generale per molti mesi e il titolo del libro è diventato addirittura un brand per prodotti di vario tipo, da libri a merchandising a app e così via. Vogliamo poi parlare di quel successo clamoroso che è la serie de La Schiappa? E il catalogo dei volumetti di Stilton, an-
E partirei proprio da questi ultimi: la serie B ha piazzato tanti volumi ai primi posti delle classifiche generali di vendita dalla “bomba” Harry Potter in poi. Libri per ragazzi letti con tutta evidenza dagli adulti, quanto meno dai venti-trentenni. E qui ricordo tutti quei successi sentimentali di quindici anni fa, con Tre metri sopra il cielo di Moccia, che fece da apripista per collane di adolescenti salite fino ai podi delle classifiche, ricordo i successi della trilogia di Eragon scritta dall’allora quindicenne Christopher Pike, tutta la saga dei vampiri di Stephanie Meyer (Twilight & Co.), la saga di Hunger Games e di Divergent,
cora gettonatissimi? Qui come si vede, non ci sono linee di demarcazione: libri per bambini e romanzi per ragazzi schizzano ai primi posti perché sono soprattutto gli adulti a comprarli. Libri considerati educativi come le Bambine Ribelli o di intrattenimento come Stilton o La Schiappa. E come altri beniamini televisivi, che provengano dai cartoni, dalle serie o da spettacoli. Sto parlando, come si capisce, di una narrativa commerciale, che vanta numeri altissimi, sostenuta o seguita da prodotti multimediali, che siano film, serie, video o giochi. Allora il distinguo è casomai tra una let-
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teratura di “qualità” da una narrativa di consumo. La “fatica” degli scrittori per ragazzi è la stessa degli autori per adulti che, per farsi conoscere e apprezzare, devono entrare nel circuito della promozione, dei premi letterari, devono costruirsi una rete di lettori, non potendo accedere facilmente alla televisione, presidiata dai giornalisti di fama che ogni sei mesi pubblicano romanzi e saggi e che godono della massima visibilità. Il pubblico spesso è disorientato e si trova a considerare la letteratura un secondo lavoro, un hobby per politici e giornalisti, una sorta di dopolavorismo a cui aspirano migliaia di persone, convinte che scrivere sia una questione di “storie”, cose da dire e mai “come” dirle. Ma la letteratura di qualità cos’è? Mi faccio aiutare da Silvia Blezza Picherle, (docente di Letteratura per l’infanzia e Pedagogia di Lettura all’Università di Verona) per non peccare di presuntuosità in un campo che appare minato dal relativismo per cui «ognuno ha i suoi gusti e decide che cosa sia di qualità». Dice Blezza Picherle: «La migliore narrativa permette di conoscere spazi lontani, ambienti nuovi, realtà inimmaginabili poiché l’autore adotta uno sguardo attento e profondo che illumina gli aspetti nascosti del mondo e della vita. Inoltre, quando la parola è letteraria, ossia di qualità, restituisce visibilità, dignità e valore anche al piccolo vivere quotidiano».1 Bene, possiamo dire che oggi trionfa una narrativa Omg, geneticamente modificata dall’abitudine alle serie tv, con personaggi che aderiscono a nuovi cliché (la ragazza impavida e guerriera, il ragazzo sensibile e timido, l’amico o amica gay) e intrecci dinamici, in cui si agisce più che riflettere, per innescare avventure ricche di colpi di scena e sorprese, tante volte la lettrice e il lettore si annoiassero e quindi (orrore) abbandonassero una lettura giudicata subito “troppo lenta”. La narrativa Omg (che potrebbe anche essere l’abbreviazione di omologata) è stata creata dai settori com1
Silvia Blezza Picherle, Formare lettori, promuovere la lettura, Milano, Franco Angeli 2013, p. 53.
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GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI
merciali delle case editrici, e mantiene tutti gli scrittori in nicchie più facilmente riconoscibili: chi scrive gialli e chi scrive romanzi storici, chi per bambini, chi per ragazzi, chi per le donne, chi per gli occultisti o per qualsiasi vario settore di mercato ben distinto, in cui gli acquirenti possono trovare i loro prodotti. È inoltre una narrativa che deve tenere conto di aspettative del pubblico, di tendenze facilmente registrate dalle scelte nell’immenso panorama di offerta streaming, non cerca di indagare, interrogarsi, esplorare e spingere alla conoscenza e all’approfondimento della sfaccettata, complessa condizione umana che è non soltanto adulta maschile ed eurocentrica come un tempo, ma giovanile, infantile, femminile, di altre culture, di tante e diverse componenti sociali. Ho perciò l’impressione che la considerazione della letteratura (o per meglio dire la narrativa) adulta come il modello, la serie A, sia legata a parametri di giudizio superati, quelli per cui la letteratura era un piccolo campo per nobili pensatori che giocavano le partite letterarie tra loro, contendendosi i premi della critica e dei lettori, quando oggi il campo si è ampliato, includendo anzitutto le donne, i giovani, le voci di tutto il mondo e moltissimi generi un tempo inesistenti che rappresentano la grande ricchezza del narrare contemporaneo, in concorrenza con altri linguaggi, altri media più veloci, coinvolgenti, rispetto ai quali sa ancora restituire alle lettrici e ai lettori un’esperienza diversa, più profonda, più intima e personale, carica di echi e risonanze che la parola è in grado di stabilire. Scrivere per bambini, diceva Isaac B. Singer, è un grande privilegio. I piccoli lettori sono i giudici più severi perché non si fanno influenzare da nomi o ruoli. Scrivere per ragazzi significa poter raccontare una fetta molto più larga di mondo che non quello adulto, femminile o maschile. Sta a noi scrittrici e scrittori scegliere dove stare, e custodire il dono che ci è stato dato di poter parlare ai cuori dei piccoli e dei grandi attraverso l’umanissimo strumento della parola.
Il vivaio della serie “B”
Possiedi il dono di scrivere? È un’illusione di Livia Rocchi
Scrivere per l’infanzia sembra una sorta di dannazione eterna, senza speranze di promozioni. È come giocare in un campionato senza la speranza di essere promossi nella serie superiore?
«S
crivere per ragazzi è una dannazione, come giocare in un campionato senza promozioni nella serie superiore» scrive Fernando Rotondo in Un campionato senza promozioni apparso in “Pepeverde” 9/2021. Cosa fare per uscire da questa situazione? Ovviamente non ho la soluzione a un problema di cui sento parlare da decenni, posso solo riflettere sulla mia esperienza e sul tassello che più mi sta a cuore.
Stephen King
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La convinzione che scrivere storie per ragazzi sia alla portata di chiunque, in qualunque momento, come tirare due calci a un pallone tra amici per restare nella similitudine calcistica, è in Italia abbastanza diffusa. Io stessa ho iniziato la mia esperienza in questo campo con una leggerezza di cui nel giro di pochi mesi mi sono vergognata. Fortuna ha voluto che i miei primi due anni di gavetta siano stati supportati da una redattrice paziente e competente, che è riuscita a fornirmi
GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI i primi strumenti del mestiere e la consapevolezza dei miei limiti. Così, dopo avere aggiunto una riga al mio curriculum – quel “dopo” è una grossa stonatura, ma è la realtà – mi sono messa a studiare. Con curiosità, passione, entusiasmo e tutta la buona volontà di quando si trova la propria strada e si vorrebbe affermare in tempi ragionevoli: «Sono una professionista». E qui sono iniziati i problemi. Da più di un decennio mi sto barcamenando tra workshop, conferenze, manuali, saggistica, eventi, week-end, corsi di aggiornamento... Un percorso interessante, ma faticosissimo, dispersivo e dispendioso, durante il quale, più che una “giocatrice in allenamento” mi sono spesso sentita il pallone che rimbalza mille volte sulla differenza tra fiaba e favola, ma a cui nessuno spiega come fanno i fuoriclasse della letteratura per ragazzi a scrivere libri che rapiscono lettori di ogni età (me compresa). Perché il talento c’è ed è facile percepirlo, ma non è altrettanto scontato smontare i loro capolavori e osservare come funzionano i meccanismi che trasmettono al lettore il loro mondo interiore; figuriamoci quanto è fuori portata comprendere in poco tempo i meccanismi dell’editoria per ragazzi di cui gli autori sono un fondamentale ingranaggio, ma non l’unico. Diventa abbastanza ovvio (e comodo) illudersi che basti avere un dono. Ma è davvero così? A quanto mi dicono tanti operatori del settore e vedo io stessa, molti aspiranti autori di libri per ragazzi continuano a proporre storie che loro per primi non sanno nemmeno definire, o stereotipate, o antiquate, o idee belle ma confuse. Se non basta la laurea in architettura a creare un Renzo Piano, è anche vero che serve almeno una laurea in architettura per definirsi architetto, mentre per autodefinirsi scrittore per ragazzi a volte basta saper inserire un file nella sezione self publishing di Amazon. In un contesto del genere è quindi facile che gli editori italiani puntino su una manciata di autori “collaudati” o che comprino storie all’estero. L’au-
mento delle traduzioni non è un problema, anzi: gli autori stranieri ci servono per non chiuderci in noi stessi. Ma se si facesse seriamente e metodicamente formazione di scrittori per ragazzi come in altri Paesi, probabilmente i “pulcini” di belle speranze avrebbero una possibilità in più di diventare dei campioni, magari di livello internazionale. E se si facesse la stessa cosa per formare lettori e chiunque si occupi di letteratura per l’infanzia anche a livello di selezione, di critica o di promozione, non dovremmo neanche più litigarci “il posto in squadra” con gli autori stranieri: ci sarebbe spazio per tutti. E un moltiplicarsi di ricchezza sia economica sia culturale. Se in Italia abbiamo avuto “teste di serie” come Rodari e Collodi, non siamo geneticamente schiappe dai piedi a banana, ma come tutte le squadre di calcio con grandi ambizioni dovremmo coltivare con cura il nostro vivaio. Non basta una laurea in Lettere? No. Quanti capolavori della letteratura per ragazzi contemporanea si fanno leggere e analizzare a uno studente di Lettere? Potrei definirmi biologa senza aver mai studiato testi che parlino specificamente di biologia? Non ho la pretesa di saper creare un percorso istituzionalizzato per aspiranti scrittori per ragazzi, ma tra i testi che ho letto per formarmi da autodidatta ci sono Grammatica della fantasia del già citato Rodari e On writing del celebre autore di letteratura fanta-
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stica Stephen King. Da loro ho imparato la tecnica dell’“E se…”, che uso per fare un gioco: «E se potessi creare un corso di laurea patchwork in Letteratura per l’infanzia, pescando crediti ed esami da tutte le facoltà?» Il mio puzzle si compone piano piano di decine di tasselli: Storia dell’arte medievale, moderna, contemporanea per essere più preparata a ideare un albo illustrato (e se esistesse un esame sulla storia dell’albo illustrato? Ne basterebbe uno o ne vorrei due, tre…? Divisi per epoche storiche o aree geografiche?), Pedagogia dell’infanzia, dell’adolescenza e diritti del bambino… Poi parto per la tangente immaginando Scienza dello storytelling, Fondamenti di romanzo sovversivo, Diritto editoriale e del lavoro (perché lo sappiamo che scrivere per ragazzi è un lavoro che comporta dei doveri e dei diritti? Lo sa chi entra in contatto con i nostri libri, che non sono storie nate per caso dando la buonanotte a qualcuno?). Mi fermo qui perché il mio gioco dura da anni e avrebbe bisogno di troppo spazio per svolgersi in tutte le sue potenzialità. Certo, in Italia ci sono scrittori per ragazzi molto bravi anche senza una laurea specifica, è indiscutibile. Ma forse, prima di chiederci come arrivare in serie A, tutti dovremmo prima chiederci: sto dando due calci a un pallone perché “mi riesce”, o sto giocando la partita della vita al meglio del meglio delle mie potenzialità?
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GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI
I ragazzi sono il futuro della nostra editoria e non solo
Tanti bei libri e pochi lettori di Giuliana Facchini
La letteratura per ragazzi non è parificata a quella per adulti. I motivi? Molti, siamo lettori troppo deboli, le scuole e i docenti che lavorano all’educazione alla lettura sono isole felici, sono ancora pochi libri nelle case e poca sensibilità nelle famiglie. Malgrado ci siano buone librerie specializzate e parecchie biblioteche impegnate (ma quelle scolastiche…).
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el suo articolo sul “Pepeverde” scorso, Fernando Rotondo cita un saggio di Pino Boero su Gianni Rodari. Le sue parole stimolano ulteriori riflessioni: raccontano il confinamento della letteratura dell’infanzia fuori dalla sfera della letteratura tout court, la consuetudine che l’assimila alla didattica scolastica e a quei romanzi per ragazzi che, anche quando diventano casi editoriali, confinano l’autore in una immeritata serie “B”. Nonostante qualcosa stia cambiando, lo dimostrano riviste e quotidiani che ormai regolarmente dedicano la loro attenzione anche alla letteratura per ragazzi, ancora oggi questa non è parificata a quella per adulti. Troviamo penne e matite raffinate e di qualità, dagli albi illustrati ai testi per giovani adulti, in un’abbondanza che però male si relaziona con i pochi lettori italiani. Per indagare le disparità ancora in essere tra la letteratura per ragazzi e quella per adulti e provare a motivare l’arrivo di tante traduzioni di libri stranieri nel nostro Paese, a mio avviso, bisogna partire proprio dal fatto che siamo lettori ancora troppo deboli. Con la mia esperienza di narratrice per ragazzi, di lettrice appas-
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sionata ma anche e soprattutto di coordinatrice di un gruppo di giovani lettori dai tredici ai diciassette anni (leggereribelle.com) proverò a esprimere un mio pensiero in merito focalizzando lo sguardo proprio sulla narrativa dedicata a questa fascia d’età. Abbiamo la materia prima, scrittori e scrittrici di qualità e per la mia espe-
rienza avremmo anche i giovani potenziali lettori, credo manchi l’anello di raccordo. Ci sono ottime librerie specializzate per ragazzi, ma sono ancora troppo poche. Anche molti insegnanti, parecchie biblioteche e varie associazioni culturali lavorano con attenzione all’educazione alla lettura, ma restano isole felici e non sono ancora un reticolo capillare e puntuale per tutto il territorio italiano. Se leggere è una chiave che apre alla conoscenza di sé, degli altri e del mondo, i ragazzi spesso non lo sanno. Fanno la differenza (e molto) le famiglie, certo, ma una società che crede nei giovani deve dare a tutti una possibilità, non solo ai più fortunati. Come coordinatrice di un gruppo di lettura giovanile so quanto il fattore genitoriale favorisca l’approccio al libro e anche all’incontro con gli altri lettori in biblioteca o in libreria. Quindi: tanti bei libri e pochi lettori per approfittarne. Bisogna formare lettori, resta l’unica soluzione per il benessere dell’intera filiera del mondo editoriale (e non solo). Aiuterebbe avere in ogni scuola di ogni ordine e grado una biblioteca aggiornata e gestita in collaborazione con i ragazzi. Indubbiamente se cerchiamo un luogo privilegiato dove
GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI
proporre libri ai ragazzi, questo resta la scuola. Ma non credo dovremmo confondere il diritto alla lettura con il diritto allo studio, invece fatalmente si sovrappongono. Se si presentano libri di autori contemporanei agli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, nella quasi totalità dei casi, sono testi che potremmo definire di divulgazione culturale e di divulgazione scientifica. Romanzi che coadiuvano lo studio delle materie scolastiche o affrontano e dipanano i temi attuali del sociale. Alcuni di buon livello, altri meno, dipende dalla vocazione della scrittrice o dello scrittore. A volte, a prendere in mano la penna a favore dei ragazzi è un giornalista e non necessariamente una romanziera o un romanziere. A volte, oltre al libro, si vuole offrire ai ragazzi/studenti la scrittrice o lo scrittore capace di essere figura autorevole di riferimento, con il suo carisma che va oltre le pagine. E se il mercato editoriale italiano chiede sempre più testi di divulgazione culturale, in tale ambito si muovono maggiormente coloro che vogliono vivere di scrittura per ragazzi. Non sono libri didascalici,
sia chiaro, ma comunque di un genere diverso dal romanzo d’evasione, d’avventura, o dal frutto della peculiare creatività della narratrice o del narratore. Restano capaci di arricchire la crescita culturale dei ragazzi ma per loro natura non scavalcano i limiti del target, anzi lo connotano con precisione. Credo che questo, e non lo scarso talento, contribuisca a mantenere le nostre scrittrici e i nostri scrittori per ragazzi ai margini della grande letteratura destinata a tutti. Ciò unito al fatto che non esistono percorsi di studio pubblici che definiscano l’ambito della professionalità di un romanziere. Eppure se è un lavoro creativo va tutelato e riconosciuto proprio perché sia libero e autentico. Soprattutto se la scrittrice o lo scrittore per vocazione si dedica a storie che il mondo editoriale destina ai più giovani per farli diventare lettori autonomi e consapevoli. Ma forse questa è un’altra storia. Resta il fatto che solo la buona produzione letteraria crea lettori; è lo strumento, il libro, a dover accendere la scintilla e a disvelare quel meraviglioso mondo immaginario dove pa-
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role e spazi bianchi sanno portarci. Sperimentando si può diventare lettori. Forse dovremmo solo lasciare i ragazzi liberi di girare in una biblioteca colma di buoni romanzi contemporanei di ogni genere e aspettare! E i tanti libri tradotti? Tradurre voci straniere è importante, la pluralità è uno sguardo globale (e deve essere globale) sulle culture e i pensieri che formano la nostra umanità. Traduciamo troppo? Per quanto siano pochi, in Italia, i giovani lettori appassionati e autonomi esistono e se le autrici e gli autori italiani di narrativa, per natura o per scelta, decidono di dedicarsi ai ragazzi più che ai romanzi come frutto creativo del loro talento, penso sia giusto che gli editori integrino, traducano e offrano anche altra buona letteratura. Come lettrice li ringrazio. Credo che tutto stia nel formare adeguatamente i giovani lettori; se la domanda non filtrata di romanzi da parte dei ragazzi crescerà, si potrà trovare un nuovo equilibrio tra scrittrici e scrittori, editori e lettori per lasciar cadere barriere e limiti di età che non hanno ragione di esistere. Chi legge, in fondo, cerca solo buone storie scritte bene.
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GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI
Autori italiani e autori stranieri
È proprio un bel libro sembra americano! di Manuela Salvi
Codici e ritmi del capitalismo dell’informazione (o fast capitalism), mondo globale e culture “periferiche”. Gli investimenti promozionali dirottati quasi sempre sui libri in traduzione che arrivano già con dei numeri di vendita importanti. I benefici di testi e autori nazionali, considerati spesso midlist writers. Fine del libro che dura nel tempo?
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el 2015 andai all’Università di Worcester a rappresentare l’ICWA a un simposio internazionale sulla letteratura per bambini. Il mio intervento si intitolava “L’americanizzazione dell’editoria italiana per bambini” e raccontava a grandi linee gli effetti che la massiccia importazione di testi stranieri, soprattutto di lingua inglese, ha avuto sulla letteratura e sugli autori italiani. Ricordo due dati interessanti. Il primo, di natura statistica: la percentuale di libri in traduzione era leggermente in calo rispetto agli anni passati. Mondadori, per esempio, era passata dal 75% al 58% di libri in traduzione tra il 2012 e il 2015. Si evidenziava già un maggiore interesse verso la produzione nazionale. Il secondo invece era di natura empirica, e riguardava il complimento più controverso che gli autori italiani si sentono a volte rivolgere: «Il tuo libro è così bello che potrebbe essere inglese o americano». Citai diversi autori italiani – me compresa – che utilizzano o hanno utilizzato ambientazioni, personaggi, generi e persino titoli inglesi in modo creativo e personale ma sicuramente imi-
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tativo. È normale, infatti, che in un mondo globale le culture “periferiche” guardino alla cultura dominante non solo per attingere modelli ma anche per dar forma alle proprie aspirazioni in termini di successo e qualità. Per l’editoria italiana per bambini e ragazzi, il grande punto di riferimento
sono sicuramente sempre state l’editoria americana e britannica. C’è una lunga storia di legami culturali e politici che spiegano questa impostazione ma è importante sottolineare quanto il processo di assimilazione della cultura dominante – e della “deculturizzazione” di ciò che è percepito come marginale – sia assolutamente parte del gioco chiamato globalizzazione. In questo gioco, da una parte c’è un mercato transnazionale che si muove secondo codici commerciali precisi. Bisogna accaparrarsi i best seller con i numeri più alti, prima di tutto, e quelli che hanno già in programmazione il film o la serie TV, o che sono tratti dal videogico o dal programma televisivo che impazza tra i più piccoli. La cross-medialità è diventata infatti un elemento cruciale nella scelta di cosa tradurre, anche se non sempre è facile prevedere quale sarà la prossima hit. Un esempio: la serie “Anne” di Netflix ha portato a un aumento delle vendite del libro da cui è tratta, Anna dai capelli rossi, di Lucy Maud Montgomery, un classico del 1908, soprattutto nell’edizione che mostra in copertina l’attrice Amybeth McNulty. Dall’altra, il capitalismo dell’informazione (o fast capitalism) impone ritmi di produzione rapidissimi e un ricam-
GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI bio dei cataloghi altrettanto veloce. Un libro ha in media dai tre ai sei mesi per dimostrare di vendere, altrimenti finisce nelle retrovie e poi al macero dopo pochi anni. È sempre più difficile per gli editori mantenere le cosiddette backlist, cioè i libri “vecchi” in catalogo, per una questione di spazio: i magazzini hanno un costo, il volume di produzione è sproporzionato se lo si rapporta al numero di lettori effettivi, c’è bisogno di un continuo ricambio. La costante esigenza di novità – novità da portare alla prossima fiera del libro, novità degli autori che vogliono rimanere visibili, novità in libreria dove tutto invecchia in un istante – ovviamente influisce sia sulle decisioni degli editori che sul lavoro degli autori. Questi elementi socio-economici, combinati insieme, hanno creato a mio parere un sistema molto efficace nell’editoria italiana, che negli ultimi anni ha dato spazio a un numero crescente di autori italiani esordienti e di pubblicazioni “made in Italy”. Il Battello a Vapore di Piemme è passato da un rapporto 58/42% a favore degli italiani dello scorso anno a un 62/38% attuale – un dato molto indicativo che sembra destinato a crescere. Lasciando da parte i piccoli editori che lavorano sulle nicchie e portano avanti altri tipi di progetti, consideriamo qui le case editrici che sono parte di grandi gruppi transmediali o quelle che comunque hanno all’attivo almeno un best seller tradotto dall’inglese. L’investimento promozionale maggiore (che è comunque modesto), in questi casi, è dirottato quasi sempre sui libri in traduzione che arrivano già con dei numeri di vendita importanti. Gli autori italiani sono invece destinati, più che al successo in libreria, dove i loro competitors sono dei giganti crossmediali globali, al successo – auspicato o reale – nelle classi. L’autore italiano, con rare e interessanti eccezioni, guadagna notorietà soprattutto se imbocca la corsia preferenziale che, da nord a sud, passa tra i banchi di scuola e di conseguenza dai festival. Questo conferma che la nostra edito-
ria sta effettivamente vivendo un momento di estrema vivacità per quello che riguarda la ricerca di testi e autori nazionali. I benefici possono essere vari. C’è l’investimento a lungo termine sull’autore, che garantisce continuità non solo nel ritorno economico ma anche nel rapporto di fiducia e lealtà che si crea appunto tra l’editor e lo scrittore “fatto in casa”. C’è il fattore del costo di produzione, che nella maggior parte dei casi sarà molto più basso se il testo è di un autore nazionale, sia per una questione di anticipi inferiori che per l’assenza del costo della traduzione. E c’è appunto la disponibilità degli autori italiani a promuoversi attivamente sul territorio nazionale, tra incontri a scuola e presenza nei festival, senza gravare molto sul budget generale di nessuno. L’investimento sugli autori italiani ci dice anche, però, che la fetta di mercato riservata a quest’ultimi è formata soprattutto dai compratori adulti – insegnanti e genitori in primis – e che quindi un’analisi approfondita dei contenuti potrebbe rivelare dei trend
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“comodi” che facilitino l’ingresso nelle aule e non creino controversie di alcun tipo. La copiosa produzione di testi su argomenti confezionati ad hoc per infilarsi nei programmi scolastici potrebbe a sua volta dimostrare un certo modo di assoldare gli autori nazionali, almeno parzialmente, come produttori di contenuti piuttosto che come Autori in senso ampio e completo. Restano visibili, infine, i libri “imitativi” di modelli anglosassoni pre-esistenti, come accennato prima, che suppliscono ai testi in traduzione con delle versioni nostrane di fenomeni globali, più a basso costo e adattate al nostro contesto. Insomma, ci sono alcuni elementi che potrebbero indicare che questa inversione di tendenza a favore degli autori italiani contenga anche il rischio di trasformare la maggior parte di essi in ciò che gli anglosassoni definiscono midlist writers. Nel contesto citato poco fa del capitalismo dell’informazione, che impone una velocità di ricambio sempre maggiore, si è creata questa particolare specie di scrittore midlist: non è e non sarà mai uno
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GLI SCRITTORI, IL MERCATO E GLI EDITORI
scrittore di best seller; raramente vince premi significativi (è un caso che i nostri più importanti premi nazionali siano non di rado assegnati a libri di autori stranieri?); per restare visibile deve pubblicare molto e fornire appunto costanti novità di cui il settore è vorace; i suoi libri vendono abbastanza da giustificarne la produzione e da consentirgli di continuare a pubblicare ma l’autore confesserà spesso che si aspettava di “vendere di più”. La vendita, comunque, dipende quasi esclusivamente dalle scuole. Un’altra caratteristica del midlist writer è la sua durata. Nell’editoria per bambini esistono le “meteore” come in ogni altro settore. Esordienti che si perdono dopo i primi due, tre libri. Fenomeni che si esauriscono in brevissimo tempo. Grandi promesse della letteratura di cui dopo un po’ non si sente più parlare. Il suo ruolo di “riempi-scaffali” non garantisce infatti alcuna durata al midlist writer, anzi; ed è facile che la sua inesperienza non gli consenta di interpretare i segnali e i feedback nel modo giusto a preservare la propria carriera nel tempo. In un’ottica di veloci ricambi, la competizione si fa per forza più spietata e ogni velleità autoriale o cambio di impostazione degli scrittori già inquadrati in un certo filone, come quello scolastico, verrà automaticamente rigettata dal sistema. I ruoli sono ben definiti, gli autori pragmaticamente brandizzati, e i libri confezionati secondo logiche a compartimenti abbastanza stagni: mass-market, award-winners (e
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cioè le pubblicazioni più autoriali che possono aspirare a premi importanti), e i midlist. Così come è difficile che un libro mass-market vinca un premio, e che gli award-winner escano dalla nicchia che li rappresenta, allo stesso modo è difficile che un midlist passi in una delle altre due categorie. Qual è la morale della favola? A mio parere, che in un settore culturale non ci si dovrebbe mai affidare solo ai numeri. A una valutazione di percentuali, statistiche e vendite dovrebbe seguire un’analisi di cosa e come si vende, e a chi. Soprattutto, un’analisi di cosa resta della nostra letteratura nazionale, e di quali dureranno nel tempo tra i libri prodotti adesso. Se oggi posso trovare ancora in vendita C’era un bambino profumato di latte di Roberto Piumini, uscito nel 1980, troverò ancora, tra quarant’anni, il libro di esordio di un giovane autore del 2021? La risposta istintiva è: molto probabilmente non lo troverò nemmeno tra cinque anni. Quello di cui ci si deve rendere conto sono quindi le modalità del mercato globale nel capitalismo dell’informazione, le quali non mirano più a cancellare le culture locali ma a trasformarle dall’interno e a operare attraverso di esse. Questo potrebbe spiegare in parte l’origine dell’inversione di tendenza sul fronte libri in traduzione. Un esempio molto interessante di resistenza attiva è l’Olanda: il governo, consapevole di quanto sia facile per una cultura periferica essere spazzata via dalla “distruzione creativa” globale a cui proprio i settori culturali contribuiscono, finanzia gli editori per bambini, coprendo quella fetta di guadagni che negli altri paesi viene garantita dalle pubblicazioni mass-market e dai best seller in traduzione. In cambio chiede dedizione totale alla valorizzazione della letteratura e degli autori olandesi, per garantire ai bambini originalità, innovazione, sperimentazione e rispetto dei valori nazionali – molto diversi da quelli propagandati dalla letteratura globale “americanizzata”, e sicuramente meno politically correct. Questo tipo di lette-
ratura diventa quindi l’unica disponibile per bambini e genitori che vanno in libreria. È un modello ovviamente improponibile nel nostro paese ma indica una direzione che spesso viene dimenticata, e cioè quella del rapporto tra autori e lettori. In un sistema in cui gli autori vengono incoraggiati a compiacere i compratori adulti, quel rapporto è falsato in partenza. I giovani lettori, capito il tradimento, passeranno presto ad affidare sogni e domande ad altri media che offrono più libertà di scelta e privacy. E della maggior parte delle pubblicazioni confezionate per i compratori adulti ci si dimenticherà non appena avranno occupato un posto nello scaffale giusto per il tempo necessario al mercato ad autoalimentarsi. Perciò, il numero degli autori italiani pubblicati non è sufficiente a inquadrare questo nuovo trend in maniera incondizionatamente positiva – c’è bisogno di una riflessione seria su cosa si pubblica e per chi, e di stabilire se ci sia una effettiva valorizzazione della letteratura nazionale sul lungo termine.
Bibliografia – Connel, L.; Marsh, N. (ed.) Literature and Globalisation. New York: Routledge, 2011 – Cowen, T. Creative Destruction: How Globalization is Changing the World’s Cultures. Woodstock: Princeton 2004 – Danks, C.; Kennedy, P. Globalization and National Identities: Crisis or Opportunity? Basingstoke: Palgrave 2001 – Hall, S. The Local and the Global: Globalization and Ethnicity. Minneapolis: Univeristy of Minnesota Press 1997 – Joosen, V. Adulthood in Children’s Literature, London: Bloomsbury 2018 – Latouche, S. La Fine del Sogno Occidentale. Milan: Eleuthera 2010 – Niezen, R. A World Beyond Difference: Cutural Identity in the Age of Globalisation. Oxford: Blackwell 2004 – Wise, J.M. Cultural Globalization: a User’s Guide. Oxford: Balckwell 2008
COMUNICAZIONI
Roald Dahl nella mente dei bambini di Anna Oliverio Ferraris
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he cosa piace leggere ai bambini tra gli 8 e gli 11 anni? Difficile dare una risposta esauriente perché i bambini di quella età leggono ciò che gli insegnanti e i genitori propongono loro, anche se una certa influenza ce l’hanno, ovviamente, i compagni di scuola e gli amici. Non temo però di sbagliare di molto nel dire che, se si sono imbattuti in Matilde, La fabbrica di cioccolato, Il grande ascensore di cristallo oppure Il GGG, Le streghe, Il dito magico e Gli sporcelli, Roald Dahl è il loro autore preferito, almeno per qualche anno. Un personaggio poliedrico questo Roald Dahl (19161990) e di una creatività esplosiva, direi debordante, senza freni. Di origine norvegese è stato un asso dell’aviazione britannica e una spia durante il secondo conflitto mondiale, uno storico del cioccolato, un sceneggiatore di film e anche un inventore di apparecchi medici. Ma perché Roald Dahl piace tanto ai bambini, mentre la lettura delle sue storie può suscitare, qua e là, smorfie e critiche di noi adulti? Ho cercato di capirlo sforzandomi di calarmi nella mente di un bambino tra gli otto e gli undici anni, nella sua visione del mondo a quell’età, nel suo bisogno di fronteggiare gli adulti, che sono la sua controparte ma il cui linguaggio e comportamenti appaiono spesso bizzarri, incomprensibili, a volte ingiusti e crudeli. Ho così capito, leggendo Dahl, che se noi grandi diamo per scontato di avere sempre ragione e che i bambini devono seguire i nostri tempi, approvare le nostre scelte, comprendere il nostro linguaggio (com-
presi i pregiudizi e le ipocrisie), loro invece ci osservano con curiosità cercando di dare un senso a ciò che per loro risulta incomprensibile. La loro risposta a questa incomprensione è il timore di sbagliare, la paura delle nostre reazioni, ma anche il divertimento nell’escogitare soluzioni buffe e impreviste che alla fine consentono di avere la meglio
sui comportamenti “incomprensibili” e spesso “stupidi” dei grandi. Un altro motivo del successo di Dahl è il fatto che nei suoi racconti non c’è traccia di politically correct, il che è in sintonia con la libertà di pensiero di un bambino tra gli otto e gli undici anni, oltre a rivelare un bisogno di rivalsa di Dahl stesso la cui infanzia fu segnata da un’educazione severa impartitagli nei collegi inglesi di allora. Nei racconti di Dahl si ritrova lo spirito anarcoide e spensierato di Giannino Stoppani, il protagonista di Gianburrasca: un ragazzo che oggi, è bene ricordarlo, verrebbe diagnosticato come iperattivo e bisognoso di un’insegnante di sostegno, ma che in altra epoca
era soltanto un ragazzo molto vivace e un po’ bullo, fastidioso fin che si vuole per i suoi genitori, sorelle e insegnanti, ma carico di energia vitale e pieno di inventiva. Queste storie piacciono anche per il ritmo, simile a quello di Alice nel paese delle meraviglie ma più veloce. Un susseguirsi di eventi apparentemente casuali e scollegati tra di loro ma tenuti insieme dal bisogno che il lettore ha di farsi stupire e di divertirsi passando da una bricconata all’altra. Ci sono anche delle riflessioni, qua e là, sul bene e sul male, sulla cattiveria e la bontà, sull’amicizia e il tradimento, sulla ricchezza e sulla povertà. Tutte riflessioni interessanti per il giovane lettore che le fa proprie senza contestarle né discuterle. Ciò che invece noi adulti mal tolleriamo sono certe punizioni drastiche, che vengono infitte senza possibilità d’appello e senza un briciolo di pietà, come quei bambini viziati e presuntuosi che nella fabbrica di cioccolato vengono risucchiati da certe pompe e trasformati in dolcetti (non importa se papà e mamma non li rivedranno mai più!), o come quei due “sporcelli”, vecchi cattivi e di pessimo carattere che, incollati al pavimento da un gruppo di uccelli e di scimmie vendicative, man mano si rimpiccioliscono fino a rientrare nel proprio corpo e sparire del tutto lasciando di sé soltanto «i vestiti, due paia di scarpe e un bastone da passeggio». Ma questo è, per l’appunto, il metro di giudizio dei bambini di quell’età: le condanne sono senza appello e la punizione deve essere molto severa!
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IL GIORNALE DEI GENITORI
Carlo e Renzo Piano narrano l’architettura ai ragazzi
Alla ricerca della bellezza di Rossana Sisti
Geometra. Gli amici lo chiamano spesso così e lui ci ride su. Nessun affronto per Renzo Piano, architetto di lungo corso che non nasconde il divertimento di una mania di vecchia data che fa sempre sorridere figli e nipoti: misurare, misurare, misurare. Tutto, le cose e le distanze, dalla lunghezza di un’onda alla larghezza di una trave, l’altezza di un edificio o di un albero, l’arcata di un ponte, ieri i figli, oggi i nipoti.
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el resto per lui quella del geometra (non per niente in greco significa “misuratore della Terra”) è un’arte nobile, perché misurare equivale a conoscere, sapere, capire. E dove non arriva il metro giallo avvolgibile che tiene sempre in tasca, arriva l’occhio allenato da anni di mestiere, che vede e immagina anche quel che non si vede. Le forze e gli sforzi in gioco, le dimensioni di una struttura che ancora deve prendere forma in uno schizzo. Ed è qui che il Geometra incontra l’Esploratore e il Costruttore in quel tutt’uno che è l’architetto. Mestiere antico, avventuroso, di frontiera, che non teme di contaminarsi con scienza, natura, musica, poesia, militanza, in una continua lotta contro la forza di gravità, cercando la leggerezza con materiali pesanti. La sfida di una vita per Renzo Piano – archistar di fama mondiale, senatore a vita dal 2013, vincitore del Pritzker (il Nobel dell’architettura), firma di grandiose opere in tutto il mondo – che a 83 anni, attraverso la penna di suo figlio Carlo e nei panni di nonno si racconta alla nipotina tredicenne Elsa, durante un viaggio virtuale in
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mare ai quattro capi del mondo, dove ha costruito le sue opere. È nato così Alla ricerca di Atlantide.Viaggio nell’architettura per ragazzi sognatori (Feltrinelli; pp.160; 18 euro), un percorso a tappe che, attraverso l’inseguimento della mitica città ideale, sogno di ogni architetto e metafora della vera bellezza, entra nel vivo di cosa significa costruire, sentirsi parte di un lavoro collettivo e al cen-
tro di un’avventura che a piccoli passi cerca di migliorare luoghi e persone. Nonno e nipote partono lasciandosi alle spalle l’aria di casa del nuovo ponte San Giorgio e del Porto Vecchio, raggiungono il Giappone dell’isola che non c’è, il mondo del popolo Kanak in Nuova Caledonia, la Grande Mela del New York Times dove un grattacielo di cristallo dimostra la forza della trasparenza e dell’informazione contro il terrorismo. E ancora la Scheggia londinese che buca le nuvole, il cuore di Berlino senza il Muro, l’ospedale ugandese dei bambini nel cuore dell’Africa, l’infuocata California temperata dal verde, la grande fabbrica gioiosa di cultura nel centro di Parigi, che è il Beaubourg. E tanto altro ancora. «Tutti edifici pubblici – racconta Carlo Piano – Luoghi in cui ci si incontra e ci si confronta, si sta assieme come cittadini mentre le differenze si stemperano. Luoghi che materializzano l’idea che edificare è sempre un gesto di pace e solidarietà. Non dimentichiamo che è anche la radice di “edificante”, nel senso di ciò che induce al bene. Mio padre ha bazzicato i cantieri fin da bambino, al fianco di mio nonno che a Genova aveva una piccola impresa edile. Fin da piccolo ha giocato sui mucchi di sabbia, respirato la fatica del lavoro ma anche l’orgoglio del costruire insieme. È cresciuto scoprendo il cantiere come un luogo magico non solo per i numeri; un luogo di pace e di convivenza felice. L’atmosfera che è stata palpabile durante i lavori per la costruzione del Ponte Genova San Giorgio». Un progetto sentito come un imperativo etico, figlio di una tragedia, i 43 morti che non si possono dimenticare, che Renzo Piano ha donato a Genova perché la sua città ritrovasse orgoglio e riscatto. Un ponte smart, ma semplice e parsimonioso, come si è detto, in linea con il carattere dei genovesi. «Per il ponte – continua Carlo – hanno lavorato oltre mille persone, italiani e stranieri assieme, 24 ore su 24, Natale e Pasqua compresi, in un cantiere sempre in bilico tra orgoglio e cordoglio ma in cui hanno sempre prevalso solidarietà e passione». Così che in due anni il ponte è tornato a vivere per durare, come dice
IL GIORNALE DEI GENITORI Renzo Piano, migliaia di anni. Perché i ponti, fatti per unire, non possono e non devono cadere. «I muri che dividono, quelli sì devono cadere. A Berlino, per la ricostruzione di Potsdamer Platz trent’anni fa, hanno lavorato cinquemila operai, di cui solo cinquecento tedeschi. C’era il mondo intero là, una società multietnica, una babele di persone da venticinque nazioni a rimettere in piedi in soli cinque anni quel quartiere che era stato completamento raso al suolo dalle bombe dell’ultima guerra mondiale. Eppure non c’è mai stato alcun problema di comunicazione. Le differenze miracolosamente si stemperavano in quell’esperienza piena di entusiasmo». E di avventure di cui ogni cantiere abbonda. Renzo Piano ricorda che quando si scava per costruire si trova di tutto e si affrontano imprevedibili eventi: a Berlino dove per le fondamenta lavoravano anche i palombari si trovarono bombe inesplose, granate e armi. A Los Angeles invece dei giacimenti di petrolio previsti dai geologi vennero alla luce scheletri di mammut, a Beirut capitelli e muri di origine fenicia. Nei trentotto mesi del cantiere dell’aeroporto del Kansai, nella baia di Osaka in Giappone, costruito su un’isola che non esisteva e che si è creata dal nulla, si registrarono trentasei terremoti, anche quello devastante di Kobe. In Nuova Caledonia per il centro culturale dedicato alla civiltà kanak i conti si fecero con i tifoni e le tempeste tropicali
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che colpiscono almeno due volte l’anno. Lì occorreva inventare ma preservare la memoria, tenere le tracce del passato e insieme innovare; e cercare la forza della costruzione nella flessibilità. «La leggerezza – racconta ancora Renzo Piano – è la chiave di lettura di questi luoghi, perciò un architetto deve diventarne abitante. Io sono stato di volta in volta parigino, berlinese, newyorchese, londinese e kanaki». «Bisogna confrontarsi con altri popoli e territori, soprattutto quelli che non si conoscono – fa eco Carlo – la regola numero uno prima di fare uno schizzo è calpestare il suolo e mettersi in ascolto, cercare quei suggerimenti che qualsiasi territorio può dare. Mai trascurare il genius loci». Per la California Academy of Sciences, grande museo di scienze naturali di San Francisco, un tetto verde grande come tre campi da calcio coltivato a graminacee locali, capaci di sopravvivere meglio senza bisogno di essere innaffiate, ha permesso di realizzare per la prima volta un edifico pubblico senza spreco di acqua e senza aria condizionata. In una zona dove nessuno ne fa a meno. Ma se l’architetto deve immergersi nel mondo in cui costruisce, deve dare anche forme ai cambiamenti, ascoltare il passato guardando al futuro come ogni esploratore, «come chi vive sulla frontiera e ogni tanto va a vedere cosa c’è dall’altra parte». Il Beaubourg di Parigi ne è l’eclatante esempio. «Mio padre e Richard Rogers inventarono una spe-
cie di parco divertimenti della cultura allegro e colorato, ribellandosi all’idea che i musei dovessero continuare a essere luoghi paludati, tristi e polverosi e destinati a pochi. C’era stato il Sessantotto e quei due ragazzacci avevano voluto costruire una disubbidiente macchina capace di offrire e produrre cultura». Non la passarono liscia quanto a critiche e polemiche. «Del resto quando l’architettura costruisce il futuro e interpreta i cambiamenti, è fatalmente bersaglio di critiche». Che vanno anche quelle ascoltate ma di cui non si deve avere paura. Atlantide, la città in cui bellezza, giustizia e onestà erano tutt’uno, va ricercata nonostante tutto, anche se sono in molti a dire che non esiste. Questo è un insegnamento che l’Esploratore consegna ai giovani, un mònito oggi più che mai urgente con la pandemia che ha colpito il mondo nell’anima oltre che nel fisico. Ricercare la bellezza, sottraendola a coloro che l’hanno umiliata facendone un frivolo elemento estetico è un dovere, perché estetica ed etica non possono disgiungersi. «Una nazione – conclude Renzo Piano – ha bisogno di speranza, di luoghi d’incontro e di bellezza. Quella bellezza che per gli antichi non andava intesa in maniera superficiale. E che si riassume nell’espressione greca kaloskagathòs, dove bello e buono si uniscono in un unico ideale di bellezza e di valore morale. Bello e buono sono bisogni e sogni che camminano insieme». Per questo, come sosteneva Dostoevskij, la bellezza ci salverà.
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IL GIORNALE DEI GENITORI
Fumetti/Rilettura di “Little Nemo” di McCay
Slumberland il mondo dei sogni di Giuseppe Fiori
Slumberland è pura immaginazione, è un luogo, nel nostro cervello, dove pensieri, emozioni e sogni precedono le parole che li renderanno manifesti. Il luogo, appunto, che tende ad escludere il principio di realtà…
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e vogliamo ammettere una sorta di contiguità tra realtà e immaginazione, con una membrana sottile che tiene separati i due scenari, allora dobbiamo badare al momento in cui ci addormentiamo. Un attimo prima siamo svegli, magari pensando all’imminente sonno o alla giornata appena trascorsa, e l’attimo dopo varchiamo il confine del paese dove va in scena l’immaginazione allo stato puro.
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Un viaggio della mente che rigenera le nostre facoltà con regolare frequenza, come l’alternanza della luce del giorno con il buio della notte. La scoperta di quella membrana, di quel passaggio da uno stato all’altro della nostra coscienza, è avvenuta nella prima infanzia, quando la distinzione, pur evidente, tra i due scenari era appena giocosamente più sfumata. Anche perché in un bambino la realtà è come una spiaggia, il cui profilo è
continuamente mutato dalle onde della sua fantasia. E, di notte, il mare diventa più grosso, fino a essere impetuoso per poi placarsi verso l’alba. Ognuno di noi ha veduto – ma sarebbe meglio dire ‘ha vissuto’ – il panorama onirico che è riuscito a immaginare, ricavandone vaghe e mutevoli impressioni e incerti ricordi, per questo siamo grati a quelle opere che, in vario modo, provano a rappresentare quel mondo che anche noi abbiamo attraversato con le palpebre abbassate: Slumberland, il mondo dei sogni, disegnato da Winsor McCay, il creatore di Little Nemo, è senz’altro una di queste. Ho scelto i suoi fumetti come l’immagine più evidente di un decollo, verso il mondo fantastico, di un bambino che si addormenta ogni sera nel suo letto. A Slumberland, «il più meraviglioso posto nel cielo», regna Sua Maestà Morfeo, un bonario monarca spaziale la cui figlia, una brunetta, si è innamorata di Little Nemo e lo vorrebbe accanto a sé. Le tavole domenicali che apparvero per diversi anni, con interruzioni tra il 1905 e il 1927, sul New York Herald, sono quanto di meno realistico si possa concepire con l’eccezione dei personaggi di Nemo (nessuno, cioè tutti noi) e di qualche assonnato suo parente; quindi i disegni realistici si limitano a poche tavole iniziali del bambino che va a letto e di quelle finali, quando viene svegliato. Il fumetto, in stile liberty dai toni surreali, con le sue fantasiose scenografie
IL GIORNALE DEI GENITORI
esprime tutto il gusto della pure imagination in una America ben lungi dal conoscere quella grande depressione in cui vedrà affondare tutti i suoi sogni. In Italia Little Nemo è apparso prima della Grande Guerra sul Corriere dei Piccoli, è stato per poco tempo su Topolino, per poi rinascere su Linus e, finalmente, guadagnare l’oblio. I suoi personaggi sono all’altezza delle scenografie: l’impresa di trasportare il prescelto dalla principessina viene affidata a pagliacci, libellule ballerine, dragoni preistorici, folletti, uomini di sabbia e bambini di zucchero, a George Washington tornato all’infanzia e a Padre Tempo. I mezzi di trasporto, poi, sono adeguati all’impresa: giganteschi condor, uno splendido tacchino, elefanti, tiri a quattro di arieti con rospi come clacson, ma anche aerostati, dirigibili e capsule proiettate nello spazio da colpi di cannone. Invenzioni grottesche e godibili con tavole che aumentano e diminui-
scono di misura allungandosi verso le stelle e i pianeti per poi liquefarsi, lasciando Nemo solo e terrorizzato nel vuoto cosmico. All’acme dell’incubo c’è il risveglio con un rassicurante parente che lo consola: gli incubi notturni sono gli effetti di una laboriosa digestione, la sera ha mangiato troppi lamponi alla panna oppure una fetta esagerata di torta alle mandorle. Che distanza tra realtà e immaginazione! Per questo a Nemo, qualche volta, dispiace svegliarsi e tornare alla quotidianità. Little Nemo ha la passione delle scoperte geografiche e di nuovi immaginari orizzonti, non disdegna le parate, le sfilate, gli spettacoli e i relativi costumi: si maschera da ussaro, da ammiraglio, da pompiere, da cavaliere medievale, e da ciò che trova durante il viaggio. Insomma a Slumberland è presente tutto l’armamentario di oggetti, di maschere, di personaggi e di animali che popolano l’immaginario
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infantile di buona parte del XX Secolo. Il cartoonist Mc Cay interruppe il suo lavoro in anticipo rispetto all’inizio della Prima Guerra Mondiale e lo riprese negli Anni Venti, per approdare sotto il dominio di William Randolph Hearst, il magnate della stampa (sì, proprio quello di Rosebud). Le cui drastiche direttive per un ritorno al disegno realistico saranno l’incubo da cui Little Nemo non riuscirà più a venir fuori. Il tempo è uno dei protagonisti delle sue fantastiche storie: Re Morfeo chiede anche a Padre Tempo di far approdare il bambino nel suo regno, ma nel viaggio si fermano alla Casa del Futuro, una fermata fatale. Le caselle dei numeri con gli anni vengono spostate, così Little Nemo diventa un ragazzo di quindici anni, per passare a 25 e poi a 48 anni. E a quell’età non si piace proprio, perché ha pochi capelli e una gran pancia, così, approfittando di una distrazione di
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IL GIORNALE DEI GENITORI
Padre Tempo si spinge fino alla fine del secolo, il 1999! Quasi centenario è tremante e disperato, fino a quando non viene risvegliato e il lettore può tirare finalmente il fiato. Mc Cay è un illusionista che schioccando le dita ci fa sprofondare nel sonno e con un altro schiocco ci risveglia, tra questi due momenti rimaniamo in trance, viaggiando in mondi immaginari, con qualche tocco di realismo qua e là che dovrebbe renderli impossibilmente plausibili. Questa è la pura immaginazione ben presente nelle storie per bambini che, per una confusione nel casellario degli anni, può funzionare anche quando quegli stessi lettori diventano adulti. Le storie di Mc Cay, anche se raramente virano verso una mostruosa quotidianità, restituiscono sempre tutta la potenza dell’immaginazione a cui sembra non essere sufficiente la vita parallela dei sogni. Little Nemo è attratto dal magnetismo di quelle invenzioni, tanto da distaccarsene sempre più a fatica, è il prototipo del bambino «troppo distratto», «sempre con la testa tra le nuvole» che schiere di madri, di maestre e di parenti vari hanno ingiustamente stigmatizzato. E lui sembra dirci, senza tanti giri di parole: «Attenzione, il principio di realtà è quello contro cui, consapevolmente o meno, combattiamo per tutta la vita».
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Perfino quell’ancora del mondo reale che è il suo lettino di legno, ricavato dalla massiccia moda di Primo Novecento, subisce in una storia una gigantesca metamorfosi, smette di rappresentare semplicemente il luogo che ospita l’immaginario onirico di Nemo e diventa, esso stesso, l’immagine in un sogno. Le sue “gambe” si allungano come quelle di un gigantesco fenicottero e portano a spasso il sognatore per le strade di una metropoli finché inciampano nei lampioni. Slumberland è Pure imagination (prendo in prestito il titolo della canzone di «Willie Wonka e la fabbrica del cioccolato» interpretata dall’indimenticabile Gene Wilder, con cappello a cilindro e abito viola), è un luogo, nel nostro cervello, dove pensieri, emozioni e sogni precedono le parole che li renderanno manifesti. Il luogo, appunto, che tende ad escludere il principio di realtà. A tal proposito è inevitabile ricordare quanto detto da Shakespeare nella Tempesta: «Noi siamo fatti della stessa stoffa di cui sono fatti i sogni e nello spazio di un sogno è racchiusa la nostra piccola vita». Spazio e Tempo, i due protagonisti invisibili di molte storie! E spazio e tempo ci riportano consapevolmente alla realtà delle nostre esistenze in cui, comunque, non è possibile emarginare il potere dell’immaginazione. Un soft power che non manovrerà mai le leve del comando ma ci impedirà di essere manovrati, proprio perché la realtà migliora soltanto con l’immaginazione e con tutto ciò che essa produce: dalla poesia alla musica, dalla letteratura al cinema e al teatro, dalla pittura alla scultura, dalle favole ai sogni. L’immaginazione vede oltre il quotidiano, amplia orizzonti ristretti, rappresenta le speranze, grazie ad essa possiamo vivere più vite e avere più idee sulla vita. L’immaginazione mostra tutta l’insufficienza di un pensiero non inclusivo e, nello stesso tempo, mantiene la memoria degli avvenimenti e delle persone che hanno intrecciato la nostra trama. Perché il potere immaginativo vive dei legami che crea tra
entità diverse, come la fisica che, dopo aver esplorato una realtà fatta di particelle di materia guidata da poche forze, ora indaga le relazioni tra di loro e il mistero delle «onde di probabilità». O come l’interazione tra i neuroni del nostro cervello che dà luogo alla cognizione e alla varietà dei comportamenti. Un’onda leggera quella dell’immaginazione, un soft power, appunto, che agisce in maniera persistente nell’apprendimento e nella riflessione, basti pensare come talvolta i dati della realtà possono essere controintuitivi e costringere perfino gli scienziati a fare i conti con eventualità improbabili. Perché, per fortuna, l’immaginazione è presente in tutte le immagini della nostra mente, nelle relazioni con gli altri e in molte altre espressioni del pensiero, è presente e attiva nella galassia della memoria, pronta ad apportare integrazioni e correzioni ai nostri ricordi per rinnovarli e reinventarli. Nel finale di Fanny e Alexander di Ingmar Bergman, quando arriva la notte e Alexander si addormenta tra le braccia della nonna, lei legge il suo augurio per il futuro: «Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Su una base insignificante di realtà, l’immaginazione fila e tesse nuovi disegni».
Lancia la sfida del non attaccamento il Maestro Zen
IL GIORNALE DEI GENITORI
Piccoli schermi/“Skam Italia”
Il lato chiaro dell’adolescenza di Nadia Riccio
La serie Skam Italia racconta la quotidianità di un gruppo di liceali. Con rispetto, misura e credibilità, senza cadere in rappresentazioni caricaturali o voyerismo generazionale. Sconsigliato vederlo insieme agli adulti.
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ella primavera del 2018 sulla piattaforma TimVision viene lanciata in prima visione la serie Skam Italia. Si tratta dell’adattamento di un franchise norvegese. La storia originale è stata adattata in otto paesi e altrettanti ne hanno acquistati i diritti. In Italia la produzione è Crossmedia (ex Magnolia) e nella terza stagione è subentrata Netflix, che ha distribuito gli episodi a partire da gennaio 2020. Quattro le stagioni, di 10 o 11 episodi ciascuna, con estrema variabilità nella durata degli stessi (da venti a quaranta minuti). Nell’adattamento molti elementi restano identici all’originale: la composizione del gruppo dei protagonisti, il cuore narrativo degli episodi che li vedono coinvolti, i profili caratteriali dei personaggi. E tuttavia la versione italiana, quasi interamente affidata a Ludovico Bessegato (classe 1983) che cura la sceneggiatura, la produzione e la regia di tre delle quattro stagioni, risulta originale e potente, coerentemente calata nella realtà sociale che vuole descrivere. I protagonisti sono un gruppo di liceali di estrazione medio-borghese della capitale: giovani dalle condizioni economiche serene se non proprio
agiate, iscritti al liceo classico, senza trascorsi traumatici nelle loro esistenze, che fanno un uso limitato di droghe leggere… Dei ragazzi tanto comuni e “perbene” da chiedersi cosa possa esserci di tanto interessante nelle loro vite da trasformarsi nella trama di una delle serie di maggior successo degli ultimi due anni. La risposta a questo interrogativo sta proprio nella grande qualità di scrittura dell’ideatrice del plot originale, Julie Andem, e ancor più di Bessegato, che tesse le trame in modo convincente, equilibrato, riuscendo a descrivere non solo ciò che accade ma a immedesimarsi nel punto di vista degli adolescenti,
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senza né paternalismo né accondiscendenza sorniona. La struttura narrativa si sviluppa nell’arco di quattro stagioni focalizzandosi ogni volta sulle vicende di un singolo personaggio, mentre gli altri fanno da comprimari. La prima ha per protagonista Eva, la sua relazione sentimentale e il sistema di pregiudizi e di condizionamenti tra pari per quel che riguarda le relazioni affettive e il sesso. Nella seconda il protagonista è Martino che prende coscienza della propria omosessualità e inizia una relazione con un coetaneo, che però ha problemi psichiatrici. Nella terza tocca a Eleonora fare i conti con la difficoltà di destreggiarsi tra spinte amorose, aspirazioni individuali e relazioni amicali. Nella quarta infine si raccontano le difficoltà di Sana, musulmana praticante, nel conciliare la sua fede con l’amore. Nella vita del gruppo fanno capolino il consumo di alcol e marjuana, il sesso, la contraccezione, i rapporti con i genitori e lo studio, trattati in modo mai didascalico. La pervasività e il ruolo giocato dai social network pure è riportato in modo realistico. Gli adulti sono presenti ma in secondo piano, con le loro fragilità talvolta. Tra gli adolescenti, target primario, il successo è stato enorme, per più motivi. In primis c’è il forte riconoscimento: Simona, 15 anni, spiega che «parla proprio di quello che succede a noi», e poi aggiunge «magari loro hanno più soldi, escono più di me, ma le loro vicende, i problemi, sono gli stessi che mi faccio io». Poi c’è il po-
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IL GIORNALE DEI GENITORI
tere catartico della narrazione, l’occasione di elaborare temi spinosi: Ian, 16 anni, racconta di averlo visto due volte, entusiasta, e che la seconda ha compreso meglio i problemi trattati, anche grazie agli attori, giovani ma molto bravi. Vedere Skam per un adulto significa entrare nel mondo degli adolescenti con un punto di vista incredibilmente neutro, rispettoso, equilibrato: è un po’ come poter leggere il diario dei propri figli senza violarne la privacy o incedere in curiosità morbose. Skam non ha i difetti di altri prodotti che hanno gli adolescenti come protagonisti: non offre una visione compiaciuta della giovinezza ma non eccede neppure nella drammaticità. La coralità del racconto, anche se la focalizza-
zione passa da un personaggio all’altro nelle stagioni, restituisce un giudizio complesso sulle vicende, mai banale e in nessun caso moralista. Il “tocco” registico di Bessegato fa sì che anche le scene di sesso, presenti, non siano mai scabrose, mentre le emozioni, nonostante l’estremo realismo, non appaiono mai “sopra le righe”. La straordinaria qualità di questo prodotto è anche negli aspetti tecnici: abbiamo detto che il casting ha selezionato dei giovani interpreti capaci, volti schietti che non ricadono in stereotipi di bellezza scontata. La regia accompagna i loro i corpi con una preponderanza di primissimi piani e piani americani dinamici, che producono un effetto di grande immersività. Il montaggio è lineare, se-
gnato da didascalie che indicano i tempi della narrazione (giorno, mese, ora) e dalla sovraimpressione dei messaggi che i ragazzi si scambiano tramite social. Ma l’aspetto più forte è il suono: la musica è coprotagonista nella serie e tutto il design acustico è costruito con continui passaggi dal diegetico all’extradiegetico1 e proietta noi spettatori in un effetto di sovrapposizione tra musica e suoni in presa diretta che evoca il muoversi nello spazio con le cuffiette nelle orecchie. Una serie assolutamente da consigliare, a ragazzi e adulti, ma, questa volta, non da vedere insieme! 1
La musica è diegetica quando la sorgente è presente nella rappresentazione, extradiegetica quando è invece fuoricampo.
FUORITESTO
L’INOSSIDABILITÀ DI GIANNI RODARI di Ferdinando Albertazzi disegni allegri e catturanti di Andrea Antinori fanno da squillante controcanto alle filastrocche scelte per i cartonati di Quando i gatti volano…, collana felicemente ideata e curata da Maria Cannata che propone ai piccini deliziose chicche di Gianni Rodari. Due i titoli del varo, La luna al guinzaglio che «È un piccolo cane bianco/ che tu tieni al guinzaglio/ è un docile palloncino/ che tieni per il filo» e Arturo, il gatto volante che «Va in un’ora da Roma a Torino». Inoltre «Gli piace guardare dal finestrino, mangiare un panino, suonare il violino e parlare di topi con il vicino». Sono “colpi di penna” che non smettono di sorprendere e divertire e che, per di più, accendono la voglia di provarsi aggiungendo qualche rima o inventando di sana pianta personaggi e situazioni. Le filastrocche, però, non sono il solo testimone innescante che Rodari passa al lettore o all’adulto che accompagna piccini e bimbi alla scoperta inventiva delle parole. Difatti può generarsi una storia se per esempio Cane e Armadio, parole di ambiti diversi, convergono in un “binomio fantastico” dove sono per esempio collegate da una preposizione articolata: l’Armadio del Cane, il Cane nell’Armadio… Anche gli errori creativi
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funzionano: libbro “diventa” un libro più pesante degli altri, ottomobile un’auto con otto ruote. «Sbagliando si inventa» sostiene appunto Gianni Rodari in Grammatica della Fantasia con spunti, suggerimenti e riscontri scaturigini di impensabili, mirabolanti avventure da praticare, più che da leggere, in combutta con i bambini. Un “ricettario” di riferimento continuamente ristampato che, dopo quasi cinquant’anni, mantiene intatta la scintillante capacità di indurre in invenzione dell’unico Premio Andersen (il Nobel della Letteratura per l’infanzia) italiano, straordinario detective dei processi creativi e funambolico deformatore delle parole, infilate in una sorta di magnetico labirinto degli specchi. Un «Gioco molto serio» di creatività
espansa, vestire il potere risvegliante delle parole «Usando la fantasia per stabilire un rapporto attivo con il reale: in chi lo fa, incoraggia l’anticonformismo». Dunque un’opportunità da non perdere più che mai oggi, dati i contesti anestetizzanti e anonimizzanti in cui ci arrabattiamo. Oltre a essere Introduzione all’arte di inventare storie, come recita il sottotitolo, Grammatica della Fantasia si rivela così «Introduzione all’arte di inventare la vita», la storia che nessuno dovrebbe rinunciare a raccontare. Gianni Rodari LA LUNA AL GUINZAGLIO Gianni Rodari ARTURO Ill. di Andrea Antinori Emme, San Dorligo della valle (TS), 2021 € 10,00 l’uno Dai 3 anni Gianni Rodari GRAMMATICA DELLA FANTASIA Einaudi Ragazzi, San Dorligo della valle (TS), 2021 pp. 190, € 13,00
IL GIORNALE DEI GENITORI
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FUORITESTO
LIBRI CANTERINI E FILASTROCCHE di Elisa Spadaro «Non si deve insegnare la musica ai bambini per farli diventare grandi musicisti, ma perché imparino ad ascoltare e, di conseguenza, ad essere ascoltati». Claudio Abbado
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l primo senso che si sviluppa nel bambino, già durante la gestazione, è l’udito. Nel limbo amniotico in cui si trova inizia infatti già a sentire quello che accade intorno a lui. Ecco perché, dai primi giorni di vita, questo senso è molto sviluppato, il bambino riconoscerebbe sia la voce della madre sia la musica che gli faceva ascoltare o le canzoni che gli cantava durante la gravidanza. È soprattutto per questo che già dalla nascita anche la musica riveste un ruolo importante per lo sviluppo cognitivo del nuovo nato. È stato ormai dimostrato, infatti, che la musica favorisce lo sviluppo del linguaggio e della coordinazione motoria (non ci pensiamo, ma l’ascolto della musica aiuta il corpo e la mente a lavorare insieme) e dà la possibilità ai piccoli di sviluppare la capacità di ascolto e l’osservazione, promuovere la concentrazione e l’attenzione ed esercitare la memoria. Ascoltare la musica aiuta il cervello a memorizzare le parole e a migliorare la pronuncia di sillabe talvolta difficili, soprattutto nella prima infanzia. I bambini musicalmente attivi sono inoltre facilitati nell’apprendimento della lettura, avendo già appreso, grazie alla musica, il ritmo e la cadenza dei suoni. Se pensiamo anche
alla funzione sociale della musica, le armonie musicali predispongono positivamente il bambino all’interazione con gli altri, permettendogli di esprimere sensazioni positive. In età scolare, poi, la musica diventa un importante fattore di aggregazione con i suoi coetanei. Ecco perché è importante proporre ai piccoli, praticamente fin dalla nascita, narrazioni e ascolti musicali. Non solo storie: all’inizio è opportuno puntare sulle filastrocche che piacciono molto ai bambini perché ricreano un mondo di sonorità ritmiche e calme. Le filastrocche hanno, com’è noto, origini antichissime. La facilità di memorizzazione, grazie al ritmo e alle rime, ha fatto sì che molte di esse siano state tramandate nel corso dei decenni per arrivare fino a noi. Alla base di esse c’è naturalmente il ritmo (potente alleato di qualsiasi comunicazione verbale), una precisa musicalità che accompagna la cadenza dei versi e delle rime. Ciò che conta veramente nella filastrocca non sono tanto le parole, quanto il ritmo e la ripetitività. Addirittura alcuni studi di neurolinguistica hanno ipotizzato che le filastrocche possano rivelarsi utili nella prevenzione e nel trattamento della dislessia, perché allenano la memoria a breve termine, proprio quella che risulta compromessa nelle persone dislessiche. Musica e filastrocche si rivelano comunque un utile strumento per consolidare il rapporto tra genitori e bambino. Scegliere libri musicali per i bambini è fondamentale, ma può essere com-
plicato, la produzione libraria di settore è molto cospicua. Ma oggi vogliamo proporre una lettura particolare, Whisky il ragnetto, un nuovo libro canterino di Gallucci. La filastrocca di Whisky è nota. Con il suo motivetto incalzante aiuta i bambini, anche i più piccoli, a memorizzare strofa dopo strofa ogni passo che il famoso ragnetto compie nella sua avventura di diventare grande: Whisky vuole scalare la montagna, comincia ad arrampicarsi ma la pioggia lo fa cadere giù. Si arrenderà? Arriverà in vetta? Chi incontrerà nel suo cammino? Questo libro sonoro che Gallucci ripropone in una versione tutta nuova, rivisitata e “canterina”, invoglia i bambini a continuare la storia, avventurandosi tra le pagine insieme a Whisky fino alla fine, coinvolgendoli ancora di più grazie all’arrangiamento musicale e cantato di Maurizio Fabrizio e Lorenzo Tozzi. Perfetto per i bambini che conoscono già la filastrocca ma ancora più emozionante per i più piccoli che devono ancora impararla: la musica e le illustrazioni li conquisteranno, alimentando la loro immaginazione e guidandoli nel mondo incantato delle favole sonore. Della stessa serie voglio segnalarvi anche I due liocorni, illustrato da Silvia Ziche e cantato da Roberto Grotti. Un altro classico intramontabile che piacerà a tutti.
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IL GIORNALE DEI GENITORI
Amico libro con la A maiuscola
Per fortuna ci sono i nonni! Ferdinando Albertazzi a colloquio con Corrado Ramella
Venticinque candeline. Le spengono i filosofi Corrado Ramella e Doriana Valesini, da cinque lustri al timone della libreria «Amico Libro» aperta a Borgo Marina, nella Bordighera ottocentesca. Si fanno perfino spedizioni a domicilio. La pandemia? Un’occasione per il piacere di leggere, anche se in parte perduta per scarsa sensibilità di genitori ed educatori. Per fortuna i nonni…
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’accogliente spazio allestito per iniziative di promozione della lettura ad ampio spettro mirate a bambini e ragazzi, laboratori e incontri spesso varati in collaborazione con le scuole e le biblioteche del territorio, senza contare la proposta calibrata e ben articolata dei titoli, hanno ormai fatto di Amico Libro il consolidato riferimento per tutto l’estremo ponente ligure. Quindi non solo per la cittadina in cui visse gli ultimi anni Edmondo De Amicis, scelta elettivamente da Antonio Fogazzaro e da Edoardo Sanguineti e di cui è stato cittadino onorario Raymond Peynet, il famoso disegnatore degli «Innamoratini». Una intraprendenza, quella di Corrado e Doriana, mantenuta accesa anche nell’imperversare del Covid-19. Libri – Covid: una sorta di «binomio fantastico», per dirla provocatoriamente alla Rodari?
La pandemia, con tutto il suo carico di difficoltà, di limitazioni e talvolta di sofferenze, ha avuto significati e conseguenze non scontati per le librerie – afferma Corrado Ramella –. Noi, peraltro, non siamo rimasti alla finestra: oltre ad avere aderito all’iniziativa
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“Libri d’asporto”, a libreria chiusa, abbiamo poi riscontrato l’apprezzamento, per non dire la gratitudine, dei nostri clienti per il servizio di spedizione a domicilio dei libri. La situazione in atto da oltre un anno, ha inciso sul comportamento dei lettori?
Abbiamo constatato una tenuta del nostro rapporto con i clienti e una tenuta dei lettori. I clienti abituali hanno fatto “scorta”, pescando tra classici e novità, mentre altri hanno approfondito sul piano scientifico, ma
talvolta anche su quello politico-filosofico o letterario, i poliedrici aspetti della pandemia. Inoltre abbiamo riscontrato con piacere un incremento di nuovi lettori, anche nelle fasce più giovani, con parecchi genitori che sono riusciti a coinvolgere i figli nella lettura. La lettura è insomma diventato il solo modo per uscire dall’approssimazione di informazioni veloci, frammentate e spesso non verificate, da cui siamo quotidianamente sommersi. Ragazzi e bambini hanno mostrato attenzione e “propensione” diverse per il libro e la lettura?
Oltre ad avere patito la limitazione dei rapporti sociali, i ragazzi sono stati maggiormente subissati da connessioni tecnologiche: in primis la DAD e i coinvolgimenti sui social, stante l’impossibilità di alimentare contatti diretti con gli amici. La lettura avrebbe potuto rivelarsi un’opportunità per riprendere un contatto più vero con se stessi, ma è mancata un’adeguata sollecitazione da genitori ed educatori. I bimbi e gli adolescenti nuovi lettori, sono venuti in libreria spontaneamente o invogliati da un accompagnatore?
Ribadisco che sono stati soprattutto i genitori e i nonni, spesso preoccupati dall’iper-connessione di figli e nipoti, gli artefici del coinvolgimento nella lettura. Fatto sta che parecchi nuovi
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lui. Per i più grandicelli Harry Potter è ancora molto gettonato, perfino con ricerca mirata delle vecchie edizioni. Al contrario Percy Jackson, la serie mitologica trasferita in epoca moderna, è in declino. Accanto alla serie del Diario di una schiappa, hanno preso piede le avventure di Nikki, sua omologa al femminile. Inoltre intriga molto i ragazzini Lyon, nuovo protagonista di un fumetto d’avventura ricco di personaggi bizzarri, mentre le ragazzine puntano sulla divertente Mortina di Barbara Cantini. Permane al contempo il mio rammarico per la difficoltà di riproporre ai piccoli il personaggio del draghetto Nocedicocco di Sieger, che meriterebbe maggiore diffusione. lettori sono stati “sorpresi” dalla libreria: ho visto ragazzini “neofiti” passare decine di minuti a guardare i titoli in scaffale per arrivare a sceglierne uno, affiancati magari da amici o compagni di lettura coltivata che, invece, puntavano decisi sulla collana preferita. O che, impazienti, non vedevano l’ora di potersi immergere in quella particolare novità. I “neofiti” si sono ambientati e motivati subito?
Alcuni, un po’ a disagio e diffidenti, hanno faticato a orientarsi. Per quanto attiene alla motivazione, va detto che nasce quando riesci a far percepire il libro come un’avventura della conoscenza o del divertimento. Da assaporare e da “indossare”, per così dire. Quali generi letterari si sono affermati o consolidati, nel periodo?
Nelle scelte dei ragazzi non ho notato mutamenti di rilievo, se non forse il maggior interesse per due filoni: quello dell’avventura e della scoperta avvolte in un’aura di mistero (per esempio la serie di E. Blyton della Banda dei cinque) e quello dei gialli per ragazzi. Inoltre ho riscontrato un pur non trascendentale rinnovato interesse per i classici, soprattutto “promossi” dagli adulti: Verne, London, Twain e la Alcott continuano a inte-
ressarli. Ma anche classici contemporanei quali Dahl, Lindgren e Pitzorno, il Pennac di Abbaiare stanca e dell’Occhio del lupo, e le favole morali di Sepulveda. Mi pare che invece il troppo Fantasy, spesso ripetitivo, li abbia un po’ saturati. Nient’altro, sulla cresta dell’onda?
Spiccano i molti libri per bambini e ragazzi dedicati all’ambiente, alla tutela del pianeta e ai rischi legati ai cambiamenti climatici (perfino il coronavirus, non è forse in qualche modo legato alla questione ambientale?). Strizzano magari l’occhio all’esperienza di Greta Thumberg, ma per lo più si basano sulla ormai lunga battaglia ecologista, condotta anche in Italia. Al riguardo, mi piace ricordare la limpida figura del giornalista, scrittore e ambientalista Alexander Langer: un riferimento, per più versi. Quei titoli sono in ogni modo una bella novità, benché occorra discernere le trattazioni ben argomentate da quelle modaiole... Quali personaggi hanno mantenuto le proprie posizioni o si sono imposti e quali si stanno invece avviando al declino?
Geronimo Stilton tiene il punto, soprattutto Viaggio nel tempo, Regno della Fantasia e i classici raccontati da
Che cosa piace ai bimbi che si avvicinano alla lettura?
Le serie Arcobaleno e Bianca del Battello a Vapore svolgono sempre la loro ottima funzione: personaggi come Tino cioccolatino e Camilla continuano a essere apprezzati. Senza dimenticare le Prima Pagine delle Emme Edizioni, i Classicini della EL o gli Oscar Mini. Ai piccolissimi piacciono molto i Cartonati della Gallucci per la varietà, le illustrazioni, l’interattività e la proposta musicale. L’iniziativa del Ministero dei Beni Culturali a favore delle biblioteche per l’acquisto di libri, ha portato ossigeno alle librerie?
È stata veramente un’iniziativa benvenuta e molto importante sia per le biblioteche civiche o specializzate, che hanno finalmente usufruito di finanziamenti per l’acquisto di libri, sia per le piccole librerie indipendenti come la nostra. L’idea di subordinare il finanziamento al rifornimento, per una quota significativa, nelle librerie del territorio, ha dato respiro a molte piccole attività, specie in questo non facile periodo. In più, ha ovviato a una situazione di concorrenza sleale, in appalti in cui la gran parte delle piccole librerie non poteva concorrere.
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IL GIORNALE DEI GENITORI
Read Red Road ovvero
«Se leggi fai strada»
Valentina De Propris, a colloquio con Daniela Girfatti
Passeggiando per le strade di Piazza Bologna, tranquillo quartiere romano tra la Sapienza e il Policlinico Umberto I, ci si può imbattere in una piccola libreria per bambini dal nome inusuale, Read Red Road, e scoprire che è anche una casa editrice. Tutte le informazioni sul sito: www.readredroad.it
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ttirata dai colori delle copertine e dalle forme dei giochi esposti in vetrina, la prima volta che sono entrata alla ricerca di libri da regalare ai miei bambini, ho subito incontrato Daniela Girfatti, la proprietaria e ideatrice del progetto culturale. Chiamo questo luogo “progetto” e non semplicemente “libreria”, perché di fatto nei pochi anni di vita che ha alle spalle ha dato vita a molteplici attività: circoli di lettura per bambini e adulti, corsi, laboratori, presentazioni di libri, e non da ultimo, la casa editrice. «Se leggi, fai strada»: questo è il motto della libreria, e di strada Daniela ne ha fatta molta, senza perdere il suo sorriso rassicurante e la passione profonda per i libri. Oggi il sorriso di Daniela è nascosto dalla mascherina, che tutte e due indossiamo quando ci incontriamo per questa intervista, sedute comodamente sul divano rosso che occupa una parete del locale. Una curiosità: da dove viene il nome della tua libreria, che poi è lo stesso della casa editrice?
Il nome della libreria è un paradigma e racchiude le mie tre passioni: la let-
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tura, “read”; “red”, il rosso, che è uno dei miei colori preferiti, simbolo della passione per la vita in generale; e infine “road”, la strada. Da napoletana per me la strada è qualcosa di prezioso, rappresenta la possibilità di incontri, come le storie; la possibilità che accada qualcosa lungo il tuo percorso. Vivo molto la libreria come se fosse una piazza, un luogo privilegiato per gli incontri. La casa editrice è, diciamo, un’evoluzione... Tutto è iniziato con la passione per la lettura, poi l’ultimo pezzo che mi mancava era scoprire che cosa ci fosse dietro i libri, come nascesse un’opera letteraria. Cominciamo dalla libreria…
La libreria nasce cinque anni fa, dall’esigenza di una neomamma che aveva bisogno di un luogo a pochi passi da casa, dove poter trovare libri, giochi, e soprattutto tante attività. In un momento in cui la maternità assorbiva il 90% della mia vita, sentivo il bisogno di uno spazio altro dove poter andare. Nasce dall’esperienza del consultorio, dove con altre mamme ci eravamo incontrate, e dall’esigenza di replicare l’idea di questa piccola comunità in uno spazio aperto a tutti. Il
quartiere ha recepito molto bene questo luogo, che presto è diventato un punto di incontro, di scambio di informazioni e di oggetti, anche di doni: c’è davvero questa idea della piazza come luogo bello, sano, accessibile, che ti dà la possibilità anche solo di trovare un bagno dove poter cambiare il pannolino a tuo figlio! Spazi come questo, che sono molto presenti nei paesi del nord Europa, stanno prendendo piede anche da noi...
Nella nostra società c’è poca attenzione alla maternità, alle donne che hanno bambini, non si considerano mai i mille incastri che dobbiamo fare ogni giorno per tenere tutto insieme. Anche avere un luogo dove il bambino trova un tavolo con colori e fogli per disegnare e stare tranquillo, mentre tu fai i tuoi acquisti, in altri paesi è normale. Come in Germania o in Finlandia, dove i luoghi sono pensati per i bambini, motivo per cui in questi paesi si fanno più figli. Oggi lo spazio non può più essere usato come prima della pandemia, però l’attenzione ai bambini rimane. Quindi come hai ripensato questo spazio?
Siamo sempre più libreria. Se ti guardi intorno vedi meno giochi e molti più libri; i libri sono cresciuti come è cresciuta la mia professionalità, la mia co-
che in qualche modo fossero quelli giusti. Ho cominciato anche a fare delle letture da casa, con l’aiuto di mio figlio, perché l’esigenza era quella di comunicare con i bambini. Penso sempre che abbiamo imparato a comunicare in modo diverso, complementare ma comunque efficace, che sfrutteremo anche negli anni a venire. Poi mi si è aperto il mondo delle spedizioni attraverso piattaforme, risultate preziose nel periodo di chiusura. Una domanda sui social, sempre più rilevanti nel nostro mondo, soprattutto in quello giovanile: tu cosa ne pensi? Sono un pericolo o una risorsa? Possono servire per diffondere l’amore per i libri e la lettura?
noscenza del settore. Ho aperto anche una piccola sezione dedicata agli adulti, perché le mamme e i papà dei bambini che leggono sono ovviamente lettori! Si è aperta così l’opportunità di creare un gruppo di lettura per adulti, una ventina di persone che continuano a vedersi anche a distanza, parlano con grande soddisfazione dei libri che amano.
Da poco abbiamo pubblicato il nuovo libro di Mauro Scarpa, L’opposto, con la prefazione di Andrea Zorzi. Ma quella che sto aspettando è una storia per i più grandi, una storia di quelle che leggi e ti dici «questa la vorrei pubblicare io!».
Com’è avvenuto il passo da chi vende “i libri degli altri” a produttrice di libri?
Mio marito è il socio in pectore della casa editrice, ma tutte le decisioni le prendo io. Su una cosa non transigo, devo scegliere io l’illustratore: la storia che mi arriva già abbinata all’illustratore difficilmente la scelgo, perché penso che sia molto difficile per chi scrive la storia trovare le giuste immagini per accompagnarla.
Io sono molto studiosa, penso sempre di non sapere e di aver bisogno di imparare. L’idea di lavorare in un settore diverso, legato però alla libreria, mi affascinava molto, pensavo di poter raccogliere le storie che leggevo e non ancora pubblicate. Ne ho parlato con uno dei più grandi distributori di libri in Italia, che per un po’ ha cercato di dissuadermi, poi ha rinunciato quando ha capito quanto fossi convinta! Abbiamo iniziato due anni fa con storie molto legate alle mie radici: Se Zeus fosse nato a Napoli, di Virgilio Panarese e Emme come, di Mauro Scarpa, che ora ripubblichiamo in versione illustrata. Poi racconti e storie per i più piccoli; è in uscita il nostro primo albo illustrato vero e proprio.
Come scegli i libri da pubblicare? Lavori in team o prendi da sola le tue decisioni?
Come hai affrontato questi ultimi difficili mesi? Mi racconti una cosa bella che hai scoperto grazie alla pandemia?
Ho scoperto che i libri sono uno dei conforti più grandi che abbiamo: era una certezza che avevo e che ha trovato una conferma durante i mesi terribili del lockdown del 2020. Abbiamo vissuto tutti una fase in cui non riuscivamo a leggere, poi penso che ognuno di noi abbia trovato dei libri
Io li uso. Sono convinta che l’e-book non sovrasterà la carta, così come i social non sostituiranno il piacere di incontrarsi, però sono strumenti che ci consentono di avere più conoscenza, sono uno stimolo, creano persone molto più preparate e competenti, che vengono in libreria e ti pongono domande precise, per cui tu devi essere aggiornatissima per rispondere alle loro domande. Creano anche dei falsi miti però: il mordi e fuggi di Amazon, le abitudini iperfast del «clicco e mi arriva domani» mal si conciliano con uno spazio come questo. Però cerchiamo di cogliere i lati positivi di questi cambiamenti: noi ci avviciniamo a quel tipo di modello, mantenendo la nostra specificità, e le persone fanno un passo indietro, riscoprendo anche l’attesa, la pazienza, il guardarsi negli occhi con chi ti vende il libro. In definitiva li considero strumenti preziosi: senza la tecnologia i nostri ultimi due libri non sarebbero usciti. Lascio Daniela agli scatoloni da aprire, con dentro i nuovi arrivi da mettere sugli scaffali, certa che grazie a lei, capace di svolgere questo delicato lavoro con immensa passione, il libro giusto arriverà tra le mani del lettore giusto, e si ripeterà l’alchimia dell’incontro, che soprattutto in tempi come questi, ci salva la vita.
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IL GIORNALE DEI GENITORI
Dalla cronaca alla stanza dei giochi
Femminicidi, sarà l’ora di parlarne di Nadia Riccio
La cronaca nera, quella che giustamente censuriamo alla vista dei nostri figli, apre interrogativi forti e sottende un appello di responsabilità a tutta la comunità educante. Come rivedere i modelli fondamentali, gli stili di vita famigliari, la scuola, i giocattoli, i cartoni animati, la pubblicità, persino i primi libri?
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marzo 2021: per la quattordicesima volta in due mesi una donna è stata brutalmente uccisa dal suo compagno. L’ennesimo femminicidio che conquista le prime pagine dei giornali, alimentando un’informazione che sfocia spesso nella morbosità, un’attenzione voyeuristica per quelle che
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vengono definite forme di amore criminale e per cui spesso le parole inciampano nell’equivoco di giustificare quasi l’assassino, con il ricorso all’idea di passione, di amore rifiutato. Oltre alla ferocia dei gesti sempre più spesso colpisce l’assoluta trasversalità socioeconomica e culturale dei contesti in
cui maturano le tragedie: non è possibile associare la genesi di questi delitti a una forma di deprivazione o arretratezza culturale, dal momento che l’incapacità di accettare la libera scelta delle proprie compagne sembra stravolgere maschi con storie e contesti di provenienza più vari. Ciò che accomuna gli omicidi è il non metabolizzare il cambiamento, il non riconoscere all’altra il diritto di scegliere per se stessa, una fragilità emotiva tanto clamorosa da far emergere una violenza cieca, da rompere il sistema di valori condivisi, arrivando ad esercitare estrema aggressività anche sui figli, privati della madre e spesso spettatori inermi di questi atti, quando non addirittura vittime essi stessi. Allora forse è giunto il tempo di una presa di coscienza del problema più profonda, di un’analisi accurata delle cause sociali, perché tali devono essere quelle di un fenomeno tanto ampio e in continua crescita, non riconducibile alla sfera della psicologia individuale. Perché gli uomini ammazzano le donne e non il contrario? Domanda provocatoria, espressa in questi termini, che tuttavia affonda le radici in una verità statistica agghiacciante. In questo spazio le ragioni che ci interessa investigare sono quelle dell’educazione, della trasmissione di modelli – diretti e indiretti – sui ruoli sessuali, le rappresentazioni di genere e le dinamiche di coppia, che forgiano gli individui all’interno delle società e possono aiutare a comprendere la genesi dell’orrore. Perché probabilmente all’omicidio non si arriva in preda a raptus che stravolgono la personalità, come gli avvocati difensori cercano di sostenere. La perdita del controllo si nutre sempre delle immagini profonde delle nostre rappresentazioni sociali. E la nostra società è molto lontana dal raggiungimento di un’uguaglianza sostanziale tra i sessi. C’è un filo rosso che lega il gender gap lavorativo, il sessismo informativo, la violenza fisica, l’abuso sessuale e che passa anche per la moda, la produzione di giocattoli, gli audiovisivi, la lingua che parliamo. Una testata locale si chiedeva come mai «la filosofia in cui era laureata» non avesse salvato l’ultima vittima dalla
IL GIORNALE DEI GENITORI morsa del suo assassino, come se la cultura di lei potesse o dovesse proteggerla dalla ferocia di lui o, cosa ancora più grave, come se spettasse a lei difendersi. L’idea che tocchi solo alle donne farsi promotrici della loro emancipazione o difensore della loro libertà e incolumità è un vizio di forma persistente, che implicitamente agisce a più livelli e finisce, più o meno volontariamente, a fornire parziali assoluzioni per il maschile. Anche la copiosa letteratura sull’empowerment femminile, che coinvolge adesso anche la prima infanzia, troppo spesso tralascia il compito che spetterebbe agli uomini nel processo. Raccontiamo alle nostre figlie storie di bambine ribelli o facciamo vedere loro film con eroine coraggiose, ma chi e come spiega ai bambini cosa significano la parità e il rispetto? Chi insegna ai giovani maschi a non essere deboli schiavi di condizionamenti che affondano in un patriarcato mai del tutto debellato? È proprio nei primi anni di vita che si apprendono i modelli fondamentali. Gli
stili di vita famigliari, la scuola, i giocattoli, i cartoni animati, la pubblicità, persino i primi libri parlano in modo esplicito, ma più spesso e più pericolosamente implicito, di ruoli sessuali, di attitudini, di modelli comportamentali presentati come “naturali” e perciò scontati e indiscutibili. La famiglia e la sua organizzazione, l’assegnazione dei compiti, le preferenze dei maschi e delle femmine sono raccontati, disegnati, mimati nel gioco in modo da veicolare taciti messaggi che costruiscono un immaginario a volte più arretrato della stessa realtà (in un parco pubblico è più facile incontrare un papà che spinge un passeggino con il suo bambino che un maschietto con un bambolotto!). Forse è necessario che sempre più genitori, insegnanti, scrittori, editori, produttori, si impegnino in modo consapevole e responsabile a determinare modelli di vita che non generino nell’età adulta senso di inadeguatezza e incapacità di affrontare in modo equilibrato frustrazione e dolore.
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Nel panorama dei giochi accade che alcuni marchi tentino negli ultimi anni di costruire di sé un’immagine più “femminista” dopo essere stati a lungo bersaglio di dure critiche: è il caso ad esempio delle Barbie, che ora vengono prodotte in taglie e caratteri etnici differenziati e accessoriate per svolgere le attività più disparate al claim di «puoi essere tutto quello vuoi». Lodevole iniziativa – sicuramente redditizia sul fronte commerciale – che tuttavia non esclude che la stereotipizzazione colpisca invece il maschile, con una scelta ridottissima di Ken che incarnano invece il modello di manichino standard da vetrina. Essere genitori consapevoli passa inevitabilmente per una faticosa attenzione prestata a tutti gli aspetti della vita dei figli, selezionando l’offerta di contenuti audiovisivi, guidandoli nell’interpretazione dei messaggi sociali, proponendo modelli di comportamento che contribuiranno a formare gli adulti di domani.
FUORITESTO
SE ACCADESSE CHE… RODARI FOSSE MESSO IN ORDINE ALFABETICO Francesca Baldini a casa editrice Electa ha voluto meritoriamente rendere omaggio a Gianni Rodari, nel centenario della nascita, con questo lavoro collettaneo. A esso, strutturato in voci, hanno offerto i loro contributi vari esponenti del mondo della cultura, tra i quali spiccano quelli di “studiosi e studiose, scrittori e scrittrici” dalle provenienze più diverse. Il volume si distingue da opere consimili per l’impianto “nuovo”. I lemmi, ordinati secondo un principio alfabetico, non si propongono di configurarsi come un’Enciclopedia roda-
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riana, quanto di strutturarsi come una sorta di “mappa”, atta a orientare il lettore nel suo processo di avvicinamento alla “stella Rodari”. Se da un lato il principio che ha ispirato la pubblicazione è stato quello di dare risalto allo scrittore che ha educato molte generazioni di giovani, e che ancora continua a farlo, dall’altro non si può negare che esso sia stato anche quello di consentire al lettore di orientarsi all’interno della complessa “galassia” letteraria rodariana. Ce lo confermano i due curatori, Pino Boero e Vanessa Roghi, i quali hanno osservato che l’opera è stata concepita quale strumento per indagare la copiosa produzione di Rodari in generale - e l’uomo in particolare in qualche modo trasversalmente. Non, come essi affermano, “con una lente di ingrandimento, ma semmai con un cannocchiale, da lontano”. I vari Autori hanno cercato di ricomporre il ricco contesto che si è mosso intorno a Gianni Rodari. Convinti che la conoscenza della “cornice” sia altrettanto necessaria dei particolari, sempre che ci si voglia davvero addentrare nello sconfinato “oceano Rodari”, essi hanno non a caso concepito “un
lavoro polifonico” di grande spessore. Se si volesse riassumere la sostanza dell’opera, si potrebbe senza dubbio affermare che essa consista nella scelta di offrire al lettore un’attenta ricostruzione proprio di quella “galassia” cui si è fatto cenno, attraverso la descrizione di luoghi, di persone, di tematiche e di correnti di pensiero, le quali hanno influenzato la vita e l’opera dello scrittore. Tale “summa”, che parte da “Alice”, la protagonista dell’omonima novella ispirata al racconto di Lewis Carroll, arriva alla voce “Zoo”, relativa al vasto bestiario che popola i testi di Rodari, nei quali gli animali “presentano caratteristiche variegate e mai banali”. Un’opera, insomma, destinata ad aprire ai lettori nuove prospettive, in primo luogo quella non già di “conoscere” il mondo attraverso le parole dello scrittore, ma di capire quanto esso sia “diventato più ricco” anche grazie alla sua “relazione col meraviglioso Gianni Rodari”. AA.VV., RODARI. DALLA A ALLA Z a cura di Pino Boero e Vanessa Roghi, Electa, Milano, 2020
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INTERVISTE e INTERVENTI
Proposto in graphic novel il longseller di Harari
L’immaginazione l’uomo e le nicchie di imbecillità di Francesca Baldini
Il libro di Yuval Noah Harari, Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità, è stato riadattato in un’accattivante graphic novel per i tipi di Bompiani per essere più facilmente fruibile anche dai lettori giovani. Alla base del pensiero dell’Autore un paradosso: per perseguire l’utopico ideale di una vita più facile, non codificata nel genoma ma prodotto dellimmaginazione, gli esseri umani sono andati incontro a difficoltà sempre maggiori, finendo nella trappola da essi stessi tesa. Si giunge così alla domanda se oggi l’uomo è da considerare un essere “divino” oppure il distruttore di sé stesso e del proprio ecosistema.
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he cosa distingue un uomo da un animale? La domanda potrebbe apparire peregrina, a meno che non la si inserisca nel contesto delle tre Rivoluzioni che hanno segnato la storia umana: quella cognitiva, iniziata circa
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70.000 anni fa, quella agricola, cominciata circa 12.000 anni fa e, infine, quella scientifica che, ultima, 500 anni fa, ha sancito il completo primato dell’uomo sugli altri esseri viventi. Mutazioni genetiche accidentali hanno
probabilmente interessato il cervello dei Sapiens, perfezionandone le connessioni neuronali a tal punto da renderlo in grado di progettare la conquista del mondo. Una scimmia insignificante è divenuta così «signora della Terra, capace di scindere il nucleo di un atomo, volare sulla Luna e manipolare il codice genetico della vita»1. Il nostro vantaggio sugli altri animali non sarebbe però consistito nella sola capacità di verbalizzare informazioni. La tesi sostenuta dallo scrittore israeliano Yuval Noah Harari in Sapiens. Da animali a dèi è infatti che il segreto del “successo” della nostra specie sarebbe sì legato alla capacità di elaborare messaggi complessi tramite il linguaggio, ma anche, e soprattutto, alla tendenza a trasmettere
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informazioni su «cose che non esistono affatto». Il nostro vantaggio evolutivo consisterebbe nella «capacità immaginativa», quella stessa che, operando collettivamente, avrebbe consentito ai Sapiens di «fare pettegolezzi» sugli altri, di condividere informazioni sociali, di «costruire narrazioni» che funzionano bene. Leggendo le pagine dell’opera di Harari, il pensiero non può non andare a Giacomo Leopardi il quale, nello Zibaldone, ha fatto dell’immaginazione un caposaldo del suo pensiero, sostenendo che essa sia l’unico mezzo di cui la natura avrebbe dotato l’uomo per garantirgli – illusoriamente – il raggiungimento della felicità. Condividere fantasie e miti è sempre stata dunque per i Sapiens la conditio sine qua non sulla scorta della quale creare un «ordine immaginario», «incastonato nel mondo materiale»2, fatto di una realtà oggettiva e naturale, non avulsa dai fatti. È così che si sarebbero radicate sulla terra le chiese, che si sarebbero fondati gli Stati, che si sarebbe costruita la fiducia nelle leggi, così come nei libri e nei soldi, questi ultimi oggetto – nel corso del tempo – di un vero e proprio feticismo. L’immaginazione avrebbe spinto i Sapiens a “inventare” nuove e sempre più efficienti forme di aggregazione e l’esercizio del potere sarebbe dipeso dall’abilità di convincere gli altri e di indurli a credere in “narrazioni” comuni.
Ma i “miti” cambiano nel tempo e le Rivoluzioni – veri “balzi” in avanti nel processo evolutivo, che hanno portato l’uomo a distanziarsi socialmente e psicologicamente da tutte le altre specie animali – attestano, però, al tempo stesso, che il Sapiens non ha mai tradito il proprio genoma. Egli avrebbe dunque innovato sì la sua esistenza, ma mantenendo sempre viva la capacità di adattare la sua mente «da cacciatore-raccoglitore» alle diverse realtà. Ecco il fardello che grava, inesorabile, sulle nostre spalle: la supremazia umana, generata dal processo evolutivo, sarebbe semplicemente presunta; consisterebbe insomma in una mera compensazione, utile a rimuovere la consapevolezza del vero, ma incapace di mistificare la nuda realtà. L’uomo è animale e tale rimane! Non è scorretto dunque, da questo punto di vista, sostenere che la logica del consumismo – anche di quello più “romantico” – tipica delle società opulente, è una delle tante dimostrazioni della natura ferina del Sapiens e della sua indole predatoria. Sul piano più propriamente cognitivo, poi, se è incontestabile che «gli uomini sanno di più di quanto sapessero i membri di un antico gruppo dei Sapiens», dal punto di vista della pratica sociale essi, presi singolarmente, non avendo più bisogno di conoscere il mondo naturale per sopravvivere, hanno bisogno di un sostegno collet-
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tivo. Ecco allora il “tallone d’Achille” dell’uomo: questo, da solo, nulla può se non è – e non sarà – capace di contare sugli altri. Per dirla con le parole dell’Autore, insomma, da quando le dimensioni medie del cervello umano sono diminuite dopo l’era dei cacciatori-raccoglitori, per i Sapiens si sono aperte «nicchie di imbecillità»3. Ma c’è dell’altro. Se da una parte essi, con i loro comportamenti, si sono fatti promotori del loro progresso materiale, dall’altra si sono resi responsabili anche del vulnus inferto alla natura. Gli uomini, insomma, con la loro presunzione di potere e di dominio, non hanno maturato un’adeguata e sana paura per il loro primo, vero nemico: se stessi! Per perseguire l’utopico ideale di «una vita più facile», non codificata nel genoma ma prodotto della fantasia, essi sono paradossalmente andati incontro a difficoltà sempre maggiori, finendo nella trappola da loro stessi tesa. Una storia amarissima, dunque, quella raccontata da Harari, fatta di «patti faustiani»4 tra uomo e ambiente e di «calcoli mal concepiti»5: «forse i Sapiens – afferma lo scrittore – avevano altre aspirazioni, e, per raggiungerle, scelsero con consapevolezza di complicarsi l’esistenza»6. Uomini antichi, motivati dalla “fede”, si contrapporrebbero così a uomini moderni, spinti da «necessità economiche»; alla lentezza, alla riflessione e alla fatica
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INTERVISTE e INTERVENTI
– come siamo abituati a constatare – si sarebbero sostituite logiche di accelerazione, di utilità, di perseguimento di soddisfazione egotica. Ecco la discrasia tutta moderna tra evoluzione e progresso: quest’ultimo, ben lungi dal tradursi in esperienza e prosperità, si è tradotto piuttosto in «sofferenza individuale» e in «ampliamento delle disuguaglianze», l’una e l’altro causati dai modelli di comportamento consapevolmente adottati7. I miti, sempre rigenerati, avrebbero dunque dominato l’uomo e si sarebbero, insomma rivelati più forti di quanto «chiunque avrebbe potuto im-
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maginare»8. Dopo la Rivoluzione francese, sostiene l’Autore, «l’intera storia politica del mondo può essere vista come una serie di tentativi per risolvere tale contraddizione»9. Harari afferma così che l’evoluzione, invece di rendere l’uomo migliore, lo ha reso paradossalmente una creatura xenofoba e poco inclusiva, sedotta dal potere del denaro, meravigliosamente capace di «credere in cose contraddittorie»10 e, per ciò stesso, destinata a rimanere vittima tanto della sua arroganza, quanto dalla della sua stessa facoltà immaginativa. Una prospettiva, questa, che ancora una volta ci rimanda a Leopardi il quale, verso la fine degli anni, sbeffeggiava le «magnifiche sorti e progressive» sulle quali avevano riposto tanta fiducia gli intellettuali idealisti del suo tempo. Il libro di Harari, un longseller di successo, è stato tradotto in sessanta lingue e riadattato, per i tipi di Bompiani, in un’accattivante Graphic Novel rivolta ai ragazzi. In essa un gruppo di ricercatori, guidati dallo stesso autore, induce il lettore a rivisitare, in modo nuovo e divertente, la storia dell’evoluzione umana con un linguaggio fresco, che spazia da quello televisivo a quello dei romanzi gialli. Una storia di investigazione, dunque, quella offerta dallo scrittore – ampiamente fruibile anche dal mondo giova-
nile attraverso la scrittura di David Vandermeulen e le illustrazioni di Daniel Casanave – che apre la mente del pubblico, adulto e non adulto, e lo sollecita a esperire nuove prospettive riguardo al rapporto tra storia e scienza. Il Sapiens, questa è la domanda, è da considerare come un essere “divino”, oppure come il distruttore più o meno consapevole di sé stesso e del proprio ecosistema? Il dibattito è oggi quanto mai aperto, e soprattutto attuale, a causa della pandemia, nel corso della quale l’uomo è stato – ed è – costretto a rivedere tutte le sue priorità, nel tentativo di recuperare quell’«ordine immaginario» che tanto ci manca e che siamo, ancora, ben lungi dal riconquistare.
Note 1 Y.N. Harari, D. Vandermeulen, D. Casanave, Sapiens. La nascita dell’umanità, quarta di copertina. graphic 2 Y.N. Harari, Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità, Milano, Bompiani 2019, pag. 149. 3 Ivi, pag. 69. 4 Ivi, pag. 122. 5 Ivi, pag. 119. 6 Ibidem. 7 Ivi, pag. 281. 8 Ivi, pag. 137. 9 Ivi, pag. 209. 10 Ivi, pag. 277.
INTERVISTE e INTERVENTI
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Nuovo libro di Novara sui disastri del Covid
E per ultimi vennero i bambini Daniele Novara
di Rossana Sisti
La pandemia ha visto i diritti degli adulti prevalere su quelli dei piccoli. Le conseguenze: disparità sociale tra ragazzi ben seguiti dai genitori e ragazzi soli per ore sui social o sui videogiochi, intrattenimenti che annebbiano il processo di applicazione dell’intelligenza alla realtà. Tra i rischi l’aumento della dispersione scolastica. La disattenzione della pedagogia e il lancio di una speranza.
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a denuncia non si è esaurita, l’irritazione neppure. Un anno dopo – nell’Italia ancora dentro il contagio, più o meno in libertà vigilata e in febbrile attesa di vaccinarsi – Daniele Novara non si stanca di levare la voce dalla parte di bambini e ragazzi, per i quali le misure di contenimento della pandemia, il distanziamento sociale, l’isolamento e la chiusura delle scuole sono stati un grave vulnus. Non smette il pedagogista che da una vita insegna a gestire i conflitti, di perorare la causa dei più piccoli che lo ha guidato in qua-
rant’anni di carriera. I bambini, soggetti meno aggrediti dal virus eppure i più colpiti da altre ferite che non si cancelleranno in fretta. «Parliamo di regressioni emotive – spiega – di chiusure e di ansie, di depressione e di varie manifestazioni di aggressività scatenate da isolamento, da grave e prolungata privazione della socialità, da mancanza di movimento, dall’assenza di compagni e di gioco libero e collettivo. In situazioni come queste, quando il mondo va in stand by non si può chiedere ai bambini di fare
altrettanto perché così la creatività si spegne e i desideri si offuscano. Per i più piccoli l’isolamento è stato un drammatico inceppamento della crescita. Un sacrificio non giustificato e dalle gravi conseguenze. Dai tre ai sei anni, la condivisione del tempo nel gruppo è una necessità primaria, una tappa fondamentale per la competenza sociale che non si può azzerare senza mettere in campo altre misure e soprattutto senza valutarne i contraccolpi. Invece fin dall’inizio chiusi in casa, allontanati da scuola, dai cortili, dai parchi, dai nonni e dai compagni, privati persino del diritto alla passeggiata, che era stata concessa in prima battuta ai cani e ai loro padroni adulti, i bambini sono stati ignorati e mortificati nella loro voglia di crescere. Indicati persino e senza evidenze scientifiche come untori nella diffusione del virus. I diritti degli adulti hanno prevalso su quelli dei bambini». Nonostante ricerche più che accreditate abbiano stabilito che le scuole siano tra i luoghi più sicuri, si è preferito chiudere e aprire a singhiozzo, o chiudere in toto, rinunciando alla didattica in presenza e facendo affidamento alla cosiddetta Dad, ma soltanto perché sono rimasti insoluti altri e più gravi problemi. Eppure per giorni durante il primo lockdown ma anche in seguito, chiuse le scuole, le istituzioni non si sono occupate della presenza sociale dei minori. Del resto nel comitato tecnico scientifico tra i consulenti di alto livello per affrontare l’emergenza, sono stati del tutto assenti pedagogisti ed esperti di infanzia e adolescenza. La seconda ondata del covid-19 non è andata meglio.
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INTERVISTE e INTERVENTI
«Bambini e ragazzi hanno un estremo bisogno di crescere nella normalità scolastica. Perché per loro – spiega il pedagogista – la scuola è una piattaforma di apprendimento ma anche di interazione sociale e crescita emotiva, un’occasione per sviluppare le proprie risorse e vivere la propria età. Tutto questo non si può fare via Dad. Ormai è assodato che si impara più dai compagni che dall’insegnante e che imparare è un’esperienza cooperativa e collettiva di condivisione e reciprocità. La presenza fisica in classe è fondamentale: le neuroscienze ci forniscono nozioni sul funzionamento del cervello, sul potere dell’esperienza sociale dell’apprendimento e sui processi di imitazione, conoscenze che ci aiutano a fare le mosse giuste al momento giusto. E che seppelliscono l’idea della lezione frontale, l’unica che si fa a distanza, come unico strumento didattico». Ma non è tutto, perché alla chiusura delle scuole si è aggiunta quella delle palestre e dei centri sportivi. La solitudine dei ragazzi e delle famiglie, l’indifferenza della politica e il cinismo del mercato sono stati e sono un mix preoccupante. “Crescerà ulteriormente la disparità sociale tra i ragazzi ben seguiti dai genitori e quelli che da soli sostano per ore sui social o sui videogiochi, intrattenimenti che annebbiano il processo di applicazione dell’intelligenza alla realtà. Molti finiranno per disamorarsi allo studio e lasciare poi la scuola. L’Italia è già il Paese nell’area Ocse con il più alto numero di Neet, giovani fra i 16 e i 24 anni (dal 20 e 25%) che non lavorano, non studiano e non cercano un lavoro. È una grave rinuncia ad affrontare la vita e non va trascurata». Ma quel che non va sottovalutato è la generale disaffezione nei confronti dell’infanzia, cresciuta in modo strisciante negli ultimi anni. Una vera e propria sparizione dell’infanzia e dell’adolescenza dall’immaginario collettivo e dall’orizzonte culturale e sociale del nostro Paese che Daniele Novara ha denunciato nel suo ultimo saggio I bambini sono sempre gli ultimi (Bur-Rizzoli, pagine 208; 16 euro), maturato proprio nei giorni del lockdown. Quando è emerso con chiarezza che «in nome 34 Pepeverde n. 10/2021
della sicurezza venivano spazzate via tutte le pratiche che definiscono la vita dei bambini e la loro cultura. Tutte quelle esperienze che nella storia dell’umanità definiscono che l’infanzia è l’infanzia». Da oltre vent’anni abbiamo smesso di considerare i bambini una priorità, salvo che dal punto di vista dei consumi. Per il resto ce ne siamo dimenticati, come se fossero diventati invisibili, un problema e non un risorsa. «I bambini sono spariti in quanto tali. Le nascite in picchiata, le adozioni non sostenute e drammaticamente calate, le scuole dell’infanzia inadeguate numericamente. Abbiamo amministrazioni locali che investono nelle rotonde ma non hanno soldi per i nidi. Le educatrici prendono stipendi da fame, ma intanto lo Stato conta sull’attivismo dei nonni.
Nel Paese che ha dato i natali centocinquant’anni fa a quel genio che è stata Maria Montessori, la pedagogia è scomparsa dalle università e ancora non si è pensato di rendere obbligatoria la scuola dell’infanzia». Sull’istruzione d’altra parte più che gli investimenti si sono accaniti i tagli di tutti i governi. «Nelle scuole non esistono presidi pedagogici, l’educazione è stata medicalizzata, siamo passati – chiarisce Novara – dal bambino che disturba al bambino con diagnosi di disturbo, mentre insegnanti e genitori sono stati lasciati soli, spesso in preda all’ansia e senza sostegni al loro ruolo educativo». Da pedagogista però Daniele Novara non può essere pessimista. Pur presentando dati di realtà preoccupanti, non può non esprimere uno slancio di speranza, una spinta a un’assunzione di responsabilità collettiva e a un cambio di rotta attraverso idee che possono suggellare una nuova alleanza tra le generazioni basata sull’ascolto e sulle proposte di aiuto ai genitori. Significa presìdi pedagogici nelle scuole, sostegni economici alle famiglie, nidi e scuole dell’infanzia gratuiti, spazi cittadini per bambini e ragazzi… «Una società che non sa ascoltare e valorizzare la diversità infantile – conclude Novara – si appiattisce, schiacciata sull’incombenza. Non c’è futuro se non lo proiettiamo come sogno e desiderio sui bambini». Come sosteneva Danilo Dolci, si cresce solo se sognati.
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FUORITESTO
CARTOLINE E MUSICA DALLA PERIFERIA MILANESE Ferdinando Albertazzi a colloquio con Tino Adamo
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’è il tipo che se la tira da Cerutti Gino, il “Drago” scovato da Giorgio Gaber nel Bar del Giambellino e ci sono quelli che strizzano l’occhio agli sfrontati perdigiorno cantati dagli 883 e, in seguito, da Max Pezzali “in solitario”: sono davvero inossidabili, le “cartoline” dei personaggi da bar di periferia! Di generazione in generazione si passano identicamente il testimone di smargiassate irridenti, di lance in resta che dovrebbero cambiare la vita e invece macché, di imprese mirabolanti e improbabili in cui “i ganzi” spergiurano di tuffarsi a corpo morto perché, vivaddio, è la volta buona. E se non fosse per il lampo di autoironia che si ostina ad affiorare nello sguardo… A questi sempreverdi, mitici “bellimbusti da strapazzo”, come li additano con malcelata invidia certi “rispettabili”, Tino Adamo, vulcanico coautore del format Bonelli Kids e artefice del Bestiario umoristico nonché tifoso interista doc, dedica Il bar degli zanza, suo romanzo d’esordio. Sfaccettati con penna avvincente e spassosa, sfilano sul suo proscenio letterario il “filosofico” Saverio, proprietario del bar, lo Zio che se la gioca da enigmatico, Nico con la sua Beretta, «Che pesa quanto la colpa» perché per entrare nella mala vip ha dovuto freddare addirittura l’amico d’infanzia Damiano. Inoltre i soliti incalliti al solito tavolo del poker e i soliti scommettitori aggrappati alle solite “Polpette” organizzate all’ippodromo. Senza contare le Sfarinate che «Consumano il marciapiede e quel che resta della loro vita», i corteggiatori in panne, i tiratardi fancazzisti che nel fumo di spinelli condivisi lasciano evaporare le spedizioni punitive «Per un apprezzamento neanche tanto pesante». E senza contare Tino il barista che è proprio dichiaratamente lui, Tino Adamo: narrazione più autobiografica di così!... O magari un perfido, abilissimo trompe l’oeil? Il bar degli zanza è sicuramente anche un libro autobiografico – conferma Tino Adamo –. Prima di riuscire
a vivere di Fumetto, la mia passione, ho sfangato la fine mese lavorando per un decennio come barista. Sono molto empatico e stare in trincea dietro il bancone mi ha permesso di conoscere e studiare una miriade di personalità intriganti. In questo mare di varia umanità ho pescato aneddoti, storie e personaggi mescolati “In fantasia”. In più, mi sono ritagliato il ruolo di voce narrante in quanto proprio nel bar che ho descritto, situato a Baggio, quartiere popolare della periferia milanese dove sono cresciuto e che amo, ho lavorato quand’ero ragazzo. Baggio torna così alla ribalta… È stata una periferia “calda”, specialmente dai primi Anni ’70 alla metà degli Anni ’90. Tant’è vero che l’adagio «Vieni a Baggio se hai coraggio» è un mantra ben conosciuto ancora oggi… Fatto sta che parecchie delle vicende che ho raccontato, romanzandole, hanno preso spunto da fatti realmente accaduti. Insomma: conosco bene il popolo dei bar e questo romanzo è dedicato a loro.
Quali suggestioni inducono il lettore a sentirsi coautore? Sicuramente l’effetto amarcord. Il romanzo è ambientato agli sgoccioli degli Anni ’80 ed è stato importante, direi anzi commovente, scoprire che la maggior parte dei lettori “entrano” emozionalmente nel Bar degli zanza fin dalle prime pagine. E identificano nei personaggi caratterizzati vecchie conoscenze, situazioni di vita vissuta, ambienti scolpiti nella memoria. Che differenze ha colto, tra l’editoria letteraria e quella del fumetto? Bazzico il mondo del Fumetto da una vita come lettore, disegnatore e sceneggiatore. Si dice che il Fumetto sia «Il settore in crisi di un settore in crisi», perché l’Arte Sequenziale è considerato la serie B dell’editoria… Pochi, ormai, gli editori in grado di offrire compensi decenti agli autori e d’altronde colpi letali sono arrivati con l’allettante strapotere dei videogiochi e con le chiusure a ritmo esponenziale delle edicole. Anche l’editoria letteraria è in sofferenza ma ci sono realtà editoriali che, fortunatamente, hanno ancora il coraggio di rischiare. Unicopli in primis: Il mio manoscritto ha destato l’interesse dell’editore del direttore della collana La porta dei dèmoni, che vi ha inserito subito il mio romanzo! Progetti? Il bar degli zanza soffre già si solitudine, reclama un “fratellino”, perciò sto raccogliendo le idee e il materiale per darglielo. Leggere è stupendo, ma scrivere è quasi un atto d’amore.
Tino Adamo IL BAR DEGLI ZANZA Disegni dell’autore Unicopli, Milano, 2020 Collana «La porta dei dèmoni» pp. 324, € 17,00 Da 15 anni
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INTERVISTE e INTERVENTI
Crisi ambientale e crisi sanitaria
Poi d’improvviso arrivò il Covid di Giuseppe Assandri
«L’umanità sta giocando a dadi con l’ambiente». La frase, del premio Nobel per l’economia 2018 William Nordhaus, economista statunitense docente alla Yale University di New Haven (Connecticut), fotografa efficacemente una convinzione sempre più diffusa. Ma cambierà qualcosa o…
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ra il 2019. La giovane attivista svedese Greta Thunberg era stata scelta da Time come personaggio dell’anno e in Italia il movimento delle Sardine aveva raccolto consensi tra chi cercava di contrastare la deriva del razzismo sovranista e cercava un nuovo approccio alla politica, vicina ai bisogni delle persone. La disastrosa estate del 2019 sembrava aver riscritto la storia del clima. Un importante studio pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature”1 aveva confermato – nonostante l’inquilino della Casa Bianca continuasse a negare l’evidenza – come l’impatto umano e la negligenza dei governi ad agire fossero la causa del riscaldamento globale, dell’emergenza idrica e degli eventi estremi sempre più devastanti. Negli ultimi 20 anni, con tassi di crescita esponenziale, i disastri ambientali (alluvioni, incendi, siccità, ecc.) infatti sono cresciuti vorticosamente, con 4,5 miliardi di persone coinvolte. Poi, all’improvviso, è arrivato il Covid19. Da un anno non si parla d’altro, con un ossessivo bollettino quotidiano di cifre, percentuali, contagi e decessi, interviste e sproloqui di esperti o presunti tali. Mentre di crisi climatica non si parla (quasi) più. Greta è tornata a scuola. Le 36 Pepeverde n. 10/2021
sardine si sono inabissatee solo da poco riemerse. Tra regioni che cambiano colore da un giorno all’altro e vaticini su quando tutto potrà «tornare come prima». Manca quasi del tutto la ricerca delle cause di questo sconvolgimento globale delle economie e degli stili di vita. Proliferano le spiegazioni cospirazioniste ed è impressionante il rifiuto di mettere in discussione i modelli di sviluppo, le scelte, i modi di produrre, spostarsi, scaldarsi, nutrirsi. C’è qualcuno che pensa davvero che tutto dipenda da un “incidente” impre-
vedibile accaduto nel mercato del pesce di Wuhan o in un laboratorio scientifico cinese? Possibile che la crisi sanitaria in cui siamo immersi sino al collo fosse un evento imprevedibile? Eppure non era stato solo Bill Gates2 (oggi incredibilmente accusato su internet di complotto3) a dire che un virus, magari diffuso per via aerea, avrebbe potuto fare milioni di morti in tutto il mondo e che non eravamo pronti a combatterlo. I suoi stessi avvertimenti, tragicamente inascoltati, erano stati lanciati da molti scienziati, pubblicati nei rapporti dell’Ipcc4 e su molte riviste scientifiche. È lo stesso Bill Gates, col suo libro più recente, a porre con forza l’attenzione sulla necessità di non dimenticare che la vera sfida è il clima, più della pandemia. L’idea è che, come è stato per il vaccino, messo a punto in pochi mesi, ci potranno essere progressi straordinari, grazie alle tecnologia ma anche alle decisioni politiche e ai comportamenti di tutti gli esseri umani. Personalmente non mi capacito che si possa pensare che una volta che saremo tutti vaccinati tutto potrà tornare come prima. Non ho alcuna competenza scientifica in materia, ma sono profondamente convinto che ci sia una stretta connessione tra la crisi ambientale e la crisi sanitaria attuale. Le emissioni di gas serra, la deforestazione, gli allevamenti intensivi con le micidiali deiezioni che provocano, la concentrazione di milioni di persone in aree urbane e industriali ristrette, sono la causa di milioni di morti ogni anno, per malattie e anche delle epidemie dovute alla zoonosi e ai «salti di specie». Far finta di niente e girarsi dall’altra parte, aspettando solo il momento in cui tornare a vivere “come prima”, mi pare miope e pernicioso. «Lo sentivamo tutti ch’era troppo furioso il nostro fare. Stare dentro le cose. Tutti fuori di noi. Agitare ogni ora – farla fruttare», ha scritto Maria Angela Gualtieri5. Questa epidemia non è stata la prima e non sarà l’ultima. Bisogna guardare in faccia la realtà. Senza falsi ottimismi né catastrofismi disperati. Ci sono a mio parere fondati motivi per essere molto preoccupati, ma anche qualche motivo per non perdere la speranza.
Forse non è troppo tardi per invertire la rotta6 e per far sì che la terra sopravviva all’uomo7. Poiché “Pepeverde” si occupa di lettura e letteratura, possiamo trovare molti spunti di riflessione illuminanti in opere recenti di scrittori che, spesso mescolando narrativa e saggistica, si interrogano e ci interrogano su come porci di fronte al futuro nostro e del pianeta in cui viviamo. Citiamone alcuni, tra i più interessanti e talora provocatori. Come Minuti contati. Crisi climatica e Green New Deal di Noam Chomsky e Robert Pollin8, un saggio intervista molto istruttivo, che esamina la crisi climatica in connessione con l’economia capitalista e la distruzione ambientale. Di particolare interesse il capitolo in cui descrive il programma necessario per portare a termine con successo la transizione verso un’economia verde9. Ma sono le parole di alcuni romanzieri
che più mi appaiono stimolanti per approfondire e formarsi un’opinione personale che possa guidare le nostre scelte e comportamenti, anche quando la crisi sanitaria sarà in qualche modo superata. Dal libro, a metà tra narrativa e saggistica, di Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo prima di cena10 all’opera dello scrittore indiano Amitav Gosh, La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile11. Ma la lettura a mio parere più ricca, originale e stimolante è Il tempo dell’acqua, dell’islandese Andri Snaer Magnason12, che chiama a raccolta scienziati e saghe familiari, guide spirituali e mitologie antiche. Di fronte alla vastità e alla bellezza della natura a rischio, c’è l’invito a salvare la natura da noi stessi e salvarci, così, insieme a lei. Il tempo di agire e mobilitarsi è ora. «Dovrei annunciare che un miliardo di vite umane sono a rischio? E a che titolo parli, mi chiederebbero? Mi è apparsa in sogno Auòhumla, la mucca universale. Parlo a suo nome». Lo sforzo è di trovare la parole del pericolo, della catastrofe e della speranza. Tra gli scrittori capaci di parlare di cambiamento climatico fuori da ogni schema, con riflessioni acute e spietata ironia, c’è anche Jonathan Franzen, nel suo racconto – reportage dedicato agli uccelli marini, La fine della fine della Terra (Einaudi, 2019). Ancora più stimolante e provocatoria è la lettura di un piccolo libro di Franzen, intitolato E se smettessimo di fingere? (Einaudi, 2020), in cui l’autore invita ad ammettere che non possiamo più fermare la catastrofe climatica. Accettare che il disatro sta arrivando è dire la verità. Dimezzare le nostre emissioni renderà gli effetti del riscaldamento meno severi, ritardando il punto di non ritiorno. Ridurre e ritardare le conseguenze disatrose è un obiettivo che vale la pena di perseguire. Possiamo mantenere democrazie e comunità funzionanti, attraverso un «portafoglio di speranze» a breve e lungo termine. Finché abbiamo qualcosa da amare, abbiamo qualcosa da sperare. Aggiungo che – in fondo – qualche motivo per non cedere al pessimismo lo abbiamo. L’Unione Europea ha varato un
gigantesco piano di transizione ecologica e di riduzione delle emissioni entro il 2030 che potrà avere effetti tangibili. Alla Casa Bianca c’è un altro presidente e gli Usa rientrano negli Accordi di Parigi. Tutto questo non basta, lo sappiamo. E i movimenti giovanili del 2019 ci hanno mostrato che i ragazzi non sopportano più mari inquinati, sprechi, detriti spaziali. Né i miti troppo facili del marketing. Possiamo sperare che i giovani vogliano riparare il mondo. O almeno provarci. E se sappiamo proporre ai bambini e ragazzi buone letture che nutrano le loro menti, abbiamo un motivo di speranza in più. Note 1
www.nature.com/articles/s41586-019-1401-2. L’intervento di Bill Gates, è un TED-Talk, tenuto il 23 aprile del 2015, che si può ascoltare su Youtube. 3 Si veda la recente intervista a Bill Gates su “7-Corriere della sera”, del 19 febbraio 2021. 4 Ipcc, Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite. 5 Maria Angela Gualtieri, Nove marzo duemilaventi, in “Doppio Zero”. 6 Le restrizioni per il coronavirus hanno determinato un netto decremento di inquinamento, si veda l’articolo di Alexis Myriel in “Terra Nuova”, aprile 2020. 7 Si veda l’articolo di Bruno Latour su “La Stampa” del 10 marzo 2021 e il libro di François Gemenne Aleksandar Rankovic, Atlante dell’Antropocene, Mimesis 2021 8 Noam Chomsky e Robert Pollin, Crisi climatica e Green New Deal, Ponte alle Grazie, Firenze 2020. L’dea che bisogna fare presto, ma che non è tutto perduto riecheggia nel titolo di un libro di Luca Mercalli, Non c’è più tempo, Einaudi,Torino, 2018. 9 Si veda anche Jeremy Rifkin Un Green New Deal globale che prevede (ottimisticamente!) il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028 e un audace piano per salvare la Terra. 10 Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo prima di cena, Guanda, Milano, 2019. 11 Amitav Gosh, La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile 12 Andri Snaer Magnason, Il tempo dell’acqua, Iperborea, Milano, 2021. 2
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LIBRI PER BAMBINI E RAGAZZI Segnaliamo sul tema dell’ambiente alcuni dei più recenti libri per bambini.
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nzitutto, la serie «I libri salvamondo», di Andrea Vico e Lucia Vaccarino, con il motto «Il destino del pianeta è nelle vostre mani», 4 volumetti di 48 pagine, per i bambini dai 7 anni, pubblicati da Fabbri Editori, Milano, 2020, € 12.90. C’è una storia di cornice, con protagonisti bambini e schede informative («Ecocuriosità») Ecco i titoli: Attenti al clima; Risparmiamo energia; Non sprechiamo il cibo; Zero plastica Tra i molti manuali che propongono azioni o pratiche concrete per salvare il pianeta, merita attenzione il libro di Martin Dorey, 50 missioni antiplastica (traduzione di Maria Cristina Della Volpe e disegni di Tim Wesson), DeA Planeta Libri, Milano, 2020, p. 128, € 12.90, da 8 anni. Dorey è l’ideatore di un progetto pilota inglese per pulire le spiagge in due minuti, qui spiegato ai bambini, con l’invito a diventare supereroi, attraverso sfide facili da mettere in pratica ogni giorno per cambiare le cattive abitudini e ridurre l’uso della plastica, nemico numero uno del pianeta. Diventare un supereroe è la suggestione scelta anche dal libro di Clive Gifford, Guardiani del pianeta. Come diventare un eco-supereroe (traduzione di Isabella Maria, illustrazioni di Jonathan Woodward), Edt-
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Giralangolo, Torino, 2020, p. 126, € 17.50, da 8 anni. Anche qui, suggerimenti per attività semplici e divertenti da svolgere a casa e nel tempo libero. Il tema del cambiamento climatico resta cruciale e può essere presentato efficacemente anche ai lettori più piccoli, come fa efficacemente questo bell’albo appena uscito di Neal Layton, Insieme per il clima, Editoriale Scienza (collana «A tutta scienza»), Firenze 2021, pp. 32, € 13.90, dai 6 anni. L’autore spiega ai bambini cos’è il cambiamento climatico e quali sono le sue cause, mostrando al contempo soluzioni pratiche, alla portata di tutti per ridurre l’impronta ecologica, modificando le proprie abitudini quotidiane. Infine, la nuovissima collana per bambini dei primi anni della scuola primaria «Storie che salvano il pianeta». Il primo titolo è: Virginia Stefanini, Faceva molto caldo, Terra Nuova Edizioni, Firenze 2021, p. 48, € 8.90. Per lettori dai 7 anni. Una storia di animali, che si mettono in cammino per affrontare il caldo. All’inizio pensano che la soluzione sia mangiare sempre più gelati, ma poi scoprono che per capire il cambiamento climatico occorre cambiare le proprie abitudini quotidiane. Gli altri due titoli sono: Beatrice Peruffo, Raffa e Margot nella villetta degli orrori, p. 48, € 8.90 e Rebecca Gelli, La formichina dei denti, pp. 48, € 8.90. Il 19 marzo c'è stato, anche se in tono minore, un nuovo sciopero globale del clima. (g. a.)
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Del “creare” lettori
Se è un bel gioco non dura poco di Elisabetta Vanzetta
Diventare lettori è faticoso, tanto quanto crearli. Ancora di più se non c’è chi ti aiuta a diventarlo o, dall’altra parte, se non si sa bene come fare e quali strumenti usare.
«Papà, mi compreresti un libro?» «Un libro? E per che cavolo farci?» «Per leggerlo». «Diavolo, ma cosa non va con la tele? Abbiamo una stupenda tele a ventiquattro pollici e vieni a chiedermi un libro! Sei viziata, ragazza mia!»1
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li ingredienti principali di un’inesistente ricetta per formare lettori sono buoni libri e buone storie, situazioni ideali, spazi tranquilli, tempo lento e modalità ben preparate. Come un buon lettore non può immaginare la sua vita senza libri, così un buon “creatore” di lettori non può immaginare di farlo senza attenta preparazione e senza i libri giusti. Per ogni promotore della lettura è importante conoscere bene bambini e ragazzi e i libri da proporre loro. Spesso non ci si pensa, ma sono i buoni libri a fare i buoni lettori, a creare gusto nei lettori, a insegnar loro cosa apprezzare nelle storie, a suggerirgli nuove letture. D’altra parte il mercato editoriale offre diverse pubblicazioni per la fascia d’età 6-14 anni che, tra le righe di una bella storia e attraverso le immagini in un testo illustrato, suggeriscono concetti, idee e spunti. Per le sue grandi potenzialità, la parola
scritta può far nascere o consolidare l’amore per l’oggetto libro e le storie che contiene. Per gli adulti promotori della lettura esistono oggi libri che possono essere fonte di ispirazioni e di idee da sfruttare per creare lettori. Non parliamo di manuali o di testi di studio scientifici, ma di libri di narrativa e albi illustrati da leggere ai e con i bambini e i ragazzi per condividere una bella storia e traendone al contempo riflessioni utili. Insomma di libri di storie che aiutano a saper “gustare” leggere storie.
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niera corretta. Sembra facile ma non lo è, perché se si inizia “male”, tutto risulta contorto, bisogna almeno far ruotare il libro più e più volte, prima che i guai si sistemino e ogni cosa torni al posto giusto. Solo in questo modo le storie che il libro contiene riescono a uscire e i “già lettori” possono riconoscere i personaggi delle cinque fiabe più o meno famose a cui si fa riferimento. In questo albo nulla è scontato, né immediatamente comprensibile, soprattutto per i lettori alle prime armi. L’ordine del reale è scombussolato e la giusta interpretazione delle pagine nel loro insieme richiede un po’ di impegno. Ciò, però, non limita il fascino del mix realtà e fantasia che caratterizza le fiabe e la divertente soddisfazione di ogni lettore che capisce di essere vero protagonista di ciò che legge entrando in relazione, anche fisicamente, con il libro che ha in mano. Altro interessante lavoro anche per l’ironia contenuta è il famoso albo È un libro3 di Lane Smith. Protagonisti sono un asino ipertecnologico e una scimmia che desidera solo leggersi in pace il libro che ha in mano (L’isola del tesoro di Stevenson). L’asino, però, non le dà tregua e chiede curioso come funziona quell’oggetto, dove è il mouse, se serve una password e cosa altro ci si può fare. Alla fine, per capire bene, l’asino prende quella “cosa”
Perdersi in una storia Sappiamo tutti che leggere non è un processo innato, non è un’azione naturale. A leggere bisogna imparare. Così, allo stesso modo, anche a “usare” un libro ci si deve allenare. Una, tra le possibili tecniche per affrontare l’oggetto libro, la si può apprendere seguendo le scherzose istruzioni proposte da Daniel Fehr in Come si legge un libro2. Fin dalla prima pagina di questo albo l’apprendista lettore è chiamato in causa e sono i due bambini protagonisti della storia a insegnargli come fare, come tenere bene questo strano oggetto, come girare le pagine, come sfogliarlo in ma-
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di carta dalle mani della scimmia e finisce col perdersi tra le sue pagine. Presentati ai ragazzini in un incontro introduttivo di un percorso di lettura, questi due albi illustrati sono oggetto di particolare interesse e suscitano riflessioni anche profonde sulla lettura e sul valore di un libro. L’albo di Quarello smuove nei ragazzi della scuola secondaria di primo grado una curiosità divertita dall’apparente disordine della storia e dalle fiabe contenute, soprattutto da quelle a loro sconosciute. I piccoli della scuola primaria, invece, si innamorano letteralmente dell’asino e dello scimpanzé di Lane Smith, ma, soprattutto, colgono il concetto di “perdersi in una storia”.
La biblioteca dei libri proibiti L’idea di un libro con sullo sfondo la promozione alla lettura scritto per bambini di quarta-quinta della scuola primaria è piuttosto curiosa. La troviamo in I maschi non leggono4 di Nicola Cinquetti, un libro ironico che narra di un maestro che si ostina a far leggere i ragazzi a tutti i costi con mezzi molto discutibili e imponendo materiali improponibili: il maestro sceglie, ad esempio, per la sua quinta classe Moby Dick di Melville in versione integrale. Quella raccontata da Cinquetti è una storia semplice, con una serie di lezioni godibili e assurde 40 Pepeverde n. 10/2021
(ma fuori dalla scuola i ragazzi decidono di farla pagare allo stravagante maestro). Il libro è surreale, divertente soprattutto per i ragazzi e con qualche frecciatina per gli insegnanti. Perché, allora, non provare con la tattica inversa? Proibire di fare qualcosa ai bambini di solito significa ottenere l’esatto contrario. Così, vietare la lettura di alcuni libri potrebbe incuriosire i ragazzi e spingerli a cercare proprio quei libri e a leggerli. È ciò che succede nella biblioteca scolastica della scuola di Amy Anne, dove vengono fatti sparire alcuni (molti) libri ritenuti inappropriati da una mamma perché, secondo lei, influenzano negativamente i ragazzi. Tra questi libri ci sono alcuni dei preferiti di Amy, libri che sono sempre stati disponibili in biblioteca e che lei ha letto già più volte. Perché adesso sono vietati? La storia raccontata da Alan Graz in Proibito leggere5 è un inno contro ogni censura e in difesa del diritto di leggere liberamente e consapevolmente. Amy Anne non può stare a guardare lo scempio che si sta creando in biblioteca e, superata la sua forte timidezza, affronta preside e consiglio scolastico in difesa della libera lettura. In questa sua lotta, fondamentalmente basata sulla creazione di una biblioteca “clandestina” con tutti i libri della lista proibita, la ragazzina non è sola. Con lei si schierano pian piano i suoi compagni di classe, lettori e non
(alcuni lo diventeranno proprio grazie a questi libri proibiti). Insieme affrontano gli adulti dimostrando come, al contrario di quanto si possa credere, sono proprio questi libri più “sovversivi” a divertirli e, allo stesso tempo, a far sviluppare in loro spirito critico, a farli pensare, a farsi un’opinione e ad acquisire capacità di esporla. Si tratta di una storia brillante, che diverte i ragazzini di 10-11 anni e interessa gli adulti per gli spunti che offre riguardo alla lettura e alla presunzione che a volte i grandi hanno di potere decidere (qualche volta anche senza vera cognizione di causa) ciò che i ragazzi devono o non devono leggere. Storie come queste di Cinquetti e Graz possono essere molto provocatorie. Non a caso vengono apprezzate soprattutto da quei ragazzi che sanno bene cosa vogliono leggere e diffidano dei consigli “neutri” di chi non conosce direttamente le storie e la loro qualità.
Cos’è una bella storia Formare lettori significa anche trasmetter la capacità di individuare quelli che sono i punti di forza di un buon libro. Ciò che rende un libro un buon libro è al centro di Come ho scritto un libro per caso6, la cui protagonista, Katinka, desidera diventare
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una scrittrice e impara a farlo seguendo i consigli della famosa scrittrice Lidwien, sua vicina di casa. I suoi consigli si possono riassumere nello slogan “Show, don’t tell” (mostra, non raccontare). Tenendo presente questo principio, un buon libro si scrive con (e quindi si riconosce per) le tecniche narrative efficaci, i dialoghi ben costruiti, la cura nella scelta delle parole, la presenza di diversi punti di vista e l’eliminazione di tutto ciò che è superfluo. A questo si aggiunge l’umiltà dell’autore che sa accettare di mettere in discussione quanto scritto nel confronto col lettore. Ovviamente avere una buona storia da raccontare è il presupposto base da cui non si può prescindere. Katinka una storia ce l’ha: ha tredici anni, ha perso la mamma da piccola, vive con suo fratello e suo padre. Nella sua vita entra Dirkje, la giovane donna di cui il padre si innamora. Per Katinka non è facile accoglierla: sono ancora troppo vivi in lei la memoria del passato e l’amore per la sua mamma. Grazie alla passione per la scrittura e ai consigli di Lidwien, Katinka però cresce e, lasciando tempo al tempo, pian piano ogni cosa per lei si sistema. È una storia importante che affronta temi impegnativi con intelligenza, onestà e levità. Una storia leale e di valore che rappresenta, senza didascalismi, la psicologia dei personaggi e ne
mostra le emozioni, per cui il racconto, vera educazione sentimentale, non è mai fine a se stesso. Una buona storia che ben esplicita ciò che la rende tale. Anche No spoiler. Le mappe segrete di tutte le storie7 racconta ciò che rende le storie buone storie, svelando pagina dopo pagina come funzionano. In parte saggio, in parte fumetto, in parte storia narrata, questo libro entra nelle pieghe delle narrazioni e mostra l’impalcatura che le regge e gli elementi ricorrenti che sta dietro ognuna di loro. Quando se ne conoscono le strutture è più facile leggere e comprendere le storie. Anche questo tipo di riflessione è promozione alla lettura. Come lo è coinvolgere i lettori, mettendoli di fronte a dei personaggi interessanti e scoprire con loro perché e come sono diventati tali. La lettura è un incontro “folgorante”, una magia che si crea ogni volta che il lettore si trova di fronte a una buona storia e viene imprigionato dall’energia del libro. È il concetto raccontato da Bernard Friot e Jungho Lee nell’albo Promenade8. Messo in mano ai lettori di ogni età, questo libro cattura per le sue immagini che, come enigmi da risolvere, spingono a un viaggio alla scoperta del perché si diventa lettori e delle motivazioni che muovono verso un libro piuttosto che un altro. I ragazzi si fanno coinvolgere e, partendo dalle suggestioni grafiche e verbali dei due autori, sviluppano scambi interessanti sul potere delle storie di trasportare in mondi immaginari, dentro e fuori di sé. Non mancano i riferimenti alla complessità di ogni libro
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che, pur essendo uguale per tutti, in realtà è diverso per ogni persona che lo legge. Riflettere sul potere della lettura e delle storie è parte integrante della promozione alla lettura, sia che si faccia in modo esplicito, sia che rimanga tra le pieghe delle pagine. Promuovere la lettura infine significa trasmettere il desiderio e il piacere di leggere, sviluppare familiarità con il libro, stimolare la conoscenza delle sue potenzialità come “contenitore” di emozioni, come strumento di crescita personale e sociale. Si promuove la lettura anche riflettendo sul perché è bello leggere. Importante è intraprendere ogni azione con strumenti e approcci piacevoli e stimolanti per i bambini e interessanti per gli adulti per realizzare sempre nuovi percorsi. E i buoni libri, ripetiamo, sono “lo strumento” imprescindibile. Note 1 Matilde. Roald Dahl (trad. di Francesca Lazzarato e Lorenza Manzi), Salani. 2 Come si legge un libro? Daniel Fher con le illustrazioni di A.C. Quarello, Orecchio Acerbo, 2018. 3 E’un libro. Lane Smith (trad.Serena Piazza), Rizzoli 2010. 4 I maschi non leggono. Nicola Cinquetti, Giunti, 2019. 5 Proibito leggere. Alan Graz (trad. Elisa Caligiana), Mondadori, 2019. 6 Come ho scritto un libro per caso. Annet Huizing (trad. Anna Patrucco Becchi), La Nuova Frontiera Junior, 2018. 7 No spoiler. La mappa segreta di tutte le cose. Leonardo Patrignani, Francesco Trento. De Agostini, 2020. 8 Promenade. Bernard Friot, ill. Jungho Lee, Lapis, 2020.
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FUORITESTO
SE GUARDIAMO L’ITALIA NEL MONDO di Anna Maria Villari na società in cui la lettura ha un ruolo primario è una società meglio informata e più propensa a salvaguardare la cultura democratica» Si apre con queste parole il bel libro di Tiziana Mascia dedicato al valore della lettura. Un libro non solo bello per il modo scorrevole in cui è scritto, pieno di suggestioni intorno alla magia del libro e di tutto quello che lo circonda, ma anche utile per la mole di dati che presenta e le proposte e i suggerimenti che fornisce per la diffusione del piacere di leggere. Già, il piacere, infatti leggere non è solo la porta aperta verso la cultura, il sapere, il mondo fuori di noi, ma anche un veicolo di fantasia, di svago, di piacere, appunto. Ma andiamo con ordine. Il libro è organizzato in quattro parti importanti. La prima è costruita sull’analisi comparata e intrecciata dei risultati di quattro tipi di rilevazioni internazionali sulle competenze in lettura dei giovani e degli adulti: IEA-Pirls (studenti di circa 9 anni); Ocse-Pisa (studenti di circa 15 anni); Ocse-Piaac (adulti tra 1665 anni); Istat (popolazione italiana da 6 anni in su) in un arco di tempo che va dal 2000 al 2017. La lettura incrociata dei risultati di queste rilevazioni e indagini ha il pregio di dare un quadro davvero completo della situazione italiana, anche in rapporto con altri paesi e valutare meglio le ragioni che fanno dell’Italia il paese dei lettori deboli o dei non lettori. Una seconda parte è dedicata ai significati della lettura e alle sue diverse modalità. Una terza parte all’importanza della formazione degli insegnanti e degli ambienti di apprendimento. Una quarta parte, suddivisa in più capitoli, su un progetto pilota, finalizzato alla formazione degli insegnanti, realizzato con l’Università di Bolzano e il Centro per il Libro e la Lettura. La formazione degli insegnanti, e la presenza di adulti competenti, il lavoro della scuola, la presenza delle biblioteche scolastiche, una rete di biblioteche sul territorio sono il filo conduttore dei ragionamenti che Mascia costruisce sulla scorta dei dati: sono gli ele-
«U
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menti che fanno la differenza tra la situazione italiana e quelli di altri paesi simili. Sono gli elementi, ad esempio, che hanno permesso alla Spagna di recuperare. È implicito, ma forse non troppo, nel libro, il riferimento alla politica e all’investimento opportuno sulla lettura, non solo verso la scuola in un paese nel quale, come dimostra Mascia, dalla fine degli anni Novanta la curva dei lettori non ha più seguito quella degli alfabetizzati. La situazione ha i caratteri di una vera emergenza culturale: oltre il 70% della popolazione adulta si colloca sotto i livelli minimi delle classifiche internazionali, quindi al di sotto del livello 3, mentre solo il 30% si posiziona nei livelli superiori 3, 4, 5. «Per lettura – scrive Mascia – non si intende più la mera capacità di decodifica di un testo scritto, ma una competenza chiave (literacy competence), fondamentale per l’apprendimento permanente (The Council of The European Union, 2018)». Anche perché le competenze trasversali, come quelle della lettura e della scrittura, sono necessarie anche nella vita quotidiana. «Diventare lettori significa affrontare un percorso che inizia nella prima infanzia e continua fino all’età adulta e include lo sviluppo di numerose competenze e abilità che si acquisiscono nel tempo (Valtin, 2012; Wolf & Stoodley, 2012)». Da qui l’importanza che fin dalla scuola dell’infanzia, ma anche da prima, i bambini vengano avviati al contatto con la lettura. Fon-
damentale l’apporto della famiglia, visto, come si sa, che se i genitori leggono e leggono ai figli (bellissime le pagine sulla lettura ad alta voce), i bambini e i ragazzi maturano maggiori capacità. Ma la scuola non deve sancire le diseguaglianze sociali, come ha fatto finora. Da qui, scrive l’autrice «l’idea di indagare la formazione nella pedagogia della lettura per identificare delle linee guida in grado di fornire ai docenti gli strumenti utili per un’efficace didattica e per formare specialisti di lettura». I dati riportati sono impietosi: solo l’8% dei bambini che iniziano la scuola primaria ha competenze di prelettura (rispetto al 22% della media OCSE 2016); solo il 4% degli studenti frequenta scuole con grandi biblioteche scolastiche; solo il 20% degli studenti frequenta una scuola dove vi è la disponibilità di almeno un computer ogni uno o due studenti (rispetto al 51% della media OCSE 2016); utilizza il computer per la lettura solo il 21% degli studenti vs il 43% della media OCSE 2016; il 26% degli studenti ha insegnanti che non hanno frequentato alcun corso di formazione sulla lettura (rispetto al 16% della media OCSE 2016). Sono solo pochi, ma significativi esempi, peraltro confermati dagli ultimi dati Istat, di cui diamo notizia in questo numero della rivista. Ecco perché il progetto pilota che occupa una buona metà del volume è anche il cuore della ricerca di Tiziana Mascia. Si tratta di un progetto replicabile di sensibilizzazione dei docenti, di tutte le discipline, infatti leggere e scrivere sono competenze trasversali, con effetti straordinari sul piano didattico.
Tiziana Mascia I PERCORSI DEL LETTORE. TEORIA E BUONE PRATICHE PER LA FORMAZIONE Edizioni Sinestesie, 2020 – e-book pp. 220, ebook open access https://www.sinestesierivistadistudi.it
EDUCAZIONE E APPRENDIMENTO
Elogio della DAD? di Paola Parlato olti ragazzi durante il periodo dell’assenza forzata da scuola hanno visto migliorare il loro profitto, ma soprattutto sono diventati più sicuri ed è migliorato il loro rapporto con lo studio. Può sembrare un’affermazione delirante o quanto meno provocatoria, ma non è certo la provocazione l’intento di questa riflessione. È stato più volte sottolineato e ribadito, anche da queste pagine, l’impareggiabile importanza ed efficacia della scuola in presenza, la insostituibile possibilità di confrontarsi con i coetanei, di costruire insieme l’apprendimento, di crescere insieme. Ma l’elogio della didattica in presenza e della scuola non deve coprire di oblio i guasti e le difficoltà che la scuola stessa talvolta determina. Per alcuni ragazzi studiare a casa propria è stata l’occasione di confrontarsi con le proprie difficoltà e con le proprie lacune, di gestire un tempo più consono alle proprie esigenze e ai propri ritmi; per alcuni l’ansia da esposizione, da quella generale di intervenire in pubblico a quella di conferire su un argomento scolastico è stata fortemente ridimensionata dalla possibilità di restare protetti dietro uno schermo. Per alcuni si è trattato di approfondire in un tempo più lungo e in buona misura autogestito lo studio di alcune discipline da sempre ostiche, di servirsi in qualche caso del sostegno e dell’accompagnamento di familiari o docenti privati. Infine per molti, oggetto in classe di recriminazioni o addirittura di bullismo, la lontananza dalla scuola ha rappresentato un momento di pace con se stessi e con gli altri. Siamo naturalmente consapevoli che quelle descritte sono situazioni particolari di ragazzi appartenenti a contesti se non privilegiati comunque positivi, sul piano sociale ed affettivo: chi può apprendere di più e più sere-
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namente nel contesto familiare dispone certamente di libri e di altri strumenti, oltre che di attenzioni familiari che lo consentono e lo favoriscono e, a dispetto del titolo provocatorio, non faremo mai l’elogio di una scuola lontano dalla scuola. Si contano già e ancor più si conteranno nel tempo i danni di una didattica posticcia, che per la sua stessa forma riesce sostanzialmente a puntare alle conoscenze, ai contenuti, a una trasmissione di nozioni piuttosto
che a un apprendimento significativo. Contributi autorevoli hanno dimostrato che la didattica a distanza è fortemente esclusiva, a partire dalla disuguaglianza nel possesso dei mezzi tecnologici necessari a realizzarla. E si sono anche azzardate le prime valutazioni sull’incremento della dispersione e delle devianze che questa situazione sta creando e creerà ancora. Ma la pandemia e la straordinarietà che ha portato nelle nostre vite non può coprire e far dimenticare i problemi che affliggevano la nostra quotidiana normalità. Anche quella della
scuola. Una scuola sicuramente più inclusiva, egualitaria, formativa di qualunque didattica a distanza, ma afflitta da mali antichi come la povertà delle risorse o l’inadeguatezza dei curricoli formativi. Le aree più deprivate del nostro paese presentano da sempre tassi di dispersione elevatissimi, spesso punto di arrivo di un insuccesso formativo reiterato; nelle aule scolastiche si consumano fenomeni di bullismo di cui spesso la scuola non ha la volontà o i mezzi per conoscerli e curarli. L’investimento nella formazione del personale docente, in ingresso e in itinere, è insufficiente e sempre più mirata a contenuti tecnici, la formazione pedagogico-didattica (che è alla base della relazione docente-allievo e all’uso consapevole delle metodologie) è sempre più ricondotta a protocolli burocratici e a sterili tecnicismi. Spesso l’indice si punta su insegnanti stanchi e scettici, a volte incattiviti da anni di aule troppo affollate, di mezzi umani e materiali inadeguati, di una tecnologia che spesso riesce a inaridire più che a migliorare il loro lavoro. Accanto a questi vivono insegnanti straordinari, che si confrontano e si formano da soli, che si dedicano alla scuola e agli alunni con straordinaria dedizione, che costruiscono ogni giorno percorsi e risultati di eccellenza e a cui siamo infinitamente grati. Ma il volontariato e l’eroismo appartengono alla sfera della morale e non possono essere confusi con le giuste politiche. Si tratta naturalmente solo di spunti di riflessione sullo stato della nostra scuola, già critico prima dell’emergenza, perché la pandemia non diventi la notte in cui tutte le vacche appaiono nere, ma l’occasione di ripensamenti, progettualità e investimenti quando tutto questo sarà finito. Perché riteniamo che sia beata quella scuola che non ha bisogno di eroi.
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I GRANDI CLASSICI DELLA PEDAGOGIA
«EDUCATORI DI IERI E DI OGGI» È la nuova collana delle Edizioni Conoscenza dedicata a grandi classici della pedagogia, il cui messaggio è ancora attuale e può avere una significativa influenza sul pensiero pedagogico contemporaneo.
EDUCATORI DI IERI E DI OGGI
EDUCATORI DI IERI E DI OGGI
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GIUSEPPE LOMBARDO RADICE
ANTONIO BANFI
LEZIONI DI DIDATTICA
LA FILOSOFIA DELL’EDUCAZIONE
LORENZO CANTATORE
MASSIMO BALDACCI
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SCRITTI SCELTI
Introduzione e cura di
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E RICORDI DI ESPERIENZA MAGISTRALE
Introduzione e cura di
Edizioni Conoscenza
Edizioni Conoscenza
A cura di Lorenzo Cantatore, pp. 450, € 20,00 (Di prossima pubblicazione)
A cura di Massimo Baldacci, pp. 208, € 14,00
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dorso 15 pp192 dorso 15 pp224
con il CESME (centro studi sul marxismo e l’educazione) e con il CREIFOS (Centro di ricerca sull’educazione interculturale e la formazione allo sviluppo). Per questa collana ha curato il volume di Dina Bertoni Jovine, L’educazione democratica. Scritti scelti di pedagogia e didattica (2019).
(Dall’introduzione di Elena Zizioli)
L’EDUCAZIONE DEMOCRATICA
Comitato Scientifico:
Introduzione e cura di EDOARDO PUGLIELLI
Anna Ascenzi, Massimo Baldacci, Dolores Lidia Cabrera Pérez, Marco Catarci, Maura Di Giacinto, Massimiliano Fiorucci, Dolores Limón Domínquez, Chiara Meta, Simonetta Polenghi, María Teresa Pozo SCRITTI SCELTI Llorente, Edoardo Puglielli, Maria Grazia DI Riva,PEDAGOGIA E DIDATTICA Simonetta Ulivieri, Jordivolume Vallespirvengono Soler, riproposti alcuni scritti di Ettore Gelpi entro In questo Angela Maria Volpicella, Elena Zizioli
i quali si collocano le sue riflessioni sulla funzione e il ruolo dell’educazione degli adulti nella fase storica della globalizzazione. Introduzione e cura diporta con sé sono Gli effetti più preoccupanti che la globalizzazione individuati da Gelpi nella crisi delle democrazie, nel tragico ritorno della EDOARDO PUGLIELLI guerra, nell’espansione di crisi umanitarie ed ecologiche, nei crescenti e drammatici flussi migratori, nell’intensificazione dello sfruttamento Questa collana «Educatori di ieri e di delle condizioni di lavoro, nella del lavoro e nel deteriorarsi oggi» ha l’obiettivo di riproporre operepiù retrive e gerarchizzanti (razzismi, riabilitazione delle ideologie che hanno sessismi, avuto un integralismi, ruolo fondamentale nazionalismi), nella subordinazione delle attività nella storiadidel pensiero pedagogicoaleprincipio di competitività globale. ricerca e di formazione che, ancoraSono oggi,proprio consentono di questi pesanti cambiamenti che inducono Gelpi ad sviluppare nuove riflessioni sia sulle elaborare una «teoria critica dell’educazione degli adulti» da cui teorie pedagogiche sia sulle prassi scaturisce una pedagogia della resistenza che, dal rifiuto di una educative del passato,sempre ma anche formazione più di ridotta a «cultura d’impresa», a «management comprendere più a fondo le delle risorse umane», stimola negli adulti la ricerca delle condizioni contraddizioni del presente. storiche capaci di dare significato e senso all’esistenza umana: una La cura di ogni volume è affidata a un ricerca che permette agli adulti di accedere a quella che Gelpi esperto del settore con lo scopo di cultura». presentare definisce al lettore«educazione le linee interpretative
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Edizioni Conoscenza Euro 14,00 (IVA compresa)
A cura di Roberto Sani, pp. 232, € 15,00
ETTORE GELPI
GLOBALIZZAZIONE LAVORO FORMAZIONE DEGLI ADULTI
A cura di Elena Zizioli, pp. 224, € 15,00
A cura di Edoardo Puglielli, pp. 312, € 15,00
EDIZIONI CONOSCENZA Informazioni : www.edizioniconoscenza.it Tel. 065813173 È possibile acquistare i libri direttamente dal sito
Francesca Borruso, Lorenzo Cantatore, Carmela Covato, Donatello Santarone
Comitato Scientifico: Anna Ascenzi, Massimo Baldacci, Dolores Lidia Cabrera Pérez, Marco Catarci, Maura Di Giacinto, Massimiliano Fiorucci, Dolores Limón Domínquez, Chiara Meta, Simonetta Polenghi, María Teresa Pozo Llorente, Edoardo Puglielli, Maria Grazia Riva, Simonetta Ulivieri, Jordi Vallespir Soler, Angela Maria Volpicella, Elena Zizioli
SCRITTI SCELTI
Introduzione e cura di
EDOARDO PUGLIELLI
più attuali dei singoli Autori e di offrire un breve apparato critico e bibliografico.
Edizioni Conoscenza
EDUCATORI DI IERI E DI OGGI
Collana diretta da:
Edizioni Conoscenza
Edizioni Conoscenza
Edizioni Conoscenza
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Euro 15,00 (IVA compresa)
EDUCATORI DI IERI E DI OGGI
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ELENA ZIZIOLI Roma Tre. Presso lo stesso dipartimento collabora
ETTORE GELPI DINA BERTONI JOVINE Francesca Borruso, Lorenzo Cantatore, GLOBALIZZAZIONE, Carmela Covato, Donatello Santarone LAVORO, FORMAZIONE DEGLI ADULTI
GLOBALIZZAZIONE LAVORO, FORMAZIONE DEGLI ADULTI
Edoardo Puglielli è docente di Filosofia e Scienze umane nella scuola secondaria di secondo grado, dottore di ricerca in Pedagogia e, attualmente, presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi
assegnista di ricerca Introduzione e cura di
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UN ANNO A PIETRALATA
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EDUCATORI DI IERI E DI OGGI
Collana diretta da:
ETTORE GELPI
ALBINO BERNARDINI
EDUCATORI DI IERI E DI OGGI
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EDUCATORI DI IERI E DI OGGI Ettore Gelpi (Milano, 1933 - Parigi, 2002) è uno degli autori più importanti della cultura pedagogica contemporanea. Ha lavorato per molti anni come responsabile delle politiche dell’educazione degli adulti e della formazione permanente in varie organizzazioni internazionali come l’Unesco, il Consiglio d’Europa, l’Ocse, la Comunità Europea. È stato presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Ecap-Cgil e della Fédération internationale des Ceméa. È stato Professore invitato in numerose università nel mondo intero (Paris I Sorbonne, Kyoto, João Pessoa, Firenze, Barcellona, ecc.). Le sue opere sono state tradotte in oltre venti lingue. Nel 2002 ha ricevuto il Premio Kameoka per l’educazione permanente attribuito dall’Università di Kyoto.
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[...] Bernardini, dall’itinerario umano e intellettuale ricco e complesso, arriva all’esperienza d’insegnamento nella periferia romana con una chiara e precisa idea di scuola. Da qui non solo la denuncia appassionata di un’istituzione che all’inizio degli anni Sessanta, nonostante i dettami costituzionali, non riusciva ancora a includere, ma anche una proposta concreta di un piano di lavoro, di uno stile d’insegnamento che scommette Introduzione e cura disulle capacità e sulle potenzialità dei bambini, che ci lascia assaporare il gusto ROBERTO SANI dell’impegno e avvertire la passione della quotidiana scoperta per garantire proprio a quei bambini uno spazio di civiltà, liberandoli dall’ignoranza e dalla miseria non solo materiale. Quello che più colpisce in Bernardini è l’innervare i metodi didattici di valori civili, riuscendo a restituirci un modello di docente completo: la militanza non disgiunta dalla continua e costante ricerca didattica [...].
UN ANNO A PIETRALATA
SET TECENTO PEDAGOGICO E RIFORMATORE
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ALBINO BERNARDINI
Introduzione e cura di ELENA ZIZIOLI
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Elena Zizioli insegna Pedagogia professionale e Pedagogia della narrazione presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi “Roma Tre” dove collabora con il CREIFOS (Centro di ricerca sull’educazione interculturale e sulla formazione allo sviluppo), con il Laboratorio St.E.L.I. (Storia dell’Educazione e Letteratura per l’infanzia) e fa parte del Consiglio Scientifico del Museo della Scuola e dell’Educazione “Mauro Laeng”. Si è occupata di storia dell’educazione, di temi come l’istruzione e la formazione nel contesto carcerario, con specifico riguardo alla detenzione al femminile, ed è costantemente impegnata a studiare la narrazione come dispositivo di inclusione indagando i diversi immaginari della e sull’infanzia negli odierni contesti multiculturali. È membro di comitati editoriali di collane e riviste e ha all’attivo monografie, saggi e articoli.
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Scritti di: SCIPIONE MAFFEI, GASPARO GOZZI, ALBINO BERNARDINI RINALDO CARLI, GAETANO FILANGIERI UNGIAN ANNO A PIETRALATA E MATTEO GALDI
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EDUCATORI DI IERI E DI OGGI Albino Bernardini (Siniscola 1917, Tivoli 2015) si diploma nel 1940 all’Istituto Magistrale di Nuoro. Durante la seconda guerra mondiale partecipa alle campagne d’Albania, Grecia e Jugoslavia. Nel 1942 riceve il suo primo incarico, insegna nelle scuole elementari di Siniscola e da qui ha inizio un’ininterrotta quanto unica e intensissima esperienza pedagogica. A partire dal 1945 si dedica infatti interamente alla scuola e nel 1960 entra a far parte del MCE (Movimento di Cooperazione Educativa). Un anno a Pietralata è il suo primo libro, pubblicato nel 1968,che ispirerà il film Diario di un maestro che lo renderà famoso. La prefazione fu affidata a Gianni Rodari, amico al quale il maestro sardo rimarrà legato fino alla sua scomparsa nel 1980. Seguiranno poi sempre sulla sua esperienza magistrale altri tre testi: Le bacchette di Lula (1969), La scuola nemica (1973) e La supplente (1975). Bernardini è anche l’inventore delle «storie senza finale», ovvero racconti e favole che non vengono appositamente conclusi, per dare modo ai piccoli lettori di inventarsi un finale tutto loro. Tra le narrazioni per bambini si segnalano: Bobby va a scuola, La banda del bolide, Tante storie sarde, Le avventure di Grodde, II palazzo delle ali, Un viaggio lungo trent’anni e, il suo ultimo libro scritto a 90 anni, Tre ragazzi e un cane. Ha ricevuto lettere dai bambini di tutta Italia e decine di premi e riconoscimenti e, nella sua lunga carriera, ha svolto, per ragioni scolastiche e culturali, numerosissime visite in varie scuole italiane ed estere. Ha collaborato con vari quotidiani tra i quali “l’Unità”, “Paese Sera” e “l’Unione Sarda”.
Edizioni Conoscenza
A cura di Edoardo Puglielli, pp. 192, € 14,00
Questa collana «Educatori di ieri e di oggi» ha l’obiettivo di riproporre opere che hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia del pensiero pedagogico e che, ancora oggi, consentono di sviluppare nuove riflessioni sia sulle teorie pedagogiche sia sulle prassi educative del passato, ma anche di comprendere più a fondo le contraddizioni del presente. La cura di ogni volume è affidata a un esperto del settore con lo scopo di presentare al lettore le linee interpretative più attuali dei singoli Autori e di offrire un breve apparato critico e bibliografico.
S.O.S. SCUOLA
«La scuola in primo piano» Tutti lo dicono ma… di Giuseppe Assandri passato un anno dall’inizio della pandemia. Molti studenti, specie di scuola superiore, sono ancora costretti alla didattica a distanza. Fino a quando? Difficile fare previsioni che rischiano di essere presto smentite. Intanto c’è all’opera un nuovo governo di unità nazionale con (quasi) tutti dentro. Un nuovo ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi (per dieci anni assessore all’istruzione in Emilia Romagna) con il quale Agostino Miozzo (ex coordinatore del CTS, il Comitato Tecnico Scientifico) collaborerà per un nuovo piano di piena ripartenza della scuola, riaperte almeno in parte dopo Pasqua. Forse nessuno immaginava che ci saremmo ritrovati in questa situazione. E non è solo un problema italiano. Secondo uno studio recente stare in classe non spinge la curva dell’epidemia e in nessun paese le scuole sono state chiuse così a lungo. È in corso la campagna di vaccinazione, che procede sinora a singhiozzo per vari motivi, per il taglio nell’approvvigionamento dei vaccini ma anche per le difficoltà, organizzative e burocratiche a cui siamo purtroppo abituati. L’emergenza continua e continuerà a lungo.
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Fare i conti con la realtà Sulle pagine di Repubblica (3 marzo 2021) Michela Marzano, docente universitaria e scrittrice che vive a Parigi, invita a smetterla di promettere e non poter rispettare la parla data, chiudere, aprire e richiudere. Bandire i troppo facili ottimismi e le scorciatoie semplicistiche. Litigi (come quelli tra Governo e Regioni) e polemiche (come quella ormai archiviata sui banchi a rotelle) non servono a nulla. “Se lo scopo è quello di ritrovare la vita di prima, dobbiamo innanzitutto uscire dalla crisi sanitaria”. Mi pare un’affermazione condivisibile. E allora bisogna pretendere dal governo un piano vaccinale
davvero efficace, con tempi certi e modalità efficaci. In altri paesi è stato fatto, è possibile. Il nuovo commissario in divisa da generale sarà in grado di assicurarlo? Vogliamo credere che sarà così. Vaccinare gli insegnanti e attivare test rapidi, laddove ci siano le condizioni per riaprire le scuole, eventualmente con sistemi di turnazione.
Ma bisogna anche smetterla di sparare a zero sulla Dad, cercando piuttosto di migliorarla. Si può fare, come ci suggerisce ad esempio il libro di Luca Toselli, La didattica a distanza. Funziona, se sai come farla, 2020. Consapevoli delle sue potenzialità e dei suoi limiti. Stare ore al pc è molto faticoso non può certo sostituire la scuola in presenza, che è fatta non solo dai momenti di lezione ma anche della dimensione della socialità, che è ciò che più manca ai ragazzi. Gli insegnanti, anche se non è facile, dovrebbero modificare il modo di fare lezione, essere elastici ed evitare di caricare di compiti bambini e ragazzi. E poi non dobbiamo dimenticare che la DAD taglia fuori una parte significativa di allievi, accentuando le diseguaglianze. Le conseguenze per gli alunni Si tratta di un grave problema sociale. Ma, seppure in maniera diversa, la chiusura delle scuole incide pesantemente su tutti gli alunni e sulle loro famiglie. In dodici mesi le conseguenze sull’istruzione dei bambini, delle bam-
bine e degli adolescenti sono ben visibili: in tutto il mondo hanno perso in media più di un terzo dell’anno scolastico medio globale che è di 190 giorni. Si stima che nel mondo siano stati persi 112 miliardi di giorni subendo le forti conseguenze della pandemia sulla loro istruzione e il loro futuro. Lo dice l’ultimo rapporto di Save the children che invita a uno sguardo globale. C’è una domanda forte e diffusa: mettere davvero in primo piano la scuola. A parole tutti lo dicono e le dichiarazioni di principio si sprecano. Lo hanno chiesto e lo chiedono, anche nelle piazze italiane alunni e studenti e movimenti dal basso come il comitato “Priorità alla scuola”. Si stima che, in assenza di interventi, ci sarà una perdita di apprendimento equivalente a 0,6 anni di scuola e di un aumento del 25% della quota di bambini e bambine della scuola secondaria inferiore al di sotto del livello minimo di competenze. La perdita di apprendimenti sarà più grave – come argomenta giustamente Save the Children – nelle famiglie meno istruite. Nel mondo, e questo è veramente un grave rischio globale, non andare a scuola farà crescere il lavoro minorile, i matrimoni precoci, le forme varie di abuso e di aumento del ciclo di povertà. E allora? Dobbiamo essere realisti e volare alto. C’è bisogno di uno sforzo straordinario per trasformare la crisi in un’opportunità di ripensare la scuola. Archiviare per sempre i tagli all’istruzione, mettere in circolo le buone pratiche sperimentate negli altri paesi e avviare una stagione diversa. Tutti possiamo contribuire facendo sentire la nostra voce a chi manovra le leve del potere. Anche chi, come noi, crede nella lettura come cibo per la mente e vaccino contro dittature, diseguaglianze e sovranismi miopi e asfittici.
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STUDI E RICERCHE
Tempo libero e pandemia
La lettura al tempo del covid di Miria Savioli
A causa della pandemia all’inizio di marzo 2020, nel giro di pochi giorni ci siamo trovati confinati nelle nostre case, limitati negli spostamenti, impossibilitati a coltivare le relazioni sociali e con una notevole quantità di tempo libero a disposizione. In che modo è stato impiegato questo tempo ritrovato? Considerato che la mancanza di tempo libero è una delle principali cause della non lettura, il lockdown è stato l’occasione per i non lettori di iniziare a leggere libri? Prima del dopo In Italia la quota dei lettori di libri nel tempo libero non è stata mai elevata. I dati Istat ci dicono che, nonostante il progressivo innalzamento del livello di istruzione della popolazione, la quota di lettori era il 40,9% nel 2001 ed è il 40% nel 2019. Ma il significato di questi due dati quasi identici a distanza di quasi un ventennio è molto diverso non solo per le profonde trasformazioni tecnologiche, sociali, cul-
turali che hanno caratterizzato la società in cui viviamo, ma anche perché, se andiamo a guardare la serie storica dei lettori di libri nel tempo libero, scopriamo che la stabilità è solo apparente. Vediamo insieme cosa è successo. Negli ultimi 20 anni la quota di lettori, a partire dal 40,9% del 2001, ha registrato, pur a fronte di qualche oscillazione negativa, un trend positivo fino al 2010 quando ha toccato il picco del 46,8%. Con grande soddi-
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46 Pepeverde n. 10/2021
sfazione di tutti perché, per la prima volta da quando l’Istat rileva i dati sui lettori di libri (la prima indagine risale al lontano 1957), il numero dei lettori aveva sfiorato i 26 milioni e mezzo. Ma a partire dal 2011, e in modo più marcato dal 2013, si osserva una lenta e inesorabile diminuzione della quota di lettori. Dal 2010 al 2016, abbiamo perso 3 milioni di lettori e ad oggi la perdita si conteggia in quasi 3 milioni e mezzo, l’equivalente di tutta la popolazione residente in Toscana. Il risultato è che in una manciata di anni siamo tornati sui livelli del 2001 perdendo i guadagni raggiunti in un ventennio. Il calo della lettura ha riguardato soprattutto i lettori più giovani tra i quali si è aperta una vera e propria voragine dovuta in gran parte alla migrazione sul web di un’intera generazione di ragazzi per i quali Internet e i social network sono diventati il pane quotidiano, modificando il loro modo di trascorrere il tempo libero ma anche il loro modo di relazionarsi, di informarsi e di studiare. Infatti, se in media tra il 2010 e il 2016 la quota complessiva di lettori è diminuita di 6,3 punti percentuali, le perdite hanno raggiunto i 14 punti percentuali tra i ragazzi di 11-14 e i 12 punti percentuali tra quelli di 1517 anni. Perdite ingenti si sono registrate anche tra la popolazione di 18-59 anni, anche se meno marcate rispetto e quelle registrate tra gli adolescenti, mentre la popolazione di 60 anni e più sembra non essere stata toccata dal fenomeno dilagante della disaffezione verso la lettura di libri. La diminuzione a livello territoriale ha interessato tutte le regioni, con una accentuazione maggiore in quelle del Centro-Sud che già registravano indici di lettura più bassi. Poi dal 2016 a oggi la quota di lettori è rimasta pressoché invariata: si è stabilizzata intorno al 40%, mostrando solo minime oscillazioni non significative. In poche parole la quota di lettori non è andata né su né giù, rimanendo in equilibrio quasi perfetto intorno al valore registrato nel 2001.
STUDI E RICERCHE
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Scavando dentro la stabilità complessiva dell’ultimo triennio si colgono però alcuni segnali di cambiamento: dal 2016 le femmine continuano ad arretrare, ma i maschi recuperano un po’ le perdite degli anni passati; a livello territoriale continua la diminuzione dei lettori nel Nord del Paese, mentre si ferma il calo nel CentroSud; gli indici di lettura diminuiscono tra la popolazione con più di 60 anni che non era stata toccata dalla crisi degli anni precedenti, ma mostrano una ripresa tra i più giovani, per i quali potrebbe aver giocato un ruolo positivo il “bonus cultura”, erogato dal Governo a partire dal 2016 attraverso la cosiddetta 18app, utilizzabile dai neomaggiorenni anche per l’acquisto di libri. Tuttavia questi cambiamenti non hanno intaccato le profonde differenze (di genere, generazione, terri-
toriali e per titolo di studio) che da sempre caratterizzano il mondo dei lettori: differenze storiche che si confermano come se fossero scolpite nella pietra. Così nel 2019 la percentuale delle lettrici continua a essere quasi 9 punti percentuali più alta di quella dei lettori (il 44,3% rispetto al 35,5%). Esistono ben 43 punti di distanza tra gli indici di lettura dei laureati e quelli di coloro che possiedono al massimo la licenza media (71,9% rispetto al 28,6%). La quota di lettori sfiora il 48% nelle regioni del Nord, ma si ferma al 28,3% in quelle del Sud. I giovani, nonostante le ingenti perdite registrate nel corso degli anni, continuano ad essere il gruppo di popolazione in cui la quota di lettori è più alta (il 56% tra gli 11-14 anni a fronte del 23,8% tra la popolazione di 75 anni e più).
L’altrove non è l’e-book Nonostante negli ultimi anni si sia registrata una crescita notevole dell’offerta di e-book, non abbiamo assistito a un incremento della lettura di libri elettronici di dimensioni tali da riassorbire, se non in tutto almeno in parte, il calo dei lettori. Nei fatti, nessuna rivoluzione digitale e culturale è ancora avvenuta nel mondo dei lettori. Non c’è stato (almeno per ora) nessun passaggio apocalittico dall’uso di un supporto (la carta) a un altro (il digitale) bensì una disaffezione che ha portato i lettori di libri cartacei “altrove”. In realtà quello che si è verificato è lo spostamento dalla lettura di libri non verso gli e-book, ma verso altri consumi mediatici che si sono diffusi grazie al web. Nell’arco di tempo in cui la quota di lettori registrava un crollo è cambiato
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STUDI E RICERCHE
tutto nella nostra quotidianità. A inizio secolo non eravamo connessi a Internet “sempre e ovunque”, mentre oggi il web è il mondo in cui viviamo; è, per molti, l’ossigeno senza il quale non potremmo più vivere. La possibilità di avere l’accesso ad Internet sempre in tasca (o in mano) ha cambiato il nostro modo di occupare il tempo libero. Oggi in Italia quasi 33 milioni di persone accedono alla rete con il telefono cellulare, lo smartphone o altri dispositivi. E più della metà della popolazione usa Internet tutti i giorni, mentre nel 2001 era appena il 7,1%. Tra i giovani di 18-24 anni l’uso quotidiano di Internet supera l’86%.
Cosa è accaduto durante il lockdown A causa della pandemia, l’obbligo di restare a casa ha stravolto la quotidianità di tutti noi e ha avuto un forte impatto sull’organizzazione delle no-
stre giornate; in particolare, il lockdown ci ha restituito una porzione importante di tempo quotidiano impiegato negli spostamenti e nelle attività fuori casa. Come ha influito tutto ciò nel rapporto tra la popolazione e la lettura? I dati Istat ci dicono che durante il lockdown la lettura di libri, quotidiani e riviste ha accompagnato le giornate di più di 6 persone su 10 (62,6% delle persone di 18 anni e più), rappresentando la terza attività del tempo libero maggiormente praticata dopo la fruizione di tv-radio (93,6%) e i contatti telefonici/videochiamate con parenti ed amici (74,9%). Dunque, i dati sulla lettura tout court durante la prima fase dell’emergenza sanitaria sono molti incoraggianti, ma se scendiamo nel dettaglio delle scelte di lettura della popolazione scopriamo che molto di questo interesse è stato catalizzato dai quotidiani (cartacei e on line) in quanto mezzi di comunicazione fondamentali, insieme alla radio e alla tv, per informarsi degli
eventi legati alla pandemia. Il 40,9% della popolazione di 18 anni e più, infatti, dichiara di averli letti in un giorno medio del lockdown, mentre è assai più bassa la quota di coloro che dichiarano di aver letto libri (26,9%) o riviste (16,5%). Ma cerchiamo di analizzare meglio, numeri alla mano, quello che è successo. Iniziamo con la quota di lettori. Quel 26,9% della popolazione di 18 anni e più che dichiara di aver letto libri in un giorno medio del lockdown è un dato perfettamente in linea con quanto rilevato nell’ultima indagine sull’uso del tempo realizzata dall’Istat nel 2013-2014, quando non c’erano il lockdown e la pandemia a costringere le persone a rimanere chiuse in casa. Vanno inoltre considerate le preferenze dei lettori rispetto ai supporti. Durante il lockdown la maggioranza della popolazione ha continuato a dedicarsi alla lettura di libri cartacei (21,6%), mentre la lettura su digitale ha riguardato il 7% delle persone di
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STUDI E RICERCHE
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18 anni e più. In particolare, la maggior parte delle persone, in un giorno medio del lockdown, ha letto esclusivamente libri cartacei (19,9%), mentre il 5,3% solo libri su supporto digitale. Soltanto l’1,7% ha letto sia libri cartacei sia e-book/libri on line. Da questi primi dati sembrerebbe non essersi verificata alcuna rivoluzione. Questo non solo rispetto alla quota complessiva di lettori, ma anche rispetto alle preferenze dei lettori tra libri di carta e libri digitali. La speranza che durante il lockdown l’obbligo di rimanere in casa avrebbe fatto scoprire o riscoprire la lettura a molti non lettori, così come l’idea che i lettori potessero orientarsi più facilmente verso la lettura degli e-book, non trova conferma in questi dati. In un contesto di forte apprensione e pressione psicologica, con le librerie e le biblioteche chiuse, la scarsa propensione delle persone a leggere ebook, genitori e figli impegnati (e affogati) nella DAD, i libri non sono davvero spuntati come funghi tra le mani dei non lettori. D’altronde, considerato che la mancanza di tempo libero è sempre stata indicata come una delle prime motivazioni della non lettura, è stato facile fare 2+2 e pensare che con più tempo libero a disposizione sarebbe venuta a mancare una delle cause principali della lontananza della popolazione dai
libri. In realtà il lockdown ha avvalorato l’idea che la mancanza di tempo come motivazione della non lettura va intesa più realisticamente come un indice di scarso interesse. In poche parole una mancanza di tempo mentale piuttosto che una mancanza di tempo materiale.
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lizzate. Perché se il lockdown è stato un evento eccezionale che ha tenuto per due mesi milioni di persone rinchiuse in casa, i mesi successivi, in un’alternanza di aperture e chiusure più o meno stringenti, sono stati comunque decisamente particolari e ben lontani dalla normalità a cui eravamo abituati. Cosa ci riserverà il 2021? I dubbi e le incertezze non riguardano solo l’andamento dei dati sulla lettura, ma la nostra vita. Io mi metto in attesa: attendo con fiducia il momento in cui torneremo alla normalità, in cui la pandemia sarà solo un ricordo lontano che farà parte del nostro passato. Attendo con fiducia il momento in cui potrò tornare a scrivere sulle pagine del “Pepeverde” con la leggerezza e la spensieratezza di sempre.
Bibliografia
In attesa dei prossimi dati sui lettori Tuttavia i dati a disposizione, relativi al solo periodo di lockdown, non fugano gli interrogativi su come sono cambiate le abitudini di lettura della popolazione; per capire se, a più di un anno dall’inizio della pandemia, c’è stato veramente qualche cambiamento sarà necessario aspettare i dati annuali del 2020 e poi, a seguire, quelli del 2021. Solo con questi dati alla mano potremmo capire se la “pausa pandemia” ha fidelizzato nuovi lettori. L’Istat a breve pubblicherà i dati riferiti al 2020 raccolti attraverso due indagini: l’indagine annuale «Aspetti della vita quotidiana» realizzata tra marzo e settembre 2020 e l’indagine «Diario» realizzata a dicembre 2020. Nell’analizzare i risultati di queste due indagini sarà fondamentale tenere conto della temporalità, cioè ricordare in quali mesi del 2020 sono state rea-
– ISTAT, Produzione e lettura di libri in Italia, 11 gennaio 2021, https://www.istat.it/it/archivio/252381 – ISTAT, Cittadini e Ict, 18 dicembre 2019, https://www.istat.it/it/archivio/236920 – ISTAT, Fase 1: le giornate in casa durante il lockdown – 5-21 aprile 2020, 5 giugno 2020, https://www.istat.it/it/archivio/243829 – ISTAT, Editori e libri nello scenario del Covid-19, 23 aprile 2020, https://www.istat.it/it/archivio/241798, 18app, https://www.18app.italia.it/#!/ – Gino Roncaglia, Giovanni Solimine, La circolazione dei libri nel 2020: questioni aperte e ipotesi interpretative, https://forumdellibro.org/2021/01/07/202 0-il-miracolo-dei-libri/ – Giovanni Solimine, Lo stargate della lettura, ovvero il passaggio che stiamo attraversando, Aibstudi, V. 60 N. 2 (2020): maggio/agosto, https://aibstudi.aib.it/article/view/12179
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STUDI E RICERCHE
Un “Meridiano” su Rodari curato da Marcheschi
Da Gianni a Marcello la Fantastica che insegna a vivere di Franca De Sio
È appena trascorso il periodo delle celebrazioni per il centenario della nascita di Rodari e qualcosa in più, oltre alle sue filastrocche antologizzate a uso scolastico, è arrivato a un pubblico ampio: il «Meridiano» Mondadori a lui dedicato. Un parallelo tra le opere di Rodari e quelle di Marcello Argilli.
I
l volume, Opere di Gianni Rodari, curata da Daniele Marcheschi1, intende certamente aumentare il lustro e il valore dello scrittore di Omegna. Ne sarebbe stato soddisfatto? Si è più consapevoli, ora, dell’obiettivo che Rodari, e non solo lui, si proponeva di raggiungere? Egli scriveva: «Tutti gli usi della parola a tutti mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo».2 Della parola e della scrittura “creativa”, Rodari ha certamente dimostrato l’importanza, ma non si deve dimenticare che egli ha inteso usarla a fini sociali e, si badi bene, non solo ad usum delphini, anche gli adulti dovrebbero usufruirne. Le tecniche di ispirazione surrealista che egli raccontava di aver appreso appena diciottenne gli facevano produrre uno «stemperino», uno «staccapanni» 3 e altri strumenti immaginari per raddrizzare, metaforicamente, le storture del mondo; la sua Fantastica creava un particolare genere di romanzo, che chiamerei social-fantastico, il quale traeva origine dall’osservazione di reali strutture sociali: istituzionali, economiche, politiche; le cui criticità ven-
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vano fiabescamente rappresentate e risolte. «Le fiabe sono vere» scriveva Calvino4, e fanno luce sul reale. Ciò che Rodari affermava era che la fantasia e la creatività sono essenziali per scuotersi dalla passività, dall’inedia e dalla paura, per immaginare nuove strade, per risolvere problemi, per migliorare le situazioni, per affrancarsi dall’arida e dannosa conservazione dello status quo. L’invocazione «La fantasia al potere!», di sessantottina memoria, non ottenne grandi risultati forse perché i
giovani di allora all’esercizio di quella fantasia non erano stati sufficientemente formati? Quanto Rodari tenesse a rendere possibile quella formazione si legge anche nella Grammatica della fantasia: «La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni.» Perciò Rodari invita a studiare, consiglia letture: di Arthur J. Cropley (La creatività, La Nuova Italia, Firenze, 1969) critica la visione utilitaristica; rimanda all’antesignano T. Armand Ribot (Essai sur l’imagination creatrice, Paris, Alcan, 1900); per attualizzare e chiarire il concetto indica Marta Fattori (Creatività e educazione, Laterza, Bari, 1968); soprattutto descrive come particolarmente importante la «conquista» esposta dal «militante» Movimento di Cooperazione Educativa (La creatività nell’espressione, quaderno di Cooperazione Educativa, La Nuova Italia, Firenze, 1972). I ragazzi che Rodari voleva educare alla creatività, ai quali si rivolgeva con i vari Cipollino e Gelsomino, Paolo e Rita (La torta in cielo), protagonisti dei suoi romanzi social-fantastici, facevano riferimento ad ambienti e personaggi fiabescamente moderni e al contempo venivano a contatto, forse per la prima volta consapevolmente, con i concetti di struttura sociale, di organizzazione del lavoro, di capitalismo e socialismo, di forze economiche
STUDI E RICERCHE utili o dannose, di diritti umani rispettati o sopraffatti. Da lì in poi, il passo era breve: prendevano coscienza che con la fantasia e la creatività le cose possono cambiare, si possono immaginare altre strade, si può realizzare un mondo migliore. Contro tiranni e contro sistemi di sfruttamento immaginari, i lettori sviluppavano anticorpi veri. E possono svilupparli ancora, con Rodari e con Marcello Argilli, del quale ancora troppo poco è stato letto e scritto5.
Argilli e lo sviluppo della scrittura rodariana Senza dimenticarsi di ciò che Argilli a Rodari ha dato (biografia, cura delle raccolte delle opere, ecc. E più volte sono stata testimone della sua costante riconoscenza verso l’amico Gianni, espressa in ogni pubblica occasione), bisognerebbe accorgersi maggiormente di ciò che della Fantastica di Rodari è stato condiviso e sviluppato in Argilli. Quasi fosse, La Fantastica, un testimone che l’amico ha passato all’altro. Ma senza che l’altro, Argilli, fosse tenuto ad adeguarsi al passo e allo stile di corsa dell’amico. Perché Argilli ha rappresentato l’evoluzione e lo sviluppo della “scrittura rodariana”, caratterizzandola secondo il mutare dei tempi, aggiungendoci di suo una eccezionale capacità di sintonizzarsi sia con l’infanzia che con l’adolescenza, una notevole e intelligente abilità nel trattare la teoria e la pratica: dai saggi sulla fiaba moderna alla produzione per trasmissioni televisive, dal dibattito sulla validità dei fumetti alla scrittura per fotoromanzi. Argilli, che da giovane ha praticato la lotta greco-romana – come ha sempre tenuto a far scrivere nei risvolti di copertina dei suoi libri – come un vero lottatore ha continuato, da Rodari in poi, a incassare, studiare e fare punti per andare a vincere l’incontro con bambini e ragazzi lettori. Lo ha fatto anche adottando quel romanzo «social-fantastico» di cui, dopo Rodari, è stato prosecutore. È un genere rivolto
a un pubblico di lettori non più bambini e non ancora adolescenti, ma anche ai lettori adulti che amano le metafore, gli esopismi alla Esopino6 e sanno riconoscere una raffinata satira politica. Di questo particolare genere, l’ultima opera di Argilli è Il giorno dei discorsi mai sentiti, che con il numero 29 fu pubblicata nel 2001 da Fatatrac, nella bella collana «Gli Ottagoni», diretta da Nicoletta Codignola7. Come Rodari, Argilli vi crea luoghi, personaggi e situazioni inquadrati in una struttura sociale; dà nomi evocativi alle città: se Rodari inventa il Paese dei bugiardi, le avventure di questo romanzo si svolgono a Ricconia; con la stessa complicità racconta al lettore e ogni tanto fa sosta, rivolgendosi a lui
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direttamente. Un attimo prima che i poliziotti meccanici sparino, lo invita: «ragioniamo un po’» (p. 101). Prendendo ancora ad esempio Gelsomino nel paese dei bugiardi, scritto da Rodari nel 1959, ci si accorge di quanto i due scrittori, pure a notevole distanza di tempo, applichino la stessa Fantastica agli stessi temi di fondo. Nel romanzo Il giorno dei discorsi mai sentiti c’è la rappresentazione di un mondo organizzato per classi: le subalterne (i Testafina e i Manigrosse) al servizio di quelle abbienti (I Grangustai). Le risorse della scienza e degli studiosi (I Testafina) sono sfruttate dalla classe dominante. Questa è caratterizzata da assenza di cultura e intelligenza, da bulimia nell’avere: i Grangustai hanno miliardi, gemme, palazzi e i cortigiani del tiranno Oro si chiamano Topazio, Platino, Diamanti; e nel mangiare: le riunioni di Stato consistono in banchetti e grandi abbuffate, lasciando ai Testafina gli ossi da spolpare. La volontà di sfruttare e ingannare le classi subalterne è subito metaforicamente resa, all’inizio del racconto, con la storia del «Filantropico Istituto per la Cura delle Gobbe» con cui i Grangustai spillano soldi ai gobbetti Testafina, senza guarirne nemmeno uno. Argilli non tralascia alcun aspetto della sopraffazione istituzionalizzata. Il tiranno ha poeti che ne cantano le lodi e giullari che divertono il pubblico. L’ambiente è curato e preservato solo a proprio uso: Ricconia ha cieli tersi, strade pulite, gli uccelli sono banditi perché non sporchino; invece gli operai (Manigrosse) sono relegati a vivere fuori dalla città, in case grigie, sotto cieli scuri e inquinati. Nelle loro scuole viene imposto di studiare cose inutili da ripetere pappagallescamente. La bellezza è usata per neutralizzare il malcontento e garantirsi il consenso: l’altra faccia del tiranno Oro è la moglie Argenta, bellissima, dolce e adorata dai sudditi – e come si fa a non pensare alle consorti di alcuni leader nazionali o mondiali? L’organizzazione sociale di Ricconia è una trasposizione, in linguaggio fantastico, dell’organizzazione sociale di
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un paese “sviluppato” appartenente al sistema capitalistico, come Argilli lo vedeva nel 2001. La descrizione della terra dei Manigrosse è un concentrato delle misere periferie asiatiche, africane e sud americane, ma mentre a Ricconia i fiori non nascono, invece lì ci sono. Argilli cita apertamente da Via del campo di De André, grande poeta degli ultimi: «Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior»; e poco dopo ribadisce il concetto: a Ricconia, città maestosa, «c’era tutto e non c’era niente», mancavano fiori, sorrisi e libertà. L’incontro dei Testafina con i Manigrosse, una volta superate le false credenze e le prevenzioni razziali – e qui Argilli ricorda che spesso i deboli riversano odio e paura su altri deboli – porterà ad acquisire prima una coscienza di classe: i Grangustai non inventano e non realizzano nulla, quindi sono inutili; infine alla rivendicazione: «uniti, voi e noi, potremo essere i padroni di Ricconia». Marcello Argilli non manca di descrivere anche i modi con i quali il potere si difende. Il regime di Oro ha poliziotti meccanici che irrompono nelle case, arrestano i sovversivi, rastrellano la popolazione, la radunano in piazza ad ascoltare i discorsi del loro compagno costretto a tradire. Argilli scrive: «Più i tiranni hanno paura, più diventano feroci». Nell’ambientazione fantastica del romanzo, la descrizione dei mezzi usati per la repressione porta
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l’eco fedele del mondo reale e anche della memoria dello scrittore. Più avanti, con l’avvicinarsi della folla al suo palazzo, la voce di Oro si fa mite: «avete ragione… esaminerò… provvederò… cambierà tutto… vogliamoci bene». È il potere che blandisce quando non può imporre. Nel capitolo «La più grande scoperta di Gobbin», attraverso i dialoghi dei fiabeschi e divertenti personaggi, Argilli riesce a concentrare in sole cinque pagine ciò che potrebbe stare in un trattato di politica: «Felicità = Libertà», «Come diventare liberi», «Libertà = Coraggio». Cioè l’uomo, per realizzarsi spiritualmente e materialmente, ha bisogno di unire le proprie forze a quelle dei suoi compagni, per generare insieme un processo di liberazione economica, politica e sociale. Anche senza considerare tutto il resto della sua vasta e multiforme opera, pur prendendo a riferimento il solo genere del romanzo social-fantastico, si può ugualmente cogliere tutta la grandezza e l’importanza dello scrittore. Non può sfuggirci quanto sia necessaria la creatività ora, per immaginare soluzioni per un mondo in cui, ai tanti altri mali, si è aggiunta anche la pandemia. Lo ricorda Argilli stesso a conclusione del romanzo: «Qui finisce la nostra storia. Una storia che è fantastica, ma non troppo, perché può accadere in ogni parte del mondo ogni volta che della gente de-
cida di vivere bene… può riuscirci in tanti modi, purché ami il prossimo… È chiaro? ... chi vuol capire può capire benissimo». Note 1
Mondadori, Milano, 2020. L’opera non raccoglie tutta la produzione di R. ma vi tesse intorno una fitta serie di riferimenti che vanno da Leopardi a Montale, da Collodi a Gramsci, da Novalis a Gatto e Zavattini, con l’intento di restituire all’autore la dimensione di scrittore a tutto campo (infantile ed adulto). Nel quaderno allegato Rodari a colori. Tavole, disegni e figure a cura di Grazia Gotti, è possibile ritrovare anzitutto la simbiosi tra i testi di Rodari e le illustrazioni di Munari, oltre alle varie edizioni illustrate da altri artisti, a partire da Mafai e Verdini fino ad Altan, Mattotti e oltre. 2 G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi, Torino, 1973. p.6. 3 Ibidem, p.31. 4 I. Calvino, Fiabe italiane, Einaudi, Torino, 1956. p. XVIII. Sull’argomento si veda: R. Denti, Le fiabe sono vere. Note su storie e libri non soltanto per bambini, Con un testo di Gianni Rodari, Interlinea, Novara, 2014. 5 Il “Pepeverde” su Argilli ha pubblicato vari articoli, tra cui: http://www.ilpepeverde.it/000%20scheda%20 Argilli.html e https://scienzeformazione.uniroma3.it/terza-missione/mused/patrimonio /fondo-marcello-argilli/. 6 Nella Rubrica Il Novellino del Giovedì dell’edizione romana de “l’Unità”, tra il 1952 e il 1953, Rodari ha usato “Esopino” e altri pseudonimi. 7 Argilli vi pubblicò anche Alla signorina Elle con tanto affetto (n.12) e Il fantasma di Trastevere e altri racconti (n.14).
Le schede Riet Wille LE MANI BALLANO LA BOCCA CANTA Ill. Ingrid Godon, Trad. L. Pignatti, Sinnos, Roma, 2021 pp. 40, € 11 Da 2 anni
tranno continuare a divertirsi con le attività e proposte online sul sito www.Minibombo.it. Un modo per continuare a giocare e a far giocare, come per tutti gli altri libri in catalogo, con il piacere di ripetere e creare. Clelia Tollot
Un albo per i più piccoli che si troveranno a riconoscere, nominare e a voler imitare le tante azioni qui proposte. Un libroinvito alla scoperta delle proprie mani e delle tante cose che con queste si possono fare, giocando con i suoni e con i gesti. Il piccolo lettore impara così che le mani non servono solo per applaudire o salutare, ma anche per indicare, cantare, ululare, sbadigliare, lavarsi i denti. Tante azioni-gioco e situazioni che sfogliando le pagine colorate fanno incontrare il piccolo lettore con la protagonista del libro e con il suo inseparabile amico coniglio. Anche la bocca non serve solo per mangiare o parlare, ma può essere un inizio per portare i piccoli a esplorare nuove possibilità, sensazioni ed emozioni e a conoscere se stessi e il mondo circostante. Il corpo entra nella lettura, perché il bambino piccolo è tutto sensorialità e fisicità. Proprio con il corpo. Il bambino scopre e apprende. Tra le pagine sono suggeriti dall’autrice logopedista esercizi e giochi per sviluppare la manualità e la coordinazione, ma vi è anche lo spazio per la fantasia e la creatività. Clelia Tollot
Elena Galloni UN BELLO SPAVENTO Minibombo, Reggio Emilia, 2021 pp. 40, € 11, 90 Da 2 anni Un lombrico che rimbalza? Ha mangiato una succulenta foglia e poi, questo simpatico vermetto a righe con un improvviso rimbalzo è sull’albero, poi su una montagna, su una casa, tra le onde del mare, sulla gobba di un dromedario, insomma in giro per il mondo in un viaggio ricco di attese. Solo un leone lo fermerà. Perché? Leggendo sino in fondo, si svelerà il segreto di quei balzi. L’albo è un viaggio surreale con una sorpresa finale che non può non strappare un sorriso. Da sempre attenta ai più piccoli, anche questa volta la casa editrice centra il bersaglio. Suspence, desiderio di scoprire, curiosità vengono stimolate con questa simpatica storia. Le illustrazioni sono nitide, con grandi e chiare immagini su sfondo bianco e forme colorate ben distinguibili, per raccontare al bambino, anche con il senso della vista, ciò che le parole dicono. Il piccolo entra qui in un meccanismo di gioco e il libro diventa uno strumento di divertimento e scoperta, senza che per forza una storia debba dover insegnare qualcosa o avere una morale. Un albo per i piccolissimi, che dopo esser stati accompagnati nella lettura dall’adulto, po-
Emanuela Nava, Emanuela Bussolati DROMMI VINCE LA PAURA Collana “Storie al quadrato”, Carthusia, 2021 pp. 36, € 16,90 Da 3 anni Un albo illustrato per parlare con parole leggere di argomenti difficili: la paura dell’invivibile, che in questo particolare periodo ha colpito un po’ tutti, grandi e piccini. Sono proprio i bambini i grandi dimenticati in questo anno di pandemia. Come stanno vivendo l’isolamento forzato e il distanziamento? E l’allontanamento dalla scuola e dagli amici? Come affrontano le paure? A queste e altre domande rispondono Emanuela Nava ed Emanuela Bussolati attraverso la metafora di una storia illustrata, forte e delicata allo stesso tempo. Un giorno, all’improvviso, un’ombra scura arriva nel cielo. Nessuno sa cosa sia, ma anche i grandi ne hanno paura. Drommi, il piccolo dromedario protagonista, all’inizio ha paura, perché non si può più uscire e il tempo non passa mai. Ma forse più di tutto lo spaventa la paura dei grandi. Però lui è coraggioso e creativo, come lo sono spesso i bambini se diamo loro spazio. Scopre così il segreto per vincere la paura: farle ancora più paura! Attingendo a tutte le altre paure che gli compaiono in sogno, Drommi riuscirà a superarla! Farà dei disegni mostruosi per far paura
all’ombra e la farla svanire; inoltre, uno lo porterà in tasca: sarà l’amuleto contro tutte le paure. Una bella indicazione per i più piccini. Come tutti gli albi di questa collana nasce da un progetto condiviso nel quale Carthusia ha dato voce con interviste, disegni e questionari, proprio ai più piccoli. Le illustrazioni hanno colori caldi e vivaci come la forza interiore del piccolo dromedario e hanno tratto ispirazione dai tanti disegni dei bambini. Clelia Tollot Monika Filipina LA MUSICA DI ETTORE Trad. Sara Saorin Collana “Le piume” Camelozampa, Monselice, 2020 pp. 32, € 15,00 Da 3 anni L’illustratrice polacca Monika Filipina regala ai lettori un albo coloratissimo, che diverte e invita a prendere la vita con il
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LE SCHEDE
ritmo giusto, un ritmo che nasce dalla forza travolgente e inclusiva della musica. Protagonisti, gli animali della giungla: un’ambientazione che cattura l’attenzione dei più piccoli che amano mescolare gli animali alla loro vita quotidiana. C’era una volta una giungla. E nella giungla vivevano degli animali. Ci sono proprio tutti, da quelli domestici a quelli più esotici e tutti suonano con impegno uno strumento musicale: il gatto il violino, il cervo l’arpa, la zebra la tastiera… Tutti tranne Ettore, l’elefante. Ci ha provato e riprovato, cimentandosi con vari strumenti, ma invano. L’unica cosa che sa fare è emettere un rumoraccio terribile, così sgradevole da rovinare tutti i concerti! A Ettore viene quindi permesso solo di ascoltare i concerti, di cui diventa un grande estimatore: non se ne perde uno! Ma un giorno… come in tutte le storie accade qualcosa di imprevisto che cambia le carte in tavola. Ettore si sveglia tardi...
accidenti, le prove sono già iniziate! E allora, via di corsa, a grandi e pesanti passi. Ed ecco a prove iniziate, tutti sentono Tum… tum… tum! Un rumore cadenzato e crescente. Cosa sarà? Il finale permette a Ettore di trovare il suo posto e grazie all’idea geniale delle scimmie, fa ora parte a pieno titolo della band. Un albo che nella sua efficace semplicità valorizza la diversità che ciascuno esprime e invita a fare squadra, con briosa energia. Clelia Tollot Alessandra Cattori IL LADRO DI DISEGNI Ill. Simona Meisser Gribaudo, Milano, 2021 pp. 32, € 7,90 Da 3 anni Grazie a una grafica e un font creati appositamente per superare i problemi di dislessia, Il Ladro di Disegni narra la storia di un furfante bizzarro. La tran-
quillità di una foresta viene disturbata quando un ladro misterioso inizia ad aggirarsi per derubare gli abitanti della zona. Ma cos’è che sta esattamente cercando? Ciò che ruba sono i disegni del manto degli animali! Ed è così che le zebre si ritrovano senza strisce, le coccinelle senza pois o le giraffe senza macchie. La confusione aumenta a dismisura quando il ladro viene arrestato ma il poliziotto restituisce i disegni sbgliati ad ogni animale!
Per fortuna, ci penserà una bambina a riportare ordine e calma, lasciando anche una curiosa sorpresa per il finale. La storia è davvero avvincente e le illustrazioni personali e chiare. Il testo, in rima baciata, conferisce una grande dinamicità alla lettura. Letizia Lagatta Guia Risari LE PIU’ BELLE STORIE DELLA TRADIZIONE EBRAICA Ill. Cinzia Ghigliano Gribaudo, Milano, 2021 pp. 192, € 14,90 Da 5 anni Guia Risari, laureata in Filosofia Morale e specializzata in Studi ebraici moderni, ci accompagna in un viaggio nel mondo ebraico. In un periodo che va dall’antichità biblica ai tempi moderni, queste storie sono racconti di usi e costumi del popolo ebraico, dell’intelligenza e della fede, di ottimismo e di
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LIBRI IMPRINTIG A MISURA DI BAMBINO di Clelia Tollot
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ortati in Italia 4 piccoli albi cartonati della celebre illustratrice e autrice inglese. La serie inaugura la collana “A bocca aperta” che si avvale della consulenza scientifica di Silvia Blezza Picherle e di Luca Ganzerla dell’Università di Verona. Per la verità, la miniserie della Oxenbury è un best seller internazionale fin dal 1981. L’autrice è stata una delle prime a rivolgersi ai bambini così piccoli, aprendo nuove strade. È stata la prima a scegliere come personaggi solo bambini (non animali umanizzati come quasi sempre succede) rappresentati nella loro reale pienezza corporea ed emozionale, riconoscibili per i tratti dei disegni anche da bambini molto piccoli. Con una sottile vena umoristica, spaziando in diversi contesti della vita quotidiana dei più piccini, ogni albo racconta le
prime esperienze, così che i bambini, anche molto piccoli, possano riconoscerle e identificarsi in esse. Particolare l’impaginazione: a sinistra l’oggetto protagonista (il seggiolone, la pentola, il gatto…) e a destra lo stesso oggetto inserito in un’azione con il bambino. I quattro mini albi coprono gran parte dell’esperienza di vita infantile. Ci sono gli oggetti semplici con cui giocare creativamente (lo scatolone, il carretto, la palla, il libro – preso al contrario!). C’è la sfida quotidiana per imparare a vestirsi e le azioni che segnano i momenti di esplorazione del mondo: mangiare, andare a passeggio, fare il bagno, prepararsi per la nanna. Infine, nell’albo Amici, c’è l’incontro con gli animali. Un magico gioco di sguardi tra bambino, animale e lettore, una serie di
gesti semplici e teneri, come accoccolarsi con un gatto o accarezzare un coniglio. Libri “a misura di bambino” per far sì che il primo contatto con questo oggetto faccia da imprinting per tutte le altre future letture.
Helen Oxenbury MI DIVERTO, MI VESTO, AL LAVORO, AMICI Collana “A bocca aperta”, Edizioni Camelozampa, Monselice (PD), 2021 4 board book cartonati, ciascuno pp.16, € 9.90 Da 1 anno
LE SCHEDE
crescita. L’uomo è il vero protagonista di questa lettura. Il suo rapporto con il mondo, con il prossimo e con il divino sono al centro di un’affascinante analisi. Si pongono domande e si cercano risposte, e spesso ritroviamo queste ultime nelle azioni o nelle parole di simpatici animali. Ventuno brevi storie che spaziano dai temi più vari e che qualcosa, nel cuore, lasciano sempre. Questi racconti appartengono a quelle letture che fanno riflettere e sognare: crescere e ragionare sul futuro imparando dal passato. Letizia Lagatta Marjoke Henrichs NO! DICE CONIGLIO Trad. di L. Piffari Nord-Sud Edizioni, 2021 pp. 32, € 12,90 Da 3 anni Nonostante il musetto un po’ corrucciato e guardingo che occupa tutta la copertina, che simpatico questo coniglio! Proprio come i bambini! È nel periodo dei «no», ogni cosa la mamma gli proponga di fare, la sua risposta è sempre e soltanto:
«No!» È ora di colazione! dice la mamma. «No!», dice Coniglio. Però ci sono le carote succose… È ora di uscire! «No!», dice coniglio. Però gli stivali da pioggia sono lì invitanti… E poi non vuole fare merenda, non vuole usare il vasino, non vuole entrare nella vasca per fare il bagnetto, non vuole uscire dalla vasca, insomma dice sempre no! Anche se poi, a modo suo, le cose le fa. Solo a una proposta della mamma, però, non può proprio resistere! E la sua risposta è «Sì!»: le coccole! Tutti i i bambini si riconosceranno in questo simpatico e divertente protagonista. Un albo scritto con il giusto ritmo, con ripetizioni di brevi frasi che lo rendono fruibile anche ai piccolissimi. Le illustrazioni, grandi, semplici, con pochi colori cattureranno facilmente l’attenzione dei bambini che entreranno in empatia con il protagonista. Clelia Tollot Polly Dunbar PINGUINO Camelozampa, Monselice (PD) 2021 pp. 40, € 16,00 Da 3 anni L’autrice ed illustratrice Polly Dunbar, dopo i suoi numerosissimi libri per bambini, ci regala una storia vivace e toccante, senza lasciar fuori l’umorismo irresistibile di questo picture book. Il pluripremiato classico contemporaneo arriva per la prima volta in Italia con un’attenta traduzione fedele nel rispettare i giochi di parole, le simmetrie interne e l’architettura compositiva. Tutto questo grazie all’esperienza della cofondatrice di Camelozampa, Sara Saorin. Nel libro troveremo Ben, entusiasta di aver ricevuto Pinguino in regalo. Proverà in tutti i modi a condividere la sua incontenibile gioia cercando di farlo parlare. Smorfie o balletti non aiuterann Ben nell’impresa: nessuna reazione da parte di Pinguino. Dopo averlo provocato come meglio poteva, Ben si trova in difficoltà a fronte di un pericolo. Con lo stupore di tutti, Pin-
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Braiotta si accordano alle note di Vincenzi. I giovanissimi lettori saranno accompagnati dall’adulto nell’esplorazione delle tavole e nell’ascolto, riconoscendo di volta in volta i ritmi più incalzanti e quelli più pacati, i trilli acuti e le sonorità più basse e austere. Si tratta di un oggetto ben riuscito per la sinergia dei due linguaggi e per l’indubbia bellezza delle tavole di Braiotta. Nadia Riccio guino si fa valere difendendo il suo amico regalando al lettore un finale a sorpresa che scalda il cuore. Una storia che di certo suscita, in grandi e piccini, una grandissima immaginazione e che lascia un sorriso. David Carotenuto Elisa Vincenzi, Ilaria Braiotta TU SEI MUSICA Tracce musicali Elisa Vincenzi Mimebù, Milano, 2021 pp. 22, €14.50 Da 3 anni L’albo Tu sei musica si presenta come prodotto multimediale che abbina alle belle tavole illustrate una playlist accessibile su Youtube attraverso l’utilizzo di un QRcode. L’opera vuole essere un’introduzione alla musica e alle emozioni. Partendo dall’idea che ognuno abbia una musica che gli risuona dentro, i disegni interpretano gli stati d’animo illustrati dalle note: pensieri dolci come ninne nanne, lacrime pesanti come pietre, campane di festa, passi arrabbiati e danze di speranza… Dodici paesaggi emotivi in cui le linee morbide e i colori intensi di
Guillaume Guéraud, Sébastien Mourrain UN GIORNO… Trad. di Costanza Piccoli Emme (collana “Album”), San Dorligo della Valle, 2021, pp. 32, €14.50 Da 4 anni Un albo cartonato per i piccoli lettori, che gioca con le fantasie di un bambino che immagina come cambieranno le cose “un giorno”, quello in cui sarà
grande, senza i divieti e le costrizioni che gli adulti impongono ai bambini. In copertina, il piccolo protagonista e voce narrante si guarda allo specchio. Eh sì, un giorno sarà grande, potrà mangiare le caramelle senza chiedere il permesso e usare lo sgabello per prenderle dallo scaffale della credenza. Dodici diverse situazioni immaginate, ognuna delle quali è rappresentata da una tavola e da un breve testo che comincia sempre con la formula fissa «me ne infischio», che sottende un divieto
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o un ordine a cui deve, per ora, sottostare. Ma non sarà più così, un giorno! Lui se ne infischia delle punizioni, di dover dare la mano ai genitori per strada, del suo vecchio gatto, dei mostri e dei lacci delle scarpe e così via. Un giorno sarà lui a cucinare i dolci che nessuno gli potrà più vietare di mangiare, leggerà le storie da solo, andrà a scuola in bici o con lo skate, avrà un cane. Un giorno se ne andrà in giro per il mondo, sarà coraggioso, si innamorerà e potrà andare a letto quando gli pare. Sarà talmente alto che si dovrà chinare per dare un bacio ai suoi genitori e si ricorderà di quando era piccolo. Giocare a immaginarsi da grande è un divertimento assicurato, facendo a gara ad ascoltare e a inventare situazioni spassose e mirabolanti. Giuseppe Assandri
Marika Maijala Juha Virta FILIPPA E IL PIANO Trad. di Irene Sorrentino, Collana “Lindau Junior” Lindau, Torino, 2021, pp. 40, € 14,00 Da 4 anni Arriva dalla Finlandia questo albo originale e imprevedibile, premiato come miglior albo nel 2015. Con disegni dai tratti un po’ vintage racconta le avventure della piccola Filippa e di un pianoforte che una notte cade dal furgone e finisce nel cortile di casa sua. Cosa farsene di un pianoforte? Le idee ai suoi amici non mancano. Per il gatto Pisolino è un posto ideale e molto comodo per svolgere la sua attività preferita (il nome è tutto un programma!). E l’asinello An-
dreino decide di usarlo come sedile nel suo chiosco-caffetteria, frequentato da clienti eleganti ed esigenti. Filippa è sempre più irritata: ha trovato lei il pianoforte e vorrebbe…suonarlo! Con la sua armonica a bocca, esce in strada, furiosa. Intanto l’orchestra Millenote, dall’altra parte della città, sta per cominciare le prove del concerto. Ma, dov’è finito il pianoforte? Il pianista è arrabbiato, e mentre passeggia nervosamente nel parco, sente da qualche parte l’armonica di Filippa che suona una melodia. Il pianista non trova più il suo pianoforte, ma Filippa sa dov’é. Eccolo, nel cortile del chiosco dell’asino Andreino. Ma perché non suona? Il gatto svela l’arcano: al suo interno, c’è finito il calzino del direttore d’orchestra che è felice del ritrovamento e invita tutti al concerto. Filippa, può finalmente suonare il pianoforte, insieme al suo amico pianista. Sarà un concerto gioioso e memorabile.
Un albo davvero divertente che coinvolge, invita a non perdersi d’animo e inneggia alla musica. Giuseppe Assandri Pawel Mildner TUTTO QUELLO CHE VORREI Trad. Valentina Parisi Collana “L’acchiappastorie” Terre di Mezzo, Milano, 2021 pp. 40, € 12.90 Da 4 anni Un piccolo e simpatico cartonato, realizzato da un illustratore e autore polacco, che cattura per la sua semplicità e immediatezza. Il tema è quello dei sogni o meglio dei desideri da realizzare. Chi non ne ha? I due piccoli protagonisti ne hanno da vendere. Matteo vive in un palazzone, vicino a una grande fabbrica. Matilde in una casetta fuori città. I due bambini hanno tanti desideri, che esprimono a turno, in ciascuna
FUORITESTO
BESTIARI E ERBARI MESSI IN MUSICA di Rossana Sisti
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radotta e curata da Pasquale Di Palmo per le edizioni Medusa, è in libreria la raccolta di filastrocche Cantafavole e Cantafiori da cantare su non importa che aria che il poeta francese Robert Desnos pubblicò con la Librairie Gründ di Parigi nel maggio 1944, purtroppo senza vederne la realizzazione. Appassionato oppositore del nazismo, fu arrestato nel febbraio 1944; internato dopo varie vicissitudini nel campo di sterminio di Terezin morì di tifo l’8 giugno del ‘45. Costruite con sapienti e divertenti giochi e bisticci di parole per i figli degli amici, le rime strampalate delle Cantafavole, le prime a essere scritte, giocano con una trentina di animali altrettanto bizzarri che Desnos immaginava avrebbero divertito i bambini almeno quanto divertivano lui. Per equità, nel giro di poco tempo ne aggiunse altre trenta dedicate ai fiori. Era un sognatore amante dei nonsense, Desnos, uno dei membri più attivi del gruppo surrealista e incorreggibile giocoliere della parola, attratto dai suoni onomatopeici, dalle allitterazioni e dalle rime. Giochi linguistici, come una colonna sonora con cui dà vita a un bestiario e a un erbario
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moderni dove la poesia si mescola allo humor e al paradosso nel raffigurare improbabili, eccentrici e bislacchi alligatori e gnu, leopardi, pipistrelli e pellicani insieme a delicati fiordalisi, gerani, caprifogli e primule odorose. Come non sorridere del canguro dalle tasche piene di mille cose tra cui un figlio, della formica poliglotta di diciotto metri col cappello in testa che trascina un carro zeppo di pinguini e canarini, del tenero leopardo che fa le fusa e miagola a mezza voce, delle dolci mamme dei gufi
desiderose di cercare pidocchi ai loro piccoli cocchi, tenendoli sopra i ginocchi o del tasso preoccupato di lasciare la pelle in un pennello da barba. Come non incantarsi con il mondo floreale colorato e profumato che Desnos sembra contrapporre al decadente mondo del suo tempo destinato alla rovina: con il caprifoglio che a mezzogiorno si addormenta e a mezzanotte si sveglia, la mimosa dono per sposa, il nontiscordardimé smemorato, il prezioso carico di botton d’oro in arrivo dalla Cina… Particolarmente garbate infine le illustrazioni di Luciano Ragozzino, artista milanese e incisore di talento, che costituiscono un valore aggiunto alla raffinatezza del volume. Robert Desnos CANTAFAVOLE E CANTAFIORI DA CANTARE SU NON IMPORTA CHE ARIA Edizioni Medusa, Milano, 2020 pp. 100, € 21,00 Da 5 anni
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doppia pagina alternata. Matteo vorrebbe tanto avere una tana tutta per sé, essere bellissimo, assaggiare tutti i gusti di gelato, imparare a volare, diventare marinaio, passare attraverso i muri. Matilde non è da meno e vorrebbe diventare gigantesca, avere un amico fortissimo, vedere quello che pensano gli altri, visitare il guscio di una lumaca, capire la lingua degli animali, guidare il tram. Matteo e Matilde non si conoscono, non si sono mai incontrati ma condividono fantasie grandi e piccole, coltivando desideri assai diversi. Alcuni seri e prevedibili, altri strampalati e sorprendenti. Alla fine entrambi esprimono un desiderio in comune che si avvera nella doppia pagina finale, riuscitissima per l’effetto sorpresa che piacerà ai piccoli lettori. Il libro si presta molto alla lettura dialogica ed è un contagioso invito a inventare e condividere allegramente sempre nuovi desideri da realizzare. Giuseppe Assandri Ulf Stark, Linda Bondestam ANIMALI CHE NESSUNO HA MAI VISTO TRANNE NOI Trad. Laura Cangemi Collana i Miniborei/Libri illustrati Iperborea, Milano, 2021 pp. 56, € 17.50 Da 4 anni Stavolta il grande autore svedese – forse il più amato del Nordeuropa dopo Astrid Lindgren – ci regala un libro diverso dagli altri: un vero e proprio albo illustrato, con i colori sgargianti e le matite spiritose e sorprendenti di Linda Bondestam. Uscito in Svezia nel 2017
(l’anno della morte di Stark) è un bestiario fantastico per i lettori più piccoli, che ha messo a dura prova il talento ben sperimentato di Laura Cangemi, autrice di una formidabile versione in rima dei testi. «Gli animali mai visti sono tanti, sott’acqua in cielo o in un bel prato. Tu lasciali stare!» Un mondo di curiose creature che somigliano alla fauna esistente, ma hanno nomi e aspetti curiosi: in essi non è difficile ritrovare qualcosa di ciascuno di noi, nel loro sforzo di trovare il proprio posto nel mondo e cercare di vivere contenti. C’è l’Escaloppo, che se ne sta isolato su un masso e il Bumbumbo che sa di essere nato brutto e se ne fa una ra-
gione, il Dorano che per guardare la luna si scorda perfino di mangiare. La Giornaliera invece vive un giorno solo ma se lo gode sino in fondo, lo Zitto, che vive al buio fitto ed è il più timido che c’è, lo Gnoccantropo che si muove a stento tanto è grosso, ma in sogno riesce persino a volare, il Letargale che fa un giretto finale, prima del riposo invernale, l’Ombarella, di giorno prigioniera di un corpo, del quale si libera ogni notte per danzare sino al mattino. C’è il fascino dell’incredibile e il piacere sempre vivo di stupirsi, nello scoprire l’inesauribile varietà della vita e di sorridere, dando spazio all’immaginazione. Giuseppe Assandri
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tati dai capibara. Grazie alla solidarietà sono scampate alla cattura e alla caccia entrambe le specie di animali. Nel tondo finale, le due specie ne incontrano una terza. Anche stavolta sono i più piccoli a superare la diffidenza: un agnello si rivolge al pulcino e al capibara. E via così, si spera anche per la nostra specie. Tra i migliori libri selezionati dalla New York Public Library per il 2020. Alfredo Soderguit INTRUSI Collana “L’Acchiappastorie” Terre di Mezzo, Milano, 2021 pp. 48, €. 15,00 da 4 anni Con minimale ed essenziale descrittivismo, rari e significativi tocchi di colore, poche e semplici parole, l’artista uruguaiano, ben noto alla Biennale d’illustrazione di Bratislava e alla Mostra Illustratori della Bologna Children’s Book Fair, concentra in un piccolo albo, quasi a fumetti e in bianco e nero, l’invito a conoscere gli altri e a far fronte comune. Lo fa partendo da un pollaio, piantato nel delta di un fiume. È un luogo «confortevole e sicuro», ma la tranquillità dichiarata è contraddetta dall’immagine di una gallina portata via per le zampe dal contadino. Poi arrivano i capibara (grossi roditori acquatici sulla cui schiena si poggiano volentieri altri animali. Eletti a mascotte della Coppa America di calcio nel 2019), gli si nega accoglienza, ma essi non possono tornare indietro perché si è nella stagione della caccia, chiara metafora delle guerre nei tanti territori da cui si fugge. Per restare, i capibara devono sottostare a regole emarginanti, ma due piccoli le infrangono. Un capibara esce dall’acqua, un pulcino gli sale in groppa, fanno amicizia, ma vengono separati. Le cose cambiano quando i “selvaggi” e “pericolosi” animali difendono il pulcino da un cane ringhiante, inizia una piacevole convivenza. A fine stagione, tornati senza prede, i cacciatori non potranno rifarsi sul pollaio: galline, uova e pulcini sono già in viaggio lungo il fiume, por-
Franca De Sio Fulvia Degl'Innocenti, Elena Pensiero MAX E GIULIA Collana “L’orango rosa” La Margherita, Milano, 2021 pp. 32, € 14,00 Da 5 anni La collana “L’Orango rosa” continua a essere una finestra sul mondo, parla ai bambini di ciò che esiste, per far loro conoscere e capire, anche quando si tratta di temi difficili. La meravigliosa varietà della natura riguarda anche noi umani. Sembrerebbe una cosa molto semplice da comprendere, se non ci fossero di mezzo distorte visioni diffuse in varie “civiltà”. Negli animali, le diverse combinazioni ed espressioni della sessualità non producono disforia, cioè il disagio o la sofferenza causati dal sentire il proprio genere non coincidere con le proprie caratteristiche fisiche. Tra gli umani, invece, quella stessa varietà naturale può provocare discrimi nazioni, bullismo, emarginazione. Non a caso è un animale, il cagnolino Max, a narrare ai bambini la storia di Giulia. Con la leggerezza di una fiaba e un’ottima sintonia tra immagini e parole, l’albo introduce a una semplice felicità domestica. Max racconta l’attesa e la na-
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LE SCHEDE
scita di Giulia, i primi giochi con lei, i suoi giocattoli preferiti, i suoi gusti nel vestirsi, sempre condividendo e approvando. Sarà a lui che Giulia confiderà di essere triste, perché «non voglio essere così, è tutto sbagliato!». Viki e Matteo sono genitori intelligenti, ma è Max a capire per primo: se Giulia dice di essere un bambino da sempre, per lui non cambia niente. Sarà sempre il più bel cucciolo del mondo e si vorranno sempre bene. Quel bene che Giulia temeva di non avere più dai suoi genitori viene invece riconfermato al piccolo Giulio, che finalmente è felice. Max racconta ancora per un po’ le giornate col suo inseparabile amico, la scuola, gli allenamenti di rugby… L’editore si rivolge ai bambini: «Questa era la storia di Max e Giulia. Ora però dobbiamo cambiare il titolo perché è diventata la storia di Max e Giulio», infatti in copertina ha cancellato la «a» e messo una «o». Semplicemente, naturalmente. Franca De Sio Silvia Vecchini OGNI VOLTA illustr. Daniela Tieni Lapis, Roma pp. 52, €15,00 Da 5 anni Un albo importante e pregevole, per i bambini e i loro genitori, che invita alla scoperta di che cosa succede – sul piano comunicativo ed emotivo – nella relazione tra un bambino e l’adulto che con lui si rapporta. «Ogni volta che ti guardo sei tu che mi apri gli occhi» è l’incipit che introduce la chiave di lettura, basata su una reciprocità di cui essere pienamente consapevoli.
Ogni volta che papà e mamma guardano, imboccano, abbracciano il loro bambino, giocano e parlano con lui, lo consolano e lo chiamano per nome, accade qualcosa di segreto, delicato e profondo. Quello che essi donano al bambino, in termini di cura e nutrimento, viene in qualche modo restituito, in un uno scambio amorevole, fisico e mentale, che esprime un mondo di variegate e intense emozioni. Chi è che dona, chi è che riceve? È qualcosa di misterioso, che suscita meraviglia e apre a una dimensione speciale, unica che vive nel qui e ora del rapporto che ogni giorno si apre e si arricchisce. «Ogni volta che…sei tu che…» è la formula che ritorna in ogni doppia pagina, con le magnifiche illustrazioni di Daniela Tieni, coloratissime e intriganti, ora realistiche ora quasi oniriche, capaci di restituire ai lettori – bambini e genitori – la forza di legami sottili e difficili da definire e incasellare. Quando il bambino impara a pronunciare le prime parole, anche il genitore impara una lingua nuova, quando il bambino gioca a scomparire e riapparire dietro le mani o una tenda, anche l’adulto è preso in quel gioco. E l’atto di nutrire, consolare, parlare, lavare contiene uno scambio inatteso che rende il prendersi cura un circolo virtuoso da ripetere e coltivare. Giuseppe Assandri Nadia Al Omari Richolly Rosazza L’OSPITE Kite, Padova, 2021 pp. 36, € 16,00 Da 5 anni Frutto di una collaudata coppia di autori, l’albo invita all’accoglienza, che sia rivolta al fuori o al dentro di noi, dipenderà dall’età del lettore. Perché i più grandi capiranno che l’ospite può chiamarsi conoscenza di sé, consapevolezza e ricordo. Ai piccoli, invece, piacerà lo strano personaggio che racconta l’incontro che gli ha cambiato la vita e alla fine conclude: «Sono
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molto più felice da quando lui è con me». Già dalla prima pagina si è invitati ad immedesimarsi nel diverso: strani personaggi che evocano pesci, uccelli e conigli sono raffigurati a colori pastello, con segno curvo, morbido e senza spigoli. Ha una chioma fatta di foglie e svolazzanti orecchie conigliesche il protagonista, che sembra vivere in una casa-albero, sul cui tronco si aprono oblò, spuntano tulipani, ma all’interno della quale sono ben in vista oggetti familiari a tutti: libri, giochi, persino interruttori e prese elettriche. È sulla soglia di casa che l’ospite si presenta un mattino, deciso a stare con lui. Il protagonista è imbarazzato, esasperato, lui lo segue ovunque. Quando gli permetterà di entrare in casa, lo strano essere metterà a soqquadro tutto, ma gli farà ritrovare delle biglie: un ricordo di giochi e di amici, da riscoprire, insieme a un se stesso dimenticato. Una narrazione dallo stile confidenziale, con frasi brevi e parole efficaci, conduce il lettore a condividere la scelta del protagonista: le cose vanno a meraviglia, da quando lo ha accolto. Franca De Sio Lorenza Farina, Laura Ricciardi IL CASSETTO DEI RICORDI Mimebù, Milano, 2021 pp. 25, € 14.50 Da 5 anni Il cassetto dei ricordi di Isabella è tutto a soqquadro: qualcuno deve averci rovistato e ora sembra proprio che manchi qualcosa. Isabella passa in rassegna tutti i propri ricordi, alla ricerca di qualcosa che sente mancare,
ma non riesce a identificare. Ci sono foto e dentini caduti, conchiglie e quadrifogli nel suo cassetto e ogni oggetto evoca un momento, una gioia. Ma il ricordo mancante non riemerge, anche se lei ne percepisce la natura, alcune caratteristiche… Dopo aver messo tutto in ordine continua la propria ricerca all’esterno, e finalmente il ricordo riappare, intenso e solare. Questa storia semplice sul va-
lore dei ricordi è affidata, ancor più che al testo, alle tavole di Ricciardi, accattivanti, a tratti commoventi, che restituiscono l’emozione talvolta nostalgica del ricordare. Il colore è un tripudio di sfumature mentre nella tavola si sovrappongono il piano del presente e quello del passato evocato. Il lettore è portato ad immedesimarsi con la piccola protagonista fino a godere della sua stessa gioia. Nadia Riccio Tomi Ungerer FLIX Trad. Sara Saorin Camelozampa, Monselice, 2021 pp. 32, € 16,00 Da 5 anni Un classico del grande autore alsaziano che Camelozampa riporta finalmente in Italia nel grande formato originale. È lo stesso autore a riassumerne l’argomento in poche parole: «Flix parla di come trarre il meglio dalle nostre differenze – siamo tutti uguali e tutti diversi. Ognuno ha qualcosa da offrire». Una storia di grande attualità, capace di graffiare con umorismo tagliente e satirico i pregiudizi sociali che stanno
LE SCHEDE
all’origine del razzismo, ancora oggi una pianta infestante assai difficile da estirpare. Nel paese di Borgatto, in una città di aspetto umano ma abitata da gatti, i coniugi Krall sono felici perché stanno per avere un figlio. Al momento del parto c’è una sorpresa. Il neonato è un cane, col musetto piatto e tutto a pieghe e le guance floscie! La notizia fa scalpore e ne parlano anche i giornali. Com’è possibile? Correva voce che la nonna del signor Krall avesse avuto una relazione con un carlino. Ed ecco il risultato, uno scherzo della genetica ma ben accetto. Il piccolo Flix, cresce allegro e felice, imparando a parlare gattese e a mangiare di gusto topi fritti o canarini in salamoia. Ma nessuno vuole giocare con lui, per via dei bulli del quartiere. Per la scuola si trasferisce dal padrino Medoro a Canecittà che gli pare molto simile a Borgatto. Studia con impegno e diventa primo violino dell’orchestra. Quando sposa una cagnolina francese, la marcia nuziale viene cantata, per la prima volta, da un coro misti di cani e gatti. Entrato nell’azienda paterna di trappole per topi e si dà alla politica fondando il CGU, Cani e Gatti Uniti. Al momento di avere un figlio, ecco la sorpresa finale che chiude il cerchio. La neonata fa il suo primo strillo: «Miao!»
sto magnifico albo è un invito a scoprire quanto tutti noi assomigliamo agli alberi, molto più di quanto immaginiamo. Sii un albero! Punta in alto. Tendi i tuoi rami verso il sole, è l’incipit della prima doppia pagina, con un bambino che punta le braccia in alto, accanto a un enorme baobab. Poi ecco una bambina accovacciata a terra con un grande albero di cui vediamo lo straordinario sviluppo sotterraneo delle radici. Le affinità tra esseri umani, bambini e adulti, e gli alberi sono via via svelate dai brevi testi, in forma quasi poetica e soprattutto dalle affascinanti e coloratissime illustrazioni di Felicita Sala. La colonna vertebrale è il nostro tronco e la corteccia è come la pelle che protegge quel che abbiamo dentro. L’albero muove le sue foglie al vento per respirare e mettere in circolo energia. In ogni pagina compaiono piccole figure umane (bambini che giocano, si arrampicano sugli alberi o adulti che si riposano sotto la loro ombra) e alberi maestosi, in ambienti cittadini ed esotici diversi. Quel che il libro riesce a fare con sapienza e immediatezza è comunicare ai bambini i risultati degli studi scientifici, che spiegano la vita segreta degli alberi e la loro dimensione di esseri sociali, capaci di interagire e collaborare. Dagli alberi possiamo imparare a sentirci interconnessi e solidali, «come una foresta». Alla fine del libro, c’è una breve appendice per imparare a «comportarsi come un albero». Giuseppe Assandri
Naomi Shulman, Hsinping Pan CRESCERE GENTILI Trad. Michela Benuzzi Erickson, Trento, 2012 pp. 80, € 14.50 Da 6 anni Questo testo di Shulman si presenta come un coloratissimo manuale di gentilezza. Tra le pagine vivaci troviamo decine di consigli, proposte, riflessioni per portare più gentilezza nella vita quotidiana. I suggerimenti sono molto vari, da piccoli mantra individuali quali il sorridere ogni giorno o mettersi nei panni degli altri fino a atteggiamenti legati al senso civico, all’agire per la comunità. L’idea di gentilezza è declinata in forme complesse: si è gentili praticando le buone maniere, la carità, la solidarietà, ma gentilezza è pure evitare gli sprechi, promuovere la socialità, difendere gli animali. Il sottotitolo dell’edizione originale recita «Puoi rendere il mondo un posto più felice» e l’intento del libro è proprio quello di far comprendere, con parole semplici e immagini divertenti, che felicità e benessere sono l’esito di pratiche condivise e che passano per la consapevolezza dei bisogni degli altri, oltre che per l’appagamento dei propri. Nadia Riccio
Giuseppe Assandri Maria Gianferrari Felicita Sala (ill.) COME UN ALBERO Trad. di Chiara Carminati Rizzoli, Milano, 2021 pp. 32, € 18,00 Da 6 anni Pubblicato prima negli Stati Uniiti col titolo Be a tree!, que-
Chiara Lossani Michael Bardeggia DANTE, IL MI’ BABBO Arka, Milano, 2020 pp. 64, €. 22,00 Da 7 anni La Commedia e la vita di Dante, i ricordi di una figlia e la malinconia di una bambina. Una visione ravvicinata e intima
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che conduce all’essenza del messaggio dantesco: la strada può essere dura, ma se si percorre con fiducia si è accolti dall’Amore. Storia e fantasia si fondono in un racconto dall’ottica inusuale, che presenta Dante in veste di padre e fa raccontare la Commedia a sua figlia. Antonia Alighieri fu suora in un convento a Ravenna e Giovanni Boccaccio le fece visita, nel 1350. Poi Antonia racconta: «stavo leggendo la Commedia nel chiostro… quando dal portone entrò un cavaliere insieme a una bambina». Anche Enrica è figlia di un esiliato. Con un sospiro di partecipazione Antonia le dice che era piccola come lei quando il suo babbo andò via, ma leggendo la Commedia lo sente vicino. La bambina s’incuriosisce: «L’Inferno? Il tuo babbo fece un viaggio nell’Inferno?». Giovanni spiega la grandezza del poeta e dell’uomo: «per ottenere pace e giustizia si mise contro tutti, perfino contro il Papa!». Per quattro volte due pagine si dispiegano in quattro, dilatando emozioni con illustrazioni colte e raffinate che raccontano l’ambiente medievale; rappresentano la Commedia con l’eco dei Giudizi Universali dei grandi pittori; sottolineano simbolicamente l’attenzione con cui il racconto è seguìto dalla bambina. Ella ha sempre un fiore in mano e con lei c’è un colibrì, che secondo leggenda guida all’amore. Gli albi illustrati sono frutto della cooperazione di autore, illustratore ed editore. Una comune sensibilità li ha condotti sulla strada giusta per arrivare al lettore. Franca De Sio
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LE SCHEDE
Lorenza Farina LA COSTITUZIONE È COME UN ALBERO Gruppo Editoriale Raffaello, Il Mulino a Vento Monte San Vito (AN) 2020 pp. 64, euro 7,00 Da 6 anni
Giuseppe Ferrario THONI E I SUOI CUGINI. UN’ESTATE FUOR D’ACQUA Illustrazioni dell’autore Harper Collins, Milano, 2021 pp. 126, € 12,00 Da 7 anni
Ricco delle illustrazioni colorate di Alexandra Colombo e scritto in stampatello maiuscolo per semplificare la lettura, è un piccolo libro che gioca con le metafore e con le rime per spiegare ai più piccoli quanto sia importante la nostra Costituzione. Proprio grazie alle similitudini i bambini comprendono il significato di parole astratte come uguaglianza, dignità, diritti e doveri, salute, rispetto, pace, coraggio… La Costituzione è ora una grande orchestra, un vascello, un abbraccio, una fiaba, ora un grande albero con molte foglie (ognuna delle quali è un articolo), con radici molto profonde che rappresentano i suoi capisaldi (lavoro, istruzione, uguaglianza e libertà). Come tutti gli alberi e le piante ha bisogno di cure per poter continuare a offrire la sua ombra che ristora e protegge: essere nutrita e rispettata. I frutti che l’albero produce sono i bambini che diventeranno uomini e donne con uguali diritti e doveri e pari opportunità. Nella parte finale del libro, grazie a delle schede didattiche curate da Paola Valente, i bambini possono riflettere su ciò che hanno appena letto ed esprimere tutte le loro idee e i pensieri attraverso le diverse attività proposte: filastrocche, domande, questionari, disegni e giochi.
L’idea di questo libro è surreale e allo stesso tempo geniale. Se i bambini d’estate lasciano le città e vanno al mare, non c’è niente di più normale se un tonno decide di passare l’estate non in… acqua ma in campagna. Lì, in campagna (non si sa come ma non serve saperlo) abitano i nonni ed i suoi cugini. Il nostro tonno però, non si sa bene perché e come, nemmeno questo abita, in città e sembra non volerne più sapere di strumenti come computer e altre diavolerie elettroniche, ha voglia di giocare nei campi con i cugini. Insieme ne combinano di tutti i colori ma il bello è che proprio dal loro agire in apparenza senza senso scaturisce un gran divertimento. Difatti le loro programmate avventure finiscono tutte male, anzi bene, in maniera diversa da come i nostri eroi stessi avevano programmato. E qui sta proprio il bello di questa estate «fuor d’acqua». I disegni e i fumetti, che intervallo il testo, sono straniati ed esilaranti. Un libro che raccomandiamo, anche agli adulti più severi, da regalare ai più piccoli, ben sapendo che il divertimento è più che assicurato. I miei nipoti se lo sono passato, leggendolo insieme e spesso strappandoselo dalle mani. Mi toccherà comprargliene un’altra copia.
Loredana Fasciolo
a cura di Anselmo Roveda ATLANTE DEI LUOGHI IMMAGINATI. CITTÀ, ISOLE E PAESI DELLE GRANDI STORIE Illustrazioni di Marco Pace EDT, Giralangolo, Torino, 2020 pp. 66, € 19,50 Copertina rigida Da 7 anni Dove erano ambientati, o dove abbiamo immaginato che fossero ambientati i racconti classici mentre li leggevamo da bambini? I luoghi dei racconti dei grandi scrittori e delle grandi scrittrici sono a volte di fantasia, a volte sono invece luoghi inseriti in aree geografiche realmente esistenti. La scelta del curatore è caduta su 16 tra i più famosi classici della letteratura per ragazzi pubblicati nell’arco di 100 anni, dal 1844 al 1943. Viene riportato un brano suggestivo per ogni racconto accompagnato dalle bellissime illustrazioni di Marco Pace. I libri per bambini o ragazzi di alta qualità non si svalutano mai e possono essere apprezzati in età diverse: da questo Atlante i piccoli che non li hanno letti saranno stimolati a leggerli; i grandi, coloro che li hanno letti, ripercorreranno le storie, le sensazioni provate e, come succede a Marcel Proust con una madeleine, rivivranno le atmosfere e le emozioni di allora entrando nei mondi immaginari più amati della letteratura, nei paesaggi in cui si muovono famosi personaggi come Alice, Pinocchio, Tom Sawyer, Peter Pan, Dorothy ecc. Loredana Fasciolo
Lorenzo Mari
Matteo Bussola VIOLA E IL BLU Illustrazioni dell’autore Salani editore, Milano, 2021 pp. 138, € 14,90 Da 8 anni A quante domande devono rispondere i genitori, soprattutto se i loro figli sono come Viola, una bambina di otto anni, intelligente e curiosa di conoscere tutto quello che la circonda? Il papà di Viola è il papà che tutti vorremmo avere: paziente, disponibile, accogliente. Così padre e figlia trascorrono un caldo pomeriggio di maggio a parlare di tante cose importanti, a partire da una domanda sui colori: perché a Viola, che ama tanto il Blu, deve per forza piacere il Rosa, solo perché è una femmina? Perché ci sono colori da maschio e colori da femmina, così come giochi, vestiti, sport, libri, lavori e così via? Il padre spiega alla bambina la storia dei colori, che non hanno sempre avuto la caratterizzazione odierna; ma soprattutto affronta il tema degli stereotipi di genere, dei condizionamenti sociali e culturali, delle “scatole” in cui i luoghi comuni ci rinchiudono. Gli esempi sono tanti: dai libri scolastici, nei quali ancora sono raffigurati papà che leggono il giornale e mamme che passano l’aspirapolvere; agli amici, ai quali non è concessa la libertà di comprare il giornalino preferito, se sulla copertina c’è l’immagine di una bambina in tutù; fino agli abitanti del paese, che definiscono «mammo» suo padre e «una donna con le palle» sua madre, perché uno è a casa con la figlia, mentre l’altra lavora come ingegnera.
LE SCHEDE Viola capirà meglio dalle parole del padre di quante sfumature di colore è fatta la vita di ognuno, e quanto sia importante seguire ciascuno la propria unicità, anche se vuol dire crescere un po’ «storti». Matteo Bussola è un papà: la sua storia professionale comincia quando inizia la sua avventura di genitore di tre bambine, ora diventate ragazze, delle quali decide di prendersi cura lasciando il suo lavoro di architetto e coltivando la sua grande passione per il disegno, l’illustrazione e la scrittura. Questo è il suo primo libro per ragazzi, dopo aver pubblicato diversi romanzi di successo e molti fumetti; tiene inoltre una rubrica radiofonica dal titolo eloquente, «Padrieterni», e collabora con quotidiani e riviste. Questo piccolo libro è più vicino ad un racconto filosofico, in cui in modo maieutico il padre fa crescere nella figlia la consapevolezza dei propri diritti. Valentina De Propris Torben Kuhlmann EINSTEIN. IL FANTASTICO VIAGGIO DI UN TOPO ATTRAVERSO IL TEMPO E LO SPAZIO Trad. di Anna e Francesco M. A. Becchi Orecchio Acerbo, Roma, 2021 pp. 140, € 21.00 Da 8 anni Kuhlmann torna con i suoi topini avventurosi e questa volta il viaggio abbraccia scienza e fantascienza, intorno alla figura di Albert Einstein. Un topo intelligente sogna di partecipare alla fiera del formaggio di Berna, ma purtroppo sbaglia i
calcoli e arriva con un giorno di ritardo. Una serie di fortunati eventi lo porta in quelli che furono i luoghi di Einstein, di cui inizia a studiare gli scritti, con l’idea ardita di costruire una macchina del tempo e tornare proprio al giorno della fiera! Qualcosa però va storto e il topino si ritrova catapultato al tempo in cui Einstein muoveva i primi passi nell’elaborazione della famosa teoria della relatività. Il nostro ingegnoso topo però non si perde d’animo e sfrutta proprio le doti dello scienziato per ripartire… La narrazione di Kuhlmann si articola seguendo il canone del genere: accavallamenti temporali, strutture circolari, riferimenti allusivi e linee narrative interrotte. Lo stile delle illustrazioni è ricchissimo di dettagli, di inquadrature originali e la composizione delle pagine molto dinamica. Il testo si chiude con un’interessante appendice su Einstein e le sue teorie. Un testo bello, capace di appassionare e incuriosire lettori di età diverse. Nadia Riccio Filippo Golia ZELDA MEZZACODA Ill. di Valentina Marino L’Altracittà, Roma, 2020 pp. 64, € 10,00 Da 8 anni La pandemia ha ormai invaso la nostra vita, definendo abitudini e comportamenti fino a pochi mesi fa impensabili: restrizioni, limitazioni di spostamento, distanziamento sociale. Come si fa a spiegare tutto questo ai bambini, a renderlo più accettabile perché comprensibile? Questo piccolo libro ci prova, raccontando la storia di una famiglia durante il primo lockdown da un punto di vista molto particolare, quello di una cagnolina, Zelda detta Mezzacoda, un incrocio tra un golden retriever e un pastore maremmano; nata in Sicilia e adottata da una famiglia romana, Zelda fatica non poco ad abituarsi alle regole della nuova casa, dove Luna e suo fratello la coccolano e giocano con lei, mentre il padre è più rigido e prova a edu-
carla secondo principi ferrei, in particolare quello di non mordere nessuno! Invece una mattina la cagnolina vede un uomo con il volto coperto da una mascherina, si spaventa e lo morde a una mano; da qui comincia un periodo terribile, in cui la città si svuota da un giorno all’altro di tutti i rumori, gli odori, i cani, le persone, e Zelda è convinta che sia colpa del suo morso e della paura che esso ha generato. Quando ritrova Oliver, il suo compagno di passeggiate, capirà che il responsabile di tutto è un nuovo, pericoloso virus. Per aiutare la sua adorata Luna a superare tutto questo, Zelda le scrive in una lettera la sua storia e una piccola leggenda, che è all’origine della sua «mezzacoda». L’autore, giornalista e inviato speciale della RAI, riesce con delicatezza e semplicità a raccontare con una storia “dal basso” un evento epocale, le cui conseguenze devastanti, soprattutto sui bambini e i ragazzi, si misureranno negli anni a venire. Intanto possiamo consolare i più piccoli con le parole di Zelda, alla quale sono anche invitati a scrivere una lettera di risposta alla fine del libro. Valentina De Propris Anne Goscinny IL MONDO DI LUCREZIA disegni di Catel Gallucci, Roma, 2020 pp. 192, € 12,50 Da 9 anni È un racconto ante-Covid perché pubblicato nel 2018 da Gallimard Jeunesse. Ed è una lettura anti-Covid, perché il mondo nel quale la ragazzina Lucrezia vive è fatto di socialità,
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sport, cinema, visite ai musei... È un mondo fatto di normalità che poteva anche non sembrarci tale, quando lo era. L’autrice dedica il racconto alla memoria del padre, a illustrarlo è l’arte arguta e fumettistica di Catel. Un binomio al femminile che ricorda il sodalizio di René con Uderzo e che porta il lettore in una frizzante atmosfera francese, più scanzonata e meno problematica della nostra, ma al contempo basata su una chiara visione dei doveri civili e una grande capacità di capire gli altri. Nel diario di Lucrezia-Lulù c’è la sua entrata in prima media, le elezioni scolastiche, il prof di italiano, le sue amiche e la sua famiglia: la mamma avvocato che va a trovare le persone in prigione e non cucina quasi mai; Georges che fa il controllore di volo ed è il secondo marito della mamma; il fratellino Victor, figlio della mamma e di Georges, fissato con i videogiochi; il padre che fa il pittore e lo scultore e ha sempre fidanzate giovani, così prima o poi – dice Lulù – potrà giocarci; Scarlett, la nonna materna, che è stramba, veste giovanile e mette i tacchi a spillo. Lulù racconta le cose assurde o maldestre che fanno gli adulti quando vogliono dare una mano ai ragazzi: Georges che si accanisce a risolvere un compito di matematica; i genitori che portano Victor dalla psichiatra pensando che si sia perso nel mondo virtuale. L’intervento della nonna, invece, si rivela decisivo quando Lulù dà la prima festa senza genitori, alla quale partecipa anche suo cugino Nicolas, nipote di quel Petit Nicolas raccontato con grande successo da René Goscinny.
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LE SCHEDE
Per quanto lungo, non è trascorso troppo tempo per cancellare dalla memoria dei ragazzi il ricordo della loro spensieratezza. Partecipare a quella di Lulù è confortante e dà allegria.
Guido Quarzo Anna Vivarelli ÖTZI E IL CODICE TATUATO Collana “Schegge” Notes, Torino, 2021 pp. 112, € 12.50 Da 10 anni
Franca De Sio Rosario Esposito La Rossa LUCIGNOLO Ill. di Vincenzo Del Vecchio Einaudi Ragazzi, S. Dorligo della Valle (Ts), 2021 pp. 56, € 14,90 Da 10 anni Lucignolo è un bambino diventato burattino che ha per coscienza un pidocchio, con cui dialoga. È solo Lucignolo, suo padre è in carcere per camorra e non è presente come gli altri padri alle grandi occasioni che puntellano la vita di un ragazzino, Lucignolo non ha un premuroso papà Geppetto pronto a cercarlo, a perdonarlo, a salvarlo dal male. «Io non so che odore abbia mio padre, non l’ho mai toccato, l’ho sempre visto dietro un vetro». È la dolorosa frase pronunciata da un ragazzo pieno di rabbia, di disillusione, di solitudine, un ragazzo destinato a perdersi come
tanti, ennesima vittima innocente di una famiglia sbagliata, di un territorio sbagliato. Storia di un bambino diventato burattino completa il titolo del libro, sottolineando un altro aspetto tristemente frequente: i bambini e i ragazzi in certi contesti vengono usati e manovrati, condannati a diventare burattini di un progetto criminale. La fiaba scritta da Rosario Esposito La Rossa e illustrata delicatamente da Vincenzo Del Vecchio è una storia vera, una storia come tante consumata in un quartiere «ad alto rischio» come si dice, un quartiere dove ci si salva se accompagnati da una famiglia sollecita o da un Geppetto fuori o dentro la famiglia, attento e pronto a proteggere e indirizzare. Paola Parlato
Forse non tutti sanno che a Bolzano c’è un museo molto particolare, tutto dedicato a Ötzi, l’uomo preistorico, conservato dai ghiacci di Similaun, di cui ricorre quest’anno il trentesimo anniversario della scoperta. Il museo è meta di gite scolastiche, come quella della di Arturo e Riccardo, che si trovano inaspettatamente coinvolti in una serie di misteri e avventure, visitando il museo e un sito archeologico. I due compagni di classe sono assai diversi per indole e personalità. La gita della terza B in Tirolo, accolta dalla classe con scarso entusiasmo, si fa interessante grazie ad Arturo che dopo essersi documentato su Ötzi riesce a convincere l’amico che c’era molto da scoprire, a cominciare dalla morte violenta dell’uomo dei ghiacci. Ci vorrebbe una macchina del tempo come quella del film Ritorno al
futuro per trovare una risposta ai molti interrogativi rimasti aperti, come la presenza di tatuaggi sul corpo. Quarzo e Vivarelli, con una lunga esperienza di scrittura a quattro mani alle spalle, sono abili a confezionare il romanzo, mischiando gli ingredienti giusti: la curiosità dei due ragazzi e la voglia di misurarsi, i poteri di alcuni oggetti, come una vecchia bussola e un paio di vecchi occhiali speciali, la presenza inquietante di Vladimir Babic, la guida turistica che li accompagna. Il romanzo scorre via svelto, con un ritmo narrativo incalzante e con una felice co-
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FIABE, RITMO E UMORISMO di Claudia Camicia
L
a raccolta di filastrocche con tema e personaggi fiabeschi, a firma del decano della letteratura giovanile, si distingue per due elementi peculiari: l'allegro ritmo dei versi e la felice varietà degli spunti creativi, tipici di questo genere, riletti in chiave non banale. La vena creativa di Volpi allieta i lettori grazie a una cornucopia piena di re, regine, draghi, principesse e altri elementi caratteristici della fiabistica. L'autore, che ha una profonda conoscenza dei meccanismi dell'umorismo, li applica con intelligenza per dare vita a ambientazioni e personaggi originali. La raccolta si compone di tre parti: nella prima vengono sbeffeggiati i luoghi e i personaggi delle fiabe per far capire che ci sono diversi punti di vista con cui raccontare una storia; nella seconda muta l'ambientazione e prendono corpo i luoghi della vita quotidiana dei giovani (scuola, casa, bioparco, negozi ecc.); nella terza si sondano sentimenti e esperienze così che il lettore
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viene indirizzato verso la scoperta di se stesso. Stimolando la fantasia del giovane, grazie anche alla scelta di un lessico ampio e non omologato, l'A. ci coinvolge con invenzioni narrative divertenti, confermando lo straniante effetto finale che ha sempre distinto le sue creazioni letterarie. Come le ciliegie, anche queste filastrocche invitano alla scorpacciata: l'una tira l'altra potrebbe provocare indigestione; ben venga,
allora, la prevenzione di intercalarle con disegni da colorare e con proposte di giochi. Espediente che consente al lettore di concedersi una pausa in questa cascata di rime, giochi di parole, sollecitazioni argute e sfide creative; senza offuscare i messaggi da sempre cari a Volpi: ribadisce il ruolo fondamentale dell'amicizia e della solidarietà. Da rimarcare, infine, un altro non secondario pregio: il suono e la musicalità rende queste filastrocche particolarmente adatte alla lettura a voce alta e alla recitazione, in forma di dialoghi teatrali. Domenico Volpi FILAFIABE, FANTASTROCCHE E MOLTO ALTRO! Ill. Y. Cao Van Festina Lente, Ferrara, 2020 pp. 144, € 16,00 Da 6 anni
LE SCHEDE struzione dei dialoghi, che conducono i lettori a ripercorrere una storia di crescita movimentata e coinvolgente. Giuseppe Assandri Elle McNicoll UNA SPECIE DI SCINTILLA Trad. Sante Bandirali Collana “I geodi”, Uovonero pp. 192, € 15 Da 10 anni L’autismo è al centro delle pubblicazioni di Uovonero fin dall’esordio di questa casa editrice, ma questa volta non solo la protagonista è autistica, anche la scrittrice stessa è neuro divergente. Un romanzo, non per parlare semplicemente, e a volte banalmente della diversità, ma per smontare i pregiudizi e per provare a vedere il mondo con gli occhi dell’altro. Un “altro” con il quale i lettori entrano subito in sintonia, riconoscendo le caratteristiche che tutti abbiamo e che l’autismo porta solamente all’estremo. «Quando non trovo qualcosa di interessante il mio cervello si spegne», dice Addie, la undicenne protagonista che sente tutto in modo più intenso, che riesce a vedere piccoli dettagli, a sentire la gente per strada. La sola persona che riesce a capirla davvero, a spiegarle le sensazioni che prova o i suoi comportamenti , è sua sorella maggiore Keedie, anche lei neurodivergente. Ad Addie non piacciono le sorprese, ha bisogno di tempo quando torna a casa da scuola per assestarsi prima di riuscire a parlare e ama la biblioteca perché lì il signor Allison fa in modo di rendere tutto tranquillo, organizzato e ben distribuito, non urla e non fa domande. Addie fa gli esercizi di matematica a modo suo e tutto funziona, ma Miss Murphy non fa che deriderla e metterla in imbarazzo. È sconvolta quando l’insegnante racconta che molte donne del suo paese delle Scozia furono messe a morte perché streghe. Era la loro diversità ad essere messa sotto accusa, Addie lo capisce subito e decide che deve fare qualcosa! Determinata, convinta, ostinata e coraggiosa: sono i tanti punti di forza che ha. E non aver paura delle proprie convizioni è
proprio un ….messaggio che questo libro invia a tutti noi. Clelia Tollot Tamara Bach LA PAROLE CHE INIZIANO CON A Trad. di Anna Patrucco Becchi La Nuova Frontiera Junior, Roma, 2021 pp.176, € 15,00 Da 11 anni Dichiaro subito la mia predilezione per i libri capaci di raccontare il passaggio, così delicato, spigoloso e contraddittorio dall’infanzia all’adolescenza. E il romanzo di Tamara Bach lo fa con leggerezza e profondità, senza eccessi o ritrosie. La voce narrante è quella di Pauline, una ragazza di undici anni che si destreggia tra la vita familiare – con le settimane a casa del papà e della sua compagna Jette e il fratellastro Jonathan – e quella con la mamma Marlene, che forse ha un nuovo fidanzato, anche se non ha ancora avuto il coraggio di parlargliene. Pauline è affascinata dalle parole e con la sua amica Natasha ama inventare storie e situazioni fantasiose. Ma all’improvviso l’amica Natasha le annuncia una cotta per un ragazzo della scuola e ora preferisce parlare di maschi con lei. Perché i maschi sono diventati tanto importanti? Per Pauline
l’amore è ancora un universo ancora piuttosto misterioso. È come se all’improvviso tutti si mettessero a parlare una lingua strana! Pauline cerca di venirne a capo e fa di tutto per capire cosa succede a sua madre, che sembra innamorata (anche lei!) di un collega d’ufficio. Intanto la vita scorre, tra la scuola, i rapporti complicati con le sue due famiglie, le piccole cose di ogni giorno, nuovi incontri e scoperte, che preludono a un nuovo modo di sentirsi. E poi c’è Lukas adesso, con cui scopre una nuova complicità e la voglia di conoscersi e ridere insieme. E anche la rottura con Natasha può essere ricomposta. L’autrice è molto abile a farci entrare nelle mente della protagonista, in cui le lettrici possono facilmente immedesimarsi. Un bel romanzo sull’innamoramento e il mestiere di crescere, senza troppe angosce e pesi da portare. Giuseppe Assandri Luisa Mattia FRANCA, UNA VITA IN SCENA Coccole Books, Belvedere Marittimo, 2021 pp. 120, € 10.00 Da 11 anni Con stile svelto e coinvolgente, di chi vuole e sa come far conoscere ai giovani una grande persona, l’A. racconta Franca Rame, il suo coraggio di calcare le scene e la scena in cui le fu dato vivere, l’amore per Dario Fo, l’impegno di entrambi per la verità e i diritti civili. In un furgone detto Balorda, la Premiata Compagnia Rame viaggia nell’afosa pianura padana, nel 1939. Dal Seicento furono marionettisti, ora sono attori girovaghi. La Balorda va in panne, un trattore la traina a Villastanza e lì nasce Franca, che da neonata va in scena e a tre anni recita come angioletto. Infanzia e giovinezza vedono il fascismo, la guerra e il periodo postbellico. Franca raggiunge i fratelli a Milano, è attrice, e nella compagnia di Franco Parenti incontra Dario. Il racconto sembra concludersi con il suo matrimonio in Sant’Ambrogio. Ma continua nei capitoli «Cronologia di una vita in due» e pure in «Glossario» e «L’Archivio e la Fondazione Fo
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Rame»; perché i fatti, le spiegazioni dei termini, i documenti raccolti da Franca parlano tutti insieme dell’arte adoperata a favore della Polis (fatta anche di esclusi, di operai, di studenti, uniti nella lotta per una società migliore), della volontà indefessa di fare. Attraverso quest’opera, Franca con il suo Dario afferma ancora: «Il piacere di usare il cervello non ha uguali. Quindi tenetelo sempre acceso ed evitate che le banalità di cui tutti siamo vittime riescano a spegnere questa macchina straordinaria». Franca De Sio Lewis Carroll LA CACCIA ALLO SQUARLO. UN’AGONIA IN OTTO SPASIMI Ill. di P. Newell e C. Ghigliano Trad. it. di D. Almansi Orecchio Acerbo, Roma, 2021 Da 11 anni Un albo illustrato è una sfida di per sé, perché incrocia due linguaggi secondo un criterio di interdipendenza, quello verbale e quello iconico, dando luogo a una storia. L’efficacia e la qualità della narrazione sono la risultanza di un congegno non casuale ma ben orchestrato, il più delle volte da un editore particolarmente accorto, capace di promuovere incontri fecondi tra le diverse soggettività artistiche. È il caso di Orecchio Acerbo, casa editrice non nuova a simili coraggiose imprese, che nei primi mesi di quest’anno ha dato alle stampe un’originale versione del poema The Hunting of the Snark di Lewis Carroll (1876), esilarante opera in versi assai meno nota di Alice in Wonderland (1865): in questa nuova edizione, compiendo «un’operazione del tutto anti-filologica», si fondono
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LE SCHEDE
in un unico corpo/parola le immagini dell’illustratore americano Peter Newell, pubblicate nel 1903 per Harper & Brothers, con quelle della straordinaria disegnatrice Cinzia Ghigliano, chiamata a dialogare con una testualità plurale e aperta alle diverse interpretazioni. Non solo. Una quarta voce autoriale si aggiunge a quella di Carroll e dei due illustratori: è la versione in rima di Daniela Almansi, figlia del critico letterario Guido Almansi, tra i più noti traduttori del celebre il componimento nonsense a cui si ispira il poema, il Jabberwock. Qui la traduttrice si cimenta con un enigma che da sempre impegna gli studiosi del reverendo vittoriano e ne esce La caccia allo squarlo, un’inedita interpretazione della rocambolesca caccia a una creatura ignota, la cui essenza è racchiusa in una «parolabaule» formata dall’unione di
Antonio Ferrara EROE GUASTO Ill. di Vincenzo Del Vecchio Settenove, Cagli (PU), 2021 pp. 112, € 14 Da 12 anni
squalo e tarlo. Si ha così un’opera potenziata perché pluridiscorsiva, divertentissima per i lettori bambini e non solo, capace di sollecitare sensi fuggevoli e provvisori, eppure destinati a attivare un meccanismo conoscitivo e disvelatore a partire dalla molteplicità dei linguaggi narrativi. Chiara Lepri
Nel 2021 sulle banconote inglesi da 50 sterline comparirà il volto di Alan Turing, il grande matematico che diede un notevole contributo alla lotta al nazifascismo, riuscendo a decriptare, grazie ad una macchina elettronica, i messaggi della gerarchia nazista durante la Seconda guerra mondiale. Un eroe dunque, che avrebbe meritato ammirazione e riconoscimenti, ma purtroppo Turing era un omosessuale, una diversità che a quei tempi, molto più di oggi e soprattutto negli ambienti militari, era considerata una identità sconveniente e soprattutto contro natura; al punto di far varare una incredibile legge che costringeva a pesanti cure ormonali, finalizzate alla “guari-
gione” dei soggetti. Ma il giovane Turing non resse il danno fisico e morale della sciagurata terapia e si tolse la vita. Poco dopo la legge fu abolita. Un autore da sempre impegnato, Ferrara, a mostrare anche ai più giovani gli aspetti più duri della vita, senza moralismi o ipocrisie, ma sempre con delicatezza ed empatia, perché è attraverso storie come questa che i ragazzi possono apprendere la tolleranza e la solidarietà. E la casa editrice Settenove ne ha fatto una missione. Paola Parlato
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SE SULLE “PICCOLE” DONNE di Franca De Sio
“P
iccola” è rivolto all’età o è vezzeggio a un’adulta, aggiungendovi un “mia”, a volte subdolo; “Donna” deriva da domina, colei che organizza la casa (domus) a favore della famiglia. Fin da piccole le donne coltivavano, pascolavano bestiame, portavano acqua, approntavano cibo. Avanti nel tempo, alle pudiche “piccole donne” si legava l’onore della famiglia, si cercava loro un “buon partito”. Le piccole ricamavano la dote: lenzuola, tovaglie e pannolini. Le si voleva mogli e madri. Dominae dentro mura domestiche, la cui amministrata economia (l’Economia domestica, insegnata “Gentilmente” alle sole femmine, di fatto fino agli anni ‘70) si basava sull’apporto finanziario che fuori da quelle mura solo il maschio procacciava. Ed era disdicevole che in pubblico un uomo spingesse il passeggino o portasse le buste della spesa. Eccezionalmente alle donne fu chiesto il lavoro extra domestico, quando per guerre e carenza di manodopera dovevano vicariare i maschi: con atavica capacità multitasking esse furono salvifiche operaie, combattenti, infermiere… Ancora oggi, poche arrivano in alto. Carissima è pagata l’indipendenza. Se i classici raccontano verità senza scadenza, a scuola bisognerebbe
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leggere delle Piccole donne oltre che dei Promessi sposi. Le storie della Alcott sono terapeutiche, affinché l’impegno e la voglia di affermarsi della piccola Jo sia anche delle donne di oggi, di questi tempi difficili, e di domani. Con accurata veste editoriale e una moderna traduzione, l’opera di Louisa May è diretta a nuove lettrici e lettori, perché non passi di moda la voglia di migliorarsi, amare e sperare. Il padre di Louisa fu amico di Thoreau, filosofo e insegnante. Accolse in classe bambini neri, insegnò anche educazione sessuale, ospitò in casa schiavi fuggiaschi, fondò una comunità di studio e di lavoro, con le sue idee e le sue azioni ridusse in povertà la sua famiglia e fu criticato dalla gente. Ma non gli mancò il supporto dei suoi cari. Louisa, infermiera durante la guerra, cominciò presto a scrivere articoli per riviste, racconti, anche sotto pseudonimo. Quando
il suo editore le chiese qualcosa di più leggero, scrisse Little Women (1868), racconto autobiografico dove il padre non è quasi mai narrato, ma c’è. Il successo editoriale risolse i problemi economici della famiglia. Per le adolescenti lettrici americane il libro fu una boccata di ossigeno progressista e femminista, che continuò con Little Women 2 (1869), Little Men (1871) e infine con Jo’s Boys (1886). Il tentativo di contrabbandare la Alcott come scrittrice per signorine di buona famiglia e simbolo della letteratura rosa non è mai riuscito. Titoli come Le buone mogli o Piccole donne si sposano non trassero in inganno le lettrici e furono presto abbandonati. Piccole donne e il suo seguito ispirarono diverse versioni cinematografiche (l’ultima di G. Gerwic, 2020). Una bella rivincita per papà Alcott! Louisa May Alcott PICCOLE DONNE Trad. di Angela Ricci PICCOLE DONNE CRESCONO Trad. di Clara Serretta Collana UAO, Gallucci, Roma, 2021, € 13,50 cad. Da 11 anni
LE SCHEDE Fabrizio Altieri VOLEVO SOLO DIPINGERE I GIRASOLI Collana ll Battello a Vapore One Shot, Piemme, Milano, 2021 pp.176, € 16.50 Da 12 anni Fabrizio Altieri, di cui ricordiamo Ridere come gli uomini (Piemme 2019), propone ai lettori un romanzo di ambientazione storica e di crescita, che si svolge nel 1943, nell’Italia Centrale, al tempo della guerra civile dopo l’8 settembre. I due amici protagonisti, Agostino e Stefano, si trovano a vivere in prima persona la profonda lacerazione di quel momento storico, perché sono figli, rispettivamente di un partigiano e di un fascista, Aldo e Sergio, che da ragazzi erano stati amici come i loro figli. Il romanzo intreccia le vicende quotidiane dei due ragazzi e dei loro padri. Un giorno Agostino e Stefano vedono passare un treno, che sembra un carro bestiame, ma è stipato di uomini, donne e bambini, condotti chissà dove. Seguendo la pista di un biglietto lanciato di nascosto dal finestrino del treno, essi trovano una ragazzina, più o meno della loro età. È ebrea e non parla ma ha una grande immaginazione e un grande talento nel dipingere. Dalla valigia, estrae la lettera che aveva scritto sua madre prima di essere portata via. È una richiesta di aiuto per chiunque avesse trovato quel messaggio. Che fare? Forse era meglio non immischiarsi o denunciare il ritrovamento della ragazzina. Ma Agostino e Stefano decidono di rischiare. Nasce così un sodalizio e un’amicizia cementata da pericoli condivisi, sotterfugi, incontri e colpi di scena che l’autore intreccia abilmente, mettendo a confronto i protagonisti con il mondo spesso crudele e incomprensibile degli adulti, esacerbato da una guerra che divide, mette gli uni contro gli altri. La trama è ben costruita così come i personaggi.
Gabriele Clima FIORI DI KABUL Einaudi Ragazzi, S. Dorligo della Valle (TS), 2021 pp. 160, € 12,00 Da 12 anni L’Afghanistan dei talebani è uno dei paesi che vanta una delle più alte discriminazioni di genere al mondo. Essere donna a Kabul è una mortificazione quotidiana, le donne non possono studiare, lavorare, pensare e scegliere in autonomia; fare sport poi è quasi un crimine. Maryam vive a Kabul, in una famiglia uguale a tante, dove padri-padroni amministrano rigidamente i dogmi di una tradizione conservatrice e retriva e madri rassegnate e sottomesse sono esecutrici e guardiane di quelle regole. In una famiglia così, in un paese così una donna in bicicletta, da sola, per strada è una sfida e un’offesa a principi inviolabili. Poi, all’improvviso l’incontro con una ragazza straniera, una ragazza che attraversa l’Afghanistan in bicicletta e che insegna a Maryam a pedalare! per Maryam e la sua amica Samira si schiude un orizzonte, la possibilità di una vita nuova e diversa e quando l’età lo consente la rivoluzione per le due ragazze partirà proprio da una bicicletta, una bicicletta che diventa simbolo di ribellione, di emancipazione, della ricerca di un modo di vivere e di una identità nuova con cui misurarsi, per cui battersi. Paola Parlato
Giuseppe Assandri Colin Pierré CONTROMANO Trad. Luisella Arzani Giralangolo, Torino, 2021 pp. 304, € 15,00 Da 12 anni Ecco un nuovo, intenso e catturante romanzo della scrittrice alsaziana Colin Pierré, dopo Fuga in soffitta (Giralangolo, 2019). Una storia on the road, di un’amicizia
speciale che matura durante una fuga condivisa tra due protagonisti che non potrebbero essere più diversi: Victor e Yazel. Victor ha vent’anni e ha avuto la sventura di crescere in una famiglia di rapinatori. Odia questa vita, ma subisce i comandi violenti del padre e dei fratelli maggiori. Cerca una compensazione, impegnando il tempo libero segretamente in un centro di aiuto per vittime di violenze. E per anni ha frequentato il liceo di giorno e forzato serrature di notte. Yazel ha dodici anni ed è quasi sorda dalla nascita. I suoi genitori sono morti e da sette anni vive con una zia ricchissima, incapace di volerle bene. Porta un apparecchio acustico che le permette di sentire qualcosa e a scuola si è organizzata per sopportare i meccanismi di esclusione più o meno sottili di compagni e insegnanti. I due si conoscono durante la rapina nella villa dove abita Yazel, che propone a Victor di fuggire insieme, per raggiungere la Bulgaria dove lei vuole disperdere le ceneri dei suoi genitori. Victor esita ma poi si fa convincere. E allora, con la macchina del padre di Victor e i soldi sottratti alla zia, i due
partono, attraverso la Francia, il nord Italia, verso l’est. Un viaggio contrastato dalle loro famiglie e contromano, in cui Victor e Yazel imparano a conoscersi: Victor impara il linguaggio dei segni e Yazel legge una biografia di Arsenio Lupin con imprevisti e contrattempi e tanti problemi da risolvere, prima di arrivare al paesino dove è cresciuta Yazel, che ci regala un finale imprevedibile, che scioglie la tensione e fa bene al cuore. Un libro davvero da non perdere per giovani adulti di tutte le età. Giuseppe Assandri
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Vichi De Marchi A TESTA ALTA STORIE DI CORAGGIO PER LA CONQUISTA DEI DIRITTI Ill. Giovanni da Re Raffaello Ragazzi, Monte San Vito (AN), 2021 pp. 146, € 12,90 Da 12 anni Diciamolo subito, Vichi De Marchi compare spesso sulle pagine della nostra rivista per il valore delle sue opere, reali e fantasiose e allo stesso tempo finalizzate al progresso, alla pace, alla giustizia, alla lotta contro la fame, la miseria, lo sfruttamento. O, come in questo libro, sono finalizzate al racconto degli eroi della storia che hanno lottato non solo per la conquista dei diritti, ma per la definizione e la diffusione di quello che è il concetto di diritto. Un cammino faticoso iniziato millenni fa ancora oggi non terminato; non solo, un diritto va conquistato e salvaguardato, perché le forze della miserevole reazione sono sempre in agguato. Non a caso Vichi De Marchi ha viaggiato molto per incontrare tanta gente colpita dalla fame o dalla guerra ed è impegnata con Save the Children. Consideriamo poi questo libro uno dei suoi migliori, perché riesce con brevi e ben narrati racconti a portare in primo piano i diritti fondamentali. Si inizia con la drammatica storia di Spartaco, il gladiatore che ebbe il coraggio di ribellarsi alle autorità romane in nome della libertà dalla schiavitù, e anche se lui, come eroe, sarà sconfitto dalla bruta forza romana, la sua idea che gli schiavi sono uomini e non bestie ha attraversato i secoli per giungere a noi. Si prosegue poi con altre grandi conquiste e con altri grandi che hanno portato a grandi conquiste: Cesare Beccaria: abolizione della tortura e della pena di morte; Muhammad
Il grillo parlante
Scuole di nuovo chiuse di Giovanni Solimine
M
entre scrivo (14 marzo 2021) quasi tutta l’Italia si appresta ad entrare in zona rossa e tutte le scuole stanno per chiudere. In questo momento non sappiamo per quanto tempo, ma c’è il sospetto che scivoleranno lentamente verso la fine dell’anno scolastico, mentre nelle prime dichiarazioni dopo il loro insediamento il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi avevano ipotizzato un prolungamento delle lezioni fino a tutto giugno, in modo da recuperare le attività didattiche perdute o effettuate a singhiozzo nei primi mesi dell’anno scolastico. Invece, a distanza di un anno dal primo lockdown, ci risiamo. Con l’angoscia nell’animo, con tanta stanchezza in più, col timore che le varianti rimettano in discussione i ritrovati della ricerca medica e il risultato dei sacrifici fatti e da fare, con la speranza che un piano vaccinale efficace ci aiuti ad uscire gradualmente da questa situazione, ma solo verso l’autunno prossimo. Sugli effetti che tutto questo avrà sulla scuola e su un’intera generazione di studenti – in termini di costi sociali ed economici, ma innanzi tutto umani e personali (tanto per fare un esempio, pare che sia salita al 30% la percentuale di adolescenti che soffre di disturbi nei comportamenti alimentari) – si è scritto tanto, ed io stesso vi ho proposto qualche riflessione sul tema (Scuola risorsa sociale, nel n. 8 del 2020). Forse è poco prudente dedicare questo numero della rubrica a una questione totalmente avvolta nell’incertezza: è come scrivere sulla sabbia. C’è il serio rischio che quando i lettori avranno questo fascicolo tra le mani la situazione sia completamente diversa, speriamo in meglio, rispetto ai sentimenti che si provano in questo momento. Sarebbe meglio tacere,
66 Pepeverde n. 10/2021
anche perché non ho nulla di originale o di particolarmente intelligente da aggiungere, eppure ci torno su, almeno per manifestare l’amarezza per ciò che poteva e doveva essere fatto ed invece negli anni passati e
in quest’ultimo anno si è trascurato di fare e, cosa più importante, per dire qualcosa su una situazione che è talmente grave da andare al di là della contingenza e da meritare di restare in evidenza. Per ancorarci al-
l’oggetto di questa rivista e per usare una metafora letteraria, possiamo dire che le cose di cui qui si discute non sono una novità o un instant book, ma un classico che non perde mai di attualità. L’interruzione della didattica in presenza riporta alla memoria i dati tante volte citati nei mesi scorsi e in particolare la discrasia che può essere riassunta in due “famiglie” di indicatori statistici: da una parte, il nostro sembra essere un paese che utilizzi intensamente il digitale (sono attive connessioni mobili pari al 128% sulla popolazione, il 68% degli italiani è presente sui social media, il 93% degli utenti di internet usa uno smartphone, spendiamo mediamente 6 ore e mezzo al giorno su Internet e quasi 2 ore sui social network, l’85% usa YouTube e WhatsApp), ma al tempo stesso tre famiglie su quattro non dispongono di un computer fisso in casa e solo una su due ha un computer portatile e una su tre ha un tablet; in 1.200 Comuni italiani ci sono problemi con uno o più operatori di telefonia mobile; in ben 3 comuni montani su 4, meno del 40% delle abitazioni è servito dalla banda ultra larga; quasi 5 milioni di cittadini ancora non vedono i canali del servizio pubblico Rai. Nel momento in cui la connessione alla rete diviene un requisito indispensabile per lavorare e studiare, per vivere la dimensione comunitaria, le disuguaglianze rimangono profonde e si allargano. Cristo si è fermato, ma non solo ad Eboli: non è andato oltre le tante Eboli rappresentate dalle periferie urbane, dai piccoli centri, dalle “periferie esistenziali” della povertà educativa, dalla esclusione sociale, della negazione degli elementari diritti di cittadinanza per giovani o adulti che vivono ai margini della rete e della knowledge society.
LE SCHEDE
Carissimi Espositori, Visitatori, Partner e Amici, è con grande rammarico che BCBF comunica la cancellazione della fiera in presenza per l’edizione 2021. Posticipare a giugno la fiera, con le sue iniziative Bologna Licensing Trade Fair e la nuovissima BolognaBookPlus, non è bastato; la situazione pandemica globale, purtroppo, non è ancora migliorata tanto quanto ottimisticamente avevamo sperato. Dobbiamo quindi rimandare ancora l’incontro a Bologna con i nostri espositori e la splendida comunità di professionisti che si ritrova ogni anno nei nostri padiglioni. Ma ci ritroveremo online!
Yunus: diritto alla vita dignitosa; Claudette Colvin, Nelson Mandela e Martin Luther King: lotta contro il razzismo, l’apartheid e la negazione dei diritti degli afroamericani in Usa; Emmeline Pankhurst e Emily Davison: diritto di voto alle donne; Yuying Shi: diritto all’integrazione dei disabili; Malala Yousafzai: diritto allo studio; Miloud Oukili: diritto all’eliminazione della miseria e allo sfruttamento dei bambini. I singoli racconti, ricchi di dialoghi, sono scritti in modo da rendere gradevole e, oseremmo dire, addirittura divertente la lettura. Lorenzo Mari
Siamo pronti a concentrare tutte le nostre energie sulla creazione della seconda edizione di BCBF online, per offrire alla nostra community un programma di eventi e attività più articolato che mai, arricchito anche dalle iniziative di BolognaBookPlus. E per editori ed agenti, è pronta per il lancio la nuova versione della piattaforma Global Rights Exchange, con tante nuove funzionalità e una sezione dedicata al mondo del licensing.
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https://www.bolognachildrensbook fair.com/home/878.html
Non cancellate le date dall’agenda, dunque: ci vediamo online dal 14 al 17 giugno! E nell’attesa, non perdete le iniziative in programma già in queste settimane.
Paola Zannoner IL RITRATTO Giunti, Firenze, 2021 pp. 270, € 17 Young adult Questo libro è un omaggio alla città di Firenze, all’arte, all’amore, all’intelligenza che non smette di cercare risposte. Palazzo Pitti con le sue straordinarie opere d’arte, il magnifico dipinto La velata di Raffaello sono il cuore pulsante di tutta la storia. Intorno a questo ritratto si sviluppa un mistero avvincente e si intrecciano i fili di un amore speciale, una intesa misteriosa fatta
di attrazione, ma soprattutto di una condivisione quasi surreale, che coinvolge la protagonista Silvia e l’affascinante coreano Doyun. Li accomuna il grande amore per l’arte e la dolorosa storia familiare, e i due giovani si lasciano andare a un sentimento singolare e inaspettato. La città di Firenze non è semplice sfondo della storia, ma protagonista di ogni vicenda narrata, con i suoi magnifici tramonti, i suoi profumi, il brusio del centro e il silenzio austero degli antichi palazzi. La narrazione che riguarda il “giallo” della storia è incalzante
e nervosa e acquista talvolta i tratti della spy story. La scrittura è sempre matura e brillante. Il romanzo è destinato a giovani adulti o adolescenti lettori forti. Paola Parlato
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