I DONI DELLA NATURA: Le piante Alimurgiche di Manuela Mainò Presidente di AVO Trasimeno con la collaborazione dei Volontari
sociale Centro Servizi per il Volontariato Umbria
Quaderni del volontariato CESVOL UMBRIA EDITORE 2021
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Quaderni del volontariato 15
Edizione 2021
Cesvol Centro Servizi Volontariato Umbria Sede legale Via Campo di Marte n.9 06124 Perugia tel 075 5271976 www.cesvolumbria.org editoriasocialepg@cesvolumbria.org
Edizione ottobre 2021 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Immagini di Maria Teresa Della Rosa Stampa Digital Editor - Umbertide
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ISBN
9788831491228
I QUADERNI DEL VOLONTARIATO UN VIAGGIO NEL MONDO DEL SOCIALE PER COMUNICARE IL BENE I valori positivi, le buone notizie, il bene che opera nel mondo ha bisogno di chi abbia il coraggio di aprire gli occhi per vederlo, le orecchie e il cuore per imparare a sentirlo e aiutare gli altri a riconoscerlo. Il bene va diffuso ed è necessario che i comportamenti ispirati a quei valori siano raccontati. Ci sono tanti modi per raccontare l’impegno e la cittadinanza attiva. Anche chi opera nel volontariato e nell’associazionismo è ormai pienamente consapevole della potenza e della varietà dei mezzi di comunicazione che il nuovo sistema dei media propone. Il Cesvol ha in un certo senso aderito ai nuovi linguaggi del web ma non ha mai dimenticato quelle modalità di trasmissione della conoscenza e dell’informazione che sembrano comunque aver retto all’urto dei nuovi media. Tra queste la scrittura e, per riflesso, la lettura dei libri di carta. Scrivere un libro per un autore è come un atto di generosa donazione di contenuti. Leggerlo è una risposta al proprio bisogno di vivere il mondo attraverso l’anima, le parole, i segni di un altro. Intraprendendo la lettura di un libro, il lettore comincia una nuova avventura con se stesso, dove il libro viene ospitato nel proprio vissuto quotidiano, viene accolto in spazi privati, sul comodino accanto al letto, per diventare un amico prezioso che, lontano dal fracasso del quotidiano, sussurra all’orecchio parole cariche di significati e di valore. Ad un libro ci si affeziona. Con il tempo diventa come un maglione che indossavamo in stagioni passate e del quale cerchiamo di privarcene più tardi possibile. Diventa come altri grandi segni che provengono dal passato recente o più antico, 3
per consegnarci insegnamenti e visioni. Quelle visioni che i cari autori di questa collana hanno voluto donare al lettore affinché sapesse di loro, delle vite che hanno incrociato, dei sorrisi cui non hanno saputo rinunciare. Gli autori di questi testi, e di tutti quelli che dal 2006 hanno contribuito ad arricchire la Biblioteca del Cesvol, hanno fatto una scelta coraggiosa perché hanno pensato di testimoniare la propria esperienza, al di là di qualsiasi tipo di conformismo e disillusione Il Cesvol propone la Collana dei Quaderni del Volontariato per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cittadinanza attiva e dei suoi protagonisti attraverso la pubblicazione di storie, racconti e quant’altro consenta a quel mondo di emergere e di rappresentarsi, con consapevolezza, al popolo dei lettori e degli appassionati. Un modo di trasmettere saperi e conoscenza così antico e consolidato nel passato dall’apparire, oggi, estremamente innovativo. Salvatore Fabrizio Cesvol Umbria
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I DONI DELLA NATURA: Le piante Alimurgiche
di Manuela Mainò Presidente di AVO Trasimeno con la collaborazione dei Volontari
TRASIMENO
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INDICE Premessa p.7 Introduzione p.11 Un po’ di storia dell’alimurgia
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Romice - Rumex p.14 Piantaggine - Plantago p.17 Ortica- Urtica Dioica p.20 Amaranto - Amaranthus p.21 Buon Enrico: lo spinacio selvatico e il farinello
p.26
Bardana - Actium Lappa
p.29
Saponaria – Saponaria Officinalis
p.32
Portulaca – Portulaca Oleracea
p.35
Cardo Mariano – Cardus Marianum
p.37
Consigli pratici per la raccolta delle piante
p.39
Proverbi del contadino p.41 Ringraziamenti p.43 Bibliografia p.44
Nonostante la massima cura posta nella redazione di questo testo, non ci assumiamo nessuna responsabilità per le informazioni fornite in queste pagine. Si consiglia di consultarsi con persona qualificata per avere informazioni precise ed esaustive. 6
PREMESSA Queste pagine sono frutto di un’esperienza avuta, come associazione, a fine estate del 2020. Il servizio AVO, causa pandemia in corso, era stato sospeso in tutta Italia e noi volontari cercavamo una soluzione alternativa alla nostra prestazione senza perdere di vista il dono di sé, l’esserci e l’ascolto. Per AVO Trasimeno l’occasione si presentò conoscendo Mariella Morbidelli presidente de “Il laboratorio del cittadino”. Un ringraziamento va a questa signora che, con le sue competenze, ci ha dato l’opportunità di avere una bellissima esperienza. Il gruppo dell’Associazione Volontari Ospedalieri Trasimeno ha iniziato così ad essere presente tutti i venerdì pomeriggio, nei mesi di Luglio e Agosto, all’Hortus, che è un piccolo orto botanico/giardino, situato nella parte centrale di Castiglione del Lago. Essere lì con il caldo estivo sembrava un problema ma l’ombra di due tigli secolari ci dava frescura. L’afa sembrava fare da padrona ma la brezza che veniva dal lago sottostante la mitigava. L’AVO ha accolto in questo spazio verde tante persone che volevano vedere le piante e sapere i nomi e le qualità delle stesse. Sono venuti a trovarci anche dei gruppi di bambini dei centri estivi, persone con disabilità che hanno trovato in questo luogo uno spazio in cui essere liberi di potersi esprimere, colorando ceramiche o dipingendo foglie sotto l’occhio vigile dell’insegnante 7
Alida Mezzetti. La curiosità più grande, da parte dei visitatori, era però sempre il voler sapere l’identità delle varie erbe, riconoscerle dal fiore, dalle foglie, dall’odore e se erano commestibili. Ho ricordi abbastanza vividi di quando seguivo la mia nonna paterna nelle sue “passeggiate” per i campi, lei portava un enorme grembiule e teneva nella mano destra una piccola falce ricurva che non era proprio una falce ma un incrocio tra un coltello da innesto e una piccola roncola. Mia nonna spesso si curvava, tagliava alcune piante verdi, dicendomi il nome dialettale, le raccoglieva e le metteva nel grembiule. Seguendo questa scia di ricordi ho continuato a coltivare questo argomento attraverso corsi, incontri e libri, fino ai giorni nostri, ma ritornando a mia nonna e a tutti quelli che avevano vissuto la guerra, ho elaborato, che il raccogliere le erbe di allora non erano proprio “passeggiate” ma sostentamento per la famiglia. Da questa riflessione e dopo averne parlato con i volontari, che hanno accettato con entusiasmo, sono nate le nostre chiacchierate sull’ALIMURGIA. Buona lettura! Manuela Mainò Presidente di AVO Trasimeno
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“Non vediamo le cose come sono, ma vediamo le cose come siamo...” Carl Gustav Jung
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INTRODUZIONE “Le erbacce sono semplicemente delle piante di cui non abbiamo ancora imparato a conoscere le virtù. Quello che la nostra mano oggi strappa e butta via, in futuro, diventerà vitale”. Ralph Waldo Emerson (Saggista e poeta americano) Il regno vegetale Fin dagli albori della nostra specie, le piante sono state il fondamento dell’alimentazione umana. I vegetali, a differenza di tutte le altre specie viventi, sono autotrofi, cioè si “autonutrono”: basta che dispongano di acqua, sostanze minerali, ossigeno, anidride carbonica e luce solare come fonte di energia, perché possano sopravvivere e perfino prosperare, senza dipendere in alcun modo da altri organismi. Per questa ragione, le piante hanno sviluppato una struttura semplice ed economica, utile a garantire loro l’autosufficienza. Le radici penetrano nel suolo per raggiungere le riserve stabili di acqua e minerali, le foglie sviluppano la massima superficie per catturare la luce e scambiare sostanze con l’aria, gli steli sostengono le foglie e le mettono in comunicazione con le radici. Anche la loro riproduzione è elementare: il polline trasportato dal vento o dagli insetti impollinatori, feconda l’ovulo, dal loro contatto nascono i semi, che una volta caduti al suolo, contendendosi tra loro le risorse della terra, germogliano in una nuova vita. 11
In un ecosistema la vegetazione riveste un ruolo di primaria importanza. Il mondo verde è una risorsa energetica essenziale per una miriade di forme di vita e per la vita sulla terra. Le piante spontanee, in particolare sono, tra le fondamentali protagoniste degli ecosistemi locali. Se all’interno di un ecosistema una specie si riduce, scompare, oppure viene introdotta, gli equilibri naturali dell’intera comunità biotica ed abiotica vengono alterati, provocando notevoli conseguenze non sempre prevedibili e, a volte, irreversibili. Il nostro compito sarà quello di introdurre il lettore in una parte di queste risorse vegetali in modo semplice e scorrevole, affinché si prenda consapevolezza di un mondo poco conosciuto: l’Alimurgia. I Volontari di AVO (Associazione Volontari Ospedalieri) Trasimeno
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UN PO’ DI STORIA SULL’ALIMURGIA L’essere umano, comparso sulla terra tantissimi anni fa, ha trascorso gran parte del suo tempo vissuto a raccogliere erbe e frutti spontanei sviluppando una profonda conoscenza del territorio e delle sue risorse. La raccolta e il consumo delle piante spontanee e commestibili hanno rappresentato una fonte di sopravvivenza anche dopo la nascita dell’agricoltura. La storia ci ricorda il passaggio di molte carestie e le vittime principali erano sempre il basso ceto, il popolo meno abbiente, i contadini, insomma sempre i più poveri. Il popolino sopravvisse grazie all’arte alimurgica che aveva fatto propria per necessità. Nel 1763, il medico e naturalista italiano Giovanni Targioni Tozzetti (Firenze 1712.1783) scrisse il testo “De Alimenti Urgentia”, ossia: Alimurgia, modo di render meno gravi le carestie proposto per il sollievo dei poveri. Il testo codificò ufficialmente a quella branca della fitoterapia, la fitoalimurgia (etimologia: phyton-pianta, alimos-che toglie la fame, ergon-lavoro, attività) che si occupa della conoscenza e dell’utilizzo delle piante alimurgiche, cioè delle piante selvatiche, spontanee e commestibili. Nel 1767, Giovanni Targioni Tozzetti pubblica il suo Tomo Primo che verrà presentato all’Altezza Reale Serenissima Granduca di Toscana Pietro Leopoldo, ricordato come l’Innovatore, proprio perché favorevole a cambiamenti e trasformazioni. Si ricorda di Pietro Leopoldo l’abolizione della pena di morte e la costruzione di case contadine, dando così possibilità igienico-sanitarie migliori a questa povera gente che fino ad allora dormiva in giacigli occasionali o sulla nuda terra. Ancora oggi, si possono ammirare queste costruzioni nelle campagne toscane chiamate appunto “Leopoldine” in onore del Granduca di Toscana. 13
ROMICE - Rumex
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ROMICE - Rumex Questa pianta ha più di 200 specie, le più comuni sono: -
Rumex acetosa = Acetosa maggiore
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Rumex Crispus = Romice crespo
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Rumex Scutatus = Romice scudato o Acetosa romana
Cresce ovunque, anzi è considerata infestante per le colture intensive, considerata spesso un’ erbaccia, invece non è così. È una pianta erbacea perenne, alta fino ad un metro e i fiori crescono in pannocchie di colore rosso bruno. Il Romice è ricco di ferro, quindi è valido come ricostituente antianemico, utile per far aumentare i globuli rossi e l’emoglobina nel sangue, parallelamente esercita azione lassativa. Secondo i medici, sarebbe utile nei trattamenti ricostituenti perché contrasterebbe con l’azione costipante intestinale dei derivati del ferro. Per uso esterno viene usato come cicatrizzante per piccole ferite e allevia piccole infiammazioni. Le foglie giovani colte da Aprile a Giugno, sono ottime per frittate, zuppe o minestre. Il succo è utile per eliminare le macchie e pulire l’argento. In cucina Vellutata di romice – 200gr di romice, 2 grosse cipolle, 40 gr di burro, mezzo litro di brodo, 50 gr di farina, mezzo litro di latte, sale, pepe, zucchero q.b., grana grattugiato q.b. Pulire e lessare le foglie di romice due volte, asciugare con carta assorbente, farle a pezzetti. Tagliare anche le cipolle e porre nel brodo e far bollire per circa 30 minuti. Scolare e 15
poi rimettere cipolla e romice nel tegame di cottura, diluire con il latte, nel quale è stata sciolta la farina. Unire il burro, salare e pepare, aggiungere mezzo cucchiaino di zucchero e continuare la cottura. Servire la vellutata con parmigiano grattugiato.
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PIANTAGGINE - Plantago
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PIANTAGGINE - Plantago La Piantaggine è meglio conosciuta come Cinquenervi, per le nervature delle foglie oppure Orecchie di Lepre, per la conformazione della foglia che è allungata come le orecchie del lepre. Non ha fusto e le sue foglie sono glabre. Ha proprietà astringenti a livello intestinale, stimola la diuresi e lenisce il mal di gola. La Piantaggine è anche antipruriginosa infatti è ricercata dalle case farmaceutiche come antidoto per le punture da insetti e anche per uso oftalmico. I semi chiamati Psyillio (pulce) sono ricchi di mucillagini quindi agiscono come lassativo ma se ingeriti a dosi elevate possono provocare stitichezza. In passato veniva accostata alla Mandragora e alla Belladonna come pianta magica e veniva utilizzata dai maschi che soffrivano di circolazione e di disturbi genitali, per migliorare le loro prestazioni con le femmine. Le nostre nonne raccoglievano la pianta per farla mangiare ai conigli, animali noti per la facilità con cui si ammalavano agli occhi, e con questa erba, a livello oftalmico, non avevano più problemi. Il nome significa “piede dell’uomo bianco” alludendo ai semi della pianta, che sono stati diffusi ovunque in epoca coloniale, trasportati dagli europei nei risvolti dei pantaloni. In cucina Polenta con Piantaggine - In una padella a bordi alti, mettere ad appassire un cipolla tagliata a fettine sottili con del buon olio d’oliva. Pulire e lavare 15/20 foglie di piantaggine e dopo averla 18
sminuzzata aggiungerla alla cipolla in modo che si cuocia un po’, aggiustare di sale e a metà cottura, unire la polenta, anche quella precotta va bene. Continuare a far cuocere la polenta girandola lentamente con un mestolo rigorosamente di legno, aggiungendo acqua calda al bisogno. Servire con una bella manciata di parmigiano grattugiato e, se necessario un po’ di olio di oliva a crudo sopra la pietanza. Se di gradimento, si possono usare anche delle spezie per condire, come pepe, peperoncino o paprika.
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ORTICA - Urtica dioica
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ORTICA - Urtica dioica L’ortica è un’erba infestante e irritante ma ricca di proprietà medicamentose, è la più conosciuta tra le erbe per il sostentamento. Si può raccogliere tutto l’anno perché nasce un po’ dappertutto, anzi si impara ad evitarla per le sue fastidiosissime irritazioni urticanti. Ha un sistema difensivo che scatta all’avvicinarsi di ogni essere animato. La pianta è ricoperta di peli che solo allo sfioramento si staccano iniettando il proprio veleno nella pelle del malcapitato. Per lenire il bruciore si applica sulla parte dolorante del bicarbonato o del succo di acetosa. L’Ortica viene usata per curare la gotta e i reumatismi, ha qualità astringenti, rimineralizzanti, regolatrici dell’intestino. E’ ricca di vitamina A e C, magnesio, fosforo, potassio, calcio, rame e ferro. I decotti di ortica sono utili per abbassare glicemia e pressione, sono curativi dell’anemia e del flusso mestruale eccessivo. Il succo favorisce la crescita dei capelli. Veniva raccolta già dai Greci, prima dell’arrivo delle rondini, per esser utilizzata largamente in cucina. In cucina Tortino di ortiche - 800 gr di cime di ortica, 8 patate medie, 1 scamorza piccola, 1 uovo, noce moscata, olio di oliva, sale e pepe. Pulire e lessare le patate, lavare e scottare l’ortica in acqua per 4/5 minuti. Privare le patate della buccia e strizzare l’ortica, dopodichè passare patate e ortica nello schiacciapatate. 21
Aggiungere al composto l’uovo, la noce moscata, sale e pepe. Oleare e cospargere di pangrattato una pirofila, fare uno strato dell’impasto, ricoprire con fette di scamorza, stendere l’impasto rimanente sopra il letto di scamorza. Infornare il tortino a 200° gradi per 30 minuti. Servire caldo.
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AMARANTO - Amaranthus
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AMARANTO - Amaranthus Nella pianta di amaranto, i fiori molto piccoli appaiono in infiorescenze a forma di spiga che può raggiungere un’altezza di 15 centimetri. Essendo una pianta monoica, i semi maschili e femminili si trovano sulla stessa pianta e possono rimanere vitali nel terreno per molti anni. I semi di una sola pianta possono produrne fino ad un milione, anche se la media è di duecentomila. Oltre che nei campi coltivati, l’amaranto cresce nei prati e nei boschi, fino in alta collina. La raccolta è primaverile ma la pianta è viva per tutto il periodo autunnale. Proprietà e usi dell’amaranto Nell’antichità l’amaranto veniva usato come pianta medicinale, per via dell’alto contenuto di vitamina A, C, Sali minerali, calcio e ferro. Grazie a questi elementi astringenti e rivitalizzanti, si usava, ad esempio, in caso di emorragie intestinali o flusso mestruale abbondante. È comunque in cucina che l’amaranto trova i maggiori usi. Le sue foglie hanno un sapore molto delicato, simile a quello degli spinaci le migliori da cucinare sono quelle giovani. Anche il fusto è edibile quando è giovane, cioè quando non sono comparsi i fiori e viene usato come gli asparagi. Dai semi, essiccati e triturati , si ricava la farina di amaranto, che è ideale per chi è affetto da celiachia o desidera eliminare il glutine. Questa farina, infatti, è gluten free ed è piuttosto gustosa, ideale per torte, pane e biscotti. Le foglie è bene usarle previa bollitura (anche due bolliture), perché è una pianta che sintetizza molto bene i nitrati, specie nei terreni coltivati e ricchi di azoto. È una pianta ricca anche di ossalati. I nitrati, dopo la cottura vengono espulsi e rimangono nell’acqua che non deve più essere utilizzata. 24
In cucina Involtini con foglie di amaranto - Far bollire due volte le foglie giovani di amaranto (per fare espellere bene i nitrati), asciugare bene e delicatamente con dei tovaglioli di carta. Per il ripieno si può utilizzare cous cous oppure del riso dai chicchi piccoli. In una padella mettere due cucchiai di olio d’oliva, aggiungere una cipolla tagliata sottile, il prezzemolo, i pomodorini, la menta, sale e peperoncino. Far appassire il tutto e in ultimo aggiungere il riso o il cous cous cotto precedentemente. Con l’impasto così ottenuto riempire le foglie di amaranto, arrotolare le stesse e fissare con uno stecchino. Disporre gli involtini in un piatto da portata e condire con olio evo e limone.
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BUON ENRICO Chenopodium Bonus Enricus – Chenopodium album
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BUON ENRICO: LO SPINACIO SELVATICO E IL FARINELLO Chenopodium Bonus Enricus – Chenopodium album Il Buon Enrico è una piantina molto comune nota anche con il nome di spinacio selvatico. Il Buon Enrico è stato un alimento fondamentale per i nostri antenati, soprattutto durante le carestie del XVI e del XVIII secolo, ma era utilizzato anche per scopi non alimentari. Le nostre nonne, ad esempio, lo usavano per preparare tinture per capelli e per lucidare paioli di rame, facendone bollire alcune foglie al loro interno. Etimologia: Il nome scientifico Chenopodium deriva dal greco chen(=oca) e pous (=piede) e significa piede d’oca, infatti le foglie richiamano ad una zampa palmata. Il nome Buon Enrico sembra si riferisca al Re Enrico IV di Navarra, soprannominato Bon Henry, poi eletto protettore dei botanici per il grande impegno messo nel rilanciare lo sviluppo agricolo del suo regno. Si narra infatti che, durante un periodo di carestia, il monarca permise al suo popolo di cibarsi delle bacche e delle erbe spontanee del suo giardino reale. Il Buon Enrico cresce tra i 500 e i 1200 metri, su terreni incolti ma ricchi di sostanze nutritive. Le foglie sono di colore verde scuro. Suo cugino, il Farinello, presenta nella pagina inferiore, a stropicciarla, una leggera polverina bianca tipo farina, da cui prende il nome. La raccolta va da marzo a luglio. Le foglie del farinello possono essere lessate e usate come gli spinaci, per ripieni e per frittate. Essendo ricco di sali minerali, saponina e vitamina C, il Buon Enrico, come il Farinello, sono degli ottimi antianemici e depurativi. È sconsigliato invece a chi soffre di disturbi renali 27
ed epatici, di artrosi e reumatismi. Le foglie fresche invece, possono essere applicate sugli ascessi, sulle scottature e sulle ferite, per accelerarne la guarigione. In cucina Ravioli ‘gnudi’ - Raccogliete 500/600 grammi di buon Enrico e/o Farinello, mondate, lavate e strizzate la verdura, saltatela in padella con la propria acqua e mettete da parte. Su una ciotola sbattete un uovo a cui aggiungerete 100 gr. di parmigiano grattugiato, un cucchiaio di pangrattato, una spolverata i noce moscata e 200 gr. di ricotta. Amalgamate il tutto. Sminuzzate il Buon Enrico e/o il Farinello e mescolatelo all’impasto precedente. Quando tutto si è compattato fatene delle palline, infarinatele e gettatele nell’acqua a bollore e salata. Bastano pochi secondi e gli ‘gnudi’ vengono a galla, scolateli e conditeli con olio evo e salvia.
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BARDANA - Arctium Lappa
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BARDANA - Arctium Lappa La Bardana è una pianta biennale, il suo nome Arctium (orso) e lappa (attaccare), deriva dal greco e vuol dire che i suoi fiori ispidi e uncinati si attaccano agli abiti o ai peli degli animali. Proprio per queste proprietà sembra aver ispirato l’invenzione del velcro. Da secoli, la Bardana è nota come rimedio naturale principe per la cura di tutte le malattie della pelle, in particolare per l’acne. È utile per alleviare dermatiti, svolge una preziosa azione antiforfora per i capelli e può essere d’aiuto per la psoriasi. La Bardana è disintossicante, antibatterica, antiossidante, antinfiammatoria, diuretica, sudorifera e cicatrizzante. La bardana è una pianta amica della pelle, ottima per chi vuole purificare il viso, può essere applicata su pelli miste, tendenzialmente grasse, che presentano impurità. Favorendo il processo di eliminazione dell’infiammazione e cicatrizzazione, questa pianta dà un notevole e antisettico aiuto per l’acne. Conosciuta fin dall’antichità come pianta medicinale, in Giappone, la Bardana viene considerata un ortaggio commestibile e viene utilizzata come ingrediente per diverse ricette. In cucina Crocchette di bardana - Ingredienti: 6 pugni di radici di bardana, 1 cipolla, prezzemolo tritato q b, 1 uovo, pangrattato, 100gr. di burro vegetale, olio evo, sale e pepe. Pulite le radici di bardana, tagliatele a fette. Mettete le radici a bollire in acqua fredda e portate a ebollizione. A questo punto salate e fate cuocere 25 minuti finché le radici saranno morbide e ben cotte. Scolate le radici e passate con il passaverdure aggiungendo 30
sale e pepe. Nel frattempo mettete a rosolare il burro e la cipolla finemente tritata in un tegame fino a quando non saranno dorati. Spegnete il fuoco, lasciate raffreddare, unite poi il soffritto al passato di bardana, continuate a mescolare e incorporate pangrattato, uova e prezzemolo. Quando il composto sarà omogeneo formate delle polpettine di media grandezza, ripassatele nel pangrattato e friggete nell’ olio ben caldo.
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SAPONARIA – Saponaria Officinalis
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SAPONARIA – Saponaria Officinalis Questa pianta non è commestibile come le altre, tuttavia parlarne rientra nell’ambito di queste “chiacchierate” perché veniva e viene usata per vari scopi. La Saponaria è una pianta perenne che prende il suo nome dalle saponine presenti sulla parte radicale della pianta. Essa è originaria dell’Europa (anche se si può trovare in Siberia e in America) e cresce formando una sorta di cespuglio, infatti è impiegata per coprire muretti a secco, zone spoglie del giardino e si può osservare anche in natura. Questa pianta si moltiplica con facilità attraverso semi, talee o utilizzando i cespi dell’anno ed è molto resistente. Malattie e usi La saponaria è una pianta che solitamente non è attaccata da parassiti o sulla quale insorgono malattie specifiche. I principi attivi presenti nella Saponaria permettono alla stessa di avere innumerevoli usi in tantissimi campi. Questi esemplari sono costituiti da saponine, resine, mucillagini, flavonoidi, vitessina, gomma e vitamina E, possiedono quindi proprietà diaforetiche, depurative, colagoghe, diuretiche. Fare attenzione all’uso perché può dare reazioni molto gravi per la salute. Dalla saponaria è possibile ricavare dei detergenti per l’igiene personale, per il restauro, per il lavaggio delle stoffe, etc. In campagna, nei pressi di ogni casa contadina, cresceva questa pianta e i nostri nonni la usavano, una volta secca, assieme alle radici. Serviva per le pulizia delle stoviglie e come lucidante per brocche e conche di rame. La pianta veniva triturata, battuta e conservata in vasi di vetro o coccio.
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PORTULACA – Portulaca Oleracea
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PORTULACA – Portulaca Oleracea La portulaca (portulaca oleracea) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Portulacacee. Nelle regioni italiane è conosciuta con nomi diversi: porcellana o erba grassa in Lombardia, porcacchia nel Lazio e nelle Marche, precacchia in Abruzzo, soltanto per citare alcuni esempi. Era conosciuta come pianta medicinale già nell’antico Egitto e le sue origini sono probabilmente asiatiche. Nei Paesi Arabi e nel Mediterraneo veniva coltivata fin dal Medioevo. Ora, purtroppo, in Italia viene considerata erbaccia o erba infestante di orti o di giardini da chi non la sa riconoscere e non è al corrente delle sue infinite proprietà benefiche. In Cina viene usata per curare malattie digestive e del fegato. Dalla portulaca si possono trarre benefici per: diarrea, vomito, digestione, depurazione, ipoglicemia, emorroidi. Le foglie servono per impacchi, per punture d’insetto, acne o eczema. E’ buona anche in cucina, per il pesto, per un sugo con pomodorini, per fare insalatine varie come la misticanza. In cucina Portulaca sott’aceto - Una tazza da colazione colma di portulaca, 100 ml di acqua, 100 ml di aceto di mele, 1 spicchio d’aglio, semi di finocchio, 3 cucchiai di sale grosso integrale. Pulire, lavare e sminuzzare la portulaca, stenderla su di un piatto e cospargerla di sale grosso. In un pentolino mettere a bollire acqua e aceto, lo spicchio d’aglio per 10 minuti, dopodiché tamponare con carta assorbente i rametti della verdura e posizionarli nel vasetto di vetro con ordine, riempire 35
con il liquido bollente, aggiungere i semi di finocchio e chiudere. Aspettare che l’acqua si freddi e faccia il sottovuoto. Aspettare almeno una settimana prima di aprire il barattolo ed una volta aperto, conservare in frigo.
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CARDO – Cardus Marianum
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CARDO MARIANO – Cardus Marianum È una pianta rustica che nasce tra i ruderi, ai bordi delle strade, nei prati e nei pascoli, più difficilmente si trova al Nord. Di questa pianta non si spreca nulla, si possono utilizzare sia la radice che i germogli o i semi. Il cardo è un antenato del carciofo. Certo oggi il carciofo è molto più apprezzato per pinzimoni e insalate ma il cardo mariano è utilizzato sia in cucina che in erboristeria e spicca per le sue proprietà officinali. La pianta è nota nelle campagne, sin dai tempi antichi, per uso alimentare. Le foglie giovani si fanno in insalata, le radici e i capolini si cuociono in acqua con altri ortaggi. La pianta intera tritata si da al bestiame e gli uccelli gradiscono i suoi semi. Il Cardo Mariano possiede principi attivi molto efficaci per l’apparato cardio-vascolare e per la funzione epatica. Le foglie sono grandi e terminano con una spina gialla, vicino alle nervature presentano delle macchie bianche che, secondo la leggenda, sono gocce di latte della Madonna, cadute dal suo seno quando fuggiva per sottrarre Gesù a Erode. In cucina Insalata di cardo e salmone - Raccogliere dal cuore del cardo le foglie giovani, privarle delle spinette laterali e immergerle in acqua acidulata al limone e sale. Stendere in un piatto da portata delle fette di salmone affumicato norvegese che ha un sapore più intenso e sapido. Togliere le foglie di cardo dall’ammollo, asciugarle bene e sminuzzarle. Comporre il piatto adagiando la verdura sopra le fette di salmone affumicato. Condire con del buon olio d’oliva e semi di papavero. Se occorre si può aggiungere sale, limone e pepe.
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CONSIGLI PRATICI PER LA RACCOLTA DELLE PIANTE -Non raccogliete le piante nei terreni posti in vicinanza di fonti d’inquinamento quali discariche o fabbriche che scaricano gas e polveri nell’aria, né ai bordi delle strade, autostrade o dove sono stati usati pesticidi. -Non raccogliete più di quanto è necessario, ma un quantitativo sufficiente per l’uso proprio o familiare. -Scegliete le piante più sane, soprattutto prive di uova o altri residui di parassiti. Un vegetale florido si riconosce per la rigogliosità delle sue inflorescenze e per la vivacità di colore del suo fogliame. -Lasciate in loco sempre più di qualche esemplare della pianta raccolta, per garantire la riproduzione della specie. -Non raccogliete le erbe che non conoscete più che bene, potrebbero assomigliare a altre erbe commestibili e non esserlo. -Non danneggiate le piante raccolte mettendole in sacchi di plastica; per riporle, procuratevi un cestino di vimini o munitevi di un grembiule di panno, borse di tela o carta affinché i semi non trasudino, possano cadere a terra e riprodursi. -Cercate di accompagnare la pianta mentre la raccogliete, senza sciupare le radici così può germogliare di nuovo. -La raccolta va effettuata nelle giornate asciutte e soleggiate. Né il mattino troppo presto, quando la pianta è ricoperta di rugiada, né nelle ore più calde della giornata, quando il raccolto potrebbe andare in fermentazione ed essere quindi soggetto a muffe, putrefazioni e surriscaldamenti. 39
-Il mattino è il momento più adatto, precisamente quando i primi raggi del sole hanno fatto evaporare dai fiori e dalle foglie le gocce di rugiada calate nella notte. -La raccolta avviene nel tempo balsamico, cioè quando la pianta ha il massimo di principi attivi, in genere dal mese di Marzo al mese di Settembre inoltrato.
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PROVERBI DEL CONTADINO “Non si faccia mai di ogni erba un fascio”. (È sbagliato generalizzare e trarre giudizi affrettati su persone, avvenimenti, cose di pochi dati o indizi). “Chi ha la salvia nell’orto ha la salute in corpo”. (il nome salvia viene dal latino “salvus” cioè che dà salvezza. È una pianta perenne con proprietà antibatteriche, antinfiammatorie della bocca e della pancia, sfiamma le gengive e fa bene anche per le vampate in menopausa). “Sulla soglia degli infelici l’erba mette le sue radici”. (Più una persona è sciagurata e triste, più la malasorte le si accanisce contro). “Malva e camomilla non devono mancare in nessuna famiglia”. (Le famiglie di una volta raccoglievano queste erbe e le custodivano essiccandole per usarle tutto l’anno). Il nome malva deriva dal latino e significa “molle”. È indicata per la stitichezza, in quanto bevuta sotto forma di tisana fa divenire molle l’intestino per poi aiutarlo a svuotarsi. Ha ottime proprietà antinfiammatorie per gola, prime vie respiratorie, ano ed emorroidi. “Il frumento rende più al mulino che alla greppia”. (I grani macinati al mulino sono per le persone, mentre fieno e paglia, appoggiati sulla greppia finiscono nella mangiatoia degli animali). In questo proverbio del passato si rimarca che l’uomo ha il diritto di sfruttare gli animali a proprio beneficio. “Cavar le castagne dal fuoco con la zampa del gatto”. (Cercare il proprio vantaggio esponendo altri a rischio. Tratto dalla favola di La Fontaine, dove una scimmia, per evitare di 41
scottarsi, convinse il gatto a togliere le castagne dalla brace). “Chi si vanta da solo non vale un fagiolo.” (L’individuo che elogia se stesso non ha nessun pregio). “Chi conosce la cicoria leva la palandrana al farmacista”. (I farmacisti farebbero molti meno affari se la gente utilizzasse più la cicoria, pianta con tante proprietà curative. Questa erba, sia spontanea che coltivata, è un alimento con pochissime calorie, ricchissima di Sali minerali quali potassio, calcio, ferro e vitamine A-B-C-J-K. Inoltre è importante per l’attività stimolante del fegato e dei reni, quindi disintossicante, diuretica e lassativa). “Sotto la luna marzolina, cresce subito l’insalatina”. (Seminare con la luna crescente di Marzo porta ad una buona crescita delle piante commestibili). “L’erba non cresce sulla strada maestra”. (La strada maestra è quella principale, la più percorsa e conosciuta ed in senso figurato è il modo di agire corretto che va seguito per raggiungere lo scopo desiderato senza particolari impedimenti). “Una mela al giorno toglie il medico di torno”. (Questo eccellente frutto dà molto benessere al nostro corpo, grazie a milioni di batteri che contiene, che vanno a colonizzare il nostro intestino per il suo benessere - riferimento Studi dell’Università di Graz in Austria -).
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RINGRAZIAMENTI Si ringraziano tutte le persone che hanno contribuito alla realizzazione di queste pagine. Ogni aiuto è stato importante, dalla ricerca delle ricette che provengono da varie pubblicazioni riportanti l’uso delle piante alimurgiche, alla ricerca dei proverbi e relativa spiegazione. Si ringrazia la pittrice Maria Teresa Della Rosa per la sua prestazione d’opera. I suoi acquerelli abbelliscono ed impreziosiscono le pagine di questo libro.
Maria Teresa Della Rosa ha iniziato ad appassionarsi all’acquerello, dopo la pensione. Ha frequentato un corso con il Professor Zucchero a Milano, per poi proseguire all’Università di Castiglione del Lago con il Maestro Andrea Baffoni. Maria Teresa è nata a Castiglione del Lago dove vive e opera.
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BIBLIOGRAFIA - SEGRETI E VIRTU’ DELLE PIANTE MEDICINALI – Selezione dal Reaader’s Digest –anno 1979 - LE CURE DI SANT’ILDEGARDA - La casa verde – Demetra – anno 1997 - LE ERBE – Fabbri Editore – anno 2007 - LE ERBE DELLA NONNA – la bottega della natura - De Agostini – anno 2006 - CONOSCERE LE PIANTE MEDICINALI – Andrea Lugli – ABOCA – anno 2010 - COME CURARSI CON LE SPEZIE – Barbara Braj – De Vecchi Editore – anno 2000 - ORTO BOTANICO ed ERBARIO – Università di Bologna. Articolo anno 2018 - FITOALIMURGIA: Fame, Insalate e dintorni. Maurizio Di Massimo- anno 2018
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"Le erbacce sono semplicemente delle piante di cui non abbiamo ancora imparato a conoscere le virtù. Quello che la nostra mano oggi strappa e butta via, in futuro, diventerà vitale". Ralph Waldo Emerson (Saggista e poeta americano)
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