Pepeverde - Numero 10 Letture e letterature giovanili

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STUDI E RICERCHE

Un “Meridiano” su Rodari curato da Marcheschi

Da Gianni a Marcello la Fantastica che insegna a vivere di Franca De Sio

È appena trascorso il periodo delle celebrazioni per il centenario della nascita di Rodari e qualcosa in più, oltre alle sue filastrocche antologizzate a uso scolastico, è arrivato a un pubblico ampio: il «Meridiano» Mondadori a lui dedicato. Un parallelo tra le opere di Rodari e quelle di Marcello Argilli.

I

l volume, Opere di Gianni Rodari, curata da Daniele Marcheschi1, intende certamente aumentare il lustro e il valore dello scrittore di Omegna. Ne sarebbe stato soddisfatto? Si è più consapevoli, ora, dell’obiettivo che Rodari, e non solo lui, si proponeva di raggiungere? Egli scriveva: «Tutti gli usi della parola a tutti mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo».2 Della parola e della scrittura “creativa”, Rodari ha certamente dimostrato l’importanza, ma non si deve dimenticare che egli ha inteso usarla a fini sociali e, si badi bene, non solo ad usum delphini, anche gli adulti dovrebbero usufruirne. Le tecniche di ispirazione surrealista che egli raccontava di aver appreso appena diciottenne gli facevano produrre uno «stemperino», uno «staccapanni» 3 e altri strumenti immaginari per raddrizzare, metaforicamente, le storture del mondo; la sua Fantastica creava un particolare genere di romanzo, che chiamerei social-fantastico, il quale traeva origine dall’osservazione di reali strutture sociali: istituzionali, economiche, politiche; le cui criticità ven-

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vano fiabescamente rappresentate e risolte. «Le fiabe sono vere» scriveva Calvino4, e fanno luce sul reale. Ciò che Rodari affermava era che la fantasia e la creatività sono essenziali per scuotersi dalla passività, dall’inedia e dalla paura, per immaginare nuove strade, per risolvere problemi, per migliorare le situazioni, per affrancarsi dall’arida e dannosa conservazione dello status quo. L’invocazione «La fantasia al potere!», di sessantottina memoria, non ottenne grandi risultati forse perché i

giovani di allora all’esercizio di quella fantasia non erano stati sufficientemente formati? Quanto Rodari tenesse a rendere possibile quella formazione si legge anche nella Grammatica della fantasia: «La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni.» Perciò Rodari invita a studiare, consiglia letture: di Arthur J. Cropley (La creatività, La Nuova Italia, Firenze, 1969) critica la visione utilitaristica; rimanda all’antesignano T. Armand Ribot (Essai sur l’imagination creatrice, Paris, Alcan, 1900); per attualizzare e chiarire il concetto indica Marta Fattori (Creatività e educazione, Laterza, Bari, 1968); soprattutto descrive come particolarmente importante la «conquista» esposta dal «militante» Movimento di Cooperazione Educativa (La creatività nell’espressione, quaderno di Cooperazione Educativa, La Nuova Italia, Firenze, 1972). I ragazzi che Rodari voleva educare alla creatività, ai quali si rivolgeva con i vari Cipollino e Gelsomino, Paolo e Rita (La torta in cielo), protagonisti dei suoi romanzi social-fantastici, facevano riferimento ad ambienti e personaggi fiabescamente moderni e al contempo venivano a contatto, forse per la prima volta consapevolmente, con i concetti di struttura sociale, di organizzazione del lavoro, di capitalismo e socialismo, di forze economiche


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