VerdEtà 81 - Novembre 2021

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PANTERE GRIGIE PIETRO ROMANO ANZIANI-GIOVANI, SONO BANCOMAT AMARI

Gioventù e gioia di vivere, anzianità e malinconia (se non peggio) per ragioni di natura sono sempre andate a braccetto. Ma la situazione, con una inversione a 180 gradi di questi principi, sembra cambiata. Perlomeno in Italia. Già prima della diffusione del Covid gli studenti italiani erano tra i più depressi e angosciati del mondo. Una indagine internazionale – citando dati dell’Istat, l’istituto di statistica pubblico del nostro Paese – ha rilevato che nel 2019 oltre 800mila studenti (su poco più di otto milioni di ragazzi e giovani tra i 12 e i 25 anni) affermavano di vivere una situazione di disagio. La pandemia ha gettato benzina sul fuoco. Da una ricerca condotta nei principali Paesi del mondo dalla multinazionale della consulenza Deloitte scaturisce un quadro altamente preoccupante della condizione mentale dei giovani italiani, in particolare i cosiddetti Millennial (nati tra il 1983 e il 1994) e GenZ, nati tra il 1995 e il 2003. Questa analisi, infatti, sostiene che ai tempi del Covid si sono sentiti (e/o si sentono) stressati il 46 per cento dei Millennial italiani (contro il 41 per cento della media globale) e il 49 per cento dei GenZ, contro il 46 per cento della media globale. All’opposto, per paradosso, vanno le cose tra gli ultra65enni, assicura l’Osservatorio Tendercapital-Censis sulla Silver Economy. Benché il Covid abbia colpito soprattutto le persone oltre una certa età, quasi sette anziani su dieci assicurano di non aver sofferto di stress psicofisico a partire dal marzo 2020. E adesso che la pandemia sembra allentare la sua morsa sono pronti a ripartire, a ricominciare a vivere dopo lunghi mesi trascorsi più o meno tra le quattro mura, bombardati con notizie catastrofiche (soprattutto per gli anziani) da radio e tv. Dopo aver aiutato figli e nipoti, che per l’attuale mercato del lavoro spesso hanno guadagnato poco o niente durante il confinamento, ora sembrano anche meno prodighi. O, meglio, meno disposti a sacrificarsi per i più giovani. Quasi nove anziani su dieci si definiscono il bancomat di figli e nipoti, una definizione dalla quale non trasuda particolare gioia. Tanto più che oltre la metà dei giovani interpellati dall’Osservatorio concorda pienamente con gli anziani. Ma nel contempo una quota di loro ancora maggiore ritiene che lo Stato spenda troppo per i pensionati. Esiste il rischio che possa profilarsi una guerra tra generazioni? Speriamo di no. La politica deve di sicuro fare del proprio meglio per evitarlo, riformando alcuni strumenti di spesa a favore degli anziani. Siamo sicuri, però, che riducendo la portata dei rubinetti (effettivamente lasciati troppo aperti finora) della spesa pubblica per gli anziani non si riducano anche le entrate dei più giovani? Se gli anziani sono i bancomat dei giovani, come tutti convengono, tale bancomat potrebbe diventare molto meno generoso, ad esempio, sostituendo con l’erogazione di servizi l’attuale indennità di accompagnamento, qualcosa come 19 miliardi all’anno che costituiscono il piatto forte del cosiddetto welfare familiare. Perché, seppure è triste dirlo, il poco invidiabile (quasi) primato europeo detenuto dal nostro Paese di giovani che non lavorano, non studiano e non cercano di apprendere un’attività è probabilmente collegato anche alle risorse economiche che gli anziani elargiscono ai loro familiari. Meditate, giovani, meditate… 50 | VERDETÁ n° 81


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