Pomezia Notizie 2021_8

Page 1

5350ISSN 2611-0954

mensile (fondato nel 1973) Direzione e amministrazione: Via Fratelli Bandiera, 6 - Tel. 06/91.12.113 - 00071 POMEZIA (Roma) - Fondatore e Direttore responsabile: DOMENICO DEFELICE – e-Mail: defelice.d@tiscali.it – Attività editoriale non commerciale (art. 4, D.P.R. 26.10.1972 n. 633 e successive modifiche) - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 213/93 del 23/5/1993 - La collaborazione, sempre gratuita, in parte è libera, in parte è per invito. Ogni autore si assume la responsabilità dei propri scritti - Manoscritti, fotografie e altro materiale, anche se non pubblicati, non vengono restituiti - É ammessa la riproduzione, purché se ne indichi la fonte. Per ogni controversia, foro competente è quello di Roma. - Il mensile è disponibile su: http://issuu.com/domenicoww/docs/

Anno 29 (Nuova Serie) – n. 8

- Agosto 2021 -

N° 8 della Serie online

RAFFAELLA CARRÀ un’artista che tutto il mondo rimpiange di Isabella Michela Affinito OL suo cognome d’arte riconducibile ad uno dei massimi artisti italiani del Nord-Italia vissuto durante la prima metà del Novecento e poco più oltre, Carlo Carrà (1881-1966), maturato tra il futurismo e la metafisica di Alberto Savinio e di suo fratello Giorgio de Chirico, la straordinaria ballerina e cantante (e molto altro di più), soprattutto di canzoni latinoamericane, internazionale se non mondiale, Raffaella Carrà, ci ha lasciato ai primi di luglio di quest’anno per lo stesso male di cui era morta sua madre – tumore polmonare – Angela Iris Dell’Utri, scomparsa nel 1987 a sessantaquattro anni, aveva gestito una gelateria nella provincia di Rimini, a Bellaria. Raffaella avrebbe voluto fare l’attrice ‘a tempo pieno’ e la ricordiamo sicuramente accanto a Frank Sinatra nel film del 1965, Il colonnello Von Ryan; in tutto ha preso parte ad una trentina

C


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Pag. 2

All’interno: Fabio Dainotti: Ultima fermata, di Marina Caracciolo, pag. 4 Domenico Defelice Il disincantato della realtà, di Salvatore D’Ambrosio, pag. 6 Isabella Michela Affinito, Redenzione, di Antonio Crecchia, pag. 9 Le verità nascoste di Wilma Minotti Cerini, di Domenico Defelice, pag. 12 Simone Riva, L’uomo degli ori, di Giuseppe Leone, pag. 14 Fabio Strinati nei cinque sensi, di Lorenzo Spurio, pag. 16 In ricordo di Angela Castoldi, di Lia Giudici, pag. 19 Domenico Defelice, Le parole a comprendere, di Leone D’Ambrosio, pag. 23 Bene scripsisti…, di Italo Francesco Baldo, pag. 24 A Tango Tis Nefelis, di Leonardo Bordin, pag. 26 Le opere di Silvio Pellico, di Leonardo Selvaggi, pag. 27 Il Covid in fasce, di Domenico Defelice, pag. 29 Notizie, pag. 40 Libri ricevuti, pag. 49 Tra le riviste, pag. 50

RECENSIONI di/per: Isabella Michela Affinito (Luoghi, di Amerigo Iannacone, pag. 34); Salvatore D’Ambrosio (Si chiamava Claude Monet, di Isabella Michela Affinito, pag. 35); Salvatore D’Ambrosio (Frammenti di vita, di Manuela Mazzola, pag. 36); Giuseppe Giorgioli (Da debitore a creditore, di Mario Bortoletto, pag. 37); Manuela Mazzola (La chiesa di San Michele Arcangelo di Ponte Buggianese, di Marcello Falletti di Villafalletto, pag. 39); Lucio Zaniboni (La testa tra le mani, di Lorenzo Spurio, pag. 39).

Inoltre, poesie di: Emilia Bisesti, Mariagina Bonciani, Corrado Calabrò, Rocco Cambareri, Angela Castoldi, Domenico Defelice, Ada De Judicibus Lisena, Luigi De Rosa, Salvatore D’Ambrosio, Gianni Rescigno

di pellicole cinematografiche, lei che si diplomò al Centro sperimentale di Cinematografia a soli diciassette anni nel 1960. Ma anche il suo nome d’arte, Raffaella (suo padre separatosi subito dalla moglie si chiamava Raffaele), riprende quello del ‘divin pittore’ (definizione di Giorgio Vasari) urbinate, Raffaello Sanzio, entrato giovanissimo tra gli artisti alle direttive dei Papi d’allora, Giulio II e Leone X, durante il Rinascimento, nella fabbrica del Vaticano per gli affreschi delle Stanze, ma è stato anche l’autore dei ritratti La Velata e della Fornarina. Insomma, con un nome e cognome così, e col Segno zodiacale in Gemelli votato all’espansione massima della comunicabilità,

versatilità, dell’eterna giovinezza, del movimento in relazione al suo governatore Mercurio-Ermes, il messaggero degli dèi che si muoveva da un posto all’altro con la velocità della luce, intessendo relazioni e scambi importanti quanto il suo ruolo d’ambasciatore tra le divinità pagane, ebbene, Raffaella Carrà non poteva non venire notata a livello pubblico nazionale nel periodo in cui stava diffondendosi la televisione nata da poco e l’Italia ‘gustava’ il mitico boom economico! Tra tutte le qualità possedute da Raffaella, quella dell’agilità innanzitutto, il piede alato mercuriale l’ha contraddistinta così da ricoprire, poco prima dei trent’anni, il ruolo di perfetta showgirl come mai s’era vista prima


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

un’altra come lei, perché si presentava spigliata, libera dai condizionamenti che avevano tenuto in sordina la figura della donna prima della rivoluzione del ’68, ricettiva ai mutamenti dei tempi anni ’70 del secolo scorso, quindi, inedita sia come artista, sia come donna, sia per aver incarnato l’emblema pionieristico femminile nell’affrontare con competenza le scene delle prime trasmissioni serali televisive, come la celebre Canzonissima insieme al conduttore Corrado e Milleluci accanto a sua maestà Mina, in quel particolare momento di transizione verso quella che poi sarà la cultura del presente fino ai nostri giorni. È da quelle trasmissioni, seguite si può dire da tutti gli italiani adulti dell’epoca, che sono scaturiti atteggiamenti, modi di dire, modi di vestire, per la primigenia integrazione degli usi e costumi a livello di massa e Raffaella Carrà ha contribuito artisticamente anche soprattutto all’emancipazione femminile. Quando più in là negli anni raggiunse la piena maturità, qualcuno, se non in molti l’hanno ‘rimproverata’ per non essere divenuta madre, per non essersi fatta una famiglia, ma i figli che Raffaella non ha avuto (ha sopperito con adozioni di diversi bambini a distanza), poi, lo siamo diventati noi che siamo cresciuti con le sue canzoni briose, dal ritmo latino, qualcuna dalle parole forse troppo audaci, comunque in lei abbiamo apprezzato la bravura professionale e umana insieme alla spontaneità delle sue fragorose risate quando capitavano in diretta, che sono state il suo inconfondibile marchio di fabbrica! A proposito del suo modo di danzare, è stata si può dire l’unica a realizzare declinazioni rapidissime di collo all’indietro inverosimili, a prova di qualunque tipo di cervicale, proprio perché in lei Mercurio ha trovato il corpo perfetto per esprimere l’arte del ballo libero, l’arte di Tersicore inserita nei tempi giusti al momento giusto. Diciamo che la stella polare di Raffaella non si è mai offuscata, infatti, negli anni Ottanta girò molto nei paesi dell’America Latina, ma

Pag. 3

anche a Mosca, Londra, dove continuò ad esibirsi attirando milioni di spettatori; fu la conduttrice del programma televisivo del primo pomeriggio Pronto, Raffaella?, per il quale le fu attribuito il titolo di “Personaggio televisivo femminile a livello europeo” nel 1984. Fu anche la testimonial del noto marchio di cucine Scavolini e venne realizzata la versione serale sempre di Pronto, Raffaella subito dopo la seconda metà degli anni ’80. Ogni volta che c’era lei in un programma o compariva in pubblico il successo era assicurato, perché portava allegria, gioia di vivere, l’ebbrezza della novità annunciata dalla regina, ch’era lei, del palcoscenico. La Spagna, si potrebbe dire, è stata la sua seconda patria e adesso Madrid le dedicherà un pezzo di sé stessa che porterà il suo nome inciso per sempre – nell’ottobre 2018 l’ambasciatore spagnolo in Italia l’ha insignita del titolo di Dama all’Ordine al merito civile, per volontà del re Felipe VI di Spagna – e noi continueremo a sentirla viva nei nostri cuori, a vederla ballare spericolata sulla ribalta di un altro universo, a vedere i suoi occhi scuri e grandi velati, arditamente truccati, d’indicibile nostalgia e di pianto per averci lasciato senza più l’imprevedibile graditissima Carràmba! Che sorpresa. Ciao, RAFFAELLA! Isabella Michela Affinito

ACCORRE IMPROVVISA Accorre improvvisa al mio petto la tua giovinezza e lo gonfia come la terra a primavera. Con due boccioli turgidi di rosa e l’iPod nelle orecchie trasognate resti appoggiata sul gomito nel letto. Corrado Calabrò Da: La scala di Jacob – Ed. Il Croco/Pomezia-Notizie, 2017 (Primo Premio Città di Pomezia).


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

FABIO DAINOTTI: ULTIMA FERMATA di Marina Caracciolo ’arte di Fabio Dainotti è sempre consistita nel dono di saper costruire dalle (o sulle) piccole cose – quotidiane, semplici, talora persino insignificanti e apparentemente banali – un’opera poetica. E la “costruzione”, che non significa freddo artificio quanto piuttosto alchimia di un’ispirazione, deriva spesso da eserghi che fungono da agenti generatori: come, si direbbe, un piccolo corpo estraneo che introdotto in una conchiglia produce a poco a poco la perla. I versi tratti dai grandi autori – del passato come contemporanei – creano, come per germinazione inventiva, altri versi, altre idee e immagini lontane per spazio e per tempo, tutt’affatto differenti eppure collegate da uno stringente filo analogico, da un pensiero poetante che le abbraccia e le accomuna. E tutto ciò per mezzo di ««fulminei cortocircuiti mentali» – come scrive nella sua bella nota conclusiva Luigi Fontanella – che dipingono e rischiarano con lampi allusivi di inaudita capacità rappresentativa «singole situazioni, stati d’animo, gesti ricatturati psichicamente e come fermati per sempre nel tempo ... ». La poesia di Dainotti è invero allusiva per costituzione: vi compaiono figure, vicende, scene (c’è qualche pagina, nei suoi libri di versi, che richiama il teatro) che sono – se è consentito il paragone – come le nature morte o le celebri bottiglie di Morandi: ora un po’tozze, un po’ rustiche e senza grazia, ora invece slanciate ed eleganti con i loro colli lunghi; ognuna diversa dall’altra ma semplici sempre, dalle tinte neutre, accostate senz’ordine apparente su un piano di sostegno. Cose

L

Pag. 4

dappoco, si potrebbe pensare, e tuttavia esse divengono, nel loro insieme studiatissimo e armonioso, evocative di una storia, colme di valenze semantiche insospettate: possono farsi mito, tanto da emanare, così come stanno, un’indefinibile e fascinosa magia. Di esempi ce ne sono numerosi, in questo libro. Ma prendiamo il secondo brano, breve e bellissimo: Paesaggio sul Ticino. L’esergo è tratto da un breve componimento di Diego Valeri, quasi una filastrocca, intitolata Angelus,1 di cui riporto la prima parte (in corsivo i versi citati da Dainotti): «La campana ha chiamato / e l’Angelo è venuto. // Lieve lieve ha sfiorato / con l’ala di velluto / il povero paese; / v’ha sparso un tenue lume / di perla e di turchese / e un palpito di piume; / ha posato i dolci occhi / sulle più oscure soglie. [...]». I due versi citati da Dainotti isolano un particolare, il dato espressivo coloristico: una luce fioca che si tinge della delicata, soave bellezza di due pietre preziose. Ed ecco che questo tenue lume ricompare nei versi del poeta, ma qui l’aura sentimentale e fiduciosamente devota di Valeri è lasciata del tutto da parte, facendo emergere, fra inarcature ed assonanze, in un contesto molto diverso e più sobrio, uno scenario avvolto anch’esso dalle ombre della sera: Vibrazioni di luce scontornano le linee del paesaggio lungo il fiume; appena un tenue lume, tra le case brune, che i monti e le colline attorniano. Le poesie e racconti in versi di Dainotti risultano così originali “postille” elaborate a margine della poesia dei Grandi, geniali “annotazioni” che paiono tratte dalle pagine di un vecchio diario, divagazioni nostalgiche o ironiche, disincantate o dolci-amare, che


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

vanno infine a costruire, in una trama complessa e ricca di “riferimenti e suggestioni intertestuali” (Fontanella), una galleria di piccoli quadri i cui soggetti sono in apparenza molto comuni ma riemergenti, tuttavia, da una memoria che li ha riesumati e rimessi a fuoco, rinnovandoli alla luce di una limpida rifrazione poetica. Esemplare, fra gli altri, il brano dal titolo Cucina di Fratta. Anche qui l’esergo (“e cigola per vento che va via”), che cita un verso del prediletto Dante Alighieri, funge da illustre scintilla evocativa da cui scaturisce l’invenzione (così pure accade nella poesia Ultima fermata, che dà il titolo a tutta la raccolta); e il contenuto non rimanda per nulla all’episodio dell’Inferno, gira invece attorno, per così dire, al soggetto della similitudine dantesca,2 creando uno scenario suggestivo che al suo interno se ne appropria pur allontanandosene del tutto:

Pag. 5

Ma c’è la grande madre che lo aspetta, vestale minuta in gramaglie, laggiù nella grande cucina.

meccanismi, scomparti nascosti nei quali si custodivano documenti, chiavi, monili preziosi... Ma ecco che compare, già al secondo verso, una donna che di fronte a questo scrittoio, completo di specchio, si toglie pian piano i gioielli che aveva indossato per uscire. Allora il pensiero del poeta va subito ad altri segreti, non più concreti ma dello spirito: quali misteri mai svelati potrebbero nascondersi nell’animo di questa donna, nei pericolosi doppifondi – egli dice – della sua femminilità? (I gioielli che l’adornano – si chiede nascostamente il poeta – sono, come un belletto, una sorta di mascheratura? O il segno di un atteggiamento vano che richiama forse un’intima doppiezza?). L’ultimo verso, lapidario, scandaglia la parola segreto nella sua origine latina, approdando infine, sempre per conseguente associazione di idee, ad un significato diverso: segreto perché non si deve dire, perché non si deve fare, e che dunque si vieta: “Secretum. Separato. Proibito”. Un divertissement dal fascino sottile, vagamente montaliano. Dice a ragione, Luigi Fontanella, che qui siamo in presenza di un libro davvero singolare, «abbastanza avulso dall’attuale panorama poetico italiano». Ed è il caso di sottolineare come il dialogo misterioso e multiforme che il poeta ama instaurare fra sé e coloro che sceglie come “interlocutori” nel firmamento della grande Poesia, nulla tolga – né nulla ha mai tolto anche in opere precedenti – all’unicità, alla piena originalità della sua scrittura; anzi, al contrario, esso contribuisce in certo qual modo a darle forma particolare e a consolidarla, donando ulteriore ricchezza e spessore a tutto l’immaginario e alla «personale riflessione poietica» che è alla sua origine. Marina Caracciolo

Nel brano che ha il titolo tedesco Das Geheimnis (Il segreto), il poeta crea due piani concettuali differenti, tra cui gioca con pensosa e pur sorniona ironia. Il segreto diviene il nodo di un’associazione di idee che porta rapidamente lontano: all’inizio (v. 1) viene connesso al francese secrétaire, che fin dal XVIII secolo conteneva, camuffati da particolari

FABIO DAINOTTI: Ultima fermata. Poesie e racconti in versi. (Con una nota di Luigi Fontanella. La Vita Felice, Milano, 2021; pp. 60, euro 12,00). NOTE 1 - Da Poesie vecchie e nuove. Milano, Mondadori, 1930. 2 - «Come d’un stizzo verde ch’arso sia / da l’un de’ capi, che da l’altro geme / e cigola per vento che va via / sì de la scheggia rotta usciva insieme / ... ». (Dante, Inferno, XIII, vv. 40-43).

Grande camino dell’antica casa patrizia dalle arcate rosse! Il fuoco rugghia, con il suo dire incantatorio, lento. E il tizzo verde cigola, tra un odore di muffa e di liscivia. Dopo la pioggia, l’acqua ruscella al centro della strada, dove i monelli giocano; il bambino che è da solo, li guarda dalla grata, prigioniero di un carcere mentale, d’uno sgomento che sempre l’assale.


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

DOMENICO DEFELICE IL DISINCANTO DELLA REALTÀ di Salvatore D’Ambrosio

H

A raccolto in volume diversi racconti scritti nel corso degli anni, a cui ne ha aggiunti altri per l’occasione di questa edizione che ci accingiamo a recensire. L’autore è Domenico Defelice: scrittore, saggista, soprattutto poeta, non ché direttore di una storica e prestigiosa rivista di cultura letteraria e non solo. La rivista, per i pochi che non la conoscessero ancora, è Pomezia –Notizie. Rivista di successo per la semplice ragione, che è una pubblicazione “fatta” attraverso pezzi giornalistici e argomenti letterari che, per decenni, hanno scritto gli stessi abbonati del mensile. L’afflato tra loro è stato sempre tale, da decretare per questo il grande successo del giornale periodico. Il volume edito dalla Genesi di Torino, ha un nome curioso: Non circola l’aria. Guardando la movimentata scena di Bruegel

Pag. 6

posta in copertina, non viene affatto in mente una mancanza d’aria. Tutto quel movimento è indice di vivacità e non di staticità, che porta ristagno, aria pesante. Ma poi la lettura del titolo dell’opera: La battaglia tra il Carnevale e la Quaresima, ci apre l’orizzonte e la metafora si palesa. Bisogna festeggiare, respirare l’aria del divertimento, non necessariamente peccaminoso, prima che la Quaresima ci porti stasi, mortificazione del corpo e dell’anima. Quaresima, per il cattolico, vuol dire privazioni, rinunce, anche isolamento e distanziamento sociale. Vivere fino al riscatto della resurrezione. Ma le rinunce eccessive danno un senso di soffocamento. Si vive con l’impressione che non circola l’aria. Così accade per esempio, nel racconto La signora Lilly, per i due sventurati genitori che hanno messo al mondo una figlia bruttissima. Per la qual cosa rinunciano non solo ad avere altri figli, ma anche agli affari e finanche a respirare. Nella loro casa l’aria, non entra neppure da un forellino. Ma poi, ci dice il Defelice nel proseguimento del racconto, arriva un nulla, una inezia, come l’affido a Lilly di un umile lavoro, che le cose cambiano, riprendono o prendono una nuova strada e le cose rimettendosi nel verso giusto, riportano aria nuova, nuovi respiri. E così avviene in tutti i racconti del volume. C’è sempre, deve esserci, ci dice Defelice, un qualcosa, un qualcuno che rimetta in gioco la nostra esistenza, liberandola da lacci e legami che a volte la strozzano, fino all’asfissia. Ma non sempre è così, non sempre si è disposti a vivere in perenne asfissia. Meglio la morte. Cosa che accade a Babel, del racconto Naufragio, che sceglie la sua aria nuova nell’annegarsi insieme alla nave in naufragio. È questo, fortunatamente, solo un momento, uno dei tanti aspetti risolutori dell’uomo. Egli, invece, ama vivere, respirare. L’aria non può mancargli, fosse anche quella del ricordo. Come in prima persona accade al Defelice, che la ritrova nel racconto In viaggio con Google. E qui viene fuori anche l’aspetto autobiografico del libro.


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Il viaggio virtuale si carica di lirismo, di parziale nostalgico ritorno al suo paese d’origine. Rivede i luoghi cambiati, li accetta, non se ne dispiace; anche perché questo confronto gli fa meglio apprezzare ciò che il tempo aveva archiviato nella sua mente. Sebbene seduto alla scrivania, respira aria a pieni polmoni. È l’aria della sua terra. C’è solo un momento che gli procura un’apnea. Il pensiero di tutti i suoi cari custoditi nel cimitero. Preferisce non vederli in quella nuova condizione. Anche mio padre non andava mai al camposanto. Le persone care, diceva, bisogna amarle in vita, quando sono anche spirito e non solo carne o ossa come al cimitero. C’è nei racconti del Defelice il tratteggio di un’umanità varia, che si porta con sé tutti i pregi e i difetti umani. Sa e ce lo dice, che la realtà inganna. Che anche se a volte o spesso facciamo cose fantastiche basta non ritrovarsi in qualcosa, che è rimasta indelebile in noi, per rimanere delusi. Questo può accadere soprattutto quando, non riusciamo a ritrovare il profumo, l’odore antico della nostra infanzia. Retorico sentimentalismo? No. Perché l’infanzia è la custode della nostra cultura. Anzi, meglio dire, è il principio, l’inizio della stratificazione di fatti e cose da proiettare poi nel futuro, che prenderà cosi lezione dal passato. Valori ai diversi occhi, dunque, che ritornano secondo una funzione di tormento, soffocamento, gioia, dolore, libertà, contrasto, come nel dipinto di Bruegel.

Pag. 7

Ogni essere umano ne trarrà il suo profitto, secondo la propria cultura. Ognuno, ci racconta, nuota nella sua acqua, come i pesci rossi nella bolla di vetro. Ma guai a fare un salto eccessivamente alto; esso potrebbe essere tale da spingerci fuori dalla boccia di vetro. E paradossalmente sarebbe non la mancanza d’aria, ma essa stessa che ci ucciderebbe. La vita è una cosa seria, non è un sogno arruffato, strampalato. E se ciò dovesse accadere, per fortuna, quando ci si sveglia ci consola il fatto che è stato solo un sogno. La realtà non trova giustificazioni consolatorie. Il reale va visto con occhi disincantati, solo così si può avere il coraggio di continuare. Così la Trimarchi nella sua tesi sulla poetica del Defelice:”… Domenico Defelice non spazia nei territori sconfinati di un astrattismo immaginifico ma muove dalla realtà, trae alimento dal contingente, affonda le radici in questo nostro mondo”. Lo scrittore Defelice è ben piantato in questo mondo e sa, incontrovertibilmente, che quelle che fanno spalancare di meraviglia gli occhi, ai maschietti sognatori, sono le donne. Altra presenza costante nei suoi racconti. Non vogliamo citarne questo o l’altro. Ma solo evidenziare la malia, la magia, l’incanto, l’ineluttabile sua propensione verso la donna. Un Essere uguale a noi, ma soprattutto fatto a nostro completamento. Non è il “genere” che interessa: si può essere maschi o femmina nel modo a cui più piace a ognuno. Ma la vera donna rimane unica, almeno per gli uomini di altra epoca come noi, perché riesce a suscitare grandi emozioni e gioie, anche mostrandosi soltanto nel suo apparire. Sono tante le donne evocate dal Defelice a cominciare dalla madre, dalla nonna, dalle sorelle, dalle zie; colonne del sistema familiare di un tempo: soprattutto del suo tempo. E poi le varie fidanzate, gli amori pigliati e finiti, la moglie, e la figlia Gabriella. In questa girandola felliniana da Città delle Donne, ci racconta delle capacità di queste di mozzare il fiato. Basta l’improvvisa apparizione di un volto, di un seno, di un movimento


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

conturbante di gambe che, in un modo o in un altro, tolgono ai polmoni la normale circolazione d’aria utile per vivere, per respirare. Si, la donna fa cadere in apnea e solo il disincanto della realtà, può restituirci il respiro alla vita. La completezza dei racconti e di converso del libro, sta anche nella descrizione della natura che si incontra nel corso della narrazione, con le serene gioie che la sua vitalità e rigogliosità riesce a dare. L’uomo vive immerso nella natura, è parte stessa di essa; non può esimersi di amarla e rispettarla, come si fa con tutte le cose che si amano. Avete mai provato a camminare, ci dice, in un luogo dove la natura è stata sopraffatta dai motori, dal cemento, dalla spazzatura: non circola più l’aria. Racconti, dunque, anche di denuncia, di messa in evidenza di fatti e fenomeni che non rendono vivibili le città, i comuni, i paesi. Analizzando questo libro del Defelice, come scrive anche nella sua tesi di laurea Aurora De Luca, ci viene incontro una delle caratteristiche precipue del suo stile letterario: l’ironia. Scrive Aurora: “… ha il grande dono dell’ironia e il senso importantissimo del ridicolo, che gli fa apprezzare ciò che è genuino e percepisce come fasullo tutto il resto”. La sua ironia, che si riscontra in diversi dei racconti di questo volume, serve a mettere alla berlina, in questo circo continuo nel quale tutti operiamo da mattina a sera, vizi, atteggiamenti da Io e SuperIo. Posizioni altolocate tendenti solo a sovrastare, o emarginare, o eliminare, anche cruentamente, colui che non è in linea. Fosse anche per un semplice difetto fisico. Nelle sue soluzioni letterarie, riusciamo a capire che l’uomo non è una macchina, perché in lui vivono perennemente due cose: la fede e la speranza. Per ciò a conclusione ritengo molto significativo citare questo suo verso: … sarà l’amore a guardia delle porte. E aggiungo che, in tal caso, di aria ne circolerà tantissima. Salvatore D’Ambrosio DOMENICO DEFELICE, NON CIRCOLA L’ARIA, Genesi Editrice- 2020 € 12,00

Pag. 8

LA PREDA. IL CACCIATORE Sul margine del bosco, si era fermata con il cesto delle delizie nella luce dorata del mattino. Precedettero per primi i cani il cacciatore, annusando i suoi piedi le sue mani, e allungando il muso fino alle cosce. Giunto il padrone li cacciò via, e con il fucile pronto portò via con il suo cesto di delizie la fanciulla. Nella pietà rinunciando però di fare di quella bellezza, nella breve falla del cuore, nessuna crudeltà. Salvatore D’Ambrosio Caserta IL BALLO SULL’UVA Era settembre e tu ballavi sull’uva. Pigiavi e cantando alzavi veste e sottana. Perciò negli occhi sbarrati dei vecchi scoppiava del sangue l’inferno. Dalla pipa tiravano anima e fumo. Ubriache, fragorose risate fugavano sciami di moscerini impazziti. A festa finita tacevano mani e sospiri. Ti lavavi le gambe con acqua di pozzo in un catino di legno. Alla nuca raccoglievi i capelli li fermavi con forcine di osso. Sulle guance dipinte di rosso ti ansimava ancora la gioia. Gianni Rescigno da Il vecchio e le nuvole, BastogiLibri, 2019


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

ISABELLA MICHELA AFFINITO REDENZIONE di Antonio Crecchia

C

ON una sua stringata e illuminante prefazione, l’autrice confessa che a motivare “l’idea di una silloge di poesie rivolte al cielo e destinate a contemplarlo” sono stati i primi tre versi del trentatreesimo Canto del Paradiso di Dante: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’etterno consiglio”. Da qui l’organicità e la linearità della costruzione poetica imperniata sulle figure sacre di Maria e Gesù, Madre e Figlio, viste in una prospettiva artistica che accomuna testi poetici e opere scultoree o pittoriche di Grandi artisti, quali Michelangelo Buonarroti e Van Gogh. Vari gli omaggi a Michelangelo, autore di opere immortali, a ricordo delle sofferenze della Vergine che ha seguito da vicino “il patimento” e il martirio del Figlio: la “Pietà Ron-

Pag. 9

danini”, la “Pietà” e di altri soggetti sacri osservabili nella Cappella Sistina in Vaticano. Un viaggio intimo nella sfera del sublime, artistica, poetica, religiosa. Nella Pietà Rondanini (pagg. 7-8), raffigurante Maria vestita con in grembo Cristo morto, la poetessa esalta le “due anime pure…// nell’incompiuto, / epilogo e inizio si / contraddicono pur parlando di / gloria eterna / semplicemente abbozzata”. L’opera è unanimemente considerata una delle più alte meditazioni sulla morte e la salvezza dell’anima. Le “afflizioni” del Cristo hanno inizio nell’orto degli Ulivi, luogo di pace e “delle ultime preghiere / prima della Pasqua”, come testimoniato da Matteo: Gesù, con la tristezza dipinta in viso, una prima volta, «si prostrò a terra e pregava, dicendo: “Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice… Poi si allontanò per la seconda volta e pregò, dicendo: Padre mio, se non è possibile che si allontani questo calice, senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà» (S. Matteo, 26-39,42). “Esistenza” (pagg. 11-12). Terza lirica, a ricordarci che il ritmo della vita si snoda tra la nascita e la morte, ognuno bevendo al calice del proprio destino. Come Cristo. Esistenza che scorre “piano piano” tra le due sponde del fiume della vita; da non sciupare, da rendere vitale, da perpetuare attraverso le “impronte” che sappiamo lasciare dietro di noi, camminando senza mai perdere di vista la profondità del proprio io e il vasto mondo delle apparenze. “Una poesia-tributo – Gli angeli di S. Giuliano (pagg. 13-14) – ispirata alla drammatica vicenda del terremoto in Molise del 31.10. 2002, che vuole considerare come angeli tutti i bambini rimasti vittime sotto la loro scuola crollata”. Nel Vangelo secondo Marco si legge la predizione di Gesù delle grandi catastrofi della Storia. Nemmeno il Tempio di Gerusalemme sarà risparmiato. È inevitabile che ci siano “guerre, terremoti in vari luoghi e carestie”. Ma non è la fine. Questi tragici eventi sono soltanto “il principio dei dolori”; verranno tempi in cui “Il fratello tradirà a morte il fratello, il padre il figlio e i figli si leveranno


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

contro i genitori e li uccideranno…”. Infamie che noi, figli del Duemila, registriamo con incredibile frequenza, quasi quotidianamente. La tragedia di S. Giuliano fu un grande olocausto per un piccolo centro abitato del Molise. Chi lo visita, ha la sensazione d’avvertire il movimento delle ali che “la schiera degli angeli”, quel giorno, “conquistarono come un bel voto”. “Il Mosè di Michelangelo” (pagg. 15-16) – scolpito per la tomba di papa Giulio II. Quinta lirica, in cui Mosè troneggia “come ieri / nelle vesti di / patriarca d’Israele”, di cui conserva “la forza in quelle vene sporgenti / come ti pensò Michelangelo”, mentre “la lunga barba” esprime “saggezza antica e / divina per aver / calcato la strada / fino al Sinai, / per aver ascoltato / la voce di Dio / per aver ubbidito / senza sapere”. Il mistero dell’anima, della sua sopravvivenza allo sfacimento del corpo, il suo destino nell’Ignoto, la sua purezza spirituale una volta entrata nel regno dell’eternità, con i ricordi vivi e indelebili degli anni e delle esperienze vissuti, costituiscono le delicate riflessione che danno vita a ”Anima mia”(pag. 17-18). “Il pensiero mistico” (pagg. 19-20), si origina e “viaggia tra / spazi sconfinati / della mente”. Indiscorribile e irrappresentabile, è appannaggio degli spiriti eletti, contemplanti, i quali, nella solitudine dei “monti senza nome”, trovano “la strada” che “porta in un’altra dimensione”. Quella della Verità e della Vita vera, che è, poi, la strada che porta alla REDENZIONE. La Sibilla delfica (pagg. 21-22). Nuovo omaggio a Michelangelo Buonarroti. “La lirica – annota l’autrice – è dedicata alle Sibille, affreschi di soggetti femminili posti nelle campate della volta della Cappella Sistina in Vaticano”. Si apre con l’invocazione della poetessa alla Sibilla affinché la porti “fra l’umanità in / bilico tra la salvezza / e il peccato” e le faccia edotta sul mistero del Giudizio Universale”, dipinto da Michelangelo sulla scorta delle “pagine” della Bibbia. Il calore e la

Pag. 10

forza espressiva della lirica risiedono nell’anelito della poetessa a percorrere “la strada azzurra del cielo”, al fine di poter godere, quando ci sarà “il grande Giudizio”, della vicinanza e della “voce del Cristo Giudice”. La nona lirica, dedicata a “San Pietro” (pag. 23-24), caratterizza la figura carismatica, quasi paterna, dell’apostolo soggetto alla “tentazione // di rinnegare / l’uomo che fu / il Messia”, ma che ebbe il coraggio di morire come il Maestro, “su una croce / degnamente capovolta”. Simone (ebraico Shim’on, colui che ha ascoltato) da privato e modesto pescatore sul lago di Galilea, divenne “pescatore di uomini / fino a Roma per / predicare, convertire e morire” martire durante le persecuzioni dell’imperatore Nerone; si richiamò “Pietro, / perché su quella pietra / oggi c’è la sua Chiesa”. La decima lirica “C’era una volta Michelangelo” pagg. 25-26), ci introduce nel luminoso e numinoso mondo del Rinascimento, in cui, in ambito artistico, giganteggia la figura di Michelangelo (1475-1564), architetto, poeta, “pittore e scultore / di allegorie / madonne, schiavi e / profeti e Maria della / Pietà... // Era il tempo del / Giorno e della Notte”, ossia di grandi fatiche, senza soste per il geniale artista, obbligato a soddisfare le manie di grandezza del papa, Giulio II della Rovere, che ebbe fama di “papa guerriero” (fu lui, da cardinale, a convincere e guidare il re di Francia Carlo VIII alla conquista del Regno di Napoli), o di “papa terribile”, per le macchinazioni contro il papa Alessandro VI, spagnolo, padre di Cesare Borgia, Lucrezia, Giovanni e altro. “Era il tempo dell’Uomo”, di prodigiosi cambiamenti, ardite formulazioni di concezioni umanistiche e vigoroso sviluppo degli studi classici. Era, soprattutto per Michelangelo e i protagonisti di quel tempo, “il Rinascimento / universale di / altisonante marmo e / colori astrali”. La redenzione da colpe, peccati e errori commessi in vita, passa anche attraverso la mediazione di “Maria (pag. 27-28)”, madre di Gesù e dei credenti. “Maria semplice / di ragazza pudica”, estasiata dall’incontro con il “Messo


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

del Signore” per rivelarle “il suo destino di Maria”, è immortalata nell’atto in cui, affacciata alla finestra, segue il “volo di ritorno” dell’angelo, “con il consenso stretto / fra le sue mani celesti / da portare lassù dove / è il Dio di ogni cosa”. E Maria, nella famosa scultura di Michelangelo, La Pietà (pag. 29-30), conservato nella Basilica di S. Pietro, è la Mater dolorosa che accoglie “sulle sue ginocchia” il Figlio morto, dopo la deposizione dalla croce. Lirica struggente, in cui s’invita Maria a “non piangere di lutto / ma di gioia / di quella gioia che / Lui ci ha regalato”, e a “non reclinare il capo / come sconfitto / perché da questa posa / Lui risorgerà!”. Ed eccoci a “Redenzione” (pagg. 31-32), la lirica che dà titolo alla raccolta di cui si parla. Qui, l’accorato invito all’Uomo di uscire, “come Lazzaro / dal sepolcro del peccato”, a fare saggio uso del libero arbitrio, a rimanere fedele ai doni dello Spirito Santo, affinché possa indossare “le vesti / della Redenzione”, con le quali presentarsi davanti al giudizio di Dio. La concezione dell’anima che vive come “rinchiusa e custodita in un carcere” (il corpo fisico) è di origine orfico-pitagorica; ne parla anche Platone nel Fedone. Isabella ne rileva i “colori” che la connotano nel tempo in cui vive “nel fango” della vita: giallo sabbia, marrone bruciato, grigio antracite; macchie che deturpano la sua essenza divina. Monologa la Nostra, rivolta all’anima: “Respiravi il / monossido di quella / vita terrena e / ti nutrivi di grigie / illusioni; gli altri / colori appartenevano / all’arte soltanto e il / cammino di ogni / giorno era tutto / in saluta”. Soltanto al momento del “tramonto / dell’espiazione”, l’anima, “salendo i gradini dell’empireo” e giunta alla presenza di Dio può riassaporare la sua primitiva celeste purezza e diventare “Anima blu” (Pagg. 33-34). La lirica conclusiva, “Le mani della Madonna” (pagg. 35-36), si rivela una pacata e profonda venerazione di Maria, immaginata con le mani giunte, mentre stringe “grani di Rosario / con dentro ogni goccia / del suo

Pag. 11

amore. Amore grande per quel Figlio da cui ha “cercato di allontanare il calice / in quell’ultima notte prima della condanna”. Mani di tenerezza e di pietà per il corpo di Gesù senza vita adagiato sulle sue ginocchia, come nella rappresentazione marmorea di Michelangelo; mani bagnate di lacrime versate “per tutta l’Umanità”; mani elevate al cielo che “implorano le grazie” che i fedeli porgono sui suoi “piedi come suppliche”; mani che racchiudono “i segni dell’immortalità / e della vita eterna”. A Lei l’accorata preghiera di stringere con le sue mani “la nostra fragilità” e farla “diventare Fede”. E sarà la Fede a indicare la strada che porta alla Redenzione. Una prova maiuscola questo itinerario creativo di Isabella Affinito, in cui ha saputo magistralmente coniugare cultura biblica, arte raffigurativa e poesia. La copertina è opera del pittore Vittorio (Nino) Martin, dal titolo: Figlia del Tuo figlio. Antonio Crecchia Isabella Michela Affinito: REDENZIONE Casa Editrice Menna – Avellino, luglio 2003

IL COVONE Repentine scendono le gocce sulla città, l’Estate colora ancora una volta Pomezia ed il tuo ricordo cresce all’improvviso in noi. Col covone nel cuore, parole e gesti indelebili ci conducono ancora una volta nel centro storico, al Monumento dei Padri fondatori, per celebrare la storia, il lavoro e la speranza. Nel loro ricordo, nel tuo desiderio calchiamo solenni la nostra terra di bonifica; suggellando l’eterno anello tra il passato ed il futuro, fatto di uomini e donne di sconfinata volontà, legati per sempre ad immensi campi di grano biondo cenere. Emilia Bisesti Pomezia, 2021


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

LE VERITÀ NASCOSTE DI

WILMA MINOTTI CERINI di Domenico Defelice

A

L primo approccio, parrebbe un lavoro poco curato, a incominciare dalla dedica, passando alla frase, al periodo, alla punteggiatura; specialmente per quelle ripetizioni, inutili: “Dedico questi racconti al Padreterno che, in alcuni racconti dove vive…”, per esempio; e, ancora per esempio, nel quarto brano de “La valigia pronta”, dove c’è, di sicuro, un qualche “corridoio” di troppo. Proseguendo nella lettura, però, ci si

rende conto che questi pezzi perderebbero parte del loro fascino se stesi diversamente nel linguaggio, nella struttura, nella punteggiatura. E, poi, perché dedicare il libro al Padreterno? Già, perché? Anche questo lo si scopre proseguendo, tutto e tutti su questa terra essendo fuori di logica, quasi sempre lontani anni luci dalla carità e dall’altruismo. A incominciare dal primo racconto, dove la novantenne si sente abbandonata come “un vecchio albero ormai cavo all’interno e che solo per puro caso sta ancora in piedi, ma basta un vento un po’ più forte per far crollare il tutto” e attende e spera che un tale vento non tardi a farla volare nelle braccia dell’Eterno. Alla vecchiaia è dedicato anche “La

Pag. 12

valigia pronta”; o meglio: in quest’opera, la vecchiaia è soggetto dominante. Come il dolore, la sofferenza. Ecco la giovane ventenne in coma perché investita da un camion; ecco la delusione d’amore; ecco gli abbandonati, i derelitti, come la barbona che vendeva mazzolini di fiori; ecco il cieco che piange la morte del suo cane, giacché, con quello che gli hanno assegnato in sostituzione, non c’è sintonia, non s’intendono. Ecco, ancora, Bruno, il cugino, nella lotta estrema con il cancro; ed ecco la storia tremenda della piccola Siri, bambina di appena dieci anni, venduta a un orco che la brutalizza in uno squallido bordello, un orrore interminabile, indescrivibile, raccapricciante. Quello che si descrive, è un mondo di incomprensioni, di violenze, di dolore, in cui la morte, spesso, è l’unica oasi alla quale aspirare: “non sono racconti allegri – ci scrive, infatti, la stessa Minotti Cerini – salvo tre o quattro, gli altri sono una memoria di occasionali incontri drammatici e che ho voluto mettere in stampa per non dimenticarli”. A chiusura, troviamo il drammatico e teatrale dialogo tra Cristo e il legno della Croce sul quale è stato steso e innalzato; i chiodi che gli hanno forato mani e piedi; le spine che gli hanno ferito la fronte. Il dramma del dramma, il culmine della violenza e della


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Pag. 13

nascoste” e perché li abbia dedicati al Padreterno, l’unico, lei continua, che l’abbia sostenuta “nella prova difficile di aiuto a chi ne aveva assolutamente bisogno”. Domenico Defelice WILMA MINOTTI CERINI, LE VERITÀ NASCOSTE, Aletti Editore, 2021, pagg. 138, € 13,00 Nelle foto: Wilma a 19 anni; Livio e Wilma a Castellanza; Wilma a 30 anni alla guida; Wilma in un autoscatto. crudeltà dell’uomo, di ieri, di oggi e, purtroppo, di domani, perché non c’è speranza che se ne allontani. La colpa dell’uomo sta nella intelligenza che lo distingue e che dovrebbe redimerlo. Il mondo è crudele e si regge sulla violenza (il rapace che ghermisce gli implumi nel nido; l’agnello che mastica i fiori; l’uomo che mangia l’agnello; il virus che uccide l’uomo…); perfino il Cosmo è violenza, con le sue immani attrazioni, le indescrivibili esplosioni, i buchi neri; manca, però, la volontà, ciò che rende l’uomo unico, il solo in grado di capire cos’è male e che, perciò, dovrebbe bandirlo e per sempre. Si chiarisce ancora meglio, allora, perché Wilma Minotti Cerini abbia intitolato i suoi racconti “Le verità

* Pure in cabina riodo parole buone di scolari e sussultarmi battiti, inebetito; poi un rombo accorato e il salpare grave della nave; mi accorgo, solo, delle ossa che pesano. È vespero sul mare, precipitosa solitudine in cuore; l’azzurro mi esclude dal Cile amaro e caro. Rocco Cambareri Da Versi scelti, Guido Maino Editore, 1983

ESILIO I Casa, mia veste più grande, ho dovuto lasciarti laggiù. Ora, nuda di te, frugo invano in queste valigie. II “Come un albero in mezzo alla via” dicevano i nostri vecchi poeti contadini. Ora vivi il senso della metafora: il disagio di essere fuori, di sentirmi al di là del muretto di recinzione. Ada De Judicibus Lisena Da: Omaggio a Molfetta, Edizioni La Nuova Mezzina, 2017


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

SIMONE RIVA L’UOMO DEGLI ORI L’impossibile storia di un alter ego di Giuseppe Leone O letto d’un fiato L’uomo degli ori. Hommage à Luigi Mariani Vago. Artista d’istinto, che Simone Riva, ex giornalista, ora scrittore completamente votato alla letteratura, ha pubblicato allo scadere del 2020 con i tipi dell’Editore Bellavite di Missaglia. Un volume che l’autore, già nella prima aletta di copertina, si affretta a definire romanzo, non foss’altro che per distinguerlo da una qualsiasi biografia o da un qualunque altro testo critico, coi quali pure condivide profondità di analisi e capacità di giudizio.

H

Pag. 14

Si tratta di un romanzo che Riva scrive non senza il timore di fallire, visto che L’uomo degli ori “non ha una storia” da raccontargli. Al suo posto, ha solo “tanti bloknotes pieni di abbozzi di scritti, disegni, appunti di ogni genere” (38), consistenti in “attimi di vita, pensieri carpiti e poi per sempre dimenticati, amori impossibili e amori ormai andati, raccolti in una narrazione la cui ragionata frammentarietà custodisce e preserva l’essenza profonda dell’uomo e dell’artista”; e un invito, a frequentare casa sua, dove potrà approfondire la conoscenza di “un artista vero, pittore, scultore, fruitore d’oro, aforista, fotografo, ma anche uomo enigmatico e profondo”. Occasioni, senza dubbio, che fanno bene sperare, ma che non fanno ancora vincere allo scrittore il terrore dell’impresa, tanto che invoca i grandi romanzieri del passato affinché lo aiutino: prima, a trovare l’ispirazione e, poi, ad affrontare il pubblico dei lettori (8). Eccolo, nella parte, ora, dell’autore onnisciente, che tutto sa del suo personaggio e a cui nulla sfugge della sua psicologia: “l’uomo degli ori non è molto alto, è dotato di una barbetta ispida e brizzolata” (11); “l’uomo degli ori sente il corpo lontano dai suoi pensieri” (12); “l’uomo degli ori è colui che ama la Francia, ma non mangia i formaggi (11); ora, mentre lascia la parte dell’io narrante al protagonista stesso, che vorrebbe concedersi momenti di alta riflessione e sincera confessione, ma che deve riconoscere, ahilui!, che tutto questo non è poi così semplice, tanto da dover ammettere: “Mi sono voluto spingere sull’orlo, solo per vedere quel che c’era nell’abisso, per scorgere la luce o il totale oblio, ma un ciottolo sdrucciolevole mi ha fatto precipitare, ora mancano appigli, la risalita si fa ogni istante più improbabile. Che le muse mi tengano lontano dal fondo, che mi aiutino a non sfracellarmi”; oppure: “certo, mi dicono che sono un uomo fortunato … ma non potrò mai essere soddisfatto di tutto quello che ho raggiunto: c’è sempre qualcosa che mi spinge sempre più in là di


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

quanto …” (34). Il tutto, attraverso un modo di raccontare che esclude il metodo dialettico e punta invece sulle variazioni, per la semplice ragione che per esprimere qualsiasi condizione psicologica l’autore ha bisogno di attraversare sia quella condizione, sia quella contraria, perché non può dire nulla senza conoscere il contrario. “L’uomo degli ori ama amare. Ama le attese, le telefonate interminabili. L’uomo degli ori ama le coccole, stare appallottolato sul divano per interi pomeriggi a parlare e a guardarsi … (83); l’uomo degli ori intende la tradizione come un fiume sotterraneo … ; l’uomo degli ori non sopporta la stragrande maggioranza dei giornalisti, li vede come dei gran sacerdoti della scienza della mistificazione (86); Ai francesi l’uomo degli ori stava sempre attento: tanto gentili e buoni, ma quando s’incazzano … ma l’uomo degli ori non è razzista (101); Quello che colpisce, allora, sfogliando le 128 pagine di questo romanzo, impreziosito da una prefazione di Alberto Casiraghy che definisce affettuosamente l’uomo degli ori “un vero alchimista … che tende agli abissi … dove solo chi vede lontano può addentrarsi … un uomo buono e innocente che cerca l’Amore in tutte le forme del creato” (5), è la rete di relazioni che l’autore e l’uomo degli ori vengono annodando fra motivi perennemente umani, come la natura e la memoria, il viaggio e la lontananza, la terra d’origine e la sua storia, la realtà presente e il richiamo mitico del passato. Con al centro, ovviamente, l’uomo, che dovrebbe risolvere il contrasto tra l’angoscia della fine e la speranza del futuro, all’alba del nuovo millennio e impegnarsi in una simbiosi tra culture, liberandosi dal peso d’odio che si è accumulato sulle coscienze dei popoli nel corso dei secoli. E scriverne, come accade ora a Simone Riva e all’uomo degli ori, in questa nuova stagione artistica della loro vita, in cui continuano a domandare e a domandarsi perché si scrive, per quale motivo si concentri così

Pag. 15

tanto nella scrittura. E per quali vantaggi, che la parola orale non può dare. Rispondono d’accordo con Maria Zambrano quando pensa che lo scrivere abbia come scopo quello di fissare per sempre i pensieri che le parole orali non riescono a trattenere; e non solo per difendere la solitudine in cui ci si trova. L’uomo degli ori sa benissimo che leggere e, di riflesso, anche scrivere, non è uno scappare dal mondo … ma è per vivere di più. Per avere più parole e aumentare le emozioni (38). Per avere, insomma, più storia, perché all’uomo degli ori è mancato sempre il come, mai il perché (37). A lui, al contrario, non è mai mancata la filosofia, o meglio, l’amore per la filosofia, grazie ai suoi intrattenimenti con Leopardi e Nietzsche, soprattutto col primo, a cui si devono i primi vagiti del nichilismo in occidente secondo Emanuele Severino; ma anche, l’idea di non classificare nettamente le cose, per permettere al pensiero una libera circolazione, per non avere paura “della comprensione del Nulla dell’esistenza, per scoprire così “il dolore derivante dalla ragione che prende coscienza della sua inutilità” (79). E cosi, di capitolo in capitolo, da Si scrive per perdersi? a I pensieri appena nati, a Merlino il mago, accade che quello che sembrava la loro debolezza si riveli presto la loro forza, perché lo scrittore è riuscito a porre la parola fine al suo romanzo e L’uomo degli ori, nonostante temesse “di non riuscire a portare a termine un’opera che facesse tremare i polsi” (81), comincia a scrivere lettere ad amici e conoscenti, di cui, l’ultima, inviata a un suo non più giovane ma ancora aitante ammiratore, incominciava così: “Il dio dei giocattoli trova una storia di un giocattolo che giocava a fare l’uomo. Un uomo trova la storia trovata dal dio dei giocattoli … e l’engramma?” (118). L’engramma o il segno è che ora quella storia si trovi nelle mani del lettore che la sta sfogliando. Giuseppe Leone Simone Riva, L’uomo degli ori. Prefazione di Alberto Casiraghy. Bellavite Editore Missaglia. Euro 12.50. Pp. 128.


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

FABIO STRINATI NEI CINQUE SENSI E NELL’ALLORO di Lorenzo Spurio

L

A biografia artistica (e non solo letteraria) di Fabio Strinati, autore che vive immerso nella campagna della provincia maceratese, è lunga e cospicua. Essa – si potrebbe dire – parte da lontano e non è un mero fatto occasionale nella sua vita, un elemento laterale atto al riempimento di tempo, quanto frutto di una continua ricerca sulla parola che deriva da un sondaggio pervasivo della sua interiorità e delle relazioni col contesto ambientale. Così dalla sua Esanatoglia – un borgo con pochi abitanti che, più di altri, conserva ancora quel senso di autenticità e di passato comunitario nel quale s’iscrivono valori e insegnamenti – la sua opera poetica si estende, fluente, proprio come il fiume Esino che da lì nasce per percorrere nel tragitto digradante comune ai fiumi marchigiani “a pettine” un tra gitto che lo riconduca all’essenzialità dell’

Pag. 16

unione con l’infinito delle acque dell’Adriatico. Fabio Strinati è nato a San Severino Marche (MC) nel 1983, è poeta, scrittore e compositore. In campo letterario ha debuttato nel 2014. Per la poesia ha pubblicato: Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è il ritmo (Edizioni Il Foglio, 2014), Un'allodola ai bordi del pozzo (Edizioni Il Foglio, 2015), Dal proprio nido alla vita (Edizioni Il Foglio, 2016), Al di sopra di un uomo (Edizioni Il Foglio, 2017), Periodo di transizione (Bibliotheca Universalis, 2017), Aforismi scelti Vol.2 (Edizioni Il Foglio, 2017), L'esigenza del silenzio (Le Mezzelane, 2018 – a quattro mani con Michela Zanarella), Sguardi composti... e un carosello di note stonate (Apollo, 2018), Quiete (Edizioni Il Foglio, 2019), Concertino per melograno solista (Apollo, 2019), Discernimento atrabile (Macabor, 2019), Lungo la strada un cammino (Transeuropa, 2019), La Calabria e una pagina (Meligrana, 2020), Toscana - Venezia solo andata (Calibano, 2020), Obscurandum (Fermenti, 2020), Oltre la soglia, uno spiraglio (Edizioni Segreti di Pulcinella, 2020), Frugale trasparenza (Edizioni Segno, 2020), Anime tranciate (CTL Editore, 2020), Aforismi in un baule (Edizioni Segreti di Pulcinella, 2021), Nella valle d'Itria il sole e l'oro (Nuova Palomar, 2021). Sue poesie sono state tradotte in romeno, bosniaco, spagnolo, albanese, francese, inglese e catalano. È il direttore della collana poesia per le Edizioni Il Foglio e cura una rubrica poetica dal nome «Retroscena» sulla rivista trimestrale del «Foglio Letterario». Nel 2021 è stato membro di giuria del Premio Letterario “Gandhi d’Italia – Sulle orme di Danilo Dolci”. Il titolo della nuova opera, Nei cinque sensi e nell’alloro (Edizioni Il Foglio, 2021), rende edotto il lettore sin da subito di questo sguardo di Strinati che va dal particolare al generale, dalla sfumatura aromatica alla vista grandangolare. Si tratta di un’attitudine, la sua, che non fa venire meno quel quid essenziale che nel lettore consente di percepire suggestione, ma di provare anche vicinanza, come a scoprirsi, nelle proprie disamine sul


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

senso della vita, nelle stesse righe da lui prodotte. Un libro, questo, che si dispiega tra le ferite del tempo e l’osservazione beata del Creato, nato e sviluppato nel luogo ancestrale del Poeta che si localizza nella sua dimensione naturale con echi e tuffi continui tesi a protendere un qualche appello religioso. Per usare le stesse parole dell’Autore, tale mannello di versi è concretizzazione di un sapere intimo e di un desiderio di esternare, dove vicende intime segnate dalla presenza amata della cara nonna (alla quale l’opera è interamente dedicata), si legano a un ambiente confortevole, amico, solidamente presente. Strinati dà voce al sentire intimo che alberga in lui convogliandolo nel canto delle anime andate, facendole interloquire con i dettami impavidi e inarrestabili della vita che, ciclicamente, ritorna, imperversa, segue, così come la primavera che ritorna, fulgente, dopo un tempo di sonno e umidità. Poesia che s’incanala in maniera così fluida in quell’alveo reminiscienziale e mnemonico e di connubio con gli arcani linguismi della natura, “nei luoghi intrisi di memoria, / e nel campo benedetto” (53). Versi glabri ed esatti, di un’incidenza impareggiabile sui piani elucubrativi dell’uomo contemporaneo che mai vengono meno a quella capacità intrinseca di avvolgimento e coinvolgimento: «Nella rosa e nella margherita, // nell’odore di campagna / e nei prati fioriti / col tocco della primavera: // danzano nell’aria // i cinque sensi adorni di prodigio, / la vita, ch’è dono fertile di Dio» (8). Gli abitatori di questa natura sono le forme di vita più presenti e ricorrenti della campagna mediterranea con particolare incidenza dell’attività di coltura dell’uomo che nella provincia maceratese è sempre stata una costante, intensificata, negli studi attitudinali sull’identikit del marchigiano, quale sacrificio innato, colloquio con la terra e vera e propria devozione. Strinati ci accompagna per mano in un contesto ricco di vigne, oliveti, mandorli, meli ma l’attenzione va anche verso espressioni arboricole come gli abeti

Pag. 17

rossi e floreali come le margherite, le mimose; tutto consente di sentirsi parte integrante di un habitat naturale e inviolato, tra fiori, grappoli, ciuffi d’erba, presenze alate (dalle farfalle alle aquile) in una «natura suprema e formidabile» (33). Così, la vegetazione selvatica, quella aromatica e quella della semina che segue il suo ciclo di maturazione e mietitura, regolano anche la vita dell’uomo. La possanza dell’alloro – richiamato sin dal titolo – è evidente e assai significativa e non può non far pensare alla celebre “Invocazione dell’alloro” di Federico García Lorca: «Io, come il barbuto mago delle favole, / conoscevo il linguaggio dei fiori e delle pietre». Con l’opera di Strinati assistiamo al mito della creazione, riceviamo gli influssi benefici della rinascita, si respira la rivelazione ma si nutre anche la compassione, c’è una presenza costante e salvifica che risiede nel visibile (la natura) e nel non dato a vedere (nel prodigio). La sua poesia si configura davvero come un canto alla vita, ma non disdegna neppure i toni della litania, il conversari intimo della supplica e della lode al creato: in essa vi è adorazione e beatitudine, contemplazione silvestre, purezza d’incanto, meditazione e preghiera che raggiunge, finanche, il fascino meditato della Via Lattea. «Lodando il Signore / vago sopra questo campo rigoglioso, / ricco di primizie salutari» (22), scrive, e ci rendiamo conto di questa vincente poetica dell’essenza che tende a una purezza di stile che si associa alla levità e ricchezza dei contenuti; il tono spesso gnomico farebbe propendere per una poesia che, pur profondamente religiosa, scantona il dogma per farsi lirica. Versi sapienziali e di raccoglimento, di esaltazione della vita nella semplicità degli accadimenti naturali. Testi immersi nella vegetazione boscosa, rigogliosa e nutriente di una campagna che, se lavorata con giusta mano e con competenza, sa dare in maniera prolifica i suoi più succosi e nutrienti frutti. Si apprezza della sua lirica questo effluvio di aromi, intesi quali miscele purissime, date


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

dai profumi della natura che si coniugano a una confessione con l’Alterità: «Ho ascoltato la Tua voce / tra gli alti cipressi / e le colline verdeggianti: // ho respirato la Tua storia, // compreso il messaggio / della moltitudine / tra gli alberi da frutto, / i rovi e i gelsomini» (26). Il ricordo della nonna è sempre vivido e fulgente – umana presenza nella forma di traccia – esso si realizza con un incrociarsi di vedute: «il Tuo sguardo buono / che profuma di lavanda, / come nel campo i cedri» (38) in un antro di solitudine e riflessione intima: «la saggezza, / s’annida nell’ascolto e nel silenzio» (35). In chiusura, quali migliori parole se non quelle del poeta spagnolo citato a colloquio – profondo e nevralgico – con l’alloro, recettore d’ansia, tormento e amore indefesso per l’esistenza del poeta: «O alloro divino, d'anima inaccessibile, / sempre silenzioso, pieno di nobiltà! / […] / O grande sacerdote del sapere antico! / O muto solenne chiuso ai sospiri! / Tutti i tuoi fratelli del bosco mi parlano, / solo tu, severo, disprezzi la mia canzone! // Forse, o maestro del ritmo, mediti / la vanità del triste pianto del poeta. / Forse le tue foglie, macchiate di luna, / perderanno l'illusione della primavera». Lorenzo Spurio Jesi, 11/07/2021 FABIO STRINATI, Nei cinque sensi e nell’alloro, Edizioni Il Foglio, Piombino, 2021. ___________________________________ Domenico Defelice: “Avvolto nel silenzio” ↓

Pag. 18

È uscito in libreria, ma può essere acquistato anche su internet, il bel libro d’arte:

…Condividiamo ciò che scrive il critico sul vero compito dell’arte che non risiede nell’ “imitare neutralmente la realtà, ma di far riflettere e di far pensare”, quando essa proviene da un vero artista, e anche quando essa è di stampo tradizionale, pur non basata su una struttura di chiara ascendenza “verificale”, sempre essa attiva una sua azione di verifica sulla sensibilità del fruitore… Il forte amore verso l’opera di Dante Alighieri ha poi condotto il pittore Tripodi all’esecuzione di ben 150 composizioni che vanno dall’ “Inferno” dantesco fino all’Empireo. Il poeta-critico Defelice si sofferma su “L’Ulisse” del 1998, in cui risalta il volto sullo sfondo dell’incendio di Troia e su “Manferedi”, una tempera del 1990, che raffigura la morte di Manfredi, re di Puglia e di Sicilia, figlio naturale e legittimo di Federico II e della contessa Bianca Lancia…”. Andrea Bonanno Da Mail Art service, marzo 2021


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

IN RICORDO DI

ANGELA CASTOLDI di Lia Giudici

“O

GNI perdita produce dolore”, così afferma il nostro direttore Domenico Defelice, e dice bene. Ma ogni lutto è diverso e la differenza consiste nella sua rielaborazione o forse meglio nell’esito di essa. Ci può infatti condurre a un allargamento di orizzonti, a rendere concime futuro il bene che nella relazione si è scambiato, oppure ci può sprofondare in abissi molto profondi, dove a volte ci si perde e riemergere è faticoso. Ho conosciuto Angela tantissimi anni fa, nel 1975 per l’esattezza, nel cortile di quella che è stata la mia prima vera residenza a Milano, una casa di ringhiera non lontana dal centro, un tempo zona popolare, trasformatasi con lo scorrere degli anni in una delle aree più ambite dalle scuole di moda e dalla movida Quella casa di ringhiera, teatro del nostro primo incontro, aveva la caratteristica di essere stata la

Pag. 19

prima casa di ringhiera costruita con i servizi interni; generalmente i bagni erano in comune, sui ballatoi. Aveva dieci anni più di me, sposata con un bambino che non aveva ancora tre anni quando ci incontrammo la prima volta, il secondo doveva ancora raggiungerci. Come nuova arrivata ero stata chiaramente notata e un giorno mi approcciò, chiedendomi se frequentavo l’Università. Alla mia risposta positiva - frequentavo Lingue - mi informò che anche lei era iscritta, a Lettere. Fu l’inizio di un’amicizia feconda che non ha conosciuto interruzioni. Anche dopo il mio trasferimento in altri ambienti, i miei soggiorni altrove, che includono pure stati esteri, anche dopo aver lasciato Milano. Solo il suo decesso l’11 giugno scorso, ha scritto la parola fine a questa frequentazione, a seguito di una malattia durata poco più di un anno; il “brutto male”, che spesso ancora oggi sembra non dare scampo, probabilmente già si poteva intravedere in una ecografia da lei fatta poco prima che iniziasse il lockdown; analisi, visite, controlli però, per chi non aveva contratto il coronavirus, furono rimandati e la diagnosi per lei arrivò quando forse era troppo tardi: tumore alle ossa e con questa sentenza si è dovuta confrontare prima di cedere il passo a questa “cosa” che l’ha mangiata dentro. Angela era nata a Castano Primo, un paese in provincia di Milano di quasi undicimila abitanti, il 25 luglio 1943, una data memorabile. Il 25 luglio infatti il re Vittorio Emanuele III aveva deposto Benito Mussolini. La coincidenza delle date era per lei motivo di grande orgoglio. Come donna nata durante la guerra, in una famiglia con quattro figli (tre sorelle e un fratello), “di gente tranquilla, che lavorava” suo padre era uno dei parrucchieri del paese (a volte le canzoni di musica leggera rendono bene i concetti), il destino poteva sembrare segnato: avrebbe frequentato dopo le Scuole Elementari al massimo la Scuola di Avviamento Professionale, trovato un’occupazione, in attesa di accasarsi. Ma il suo destino “deragliò” da quel tracciato; grazie a una sua


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

insegnante che si prodigò presso i suoi genitori...un’intelligenza così viva non doveva/poteva essere sprecata… ad Angela fu concessa l’iscrizione alla Scuola Media, il cui accesso era legato a un esame di ammissione e che rendeva inevitabile il proseguimento degli studi. Alla fine della Scuola Media, brillantemente frequentata, si iscrisse all’Istituto Tecnico per Ragionieri di Novara, una scuola che la famiglia senz’altro impose perché un percorso universitario non poteva nemmeno essere pensato e quel tipo di scuola ai tempi garantiva immediatamente un posto di lavoro. Dopo la Maturità infatti lo trovò subito in una Multinazionale con sede a Milano; ne curava i bilanci e ogni tanto volava a spese dell’Azienda ad Amsterdam a discuterli con l’Amministratore Delegato. Qualcuno dei lettori potrà obiettare che ci sono sempre state menti brillanti che pur di umili origini sono riusciti a scalare i gradini dell’istruzione raggiungendo vertici di alto livello, e questo è vero, ma il caso di Angela preannuncerà una svolta che sarebbe avvenuta poco dopo; l’Italia, uscita a brandelli dalla terrificante esperienza della guerra, doveva sorprendere un po’ tutti: nel 1962 fu infatti istituita la Scuola Media Unificata e veniva finalmente applicata in questo modo la Costituzione della Repubblica che prevedeva otto anni di scuola gratuita e obbligatoria per tutti. Il percorso intrapreso da Angela faceva intravedere un periodo che avrebbe visto una massa crescente di studenti che si avvalsero di queste inedite possibilità offerte anche a livello istituzionale. I tempi stavano cambiando e la società era in fermento. L’Italia aveva dato avvio a un processo, ai tempi inarrestabile e che sembrava non si sarebbe mai fermato, di affrancamento da ruoli/schemi /posizioni condizionati dal censo. Angela prese a un certo punto la decisione di trasferire la residenza a Milano e da questa città non si è più spostata; lì si è sposata con Giorgio, lì ha deciso che avrebbe smesso di fare la ragioniera per frequentare l’Università e poi laurearsi con il massimo del punteggio,

Pag. 20

con una tesi sperimentale messa a punto sul campo, premiata anche economicamente, lì sono nati i suoi due figli, Damiano e Lorenzo, lì ha fatto il concorso e ha incominciato a insegnare Geografia Economica con grande passione, lì ha vissuto tutti gli sconvolgimenti che la nostra Repubblica ci ha serbato in questo lunghissimo periodo ed è lì che ha detto addio alla vita. La sua decisione di lasciare un posto di lavoro ben retribuito e stabile può essere senz’altro ascritto all’entusiasmante contesto di allora: non si era mai sazi di Cultura, il desiderio di ampliamento degli orizzonti era instancabile, la vitalità delle esperienze difficilmente descrivibile. Il prosieguo che poi fu non rende giustizia a quella situazione, così pregna di ideali, di desiderio di cambiare, di talenti messi a disposizione della collettività. Nonostante tutto questo Angela percepiva Milano in modo contraddittorio, per molti versi l’apprezzava, ma non l’ha mai profondamente amata, perché non si è mai sentita veramente a casa. Non poteva dimenticare la vita nel paese dove era cresciuta, scandita in modo ordinato, pur imprigionante, ma fonte di certezze, e che permetteva un rapporto più intimo con la natura Trovava questa grande città certamente interessante, dato che offriva spunti di riflessione, possibilità di incontro e di partecipazione a eventi che la provincia difficilmente può dare. Anche la “fauna” che popola città come Milano è particolare, eterogenea, e le differenze possono essere più facilmente accolte. La sua casa era un luogo di incontro per me imprescindibile, accese discussioni animavano l’atmosfera, lei si batteva per i suoi ideali, che la vedevano sempre schierarsi dalla parte dei più deboli, difendeva strenuamente le sue idee; in tutto ciò metteva tanta foga, che a volte poteva spaventare chi si era abituato al “politically correct”, ma le sue posizioni erano molto rispettose, tentava sempre infatti di capire il punto di vista dell’interlocutore. Certamente la sua logica stringente, la sua cultura, la sua profondità di pensiero spiazzavano non pochi per l’irruenza, e a volte veniva giudicata “un po’


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

rigida”. Un giudizio assolutamente superficiale, anche perché lei era sempre pronta a cogliere l’aspetto umano di chiunque le si parasse davanti e in quella casa erano banditi i pettegolezzi malevoli. Regnavano invece ospitalità e generosità. E accoglienza, da parte di tutti i componenti della famiglia. Il perno era lei, ma l’amicizia da me intessuta coinvolge anche loro. Esprimeva il suo mondo interiore anche in forma poetica. Scriveva infatti poesie che non ha mai tentato di pubblicare, anche se pure in questo caso a volte notavo delle contraddizioni, nel senso che mi sembrava invece che lo desiderasse; far conoscere le proprie poesie comporta però mostrare la parte più intima di sé, far emergere magari la propria vulnerabilità...inoltre si aggiungeva in lei un profondissimo senso del pudore; il risultato è stato pertanto che alcuni amici non abbiano mai saputo di questa sua attività e anche i più vicini a lei hanno avuto solo qualche volta l’onore di leggerne qualcuna. O di sentirle lette da lei. Non credo di farle un torto, ora che non può più contestare, se sottopongo all’attenzione dei lettori di Pomezia-Notizie qualcuna delle sue creazioni; è un renderle omaggio, riconoscere a una persona la sua umanità, veicolata attraverso la poesia; la nostra amicizia inoltre sta a testimoniare che due differenti percorsi di vita, a un occhio estraneo veramente divergenti, possano essere condivisi, nel rispetto reciproco. Nutro poi la speranza che questa “emersione” arricchisca chi si appresterà a leggere questi versi, aldilà della loro amarezza. Menziono una poesia relativa all’infanzia e quelle che si riferiscono a Milano. Le contraddizioni sopra accennate qui emergono in modo molto chiaro. INFANZIA: Allora il mondo era perfetto/ed eterno./Ogni cosa aveva il suo posto/preciso, immutato./Ed il tempo era fermo./Mia nonna seduta nel buio/batteva paziente le nocche/nodose/ sul tavolo spoglio,/con fragili spalle/ricurve/da sola reggeva l’assalto/furioso degli

Pag. 21

anni A MILANO: “...Amo questa città/solo quando buia e desolata/alfine si raccoglie/sotto una pioggia/infinita” QUESTO TRAM: “Questo tram/cittadino è.. un’arca. Dalla notte ci accoglie/umani/di tutte le razze/e ci mette a sedere/di fronte/l’un l’altro a spiarci/nel viso.../Poi uno ad uno/ci lascia al buio/del nostro destino POTREI FORSE AMARE: Potrei forse amare questa città/se mantenesse il respiro quieto del mattino/del mattino di un giorno di festa./Potrei forse amarla/se ci accogliesse ogni giorno/con l’abbraccio festoso/di un corteo del primo di maggio./Potrei forse amarla/se mantenesse ai miei figli/la promessa di una festa popolare/nel parco/in una notte di luna SUL MARCIAPIEDE: Sul marciapiede sporco/di Milano,/un piccione, gonfio di piume,/insegue la sua compagna./Col verso roco/dell’amore./Solenne,/rinnova l’eterno rito/della vita/nello squallore metropolitano Chiudo questa esposizione con un’ultima poesia, quella che è scritta a retro della foto che ci è stata consegnata in occasione del commiato, la prima volta nella chiesa di Castano Primo, la seconda nell’Orto Condiviso di Via Padova, gestito dalla Lega Ambiente. Protagonista di questi versi è la Natura, che ha avuto un ruolo di primaria importanza nella sua vita, pure nei suoi ultimi scampoli; tutti i pomeriggi infatti veniva accompagnata dal marito in uno dei parchi milanesi, lì scattava foto a scorci di estrema bellezza, pur nella loro semplicità, e puntualmente le inviava a noi amici. E tutto questo poco tempo prima di salutarci per sempre. La Natura era in grado di darle qualche risposta sul senso della vita, da lei continuamente cercato. Di lei si potrebbe infatti dire: “Ha ricercato in modo instancabile il significato del nostro stare al mondo, pur nutrendo


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

dubbi sull’esistenza di una Entità Superiore” “Amo il silenzio/austero del bosco e il canto/Solitario di un uccello/Che non riesco a vedere./Ma è la voce/Sommessa del fiume lontano/Che mi commuove/Cammino nella neve/Sopra le impronte lasciate/Da altri./Nella solitudine mi sento/Meno sola Lia Giudici

A MILANO A Milano l’orizzonte è breve, chiuso fra due edifici. Ma le mattine di gennaio il sole sorge proprio in fondo a questa via. Il rossore dell’aurora mi sorprende all’uscita dal mio portone Amo questa città solo quando buia e desolata alfine si raccoglie sotto una pioggia infinita Angela Castoldi

Pag. 22

ma ho scordato il luogo dove un giorno le ho riposte! 27 gennaio 2021 Mariagina Bonciani Milano

TRA LE CREPE DEI TUFI Guidò la mano dell’infanzia, verso la riva di sassi, la pietra ruvida restituita dal fuoco. Tra le crepe di quei tufi tane di lucertole padrone dei muri fino alle impossibili altezze inseguite e mai raggiunte, tranne che da grida di bimbi d’instancabili scarpe con petti pieni di giorni e di notti e fili di speranze. Si va ancora talvolta alla marina, seguendo le pietre portate dal ventre caldo della terra, per ritrovarsi a scrutare, in un’alba nuova, quella luce che si cerca ancora. Salvatore D’Ambrosio Caserta RISVEGLIO VENEZIANO

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO Cercava un tale un dì il perduto tempo negli anfratti mnemonici dei sensi; io perdo oggi il tempo per cercare cose ancora presenti alla memoria, ma di cui ho da molto ormai scordato in quale luogo un giorno le ho riposte. Copie di un giornalino giovanile, dattiloscritto insieme ad un’amica ai tempi delle medie, pieghevoli di mostre visitate, che oggigiorno sarebbero quasi storici reperti, appunti e annotazioni, date e dati … Oggi ricordo queste cose, le ho in memoria,

In una calda notte veneziana mi sono risvegliato di soprassalto da un doloroso letargo, da una pesante crisi di fiducia come capita a tutti i poeti prima o poi nella vita. Un oceano di nebbie si è dissolto, e d’ortiche, e cemento. Davanti agli occhi miei affascinati c’era di nuovo il mondo: bello, terribile, e, come sempre, inaffidabile. Ma finalmente, anche per me nuovamente esprimibile. Lui De Rosa Da: Viaggio esistenziale, Gammarò Edizioni, 2019


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

DOMENICO DEFELICE LE PAROLE A COMPRENDERE di Leone D’Ambrosio

D

AI fatti di cronaca alla politica, dagli epigrammi alle recensioni, la raccolta di poesie Le parole a comprendere di Domenico Defelice, hanno un tracciato trasparente, ovvero non conoscono ombre. Una poesia reale dov’è la parola a guidarci. A volte ironica, altre volte satirica, la poesia di Defelice mantiene sempre la stessa pienezza del verso. D’altronde, i versi: “Lungo il sentiero di trifoglio e gramigna/ ho raddrizzato una lumaca rovesciata./Grazie sembrava dirmi/ con i suoi tentacoli impazziti”, hanno la stessa intensità di: “Per me bambino selvaggio/ era la montagna/ degli alberi morti”. Nella semplicità Defelice entra nel profondo delle cose della vita e degli eventi, perché essi rappresentano spunti

Pag. 23

di riflessione concreti. Una poesia colloquiale, direi, innervate da un linguaggio moderno, popolare, intimo che segnano un’alleanza tra il poeta e la poesia. Il bagaglio culturale di Defelice è ampio e si sente già dal titolo di questa raccolta: “Le parole a comprendere”. E, si nota soprattutto nella sua vasta produzione pubblicistica. Una poesia indagatrice, la sua, corrosiva anche, egli non esita a distogliere lo sguardo sul quotidiano per rivolgerlo verso il futuro. Ma è proprio questa l’abilità del poeta, individuare l’essenza dei segreti nascosti ma anche quelli già noti. In definitiva, questa poesia è altamente sociale, caratterizzata da una onestà intellettuale in una società, come la nostra, vacua e mediocre, fatta di sfrontatezza e di improvvisazioni. Mi piace chiudere, questa mia nota, con i versi di un suo aforisma: “Bassa ombra e sole alto.//Prima che mi aggredisca,/ decapito l’orgoglio appena nato.” Leone D’Ambrosio Genesi Editrice – via Nuoro 3 – 10137 Torino – genesi@genesi.org; http://www.genesi.org – Pagine 140, € 14,50

RIDEVO ALLO SPETTACOLO La luna dilagava sulle vecchie capanne di lamiera e paglia. Si andava rasoterra i vecchi come leoni alla posta bestemmiando il chiaro inopportuno. Arrivarono da dietro la collina gli aerei come falchi in picchiata sull’allodola. E fu l’Apocalisse. Sdràiati in mezzo all’erba! mi strattonava Annunziata. Innocente, ridevo allo spettacolo. Domenico Defelice


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Bene scripsisti dixit Deus di Italo Francesco Baldo

N

ON si può né leggere, né gustare appieno la Divina commedia se non si ha almeno una spolverata di conoscenza del pensiero di San Tommaso d’Aquino, il “nobil agno della santa greggia”. Le opere del dottore scolastico sono, ieri come oggi, un caposaldo del pensiero filosofico e della teologia rivelata. Il Doctor Angelicus, così è appellato il pensatore, che è maggiore filosofo e teologo del Medioevo è un valore, anche oggi ben presente a coloro che sanno unire la fede e la ragione, le due ali senza le quali l’uomo è semplicemente invalido, ha dato. Le sue grandi opere, Summa theologiae e della Summa contra gentiles, i suoi Inni colgono i temi più centrali della filosofia e non, contrariamente a quanto dicono certi dottorelli, sono figli del tempo, della moda, ma inducono a piena riflessione. Lo furono ieri quando egli insegnava a Parigi e quando le sue opere vennero divulgate e oggi

Pag. 24

quanto attraverso il suo pensiero si esprime la genuinità della fede e della retta ragione. Dante Alighieri conobbe e studiò le opere di San Tommaso e il pensiero dell’Aquinate lo ritroviamo in tutte le sue opere e particolarmente nelle tre le cantiche e coloro, tra cui Dante stesso, “che ragionando andaro a fondo” non possono che riferirsi al suo pensiero, il quale si coniuga con chiarezza con quello dei Padri della Chiesa e con quello degli ordini mendicanti, in particolare i Francescani e di altri pensatori della Scolastica. Non approfondiamo qui i due celebri canti (Paradiso XI e XII) dove San Francesco e San Domenico sono ricordati da San Tommaso e da San Bonaventura, ma il Centone dantesco A San Tommaso d’Aquino dell’Abate Leonardo Perosa (Portogruaro, 16 maggio 1834 – Venezia, 31 luglio 1904). Fu protagonista della cultura a Venezia e nel Veneto, fu bibliotecario alla Querini Stampalia di Venezia, critico letterario e fondatore della rivista “La scintilla”, che a fine Ottocento ebbe un ruolo importante per la cultura cattolica nella regione dove operò. In occasione del Ricordo del sesto centenario [della morte] di San Tommaso d’Aquino (Venezia, Tip. L. Merlo, 1874), fece memoria con una originale composizione proprio di quel caposaldo del pensiero, utilizzando soprattutto versi dell’Alighieri, che spesso si intrecciano con la persona ed il pensiero dell’illustre pensatore. Nel volume trovano posto anche altri scritti di particolare rilievo come Influenza della dottrina di San Tommaso sulla civiltà, Della politica di San Tommaso d’Aquino, alcuni sonetti e appunto il Centone dantesco. Il valore di questa composizione (pp.65-70) in ottave, ben 16, è nell’intrecciarsi dei versi danteschi presi da ogni cantica a formare l’elogio di San Tommaso lui “che al ben ne incuora” e “di quest’umile Italia alfin salute / sia di Cristo adunar la bella scuola/ di sapienza, d’amore e virtute.” Così verso la fine del Centone. Di questo proponiamo la lettura delle alcune ottave, lasciando al lettore la curiosità, prima scintilla della ricerca della conoscenza,


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

la ricerca di quali versi sono presi dalle cantiche dantesche. O nobil agno della santa greggia Che Domenico mena in suo cammino, Aquila cui nessun volar pareggia Fiso guardando nel raggio divino, Verace speglio u’l’uom pinto vagheggia Quante ragion qui vede e il suo destino, Tauro del cui mugghiar fur poi feriti I più solinghi e discordanti liti. Sacro oggi è l’inno a te! Di gloria degno Ad alte grida Te già disse il mondo, Cui nei messaggi dell’eterno regno A veder tanto non surse il secondo; Diero a te lode d’angelico ingegno Color che ragionando andaro al fondo; Te paventar nemico ed empii e stolti Che reser torti i più diritti volti. ….. Ma i superbi cristian, miseri lassi, Cui non volge il desio di tanta grazia, A ben torcendo vergognosi e bassi La sete natural che mai non sazia, Da Dio si fuggon coi ritrosi passi, Di fuor del quale nessun vero si spazia; Né san che senza tale verace manna A retro va chi idi più gir s’affanna. Oh! mondo folle, che ti fai sì grosso Col falso imaginar, perché non vedi Come ogni error Tommaso ebbe rimosso Sol poiché colla Chiesa mosse i piedi? Perché al suo dire il viso e tiene il dosso Al fare, e sul suo passo on procedi, E lodi lui, mentre il suo dio ti noja, Ch’è principio e cagion di tutta gioja! Per chiudere nel Convivio (10, 11-13 Dante ricorda accanto ad Aristotile, Cicerone e Salomone, San Tommaso e il valore della ricerca della verità : “ Onde è da sapere che lo nostro intelletto si può dir sano e infermo: e dico intelletto per la nobile parte de l'anima nostra, che con uno vocabulo 'mente' si può chiamare.

Pag. 25

Sano dire si può, quando per malizia d'animo o di corpo impedito non è ne la sua operazione; che è conoscere quello che le cose sono, sì come vuole Aristotile nel terzo de l'Anima. 12. Chè, secondo la malizia de l'anima, tre orribili infermitadi ne la mente de li uomini ho vedute. L'una è di naturale [jat]tanza causata: chè sono molti tanto presuntuosi, che si credono tutto sapere, e per questo le non certe cose affermano per certe; lo qual vizio Tullio massimamente abomina nel primo de li Offici e Tommaso nel suo Contra-li-Gentili dicendo: «Sono molti tanto di suo ingegno presuntuosi, che credono col suo intelletto poter misurare tutte le cose, estimando tutto vero quello che a loro pare, falso quello che a loro non pare». 13. E quinci nasce che mai a dottrina non vegnono; credendo da sè sufficientemente essere dottrinati, mai non domandano, mai non ascoltano, disiano essere domandati e, anzi la domandagione compiuta, male rispondono. E per costoro dice Salomone ne li Proverbii: «Vedesti l'uomo ratto a rispondere? di lui stoltezza, più che correzione, è da [sperare]»” Italo Francesco Baldo

UN ATTIMO DI NULLA VORREI Una breccia nel tempo aprire, un momento dove l’arte del nulla come filo a piombo cada e trascini lontano, fuori dal cuore del mondo. Scuote nel boato dell’assenza, il gelo del battito sospeso. Nel tentativo breve della fuga, accade che l’afrore suo di ritorno sveli invece il senso di quanto conti invece per te, il mondo. 27.4.2021 Salvatore D’Ambrosio Caserta


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

A Tango Tis Nefelis (Tango Greco) di Leonardo Bordin

D

EI nostri viaggi in questo bellissimo paese, la Grecia mi rimasero il sole,le luci, i colori, il mare, gli anziani preti ortodossi in paese con la lunga barba bianca e il vestito nero e l’evocazione del paesaggio marino e montano ascoltando la canzone “A Tango Tis Nefelis”. Conosciuto anche come “Nefelis Tango”, in Italia viene chiamato “Il Tango Greco” o “Il Tango delle Nuvole”. In realtà questa musica non è un Tango, neppure è Argentino e la musica non viene dalla Grecia. Deriva dalla musica Celtica ed ha come compositrice Loreena McKennitt, di origine Irlandese, nata in Canada, che è maestra d’arpa, compositrice, attrice e cantante. Questo brano è nato come composizione solo strumentale e fu commissionata dal “National Film Board of Canada” per la colonna sonora di “The Burning Times”. Nel 1991 Lorena McKennitt lo inserì nel suo album “The Visit” chiamando il pezzo “Tango to Evora”. Qualche anno dopo, nel 1998, la musica è stata arrangiata sia in Turchia (da Nilufer), sia in Grecia dalla grande Haris Alexiou, la più famosa cantante che la Grecia abbia avuto dal 1971, quando salì al successo internazionale con la canzone

Pag. 26

“When a woman drink”. Haris da a questa musica un accento greco scrivendo essa stessa le parole. Una storia lontana dalle storie dei tanghi, una piccola fiaba: TANGO DI NEFELIS Nefeli è una fanciulla, due angeli vogliono portarla via e spegnere i suoi ricordi. Zeus la fa fuggire trasformandola in una nuvola. Il nastro dorato che portava nei capelli Nefeli per distinguersi dagli altri nella vigna, da due piccoli, piccoli angeli le fu rubato. Due piccoli angeli che nei loro sogni desideravano Nefeli per darle da mangiare melograno e miele, perché non avesse più ricordi e dimenticasse ciò che voleva, la sedussero. I giacinti e gigli bianchi rubano il suo profumo e se lo mettono addosso, gli angeli (amorini) le lanciano frecce e la deridono. Ma il buon Zeus le porta l’acqua dell’adolescenza, la trasforma in nuvola e la disperde, in modo che non possano trovarla. Due piccoli angeli che nei loro sogni desideravano Nefeli per darle da mangiare melograno e miele, perché non avesse più ricordi e dimenticasse ciò che voleva, La sedussero. Il nastro dorato che portava nei capelli Nefeli per distinguersi dagli altri, nella vigna da due piccoli, piccoli angeli le fu rubato. Leonardo Bordin


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

LE OPERE DI SILVIO PELLICO di Leonardo Selvaggi I ’attività letteraria di Silvio Pellico comincia nel 1812 e comprende anche gli anni della prigionia. Il suo desiderio è quello di affermarsi come poeta tragico. Nelle “Mie prigioni” confessa di illudersi di occupare un seggio non molto diverso di quello di Alfieri. Non abbiamo l’asprezza dei caratteri, si dà, invece, risalto al tono affettivo, sentimentale, romantico. Certo questi aspetti tolgono il vigore tragico di cui l’Alfieri è insuperabile maestro. Delle dodici tragedie scritte, solo otto pubblicate. La più celebre “Francesca da Rimini”, rappresentata per la prima volta al teatro Re di Milano, la sera del 18 agosto 1815 con esito felicissimo dalla compagnia del Domeniconi e della Marchionni, gli attori più famosi di quel tempo. Mai dimenticata, ma il sentimentalismo che tanto commuoveva allora, ai tempi nostri non piace più. Il trionfo è dovuto alla soavità manierata del romanticismo latente dentro la struttura di una tragedia

L

Pag. 27

classica, apprezzata da Byron e da Stendhal, molto allora hanno paragonato Pellico a Racine e ad Euripide. Altre sette: l’”Eufemio da Messina”, l’”Ester d’Engaddi”, l’”Iginia d’Asti”, il “Leoniero da Dertona”, la “Gismonda da Mentrisie”, l’”Erodiade”, il “Tommaso Moro”, il “Corradino”. Dopo l’insuccesso di quest’ultima, il Pellico disgustato si volge tutto alla poesia lirica. La maggior parte delle sue liriche sono infatti degli anni 1834 – 37. Le “Cantiche” o novelle poetiche narrano la vita del Medio-Evo, in versi sciolti, ricordano alla lontana il Byron. C’è della monotonia, della poesia debole, non trascurabile l’intento di lezione morale. Da rilevare la gentilezza di alcune figure di donne, la sincerità dei contenuti, il vigore delle pagine autobiografiche. II Le “Poesie varie”, c’è della delicatezza dei sentimenti, la poesia, come già detto, non ha voli sicuri ed elevati. In prosa parecchie “lettere”, interessanti come studio dell’animo dell’autore, che anela a distaccarsi dal mondo, rivolto a mistiche contemplazioni. I “Doveri degli uomini” in uno stile semplice, pervasi da alto sentimento cristiano. Le “Mie prigioni”, l’opera autobiografica – capolavoro di verità, di grande spiritualità, espressione di amor patrio. Di certo artificioso il giudizio dato dall’Imperatore pedante, bigotto Francesco che leggendo il libro lo interpreta come un atto di vendetta. Può dire questo solo un malevolo torturatore inumano dei reclusi dello Spielberg, avvezzo a mascherare l’odio di una malvagità innata con l’ipocrisia di una fede falsa. Il Pellico ha di mira di raccontare con serenità, senza odio alcuno, i propri tormenti. La struttura è lirico-elegiaca. È un poeta che canta le sue passate sofferenze. Profondo il senso religioso, àncora di salvezza cui si aggrappa con tutta l’anima. La religione gli insegna di sopportare con paziente calma i dolori, con spirito mistico. Nessun pensiero di vendetta né senso di battaglia politica. Silvio Pellico ha voluto scrivere solo un’opera spontanea d’arte, uscita dal suo cuore. Un libro umano, con schiettezza di forma, sempre letto con passione. Il dolore


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

e il suo patema educa gli uomini alla sensibilità, alla fede e alla speranza. Secondo i principi evangelici Silvio Pellico è contro la violenza e la guerra civile. Un migliore avvenire della Patria bisogna aspettarselo dalla Provvidenza e da uno spontaneo ravvedimento dei Governi, sollecitarlo con l’esercizio assiduo della carità e della virtù, con la propaganda del bene. III Le “Mie prigioni” composte fra il ’30 e il ’32. Lo spirito di bontà evangelica e la sincerità, la chiarezza, il candore stilistico che lo caratterizzano, ne fanno un’opera d’arte, oltre che un breviario di fede patria e religiosa. Il Pellico tace dei suoi persecutori. In tutto il libro c’è un leggero pathos romantico, irrorato di luce serafica. L’inquietudine è indegna dell’uomo, una mente agitata non ragiona. L’espressione ha sempre un tono di rassegnazione, di dolcezza, di vigore spirituale, propria delle anime belle e delicate. Le “Mie prigioni” un libro di memorie, famoso e conosciuto in tutto il mondo. Il Pellico intende raccontare attraverso quali vie nella dura prigionia trova la fede religiosa e, con la fede, la forza di perdonare i suoi nemici. Si limita a descrivere fatti e

Pag. 28

uomini in mezzo ai quali si svolge la sua vicenda interiore, la conquista faticosa del sentimento religioso, liberato dai risentimenti, disperazioni, impeti di rivolta. Il giudizio dei lettori è stato unanime, di condanna verso coloro che hanno perseguitato il Pellico e tutti i patrioti. La religiosità dei contenuti non soffoca i moti profondi del cuore, si equilibrano, si illumina di candida luce. Un grande insegnamento per gli altri, esaltando il bene, gli umili. Nel tono della struttura e della prosa delle “Mie prigioni” c’è della lezione del Manzoni, vale a dire un’espressività adente alle cose, semplice, discorsiva, ma non sciatta, popolare, viva. Nel ’32 Silvio Pellico pubblica le “Mie prigioni”, l’immagine di dieci anni di patimenti, della sua persona di patriota e di credente. Negli anni successivi la salute peggiora, alterando la sua serenità e portandolo all’inerzia, che a molti fa cancellare i suoi meriti di grande italiano. IV Il carcere determina il ritorno alla fede, dopo averla persa in gioventù. La mansuetudine si alterna con la disperazione, ma finisce per prevalere. C’è interiorità personale, non si può parlare di influenza manzoniana. La tranquillità, il raccoglimento nascono dall’animo del Pellico, dai suoi moti intimi di se stesso dei suoi carcerieri e dei suoi compagni di pena. Non c’è nulla di drammatico, ma mitezza, sentimentalità del primo romanticismo, la malinconia di Berchet, la dolcezza del Grossi. Un’unità di tono che rivela il vero scrittore. Una forza espressiva che raccoglie in un’immagine coerente luoghi e personaggi. Una psicologia che smorza l’esteriore per far sentire la voce dell’anima. Il Pellico, come il Nievo, ha saputo, prima del Fogazzaro e del Verga ritrarre persone vive con una vita intima e mettere sui lineamenti dei personaggi il soffio dell’anima. Non c’è nulla di vistoso come nel Grossi, nel D’Azeglio, nel Guerrazzi. Con mano leggera, con gesti misurati si rendono eloquenti e profondi i sentimenti. Leonardo Selvaggi


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Il Racconto

IL COVID IN FASCE di Domenico Defelice

V

ADO avanti con il raffreddore da quasi una settimana, cercando di curarlo con l’ingoiare bevande calde, Tachipirina e altri intrugli. Così mi si consiglia. Alla fine, stimolato dalle donne, decido di ricorrere al medico. Non ricordo il motivo perché, da sempre, io lo chiami Peynet. È andato in pensione! Al suo posto, dietro la scrivania, con a fianco computer e stampante, trovo una donna sulla quarantina, statura media, né brutta né bella, acconciatura impersonale, vestito impersonale, sorriso a metà tra l’ebete e la tristezza. “Che hai?” Peynet l’avrà istruita a puntino, si comporta come lui! “Tosse, catarro, febbre”. “Scopri le spalle, sollevati la maglia”. Che hai, scopri le spalle… questo tu, dato così, m’infastidisce; non ci frequentiamo; è la prima volta che la vedo; non sono stato con lei a pranzo, né, tantomeno, a letto. S’alza – ah, questa s’alza, l’altro non vi accennava neppure! - e mi tasta con le dita fredde più del suo stetoscopio. “Prendi per cinque giorni una pastiglia di cortisone; è leggero, da bambini, tre volte al giorno, e una bustina di Fluxolal”. Anche la segretaria non è più quella dai glutei esaltanti e minigonna: ha petto stirato, vita snella e un sederone enorme, straripante in un grigio pantalone. Sta rispondendo al telefono dietro il gabbiotto; prende appunti; digita sulla tastiera; consegna ricette vomitate dalla stampante a una interminabile fila di vecchi. La cura prescritta dalla sostituta di Peynet è inefficace. Ritorno e, al suo posto, trovo un dottorino di neppure trent’anni; lei s’è presa una settimana di riposo. Anche lui s’alza e mi ausculta. “Sì, sì, è una brutta bronchite. Continua la cura della Dottoressa e, in più, prendi un antibiotico a pastiglie, una volta al giorno, per

Pag. 29

una settimana e inalazioni con questo inalatore circolare, dall’uso molto semplice.” “Lei me lo presta, dottore?” “No, no. Fa parte del preparato. Tieni questa specie di rotella - con la destra o la sinistra fa lo steso -; spingi in giù col pollice il primo involucro fino a sentir lo scatto; sempre con l’indice, abbassa la piccola levetta fino a sentir lo scatto; espira il più possibile”. Continua, prendi, tieni, spingi, abbassa, espira... Che ti accompagni Carnevale, visto ch’è il suo tempo! “Metti sull’orificio la bocca e ispira; trattieni per almeno dieci secondi e poi sciacquati la bocca”. Dannazione, e questa tua confidenza non richiesta né data! Potrei esserti padre, ma sei figlio della mala educazione e meriteresti di ricevere ben altro nel tuo orifizio, se continui a darmi del tu e a trattarmi da deficiente. Dopo tre giorni, febbre in continuo aumento e diluvio di tosse e catarro. Consigliato ancora dalle donne, vengo accompagnato al pronto soccorso di quella da me battezzata in Resurrectio l’officina tra platani e pini. Elisa, la “virago bionda” di allora, evidentemente ha fatto carriera: non riceve più i clienti: la scorgo tra medici vestiti di bianco, gesticolare e parlare con autorità, il camice verde aperto su un grigio vestito che le fascia il corpo ancora sodo e straripante. Non sta mai ferma; il suo, è quasi un balletto sopra almeno un dodici di tacchi. Giovedì, 20 febbraio 2020 Dopo un’attesa di più di due ore, ecco il mio turno. Frenetica raccolta dei dati; doppio prelievo di sangue; doppia lastra al torace. Sono conciato male: ho una brutta polmonite e debbo essere ricoverato. Non essendoci posti letto, vengo collocato su una barella, prima allineata nei corridoi e poi trasferita in uno stanzone battezzato Sala Gialla, Area urgenza. In realtà, è tutto grigio e bianco; gialli son solo due piccoli contenitori di apparecchi per misurare la temperatura. Due bianchi orologi alle pareti, entrambi fermi, uno alle nove meno un quarto, l’altro alle dodici in punto. Tante le barelle oltre la mia, l’una attaccata all’altra; sulle


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

ultime, in fondo, due anziane signore, silenziosa la prima, l’altra che urla, a tratti quasi regolari, parole e frasi sconnesse (si sussurra abbia avuto un ictus). Le sta accanto il nipote, studente in fisioterapia, che cerca di stimolarla facendole recitare i numeri e l’alfabeto; il giovane è assai calmo e bravo; lei fa per ripetere, ma si dimena, si ribella e urla. Coi numeri arriva fino a tre, il quattro non riesce proprio a pronunciarlo; con l’alfabeto arriva alle prime sette lettere, poi ancora si dimena, si ribella e urla. Nel momento in cui il nipote si allontana, la sento recitare una specie di strana filastrocca, mentre tenta di alzarsi: “Bagno bagnino Le figlie dove fare cacca e pipì? Pipì” “Non puoi alzarti!”, la frena un’infermiera di passaggio. “Non puoi alzarti, stai ferma, ti portiamo il pappagallo.” Alle quattordici, al nipote si sostituisce il fratello della donna, che di lei non si cura: va su e giù per la stanza, tra le barelle, conversando a voce alta al telefonino con un pittore chissà dove, il quale deve controllare l’estero dei cornicioni, verificare lo stato dell’impianto idrico, decidere la dosatura dei colori per la tinteggiatura e riparare la scala sconnessa… Nel tratto di corridoio che, dal principale, porta alla Sala Gialla, due petulanti signore, sedute sulle barelle, chiacchierano di campagna e di lucertole che, sulla pietra, raccolgono l’ultimo sole che scotta. Mi viene il dubbio: ma stiamo in febbraio, o in estate, o nell’autunno da poco arrivato? A tratti, giunge il grido prolungato di una donna, simile al “A chiii io parleròoo se non a teee” di Fausto Leali, un urlo doloroso, straziante, un prolungato “arleoooooo” senza fine, interminabile. In tutta la giornata, sono andato al bagno una sola volta, per la pipì. Non ho bevuto, né mangiato. Poi, ecco la notte, da incubo. Luci a palla fino alle due del mattino; infermieri a gridare e a chiacchierare come imbonitori al mercato

Pag. 30

del pesce; estenuanti lamenti dal mare di barelle. Finalmente le luci vengono parzialmente spente, ma sono le tre e quasi subito hanno inizio le pulizie. Alle tre e cinquanta, la povera donna con l’ictus cade dalla barella rompendo il pannolone e il pavimento della sala sembra inondarsi di pipì e d’altro; la signora della barella accanto scende a prestarle aiuto, cerca di sollevarla, chiama ripetutamente gli infermieri, ma nessuno risponde. Scendo anch’io e vado a cercarli. Nel corridoio principale, il signore in camice azzurro che fa le pulizie mi ferma con cipiglio. Vado dagli infermieri. “Sono io l’infermiere”, mi risponde piccato, brandendo il manico della scopa. Gli accenno della donna; lascia ramazza e carrello e viene ad aiutarla, a pulirla e poi a nettare il pavimento. Avrò dormito, a brani, sì e no una mezz’ora. Venerdì, 21 febbraio 2020 Nel primo pomeriggio, la donna con l’ictus viene trasportata al Sant’Eugenio di Roma. Ci sono due uomini in gravi condizioni. La barella di uno dei due è accostata a un mobile metallico e lui, a intervalli quasi regolari, alza un grido di dolore: “Amiii! Amiii! Amiii!”, si azzittisce per qualche istante e poi sferra, ogni volta, tre grossi pungi sull’armadio che rimbomba. L’altro, che, in mattinata, avrebbe dovuto essere trasferito al Campus di Roma, per tutta la giornata è rimasto silenzioso e immobile come una pietra; dicono che ha sangue, molto sangue nelle feci. È assolutamente vietato scendere dalla barella e muoversi. Mi vergogno, però, di chiedere il pappagallo e tento di recarmi al bagno, dopo un giorno e una notte. “Dove vai? Sei o non sei in un Pronto soccorso?” “Già, e dovrebbe essere così: un soccorso pronto, un soccorso a sosta temporale; invece, qui, è solo un brutto e lungo soggiorno e, allora, se non le dispiace, vado al bagno a fare pipì!”. Alle 14,45 mi sequestrano la barella: serve a uno che ha bisogno d’ossigeno. Mi conse-


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

gnano a una bassa sedia, in corridoio. “Accomodati lì e stattene buono buono”. Dopo una mezz’ora, staccano la spina dell’ossigeno e barella e paziente vengono portati via; al suo posto, altra barella con sopra una donna. La paziente trasportata al Sant’Eugenio per una Tomografia computerizzata, dopo circa un’ora è riportata indietro e ricollocata sulla barella quasi allo stesso posto. Alle 16,15 il paziente che urla e dà pugni sull’armadio viene trasferito al Regina Apostolorum di Albano. Protesto per le tante ore trascorse immobile sulla scomoda sedia e finalmente mi assegnano la barella. Verso le ventidue, nuovo tragico e goffo capitombolo della signora con l’ictus. In assenza di mezzi o strumenti attraverso i quali chiedere aiuto, mi precipito a chiamare gli infermieri; la stessa cosa mi toccherà fare subito dopo per un’altra signora che strilla dal dolore. Mi sono apparsi infastiditi: mi riportano nella Sala Gialla, al posto della donna che si lamentava, collocata nel corridoio centrale, accanto alla loro sala per essere meglio sorvegliata. Sabato, 22 febbraio 2020 I miei occhi si sono allargati ed infossati (nel bagno c’è un piccolo specchio); ora mi sembrano laghi e le pupille isolette in ombra, muschiose. In questo antinferno, ho sentito finora per fortuna un solo pianto di bimba (e dico solo una volta e per fortuna), ma quanto lungo e straziante. All’improvviso s’è quietata; è arrivata l’ambulanza e l’ha portata via ad altro luogo di dolore di questo più attrezzato. Un ragazzo è ferito alla testa. L’infermiera gli rade e capelli. Statti calmo, Matteo! Non s’ode neppure un gemito.

Pag. 31

Il taglio è lieve. Stai calmo, Matteo. Occorrono due suture, due soltanto. Appena appena sentirai due lievi punture di zanzara. Non un lamento. Sei ferito, Matteo. La donna è alta e formosa e ha un’aria d’antan. Stamattina s’è messa seduta sulla barella come su una lettiga; ha indossato uno smanicato, attaccati maniche e collare non si sa se di volpe o coniglio; poi, s’è lentamente truccata. Notte fonda, vigilia della domenica. Il paziente che perde sangue ora sembra star meglio; ha rovesciato sulla barella una busta di medicine e le conta e le ordina. È arrivato un ipovedente che sonnecchia beato, o fa finta. Durante la giornata, movendomi indisturbato tra le barelle – infermieri quasi inesistenti -, ho incontrato tanti giovani e ho fatto il rivoluzionario. Non si può stare giorni e notti in un pronto soccorso, praticamente abbandonati. Muovetevi anche voi, fatevi sentire; senza fare del male, s’intende, e senza farvi male, ma muovetevi! Basta con l’inerzia, basta con la droga del telefonino! Mi han guardato perplessi. Ho capito che non era né tempo né luogo per certe concioni, ma è certo che i giovani alla protesta e alla lotta non son più allenati. Domenica, 23 febbraio 2020 A sorpresa, alle 17,15 è apparso un viceparroco (mi dice, poi, l’infermiere che l’ha accompagnato: “Quando vedo un prete, mi tocco!”). Mi son domandato come mai sia venuto dritto dritto a trovare proprio me! Ché sia accessibile a tutti, e specie ai sacerdoti, l’elenco dei pazienti? Abbiamo recitato l’Ave Maria e ha promesso che alla Santa Messa, che si accingeva a celebrare nella piccola cappella


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

al primo piano, avrebbe pregato per noi di quaggiù – ha detto proprio così: di quaggiù! -, dell’Inferno, insomma; per noi che, anche se volessimo, alla funzione di lassù (il… Paradiso?) non ci possiamo andare. M’è venuto a mente la parabola del Crapulone e Lazzaro, con i due ambienti separati e incomunicabili. Il soggiorno, quaggiù, su barelle e tra barelle continuamente spostate a calci dagli infermieri per far posto a nuovi arrivati; il non essere ricoverati per mancanza di posti letto, sta diventando assai pesante, direi insopportabile per tutti, infermieri e medici compresi. In questi giorni, i figli si sono alternati a farmi visita; mia moglie è venuta molte volte. Stamattina, uno dei miei figli mi ha portato Il Tempo, con, in prima pagina, “Il coronavirus fa paura. Siamo i più contagiati d’Europa”, firmato da Angela Bruni. C’è panico tra i pazienti e, pure, palpabile, tra il personale. Si sentono assai meno cazzeggiate. Cerco di bere il meno possibile per non andare al bagno e sentirmi dire, ogni volta, che mi faccio le passeggiate, invece di stare fermo, com’è d’obbligo, mummificato sulla barella. È venuta a sedersi accanto a me una bella e giovanissima infermiera; forse mi avrà sentito esortare quei giovani inebetiti a guardare e a smanettare apparecchi elettronici; forse s’è resa conto anche lei del mio non eccellente stato d’animo. Abbiamo chiacchierato per quasi un quarto d’ora, ringraziandola quasi commosso. Sì, i pazienti, qui, son tutti ansiosi di venire ricoverati e salire, così, dal questo quasi Inferno al Paradiso. Che dico! Ai piani alti! Mi domando perché, una volta accertato lo stato di salute, s’insiste nel voler ricoverare tutti e a ogni costo, anche nel caso in cui basterebbe una cura da praticare a casa e quando, per giunta, la struttura non è in grado di fornire al paziente un ambiente dignitoso. Perché, chi ha sentito la necessità di ricorrere al pronto soccorso, dev’essere, poi, obbligato a firmare per andarsene, se la patologia è lieve e c’è pure carenza di posti? Perché non dimetterli direttamente? Non ricordo più quanto sangue mi abbiano

Pag. 32

prelevato: almeno due e più volte al giorno; però, ho ricevuto pure, ogni giorno, una e più flebo. Questa notte sembrava annunciarsi meno movimentata e problematica, e pensavo si potesse dormire; invece, alle ventidue e quindici, quando mi stavo assopendo, ecco una bella e sorridente silfide venire a siringarmi! Cado quasi in deliquio. Mi gira la testa, vorticano le luci, la stanza sembra accartocciarsi. Sono sulla terra ancora, per fortuna, e tutto è composito, mutevole e contrapposto, sicché basta un prelievo di troppo, un quasi svenimento, per sentirsi fluttuare, magicamente dall’Inferno salire al Paradiso e ridiscenderne e Lazzaro incontrare il Crapulone. Mi scuoto inorridito, pensando che, se voglio dall’Inferno salire al Paradiso, occorre, qui, passare per la terra di mezzo, la sala mortuaria, dove ti vestono dei panni buoni e ti mettono fra due candele. Lunedì, 24 febbraio 2020 La bella e giovane infermiera, che ieri si è seduta accanto a me a chiacchierare, mi saluta sorridente: Buon giorno, 746! Sono le ore 7,10. Pressione regolare; febbre 6,38. Flebo alle ore 8,15. Ore tredici. Si è liberato un posto al San Raffaele di Roma, alla Pisana; vogliono una mia risposta immediata perché vi sia trasportato. Desidero telefonare a mia moglie, perché lo riferisca ai figli, perché si decida insieme. No, no, tu non hai capito, la risposta ce la devi dare subito, altrimenti il posto verrà assegnato ad altro. Faccio finta di non sentire e telefono. Mia moglie arriva alle 13,15. I figli sono per il mio ricovero. Tentenno. Il San Raffaele è lontano e, lì, nessuno può venire a trovarmi. Gli infermieri insistono quasi con rabbia perché dia la risposta. Tentenno, ancora, facendoli irritare. È allora che un bravo dottorino coraggiosamente si avvicina e mi dice che, a suo parere, io possa proseguire comodamente a casa la cura che loro mi stanno prodigando al Pronto soccorso; è possibile, cioè, uscire dall’Inferno senza venire scaricati in altro. Accetto! son disponibile a firmare tutte le carte che vogliono; sì, sì, mi diano una penna e la


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Pag. 33

montagna di carte. Il dottorino mi prescrive due compresse al giorno di antibiotico, più uno sciroppo che, stando al bugiardino, non potrebbe essere preso dagli anziani; lui, evidentemente, mi avrà considerato un quattro volte ventenne più l’aggiunta: un pischello! Finalmente, alle 14,00 mi avvio verso casa. L’Italia, dicono, ha la più bella sanità del mondo. Ah! Sì, sì, lo penso anch’io, un vero sfinimento, un vero masturbarsi collettivo con le più belle cazzate del mondo! Le nuvole in cielo stanno per sgravarsi, questo pazzo febbraio ha intenzione di bagnarmi!

SONO I CAMION DELL’ESERCITO

Scendi pioggia torrenziale e devastante, lava le nostre tante lordure; insegnaci ad amare il dolore, a rispettare il fratello, a liberarci dalle paure, ad abborrire la cupidigia, a non sprecare mai più ricchezza in armi letali e vacuità nutrendo corona virus che ci divorano anima e corpo, che ci costringono mascherati e ci dividono gli uni dagli altri. Anche la Cina è terra che soffre, come ogni terra, come la nostra; non quella voluta dalle politiche, dalle ideologie, dagli interessi, non quella sporca, quella annidata nel nostro cervello di chirottero, quella creata dai tanti mostri delle ingordigie, dalle follie.

Senti che brusio ovattato di motori? L’aerazione è forse del Pronto Soccorso? Sono i camion dell’Esercito, Alfio. Non c’è posto neppure al cimitero. In passato apparato di morte, è forse oggi di pace? Vedo un generale con l’elmetto. Nel totale disfacimento, forse, ci salverà l’Esercito.

Scendi pioggia torrenziale, lavaci tutti, facci mutare.

D. Defelice: china →

La mattina del ricovero in Pronto Soccorso, ero l’unico con polmonite; nel pomeriggio eravamo già quattro; nei giorni successivi, una legione. Del coronavirus si è incominciato a parlare apertamente la domenica; venerdì lo sussurrava qualcuno. Di certo, era ancora un Covid in fasce, debole e timido, non sufficientemente robusto. Il mutante è arrivato poi, veloce, terribile, aggressivo. Domenico Defelice

Si spostano le barelle con i piedi, con le mani e coi piedi, e non c’è posto, né su, né quaggiù in quest’anticamera d’inferno. Alfio, perché ti lamenti? Non ci son posti letto neppure a pagarli a peso d’oro. Si spostano le barelle con i piedi. Non c’è posto, non c’è posto, non c’è posto neppure al cimitero.

Si spostano le barelle con i piedi, verso dove, fin quando? Mio Dio, un generale con l’elmetto! Ma non bastava il mio Dio? Alfio, Alfio! E dove oggi più trovi la fede da poterci spostare le montagne? Domenico Defelice


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Recensioni AMERIGO IANNACONE LUOGHI Edizioni Eva di Venafro (IS), Anno 2009, Euro 6,00, pagg. 46. I luoghi (quelli con cui si ha più dimestichezza) ‘crescono’ con noi, lievitano (quelli mai visti prima)

Pag. 34

insieme alla nostra attesa di conoscerli, in essi infondiamo la nostra sorpresa nel visitarli, calcarli, nel respirare la storica aria circolante per le loro piazze, l’architettura delle case, dei palazzi; nel ripetere, fino al ritorno a casa, il loro nome che almeno per un po’ di tempo rimarrà unito alle scene-madri del loro panorama. Stiamo parlando non delle grandi capitali europee e nemmeno dei capoluoghi di regioni italiane o straniere, perché in questo ‘geografico’ florilegio non c’è la profilatura in versi di Madrid, di Amsterdam, di Vienna, di Roma, di Milano, di Londra…; ma c’è una semplice ‘guardata’ itinerante che il poeta Amerigo Iannacone ebbe modo di fare nell’arco di un ventennio, più o meno. A lui in verità non piaceva spostarsi, andar via dalla sua Ceppagna, ma lo faceva volentieri quando c’era da presentare un libro di un suo amico-collega, di presenziare a qualche cerimonia di premiazione, di andare a trovare magari qualcuno che aveva fatto pubblicare un libro presso la sua casa editrice “Eva”, e così per noi, stimatori o meno della sua penna, ha ridelineato delle personali cartoline, verso dopo verso, in cui ha impresso la veduta del luogo da lui ritenuta più suggestiva, indimenticabile, talché poteva succedere che gli sfuggissero per l’occasione «[…] dei versi che, se anche probabilmente non raggiungono un alto valore né poetico, né etico né estetico, vanno intesi come un omaggio al paese e agli amici che vi abitano.» (Pag. 5). Se fosse dipeso dalla sua indole sorniona, presumibilmente sarebbe rimasto sempre nel suo luogo e dintorni; mentre, grazie alla professione dell’editore oltre a quella del poeta, scrittore, direttore del mensile letterario (da lui fondato nel 1986) Il Foglio Volante- La Flugfolio, del traduttore nella lingua universale esperanto e dal francese, ha compiuto diverse trasferte riuscendo a vincere «[…] la resistenza interiore/ la pigrizia mentale./ (Ma poi, quando sono fuori/il cuore mi si allarga)./ Un poco mi è di aiuto/ l’annuale congresso di esperanto/ che mi ha portato/ oltre che in città d’arte,/ in posti poco frequentati/ dal turismo di massa/ come San Pellegrino/ o Pineto in Abruzzo./ Ma mi schioda/ da una torpida vita sedentaria/ il richiamo dei luoghi dei poeti/ che formano una rete immaginaria/ di amicizia e di poesia.» (Pag. 7). Quindi, la denominazione del luogo che raggiunse e vide il poeta Iannacone, inevitabilmente da lui è stata associata al nome dell’amico/amica collega che vi abitava, diventando un tutt’uno. In questo preciso caso non è stata la specifica geografia a configurare il posto, ma le parole e l’immedesimazione del poeta molisano, specie quando Egli s’è trovato nella città delle «[…] fondamenta, rio terà,/ campi e campielli col pozzo./ E in questa città cosmopolita/ dove trovi


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

gente d’ogni mondo/ finire col sentirsi a proprio agio/ con l’amare queste mura antiche/ che portano in un’altra dimensione./ Finire col dimenticare/ di essere nel secolo ventesimo/ e attendersi l’incontro in una calle/ di Marco Polo, Tiziano o il Tintoretto/ o Paolo Sarpi o il Prete Rosso. » (Pag. 8). S’immaginò finanche d’essere protagonista o co-protagonista di una commedia del ‘700 di Carlo Goldoni in un teatro, in uno slargo all’aperto parlando scioltamente il vernacolo veneziano «[…] questo dialetto vezzoso/ leggero e femmineo/ carezzare l’orecchio.» (Pag. 8). Non si è trattato solo di una ‘rifacimento’ in versi di un’ambientazione civica, rimessa su alla svelta dall’arguta descrizione dell’autore che l’avrà fotografata realmente ma soprattutto interiormente come, ad esempio, Castelnuovo al Volturno. Lì c’è una sua grande amica, La musa delle Mainarde, la poetessa saggista scrittrice, Antonia Izzi Rufo, che tra l’altro ha pubblicato molto con l’Edizioni Eva e con lei sussiste un paesaggio che sembra avulso dalle leggi del tempo, raccontandosi da solo. «Percorri una strada/ che serpeggiante sale/ nel verde cuore/ delle Mainarde,/ superi tornanti/ mentre l’argenteo ulivo/ cede il passo alla quercia verdeggiante/ e giungi a Castelnuovo./ Una piazzetta pudica/ che ogni anno/ ritrova l’antica/ pantomima dell’UomoCervo.» (Pag. 27). Ad Isernia, altro luogo ‘rifatto’ in versi, c’è, tra gli altri, l’amico Antonio Vanni, il poeta che serba, come reliquia nel proprio animo, il dolore per la scomparsa del suo compagno di banco delle scuole Medie ed è una cittadina «[…] che forse ha ancora qualcosa/ di primordiale,/ qualcosa ancora conserva/ dell’Homo Aeserniensis/ che settecentomila anni fa/ conviveva con leoni ed elefanti.» (Pagg. 2122). Nel mosaico dei ‘luoghi del cuore’ di Amerigo Iannacone è inutile sottolineare che il punto di partenza resta quello prediletto del suo paese in cui risiedeva, vicino Venafro, per finire la silloge, invece, con la metropoli partenopea di Napoli, la città anche dai ‘mille colori’ come l’ha definita nella sua canzone, Napule è…, il cantautore chitarrista Pino Daniele, scomparso nel 2015 all’età di appena sessant’anni. I ‘mille colori’ verosimilmente sono le anime degli artisti, letterati, attori, santi come San Gennaro e San Giuseppe Moscati, che hanno reso internazionale la città sorta ad anfiteatro ai piedi del Vesuvio. «[…] Se penso a Napoli/ più che al percorso/ plurimillenario della storia,/ oltre che all’architettura/ all’arte e al pensiero di Vico e Croce,/ penso alla letteratura/ dai tempi della fabula atellana/ ai nostri giorni,/ penso all’ossimoro/ del malinconico umorismo/ di Eduardo, Peppino, Totò./

Pag. 35

Ma Napoli è per me/ anche la poesia di Bruno, di Rossella,/ e di altri sodali/ che si battono con la penna e col cuore/ per un mondo migliore.» (Pag. 43). Isabella Michela Affinito

ISABELLA MICHELA AFFINITO SI CHIAMAVA CLAUDE MONET Bastogi- 2020 - euro 14 In questo ultimo lavoro poetico, dedicato anche questa volta a un grande artista, Isabella Affinito analizza tre aspetti fondamentali della pittura di Claude Monet: la presenza dell’acqua, della luce e delle piante, e in particolare dei papaveri e delle ninfee, sempre presenti nelle sue tele. Il volume raccoglie ovviamente poesie innanzitutto. Ma anche, come è orami suo divertisement, un ipotetico colloquio- intervista con l’artista che sta esaminando. Dice in prefazione la Caracciolo: “… Isabella ci conduce per mano attraverso le sale di un’immaginaria mostra d’arte …”. Ma non è solo una conduzione, è anche una spiegazione di ogni pennellata che l’artista francese ha posto sulle sue tele. È la sosta su ogni opera, delle quali Isabella ci racconta tutto ciò che sa, che ha studiato, che ha compreso seguendo il gesto pittorico di Monet, è una vera sistematica dissezione critica. Lei, come per i precedenti artisti a cui si è dedicata, non vive solo l’opera terminata ed esposta, vive i momenti della nascita di quei quadri, tanto è la conoscenza approfondita che ha di ogni centimetro quadrato di quelle tele. Ma non parla solo delle varie composizioni, ci racconta anche in versi cosa è stato nella seconda metà del 1800 il movimento en plein air. E lo racconta in una lirica, dove dice che il dipingere all’aria aperta era un’esigenza senza inibizioni,/senza il fumo passivo/ sulle pareti dell’atelier. La cosa che ci piace in queste poesie dedicate all’arte, perché essa è anche una piccola parte di noi, è la semplicità con la quale ci fa comprendere l’uso dei colori e come e in che ore del giorno si deve cogliere la luce, per ottenere l’effetto desiderato. Ma in tutto questo analizzare e comprendere luce e colori, c’è anche la sua presenza. Discreta ma esistente. E direi anche accorata: Abito nel/luogo dove le/parole fluttuano,/eppure tu come mi/vedi? Mi giudichi /ombra dietro le parole … Descrizioni puntuali e dettagliate in pochi versi. Coglie la Affinito l’essenza dei quadri di Monet, del suo mondo interiore, che con pacatezza si


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

stende con i pennelli sulle tante tele da lui dipinte. Si sa, e ce lo ricorda la poetessa, che Claude dipingeva lentamente. Non aveva fretta di terminare un lavoro. Aveva bisogno di conoscere bene la luce che accendeva o smorzava i colori. La luce, si sa, colpisce in modo diverso le cose. Essa è diversa nell’acqua, rispetto a quella sulla facciata di una chiesa. Diversa è sui papaveri in confronto a quella che cade sulle ninfee. Monet faceva questo lavoro di ricerca e poi lo portava su tela. E c’è ancora la presenza costante dell’acqua in Monet. Come anche nella poetessa. Dice, infatti, Michela: conosco solo legami/d’acqua che regalano la/freschezza di un momento,/ogni terra che incontro cambia … L’acqua per l’uomo è vita, senza acqua non si può stare. Ma basta tornare alla foce per ritemprarsi e continuare con nuova lena a vivere. Compare la speranza, la voglia di ricerca di novità che portano aperture a nuovi mondi. Questi suoi versi sono un‘analisi critica minuziosa dei tanti lavori di Monet, come le fumose arie londinesi, i colori dorati delle venezie, il verde del ponticello sullo stagno, Giverny. E poi le donne fruscianti con i loro ombrellini nella loro consistenza/ di una nuvola passeggera. Intesa non come disprezzo, ma come eterea levità, angelo caduto in terra a rendere migliore la vita del maschio. E poi le ninfee d’un blu/resistente agli affanni … E cosa dire dei rossi sfacciati dei papaveri con quel loro cuore nero, così belli e così rapidi a svanire. Rossi papaveri indomiti, come li chiama Isabella conquistata al pari di Monet da questo bellissimo fiore. C’è, dunque e non poteva essere altrimenti, anche lei che cammina insieme a Monet. In conclusione al testo c’è la verifica, da parte di Isabella Affinito, del suo aver percorso con intensa emotività e sapienza la pittura e l’arte del grande Monet. Attraverso un’intervista impossibile di quindici domande, vuole sapere dal Maestro, ma in effetti sta chiedendo a se stessa, se tutte le cose che ha scritto su di lui sono corrette. Direi che non c’è bisogno di risposte, a parlare bastano le opere di Claude Monet, confrontate con i versi che da lei gli sono stati dedicati. *** Assieme al volume su Monet, la gentilissima Isabella mi ha fatto omaggio anche di un altro suo lavoro. Il IV volume dei percorsi di critica moderna. In esso esamina opere letterarie di vari autori, tra cui Carmine Manzi, Luigi De Rosa, Tito Cauchi,

Pag. 36

Silvano De Marchi, Amerigo Iannaccone, Maria Grazia Lenisa, e tanti altri. A questi scrittori e poeti, alcuni dei quali sono storici collaboratori di Pomezia-Notizie, dedica delle pagine di critica già pubblicate, e qui raccolte. Anche in questo volume, si vede la mano felice della Affinito nel tratteggiare gli autori attraverso la lettura puntuale dei loro scritti. Il volume abbastanza corposo, consta di 240 pagine, è stato edito dalla casa editrice Menna di Avellino. In copertina un collage della stessa autrice, realizzato con forme geometriche ricavate da ritagli di giornali. La parola si fa emblema, simbolo di una metafora che ci ricorda il valore dello scrivere e del comunicare suo tramite. Salvatore D’Ambrosio

MANUELA MAZZOLA FRAMMENTI DI VITA Convivio Editore 2020 -€ 8,00 Ritorna, con una raccolta di trenta liriche, Manuela Mazzola a raccontarci del suo vissuto. Il sottotitolo è emblematico e spiega molto bene l’ambito in cui si è mossa. Rievoca la poetessa il passato; si muove nel presente; vede e cerca nel suo futuro. Ho trovato,/ sparsi sulla mia finestra,/ frammenti di vita(…)(…)la mia fantasia,(…)(…) tinge il futuro di speranza. Ecco il passato, che costruisce nella giovane poetessa la speranza per il futuro. Resiste ancora in lei, non ostante abbia superato l’età della maturità, il mondo fiabesco dell’infanzia popolato ancora di estati infuocate, balli, risate spensierate. Cose le quali, ne è cosciente la preparano alla vita. Sono versi semplici i suoi. Pochi per lo più in ogni composizione, ma tratteggiano bene il sentimento che prova nel momento della scrittura. Vi sono ancora quelle sensazioni di fanciulla, che alternano nelle composizioni l’incanto e il disincanto della vita. E non è negativo del tutto, perché attraverso questa alternanza, questa disarticolazione, si percepisce come è fatto il mondo e si cerca la via per percorrerlo nel migliore dei modi possibile. È ancora giovane Manuela, ma già sente passi affannati/sul catrame consumato. Sa che, in questa corsa continua che è la vita, rimarrà qualcosa di sé. Il poeta non è votato all’oblio. È vero. Cosa c’è di più immortale di lasciare versi? Ma loro, parlano solo a chi sa ascoltarli. Questa frammentazione della vita che lei coglie, è perché lei possiede ancora tanto presente da vivere.


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Ciò la disorienta un poco e le fa posare lo sguardo in più direzioni. Appaiono visioni passate, che hanno tolto un senso al presente e probabilmente anche a un diverso futuro. Dove le vibrazioni/di antichi echi/raggelano il (…) corpo. Le occasioni perse, quelle mancate, con gli occhi del senno del poi, donano sensazioni che non ci piacerebbe mai provare. Ma il mondo è così, la vita è così. Mia madre mi insegnava che sono tutti questi frammenti, questi pezzetti giornalieri di vita che completano poi il puzzle della nostra esistenza. Però nella sua costruzione perfetta, bisogna saper eliminare quei pezzi che non sono adatti. Manuela lo ha capito e l‘operazione di pulizia la effettua e la racconta nella lirica: Pietre. Il volumetto della Mazzola presenta spunti e tematiche interessanti, che sebbene soggettive per ovvie ragioni, non esulano da una ricerca millenaria che operatori culturali portano con loro. Bisogna nell’esprime concetti vecchi come il mondo cercare modi nuovi per dire quelle cose che sono state già dette nel modo in cui noi, senza accorgercene, le continuiamo a ripetere pari pari. Ecco su questo punto rileviamo delle incertezze da parte della Mazzola. Ci piace citare un solo esempio per tutti: gli ultimi due versi della lirica in chiusura Ultimo Capitolo. Quello scorrere di “fotogrammi”non porta la Mazzola verso quel futuro che lei si auspica. Sa di già udito e scritto, e lei non cerca il passato come stile di vita, ma anela a cose future. Perché basta un guizzo, una scintilla/ e si riaccende la speranza. E il segreto, non è un segreto. Perché è noto a tutti e appartiene a tutti: esso è la vita. E allora cerchiamo di più e meglio nella vita; non ci accontentiamo di rovistare tra i frammenti. Salvatore D’Ambrosio

MARIO BORTOLETTO DA DEBITORE A CREDITORE (Nei confronti delle banche) Versione brossura: Chiare lettere - Edizione 2018, pag 145, €, ISBN: 979-12-200-3029-8. Mario Bortoletto organizza un incontro a Roma. Ricevo tramite un’email l’invito di un suo convegno del 6 dicembre 2018 presso la Chiesa di S. Ignazio. Partecipo con piacere al convegno e ricordo a Mario Bortoletto il fatto che recensii i precedenti suoi libri (“La rivolta del correntista” e “Contro gli abusi delle banche”) sulla Rivista Pomezia – notizie. Ebbe

Pag. 37

molto piacere. In questo convegno ha presentato l’ultimo suo libro “Da debitore a creditore”. Il libro è costituito da 25 brevi capitoli e da un Appendice che riporta circa una ventina di foto relative a convegni da lui organizzati in varie parti d’Italia: per esempio a Massa Carrara, Asiago, Padova, Cosenza, etc… Nella presentazione Bortoletto dice che questo libro non tratta di alta finanza e/o tecniche bancarie, ma descrive come comportarsi con il sistema bancario con parole semplici, accessibili a tutti (privati cittadini, imprenditori) al fine di non dover subire comportamenti scorretti da parte del sistema bancario. Pertanto, un capitolo l’undicesimo invita il sistema scolastico ad inserire nei programmi di studio durante l’istruzione superiore nozioni di conoscenza della materia bancaria. Nel primo capitolo viene presentata la storia di un imprenditore, che dopo trent’anni di attività per problemi di riscossione di crediti verso alcuni suoi clienti, fra cui lo Stato, ha un debito con il suo istituto bancario. Tornando a casa gli vengono brutti pensieri. Dopo circa un mese si rivolge allo studio di Bortoletto, che dimostrerà il suo essere creditore nei confronti della banca e non debitore! A proposito del problema finanziario cito un episodio di un’email del 6 marzo 2013, ricevuta nella mia posta elettronica: viene riportato il suicidio di un imprenditore della Ebla a Quinto di Treviso dopo aver scoperto un danno all’altoforno. A fronte di questi episodi lo Stato ha emanato il 27 gennaio 2012 la legge 3, denominata salva suicidi. In tale legge vengono riportate regole per ridurre il sovra indebitamento, aiutando così chi si trova in crisi economica. E’ un altro strumento per poter risolvere le crisi debitorie, oltre alle verifiche della corretta gestione delle banche, di cui è esperto Bortoletto. Questo libro è molto interessante anche rispetto ai due libri precedenti per le informazioni pratiche che contiene per difendersi dai comportamenti scorretti delle banche. Vengono citati esempi di persone segnalate alla Centrale dei Rischi ingiustamente perchè creditori anziché debitori. Si cita l’esempio di un imprenditore che per ottenere un finanziamento per l’acquisto di un macchinario si vede costretto ad acquistare azioni di una banca veneta, che poi successivamente fallisce. Vengono citate clausole fideiussorie firmate come garanzia da terze persone indebitamente coinvolte! Si tratta del MIFID. Si danno consigli per evitare di firmare o sottoscrivere investimenti non affidabili. Si cita un episodio in cui il Direttore di una banca dice ai suoi dipendenti che a fronte di reclami da parte dei clienti di essere evasivi rispetto alle domande soprattutto a quelle imbarazzanti. E così via.


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Fra l’altro ricevo continuamente da Bortoletto sulla mia posta elettronica varie email riguardo cause da lui vinte per la difesa dei suoi clienti. Ne cito alcune: email del 19/12/2018: Bortoletto difende un correntista dalle pretese di una banca riuscendo ad ottenere circa 50.000€ dalla banca, che invece vantava un credito di circa 95.000€; email del 1/03/2019: Bortoletto festeggia il compleanno del suo servizio “Ti accompagno in banca” riuscendo a difendere un suo cliente da una banca che gli chiedeva un rientro di circa 225.000 €. Il correntista chiude la pratica pagando soltanto 60.000€! email del 22/03/2019: il Tribunale di Belluno stabilisce che le fidejussioni, che ricalcano il modello proposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana), sono nulle, come ha scritto Bortoletto nel suo libro! email del 22/11/2019: Bortoletto ottiene altre due importanti vittorie difendendo due correntisti presso il Tribunale di Treviso. Il primo si sentiva aggredito dalla banca, che sosteneva di vantare un credito di 464.688,34 €. Bortoletto ha bloccato le pretese della banca. Il secondo correntista viene difeso dalle pretese di una banca riuscendo ad ottenere circa 60.000€, anziché pagare 90.000 €! email del 27/11/2019: sentenza a favore, per mutui usurari, ottenuta presso la Procura di Rovigo contro gli Istituti che si erano attivati esecutivamente con le vendite all’asta degli immobili dei mutuatari per un valore complessivo di 700.000 €, ottenendo la sospensione della procedura; email del 6/02/2020: sentenza a favore, a seguito di denuncia penale, ottenuta presso la Procura di Teramo per mutui, risultati tutti usurari, ottenendo la sospensione della procedura della vendita della casa all’asta; email del 14/02/2020: altra sospensione di una procedura esecutiva da parte della Procura della Repubblica dopo il deposito di nostra denuncia penale; email del 4/03/2020: il caso di un rifiuto da parte del Direttore della Banca a pagare un assegno circolare, tratto nella stessa Banca, viene risolto con l’intervento dei Carabinieri; email del 20/03/2020: Bortoletto difende un correntista dalle pretese di una banca che gli chiedeva un rientro di circa 150.000 €. Il correntista chiude la pratica pagando soltanto 30.000 €, dimostrando le irregolarità della Banca per usura, anatocismo e commissioni non dovute; email del 24/03/2020: ottiene una vittoria nella difesa per contrastare i danni derivanti da illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi!

Pag. 38

email del 27/03/2020: il Tribunale di Roma prende posizione sulla nullità dello strumento derivato; email del 02/04/2020: altra vittoria di Bortoletto che ottiene per un correntista un risarcimento dalla banca dopo la chiusura di un conto corrente per illeciti subiti nel tempo; email del 11/06/2020: nullità di un contratto fideiussorio presso il Tribunale di Imperia (sentenza n. xyz/2020 pubbl. il 14/05/2020); email del 02/07/2020: altra vittoria di Bortoletto che ottiene per un correntista un risparmio di 400.000 € su 600.000 € richiesti dalla banca; email del 09/12/2020: la Procura della Repubblica sospende l’asta e accoglie tutte le nostre richieste. Lo studio Bortoletto dimostra i profili usurari del mutuo. Se sul web si accede al link seguente: https://www.youtube.com/watch?v=F130UOcfKpw si può vedere un video di Bortoletto dal titolo “Ti fidi della tua banca?”, in cui Bortoletto spiega in modo chiaro le varie esperienze dei clienti nei rapporti con le banche e come imparare a far rispettare i propri diritti. Bortoletto riceve un elogio per la sua opera dal “nemico”: un dirigente di una grande banca afferma che Mario Bortoletto è professionalmente preparatissimo purtroppo per esperienza vissuta personalmente. Bortoletto denuncia gli sciacalli: studi legali che, visto il caso del comportamento illegittimo delle banche, si improvvisano a difendere le vittime con parcelle alte (4 – 7mila euro!) senza avere la capacità di fare una perizia seria! Bortoletto ha preso a cuore le battaglie contro l’usura bancaria perché colpito dalla situazione delle vedove degli usurati che si sono tolti la vita a causa delle banche. Mario Bortoletto è il classico imprenditore veneto, tutto d’un pezzo. E’ di Vigonza (Padova), classe 1949, ha iniziato a lavorare giovanissimo mettendo in piedi un’impresa edile partendo praticamente da zero. Oggi la lotta alle lobby bancarie per Mario Bortoletto è una vera e propria missione che svolge quotidianamente, a latere della sua attività imprenditoriale, come vice presidente del movimento “Il delitto di usura”. Nel 2014 ha pubblicato “La rivolta del correntista”, più volte ristampato, ora disponibile in versione tascabile. Il suo sito web è: www.mariobortolettousuriabancaria.it, il suo indirizzo email è: mariobortoletto@gmail.com Giuseppe Giorgioli


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

MARCELLO FALLETTI DI VILLAFALLETTO LA CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO DI PONTE BUGGIANESE Un paese, la sua storia Anscarichae Domus Accademia de’ Nobili Editore, 2013, Pagg 365, € 20,00 Il Tuo sguardo silenzioso di Madre/ vigilante ci guarda, mentre noi/ corriamo per le vie del mondo/ incuranti e feriti dalla vita/ che trascorre inevitabile. Sotto la guida di Maria, madre del Buon Consiglio, il prof. Marcello Falletti di Villafalletto ha iniziato, prima la ricerca storica, poi la stesura del saggio. L’approfondimento di notizie ed eventi del paese Ponte Buggianese, antichissimo insediamento sorto dalla bonifica del “Padule di Fucecchio” gli è stato affidato da don Franco Turchi Arciprete e Proposto. Il saggio rappresenta un accesso preferenziale alle vicende di un piccolo paese e della sua chiesa. Entrambi, però, diventano simboli di una comunità ben più numerosa, che è quella di una nazione intera. Infatti, la storia del singolo è quella della collettività, nella quale l’individuo si rispecchia, riscoprendo le sue radici. Tornando indietro nel tempo, il Preside espone le diverse ragioni per le quali il paese va ricordato: essendo il posto, una zona alluvionale, è stato usato come sistema difensivo contro le invasioni e quindi, è stato teatro di molti fatti, tra cui l’eccidio civile, durante la II guerra mondiale; in epoca romana, invece, Annibale perse un occhio proprio presso quei luoghi; per di più, la chiesa di San Michele Arcangelo fu affrescata dall’artista Pietro Annigoni che all’epoca era uno dei più illustri. Il cardinale Paul Poupard introduce il volume affermando: “Non poteva trovare miglior cercatore per ripercorrere attraverso accanita ricerca ben più di cinque secoli di vita civile, sociale, politica e religiosa, e descrivere le tante vicende con penna agile e suggestiva, dando così perenne conoscenza degli avvenimenti, ma soprattutto delle persone che hanno, con intelligente tenacia, dato vita e vitalità ad un fecondo patrimonio storico e culturale, che si chiama Ponte Buggianese”. Così come il presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, Bernard Ardura, scrive che il libro è nato in occasione del 50º anniversario dell’elevazione a santuario della cappella di Maria Santissima del Buon Consiglio e del 40º anniversario della proclamazione della Madonna a Patrona dell’autostrada Firenze – Pisa Nord. Pertanto, gli eventi della città terrena s’intrecciano con quelli della città del cielo. Il volume, per di più, è corredato da numerose immagini antiche e moderne delle strade, delle piazze,

Pag. 39

della chiesa distrutta dalla grande guerra, ma anche da fotografie di lapidi, documenti e giornali del secolo diciannovesimo. Quante volte il lettore, terminando un libro, si chiede cosa pensasse l’autore, cosa l’avesse spinto a scriverlo, ebbene l’autore nella conclusione, togliendo ogni dubbio, afferma: “Sono poi arrivati i primi personaggi: interpreti ormai silenziosi di questa storia che abbiamo risvegliato. Hanno iniziato a parlare, raccontando le loro vicende personali e quelle della società in cui vivevano. Li ho lasciati parlare attraverso le carte polverose di un archivio, le pietre incise, i monumenti, i palazzi, le strade e i fiumi ecc… per farli tornare a vivere, ripresentandoli ai loro discendenti più giovani che forse non sanno neppure se sono esistiti o meno”. Dunque, il Falletti, oltre alla sua preparazione dal punto di vista storico e letterario, mostra una sensibilità verso i fatti, le azioni, ma soprattutto un’empatia con le persone, che ci riporta al significato di Humanitas, valore etico nato e affermatosi nel Circolo degli Scipioni, con il quale si sostenevano gli ideali di attenzione e cura benevola tra gli uomini; ma indica anche gli esseri umani, degni del nome di uomo, poiché non sono né barbari né inumani, né incolti. L’Humanitas che si trova nei testi e nelle parole del Preside, si trasforma in cultura letteraria, virtù di umanità e stato di civiltà. Altresì, l’attività di ricerca, di scrittura e di analisi di tempi e luoghi lontani, eseguita dal conte, è un lavoro degno di nota poiché come affermava Alessandro Manzoni: “La storia è una guerra contro il tempo, in quanto chiama a nuova vita fatti ed eroi del passato”. Manuela Mazzola

LORENZO SPURIO LA TESTA TRA LE MANI Sena Nova, Senigallia, 2016 La testa tra le mani di Lorenzo Spurio, silloge prima classificata al “Premio Letterario Nazionale Patrizia Brunetti” di Senigallia, può essere letta più come un poemetto che una raccolta poetica. L’idea che guida il lavoro è la visione di un mondo che avrebbe bisogno di una correzione per le negatività che si riscontrano in ogni sua parte. L’incipit è la dedica ai terremotati di Amatrice e dei territori limitrofi; si prosegue con quella ad Antonia Pozzi per giungere alle stragi di Bruxelles e al “Lamento per le donne yazide”. C’è una forte tensione lirica a reggere lo sviluppo, ma anche politica nel senso più vero e migliore della parola.


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Il mondo è soggetto all’ingiustizia, sia essa pubblica o privata e la sofferenza si dilata come i cerchi concentrici, per un sasso lanciato, in uno specchio d’acqua. Il poeta è partecipe di questa pena, la vive, perché sa: “che è difficile dire” e, aggiungiamo noi, ancor più farsi percepire. “La ruggine par che non arda: / ho chiesto alle poche pietre / di ascoltare un canto di sfogo / ma irrorate dalla vigliaccheria, / mute hanno assistito alla tragedia”. Fra quelle pietre ci siamo noi che rimaniamo sordi al pianto dei sofferenti, indifferenti alla tragedia di milioni di esseri ridotti allo stremo, calpestati e privati di ogni diritto. Il grido di dolore dell’umanità prosegue con la visione del luogo in cui Reyhaneh Jabarri è stata sepolta dopo l’impiccagione e ancora con la fiumana di genti in fuga da morte e fame verso il territorio ungherese e una nuova terra in cui ritrovare la vita. È questa di Lorenzo Spurio, un’opera che unisce all’alto valore etico una liricità sorprendente. Filosofia e poesia sono in simbiosi perfettamente. Il poeta riesce a librarsi ad alta quota, cosa ardua per chiunque imbocchi questo duplice binario, senza cedimenti, cadute di vento e riprese di volo. D’altra parte ha dato prova della sua validità in diverse altre opere di poesia, narrativa e saggistica. Particolare qui, intima, incisiva, e a mio parere chiave di lettura della raccolta è la lirica “Colloquio”, interrogativo e muto dialogo poeta-terra. È colpevole la terra dell’iniquità della vita sul suo suolo? “L’Atomo opaco del male” non risponde, ma addita quanto vi è attorno, sulla terra e in cielo. Indica così che tutto obbedisce alle leggi naturali cui terra e cielo devono sottostare e così tutte le creature, sino alle più microscopiche. È l’eterno problema, questo del mondo, che ha unito scienza, filosofia e poesia alla ricerca di risposta. Soltanto la fratellanza, ci ha detto il Pascoli, può mitigare il dolore dell’umanità. Leopardi lo ha dichiarato universale e inevitabile, mentre il Manzoni ha superato “l’impasse” degli scogli della vita con il concetto della Provvidenza che guida il cammino della storia e dei singoli, secondo un disegno divino. Ad ogni uomo prove da superare per acquisire il merito per la “vita futura”. Lorenzo Spurio ci dà conferma di quest’ultima fede nei versi di “Sezione 98 del Cimitero Beheshte Zahra”, “Leggi tribali osano l’Assoluto e triturano tutto…”. La fede affiora e risolve l’interrogativo suo e nostro. La testa tra le mani è senz’altro fra le opere recensite recentemente quella che più mi ha convinto.

Pag. 40

Mi piace terminare questo mio breve intervento lasciando Spurio a continuare (da “Difficile dire”): “Per di più era successo / anche se il lambrusco era mezzo. / Quei ninnoli impolverati / erano ormai diventati una pietra / incorruttibile e filosofale. / Sodoku spezzati da vette di grafite / perse in giro, / un po’ per malcuranza, agognando reminiscenze del futuro./ Incollavo frammenti di scontrini stinti / e leggevo biglietti d’avvertimento / per sentire compagnia /in quella terra desolata e lagnante. / Imprigionai la testa nelle svogliate mani / per ingabbiare gl’incorruttibili pensieri, / di notte, andando a letto, mi accorsi che era ancora giorno”. Raccolta poetica che sicuramente lascerà il segno. Prof. Lucio Zaniboni

D. Defelice: Il microfono (1960)

NOTIZIE ADDIO A MARIO BIANCHI – Il 27 giugno 2021 è morto Mario Bianchi, ex presidente della Pro-Loco di Pomezia. Mario Bianchi era nato a Roma nel giugno del 1939 da genitori liguri-toscani e si era stabilito definitivamente a Pomezia nel 1972, dove, insieme a Sandro Palazzotti, docente di educazione fisica, organizza, in quell’anno, i giochi della gioventù. Proprio Palazzotti lo presenta al sindaco Claudio Capo-


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

netti e all’assessore Antonio Panaccione, con i quali si decide l’istituzione di una Pro-Loco nella nostra città, ciò che avviene, davanti al notaio avvocato Nicola Maselli, il 10 Maggio 1973, con la presenza di: Giovanni Murgia, Salvatore Accurso, Elvezio Belardi, Giuliano Fagnocchi, Ingino Piscitelli, Goffredo Casadei, Attilio Bello, Albino De Paolis, Abramo Mengozzi, Giuseppe Marcello, Caterina Fagnocchi, Italo Pellegrino, Piero Palazzi, Cesare Loi, Italo Lauritano, Mario Nanni, Alessandro Palazzotti e lo stesso Mario Bianchi che viene eletto Presidente. Lungo sarebbe l’elenco delle iniziative dovuti a lui e all’associazione negli anni della sua dirigenza; ne ricordiamo alcune: Rappresentazione teatrale nel borgo di Pratica di Mare con la compagnia di Alessandro Ninchi (agosto 1973); Sessantesimo anniversario dell’aeronautica Militare all’aeroporto di Pratica di Mare, con la presenza di pattuglie acrobatiche Inglese, Francese, Belga e l’italiana Frecce Tricolori (settembre 1973); Rassegna teatrale al cinema Italia con commedie di Pirandello e concerto jazz di Carlo Loffredo (settembre 1973). Particolarmente intenso il 1974, con, tra l’altro, il Concorso nazionale “Ugoletta d’Oro”; tornei vari; gare di vela a Torvaianica; gemellaggio con la città tedesca di Singen; Fiera dell’Agricoltura;

Pag. 41

Fiera campionaria di Pomezia; Carnevale Pometino eccetera. Nel 1976, la Pro Loco di Pomezia entra a far parte dell’UNPLI – Unione Nazionale Pro Loco d’Italia – di cui Bianchi ne diventa Segretario Generale. Del 1997 è il Mercatino di scambio “Polvere della soffitta”. Nel 2000 nasce il web “Tuttopomezia” eccetera. All’iniziativa della Pro Loco di Mario Bianchi si devono, ancora, numerosi studi e ricerche storiche, attività editoriali varie, collaborazioni letterarie, iniziative televisive come Telepontina CH53 (insieme all’insegnante Domenico Moro, purtroppo morto tragicamente giovanissimo, andando a finire con l’auto dentro un fosso, nel marzo del 1990). A Telepèontina e a Domenico Moro si deve l’unica nostra esperienza televisiva, con interviste, presentazione di poeti e scrittori. Infine, ricordiamo che è stato proprio Mario Bianchi a suggerirci di mettere Pomezia-Notizie su internet, sito http://issuu.com/domenicoww/docs/ Ci uniamo al cordoglio della famiglia e dei tanti amici che gli hanno voluto bene. Domenico Defelice *** PRESENTATO IL LIBRO DI IRÈNE CLARA. ENTRE NOUS QUELQUES PARENTHÈSES - Qui suis-je ? Professeure d’allemand et de théâtre à la retraite, artiste, critique littéraire, poète à plein temps cherchant à explorer davantage les ressources de la langue. Plusieurs publications dont trois récentes : SILENCES MOTS ET SOUPIRS (L’Harmattan 2019) , UN MOT PEUT EN CACHER UN AUTRE (éditions Sydney Laurent 2021), ALLERS ET RETOURS ENTRE MYTHES ET POÉSIE (L’Harmattan 2021). Pourquoi ce livre ? Avant même que le premier confinement ne soit décidé en France en mars 2020, j’ai eu un avant-goût concret de ce que nous allions tous connaître par la suite en étant confinée sur un paquebot de croisière où il un premier malade du COVID 19 a dû être débarqué. Alors que tout au long du voyage durant trente jours la quasi-totalité des ports où nous


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

devions accoster nous fermaient leurs portes, nous amenant à être des voyageurs fantômes, nous subissions jour après jour des restrictions supplémentaires allant jusqu’au confinement dans nos cabines avec l’interdiction absolue d’en sortir. Les repas étaient déposés à même le sol devant la porte des cabines (sauf si on nous avait oubliés), et personne ne savait quand et où le voyage allait se terminer. Depuis ce moment, il y a eu un changement de regard sur l’extérieur qui s’est produit en moi. Pendant trois jours où nous attendions l’autorisation de débarquer à Civitavecchia, j’ai vu que le temps s’était arrêté. Dehors, sur les quais, sur la route qui menait au port, seuls quelques mouettes et chats errants, mais pas un seul être humain. Une fois rentrée à la maison, j’ai essayé d’imaginer le vécu des autres, ceux qui, par exemple, vivent à Paris dans de petits logements et qui tournent en rond. Trop de temps tue le temps, tout comme trop de chiffres et affirmations fallacieuses n’apportent ni réconfort ni solution. Comme il me semble évident qu’au bout de cette période où nous vivons entre parenthèses, notre vie ne sera plus comme avant, j’ai voulu introduire, quand c’était possible, une note d’humour pour égayer un quotidien souvent déprimant. Irène Clara *** FESTIVAL E PREMIO LETTERARIO LE PAROLE DI LAVINIA Festival e Premio Letterario Le Parole di Lavinia. II edizione 2021 Conclusa con successo la tre

Pag. 42

giorni di Festival Letterario dedicato al Femminile al Museo Civico Archeologico Lavinium di Pomezia che si è svolto dal 16 al 18 luglio. Il Premio Letterario al Femminile “Le Parole di Lavinia” giunto alla Seconda Edizione ha


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

visto la partecipazione di autrici ed autori, studiose e studiosi, da tutta Italia. L’evento è stato organizzato dal Centro Studi Femininum Ingenium diretto da Roberta Fidanzia, in collaborazione con il Comune di Pomezia nell’ambito dell’Estate Pometina. Al tavolo dei relatori del Festival si sono alternate specialiste su tre archi temporali che abbracciano la storia della donna e dell’umanità intera: Le Donne della contemporaneità: il segno della differenza, Donne tra Medioevo ed Età Moderna, e Donne, Dee e Amore. Un viaggio al femminile nell’Antichità. Alle tavole rotonde hanno presentato le proprie relazioni le professoresse Martina Galvani, Daniela Verducci, Anna Maria Pezzella, Raffaella Leproni ed Antonella Prenner, mentre la moderazione del dibattito è stata affidata di volta in volta a docenti e studiosi: Paolo Armellini, Mauro Bontempi,

Pag. 43

Umberto Maiorca e Andrea Del Ponte. L’attrice Micaela Sangermano ha dato voce ad alcune poesie dedicate alla donna, di, tra gli altri, Tagore, Hugo, Merini, Ungaretti e, in considerazione del successo di pubblico, improvvisato alcuni passi classici del teatro. E’ intervenuta l’autrice di teatro Laura Masielli che ha letto alcuni brani tratti da una sua opera. La serata è stata allietata dall’esecuzione di Arie musicali al Femminile con il Soprano Maria Tomassi accompagnata al pianoforte dal Maestro Denis Volpi. Tra i numerosi partecipanti che hanno risposto al bando pubblico del CSFI, ben 15 finalisti da diverse regioni italiane sono stati selezionati per la Cerimonia di Premiazione che si è svolta, all’aperto nella serata di domenica, nella splendida cornice del Museo Archeologico Lavinium. I premi sono stati individuati nelle sezioni Scientifica, Saggistica, Narrativa e Poesia. Nella sezione Narrativa i libri presentati dalle concorrenti sono stati giudicati molto positivamente dalla giuria, che considerata la diversità di stile e tipologia delle varie opere, ha assegnato ben 5 primi posti ex-aequo e numerose menzioni. I finalisti, tutti premiati con targa, coppa e menzione speciale, sono stati (in ordine alfabetico): Emilia Bigiani, Giorgia Cocconcelli, Daria Collovini, Luisa Di Francesco, Roberta Franchi, Rosa Elisa Giangoia, Alessandra Izzo, Marilena Lucente, Francesca Maffei, Roberta Mezzabarba, Miriam Pastorino, Laura Tommarello, Maria Delfina Tommasini, Roberto Venturini, Angela Volpe. Nella giornata inaugurale e alla cerimonia di presentazione ha partecipato la Vice Sindaco e Assessore alla Cultura, Turismo e Attività


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Produttive, Simona Morcellini che ha volentieri consegnato alcuni premi ai vincitori. Hanno partecipato anche quattro membri della giuria, composta da docenti e specialisti universitari, giornalisti e studiosi. Angelo Gambella, Ilaria Iannuzzi, Umberto Maiorca ed Elena Pottini si sono, quindi, alternati sul palco per consegnare premi e menzioni. Presenti alcuni dei membri del Direttivo e del Comitato Scientifico del Centro Studi Femininum Ingenium. La tre giorni si è svolta alternativamente all’aperto e all’interno della Sala Conferenze del Museo in rispetto delle vigenti norme di sicurezza. Le Parole di Lavinia è diventato così un appuntamento annuale della Città di Pomezia, dedicato al genere femminile ed

ispirato alla progenitrice ideale della popolazione del territorio pometino. Vincitori del Primo Premio Sezione Scientifica: Roberta Franchi Sezione Saggistica: Alessandra Izzo Sezione Poesia: Luisa di Francesco Sezione Narrativa: Daria Collovini, Rosa Elisa Giangoia, Roberta Mezzabarba, Miriam Pastorino, Maria Delfina Tommasini. Menzioni: Emilia Bigiani, Giorgia Cocconcelli, Marilena Lucente, Francesca Maffei, Laura Tommarello, Roberto Venturini, Angela

Pag. 44

Volpe. Programma musicale della serata finale Ave Maria dall’Otello di Giuseppe Verdi; Casta Diva da Norma di Vincenzo Bellini; O mio babbino caro da Gianni Schicchi di Giacomo Puccini; Senza mamma da Suor Angelica di Giacomo Puccini; Mi chiamano Mimì da La Bohème di Giacomo Puccini; Quando men vò da La Bohème di Giacomo Puccini; Vissi d’arte da Tosca di Giacomo Puccini; Un bel dì vedremo da Madame Butterfly di Giacomo Puccini. Firmato: CENTRO STUDI FEMININUM INGENIUM Associazione di Promozione Sociale CF 96448620581 – IBAN IT55I0306909606100000171714 Viale Odisseo 23, 00071 Pomezia (RM) - femininumingenium.it Mail: csfi@femininumingenium.it - Tel.: +39 347 0379763 *** LA FESTA DEL GRANO A POMEZIA Domenica 4 Luglio 2021 l’Associazione ha dato luogo alla 30° edizione della Festa del Grano in ricordo della prima mietitura che avvenne nel 1940 presso il podere dell’Opera Nazionale Combattenti n’2938 assegnato a Francesco Chioccini. Dopo due anni di stop a causa della pandemia, a causa di questa tremenda guerra silenziosa che ha lasciato sulla sua via numerosissime vittime, l’associazione coloni ha ripreso l’attività con le proprie manifestazioni storico culturali.


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

La Festa del Grano 2021 ha celebrato l’81° anniversario del primo raccolto di grano dalla terra bonificata di Pomezia e mi auguro che per noi tutti sia davvero di buon auspicio, così all’insegna della speranza, stando sempre attenti, possiamo riprenderci di nuovo la tanto desiderata “Normalità”. Certo è stata una manifestazione culturale ridotta al momento storico celebrativo, alla posa del covone di grano al Monumento ai Coloni e alla visita della mostra fotografica storica e mostra d’arte dal tema “Immensi campi di grano” con percorso dedicato ed accesso controllato. Alle 10,30 come da programma è iniziato il corteo, per raggiungere il monolito in marmo e rendere omaggio ai nostri padri e nonni. Un mio ringraziamento a tutti i partecipanti ed in particolare all’Amministrazione Comunale rappresentata da Mirella Monti presidente della Commissione Urbanistica, Lavori Pubblici e Mobilità, al Comando di Polizia Municipale, ai presidenti onorari dell’associazione coloni De Gasperi, Pierotti e Manzini custodi delle tradizioni trentine, romagnole e venete del territorio, alla Coordinatrice Artistica Elena Claudiani della Spiga d’Oro dei Coloni, al socio Ermes Chimenti del Gruppo Facebook “Amarcord”, ai rappresentanti delle associazioni militari e di volontariato di Pomezia, Pietro Gregis per il Gruppo Alpini, Benito Giorgi per i Carabinieri in congedo, Giancarlo Allegritti per i Bersaglieri, Pietro

Pag. 45

Morini per l’Arma Aeronautica, le sorelle Aldrighetti per l’Associazione Gamma 13 Protezione Civile, Luca Paonessa per Pomezia Sparita e la Croce Rossa Italiana, che ancora una volta hanno voluto festeggiare insieme ai coloni l’evento storico. Abbiamo ricordato con la socia e memoria storica Maria Chioccini quella lontana giornata del 4 luglio 1940. Maria, allora dodicenne, ricorda nitidamente tutto e ci ha raccontato che per il nuovo comune di Pomezia fu davvero un giorno di festa e di gioia. Il raccolto fu eccezionale e venne celebrato alla presenza del Presidente dell’Opera Nazionale Combattenti on. Araldo di Crollalanza, del commissario prefettizio Dott. Aurelio Leone,del fattore dell’O.N.C. Giacinto Bolzonello, di numerose autorità civili e militari e dei molti coloni confinanti con il podere 2938 di Francesco Chioccini, tra cui Grammatica Adelmo del podere 2941 e Monti Angiolo del podere 2975. È seguita poi la lettura del ricordo storico di Pietro Guido Bisesti e l’intervento dell’amministrazione comunale da parte di Mirella Monti figlia di Marcello che ha ricordato i numerosi anni di attività culturale portata avanti dai nostri padri. Ringrazio di cuore tutti i partecipanti, il gruppo in costume d’epoca, il gruppo artistico La Spiga D’Oro, il coordinamento costituito da Antonio Casagrande, Franco Falappa, Antonio Enderle,Franco Lunardini, Diego Conforti, Claudio Sebastiani, Gaetano Schifano per il veloce allestimento della manifestazione ed i giovanissimi Zoe, Matilde, Valeria e … Manuel che con forza ha stretto il mazzetto di grano, simbolo della festa ma altresì simbolo delle nostre origini contadine, i quali come “gocce di memoria” terranno vivo il ricordo. È stata una gioia vedere i pronipoti dei primi coloni partecipare alla manifestazione, come vedere


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

la partecipazione della memoria storica Maria Chioccini. Dai più grandi ai più piccoli ci siamo persi ancora una volta di fronte la mostra fotografica storica “Fatti, immagini e personaggi della bonifica”, nell’assaporare i momenti di vita dei nostri nonni. Oggi la Festa del Grano è una manifestazione culturale per rendere omaggio ai nostri avi ma soprattutto per trasmettere le nostre origini e tradizioni contadine ai nostri figli e nipoti. Raccogliendo le forze da questa nostra terra di bonifica supereremo anche questi spiacevoli momenti dovuti al Covid19; Il prossimo appuntamento con l’Associazione Coloni sarà ad ottobre in occasione della Giornata del Colono. Emilia Bisesti *** I CUCARI VENETI - La mostra di T. Zarpellon (Terra fiorita) e la mostra Terra che

Pag. 46

suona (I cucari veneti), a settembre la Terra che soffre (E. Pozzato )tre mostre per una trilogia che muoverà verso la Francia (Saissac) e nelle missioni laiche e religiose nella savana Africana. waiting to exhibit in virtual form and represent live TERRA FIORITA- (T. Zarpellon) TERRA CHE SUONA (Cucari veneti),TERRA CHE SOFFRE ;solidarity, conservation and enhancement of space, environment and biodiversity. Performing Arts ARTI DELLA RAPPRESENTAZIONE - La terra che suona I cuchi di terra cotta, dalle forme animali, a volte ibride e antropomorfiche, ispirate a favole e racconti di tutto il mondo, giungono dalla notte dei tempi al nostro presente come viandanti imbarcati in una mostra e narrazione teriomorfica, in un’arca della salvezza ecologica a salvare i viventi, umanità compresa. immersi in paesaggi sonori, anzi essi stessi fonte sorgiva di nuovi paesaggi. Cuchi Testo e sceneggiatura 2021 Con Jolanda Bertozzo, Leonardo, Gregorio e Giorgio Bordin (Leo) La terra era buia. Era notte sempre. Il fumo soffocava. Gli alberi bruciavano. Non potevamo arrampicarci. I miei amici sono andati a fuoco con le foglie. L’amato odore di eucalipto misto a quello di carne bruciata. Non mangerò mai più l’eucalipto-. Si interruppe con un singhiozzo, trattenendo le lacrime. Non volava, letteralmente, una mosca: anche il popolo degli insetti, maestri di disciplina insuperabili nel mettere alla prova ogni animale o umano durante i suoi esercizi di concentrazione o le sue silenziose preghiere, taceva, in ascolto. - Non so come ho fatto a uscire dal bosco. Correvo, la gola bruciava, le forze mi abbandonavano, ero accecato. E però, amici, - gemette, - quando mi tornò la vista, e questo accadde fuori dal bosco, avrei preferito non vedere. A perdita d’occhio, nella pianura, fino all’orizzonte, sagome nere


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

come rocce, esanimi, l’una dopo l’altra. Animali molto più grandi di me o molto più piccoli, che erano riusciti a emergere dall’inferno del fuoco solo per stramazzare, chi completamente carbonizzato, chi asfissiato, chi, dopo indescrivibili agonie, semplicemente arreso. Chi non moriva per il fuoco era ucciso dalla mancanza d’acqua. E chi cercava di procurarsela veniva abbattuto dai fucili degli uomini, così pochi, specie laggiù, rispetto a noi, ma così gelosi delle loro riserve - . Il bramito di dolore del popolo dei dromedari e dei cammelli, accovacciati sulla sabbia, salì a commento per le balze della montagna. - Io stesso morivo di sete. Si dice che il koala sia un animale che non beve. Non è vero. Tutti abbiamo bisogno di acqua. E io, mi vergogno a dirlo, ero così disperato che facendomi largo tra i mucchi di cadaveri raggiunsi la strada dell’uomo. Gli uomini pensano che noi animali non chiediamo perché non capiamo. Non sanno che non lo facciamo solo per gentilezza. E io chiesi. Fermai una donna, era in bicicletta, aveva una borraccia, gliela indicai, mi diede da bere. (Filelfo, L’assemblea degli animali) (Paesaggi sonori e registrazioni ad Alvese,1welsberg, acqua e movimenti di animali e suoni respiro (Greg) 2 continua con paesaggi sonori mucchece grillo) 3 Birds song in Alvese) (Jo) Nella terra che suona Abitano I cuchi prima ancora dell’umano Uccelli e leoni Gatti sornioni Galletti piumati E soldati immaginati. Piccole aperture Vuoti di terra Il vento si insinua Canta Melodie di volatili

Pag. 47

Nenie di Cucoli Richiami notturni Di rapaci Una foresta come un’arca Che sopravvive alle estinzioni. Rianima l’infelice Il gioco serio dei bambini! (Autori: Giorgio, Jolanda, Leonardo, Gregorio) (Leo) Co un toco de tera Un stecheto E un fia ‘de core El cuco sona forte Sicuro Ze vita, ze amore Chi sono i cuchi? I cuchi sono strumenti popolari a fiato, fischietti di terracotta che hanno origini lontanissime; così lontane nel tempo che per indicare una cosa o una persona vecchia è nato il modo di dire “vecio come el cuco”. Tracce dell’esistenza dei cuchi si trovano nella preistoria, nell’età del bronzo, durante i fasti del mondo greco e così via fino ad oggi. L’interesse a questi strumenti a fiato si è sviluppato a fine Ottocento e si è accentuato negli ultimi venti anni. I cuchi nel corso dei secoli sono stati costruiti per tanti scopi diversi: per imitare gli uccelli, per segnare il trapasso dalla vita alla morte, per allontanare gli spiriti cattivi, per riti scaramantici, per allontanare i predatori dalle coltivazioni da parte dei contadini, per gioco dai bambini, come pegno amoroso. (Nico Toniolo) (Rondini musica con canto dal vivo jo) Con cuchi che risuonano) Vorrei entrare dentro i fili di una radio E volare sopra i tetti delle città Incontrare le espressioni dialettali Mescolarmi con l'odore dei caffè Fermarmi sul naso dei vecchi mentre leggono i giornali


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

E con la polvere dei sogni volare e volare Al fresco delle stelle, anche più in là Sogni, tu sogni nel mare dei sogni Vorrei girare il cielo come le rondini E ogni tanto fermarmi qua e là Aver il nido sotto i tetti al fresco dei portici ….. (Rondini, Lucio Dalla) BY GIORGIO & LEONARDO BORDIN *** È MORTO GRAZIANO GIUDETTI – Graziano Giudetti (Pulsano, 1° luglio 1947 – Roma, 7 marzo 2021) Il senso della poesia Graziano Giudetti ed io ci siamo conosciuti in casa del professore Domenico Defelice, a Pomezia, se non erro, nella primavera del 2001. Ero andato a trovare l’amico direttore di Pomezia-Notizie insieme con mia moglie. Abbiamo conversato come se ci fossimo frequentati da molto tempo e simpatizzato subito: lui pugliese di Pulsano (Taranto), finanziere in pensione; e io siciliano, insegnante. Ciascuno di noi aveva letto recensioni riguardanti l’altro sulla rivista pometina e quindi abbiamo scambiato notizie personali e toccato vari argomenti letterari. Seguirono anni di collaborazione reciproca e un paio di volte sono andato a trovarlo a casa

Pag. 48

sua a Roma, ricevuto con cordialità anche da sua moglie. Me ne tornavo con la promessa che avrebbe ricambiato la visita raggiungendomi ad Anzio. Da casa a casa, con l’auto, distiamo meno di un’ora, ma la promessa veniva rinviata. Tutto sommato comunicavamo lo stesso, per telefono o per e-mail; soprattutto attraverso le nostre rispettive recensioni avevamo modo di approfondire la reciproca conoscenza. Così, negli ultimi tempi, ciascuno per conto proprio, abbiamo raccolto e riordinato, almeno in parte, i frutti del nostro seme, la nostra eredità. I libri e le recensioni mettono in controluce l’anima delle persone più di quanto resti scritto, così compresi più di quanto mi diceva (scorgevo un velo di malinconia per le mancate carezze nell’infanzia e una sorta di rassegnazione) e capii la fretta che aveva di portare a termine i numerosi lavori, come spesso avviene per molti scrittori e poeti. Sono convinto che nei suoi versi riusciamo a percepire il senso della poesia. Ha ricevuto l’apprezzamento di numerosi scrittori, per esempio: dall’avvocato Rino Cerminara, calabrese che ne ha sempre seguito le opere; dal direttore della Biblioteca Nazionale di Torino, il lucano Leonardo Selvaggi; dal professore universitario di Torino, Giorgio Bàrberi Squarotti, uno dei massimi esponenti della critica; ha rilasciato un’intervista al friulano Fulvio Castellani; e molti altri ancora che Graziano Giudetti ricorda nella sua Opera Omnia pubblicata in tre volumi (2015, Poesia, Prosa, Recensioni). Ho ricevuto questa sua Fatica andandolo a trovare a casa nell’autunno del 2019, portandogli la monografia che gli ho dedicato Graziano Giudetti, Il senso della poesia (pubblicata pochi mesi prima). Sono stato accolto molto familiarmente, sorbendo un caffè servito dalla gentile moglie, la signora Maria Teresa, musa ispiratrice. Sarei andato a trovarlo ancora una volta, ma la pandemia sopraggiunta e che tuttora stenta a sparire, ha impedito ulteriori spostamenti. Graziano Giudetti concludeva l’intervista rilasciata, con queste parole: “Dalla poesia e


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

dalla scrittura mi attendo il dono della luce necessaria per aprirmi a Dio. Di darmi lo strumento di volare ancora e scandagliare, con la fantasia cieli e mondi lontani. Affrontare i giorni e pormi agli altri con il cuore. Auspicare anche un mio messaggio per il mondo, un sollievo per la sofferenza dei popoli emarginati ed oppressi dalla guerra e dalla fame. Ed altresì, un ravvedimento al male di ogni guerra.” Credo che questo sia il senso della sua vita, il senso della poesia. Non potevo sapere che quella volta ci saremmo scambiati l’ultimo abbraccio. Adesso, nonostante il dolore per l’amico venuto a mancare, mi rimane la soddisfazione di avergli reso omaggio quand’era in vita. Questa è una memoria che mai avrei voluto vergare. È poca cosa, ma spero che sia di conforto alla moglie Maria Teresa e alle figlie Valentina e Annalisa. Lavinio, 20 luglio 2021, Tito Cauchi La Direzione e la Redazione di Pomezia-Notizie si uniscono al dolore della moglie e delle figlie del caro Amico e di tutti coloro che lo stimavano e gli hanno voluto bene. (ddf)

LIBRI RICEVUTI WILMA MINOTTI CERINI – Le verità nascoste – Racconti, Introduzione della stessa Autrice – Aletti Editore, 2021, pagg. 138, € 13. Wilma MINOTTI CERINI è nata a Milano nel 1940. Attualmente vive a Pallanza (VB). Ha all’attivo diverse pubblicazioni. Per la poesia: La luce del domani; Alla Ricerca di Shanti (1993); La strada del ritorno (1996), L’alba di un nuovo giorno (2020). In campo saggistico: Caro Gozzano (1997); Una questione di dosaggio. Nella narrativa: Rajana (romanzo, 1998); I figli dell’illusione (racconto filosofico, 19981 e 20182); Ci vediamo al Jamaica (romanzo, 2010). L’Autrice è presente nella Storia della Letteratura Italiana, nel Dizionario Autori - Poeti scelti a livello Europeo -, in varie riviste letterarie e nel sistema

Pag. 49

www.Literary.it. È Senatrice dei Micenei. ** COSMO GIACOMO SALLUSTIO SALVEMINI – Cento ragioni per essere demorandomcratico – Prefazione di Franco Ferrarotti; in copertina, immagine dell’Autore – Europa Edizione s. r. l., 2021, pagg. 256, € 15,90. Cosmo Giacomo SALLUSTIO SALVEMINI è nato a Molfetta (Bari) nel 1943. Si è formato sugli insegnamenti morali di Gaetano Salvemini. Si laurea in Scienze politiche a Bari nel 1965. Si dà al giornalismo nel 1966. Si laurea in Giurisprudenza a Roma nel 1974. Insegna dal 1975 a livello universitario. Presidente della Casa d’Europa di Gallarate (Varese) e Preside del locale Liceo Cavallotti. Dal 1980 è Presidente del Movimento Gaetano Salvemini. Dirige dal 1991 il periodico L’Attualità e la Scuola di Giornalismo “G. Salvemini”. Nel 1995 fonda le Edizioni Movimento Salvemini. Nel 1999 promuove la costituzione dell’Unione Italiana Associazioni Culturali (U.N.I.A.C.) di cui è Presidente. Dal 2000 dirige l’organizzazione del “Maggio Uniacense”. Socio onorario dell’Associazione Pugliese di Roma. Gli sono stati conferiti più di 300 Premi per opere e per l’attività giornalistica. Dal 2003 è Deputato al Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace e Ministro del Dipartimento Relazioni Internazionali. Dal 2004 è direttore dell’Ufficio Stampa dell’Accademia Costantiniana. Socio onorario dell’Associazione Nazionale Magistrati Onorari. Tra i più di 35 libri, ricordiamo “Europa problemi giuridici ed economici” (1977, giunto alla sesta edizione), “La Repubblica va rifondata sulla random-crazia” (2014), Canaglie e Galantuomini (2015), Diritti umani violati (2016), “Non mollare” è il nostro motto (2017), Epuloni e Lazzari (2019). ** TITO CAUCHI – Clio. Conversazioni Letterarie Italia Oggi – Prefazione dell’Autore, Nota di Isabella Michela Affinito; in copertina, a colori, Clio, la musa della storia – Editrice Totem, 2021, pagg. 234, € 25,00. Sono stati recensiti: AA. VV., Sandro Allegrini, Brandisio Andolfi, Giorgio Bàrberi Squarotti,


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Andrea Bonanno, Giovanna Bono Marchetti, Demetrio Brandi, Lia Bronzi, Corrado Calabrò, Giovanni Campisi, Fulvio Castellani, Dante Cerilli, Aldo Cervo, Carmelo Ciccia, Francesco D’Episcopo, Liana De Luca, Giovanni Di Lena, Vittoriano Esposito, Marcello Falletti di Villafalletto, Margherita Faustini, Alfredo Fiorani, Francesco Fiumara, Emerico Giachery, Paola Grandi, J. R. King, Giuseppe Leone, Giuseppe Mallai, Aldo Marchetto, Ada Concetta Marocco, Vittorio Nino Martin, Pantaleo Mastrodonato, Maria Antonietta Mòsele, Fondazione Mario Novaro, Anna Geltrude Pessina, Myriam Pierri, Raffaele Pinto, Leonello Rebello, M. Teresa Santalucia Scibona, Santino Spartà, Ignazio Silone, R. K. Singh, Luigi Vento, Antonio Visconte, Lucio Zaniboni. Tito CAUCHI, nato l’ 11 agosto 1944 a Gela, vive a Lavinio, frazione del Comune di Anzio (Roma). Ha svolto varie attività professionali ed è stato docente presso l’ITIS di Nettuno. Tante le sue pubblicazioni. Poesia: “Prime emozioni (1993), “Conchiglia di mare” (2001), “Amante di sabbia” (2003), “Isola di cielo” (2005), “Il Calendario del poeta” (2005), “Francesco mio figlio” (2008), “Arcobaleno” (2009), “Crepuscolo” (2011), “Veranima” (2012), Palcoscenico” (2015). Saggi critici: “Giudizi critici su Antonio Angelone” (2010), “Mario Landolfi saggio su Antonio Angelone” (2010), “Michele Frenna nella Sicilianità dei mosaici” (monografia a cura di Gabriella Frenna, 2014), “Profili critici” (2015), “Salvatore Porcu Vita, Opere, Polemiche” (2015), “Ettore Molosso tra sogno e realtà. Analisi e commento delle opere pubblicate” (2016), “Carmine Manzi Una vita per la cultura” (2016), “Leonardo Selvaggi, Panoramica sulle opere” (2016), “Alfio Arcifa Con Poeti del Tizzone” (2018), “Giovanna Maria Muzzu La violetta diventata colomba” (2018), “Domenico Defelice Operatore culturale mite e feroce” (2018), Graziano Giudetti, Il senso della poesia (2019), Profili Critici 2012. Premio Nazionale Poesia Edita Leandro Polverini, Anzio. 163 Recensioni (2020), Pasquale Montalto. Sogni e ideali di vita nella sua poesia (2020), Angelo Manitta e Il Convivio

Pag. 50

(2020), Lucia Tumino una vita riscattata (2020), Silvano Demarchi Fine letterato e poeta (2020), Carmelo Rosario Viola. Vita, Politica, Sociologia (1928 – 2012) (2021), Piaf. Pagine Intime Ansia Femminile (2021). Ha inoltre curato la pubblicazione di alcune opere di altri autori; ha partecipato a presentazioni di libri e a letture di poesie, al chiuso e all’aperto. È incluso in alcune antologie poetiche, in antologie critiche, in volumi di “Storia della letteratura” (2008, 2009, 2010, 2012), nel “Dizionario biobibliografico degli autori siciliani” (2010 e 2013), in “World Poetry Yearbook 2014” (di Zhang Zhi & Lai Tingjie) ed in altri ancora; collabora con molte riviste e ha all’attivo alcune centinaia di recensioni. Ha ottenuto svariati giudizi positivi, in Italia e all’estero ed è stato insignito del titolo IWA (International Writers and Artists Association) nel 2010 e nel 2013. È presidente del Premio Nazionale di Poesia Edita Leandro Polverini, giunto alla quinta edizione (2015). Ha avuto diverse traduzioni all’estero.

TRA LE RIVISTE FIORISCE UN CENACOLO – Mensile internazionale di lettere e Arti fondato nel 1940 da Carmine Manzi, diretto da Anna Manzi – 84085 Mercato S. Severino (Salerno) – Email: manzi.annamaria@tiscali.it – Riceviamo il n. 4 – 6, aprile-giugno 2021, dal quale segnaliamo: <<Tito Cauchi “Angelo Manitta e il Convivio”>>, di Isabella Michela Affinito; “Il problema del giansenismo manzoniano”, di Maria Cristina Iavarone Mormile; “Dante e le fonti della Divina commedia”, di Aldo Marzi; “Domenico Defelice, Domenico Antonio Tripodi pittore dell’anima”, di Anna Aita; “La musica”, di Antonia Izzi Rufo; la rubrica “I libri in vetrina”, a cura di Anna Manzi, in cui è annotato il volume “Domenico Antonio Tripodi pittore dell’anima” di Domenico Defelice. ** L’ATTUALITÀ – mensile di società e cultura


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

fondato e diretto da Cosmo Giacomo Sallustio – via Lorenzo il Magnifico 25 – 00013 Fonte Nuova (RM) – E-mail: lattualita@yahoo.it – Riceviamo, quasi in contemporanea, i numeri 6 e 7-8, rispettivamente del giugno e del luglio-agosto 2021. Del primo, segnaliamo: “Imperia Tognacci Il prigioniero di Ushuaia”, di Manuela Mazzola; “Domenico Defelice, Antonio Tripodi Pittore dell’anima”, di Manuela Mazzola; “Io e i pianeti delle Zodiaco”, interpretazione del tema natale di Fabio Dainotti a cura di Isabella Michela Affinito. Del numero di luglio-agosto: Intervista a Maria Teresa Infante, di Manuela Mazzola; “Tito Cauchi: Carmelo Rosario Viola, vita, politica, sociologia”, di Manuela Mazzola; “Io e i pianeti delle Zodiaco”, interpretazione del tema natale di Manuela Mazzola a cura di Isabella Michela Affinito eccetera. * EUTERPE – Rivista di Poesia e Critica Letteraria aperiodico Tematico di Letteratura Online nato nel 2011 – Casella Postale 375 – Uff. Postale Jesi Centro – 60035 – Jesi (AN) – e-mail: rivistaeuterpe@gmail.com – Riceviamo il n° 33, che proponeva quale tema di riferimento “Amori impossibili tra arte, storia, mito e letteratura”. Sono presenti testi di (in ordine alfabetico): ABENANTE Carla, ABRUZZESE Andrea, APOSTOLOU Apostolos, BARTOLUCCI Maria, BELLANCA Adriana, BELLINI Eleonora, BIANCHI MIAN Valeria, BIOLCATI Cristina, BONANNI Lucia, BORDONI Michele, BUFFONI Franco, CAFFIERO Patrizia, CALABRÒ Corrado, CAMELLINI Sergio, CARMINA Luigi Pio, CARRABBA Maria Pompea, CASUSCELLI Francesco, CATANZARO Francesco Paolo, CHIARELLO Rosa Maria, CHIRICOSTA Rosa, CONCARDI Enzo, CORIGLIANO Maddalena, CORONA Antonio, CURZI Valtero, DEFELICE Domenico, DE FELICE Sandra, DE ROSA Mario, DI SORA Amedeo, ENNA Graziella, FERRERI TIBERIO Tina, FERRI Mita, FILECCIA Giovanna, FINOCCHIARO Johanna, FUSCO Loretta, GAGLIARDI Filomena, LANIA Cristina, LE

Pag. 51

PIANE Fausta Genziana, LUZZIO Francesca, MANNA CLEMENTI Anna, MARCUCCIO Emanuele, MARTILLOTTO Francesco, MARTONE John, MIRABILE Salvatore, MORETTI Vito, NARDIN Donatella, NAZZARO Antonio, NOVELLI Flavia, OLDANI Guido, PACI Gabriella, PASERO Dario, PAVANELLO Lenny, PECORA Elio, PELLEGRINI Stefania, PIERANDREI Patrizia, QUINTAVALLA Maria Pia, RAGGI Luciana, RICCIALDELLI Simona, RIZZO Jonathan, SABATO Adriana, SANTONI Enrica, SICA Gabriella, SIVIERO Antonietta, SPURIO Lorenzo, STANZIONE Rita, STEFANONI Gian Piero, TAGLIATI Franco, TASSONE Rocco Giuseppe, TERESI Giovanni, TOMMARELLO Laura, VARGIU Laura, VESCHI Michele, ZANARELLA Michela, ZINNA Lucio. Di particolare interesse è la sezione saggistica / critica letteraria del presente volume che si compone dei seguenti contributi. ARTICOLI: “Didone nel libro dell’Eneide: preparazione e costruzione di una tragedia” (Filomena Gagliardi); “Il Re burla”; “Limiti 3X2” (Michele Veschi); “Domani è un altro giorno: riflessioni su Via col vento di M. Mitchell” (Lenny Pavanello); “Beatrice, amore tra mito, realtà e leggenda” (Sergio Camellini); “Ettore e Andromaca: l’addio” (Tina Ferreri Tiberio); “Mala Zimtebaum ed Edek Galinski: un amore ad Auschwitz” (Antonietta Siviero); “La possibilità dell’impossibilità di un sentimento amoroso” (Valtero Curzi); “Un viaggio chiamato amore”; “Noi ci diciamo cose oscure” (Loretta Fusco). SAGGI: “La barca dell’amore s’è spezzata…” (Amedeo Di Sora); “Il fascino dell’alba per un incontro storico memorabile: Cartesio e Cristina di Svezia” (Anna Manna Clementi); “Il simbolo e la metafora fra mitologia, arte, poesia e letteratura” (Apostolou Apostolos); “L’amore impossibile di Solange de Bressieux” (Domenico Defelice); “Honoré de Balzac e Madame Hanska” (Fausta Genziana Le Piane); “Gli amori “infelici di fine” nella Gerusalemme Liberata” (Francesco Martillotto); “Gli amori impossibili nella Gerusalemme Liberata tra opposizioni e devianza” (Graziella Enna); “Giselda


POMEZIA-NOTIZIE

Agosto 2021

Fojanesi e la sua avventura siciliana” (Lucio Zinna); “Quando i legami familiari sono d’impedimento alle relazioni amorose: Le nostre anime di notte di Kent Haruf” (Lucia Bonanni). Segnaliamo altresì il lungo saggio di Lorenzo Spurio sul poeta, saggista e critico letterario Vito Moretti (1949-2019) al quale è dedicato il numero e del quale è presente una ricca scelta di testi della sua ampia carriera letteraria; un’intervista a cura di Michele Bordoni alla poetessa e scrittrice Donatella Bisutti e un intervento di Lorenzo Spurio sulla “Poesia Sculturata”, creazione della poetessa siciliana Giovanna Fileccia, con in appendice un’intervista all’artista.

Pag. 52

INCOSCIENZA Da studi sul cervello sembrerebbe che quello di cui i ciechi sono privi è la vista a livello cosciente non – a livello inconscio – la visione. Uè, non fu un sordo a comporre la Nona? Corrado Calabrò Da: La scala di Jacob, Ed. Il Croco/PomeziaNotizie, 1° Premio Internazionale Letterario Città di Pomezia 2017.

AVVISO AI LETTORI Questo mensile non ha mai avuto, né ha pubblicità o finanziamenti d’alcun genere; è stato sempre, è e vuole rimanere una voce libera. Ma le spese non sono sparite perché ora è online; continuano ad esserci, sono solo diminuite. Esso è sempre disponibile gratuitamente su:

http://issuu.com/domenicoww/docs/ ma, dal prossimo numero, per chi vuol continuare a ricevere la versione PDF, abbonamento annuale di € 30 → (ciò non vale, naturalmente, per chi è già abbonato o già aiuta con versamenti volontari)

AI COLLABORATORI Inviare i testi (prodotti con i più comuni programmi di scrittura e NON sottoposti ad impaginazione o altro) preferibilmente attraverso E-Mail: defelice.d@tiscali.it. Mantenersi, al massimo, entro le tre cartelle (per cartella si intende un foglio battuto a macchina da 30 righe per 60 battute per riga, per un totale di 1.800 battute); per quelli più lunghi, prendere accordi con la direzione. Si ricorda che Pomezia-Notizie non ha pubblicità e si mantiene solo attraverso i contributi dei lettori. Per ogni ed eventuale versamento, assolutamente volontario: Domenico Defelice - via Fratelli Bandiera 6 - 00071 Pomezia (RM). Codice IBAN: IT37 N076 0103 2000 0004 3585 009 - Il mensile è disponibile gratuitamente sul sito www.issuu.com al link: http://issuu.com/domenicoww/docs/ - Per chi vuole ricevere on line la versione pdf, versamento annuale di € 30.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.