Conosciamo la nostra storia di Massimo Dalledonne
LA VALSUGANA IRREDENTA Fatti e persone (seconda parte)
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roseguiamo il nostro viaggio, iniziato lo scorso numero, alla scoperta di quei eventi e quei protagonisti che nell’arco di circa settant’anni hanno contribuito a trasformare anche la Valsugana da terra irredenta a terra redenta, ovvero da aspirazione politica di pochi a realtà concreta e istituzionale. Sebbene inserita nell’ambito dei domini tirolesi e della Casa d’Austria più in generale per ben cinque secoli, infatti, a partire dalla metà dell’Ottocento anche nella nostra entità geografica non sono mancati quei sentimenti d’italianità - maggiormente manifestati all’interno delle città di Trento, Rovereto, Pergine, Riva, Arco e nelle classi degli intellettuali o degli studenti universitari - che porteranno la vallata a ricongiungersi con la madre patria, così come accadde per l’intero Trentino e per una parte consistente delle regioni orientali italofone. Continua il nostro percorso per saperne di più di combattenti volontari (legionari), cospiratori, informatori militari, internati e perseguitati politici. Siamo nel 1862. Dopo una serie di arresti,
anche in Valsugana diversi irredentisti continuavano, in clandestinità, la loro attività di propaganda e stampa. A Pergine erano attivi Enrico Dalla Rosa, il medico Bertolli, Pietro Paoli, Eduino e Carlo Chimelli: a Caldonazzo Gioacchino Garbari, a Levico Riccardo Rinaldo, Lazzaro Slucca, Cirillo Broso, Ignazio Bertoldi e Gian Battista Villi. Nel paese di Borgo si ricordano Francesco Ambrosi, Luigi Sartorelli, Carlo Belotti, Ferdinando e Augusto Bellotti, a Strigno Pietro Rinaldi, a Ivano Fracena don Giuseppe Grazioli, a Telve un certo Dal Maso ed a Pieve Tesino Giuseppe Pellizzaro, Giuseppe Rio e Giovanni Buffa. Come scrive Antonio Zanetel nel suo volume “Dizionario biografico di uomini del Trentino Sud-Orientale” nel febbraio del 1863 arriva a Pergine Ergisto Bezzi per organizzare una rivolta popolare. Alcune mesi dopo Pompeo Panizza di Pergine, con il nome di battaglia “Moscherisio” partecipa a Padova ad una riunione per passare dalle parole ai fatti con i rappresentanti dei comitati di Torino, Milano e del Friuli. “Ma la polizia austriaca prevenne tutte le mosse: al suo rientro – scrive Combattimenti tra gli austriaci del maggiore Carlo Pichler von Deeben e la colonna italiana del generale Giacomo Medici per il possesso di Primolano Zanetel – Panizza venne arrestato il 24 agosto a Pergine, con lui anche il Chimelli, Francesco Pinter, Domenico Moser e Luigi Tomasi. Panizza venne condannato a 12 anni, tutti gli altri rilasciati e l’insurrezione
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Bollettino della guerra n. 18 del 24 luglio 1866 che parla dei combattimenti di Borgo e Levico
non poté mai realizzarsi”. Siamo nel 1866 e anche in Valsugana il sentore di guerra porta la polizia ad una serie di retate nei confronti dei “vilati politici”. Domenico Moser e Luigi Tomasi di Pergine vengono internati nella fortezza di Temeswar in Transilvania, Francesco Pinter in confino a Vipiteno. Altri arresti vengono eseguiti a Strigno: Liborio Fiori e Lino Osti e solo un ripensamento politico salva il podestà Pietro Rinaldi. A Roncegno sono incarcerati Primo Dalmaso e Luigi Frisinghelli. Nella Terza Guerra di Indipendenza sono diversi i valsuganotti che combattono nella divisione Medici. Si ricordano il tenente Alessandro Daziaro di Pieve Tesino del 2° battaglione Bersaglieri 62° reggimento che, ferito in occasione della battaglia di Primolano, dal Murello salì a Pieve e successivamente a Strigno. Nella stessa battaglia combatté anche il sergente Alfonso Paoli di Pergine del 2° reggimento 11° compagnia. Nel suo volume Zanetel menziona il sergente Emanuele Chini