Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis
RASSEGNA STAMPA SETTEMBRE 2020
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PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI SETTEMBRE: NUOVA IMPORTANTE SCOPERTA NELLE DOLOMITI ............................................................................ 3 LA FONDAZIONE DOLOMITI UNESCO INCONTRO MOUNTAIN WILDERNESS ....................................... 5 MONDIALI 2021 E OLIMPIADI 2026: GLI AGGIORNAMENTI.................................................................... 6 MOBILITA’: PASSI DOLOMITICI ........................................................................................................... 16 MOBILITA’: LAGO DI BRAIES .............................................................................................................. 17 COLLEGAMENTO VAL GARDENA – ALPE DI SIUSI ............................................................................. 18 COLLEGAMENTO TRE CIME - AUSTRIA .............................................................................................. 19 I BIG DATA PER GESTIRE LA MOBILITA’ E IL TURISMO NELLE DOLOMITI .......................................... 20 STRUTTURE OBSOLETE ..................................................................................................................... 20 BIVACCCO FANTON: LA POSA DELLA NUOVA STRUTTURA ............................................................... 21 BALCONE PANORAMICO FAVERGHERA – NEVEGAL ......................................................................... 23 PATROCINI .......................................................................................................................................... 23 TRENTO FILM FESTIVAL 2020 ............................................................................................................. 25 NOTIZIE DAI RIFUGI ............................................................................................................................ 26 NOTIZIE DA CAI E SAT ........................................................................................................................ 29 NOTIZIE DAI PARCHI ........................................................................................................................... 30 NOTIZIE DALLA RETE DEI PRODOTTI E PRODUTTORI DI QUALITA’ ................................................... 32 INTERVISTE ........................................................................................................................................ 32
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NUOVA IMPORTANTE SCOPERTA NELLE DOLOMITI L’Adige | 17 Settembre 2020
p. 8 Carnico, la grande eruzione Non capita spesso venga identificata una nuova estinzione di massa, un evento di sconvolgimento degli ecosistemi globali così intenso da lasciare traccia indelebile nella storia della vita. In un articolo pubblicato ieri sulla prestigiosa rivista Science Advances, un team internazionale di geologi e paleontologi descrive un nuovo evento di estinzione, avvenuto circa 233 milioni di anni fa, e chiamato Episodio Pluviale Carnico. La ricerca è stata condotta da un team guidato da Jacopo Dal Corso della China University of Geosciences, di cui fanno parte anche ricercatori delle Università di Padova e Ferrara, del Cnr, del Muse – Museo delle Scienze di Trento e del Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige. Gli studiosi hanno esaminato prove geologiche e paleontologiche raccolte in decenni di rilievi sul campo, analisi di laboratorio e modellizzazioni derivandone un quadro completo delle cause, delle dinamiche e degli effetti dell'Episodio Pluviale Carnico. Le cause sono state messe in relazione con massicce eruzioni vulcaniche nella provincia di Wrangellia, di cui abbiamo ora testimonianze in Canada occidentale e in Alaska. «Nel Carnico vi fu un'enorme eruzione vulcanica che produsse circa un milione di chilometri cubi di magma», afferma Andrea Marzoli dell'Università di Padova. Le eruzioni iniettarono in atmosfera enormi quantità di gas serra come l'anidride carbonica, che portarono ad un riscaldamento globale. Questa fase di riscaldamento globale fu associata a un forte aumento delle precipitazioni, di qui il riferimento a un periodo "pluviale" che durò circa 1 milione di anni. Questo improvviso cambiamento climatico causò una grave perdita di biodiversità negli oceani e sulle terre emerse, tanto da poter essere catalogata da Dal Corso e colleghi tra le più profonde fasi di estinzione nell'intera storia della vita. Subito dopo l'evento di estinzione nuovi gruppi fecero la loro comparsa o si diversificarono rapidamente, come ad esempio i dinosauri, contribuendo all'origine di nuovi ecosistemi. «Molti gruppi di piante e animali si diversificarono in questo momento, tra cui
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alcune delle prime tartarughe, i coccodrilli, le lucertole, i primi mammiferi e le prime moderne foreste di conifere», sottolinea Jacopo dal Corso. «L'Episodio Pluviale Carnico ebbe un profondo impatto anche sulla vita marina e nella chimica degli oceani. Questo è documentato, per esempio, nelle Dolomiti, dove la crisi del Carnico è visibile in modo spettacolare nella morfologia del paesaggio, con le celebri pareti di dolomia che vengono interrotte da rocce poco resistenti che si sono deposte proprio durante questo evento, quando gli ecosistemi collassarono», aggiunge Piero Gianolla dell'Università di Ferrara. Negli ultimi decenni i paleontologi hanno identificato cinque grandi estinzioni di massa nella storia della vita, e numerose estinzioni di minore grandezza, ma pur sempre catastrofiche. I risultati di questo nuovo studio identificano una nuova estinzione nel Carnico, che agì come un motore importante per l'evoluzione della vita. «Sentiamo spesso parlare di estinzioni di specie in conseguenza delle profonde alterazioni climatiche e ambientali in atto. La storia scritta nelle rocce e nei fossili ci mostra quanto intense e perduranti siano le conseguenze di grandi eventi di estinzione - aggiunge Massimo Bernardi (nella foto) , paleontologo del Muse -. Questi eventi sono segnati da crisi e, contemporaneamente, da rinnovamento della vita, e mostrano altissima contingenza: è difficile prevedere chi si troverà dalla parte dei vinti e chi dei vincitori». Un'interpretazione questa che, rileggendo il concetto di estinzione, suggerisce speranza ma anche grande cautela a chi si trovi a vivere nel bel mezzo di una nuova crisi ecosistemica planetaria. Come noi. Trentino | 17 Settembre 2020 p. 9 Scoperta una nuova estinzione di massa Non capita spesso venga identificata una nuova estinzione di massa, un evento di sconvolgimento degli ecosistemi globali così intenso da lasciare traccia indelebile nella storia della vita. In un articolo pubblicato ieri sulla prestigiosa rivista “Science Advances”, un team internazionale di geologi e paleontologi descrive un nuovo evento di estinzione, avvenuto circa 233 milioni di anni fa, e chiamato Episodio Pluviale Carnico. La ricerca è stata condotta da un team guidato da Jacopo Dal Corso della China University of Geosciences, di cui fanno parte anche ricercatori delle Università di Padova e Ferrara, del CNR, del MUSE – Museo delle Scienze di Trento e del Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige. Gli studiosi hanno esaminato prove geologiche e paleontologiche raccolte in decenni di rilievi sul campo, analisi di laboratorio e modellizzazioni derivandone un quadro completo delle cause, delle dinamiche e degli effetti dell’Episodio Pluviale Carnico. Le cause sono state messe in relazione con massicce eruzioni vulcaniche nella provincia di Wrangellia, di cui abbiamo oggi testimonianze in Canada occidentale ed in Alaska. «Nel Carnico vi fu un’enorme eruzione vulcanica che produsse circa un milione di chilometri cubi di magma», afferma Andrea Marzoli dell’Università di Padova. Le eruzioni iniettarono in atmosfera enormi quantità di gas serra come l’anidride carbonica, che portarono ad un riscaldamento globale. Questa fase di riscaldamento globale fu associata ad un forte aumento delle precipitazioni, di qui il riferimento ad un periodo “pluviale” che durò circa 1 milione di anni. Questo improvviso cambiamento climatico causò una grave perdita di biodiversità negli oceani e sulle terre emerse, tanto da poter essere catalogata da Dal Corso e colleghi tra le più profonde fasi di estinzione nell’intera storia della vita. Subito dopo l’evento di estinzione nuovi gruppi fecero la loro comparsa o si diversificarono rapidamente, come ad esempio i dinosauri, contribuendo all’origine di nuovi ecosistemi. «Molti gruppi di piante e animali si diversificarono in questo momento, tra cui alcune delle prime tartarughe, i coccodrilli, le lucertole, i primi mammiferi e le prime moderne foreste di conifere», sottolinea Jacopo dal Corso. «L’Episodio Pluviale Carnico ebbe un profondo impatto anche sulla vita marina e nella chimica degli oceani. Questo è documentato, per esempio, nelle Dolomiti, dove la crisi del Carnico è visibile in modo spettacolare nella morfologia del paesaggio, con le celebri pareti di dolomia che vengono interrotte da rocce poco resistenti che si sono deposte proprio durante questo evento, quando gli ecosistemi collassarono» aggiunge Piero Gianolla dell’Università di Ferrara. Negli ultimi decenni i paleontologi hanno identificato 5 grandi estinzioni di massa nella storia della vita, e numerose estinzioni di minore grandezza, ma pur sempre catastrofiche. I risultati di questo nuovo studio identificano una nuova estinzione nel Carnico, che agì come un motore importante per l’evoluzione della vita. «Sentiamo spesso parlare di estinzioni di specie in conseguenza delle profonde alterazioni climatiche e ambientali in atto. La storia scritta nelle rocce e nei fossili ci mostra quanto intense e perduranti siano le conseguenze di grandi eventi di estinzione – aggiunge Massimo Bernardi paleontologo del MUSE – Museo delle Scienze di Trento – Questi eventi sono segnati da crisi e, contemporaneamente, da rinnovamento della vita, e mostrano altissima contingenza: è difficile prevedere chi si troverà dalla parte dei vinti e chi dei vincitori». Un’interpretazione questa che, rileggendo il concetto di estinzione, suggerisce speranza ma anche grande cautela a chi si trovi a vivere nel bel mezzo di una nuova crisi ecosistemica planetaria. Esattamente come capita a noi. L’articolo scientifico di Jacopo Dal Corso, Massimo Bernardi, Evelyn Kustatscher e altre 15 ricercatrici e ricercatori si intitola “Extinction and dawn of the modern world in the Carnian (Late Triassic)” (italiano: L'estinzione e l'alba del mondo moderno nel Carnico) ed è apparso , come detto, sulla rivista Science Advances 6, eaba0099.
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Corriere del Trentino | 17 Settembre 2020 p. 9 Una Terra nuova Ricercatori anche trentini scoprono quando il nostro pianeta è diventato quello che ora conosciamo: 233 milioni di anni fa cambiò il clima È il numero di Science Advances in uscita oggi a spiegare al mondo i risultati di un’eccezionale scoperta alla quale è giunto un team internazionale di studiosi, geologi e paleontologi, tra cui docenti e ricercatori della China University of Geosciences, delle Università di Padova e Ferrara, del CNR, del Museo delle Scienze di Trento e del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige. Osservate speciali le rocce dolomitiche tra Veneto, Trentino e Alto Adige dentro le quali è conservato il segreto di uno dei drammatici eventi che hanno sconvolto la vita sulla Terra. Quello che risale a 233 milioni di anni fa, in un momento geologico già conosciuto come Episodio Pluviale Carnico, che ha portato come conseguenza, ed è questo il risultato principale della ricerca, a un’estinzione di massa. Una nuova di cui si viene oggi a conoscenza rispetto alle cosiddette «big five», le cinque già note, tra cui quella più popolare con la fine dei dinosauri. E sul valore di una simile scoperta per salvaguardare la vita sulla Terra oggi, le parole di Jacopo Dal Corso, geologo, ricercatore alla China University of Geosciences alla guida di questo team, sono molto chiare: «Guardando quello che è successo nel passato, analizzando il prima, durante e dopo l’evento catastrofico di milioni di anni fa, potremo imparare a capire cosa ci aspetta nel futuro, fornendo i dati che abbiamo ricavato a coloro che si occupano degli equilibri degli ecosistemi nel presente». Un lavoro di anni che affonda le sue radici nelle osservazioni dolomitiche iniziate a metà dei ’90, come spiega Piero Gianolla, anche lui geologo, docente all’Università di Ferrara con un ruolo fondamentale nella candidatura delle Dolomiti a patrimonio Unesco: «Se le Dolomiti sono state il punto focale della ricerca, ciò che rende i risultati così importanti è il riscontro che in altri luoghi del mondo si è avuto, trovando conferme in rocce della Cina, degli Stati Uniti, dell’Argentina, dell’Himalaya e dell’Europa: l’evento accaduto milioni di anni fa è stato un evento globale». Ad aumentare in maniera improvvisa allora, furono le emissioni di anidride carbonica, probabilmente causate da una potentissima eruzione vulcanica nel Pacifico, tale da generare rocce che si riscontrano ora in una vastissima area che va da Vancouver all’Alaska. Le grandi quantità di gas serra emesse nell’atmosfera portarono al riscaldamento globale con un forte aumento delle precipitazioni. Suona famigliare? «Che ci sia attualmente in atto — commenta ancora Gianolla — un cambiamento climatico, con aumento della temperatura e conseguentemente dell’energia dei sistemi, temporali, bombe d’acqua e tempeste di vento, è scientificamente dimostrato. Così come il fatto che questo sia generato da un cambiamento troppo veloce di natura antropica accaduto negli ultimi decenni con l’immissione nell’atmosfera di grandi quantità di anidride carbonica». E Massimo Bernardi, paleontologo del Muse di Trento e secondo studioso del team spiega: «Non possiamo fornire la soluzione alla crisi climatica attuale, con la progressione delle estinzioni che avanza. Possiamo però imparare qualcosa da quanto accaduto con la scomparsa di molte specie e lo sviluppo di nuove: non solo i dinosauri, che poi si estinsero a causa di un altro evento, ma molte altre specie che fanno ancora parte della nostra realtà, come conifere, lucertole, coccodrilli o tartarughe, per fare qualche esempio». Vuol dire dunque che allora ci furono vincitori e vinti. La domanda viene spontanea: la specie umana da quale parte si troverà? »Non lo possiamo sapere – conclude Bernardi -, certo se vogliamo essere dalla parte dei vincitori dobbiamo immediatamente prendere consapevolezza di quanto sta accadendo per colpa nostra e agire di conseguenza»
LA FONDAZIONE DOLOMITI UNESCO INCONTRO MOUNTAIN WILDERNESS Trentino | 9 Settembre 2020 p. 19 Dolomiti Unesco incontra Mountain Wilderness TRENTO Il Consiglio di amministrazione della fondazione Dolomiti Unesco - presieduto dal vicepresidente e assessore all'urbanistica, ambiente e cooperazione della Provincia autonoma di Trento e diretto da Marcella Morandini - ha incontrato nei giorni scorsi i vertici di Mountain Wilderness. Nel corso del colloquio è stata ribadita da entrambe le parti la volontà di operare favorendo la collaborazione tra tutti gli attori impegnati nella valorizzazione, nella promozione integrata e nella gestione coordinata dell'ambito che comprende Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia
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Corriere delle Alpi | 11 Settembre 2020 p. 27 Mw e Fondazione Unesco parti ancora distanti ma porta aperta al dialogo CORTINA La Fondazione Dolomiti Unesco «non ci ha restituito contenuti che permettano di intravvedere l'avvio di percorsi coerenti con quanto scritto nel piano di gestione e nel rispetto delle aree protette. Nonostante questa difficile situazione Mountain Wilderness non ha comunque chiuso l'uscio del dialogo: riteniamo importante mantenere, come nel passato, un atteggiamento aperto al dialogo, sentiamo forte il dovere di spenderci sotto il profilo costruttivo e propositivo». È il primo commento dell'associazione ambientalista all'incontro con il cda della Fondazione. Il presidente Franco Tessadri fa sapere che Mw incontrerà l'Unesco a Parigi; e in quella occasione spiegherà i contenuti del dossier avviato a suo tempo sulla gestione ambientale delle Dolomiti. «Sosteniamo la speranza che l'incontro con Unesco a Parigi possa portare i decisori politici interni alla Fondazione, che si sono assunti la responsabilità di gestire il bene mondiale, ad intraprendere percorsi coraggiosi e coerenti con quanto dibattono nei convegni. Il comunicato emesso dalla Fondazione, redatto unilateralmente e quindi non discusso con noi, lascerebbe intendere un certo rilassamento della nostra azione a tutela delle Dolomiti», è quanto auspica Tessadri; osservando però contemporaneamente che «è venuto il momento che la Fondazione avvii un serio percorso teso alla attuazione, in tutte le sue parti, del piano di gestione Dolomiti 2040. Dieci anni sono già stati vanificati: le emergenze che ricadono sui fragili ambienti naturali delle Dolomiti non possono sopportare ulteriori ritardi» .A Parigi, fra l'altro, sono state segnalate le «ulteriori negatività accadute in Dolomiti dalla primavera a tutta l'ormai quasi conclusa estate 2020: e ci riferiamo in modo particolare a traffico insostenibile, inopportune iniziative turistiche in quota, inosservanza di ogni contenuto della strategia di gestione Dolomiti 2040». --f.d.m.© RIPRODUZIONE RISERVATA
MONDIALI 2021 E OLIMPIADI 2026: GLI AGGIORNAMENTI Corriere delle Alpi | 2 Settembre 2020 p. 27 Cabonovia Son dei Prade – Bai de Dones: ci sono problemi tecnici e geomorfologici CORTINA Non sono ancora ripresi i lavori di costruzione della cabinovia Son dei Prade - Bai de Dones, l'impianto che dovrebbe collegare Pocol alle Cinque Torri, con una stazione intermedia in località Cianzopé. Anzi, forse si potrebbe dire che non sono neppure iniziati. Si tratta di un'opera inserita nel piano degli interventi legati ai Mondiali 2021 in gestione al Commissario nominato per la realizzazione del progetto per un valore di 21 milioni .Nel piazzale di Son dei Prade, sulla strada che da Pocol porta al passo Falzarego, c'è al momento solo qualche mezzo dell'impresa Toninelli (che si occupa degli scavi e dei movimenti terra dell'opera), per ora parcheggiato ma non certo in azione.L'inizio dei lavori era stato annunciato per fine giugno, per terminare ai primi di gennaio, in tempo per i Mondiali che si svolgeranno dall'8 al 21 febbraio 2021. Da subito tuttavia la realizzazione del progetto ha incontrato delle difficoltà, sia di ordine tecnico, sia di ordine ambientale, tanto da indurre la Leitner Ropeways, l'azienda altoatesina che si era aggiudicata la gara d'appalto dell'opera relativa all'impianto, a sospendere i lavori e a chiedere degli approfondimenti tecnici e geomorfologici. L'escavatore che aveva iniziato i lavori nell'area della stazione di partenza in località Son dei Prade, della ditta Toninelli, (che si occupa della parte degli scavi e non di quella tecnologica) era infatti affondato nel fango e la foto aveva fatto in breve il giro del web. L'area dove sarebbe dovuta sorgere la stazione di partenza si è infatti rilevata particolarmente instabile, tanto da indurre a sospendere momentaneamente gli scavi.L'ex commissario straordinario per le opere dei Mondiali, Luigi Valerio Sant'Andrea, nella sua ultima apparizione nella sala consiliare di Cortina il 27 luglio, prima di passare il testimone al nuovo commissario Valerio Toniolo aveva preannunciato che la Leitner aveva accettato gli ulteriori approfondimenti tecnici presentati al progetto, e che i lavori sarebbero ripresi il 1 agosto, aggiungendo «sperando che tutto vada bene». Ad oggi, tuttavia, ancora non si vedono ruspe all'opera, nonostante la scadenza per la consegna dell'impianto, secondo il cronoprogramma delle opere dei Mondiali, sia vicina (31 dicembre 2020, massimo gennaio 2021). Nel frattempo comunque qualcosa si è mosso: la ditta Toninelli ha tagliato gli alberi per la linea del primo tronco, quello tra Son dei Prade e Cianzopè, dove dovrebbe sorgere la stazione intermedia. Ma ha dovuto poi fermarsi, in quanto non è stato dato il via libera da parte dei servizi forestali al taglio per la seconda parte, da Cianzopè a Bai de Dones, in quanto la linea prevista è molto ripida e su terreno soggetto a smottamenti; quindi il taglio potrebbe risultare pericoloso. A questo, si aggiungono numerose prescrizioni al progetto da parte della Regione e della Provincia di Belluno che risultano non ottemperate o solo parzialmente ottemperate. Nella determina n. 896 del 13 agosto, il settore Acque e Ambiente della
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Provincia ha emesso un "provvedimento di verifica di ottemperanza in fase di progettazione esecutiva alle prescrizioni impartite col provvedimento di VIA (parere del Comitato Tecnico Provinciale n. 3 in data 22/10/2019)".Sono una decina le prescrizioni cui è subordinato il giudizio di compatibilità ambientale favorevole che non sono state soddisfatte, o solo parzialmente soddisfatte, in fase di progettazione esecutiva; queste vanno, per citarne alcune, dall'attuazione degli "interventi di diradamento selettivo secondo modalità tali da evitare lo scadimento delle locali condizioni strutturali e funzionali degli habitat delle ulteriori specie di interesse comunitario riconosciute per l'ambito indagato", alla compatibilità con i biotopi quali Le torbiere di Pocol (stazione di partenza) e il lago Bai de Dones (stazione di arrivo), fino a impatti sul terreno e sulla circolazione di acque sotterranee. --Marina Menardi© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 2 Settembre 2020 p. 27 Le Regole storcono il naso: «Progetto cambiato troppo» CORTINA Le Regole d'Ampezzo sono direttamente coinvolte nella realizzazione della cabinovia che collega Pocol con le Cinque Torri, in quanto proprietarie di tutta la linea dove sorgerà il nuovo impianto, a parte il terreno della stazione di partenza a Son dei Prade. C'è voluto infatti il benestare dell'assemblea dell'antico ente ampezzano che gestisce la maggior parte del territorio agro-silvo-pastorale di Cortina per poter procedere alla formulazione di un primo progetto risalente al 2011, proposto dal Comune di Cortina e sovvenzionato con i fondi pubblici dei comuni di confine (Brancher); la legge Brancher prevedeva tassativamente la partecipazione pubblico-privato. Nella fase di avvio, la società privata Ista spa si fece carico della progettazione e della richiesta dei terreni alle Regole d'Ampezzo, le quali concessero il permesso nell'assemblea del 7 aprile 2013. Per disposizione di legge, nel 2014 l'Ista spa uscì di scena e la pratica finì al Comune, che si sobbarcò l'impianto a fune come fosse un'opera pubblica. Con l'assegnazione dei Mondiali 2021, avvenuta nel 2016, le attività sulle infrastrutture del Comune sono trasferite alla gestione del Commissario nominato per la realizzazione del progetto 2021 considerato di livello 3: cioè non si ritiene indispensabile al regolare svolgimento degli eventi sportivi ma piuttosto una infrastruttura "che avrà una stretta ricaduta sul territorio e sulla comunità locale, in termini di ottimizzazione dei servizi per la cittadinanza e per lo sviluppo sostenibile del turismo". Il progetto approvato dalle Regole nel 2013, tuttavia, era diverso da quello attuale, in quanto la linea si trovava più a valle rispetto a quella attuale ed era un tronco unico fino a Bai de Dones, senza stazione intermedia. Oggi ci si ritrova con una linea diversa, più verso monte, e con la stazione intermedia in località Cianzopè, dove parte la strada che dalla SR 48 porta fino al rifugio Cinque Torri. Il progetto attuale ha fatto sorgere delle perplessità nell'ente regoliero, in quanto risulta diverso e più impattante rispetto a quello effettivamente approvato. Già durante il mese di agosto le Regole hanno messo in guardia le imprese sulla cantierizzazione a Cianzopè, dove dovrebbe sorgere la stazione intermedia, in quanto la strada che porta alle Cinque Torri non può reggere il peso dei mezzi, e se dovesse crollare i danni ai quattro rifugi in quota sarebbero notevoli. Difficile anche poi l'esbosco della seconda parte del tracciato da Cianzopè a Bai de Dones, che andrebbe ad incidere sulla fragilità del terreno. Punti, questi, che sono emersi in parte anche nelle prescrizioni della Via regionale e provinciale. -M.M.© RIPRODUZIONE RISERVATA Gazzettino | 2 Settembre 2020 p. 2 edizione Belluno Impianti di risalita aiuti per 11,7 milioni La giunta regionale del Veneto ha approvato ieri un bando pubblico per finanziare nuovi impianti di risalita, oppure interventi di ammodernamento di quelli esistenti, che siano finalizzati allo sviluppo delle aree sciistiche interessate dagli eventi sportivi internazionali, con particolare riferimento ai Giochi olimpici e paralimpici invernali Cortina-Milano 2026. I finanziamenti che potranno essere distribuiti ammontano complessivamente a 11,7 milioni di euro e i contributi saranno erogati in conto capitale. Gli importi massimi di contributo erogabile sono di 4 milioni di euro per gli interventi di nuova realizzazione e di 500mila euro per l'ammodernamento degli impianti esistenti. Si tratta dunque di un aiuto, ma che potrebbe non risultare decisivo, a fronte di investimenti importanti da parte delle società: basti pensare che il costo è di circa 18 milioni di euro, per ognuna delle due nuove cabinovie di Cortina, sia quella del Col Druscié, aperta l'anno scorso a Natale, sia quella di collegamento con le Cinque Torri, che dovrà essere costruita in questo autunno. LE CONDIZIONI I dettagli del bando saranno noti non appena sarà pubblicato, nei prossimi giorni, nel Bollettino ufficiale della Regione Veneto. Poi ci saranno sessanta giorni di tempo per presentare alla struttura regionale le domande di partecipazione, a partire dalla data di pubblicazione. Il bando non si limita agli interventi da eseguire sul solo impianto di risalita, ma include pure le opere attive e passive per la difesa di piste da sci e impianti dal pericolo valanghe e per la sicurezza idrogeologica. Non sono invece compresi gli impianti
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di innevamento programmato, a servizio delle piste da sci, e i bacini per l'accumulo dell'acqua da utilizzare con i generatori di neve artificiale. L'ASSESSORE La delibera della giunta veneta di ieri recepisce una proposta formulata dall'assessore al turismo e all'economia montana: «I Campionati del mondo di sci alpino Cortina 2021 sottolinea l'assessore Federico Caner ma soprattutto i Giochi olimpici del 2026 richiedono la predisposizione di adeguate infrastrutture, anche nell'ambito dell'impiantistica funiviaria. Gli impianti di risalita, oltre a essere funzionali all'organizzazione delle competizioni sportive, dovranno garantire un servizio qualificato ai numerosi ospiti e turisti presenti alle manifestazioni, migliorando permanentemente la qualità dell'offerta dei territori». LE STRATEGIE La Regione mira a sostenere progetti che non si limitino a un utilizzo stagionale dell'impianto, magari connesso solamente alla pratica sportiva dello sci, in inverno. Saranno pertanto privilegiate strategie più complesse, in una interazione con altre componenti dell'offerta turistica della montagna veneta, come precisa l'assessore: «Grazie a questo strumento finanziario puntiamo a creare nuovi collegamenti tra comprensori sciistici, ora separati, e a favorire il rinnovamento tecnologico degli impianti a fune, stimolando processi di aggregazione tra le imprese del settore. Saranno privilegiate le linee di trasporto che abbiano un rilevante impatto nell'offerta estiva delle località e gli impianti indispensabili per organizzare eventi sportivi di rilievo internazionale, ampliando così l'offerta di piste da sci a fini agonistici, migliorando l'accessibilità alle aree sciistiche e riducendo il traffico veicolare». I COLLEGAMENTI Potranno pertanto concorrere tutte le società, delle diverse aree della provincia di Belluno, dell'intera montagna veneta, dal Monte Baldo al Comelico, ma è ipotizzabile che nel bando siano privilegiati, con punteggi favorevoli, gli interventi inseriti in strategie più ampie. Lo scorso 11 gennaio, intervenuto all'inaugurazione della nuova cabinovia del Col Druscié, a Cortina, l'assessore veneto dichiarò: «Il grande sogno della Regione è puntare al collegamento fra i comprensori sciistici, con investimenti importanti, validi per il turismo, ma anche per creare una mobilità alternativa, per limitare il traffico di veicoli sui valichi delle Dolomiti, d'inverno e d'estate». Marco Dibona © RIPRODUZIONE RISERVATA Gazzettino | 2 Settembre 2020 p. 2 edizione Belluno A Cortina nastri tagliati, ma anche qualche ritardo CORTINA D'AMPEZZO Lo scorso 11 gennaio a Cortina c'è stata l'importante inaugurazione del nuovo impianto a fune del Col Druscié, la prima cabinovia della conca. Si è cominciato così a colmare un divario che cominciava a farsi pesante, fra la dotazione di impianti di risalita in Ampezzo e nelle altre località sciistiche, in Italia e all'estero. Quell'opera ha sostituito il primo tronco della storica funivia Freccia nel Cielo, inaugurata cinquant'anni prima. L'indomani, il 12 gennaio, c'è stato il taglio del nastro per la pista agonistica Lino Lacedelli, alle Cinque Torri: è un'altra dotazione realizzata con le procedure accelerate, da parte del commissario di governo per le opere dei Campionati del mondo di sci alpino Cortina 2021. LE PROSSIME OPERE Ora si attende l'inizio effettivo dei lavori per costruire una cabinovia nuova, la prima che non sia la sostituzione o l'ammodernamento di un impianto esistente: è il collegamento da Son dei Prade a Bain de Dones, che dovrà unire il comprensorio sciistico di Pocol, Socrepes e Tofana con l'area delle Cinque Torri, Nuvolau, passo Falzarego e Lagazuoi. L'obiettivo è dichiarato: non fermarsi lì, ma puntare a ovest, cercare di arrivare a un collegamento con le valli vicine, con il grande circuito del Sella Ronda, nel Dolomiti Superski, oppure con il comprensorio del Civetta. I RITARDI La nuova cabinovia per le Cinque Torri è stata ripetutamente annunciata per la fine di questo anno 2020. I ritardi nell'avvio dei cantieri suscitano però qualche apprensione sulla reale possibilità di rispettare questi tempi. All'inizio di settembre non ci sono ancora le ruspe al lavoro e pare sempre più ardua l'impresa di completare in pochi mesi un impianto di quella portata, lungo oltre quattro chilometri, in due tratti, con stazione intermedia. La nuova cabinovia sarà un'opera pubblica, finanziata per 15 milioni dai Fondi comuni di confine e per 3 milioni dal commissario di governo per i Mondiali. ALTRI PROGETTI L'altro intervento strategico, in vista delle Olimpiadi 2026, è il collegamento dal centro di Cortina al comprensorio di Socrepes e Tofana, con un impianto di arroccamento che salirà dai campi di tennis. Intanto sul versante orientale della conca d'Ampezzo si sta lavorando per ammodernare la storica funivia che sale dal centro di Cortina al monte Faloria, che quest'estate è rimasta chiusa. Nel contempo si sta seguendo la procedura per il nuovo impianto sul Cristallo, a sostituire la vecchia cabinovia per forcella Staunies, chiusa da quattro anni, dopo aver girato per una sessantina di anni. Si pensa di realizzare un innovativo Funifor, con le funi sui due lati delle cabine, per resistere meglio al vento, e con stazioni più piccole, di minore impatto, a valle e a monte.
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Gazzettino | 2 Settembre 2020 p. 3 edizione Belluno «Era atteso da tempo: una prima risposta alle nostre esigenze» «Aspettavamo da tempo questo bando, che potrà dare risposte concrete alle esigenze del momento della nostra categoria». Il presidente veneto dell'Associazione nazionale esercenti funiviari (Anef), Renzo Minella, plaude all'iniziativa approvata dalla giunta regionale: «Questo provvedimento dimostra sensibilità nei confronti del nostro comparto di impiantisti. Nasce per far fronte alle esigenze di miglioramento delle dotazioni, nelle zone che saranno protagoniste delle gare olimpiche, fra cinque anni. Auspichiamo però che questa attenzione continui, e che possa essere rivolta anche a settori diversi, che possano così esserci presto altri finanziamenti, destinati non solamente all'impianto a fune vero e proprio, ma pure ai bacini di raccolta dell'acqua e agli impianti di innevamento programmato, che la utilizzano. Questa è una esigenza comune a tutti i comprensori sciistici della Regione Veneto». LE RISORSE Sull'entità dell'importo erogabile, per complessivi quasi dodici milioni di euro, il presidente Anef Veneto commenta: «Il bando arriva sino a quattro milioni per una nuova realizzazione. In realtà non se ne fanno tanti di impianti nuovi, nel Veneto, in questo periodo: c'è in programma un collegamento fra il centro di Cortina e Socrepes; gli altri due progetti riguardano i comprensori di Arabba e del Civetta. Bisognerà leggere bene il bando, quando sarà pubblicato, perché certamente ci sarà una parte del finanziamento che riguarderà il nuovo, un'altra parte la sistemazione dell'esistente. Il tetto massimo è di 500mila euro, in questi casi. Le revisioni e le scadenze sono un'incombenza che riguarda tutti noi, in tutta la regione». Sulle possibili corsie privilegiate nei confronti di iniziative che dovessero essere proposte a Cortina, Minella riflette: «È un bando pubblico, per cui tutti possono concorrere, in ogni vallata, in ogni comprensorio. È certo, come dicevo, che di grandi impianti nuovi non ce ne sono tanti. Quello previsto nel centro di Cortina avrà di certo una valenza strategica, in vista dei Giochi olimpici e paralimpici invernali del 2026». I COLLEGAMENTI C'è pure una riflessione sui grandi collegamenti intervallivi, auspicati dagli impiantisti, dalle categorie economiche, ma osteggiati da più parti, da amministrazioni e cittadini, così come dalle associazioni ambientaliste: «Collegamenti tra comprensori richiedono ben altri investimenti. È una realtà molto più complessa, che deve essere valutata a fondo». Nell'annuncio del bando, da parte della Regione Veneto, c'è un riferimento esplicito all'attività estiva degli impianti di risalita, con una valenza diversa rispetto alla mera pratica dello sport invernale dello sci: «È corretto che sia stata inserita questa specifica annotazione conclude Minella perché durante la stagione estiva gli impianti rappresentano spesso un determinante collegamento tra aree, diventano un mezzo di trasporto che sostituisce l'auto, sono una valida alternativa alla mobilità tradizionale, su gomma. Posso immaginare che nel bando siano previsti punti in più in graduatoria, per questo tipo di progettazione». IL MEZZO La validità dell'impianto di risalita come mezzo di trasporto pubblico, in Italia riconosciuta dal ministero dei Trasporti e delle infrastrutture, tramite il suo ufficio Ustif, è sostenuta con forza anche da Valeria Ghezzi, presidente nazionale Anef, che la sottolinea in ogni occasione. L'imprenditrice trentina ritiene inoltre che l'impianto di risalita consenta una fruizione della montagna anche alle persone con difficoltà motorie, che altrimenti non avrebbero modo di raggiungere determinati luoghi. Corriere del Veneto | 2 Settembre 2020 p. 10 Impianti sciistici Soldi da Venezia Belluno Soldi per le stazioni sciistiche. Grazie alle Olimpiadi. La Regione ha approvato il bando che finanzia nuovi impianti di risalita o l’ammodernamento di quelli esistenti (incluse le opere attive e passive per la difesa dal pericolo valanghe e per la sicurezza idrogeologica). Lttivo è lo sviluppo delle aree sciistiche interessate dagli eventi sportivi internazionali, con particolare riferimento alle Olimpiadi invernali Cortina-Milano 2026. A disposizione 11,7 milioni di euro. «Servono adeguate infrastrutture in vista delle Olimpiadi — spiega l’assessore regionale al Turismo, Federico Caner — e gli impianti di risalita dovranno garantire un servizio qualificato a ospiti e turisti arrivati per le manifestazioni». Con un occhio di riguardo al dopo-evento, con nuovi collegamenti tra i comprensori e il rinnovamento tecnologico, anche a favore della stagione estiva. Gli importi massimi di contributo erogabile sono di 4 milioni di euro per i nuovi impianti e di 500 mila euro per l’ammodernamento degli esistenti. (M.G.) © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 3 Settembre 2020 p. 27 Il nuovo commissario Toniolo parla dell'opera Son dei Prade-Bai de Dones
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«Pronti a ripartire, ma è un lavoro di terzo livello, non funzionale all'evento» «Faremo di tutto per finire l'impianto entro i Mondiali» Marina Menardi CORTINA «Faremo di tutto per consegnare l'impianto entro i Mondiali, ma ricordiamoci che si tratta di un'opera di terzo livello, che non è funzionale allo svolgimento dell'evento».A dirlo è il Commissario per i Mondiali 2021 a Cortina Valerio Toniolo, che dal 1° agosto ha sostituito Luigi Valerio Sant'Andrea. Quest'ultimo ha dato le dimissioni in luglio per andare a ricoprire un altro incarico a Roma alla direzione di "Sport e Salute", che si occupa di distribuire le risorse all'interno del Ministero dello Sport, dopo aver seguito la maggior parte delle opere funzionali ai Mondiali. Toniolo è quindi subentrato in corsa, a pochi mesi dall'evento, in continuità con quanto è stato fatto fino ad ora, portando avanti essenzialmente le opere del terzo livello, cioè quelle che non sono indispensabili al regolare svolgimento degli eventi sportivi ma piuttosto infrastrutture che rimarranno come eredità al territorio e alla comunità locale.Tra queste opere vi è l'impianto di risalita Son dei Prade-Bai de Dones, partito a fine giugno, ma immediatamente interrotto a causa di problemi geomorfologici sul terreno nella zona di partenza, ma anche in seguito a una nota della Provincia in cui sono elencate numerose prescrizioni al progetto da parte della Regione Veneto e della Provincia che risultano "non ottemperate o parzialmente ottemperate" ai fini della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). La determina della Provincia è datata 13 agosto, e in essa si davano dieci giorni di tempo a partire dalla pubblicazione (17 agosto) per adempiere alle integrazioni al progetto esecutivo. «Abbiamo risposto nei tempi previsti - spiega Toniolo. Ora la Provincia ha tempo 90 giorni per verificare, ma ritengo che gli accertamenti del caso avverranno il prima possibile. Io sono entrato in corsa e sono partito da qui, dalla nota della Provincia, e ho tentato di essere il più veloce possibile». Sull'intoppo avvenuto a fine giugno, ad inizio lavori, quando un escavatore della ditta Toninelli, che si occupa della parte degli scavi, e non di quella tecnologica seguita invece da Leitner, era affondato nel fango e aveva costretto l'impresa a sospendere i lavori, non si pronuncia. «Non c'ero quando è successo quel fatto, in ogni caso ad oggi non mi risulta che ci siano varianti per quell'episodio; la Leitner è pronta per riprendere. Al momento aspettiamo le verifiche della Provincia per poter ripartire». Non sarà facile rispettare a questo punto il crono programma, che dava l'opera conclusa per fine dicembre-primi di gennaio. «Dipenderà da quando riusciamo a ripartire. Se ce la facciamo entro il mese di settembre, facendo i miracoli potremmo anche finire prima dell'evento mondiale, e noi ce la metteremo tutta. Non dimentichiamoci però che quest'opera è nel terzo livello, è complementare e di eredità per la comunità; dover correre oggi è una forzatura. È interesse mio e di tutti che le cose vengano fatte bene, in regola e in piena trasparenza, nel rispetto di tutte le parti coinvolte. Ricordiamoci che gli obiettivi per organizzare il Mondiale sono stati raggiunti, siamo un modello di buona gestione degli appalti pubblici». --© RIPRODUZIONE RISERVATA Gazzettino | 3 Settembre 2020 p. XIII, edizione Belluno «Opere anti-traffico in quota» CORTINA D'AMPEZZO E' stato accolto con soddisfazione anche a Cortina il bando della Regione Veneto per finanziare, con 11,7 milioni di euro, nuovi impianti di risalita, oppure interventi di ammodernamento di quelli esistenti. I lavori dovranno essere finalizzati allo sviluppo delle aree sciistiche interessate da eventi sportivi internazionali, con particolare riferimento ai Giochi olimpici e paralimpici invernali Cortina-Milano 2026. «Questi interventi pubblici potranno sostenere importanti progetti di sviluppo che abbiamo in valle, per collegare diverse aree sciabili e per decongestionare il traffico in quota», conferma Marco Zardini, presidente del consorzio esercenti funiviari di Cortina, San Vito, Auronzo e Misurina. LA FINANZIABILITÀ «Noi parteciperemo con un progetto di fondovalle, che stiamo sviluppando, per il quale stiamo accertando la finanziabilità. Del collegamento dal centro di Cortina a Socrepes si occupa la società Rete, che riunisce diverse imprese del settore. La logica progettuale della linea della nuova cabinovia, che partirà dai campi di tennis, dovrà tutelare i centri abitati esistenti, quindi non dovrà passare sopra le case di Mortisa e Lacedel e dovrà evitare le frane della zona». I finanziamenti del nuovo bando pubblico, che sarà pubblicato domani sul Bollettino ufficiale della Regione, ammontano complessivamente a 11,7 milioni di euro e i contributi saranno erogati in conto capitale. Gli importi massimi di contributo erogabile sono di 4 milioni di euro per gli interventi di nuova realizzazione e di 500 mila euro per ammodernare impianti esistenti. ESCLUSO L'INNEVAMENTO «Io mi aspetto che tutta la Regione partecipi aggiunge Zardini in ogni area in cui ci sono esigenze di migliorare l'offerta di impianti. L'ammontare complessivo è importante, anche se è ovvio che il pubblico va a sostenere le iniziative del privato, che deve impegnarsi in prima persona». Il bando della Regione prevede contributi per gli impianti di risalita e include opere attive e passive per la difesa di piste da sci e funivie dal pericolo valanghe e per la sicurezza idrogeologica. Non sono invece compresi gli impianti di innevamento programmato, a servizio delle piste da sci, e i bacini per l'accumulo dell'acqua da utilizzare per la neve artificiale. «Noi abbiamo davvero l'esigenza di realizzare serbatoi d'acqua, pertanto ritengo che sarebbe necessario un sostegno pubblico anche per questi interventi condivide Zardini le scorte abbondanti sono una risorsa preziosa, che ci consente la tempestività nell'innevamento completo delle piste, in avvio di stagione. Questi bacini hanno inoltre un'altra valenza, perché sono comunque riserve d'acqua da
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poter utilizzare per diversi scopi: penso alle operazioni antincendio, con la possibilità degli elicotteri di attingere, ma persino all'uso potabile, in caso di difficoltà di talune comunità». Marco Dibona © riproduzione riservata Corriere delle Alpi | 4 Settembre 2020 p. 17 Sotto la regia della guida Valerio Scarpa, a muoversi stavolta non sono gli ambientalisti ma chi in montagna vive e lavora Flash mob per dire basta a nuovi impianti «Quassù diventerà tutto un parco giochi» CORTINA «Basta impianti». «Rispettiamo la montagna». Due striscioni calati dalla cima di due delle 5 Torri. Un messaggio iconico che, una volta tanto, non arriva dal mondo ambientalista, ma guarda caso da chi sugli impianti ci vive, ci lavora, direttamente o indirettamente. «Attenzione, non abbiamo scritto il "no", spesso fondamentalista, di gruppi ambientalisti. Abbiamo detto "basta" perché di seggiovie, telecabine, funivie, piste, ne abbiamo più che a sufficienza e non vogliamo trasformare il nostro territorio in una specie di parcogiochi». Così afferma Valerio Scarpa, l'anima del flash mob "alpinistico" che ieri mattina, senza che nessuno la sapesse, ha portato sulle 5 Torri altrettante cordate, con 10 uomini e donne ciascuna. Non era una manifestazione, si premura a precisare l'organizzazione, perché la polizia comunque è salita per identificare i protagonisti. C'erano guide alpine - come lo è Scarpa, veneziano, ma ormai stabile a Cencenighe - imprenditori del turismo come Guido Trevisan, due rifugi sulla Marmolada; suoi colleghi di altri rifugi; alpinisti noti a Cortina; professionisti, commercianti di abbigliamento sportivo sempre della regina delle Dolomiti, insegnanti, addetti alla pubblica amministrazione, pensionati. Tutti comunque appassionati di montagna e che non sono più disponibili a vederla attrezzata, quindi abusata, di nuovi impianti. Ma se chiedi loro il nome, chiedono la cortesia dell'anonimato. «Cortina», dicono, «è sempre problematico andare contro corrente, e no al lavoro ci teniamo». Il primo "basta" è per l'impianto in costruzione fino alle 5 Torri. «Serve, come dicono, per l'allenamento pre Mondiali? Non era sufficiente andare in Val Badia? », si chiede Scarpa. Il secondo "basta" è per gli ipotizzati collegamenti col Giau ed il Civetta, da una parte, e con Arabba, dall'altra. Un investimento da 80 milioni, in prospettiva olimpica (2026). «Gli impianti vanno indubbiamente rinnovati, come avverrà per l'ex cestovia della Marmolada», puntualizza Trevisan, «ma è una sciocchezza motivare nuovi progetti con la necessità di una mobilità alternativa. Con la scusa di ridurre la mobilità dei mezzi privati sui passi dolomitici si propone un'alternativa insostenibile sia dal punto di vista ambientale e sia economico, andando a compromettere in modo definitivo due fra le aree di maggior pregio ambientale e storico delle Dolomiti venete: il Giau e il Sief». E qui Scarpa esemplifica efficacemente: «Se arrivo in auto con la famiglia, posso permettermi di salire con la funivia se mi costa quanto un pieno di benzina? Ci stanno prendendo in giro». È la prima volta di un flash mob per fermare nuovi progetti impiantistici che non sia organizzato da un'associazione ambientalista, ma da semplici cittadini a titolo personale. Il fatto, poi, che costoro si siano fiondati in vetta a Torre degli inglesi, Torre latina, Torre grande cima ovest, Torre grande cima sud e Torrione di mezzo, per esporre degli striscioni, senza suonare la grancassa, fa intendere che probabilmente anche l'opinione pubblica si sta stancando. «Direi di più: ci sentiamo presi in giro», afferma Scarpa, «perché prima si sottoscrivono le Carte di Cortina e si teorizzano Mondiali e Olimpiadi sostenibili, e poi si scava nel modo in cui si è fatto, perfino lasciando le ruspe sprofondare là dove il terreno non tiene». È il caso del cantiere del nuovo collegamento. Esaurita la scalata, esposti gli striscioni, gli arrampicatori del flash mob sono scesi dichiarandosi appunto alle forze dell'ordine, ma ai piedi delle 5 Torri che la trasmissione "Un passo dal cielo" la prossima primavera farà ammirare a tutta Italia - non c'è stato alcuno sit in di protesta. -Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA La ragione principale che anima i manifestanti è di principio «Non possiamo lasciare che gli altri decidano tutto senza neppure ascoltarci» «Né integralisti e né anti sci: solo custodi di queste terre» CORTINA Sotto i riflettori del flash mob non è finito soltanto il collegamento transvallivo da Cortina ad Alleghe, da una parte, e ad Arabba, dall'altro, ma anche il progetto del carosello in Marmolada, che prevede la realizzazione di due nuove seggiovie che dalla diga Fedaia permetteranno di raggiungere Sass Bianchet a poche decine di metri dall'attuale stazione di Punta Rocca, di una seggiovia lungo lago a dislivello zero ed il ripristino di due seggiovie attualmente in disuso, andando a compromettere ulteriormente una situazione difficile in un ambiente molto delicato.Sulla Marmolada, fra l'altro, è in raccolta una petizione per asportare i plinti e gli altri resti degli impianti dismessi o a suo tempo oggetto di attentati. Gli operatori del turismo che hanno scalato per protesta le 5 Torri sostengono che ognuno di questi progetti - da quelli di Cortina a quelli della Marmolada, senza contare quello del Comelico inciderà sulla qualità ambientale delle montagne a discapito delle generazioni future, proponendo una idea di turismo che già dimostra i suoi limiti, e sottolineano che nessuno di questi sia stato minimamente concordato con popolazione o con amministrazioni dei luoghi d'intervento, come dimostrano le prese di posizione di alcuni sindaci. «Non siamo contro lo sci e non siamo integralisti», dichiarano Valerio Scarpa e Guido Trevisan, «ma non vogliamo che questi progetti ci vengano imposti dall'alto senza avere nemmeno la possibilità di esporre le nostre perplessità. È arrivato il momento di agire e di far sentire la nostra voce per difendere la terra che amiamo». --f.d.m.© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Gazzettino | 4 Settembre 2020 p. XIII, edizione Belluno «Basta impianti» la rabbia sventola sulle Cinque Torri CORTINA D'AMPEZZO Basta impianti. Rispettiamo la montagna è lo slogan portato ieri, sulle Cinque Torri, per contrastare altre funivie e costruzioni sulle Dolomiti. Gli ideatori di questa protesta hanno allestito una decina di cordate sulle guglie del gruppo montuoso. Sono stati esposti gli striscioni con lo slogan di protesta, proprio sopra una delle opere realizzate per i Campionati del mondo di sci alpino Cortina 2021: la nuova pista agonistica Lino Lacedelli. Le Cinque Torri sono anche destinazione della nuova cabinovia da Son dei Prade a Bain de Dones; l'avvio dei lavori è atteso proprio in questi giorni. La protesta si è sviluppata con un originale flash mob verticale. «Non siamo contro lo sci e non siamo integralisti. Siamo persone che amano la montagna, che la vivono nella sua completezza, in tutte le stagioni, per lavoro e per passione, e che stanno assistendo impotenti alla distruzione sistematica delle poche aree rimaste libere da impianti nelle Dolomiti», dice, a nome di tutti i partecipanti, Valerio Scarpa, guida alpina veneziana, che da anni vive e lavora nel Bellunese. Si protesta in particolare contro i lavori per i prossimi Mondiali di sci e per le Olimpiadi invernali 2026: «Stanno avendo un importante impatto sui versanti delle Tofane e delle Cinque Torri, con sensibili ampliamenti di impianti e di infrastrutture di vario genere», lamentano i promotori della protesta, che guardano anche ad altri sviluppi: «Il progetto del carosello in Marmolada prevede due nuove seggiovie che, dalla diga del passo Fedaia, permetteranno di raggiungere Sass Bianchet, a poche decine di metri dall'attuale stazione di Punta Rocca. Ci sarà una seggiovia lungo il lago, a dislivello zero, e il ripristino di due seggiovie attualmente in disuso, andando a compromettere ulteriormente una situazione difficile in un ambiente molto delicato». Guido Trevisan, proprietario e gestore del rifugio Pian dei Fiacconi, aggiunge: «Ci indigna maggiormente il progetto No car, fortemente voluto dalla Regione Veneto, per un ambizioso collegamento tra i comprensori sciistici di Cortina, Arabba e Civetta. Con la scusa di ridurre la mobilità dei mezzi privati sui passi dolomitici propone un'alternativa insostenibile, sia dal punto di vista ambientale che economico, andando a compromettere in modo definitivo due fra le aree di maggior pregio ambientale e storico delle Dolomiti Venete: il Giau e il Sief». Il gruppo precisa: «Non siamo contro lo sci e non siamo ambientalisti ma non vogliamo che questi progetti ci vengano imposti dall'alto, senza poter nemmeno esporre le nostre perplessità. È arrivato il momento di agire e di far sentire la nostra voce per difendere la terra che amiamo». (mdib) © riproduzione riservata Corriere del Veneto | 4 Settembre 2020 p. 10, edizione Treviso - Belluno Dieci cordate sulle Cinque Torri «Stop a nuovi impianti di risalita» Flash mob ambientalista. «Difesa del patrimonio Dolomiti Unesco» Attacco alle Cinque Torri. Ma è tutto calcolato. Un «flash mob» per dire stop alla proliferazione incontrollata degli impianti di risalita e al loro impatto sull’ambiente dolomitico. Imprenditori, rocciatori, addetti ai lavori (dai gestori di rifugi alle guide alpine) si sono dati appuntamento ieri mattina. Nessuna etichetta a rivendicare il gesto. «Solo la volontà — spiegano gli organizzatori — di preservare il patrimonio Unesco, troppo spesso svenduto per fini economici e turistici». Scenografica l’azione, sviluppata totalmente in verticale: dieci cordate hanno raggiunto, attraverso le vie classiche dell’alpinismo, le cime della Torre degli Inglesi, della Torre Latina, della Torre Grande Cima Ovest, della Torre Grande Cima Sud e del Torrione di mezzo. In vetta i promotori dell’iniziativa hanno esposto striscioni con scritto «Basta impianti, rispettiamo le montagne». Precisa il portavoce Valerio Scarpa: «Attenzione, non siamo contro lo sci e non siamo integralisti. Siamo persone che amano la montagna, che la vivono a 360 gradi in tutte le stagioni, per lavoro e per passione e che stanno assistendo impotenti alla distruzione sistematica delle poche aree rimaste libere da impianti nelle Dolomiti». Nel mirino degli ambientalisti anche i lavori per i Mondiali di sci alpino e per le Olimpiadi invernali a Cortina. A partire, ad esempio, dal progetto «No car». «Voluto dalla Regione e che, con la scusa di ridurre la mobilità dei mezzi privati sui Passi dolomitici, propone un’alternativa ambientale ed economica insostenibile» concludono. L’Adige | 4 Settembre 2020 p. 39 In cordata contro impianti e infrastrutture sulle Dolomiti CORTINA Imprenditori, professionisti e semplici appassionati di montagna si sono dati appuntamento sulle cime delle 5 Torri, a Cortina d'Ampezzo, per manifestare contro la costruzione di impianti e infrastrutture sulle Dolomiti.
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Un "flash mob" verticale, nel quale 10 cordate hanno raggiunto le iconiche vette delle 5 Torri (Torre degli Inglesi, Torre Latina, Torre Grande Cima Ovest, Torre Grande Cima Sud e Torione di mezzo) per esporre degli striscioni dal messaggio chiaro: «Basta impianti, rispettiamo le montagne». «Non siamo contro lo sci e non siamo integralisti», dice Valerio Scarpa , a nome di tutti i partecipanti. «Siamo persone che amano la montagna, che la vivono a 360° in tutte le stagioni, per lavoro e per passione, e che stanno assistendo impotenti alla distruzione sistematica delle poche aree rimaste libere da impianti nelle Dolomiti». Si parla in particolare dei lavori per i Mondiali di sci e le Olimpiadi invernali a Cortina, che stanno avendo un importante impatto sui versanti delle Tofane e delle Cinque Torri, con sensibili ampliamenti di impianti e di infrastrutture di vario genere. Mentre in Trentino a preoccupare i partecipanti è il progetto del Carosello in Marmolada, che prevede la realizzazione di due nuove seggiovie che dalla diga di Fedaia permetteranno di raggiungere Sass Bianchet, a poche decine di metri dall'attuale Stazione di Punta Rocca, di una seggiovia lungo lago a dislivello zero e il ripristino di due seggiovie attualmente in disuso, andando a compromettere ulteriormente una situazione difficile in un ambiente molto delicato. Basti pensare che solo pochi giorni fa i glaciologi dell'Università di Padova hanno previsto che il ghiacciaio potrebbe avere non più di 15 anni di vita. Se dieci anni fa perdeva infatti 5 ettari di superficie l'anno, negli ultimi tre anni si è passati a 9 ettari l'anno. «Negli ultimi 70 anni - ha affermato Aldino Bondesan , coordinatore delle campagne glaciologiche per il Triveneto - ha perso oltre l'80% del volume, dai 95 milioni di metri cubi del 1954 ai 14 milioni attuali. Le previsioni di una sua estinzione si avvicinano sempre di più». «Quello che però maggiormente ci indigna è il progetto "No Car"" - dice Guido Trevisan , proprietario e gestore del Rifugio Pian dei Fiacconi - fortemente voluto dalla Regione Veneto (prevede un ambizioso collegamento tra i comprensori sciistici di Cortina, Arabba e Civetta). Con la scusa di ridurre la mobilità dei mezzi privati sui passi dolomitici propone un'alternativa insostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico, andando a compromettere in modo definitivo due fra le aree di maggior pregio ambientale e storico delle Dolomiti Venete: il Giau e il Sief». Il gruppo sostiene che ognuno di questi progetti (Tofane-Cinque Torri, Marmolada, "No car") inciderà sulla qualità ambientale delle montagne a discapito delle generazioni future, proponendo una idea di turismo che già dimostra i suoi limiti, e sottolinea che nessuno di questi sia stato minimamente concordato con la popolazione o con le amministrazioni locali dei luoghi d'intervento, come dimostrano le prese di posizione di alcuni sindaci. «Non siamo contro lo sci e non siamo ambientalisti, ma non vogliamo che questi progetti ci vengano imposti dall'alto senza avere nemmeno la possibilità di esporre le nostre perplessità. E' arrivato il momento di agire e di far sentire la nostra voce per difendere la terra che amiamo»: è la conclusione del gruppo. Corriere delle Alpi | 6 Settembre 2020 p. 29 Nuovi impianti: gli ambientalisti con la Provincia CORTINA Le associazioni ambientalisti scendono in campo a sostegno della Provincia che, insieme alla Regione, impone il rispetto delle normative per i nuovi impianti di Cortina.«La Provincia di Belluno con la sua determina è stata molto chiara e ha riaffermato da un lato la fragilità dell'ambiente in cui si va a operare e dall'altro la necessità di indagini ben più accurate di quelle finora proposte», scrivono a proposito del nuovo impianto di risalita Son dei Prade-Bai de Dones diverse associazioni (WWF Terre del Piave BellunoTreviso, Italia Nostra Belluno, Mountain Wilderness Italia, Ecoistituto del Veneto "Alex Langer", Gruppo promotore Parco del Cadore, Comitato Peraltrestrade Dolomiti) e ricordano che, a fronte delle puntuali richieste degli uffici tecnici della Regione e della Provincia preposti alle valutazioni ambientali, il Commissario per i Mondiali 2021, proponente del nuovo impianto di risalita, ha risposto in modo incompleto e comunque tale da non soddisfare le prescrizioni impartite. Eppure - fanno notare - si tratta di prescrizioni che impongono il rispetto di normative comunitarie fondamentali che, se non osservate, aprono la strada a ricorsi in sede europea e conseguentemente a pessime figure del Paese, oltre che a sanzioni economiche.«La Provincia, in particolare, si è soffermata sulle problematiche delle torbiere e delle zone umide di Pocol, del lago di Bai de Dones e delle aree circostanti, chiedendo approfondimenti sulla circolazione idrica sotterranea e sul sistema di alimentazione delle sorgenti, in quanto è tutto il versante a soffrire di problematiche di carattere idrogeologico. Il rischio è grosso e può comportare l'alterazione di ambienti umidi protetti di grande valenza. Insomma: si sta camminando con gli scarponi chiodati sopra un quadro di Van Gogh», esemplificano gli ambientalisti. «Confidiamo», concludono, «che gli organismi preposti si mantengano saldi e rigorosi nello svolgimento delle loro funzioni a difesa dell'ambiente». --f.d.m. Corriere delle Alpi | 10 Settembre 2020 p. 27 Cortina 2021, «spettatori dimezzati»
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Francesco Dal Mas VENEZIA Tutto è pronto, a Cortina, per i Mondiali di sci, nel prossimo mese di febbraio. Lo ha assicurato Alessandro Benetton, presidente della Fondazione Cortina 2021, facendo il punto a margine della Mostra del Cinema, durante l'evento denomincato "Ciak si scia". Mancano 150 giorni al 7 febbraio, il primo giorno di gara. Eppure, ha rassicurato Benetton, «siamo in perfetta tabella di marcia, le piste e gli impianti saranno pronti e non ci saranno problemi per l'aspetto sportivo». Eppure a Cortina, l'euforia dell'attesa - ben 20 alberghi sono in ristrutturazione su 50 - è attraversata dalla grande paura, quella del ritorno del Covid. Per motivi di sicurezza, è stato annunciato ieri, gli spettatori sono già stati ridotti a metà: «Stiamo lavorando con le autorità sanitarie per accogliere gli spettatori in sicurezza», fa sapere Valerio Giacobbi, l'amministratore delegato di Cortina 2021. «È difficile dare numeri, diciamo che, per ora, rispetto ai 120 mila spettatori che ci aspettavamo nei 15 giorni prima del Covid, la capacità massima a disposizione sarà di circa la metà: 50 mila, massimo 60 mila persone complessive, cioè 5 mila al giorno nel periodo di massima frequenza». L'avvio del ticketing sarà il 19 ottobre. E già per quella data si potrebbe capire se l'evento si svolgerà in presenza di pubblico, seppur ridotto, o a porte chiuse. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, rischierà di essere annullato. Un'eventualità che già tutti vogliono rimuovere. «Anche perché il rinascimento di Cortina», come ha confermato il sindaco, Gianpietro Ghedina, «passa per i grandi eventi internazionali e la regina delle Dolomiti punta all'apertura tutto l'anno, quindi alle quattro stagioni, trascinando l'intera area dolomitica». L'effetto palla di neve, come lo ha definito Benetton. E non solo per le Dolomiti, per tutto il Veneto, fino a Venezia. «Venezia è con voi», ha detto il sindaco Luigi Brugnaro, «ed è pronta a dare una mano per la comunicazione ed eventuali iniziative specifiche». «Penso che il legame tra Venezia e Cortina», ha risposto il presidente Benetton, «sia tanto tangibile quanto intangibile. C'è un'occasione di scambio di visibilità, in concomitanza con i grandi eventi come il Festival del Cinema e il Carnevale. Ma, a lungo termine queste iniziative serviranno a rafforzare il concetto di fare le cose insieme, come Paese. Possiamo dimostrare che, anche nel nostro Paese, un grande evento può fare la differenza nel lancio del territorio, con il cosiddetto effetto palla di neve».Gli impianti sportivi sono pressoché ultimati (tra qualche contestazione ambientalista), le infrastrutture stradali ancora no; il sindaco di Longarone, Roberto Padrin, ha chiesto scusa ai turisti per i cantieri che hanno comportato lunghe code ed ha confermato che proprio ieri è iniziato lo studio della variante olimpica per la città del Vajont. Cortina è in corsa per portare la banda larga, come la prospettiva di diventare la capitale alpina dello smart working, come ha suggerito il sindaco. A questo punto Lorraine Berton, presidente del Gruppo tecnico sport e grandi eventi di Confindustria, ha colto la palla al balzo per sollecitare investimenti non solo lo sport, ma anche per l'infrastrutturazione di «quel gioiello di imprese che ci sono in provincia», a cominciare da quelle dell'occhiale e che i grandi eventi contribuirebbero a rilanciare. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere del Veneto | 10 Settembre 2020 p. 6 Venezia e l’assist a Cortina Mondiali con gli spettatori ma non più di sessantamila VENEZIA «Il grande evento deve essere l’occasione per il rilancio di tutto il territorio, di tutto il Paese, come una palla di neve che si gonfia rotolando da una scarpata». Alessandro Benetton, presidente della fondazione Cortina 2021, evoca a più riprese questo «effetto palla di neve», nella speranza che i Mondiali di sci del prossimo anno possano davvero avere ricadute positive a cascata per ogni comparto, dalle Dolomiti fino all’Adriatico. E, per spingere giù dalla discesa questa futura valanga economica, chiama in aiuto proprio la forza della laguna: «Nei giorni di sole, d’altronde, anche da Venezia si vedono le Dolomiti». Ieri mattina, a 151 giorni dall’avvio delle gare, il comitato organizzatore ha chiamato a raccolta sponsor e addetti ai lavori e l’ha fatto a breve distanza dalla Mostra del Cinema, nell’hotel liberty Ausonia Hungaria del Lido di Venezia. Non una scelta casuale: nell’anno della pandemia, i pochi appuntamenti che non sono stati cancellati si sostengono e si promuovono a vicenda, in un lungo assist che Venezia ripeterà a febbraio, sfruttando il palco del Carnevale, come d’altronde già fatto ai festeggiamenti di quest’anno, quando dal campanile di San Marco si è calato l’ambasciatore dei mondiali, il campione discesista Kristian Ghedina. A Cortina, intanto, tutto procede secondo i programmi, almeno per quanto riguarda le strutture per le gare: «Ancora più importante, speriamo di riuscire a ospitare tra i 60 e i 50 mila spettatori in presenza - sottolinea Valerio Giacobbi, l’Ad della fondazione - sono la metà di quanto avevamo programmato e dobbiamo ancora confrontarci con le autorità sanitarie, ma questi eventi si fanno per questo». In ogni caso, sono previsti 500mila collegamenti da tutto il mondo per seguire le gare, motivo per cui tra gli investimenti sul territorio c’è anche la fibra ottica per il digitale. «Le nostre imprese hanno sofferto per la mancanza di infrastrutture - rimarca la coordinatrice del tavolo Sport e grandi eventi di Confindustria, Maria Lorraine Berton - adesso i soldi stanno arrivando, meglio tardi che mai. Vanno spesi bene però, questa è la nostra eredità». Il capitolo strade è più complesso, come non ha mancato di ricordare il presidente della provincia bellunese Roberto Padrin: «Stiamo lavorando anche in vista delle Olimpiadi per completare la variante di Longarone e la circonvallazione di Cortina». Proprio la variante alla Statale 51 potrebbe in realtà trasformasi in un tunnel: già finanziata con 270 milioni di euro nella Legge olimpica, ieri l’opera è stata protagonista di un primo incontro tecnico tra Comune di Longarone, Anas e Regione. Nulla di definitivo, per ora, ma ci sono almeno tre scenari che verranno presi in considerazione: il punto fermo è il prolungamento dell’A27 (in forma di superstrada) fino alla
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zona industriale di Longarone; da lì si ipotizza un tracciato totalmente in sinistra orografica del Piave, lambendo Codissago per poi ricollegarsi all’attuale SS51 prima della galleria di Termine di Cadore. Oppure sulla sponda destra del fiume, sotto l’abitato di Longarone, con destinazione sempre la galleria dopo Castellavazzo. L’ultima ipotesi prevede la realizzazione di una galleria sotto Longarone e Castellavazzo, prima di tornare a immettersi nell’Alemagna attuale. Ma è lo scenario meno probabile, sia per i tempi che per i costi, e risparmiando si potrebbero usare i fondi per sistemare anche la viabilità di contorno. Tutto il territorio comunque aspetta le nuove strade: «Quest’anno, dopo la brusca interruzione della stagione invernale, abbiamo avuto un agosto straordinario, con più presenze del 2019 e cento eventi in calendario - incalza il sindaco di Cortina Gianpietro Ghedina - siamo proiettati al futuro». Il primo cittadino veneziano, Luigi Brugnaro, assicura: «Lavoriamo per semplificare le cose, noi vi aiuteremo tantissimo. Il ponte tra Venezia e Cortina esiste già, siamo noi che siamo qui con un obiettivo comune». I primi effetti della «palla di neve» si vedono già: «Su cinquanta alberghi di Cortina, venti stanno ristrutturando. È qualcosa che non succedeva da trent’anni», ha ricordato Benetton. Corriere delle Alpi | 11 Settembre 2020 p. 27 Il Cai Veneto boccia la progettazione dei Mondiali: «Un mare di errori» CORTINA La campagna del Club alpino italiano a protezione dell'ambiente unico di Cortina si eleva di tono. Renato Frigo, presidente regionale, ha affidato alla rivista nazionale del club, "Montagne 360" una lunga analisi, corredata di foto, dei cantieri in corso.«Tutto il Cai», fa sapere Frigo, «non esprime la contrarietà alle grandi manifestazioni sportive ma evidenzia preoccupazione sulla sostenibilità e sull'impatto ambientale del progetto, ritenendo che durante la fase progettuale non siano state adeguatamente valutate le conseguenze, con i risultati che abbiamo visto».Frigo, dunque, fa una precisazione importante: il Cai non è contrario ai Mondiali e alle Olimpiadi, come invece lo sono altre associazioni ambientaliste. Nella sostanza, secondo il Cai, il fatto è che è stata tradita la "Carta di Cortina", quella della sostenibilità, che la stessa Fondazione si era data. Frigo è stato sul posto, ha osservato, ha fotografato tutto quanto.«L'ampliamento delle piste del Col Drusciè e i grandi lavori effettuati, in un contesto geologico estremamente instabile e storicamente interessato da frane come Rumerlo», scrive, «per predisporre il territorio all'arrivo e alle tribune, è l'impatto sicuramente più evidente. Ma paradossalmente suscitano più stupore alcuni lavori di contorno. La strada provinciale sopra Gilardon e i collegamenti pensati fra le varie strutture sciistiche prevedono una larghissima carreggiata, la messa "in posto" di numerosi micropali e di muri di contenimento che impongono grandi costi sia economici e sia ambientali». Si chiede il presidente del Cai: non era possibile trovare soluzioni meno invasive e più sostenibili? Salendo verso le Cinque Torri si trovano inoltre i cantieri per l'impianto di risalita che collegherà Pocol a Bai de Dones.«Proprio a Pocol stupisce l'enorme buco lasciato da un mezzo meccanico che aveva iniziato a scavare all'interno di terreni torbosi, quindi soffici, prima di venire quasi completamente inghiottito dagli stessi».Ma soprattutto colpisce - secondo Frigo - l'impatto ambientale che un impianto del genere, la cui utilità non è ben chiara, potrà generare sui 4 chilometri di percorso interessando persino il fiabesco laghetto di Bai de Dones.Infine - riferisce ancora il dirigente Cai - alla base degli impianti esistenti di risalita alle Cinque Torri, l'impatto prodotto dalla nuova pista, pensata solamente per l'allenamento degli atleti, è forse ancora maggiore in quanto incide su uno dei luoghi più famosi e rinomati dell'Ampezzo. A questo punto il presidente regionale del Cai si chiede se anche la Fondazione Dolomiti non avesse potuto dire la sua. «Va precisato che i territori interessati dai lavori non fanno parte delle zone riconosciute dall'Unesco come patrimonio dell'Umanità. Forse un adeguato coinvolgimento della Fondazione, visto che gli interventi avvengono proprio ai confini dei territori riconosciuti, avrebbe dovuto esserci fin dall'inizio, utilizzando la Fondazione come piattaforma di dialogo e, nel caso, come luogo di negoziazione dei conflitti».A livello sociale - si legge nella Carta di Cortina - si prevede l'avvio di un processo partecipato con le comunità locali, promuovendo iniziative di innovazione. Ma proprio questo non è avvenuto. Almeno a parere di Frigo."Montagne 360" è la rivista alpina più letta non solo in Italia ma in tutto il mondo. Il servizio sulla preparazione dei Mondiali lascerà il segno. Anche per quanto riguarda la conclamata sostenibilità delle Olimpiadi. --Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere del Veneto | 13 Settembre 2020 p. 10 Il Cai Veneto boccia i progetti «Troppi errori» Cortina Un mare di errori. Il Cai Veneto non fa sconti ai lavori in corso per i Mondiali di sci 2021. In un dettagliato articolo pubblicato nell’ultimo numero della rivista del club, «Montagne 360», è lo stesso presidente regionale Renato Frigo ad elencare i punti neri dei progetti in via di realizzazione. L’analisi si sofferma sui lavori a Col Druscié «in un contesto geologico estremamente instabile e interessato da frane come Rumerlo». Anche salendo verso le Cinque Torri i progetti lasciano perplesso il Cai. «L’impatto prodotto
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dalla nuova pista alla base degli impianti – scrive Frigo – pensata solo per l’allenamento degli atleti, incide su uno dei punti più rinomati dell’Ampezzo. È vero che i territori interessati non rientrano nelle zone riconosciute come patrimonio dell’umanità, ma essendo ai confini con queste, la Fondazione Dolomiti Unesco avrebbe dovuto essere coinvolta dall’inizio». Il Cai precisa di non essere contrario a Mondiali e Olimpiadi, come invece altre associazioni ambientaliste, ma accusa come nei fatti sia stata tradita la «Carta di Cortina», basata sulla sostenibilità. (m. g. ) Gazzettino | 19 Settembre 2020 p. 2, edizione Belluno Cabinovia Cinque Torri: “Un’impianto di risalita che rispetta l’ambiente” CORTINA La Provincia di Belluno concede l'avvio dei lavori per costruire la nuova cabinovia di Cortina, per le Cinque Torri, da Son dei Prade a Bain de Dones. Lo fa dopo aver verificato il rispetto delle prescrizioni emesse dal comitato provinciale di Valutazione di impatto ambientale. Il sopralluogo tecnico è stato eseguito giovedì 17 settembre. Vi hanno partecipato tutti gli enti coinvolti: l'amministrazione comunale di Cortina; i rappresentanti del commissario di governo per le opere dei Mondiali Cortina 2021; l'agenzia regionale per l'ambiente Arpav; la direzione lavori e il rappresentante dell'associazione temporanea di imprese Leitner e Toninelli, che faranno la parte tecnologica dell'impianto e le opere edili. I tecnici del Comitato provinciale Via sono stati sui luoghi interessati dalla nuova cabinovia, che partirà dal comprensorio sciistico di Pocol per arrivare sino alle attuali seggiovie delle Cinque Torri, così da unire tutte le aree sciabili sulla destra orografica della conca d'Ampezzo, da Socrepes e Tofana sino al passo Falzarego, Averau, Lagazuoi. Nelle previsioni iniziali la cabinovia avrebbe dovuto rivestire una funzione di collegamento anche durante i Campionati del mondo di sci alpino Cortina 2021, il prossimo mese di febbraio, come mobilità alternativa alla strada 48 delle Dolomiti, per trasportare nella zona delle gare gli spettatori in arrivo dal passo Falzarego, dalle contermini valli dell'Agordino e dell'Alto Adige. Il sommarsi dei ritardi rende quantomeno improbabile la conclusione dei lavori in tempo utile, con l'autunno alle porte e l'inverno poco distante. LE INTEGRAZIONINella valutazione di impatto ambientale, per realizzare questo nuovo impianto di risalita, erano state richieste alcune integrazioni, al fine di preservare il biotopo vicino alla stazione di valle, e il biotopo e la torbiera che si trovano presso la stazione di monte dell'impianto. Sono stati verificati tutti gli aspetti per i quali erano state richieste integrazioni in fase ante-operam. Constatato il rispetto delle prescrizioni per quanto riguarda gli aspetti di carattere ambientale, i tecnici provinciali hanno potuto dare il via libera alla cantierizzazione. «Si tratta di un dato importante - commenta Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno abbiamo verificato, ai termini di legge, le prescrizioni date per preservare il più possibile gli habitat di pregio». Il presidente Padrin sottolinea il valore strategico di questo impianto: «I Mondiali di sci 2021 rappresentano un'occasione enorme per lo sviluppo del nostro territorio. Ma non possiamo tralasciare la sostenibilità degli interventi che sono stati fatti e che saranno eseguiti. Ringrazio la struttura della Provincia, sempre attenta; la partita dei Mondiali di Cortina ha messo in luce la grande professionalità e l'impegno dei nostri dipendenti». Ci sono state diverse proteste delle associazioni ambientaliste, per l'impatto di questo lavoro sul territorio. C'è stata anche una manifestazione in loco, a Cianzopé, all'inizio della strada che sale alle Cinque Torri. Lì sorgerà la stazione intermedia dell'impianto, troppo lungo per poter sviluppare un'unica tratta. Da tempo sono stati abbattuti gli alberi; è stata tracciata la linea che seguiranno le funi, ma sinora non si è fatto nulla per le opere edili e tecniche. Nel tentativo di sondare il terreno, dove sorgerà la stazione di partenza di Son dei Prade, un escavatore dell'impresa appaltatrice è completamente sprofondato nel fango ed è stato necessario recuperarlo.
MOBILITA’: PASSI DOLOMITICI Corriere delle Alpi | 7 Settembre 2020 p. 14 Estate sulle Dolomiti «In certi momenti le auto vanno fermate ai piedi dei passi» la denuncia La montagna che non c'è più. La montagna che non c'è ancora. Francesco Pistollato sta fotografando l'una e l'altra, immaginando involuzioni ed evoluzioni. Fa parte del Cai di Mestre, che in questi anni sta assicurando il miracolo della gestione autonoma del rifugio Galassi, con i volontari, caso unico sulle montagne italiane. Pistollato ha indagato per anni le Dolomiti bellunesi insieme ad un gruppo di altri fotografi, proprio per capire se c'è un futuro "creaturale" per le terre alte. «Se ci appelliamo alla creazione e quindi ai concetti di custodia e di contemplazione, non trovo chissà quale presupposto in ciò che ho visto - ammette Pistollato -. L'altro giorno
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ero sul Col Gallina, lassù c'è il piccolo lago di Limedes. Stavo accomodato sul materassino per meglio fotografare. Arriva una guardia-parco e mi avverte che rischio 105 euro di multa, evidentemente perché calpestavo l'erba là dove non è concesso farlo. Stavo riprendendo, in quel momento, una grande ruspa che molto più in alto scavava nella roccia una lunga feritoia, non so per inserire quale conduttura». Per Francesco, è proprio questa una delle grandi contraddizioni che le Dolomiti vivono. E l'estate che si avvia alla conclusione, di controsensi in quota ne ha vissuti quasi quotidianamente. Pistollato li ha anche fotografati. «Mi sono trovato in coda lungo un tratto del sentiero che porta al lago Sorapis. Non si riusciva a salire perché c'erano persone che scendevano e in due non si passava. Il Cai prenda nota per il prossimo anno: dovrà installare il semaforo per un senso unico alternato di marcia. Non basterebbe organizzare meglio il parcheggio a valle, quindi con il numero chiuso e prevedere la sanzione per chi sosta in zona vietata?». Lassù al lago, in faccia al Sorapis, il nostro fotografo si è fermato per buona parte della giornata. «Per fortuna non c'era la movida, ma ho potuto riprendere un altro rito, solo apparentemente innocuo, quello del selfie nel lago turchino». Scatti innocenti ma, appunto, non innocui perché il click viene meglio se si cammina sull'acqua. Pistollato ha archiviato centinaia, forse migliaia di foto, anche sull'assalto ai passi. Una mattina, all'alba, è salito sulle rocce a valle del passo Pordoi per riprendere fin dalle prime ore la genesi del grande traffico estivo. «Ho constatato che i parcheggi si riempiono all'inverosimile già tra le 8. 30 e le 9. In quell'orario c'è quasi sempre la coda alla partenza della funivia al Sas Pordoi e la lunga "processione" verso il Piz Boè. Nelle successive ore della mattinata ho riscontrato molte auto che zigzagano tra le varie aree parcheggio del Pordoi, alla ricerca di uno stallo». Pistollato si chiede se è così complicato fermare a valle le auto, quando i parcheggi sono pieni e farle salire nel momento in cui si liberano gli spazi. Ovviamente portando in quota i turisti con le navette. "Dolomiti umane" s'intitola una serie di foto che Pistolato ed i suoi collaboratori hanno scattato alla montagna che non c'è più. In provincia di Belluno sono ben sei i borghi, individuati dal Cai, dove esistono le case ma dove non vive proprio nessuno. Uno di questi è Stracadon. Sono 5 case, in comune di Chies, dove l'ultimo residente se n'è andato nel 1963: anzi in verità gli immobili sono 6 e accoglievano, fin dopo la guerra, una trentina di persone. Dall'altra parte della provincia c'è il borgo di Fumegai, si trova in comune di Arsiè. 8 case, tutte abbandonate, quando è stata costruita la diga. Pistollato ed i suoi amici fotografi sono saliti anche a Prà di Sopra, 4 case in quel di Cencenighe. I borghi di Albe e Valier, dalle parti di Rocca Pietore, in verità non sono disabitati. Non ci va più nessuno, ad eccezione di un padovano che fa l'eremita per sette o otto mesi l'anno. «Questa esplorazione fotografica, voluta espressamente dal Cai di Mestre, non sarà un capitolo a sé stante, ma con tutta probabilità diventerà il primo capitolo della lunga storia dello spopolamento della provincia di Belluno». Che non può vivere di assalti e relativi sussulti, perché anche questi alla lunga saranno letali. --francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA
MOBILITA’: LAGO DI BRAIES Alto Adige | 13 Settembre 2020 p. 34 Braies, meno auto al lago Alfreider: «Scelta giusta» ezio danieli braies "L'esperimento è da considerare positivo. I dati ancora non li abbiamo, ma posso dire che tutto ha funzionato nel migliore dei modi, a testimonianza che è questa la strada da seguire anche in futuro. È la strada da applicare, con le dovute differenze, anche in altre parti e zone della provincia, a cominciare dai passi dolomitici". Chi parla è l'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider il giorno dopo la conclusione dell'esperimento di limitazione di accesso con le auto in valle di Braies. Per tutelare l'area da un impatto turistico troppo forte (e da troppe auto) è stata riproposta anche quest'estate l'iniziativa di Idm, Provincia, Comune e Associazione turistica, che insieme hanno elaborato il Piano Braies 2020.Si è puntato soprattutto a incentivare l'uso delle biciclette e delle... scarpe, unici mezzi, è stato sottolineato, per "raggiungere il lago in modo salutare e rispettoso dell'ambiente". "Sono stati aumentati i noleggi di biciclette a Braies, Villabassa e Monguelfo e contestualmente sul lago sono stati realizzati ulteriori parcheggi per biciclette. Per chi si è mosso su mezzi privati, invece, la strada nella valle di Braies è rimasta aperta dal 10 luglio al 10 settembre fino a quando i parcheggi della valle erano disponibile, dopo quel momento la strada è stata chiusa fino alle 15", ha aggiunto Alfreider, precisando inoltre che "dal 10 luglio anche gli autobus delle linee 439 e 442 hanno potuto essere utilizzati per arrivate al lago di Braies. Quest'anno è stata però introdotta la prenotazione online obbligatoria, con pagamento online tramite un nuovo portale di Comune e Idm. Non appena i posti erano al completo, non c'è stato più accesso al bus navetta". "Lo scorso anno - ha proseguito l'assessore l'attenzione si è concentrata sullo spostamento del traffico verso una mobilità più rispettosa dell'ambiente. Un'offerta che resterà attiva, affiancata però da una limitazione degli accessi al lago".Il bilancio dell'esperimento è stato valutato dunque positivamente. "La strada - aggiunge Alfreider - è stata chiusa per diversi giorni già un'ora prima del previsto. La gente al lago è arrivata con le bici, a piedi o servendosi dei mezzi di trasporto pubblico". I giorni di maggiore affluenza al lago sono stati quelli a cavallo di Ferragosto,
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come era nelle attese. Un po' meno i visitatori in luglio e nei primi giorni di settembre. "Le presenze sono state ugualmente numerose - dice il sindaco di Braies Friedrich Mittermair - con problemi anche di sovraffollamento attorno al lago, tanto che sono stato costretto ad emettere un'ordinanza per l'obbligo di mascherina. Ma il traffico di accesso al lago è stato tutto sommato ordinato. Il provvedimento provinciale è valido e dovrà essere ripetuto per salvaguardare l'ambiente protetto anche dal marchio dell'Unesco". Qualche lamentela è arrivata da chi è salito sugli autobus: spesso erano pieni di persone con i rischi connessi al contagio e i problemi con le norme anti virus. "Dettagli che meritavano maggiore attenzione in un'estate difficile come quella che abbiamo trascorso - conclude l'assessore Alfreider - Ma bisogna continuare sulla strada intrapresa a Braies".
COLLEGAMENTO VAL GARDENA – ALPE DI SIUSI Alto Adige | 7 Settembre 2020 p. 14 In marcia contro il collegamento tra Val Gardena e Alpe di Siusi Bolzano Ieri manifestazione ambientalista con alcune centinaia di persone a Monte Pana per la difesa dei prati e sorgenti di Plan de Cunfin dalla progettata costruzione di un trenino per il collegamento con Santa Cristina e Alpe di Siusi e più precisamente Monte Pana con Saltria. Oltre al gruppo «Nosc Cunfin», all'iniziativa hanno aderito anche il Cai, l'Avs e il Dachverband. «Un vero obbrobrio e attentato alla natura. Ci opporremo con tutte le nostre forze», afferma Carlo Alberto Zanella del Cai. A metà settembre il Gruppo Verde in consiglio provinciale porterà in discussione nel prossimo consiglio provinciale la mozione contro la realizzazione di un collegamento tra Monte Pana-Saltria mediante impianto a cremagliera o cabinovia. I Verdi hanno chiesto in passato che la giunta sostenesse la richiesta di inserimento dei gruppi del Sella e del Sassolungo con Plan de Cunfin nell'elenco del Patrimonio Mondiale Unesco Dolomiti, e dunque creasse tutti i presupposti perché ciò possa avvenire, prevedendo anche tutte le forme di tutela necessarie per rispettare i criteri richiesti dall'Unesco. Ma in consiglio provinciale la mozione non era passata. La zona di Plan de Cunfin è una delle ultime zone integre dell'Alpe di Siusi, zona di vincolo paesaggistico che da decenni è sottoposta ad un processo di "spoliazione" dei valori naturali, sacrificati sull'altare delle richieste senza fine di un turismo che pare non accontentarsi mai. I primi progetti di "valorizzazione" di quell'area risalgono addirittura agli anni Ottanta, ma a fare da argine allora erano stati proprio gli Uffici di pianificazione paesaggistica della Provincia. Come andrà a finire questa volta lo scopriremo presto. Certo è che il comprensorio della Val Gardena, e di riflesso l'Alpe di Siusi, scontano oggi gli effetti collaterali, in termini di traffico, di un'idea di sviluppo del turismo invernale su cui molti iniziano a storcere il naso. Alto Adige | 17 Settembre 2020 p. 34 Oltre 3 mila firme contro il trenino tra Pana e Saltria PAOLO TAGLIENTE BOLZANO Oltre tremila firme. oltre tremila "no" al progetto di collegamento tra i comprensori sciistici della val Gardena e dell'Alpe di Siusi con una ferrovia a cremagliera. Sono state raccolte nelle scorse settimane con una petizione lanciata online e consegnate, ieri mattina, prima dell'inizio dei lavori del consiglio provinciale, al presidente Arno Kompatscher. A recapitargliele Martin Moroder, in rappresentanza del gruppo "Nosc Cunfin", promotore della petizione, ed Engelbert Moroder, in rappresentanza dell'associazione ambientalista "Lia per Natura y Usanzes". «Al presidente - spiega Martin - che ci ha accolto molto gentilmente, assicurandoci che le firme saranno prese in debita considerazione, abbiamo ribadito il nostro impegno contro questo collegamento, sottolineando di essere disposti ad arrivare fino a Bruxelles, se necessario». Il 6 settembre scorso, rinviata di una settimana a causa del maltempo, s'è svolta una gita simbolica per dire "no" al trenino il cui tracciato, comunque impattante dal punto di vista ambientale, passerebbe vicinissimo ai Piani di Cunfin, dove si trova la sorgente d'acqua che fornisce acqua potabile all'intero territorio di Ortisei, compresa la frazione di Oltretorrente. Una sorgente che già oggi è minacciata dal passaggio, a poca distanza, di camion e auto durante i mesi invernali. «L'ideale - prosegue Martin Moroder - sarebbe che l'area venisse inserita nella Rete ecologica Natura 2000, finalizzata alla conservazione della biodiversità presente nel territorio dell'Unione Europea e, in particolare alla tutela degli habitat e delle specie animali e vegetali rari e minacciati. E anche che diventi parco naturale». Il progetto è anche uno dei punti caldi della campagna elettorale dei vari candidati sindaco della Val Gardena. «I due candidati di Ortisei si sono detti contrari - rivela Martin - a Santa
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Cristina, nel corso della serata di domani (oggi per chi legge, ndr), verrà chiesto al candidato dell'Svp cosa pensa sull'argomento mentre gli altri in corsa per la poltrona di primo cittadino si sono detti contrari. Non conosciamo ancora la posizione dei candidati di Selva, invece».Brutte notizie dal consiglioPoco dopo la consegna delle firme, i consiglieri del Gruppo Verde hanno presentato una mozione "No al collegamento Monte Pana-Alpe di Siusi". E il segnale arrivato dall'assemblea provinciale non è dei più tranquillizzanti per chi si oppone all'opera. «Nonostante le chiare indicazioni da parte delle associazioni ambientaliste e di molti gruppi di interesse locali (giovani SVP compresi) preoccupati per l'equilibrio ecologico e paesaggistico del sito alle porte delle Dolomiti patrimonio universale dell'Unesco - scrivono i Verdi - la maggioranza ha votato contro le nostre proposte. Sui punti deliberativi 1 e 3 la minoranza ha votato pressoché compatta a favore mancando l'approvazione per 1 solo voto (vedi risultato della votazione nominale allegata). Per il futuro non sono quindi esclusi progetti invasivi di impianti di risalita che faciliteranno il collegamento tra Monte Pana e l'Alpe di Siusi. La Giunta ha perso così un'occasione per dare un chiaro segnale su come intende rendersi garante delle tutela e della valorizzazione sostenibile del nostro territorio».
COLLEGAMENTO TRE CIME - AUSTRIA Alto Adige | 23 Settembre 2020 p. 39 La zona sciistica «Tre Cime» sarà collegata con l'Austria BOLZANO La zona sciistica "Tre Cime Dolomites" nel Comune di Sesto Pusteria potrà essere collegata con il centro sciistico "Sillian Hochpustertal" in Austria. Sulla parte altoatesina sono previsti a tal fine un nuovo impianto di risalita e una nuova pista da sci, denominati "Tre Cime II". I nuovi impianti da sci e la relativa pista potranno essere realizzati solo in presenza di un progetto riferito anche al tratto austriaco del collegamento. Una proposta in tal senso è stata sottoposta all'esecutivo provinciale dall'assessore all'ambiente. Lo studio di fattibilità per il collegamento fra le due zone sciistiche, presentato dalla società gestrice degli impianti di risalita 3 Zinnen Spa, aveva già ottenuto il parere positivo dal Comitato ambientale ed era già stato approvato dalla Giunta nel 2018. La nuova cabinovia Tre Cime II sarà dotata di cabine da 10 posti per una portata oraria di 2.400 persone e servirà l'omonima nuova pista di collegamento lunga 2.100 metri, con una superficie di circa 8,7 ettari. La stazione a valle della nuova cabinovia è prevista nelle immediate vicinanze dell'impianto esistente Tre Cime I. L'investimento ammonta a 10,85 milioni di euro. L'impianto di innevamento per la nuova pista da sci sarà collegato alla rete esistente, alimentata dal lago artificiale di Sesto. La derivazione massima dalla diga di Sesto sarà aumentata da 210 a 305 litri al secondo e potrà essere di al massimo 244.684 metri cubi per stagione invernale. La portata media del lago artificiale sarà aumentata da 16,3 a 23,6 litri al secondo. Corriere dell’Alto Adige | 23 Settembre 2020 p. 14 Collegamento «Tre Cime» Ok dalla giunta Si farà il Collegamento sciistico transfrontaliero «Tre Cime II Italia-Austria» a Sesto Pusteria: la giunta provinciale ha infatti deciso ieri che la zona sciistica «Tre Cime Dolomites» nel comune di Sesto Pusteria potrà essere collegata con il centro sciistico «Sillian Hochpustertal» in Austria. Sulla parte altoatesina sono previsti a tal fine un nuovo impianto di risalita e una nuova pista da sci, denominati «Tre Cime II». I nuovi impianto da sci e la relativa pista potranno essere realizzati solo in presenza di un progetto riferito anche al tratto austriaco del Collegamento. La giunta ha approvato a questa condizione il progetto per il tratto altoatesino del Collegamento e secondo le valutazioni e con le condizioni imposte dal Comitato ambientale. È prevista anche una cauzione pari a 200.000 euro, ad osservanza delle prescrizioni. Una proposta in tal senso è stata sottoposta all’esecutivo provinciale dall’assessore all’ambiente. Lo studio di fattibilità per il Collegamento fra le due zone sciistiche, presentato dalla società gestrice degli impianti di risalita 3 Zinnen Spa, aveva già ottenuto il parere positivo dal Comitato ambientale ed era già stato approvato dalla giunta nel 2018. La nuova cabinovia Tre Cime II sarà dotata di cabine da 10 posti per una portata oraria di 2.400 persone e servirà l’omonima nuova pista di Collegamento lunga 2.100 metri, con una superficie di circa 8,7 ettari.
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Alto Adige | 25 Settembre 2020 p. 32 A Sesto via libera al collegamento sugli sci con Sillian alta pusteria La zona sciistica Tre Cime a Sesto Pusteria potrà essere collegata con il centro sciistico di Sillian, in Austria. Sulla parte altoatesina sono previsti un nuovo impianto di risalita e una nuova pista da sci, denominati "Tre Cime II". I nuovi impianto e pista potranno essere realizzati solo in presenza di un progetto riferito anche al tratto austriaco del collegamento. La giunta provinciale ha approvato a questa condizione il progetto per il tratto altoatesino del collegamento e secondo le valutazioni e con le condizioni dettate dal comitato ambientale. È prevista anche una cauzione di 200 mila euro a osservanza delle prescrizioni. Lo studio di fattibilità per il collegamento fra le due zone sciistiche, presentato dalla società gestrice degli impianti di risalita 3 Zinnen Spa, aveva già ottenuto il parere positivo dal Comitato ambientale e era stato approvato dalla giunta nel 2018. La nuova cabinovia Tre Cime II sarà dotata di cabine da 10 posti per una portata oraria di 2.400 persone e servirà l'omonima nuova pista di collegamento lunga 2.100 metri. La stazione a valle della nuova cabinovia è prevista nelle vicinanze dell'impianto esistente Tre Cime I. L'investimento ammonta a 10,85 milioni di euro. In presenza del progetto per il tratto oltreconfine, potranno essere rilasciati il provvedimento autorizzativo unico provinciale e la concessione edilizia per le opere in territorio altoatesino. Prima del rilascio del provvedimento autorizzativo unico dovrà essere presentata al Comitato ambientale una proposta rielaborata per le misure di compensazione ambientale. Tra queste misure vi sono il rimboschimento del contesto idrogeologico e la valorizzazione dell'habitat del fagiano di monte. Invece, il Comitato ambientale non ha ritenuto idonea quale misura di compensazione il "progetto sentiero di frontiera". L'impianto di innevamento per la nuova pista da sci sarà collegato alla rete esistente, alimentata dal lago artificiale di Sesto. Tra le condizioni imposte dal Comitato ambientale e fatte proprie dalla Giunta provinciale per il ripristino delle aree interessate dalla movimentazione del terreno, vi è l'impiego di sementi autoctone per il rinverdimento d'alta quota e del manto erboso asportato. E.D.
I BIG DATA PER GESTIRE LA MOBILITA’ E IL TURISMO NELLE DOLOMITI Nordesteconomia | 9 Settembre 2020 online L'uso dei big data per gestire mobilità e turismo sostenibile sulle Dolomiti https://nordesteconomia.gelocal.it/economia/2020/09/08/news/l-uso-dei-big-data-per-gestire-mobilita-e-turismo-sostenibile-sulledolomiti-1.39283400
STRUTTURE OBSOLETE Corriere delle Alpi | 8 Settembre 2020 p. 14, segue dalla prima La Fondazione Dolomiti UNESCO: “Via gli ecomostri dalle nostre Dolomiti” AURONZO La Fondazione Dolomiti Unesco fa sul serio. Sta mappando, con lo Iuav di Venezia, tutti gli ecomostri in quota e proporrà agli enti di competenza di toglierli. A cominciare dall'ex Bivacco Fanton, sulle montagne di Auronzo. Lo stesso Iuav è stato incaricato di uno studio della mobilità in area Tre Cime di Lavaredo, oltre che al lago di Braies, per capire eventuali rimedi agli assalti estivi delle auto.È quanto il cda della Fondazione ha comunicato ai dirigenti dell'associazione Mountain Wildernes nel primo confronto dopo le polemiche dei mesi scorsi. Prove tecniche di dialogo, insomma, per le quali il presidente della Fondazione Tonina ha portato dei
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progetti concreti a certificazione di quanto l'ente fa a tutela dell'ambiente.Era presente anche il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, che ha commentato positivamente l'esito dell'incontro. Dall'altra parte del tavolo Franco Tessadri, presidente dell'associazione ambientalista, e Giancarlo Gazzola, vicepresidente. «Siamo soddisfatti dell'apertura del dialogo, anche se teniamo le nostre posizioni su alcuni temi, a cominciare dagli abusi di Cortina per i Mondiali» ha commentato Gazzola. La Fondazione - ha evidenziato il presidente - ha avviato uno studio pilota in collaborazione con l'Univeristà Cà Foscari dedicato alle aree delle Tre Cime di Lavaredo e di Braies con l'utilizzo di big data, funzionali all'elaborazione di strategie di gestione mirate per quanto riguarda ad esempio la mobilità e il turismo sostenibile. «Non appena sarà concluso questo studio, individueremo le possibili soluzioni - anticipa il presidente - e le offriremo a chi di competenza» .Rassicurante la risposta di Auronzo. «Dopo il benestare della Soprintendenza, costruiremo due ampi parcheggi interrati per togliere le auto dal lago di Misurina. Da qui partirà un nuovo sistema di navette verso le Tre Cime, per cui si allenterà anche le pressione delle auto al rifugio Auronzo», assicura il sindaco Tatiana Pais Becher.Un focus dell'incontro è stato dedicato ai balconi panoramici, punti di osservazione realizzati in luoghi strategici, lungo sentieri già molto frequentati, che hanno lo scopo di creare consapevolezza nell'osservatore rispetto al Patrimonio mondiale. «Proprio per valorizzare il paesaggio naturale è strato realizzato uno studio dedicato alle cosiddette strutture obsolete, rispetto alle quali sono state messe in campo delle azioni concrete», fa sapere Morandini. «In Trentino, ad esempio, è stato rimosso l'ecomostro di Passo Rolle, mentre in Alto Adige sono state interrate le linee elettriche della Val di Sesto e del rifugio Molignon. Abbiamo mappato i plinti e gli altri impianti obsoleti della Marmolada e formuleremo una proposta alle Province e ai Comuni interessati per la loro demolizione».Già il prossimo anno potrebbe ricevere un colpo di spugna l'ex Bivacco Fanton. La Fondazione metterà a disposizione le risorse perché l'istituzione interessata possa procedere. Non mancano infine i segnali positivi della capacità di attivarsi per la conservazione attiva da parte dei territori, come ad esempio la volontà di alcuni Comuni di gestire la mobilità sulla strada del Nigra favorendo la mobilità ciclabile e l'accessibilità per tutti. I rappresentanti di Mountain wilderness hanno presentato i contenuti di un dossier redatto con altre dieci realtà impegnate nella tutela del territorio. Dossier recapitato all'Unesco, in cui si richiama l'attenzione in particolare sull'espansione degli impianti sciistici e sulla insufficiente tutela delle acque. Il presidente Tonina ha replicato che la Fondazione non può intervenire direttamente, non può tanto meno imporre vincoli, ma più semplicemente offrire opportunità per la conservazione attiva del Patrimonio Mondiale. --F.D.M
BIVACCCO FANTON: LA POSA DELLA NUOVA STRUTTURA Corriere delle Alpi | 10 Settembre 2020 p. 17, segue dalla prima Il nuovo bivacco Fanton è sulle Marmarole «Un'impresa dedicata a Sergio Francese» Gianluca De Rosa AURONZO Al terzo tentativo il nuovo bivacco Fanton è stato finalmente posizionato a forcella Marmarole. Un iter di trasferimento, dal vecchio campo sportivo di Auronzo fino a quota 2700 metri d'altezza, più complicato del previsto, anche se alla fine, come si suol dire, tutto è bene quel che finisce bene.Giornata intensa, quella di ieri, per la sezione Cai di Auronzo: il primo passo verso l'inaugurazione del nuovo bivacco Fanton sulle Marmarole è stato compiuto. L'elicottero della ditta svizzera Heli Suisse, specializzata in "trasporti eccezionali" ad alta quota, con un volo di una quindicina di minuti è riuscito a portare la scocca del futuro bivacco, del peso di 2,5 tonnellate fin su a forcella Marmarole. Ad attenderla un poule di volontari (sette) della sezione, che nel giro di qualche ora ha provveduto a stabilizzarla sulla struttura all'avanguardia preventivamente realizzata sul posto.«È stata una giornata speciale per noi», ha spiegato il presidente della sezione Cai di Auronzo Stefano Muzzi, che ha seguito l'evolversi dei lavori prima dal quartier generale di Auronzo e poi direttamente sul posto con un secondo viaggio in quota, «siamo felici di essere riusciti a posizionare il nuovo bivacco nella sua sede. Ci avevamo provato giovedì scorso, ma nel primo pomeriggio siamo stati sorpresi dal maltempo rimandando il tutto. Ci avevamo riprovato anche martedì, ma, sempre nel pomeriggio, la nebbia ci ha sorpresi proprio mentre l'elicottero era in volo, costringendoci a tornare giù ed aspettare momenti migliori dal punto di vista meteorologico».Momento clou arrivato ieri mattina intorno alle 8, quando l'elicottero questa volta è riuscito "nell'impresa" di trasportare in quota la struttura e posizionarla nel luogo "x", prima di far rientro alla base, allestita proprio all'interno del vecchio campo sportivo situato nelle adiacenze dell'ex segheria Monti. In questi giorni nel frattempo, l'equipaggio di professionisti svizzeri giunti ad Auronzo per effettuare il servizio, hanno alloggiato all'hotel Usignolo, tenendo il proprio elicottero "parcheggiato" nei prati circostanti. «Costi dell'operazione? Oggi non vogliamo pensarci, preferiamo goderci il momento», ha detto sorridendo Muzzi, che ha poi aggiunto il futuro cronoprogramma che attende il bivacco Fanton prima della sua effettiva apertura: «Se il tempo ci assiste contiamo di completare l'allestimento del bivacco, soprattutto internamente, prima dell'inverno. Male che vada lo faremo in primavera, comunque prima della sua inaugurazione ufficiale che avverrà nel mese di giugno».Dal presidente della sezione Cai di Auronzo Stefano Muzzi un pensiero
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a Sergio Francese, scomparso nei giorni scorsi nel corso di una esercitazione alle Tre Cime: «Questa piccola impresa la dedichiamo a lui. Era un nostro amico, oggi sarebbe stato quassù con noi di sicuro. Il nostro pensiero, in questi giorno di festa, va a lui ed alla sua famiglia».Lavoro extra per Heli Suisse che una volta lasciata a terra la nuova struttura del bivacco Fanton ha provveduto a riportare a valle quella vecchia e ormai in disuso. Uno "scarico" e "ricarico" , della durata di una ulteriore decina di minuti, seguito sul posto dai volontari della sezione Cai di Auronzo che, giunti a forcella Marmarole alle prime luci dell'alba, hanno offerto il proprio contributo anche in questa specifica circostanza. Il vecchio bivacco Fanton è stato lasciato nell'hangar dell'ex segheria Monti, prendendo "simbolicamente" il posto della nuova scocca che, una volta giunta da Ancona dove è stata assemblata, ha aspetto nello stesso posto il momento tanto atteso del trasferimento in quota. -Corriere delle Alpi | 10 Settembre 2020 p. 17 La Maila's di Recanati ha usato materiali resistenti al freddo AURONZO Il nuovo bivacco Fanton si sviluppa su una superficie di 30 metri quadri: il guscio su cui si fonda l'intero edificio è stato realizzato in sinergia con l'azienda Maila's Innovation Technology Consulting di Recanati, in provincia di Macerata nelle Marche, realtà guidata dall'architetto Maila Scorcella che, nella circostanza, è stata capace di assemblare materiali adatti alla resistenza nel contesto alpino. Le tecnologie utilizzate hanno permesso di rendere l'edificio molto leggero in proporzione alle proprie dimensioni favorendone il trasporto in quota.L'architettura del bivacco Fanton è leggera e resistente, capace di poggiarsi su un crinale scosceso ancorato attraverso un traliccio in acciaio alla roccia della forcella Marmarole. Detto della struttura, il progetto è stato firmato dallo studio Demogo di Treviso in collaborazione con Franzoso ingegneria e Advanced Mechanical Solutions. L'analisi geologica à stara affidata all'ingegnere Luca Salti, mentre la struttura è stata costruita dal consorzio disgaggi Padolese di Comelico Superiore.Storia "lunga" quella del bivacco Fanton, iniziata nel 2015 con un concorso di idee lanciato dalla sezione Cai di Auronzo e proseguito con una serie di riconoscimenti che hanno accompagnato l'iter di realizzazione, completato nel 2019, un anno prima del trasporto in quota avvenuto ieri (inaugurazione a giugno 2021). Nel 2018 il progetto è stato selezionato per una mostra nel Padiglione Italiano alla Biennale di architettura di Venezia, arcipelago Italia. Nello stesso anno si è aggiudicato la medaglia d'oro dell'architettura italiana al premio De Albertis andato in scena a Milano. Il progetto ha fatto bella mostra di sé in due kermesse: la prima dal 17 aprile 2019 al 22 dicembre 2020 a Roma (Maxxi Museo), la seconda a Treviso in corso d'opera al museo Bailo. Gazzettino | 13 Settembre 2020 p. 13, edizione Belluno Nuovo bivacco Fanton: apertura la prossima estate «Con il posizionamento del bivacco Fanton ai 2.667 metri di Forcella Marmarole il progetto è ormai in una fase avanzata, ma non definitiva. Per la fruibilità del ricovero sono infatti necessari ancora alcuni fondamentali interventi come il rivestimento esterno di protezione in metallo di zinco e l'articolazione degli interni in legno di abete e larice. La struttura, dunque, al momento non è agibile. I lavori proseguiranno nelle prossime settimane e la piena agibilità potrà avvenire dalla tarda primavera oppure dall'inizio estate del prossimo anno»: lo precisa il vice presidente della sezione cadorina del Cai di Auronzo Massimo Casagrande, che nei giorni scorsi ha seguito di persona la collocazione della struttura sulla forcella. L'OPERAZIONE Sono stati i tecnici di Heliswiss International, coadiuvati da Elifriulia, insieme ai volontari della Sezione Cadorina di Auronzo del Cai e del Soccorso Alpino, ad elitrasportare in quota la scocca del nuovo bivacco a Forcella Marmarole. Qui, il ricovero è stato ancorato alla struttura obliqua in acciaio predisposta durante le precedenti lavorazioni con fondazioni in cemento armato operate dal Consorzio Disgaggi Padolesi. Si tratta di un'ulteriore fase, forse la più importante, di quel percorso nel quale da anni era impegnato il Cai auronzano: sostituire il vecchio e degradato bivacco Fanton, posizionato mille metri più in basso negli anni Sessanta per l'impossibilità di collocarlo dove si trova ora quello nuovo. Il nuovo ricovero si trova in una posizione del tutto strategica, passaggio ed incrocio di due importanti sentieri escursionistici del Cai, il sentiero 260 e il 262. La struttura occupa una superficie di circa 27 metri quadri con a disposizione 12 posti letto e un piccolo angolo cottura. IL BELVEDERE È dotato di ampi finestroni rivolti verso la Val d'Ansiei, le Dolomiti che la coronano oltre a parte del Comelico e alla cresta di confine con L'Austria. Gianfranco Giuseppini © riproduzione riservata
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BALCONE PANORAMICO FAVERGHERA – NEVEGAL Gazzettino| 1 Settembre 2020 p. 5 Il balcone Unesco in Nevegal scatena la polemica social BELLUNO Dopo il taglio del nastro del balcone Unesco, sabato in Nevegal, si sono scatenate le polemiche. Rispetta la naturalità del luogo della Faverghera? È giustificabile la spesa di 48mila euro? Vivaio Dolomiti ha affidato ai social il suo pensiero e la Fondazione Unesco risponde. I DUBBI «Noi non siamo contrari alla piattaforma Unesco inaugurata in Nevegàl dice il post di Facebook sulla pagina di Vivaio Dolomiti -, ma vorremmo capire le visioni degli ambientalisti. Non riusciamo a comprendere perché 50mila euro per riqualificare una rotonda, con messa in sicurezza di passaggi pedonali e segnaletica, per alcuni sono soldi buttati, mentre 50mila euro per il balcone panoramico non hanno prodotto nessuna critica». Il riferimento è chiaro: il sodalizio di Gianni Pastella si riferisce al dono che Vivaio Dolomiti ha fatto a Palazzo Piloni per riqualificare l'area e la rotonda all'ingresso della frazione sotto il Visentin. «Neanche un ambientalista si è mosso per queste colate di cemento armato e acciaio piazzate nel bel mezzo delle montagne - dicono-. Ma la polemica per la cementificazione del territorio dove è finita? Si potevano usare materiali eco sostenibili, no? Forse alcuni sono autorizzati a fare tutto ciò che gli pare, mentre altri, perché distanti dalle appartenenze politiche, non devono permettersi di intervenire?». LA RISPOSTA Non è tardata la risposta della Fondazione Unesco sempre via social: «In risposta alle critiche di questi giorni, vi offriamo un piccolo approfondimento sul perché del progetto Balconi Panoramici. Sono punti di osservazione consapevole del Patrimonio Mondiale che mirano alla sensibilizzazione e responsabilizzazione del largo pubblico. Non si tratta di infrastrutture impattanti: sono realizzati in luoghi strategici e lungo sentieri facilmente accessibili anche per coloro che hanno una ridotta mobilità, sono grandi 3,5 metri per 3,5. I Balconi Panoramici sono - ad oggi - 6 e distribuiti su tutti i territori interessati dal riconoscimento Unesco (www.visitdolomites.com). L'ideazione unitaria, a cura della Fondazione Dolomiti Unesco, ha lo scopo di garantire riconoscibilità e continuità nei territori, mentre la realizzazione della struttura è a cura degli Enti territoriali». Federica Fant © RIPRODUZIONE RISERVATA
PATROCINI Alto Adige | 11 Settembre 2020 p. 37 Popoli e miti delle montagne raccolti in un progetto museo Ezio Danieli alto adige Un progetto museale in sei località straordinarie: Mmm Firmian, Mmm Juval, Mmm Dolomites, Mmm Ortles, Mmm Ripa e Mmm Corones. Così si chiamano le sei strutture del progetto Messner Mountain Museum. Mmm Firmian "La montagna incantata" a Castel Firmiano è il centro del progetto. Il museo è dedicato al rapporto che unisce l'uomo alla montagna. I temi principali sono la montagna nell'arte e la storia dell'alpinismo, mentre nella Torre Bianca viene raccontata la storia dell'autonomia della Provincia di Bolzano."Mito montagna" a Castel Juval a Naturno è dedicato alla dimensione religiosa delle montagne. All'interno non si trova solo una preziosa collezione di maschere provenienti dai cinque continenti e le attrezzature usate dallo scalatore altoatesino, ma anche la più ampia collezione al mondo di cimeli tibetani.Mmm Ortles "Alla fine del mondo" è situato a Solda, dove tutto gira attorno ai mondi di ghiaccio e a "Re Ortles", 3.905 metri, la vetta più alta del Tirolo. Il museo mostra i ghiacciai e la più vasta collezione di dipinti con vedute dell'Ortles. "L'eredità delle montagne" Mmm Ripa è il nome della quarta struttura del progetto museale a Castel Brunico a Brunico. Qui è nato un museo interattivo dedicato ai popoli delle montagne."Il museo nelle nuvole" - Mmm Dolomites sul Monte Rite in Cadore è l'unico museo del progetto fuori dall'Alto Adige. È allestito in un forte della Grande Guerra e racconta del mondo verticale delle Dolomiti e delle rocce.Mmm Corones "L'alpinismo tradizionale" è l'ultimo museo del progetto Messner, inaugurata nel 2015 sul Plan de Corones in un progetto architettonico di Zaha Hadid. È dedicato alla storia dell'alpinismo tradizionale e alla vita degli scalatori.
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Corriere delle Alpi | 11 Settembre 2020 p. 33 La montagna vista dai giovani bellunesi diventa un docufilm in concorso a Salina l'opera Cinema e la "Movida" delle vette. Il titolo del docufilm realizzato nel 2019 dagli studenti del liceo Dal Piaz è evocativo di un tema quello della montagna bellunese "tra spopolamento e r-Esistenza" - che tocca da vicino i giovani, che cominciano a sentire il dilemma tra restare nei luoghi in cui sono nati o andare via. Il documentario è piaciuto tanto da essere scelto nella rosa dei finalisti del Salina Doc Fest, rassegna cinematografica internazionale dedicata al documentario narrativo. Verrà presentato in prima assoluta a Roma, Orto botanico, domenica 20 a mezzogiorno, dopo di che appuntamento nell'isola di Salina, nelle Eolie, dove il festival si concluderà tra il 24 e il 26. Della giuria fa parte anche l'attrice Jasmine Trinca. C'è grande soddisfazione da parte del liceo Dal Piaz, che dopo aver vinto il bando ministeriale nell'ambito del piano nazionale di cinema per la scuola non solo ha realizzato il docufilm, ma grazie al cospicuo finanziamento ottenuto ha costituito un laboratorio cinema permanente dotato di attrezzature professionali.Per girare il documentario è stato possibile inoltre formare una troupe di giovani e talentuosi professionisti (quasi tutti diplomati al Centro sperimentale di cinematografia) che hanno lavorato insieme agli studenti impegnati in questa nuova proposta didattica. "Movida" è stato girato dal regista Alessandro Padovani e racconta con uno sguardo inedito, dal punto di vista dei più giovani, senza retorica né sentimentalismo nostalgico, la montagna di ieri e di oggi, la montagna ancora intatta e la montagna ferita, la montagna spopolata e la montagna ancora viva. Anzi vuole raccontare soprattutto la montagna ancora viva.Questa energia è rappresentata dai protagonisti del docufilm, bambini che giocano nella natura, adolescenti che si trovano a dover scegliere se restare o andar via, giovani uomini che hanno deciso di restare, che hanno viaggiato e sono ritornati.Ha partecipato alla fase iniziale del lavoro di ricerca tutta la classe quinta C dello scientifico 2018-19. Le fasi successive della ricerca e della lavorazione hanno visto poi protagonisti gli studenti e le studentesse del liceo Dal Piaz Laura Babaian, Giorgia Balzan, Davide Bianchet, Martina Casanova, Sabrina Cecchin, Martino Frescura, Elena Granzotto, Lorenzo Guerrieri, Leonardo Mason, Caterina Paludetto, Carina Riti, Gabriele Tanzariello, Aurora Triches, Rebecca Vlasceanu, Sara Zannin, Alice Zanolla. Tante le località di tutto il Bellunese coinvolte nelle riprese: il lago del Corlo di Arsiè, il borgo di Fumegai, Borca di Cadore, Col Margherita, Feltre, Malga Campon, Lamon, Stabie di Lentiai, Croce d'Aune, Santa Giustina, San Gregorio, Sedico, Malga Pian de Vacia a Selva di Cadore, Sospirolo, la val Canzoi, la valle del Mis, la Valbelluna, la valle del Piave e malga Staulanza nella val di Zoldo.Il progetto è stato sostenuto da diversi partner che hanno collaborato nelle varie fasi alle attività collaterali connesse alla lavorazione del film: la fondazione Dolomiti Unesco, il Comune e la biblioteca di Feltre, il Comune e la biblioteca di Pedavena, l'Unione montana feltrina, l'Isbrec, Mim (Museo interattivo delle migrazioni) e Bellunesi nel mondo, Dolomiti contemporanee, Csv Belluno, Isoipse, Scuole in rete. Numerosi inoltre i Comuni bellunesi che, insieme alla Provincia, hanno patrocinato l'iniziativa.Concluso il festival di Salina, "Movida" verrà presentato al liceo Dal Piaz. Hanno contribuito alla realizzazione di una piccola, ma vera e propria produzione cinematografica Alessandro Padovani (regista), Marco Possiedi (aiuto regista), Lorenzo Bagnatori (co-sceneggiatore), Cristiano Di Nicola (direttore della fotografia), Chiara Santella e Roberto Ricciardi (fonici), Stefano Malchiodi (montaggio video), Giulio Previ e Gianluca Gasparrini (montaggio suono e mix audio), Luca Pataro (logistica), Simone Schimmenti (assistente di produzione), Tommaso Zaffagnini (musiche originali). Con la giovane attrice bellunese Grazia Capraro e la voce di Anna Gamba nelle parti di finzione. La coordinatrice del progetto è la professoressa Annarosa Cavallari. --Raffaele Scottini
Corriere delle Alpi | 22 Settembre 2020 p. 36 Il docu-film del liceo Dal Piaz trionfa al festival di Salina Raffaele Scottini FELTRE La montagna bellunese sbanca il Salina Doc Fest, "Movida", il docu-film sulle terre alte "tra spopolamento e r-Esitenza" realizzato lo scorso anno dal laboratorio cinema del liceo Dal Piaz e diretto dall'ex alunno Alessandro Padovani, ha vinto l'edizione 2020 del festival dedicato al documentario narrativo. Il premio Tasca d'Oro è stato assegnato domenica sera a Roma, all'Orto botanico, per l'anteprima romana della rassegna cinematografia diretta da Giovanna Taviani, che si concluderà a Salina (isole Eolie) tra giovedì e sabato. La giuria presieduta dall'attrice Jasmine Trinca di cui facevano parte Richard Copans (Les Film d'Ici) e Catherine Bizern (Cinéma du Rèel) ha sottolineato come «il film esita tra finzione e documentario, ma Alessandro Padovani si assume il rischio del romanticismo e sviluppa una messa in scena che ci permette di condividere con i protagonisti un momento di grazia. Il film racconta molte storie. Quella di una donna nata sotto un albero, quella dei ragazzi che fanno della montagna il loro campo di gioco, quella
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degli adolescenti che dubitano del loro posto nel mondo, ma che sono legati da un'incrollabile amicizia, di quelle che uniscono dall'infanzia. Davanti alla camera del regista la giovinezza è eroica e lo spazio è propizio al racconto». Questa la motivazione del premio come miglior documentario assegnato a "Movida", che ha prevalso tra i sei finalisti. Il docu-film del liceo Dal Piaz è stato realizzato nell'ambito del piano nazionale cinema per la scuola, interamente finanziato dal ministero dell'Istruzione e dal ministero della Cultura. «Non ce l'aspettavamo, è stata una bella emozione», dice il regista Alessandro Padovani, che ha ritirato il premio nella capitale. «Il tema del festival era quello dell'età giovane e noi abbiamo raccontato il Bellunese tramite lo sguardo dei ragazzi, alle prese con la domanda se restare o andarsene. Né la montagna da cartolina, né attraverso una visione nostalgica, ma la montagna per come è oggi, ragionando sullo spopolamento della provincia senza auto-assolversi. Sia i bambini di Lamon, sia gli adolescenti di Feltre e il figlio del pastore transumante che abbiamo trovato, dovranno decidere se rimanere o andarsene», spiega. «Spero che magari questo progetto porti anche a ripensare la provincia come luogo che può diventare centro di opportunità».Grande la soddisfazione al liceo Dal Piaz. «Siamo tutti entusiasti», commenta l'insegnante responsabile del progetto Anna Rosa Cavallari. «Sono stati quasi due anni di lavoro tra la fase preparatoria e di ricerca e quella realizzativa. Si è trattato di una piccola produzione cinematografica a tutti gli effetti. Ci sembra importante che il linguaggio cinematografico diventi più familiare tra i ragazzi e vorremmo che il laboratorio cinema coinvolgesse sempre più classi. Siamo partiti con un gruppo di una quindicina di studenti e pian piano vorremmo allargare il numero dei destinatari», aggiunge la docente. «Pensiamo che questo progetto sia stato anche un percorso di educazione alla cittadinanza, perché con i ragazzi abbiamo visitato tanti luoghi, anche periferici, della provincia, e incontrato tantissime persone impegnate quotidianamente nella cura del territorio. Le persone che hanno permesso di realizzare questo lavoro sono state tantissime, basti dire che i titoli di coda durano quattro minuti».
TRENTO FILM FESTIVAL 2020 Trentino | 1 Settembre 2020 p. 33 La serata dedicata a Ballard fra ricordi e imprese sulle vette elisa salvi mazzin di fassa "I'm not alone, i'm with the mountains" ("Non sono solo, sono con le montagne"), la frase simbolo di Tom Ballard è stata il leit motiv della serata del Trento Film Festival, organizzata domenica al "PalaDolomites" di Campestrin, in collaborazione con Apt di Fassa, Comune di Mazzin e associazione Antermoia. «Siamo contenti - ha detto in apertura il presidente del Film Festival, Mauro Leveghi di rendere omaggio a Tom Ballard in Val di Fassa, dove lui aveva affetti e amicizie». Nel ricordo di Ballard - scomparso a soli 31 anni sul Nanga Parbat, il 25 febbraio 2019, assieme al compagno di spedizione Daniele Nardi - nel corso della serata (finora la più seguita del festival sui canali social) presentata da Fausta Slanzi, sono intervenuti Romano Stanchina, responsabile tavolo provinciale Dolomiti Unesco, Marcella Morandini, direttrice Fondazione Dolomiti Unesco, ma soprattutto Stefania Pederiva, compagna di Ballard che ha condiviso con lui diverse ascese sulle Dolomiti. «Con Tom ho vissuto i momenti più belli della mia vita, ho ricordi vividi che conserverò per sempre. Era una persona fuori del comune. In montagna cercava se stesso e la madre Alison Hargreaves scomparsa sul K2 quando lui era piccolo. Era il suo ambiente naturale, ecco perché tra le cime non si sentiva solo. Si era innamorato del Catinaccio, che era diventato il suo "parco giochi", in un'estate era capace di compiere oltre cento vie, senza corda, in solitaria. Quando ne apriva una, voleva sempre ripeterla con me». A ricordare Ballard, anche Bruno Pederiva (padre di Stefania), scalatore di razza, maestro di sci e guida alpina. «Tom era un fuoriclasse, gli veniva tutto naturale in parete o sul ghiaccio. Le vie che ha aperto sono difficili, mai banali, da lì si capisce la sua stoffa d'alpinista. Con Tom, nell'estate del 2018, ho ripetuto in arrampicata libera la via dei "due Toni"». A fargli eco Maurizio Zanolla, il grande Manolo: «Ammiro Tom Ballard per ciò che ha fatto e come l'ha fatto, in armonia con la montagna. Io ho dovuto superare la paura del vuoto, che poi si è trasformata in punto di appoggio fondamentale. Nelle linee delle vie di Tom ci sono i suoi sogni disegnati sulla roccia».Non solo maestri dell'arrampicata nell'incontro per Tom, ma anche i registi Elena Goatelli e Angel Esteban Vega, autori di un film su Ballard, la fisarmonicista Margherita Berlanda e la pittrice Riccarda De Eccher che dipinge le più nascoste pieghe delle Dolomiti che un tempo ha arrampicato.
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NOTIZIE DAI RIFUGI Alto Adige | 1 Settembre 2020 p. 33 Al Lavarella la birra artigianale che festeggia le Dolomiti ezio danieli marebbe Al rifugio Lavarella, nel parco Fanes-Senes-Braies. c'è da tempo un piccolo birrificio. È il più alto d'Europa, a 2.050 metri di quota tra le cime del monte Fanes. Fra i tipi di birra prodotti è recentemente nata quella artigianale che celebra il decimo anniversario dell'iscrizione delle Dolomiti nella lista del Patrimonio mondiale Unesco.A gestire il rifugio Lavarella fin dagli inizi del secolo scorso c'è la famiglia Frenner. Oggi ci sono Peter e la moglie Michela, che hanno fatto del rifugio anche una meta gourmet. A lanciare l'idea di un birrificio in quota sono stati la figlia Anna e suo marito Gabor Sogorka. Anche la birra ha contribuito a fare del Lavarella un punto di incontro.La via più semplice per salire al rifugio Lavarella è quella da San Vigilio di Marebbe, con il bus di linea che risale la val dai Tamersc (o valle di Tamores) fino al rifugio Pederù, da dove parte il camminamento. Si sale sulla ripida vecchia strada militare, costeggiando dapprima un cumulo di materiale franato, per arrivare infine nella parte alta della valle, disseminata di pini mughi. La pendenza cala e lentamente ci si immerge nel mondo dell'Alpe di Fanes piccola, in direzione del rifugio Lavarella. Accanto al rifugio è stata eretta una cappella che ricorda il primo santo ladino, Ujöp Freinademetz. Nel mezzo di un gigantesco anfiteatro naturale formato da gradoni di roccia dolomitica c'è il Parlamento delle marmotte, uno dei monumenti naturali che rendono unico questo luogo. Dal lago Verde e dal rifugio Lavarella si può poi salire in direzione del passo di Limo, con il suo omonimo lago, a 2.170 metri di quota. Si arriva poco dopo al lè de Limo (lago di Limo), dalle acque verdi e gialle, proprio sotto il Col Bechei, dove ha inizio la discesa in direzione della malga Gran Fanes. Proseguendo si può arrivare fino alla Capanna Alpina, nei pressi dell'Armentarola, in Alta Badia. L’Adige | 6 Settembre 2020 p. 23 Pale, nuovo crollo lungo cima Canali Ancora un crollo nel gruppo delle Pale: venerdì pomeriggio a cedere è stato un pilastrino lungo la parete ovest di cima Canali. Erano circa le 16 quando dal vicino rifugio Pradidali gestori ed escursionisti hanno sentito un rumore sordo, seguito da una nuvola di polvere. Non sono mancati momenti di apprensione, dato che le rocce e i detriti che componevano il pilastrino sono caduti a valle finendo proprio nei pressi del punto in cui si trova l'attacco della via per la cima e che poco lontano si trovano altri sentieri. «Per fortuna al momento del crollo non c'erano persone in parete e nessuno si è fatto male», ha spiegato il gestore del Pradidali Duilio Boninsegna, che quest'estate tra emergenza sanitaria, problemi di approvvigionamento idrico e frane che hanno reso difficoltoso l'uso della teleferica, le ha viste praticamente tutte. «Non a caso ieri il cedimento è avvenuto mentre era in corso poco lontano, all'attacco della ferrata del Porton, un intervento di soccorso da parte dell'elicottero per un escursionista tedesco rimasto ferito a una gamba. Una giornata tranquilla, insomma». Il crollo è stato improvviso, spiega ancora Duilio Boninsegna: «Si vedeva, con l'occhio dell'alpinista, che quella parte di parete era instabile, con roccia marcia, ma nessuno poteva immaginare che sarebbe venuta giù così. Si sentiva di tanto in tanto il rumore di qualche scarica, ma sembravano episodi nella natura delle cose, legati allo scioglimento della neve soprastante con il conseguente rilascio di massi e detriti. Invece probabilmente erano i segnali di quello che poi è accaduto». La scena è stata immortalata da numerosi escursionisti. Tra loro anche una coppia vicentina, Adriano e Moira Galvan, di Pieve del Grappa: «Erano trent'anni che non salivamo di nuovo al Pradidali - racconta Adriano Galvan - ed aver assistito al crollo è stato impressionante. Dopo aver sentito il rumore di qualche scarica, come se ne sentono spesso, è arrivato il boato». Quest'anno il fenomeno - di per sé non infrequente in quota - dei cedimenti, si sta tuttavia ripetendo con una frequenza ed una consistenza preoccupanti nelle Pale: nel maggio scorso una serie di scariche aveva interessato la zona delle torri del Cimerlo, nel settore meridionale del gruppo. I movimenti in quota erano iniziati già a partire dalle mattinata del 20 maggio, con la caduta delle prime rocce, accompagnata da boati avvertiti distintamente anche a valle. In precedenza, nel 2019, nella zona della val Pradidali si erano verificate le frane sulla cima Pradidali - a monte del rifugio - sulla Torre Giovanna, ancora dalla sommità di cima Canali, dal Sass Maor e lungo il sentiero del cacciatore nel Vallone dei Colombi, dove era crollato un consistente diedro. Erano anni che in zona non si registravano movimenti franosi tanto consistenti: per trovarne è necessario tornare al dicembre del 2011, quando una serie di crolli aveva interessato un pilastro alla base della parete est del Sass Maor.
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Il fenomeno della caduta di scariche e rocce, in maniera limitata, è fisiologico nelle Dolomiti, legato all'avvicendarsi delle stagioni con i movimenti causati dal disgelo. Il fatto che gli episodi siano sempre più importanti dal punto di vista dei volumi coinvolti e sempre più frequenti non può che preoccupare e rappresentare l'ennesimo segnale di quanto i cambiamenti climatici stiano facendo sentire il loro peso anche su massicci millenari. Messaggero Veneto | 12 Settembre 2020 p. 33, edizione Pordenone Ripristinata l'operatività del rifugio Buscada dopo i danni del maltempo erto e casso È stata ripristinata a tempo di record l'operatività del rifugio di cava Buscada, sopra Erto. La scorsa settimana un intenso temporale aveva smosso il terreno che costeggia la struttura, spingendo una frana nelle vicinanze dei muri perimetrali. La conduttura del gas era stata danneggiata da quello smottamento e i vigili del fuoco del comando provinciale di Pordenone avevano segnalato al Comune la potenziale pericolosità dell'episodio. Di qui l'ordinanza di temporanea chiusura del sito disposta dal sindaco Fernando Carrara.I titolari Giampietro e Roberta Corona non si sono però persi d'animo, soprattutto in una stagione turistica come quella attuale che già deve fare i conti con gli effetti del lockdown e della crisi economica. A suon di badile e carriola sono stati rimossi i cinque metri cubi di fango e sassi che si erano accumulati accanto al fabbricato. Lo spazio di movimento si presenta infatti molto ridotto e non si riusciva ad accedere al sito con macchine operatrici. I tecnici hanno potuto così ripristinare la tubazione e mettere in sicurezza l'impianto. Carrara ha subito revocato l'ordinanza e l'attività del rifugio è ripresa.Cava Buscada, nel cuore della Val Zemola, è un'area in cui storia, cultura e natura si mescolano: la parete rocciosa è stata sfruttata per secoli dalla popolazione locale nella produzione di una rara venatura di marmo rosso. Dagli anni Settanta l'estrazione è cessata e i manufatti dei minatori rischiavano di andare perduti per sempre. Soltanto lo sforzo dei proprietari ha evitato il peggio e richiamato in Buscada migliaia di visitatori ogni anno. --f.fi.© RIPRODUZIONE RISERVATA Trentino | 19 Settembre 2020 p. 14 Dalla Provincia1,5 milioni per rifugi e bivacchi L'assestamento di bilancio della Provincia autonoma di Trento, entrato in vigore il 6 agosto scorso, ha destinato oltre 1,5 milioni di euro per interventi a favore delle strutture alpinistiche. Ieri la Giunta provinciale, su proposta dell'assessore al turismo, ha ripartito tali risorse destinandole in parte ad interventi relativi ai rifugi alpini e ai bivacchi e in parte ad interventi di manutenzione straordinaria dei tracciati alpini.In particolare 1,4 milioni di euro sono destinati ad agevolazioni per investimenti fissi dei rifugi e per la costruzione di nuovi bivacchi o per la loro ristrutturazione, mantenimento in efficienza o straordinaria manutenzione. Altri 137.588 euro invece sono stanziati a favore di enti, associazioni e privati che s'impegnano a provvedere al controllo e alla manutenzione dei tracciati alpini, un fronte particolarmente importante soprattutto in seguito ai danni provocati ai sentieri da eventi meteorologici sempre più estremi. Trentino | 19 Settembre 2020 p. 32 Piogge record in Primiero nella notte di fine agosto raffaele bonaccorso PRIMIERO SAN MARTINO Il dottore forestale Erwin Filippi Gilli, esperto in climatologia e ricercatore di storia locale, ha segnalato al "Trentino" gli effetti delle precipitazioni temporalesche del 29 e 30 agosto 2020 nel bacino del torrente Travignolo, segnatamente in Val Venegia.«Si è trattato di un fenomeno temporalesco intenso - scrive Erwin Filippi Gilli - che ha scaricato una notevole quantità d'acqua, ma soprattutto con una intensità significativa; a differenza di altre stazioni di rilevazione presenti nel Primiero, a Passo Rolle lo scroscio è stato continuo raggiungendo la massima intensità (10,4 mm in 15 minuti) alle ore 0.15 del 30 agosto. Analogamente a quanto successo sia in Val Pradidali che nella zona di Colverde, anche la Val Venegia ha subito gli effetti della precipitazione, soprattutto nella zona del Campigolo della Vezzana poco a monte della Malga Venegiota».In sintesi, Filippi Gilli ha osservato che si sono sviluppate due colate detritiche di grandi dimensioni, «una proveniente dal canalone che si risale per raggiungere il rifugio Mulaz ed una dal vallone del Travignolo. Mentre la prima ha causato danni limitati (l'interruzione della strada e qualche inghiaiamento di un piccolo settore di
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bosco), quella proveniente dal Travignolo è stata decisamente più importante. Il grande volume di materiale movimentato, almeno 30 - 35.000 mc, è andato ad alluvionare il Campigolo della Vezzana su una superficie valutata in 5,5 ettari di cui 2,7 occupati da detrito grossolano con spessori variabili dai 0,5 ad oltre 2 m, altrettanti da sabbie e limi. Oltre a ciò la strada per la Baita Segantini e stata sepolta o erosa per un lungo tratto. Più che una descrizione del fenomeno, che si è innescato poco sotto lo sperone centrale del ghiacciaio del Travignolo, credo - spiega ancora il dottore forestale - sia più interessante una analisi degli effetti ambientali a esso connessi. Oltre al fatto che si sono irrimediabilmente distrutti almeno 3 ettari di pascolo pregiato, spiace vedere quelle che una volta erano aree ad elevata biodiversità ridotte irrimediabilmente ad una landa di ghiaia e sassi. Sono andate perse superfici occupate da habitat quali le "Lande alpine e boreali - n.4060 della direttiva Cee di Natura 2000" e "Formazioni erbose calcicole alpine n.6170" che pur non essendo considerati habitat soggetti a rischio di estinzione, avevano comunque una loro valenza. Ma forse quel che è peggio è la distruzione di due delle cinque aree su cui era stata segnalata una specie non comune e minacciata di estinzione denominata Carex microglochin. Purtroppo ad eventi come questi, che non sono rari in Val Venegia (agosto 1998 e settembre 1999 solo per citarne due del secolo scorso), dobbiamo abituarci: i cambiamenti climatici in atto portano ad un intensificazione dei fenomeni violenti con danni spesso gravi a infrastrutture ed abitazioni».©RIPRODUZIONE RISERVATA Trentino | 27 Settembre 2020 p. 33 Impianti e rifugi restano aperti anche in ottobre SAN MARTINO DI CASTROZZA L'Azienda per il turismo di San Martino di Castrozza, Passo Rolle, Primiero e Vanoi ha buone notizie per gli amanti delle escursioni in alta quota: gli impianti di risalita Tognola e Colverde -Rosetta di San Martino di Castrozza anche quest'anno prolungano il periodo di apertura e saranno in funzione oltre che in questo fine settimana anche nei weekend del 3 e 4 e 10 e 11 ottobre. Se i rifugi Mulaz e Pradidali chiudono questa domenica, i rifugi alpini Rosetta e Velo della Madonna resteranno aperti anche nei weekend successivi per accogliere i trekker sull'Altopiano delle Pale, mentre il rifugio Canali Treviso rimarrà aperto tutti i giorni fino all'11 ottobre. Il periodo a cavallo tra settembre e ottobre regalerà agli amanti della natura lo spettacolo del foliage, un'esplosione di colori da ammirare in sella a una mountain bike, mentre si pratica downhill o semplicemente a piedi, immersi nel silenzio della natura; si possono vivere i magici colori dell'autunno in Val Canali e nella valle del Vanoi, scrigni naturali di meravigliosa bellezza.Segnaliamo che dal 3 al 4 ottobre è programmata una giornata di cammino in compagnia dello scrittore e barefooter (camminatore a piedi scalzi) Andrea Bianchi e del fotografo naturalista Alessandro Gruzza, immersi nella bellezza travolgente delle Dolomiti e impreziosita dai primi colori dell'autunno. La Val Canali, ai piedi delle Pale di San Martino, aiuterà a stimolare, grazie all'originale approccio proposto dai due artisti, l'innata empatia per la Natura. Un'occasione per imparare a cogliere l'armonia con l'occhio del fotografo naturalista, e l'equilibrio interiore ed esteriore con l'appoggio del piede scalzo sul terreno naturale. "Non sono richieste né competenze di tecnica fotografica - spiegano gli organizzatori - né precedenti esperienze di cammino a piedi nudi in Natura, ma solo il desiderio di immergere se stessi in un mondo fatto di sensazioni". Per informazioni e prenotazioni: info@jointhebeautymovement.com oppure info@sanmartino.com Corriere delle Alpi | 27 Settembre 2020 p. 15 Prima neve, freddo e ghiaccio sui sentieri Chiusa la strada che porta alle Tre cime Francesco Dal Mas BELLUNO Prima neve e primi freddi dell'autunno sulle Dolomiti. Ghiacciate le strade che portano in quota. Inaccessibile quella che da Misurina sale alle Tre Cime di Lavaredo. Chiusa ieri, lo resterà anche oggi. Al rifugio Auronzo era possibile avvicinarsi solo con i ramponi. Difficoltà anche sul Falzarego e sugli altri passi. «Quassù al Pordoi abbiamo avuto delle difficoltà fino alle 10, forse 11 del mattino, poi la strada è diventata di nuovo percorribile e nel pomeriggio sono arrivati anche numerosi motociclisti», informa l'albergatore Osvaldo Finazzer.La precipitazione, iniziata venerdì sera, è stata limitata, fra i 5 e i 10 centimetri, solo in Alto Comelico si è arrivati a due spanne di neve. Una decina di centimetri anche sul ghiacciaio della Marmolada. «Se nei prossimi giorni la temperatura continuerà a rimanere bassa e il sole non bucherà le nuvole, questa sarà un'ottima protezione per il ghiacciaio», afferma Guido Trevisan, gestore del rifugio Pian dei Fiacconi, a un'ora e mezza dalla vetta. «Ma noi quassù auspichiamo nevicate più abbondante per recuperare un po' di massa».Tutto nella norma o c'è stata qualche anticipazione addirittura dell'inverno? «Direi nella norma degli ultimi 20 anni», risponde Thierry Robert-Luciani, fisico e meteorologo del Centro valaghe di Arabba/Arpav. «In media ad anni alternati è arrivata la neve nell'ultima decade di settembre. Correnti settentrionali d'aria fredda e ancora un po' umida ha interessato le Dolomiti, con particolare riguardo tra l'Alto Comelico e Sappada». Oggi, prevede Luciani, «avremo un temporaneo aumento della
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pressione e presenza d'aria più secca che dovrebbero favorire un parziale miglioramento del tempo al mattino, mentre nel pomeriggio e soprattutto alla sera una piccola depressione chiusa risalirà da sud verso nord e riporterà molte nubi e nuove precipitazioni».Il ghiaccio è il risultato delle basse temperature e del vento - quasi da bora - che ha spazzato la neve mano a mano che cadeva. «Una bora incredibile, mai vista su alcuni versanti dolomitici», rileva ancora Luciani. E poi il freddo. Sulla Marmolada la colonnina del mercurio è ridiscesa a meno 12 gradi. «Già venerdì sera», conferma il sindaco di Auronzo, Tatiana Pais Becher, «ho firmato l'ordinanza di chiusura della strada dal lago d'Antorno verso i parcheggi del rifugio Auronzo. Era pericoloso salire anche con le gomme da neve o le catene».Eppure ai 2320 metri dell'Auronzo ieri mattina si affacciavano degli escursionisti, peraltro infreddoliti. «Alcuni avevano i ramponi ai piedi», testimonia Alessandro Zandegiacomo, che fa parte della gestione Cai, «altri li ho visti scivolare come birilli lungo le ultime rampe».Dall'altra parte delle Tre Cime, il rifugio Locatelli, del Cai di Padova, è aperto fino a questa sera, ma per arrivarci bisogna percorrere sentieri di neve e di ghiaccio. Il rifugio Vandelli, al lago Sorapis, la meta più frequentata dell'estate, era aperto anche ieri: la neve, sull'acqua turchina è caduta per non più di 3 o 4 centimetri. Gian Lorenzo Zandonella gestisce, in fondo alla Valgrande, a Padola, il rifugio Lunelli. «Ho faticato a rientrare la sera di venerdì, quando ero sceso in paese. Di neve ne abbiamo avuti più di 10 centimetri e la notte, tra venerdì e sabato, la strada si è ghiacciata, però», afferma fiducioso, «sto aspettando degli ospiti per domenica. Spero che non si arrendano».Il previsore Luciani dice che lo zero termico si è abbassato di quota, in questi giorni, fino ai 2 mila metri, ma che già da martedì risalirà». --© RIPRODUZIONE RISERVATA Messaggero Veneto | 30 Settembre 2020 p. 38 edizione Pordenone Cava Buscada e il rifugio al centro di studi e storia erto e casso Per un giorno il rifugio di cava Buscada è diventato il set di una serie di eventi di geologia, trekking e studi scientifici. La fondazione Unesco ha infatti organizzato un incontro in Val Zemola, a Erto, per scoprire l'origine delle Dolomiti. Giunta alla quarta edizione, l'iniziativa vuole trasformare gli alpeggi in "presidi culturali d'alta quota". Qui si vede la natura vulcanica della roccia, con fossili marini. I gestori del Buscada hanno curato logistica e accoglienza, dimostrando come il recupero di una struttura montana possa aiutare turismo, economia e storia locale. Il sito era infatti in disuso dagli anni Settanta. L'intervento della famiglia Corona, che ha investito per il suo rilancio, ha permesso al comprensorio dell'ex cava di non sgretolarsi sotto il peso del tempo. --F.Fi.© RIPRODUZIONE RISERVATA
NOTIZIE DA CAI E SAT Trentino | 4 Settembre 2020 p. 21 Sat, uno sponsor per i sentieri Trento Siglato l'accordo tra La Sportiva, brand trentino produttore di calzature ed abbigliamento outdoor, e la Sat trentina, che conta oltre 27.000 soci e ha tra i suoi obiettivi la manutenzione di 5.500 chilometri di sentieri e la diffusione attiva della cultura della montagna sul territorio regionale. La collaborazione durerà almeno quattro anni e prevede che l'azienda trentina destini risorse economiche a tutte le attività della Sat in generale e a progetti legati alla valorizzazione e riqualificazione del territorio. Fra queste attività c'è anche e soprattutto la manutenzione dei sentieri in quota, che si inserisce nell'ambito del progetto globale di conservazione dell'ambiente che va sotto il nome di "1% For the Planet", l'associazione internazionale alla quale La Sportiva aderisce e alla quale ora anche la Sat partecipa e che prevede l'impegno da parte delle aziende coinvolte nel destinare almeno l'1% del fatturato in pratiche di rispetto, conservazione e riqualificazione ambientale.«Questa collaborazione - ha ricordato la presidente della Sat Anna Facchini - ci consente di guardare al futuro con maggiore serenità e visione: con La Sportiva abbiamo un programma di medio/lungo termine che ci consentirà di sostenere diverse iniziative di valorizzazione del territorio e di diffusione della cultura di montagna, anche attraverso il coinvolgimento attivo di testimonial, atleti ed influencer, legati all'azienda e che ci permetteranno di amplificare il messaggio su tutti i canali di un brand internazionale e con radici ben salde nella propria comunità. Il progetto "1% For the Planet" ed il progetto di co-marketing con LA Sportiva consentiranno inoltre il finanziamento di progetti e iniziative specifiche delle varie sezioni dell'associazione».«Quando si è presentata l'opportunità di supportare la Sat nelle sue numerose iniziative culturali - ha aggiunto Lorenzo Delladio, presidente di La
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Sportiva - ho pensato che stava avvenendo in un momento particolarmente significativo: in seguito all'epidemia che tutti noi abbiamo vissuto, stiamo infatti vivendo una nuova stagione di rinascita per le attività outdoor, dove temi quali sicurezza e formazione legati all'andare in montagna, oltre che operazioni di manutenzione di rifugi e sentieri, sono quanto mai all'ordine del giorno viste le masse di persone spesso neofite che si stanno approcciando all'attività all'aria aperta in quota. A questo si aggiungono gli ingenti danni provocati ai nostri boschi dalla tempesta Vaia e che ancora richiedono numerosi interventi e risorse per il loro ripristino». La Sat ha organizzato incontri per illustrare la collaborazione. L'accordo prevede una collaborazione attiva in ambito comunicazione, collaborazioni su eventi e progetti di riqualificazione sentieri e rifugi, eventi culturali e progetti editoriali, scuola e formazione, medicina di montagna, tutela dell'ambiente montano, solidarietà, nelle scuole di formazione in ambito alpinistico e scialpinistico, glaciologia e speleologia, progetti e attività delle sezioni.
NOTIZIE DAI PARCHI Corriere delle Alpi | 16 Settembre 2020 p. 17 Il Parco prende casa a Longarone tra un anno caserma e infopoint Longarone Una nuova vita per un edificio dismesso che diventerà la porta del Parco nel longaronese. L'annuncio dell'accordo raggiunto risale a qualche settimana fa e ieri a Longarone è arrivato il Ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, che ha potuto constatare di persona la portata strategica del progetto. Al termine della ristrutturazione, che dovrebbe realizzarsi nel giro di un anno, il grande edificio che si trova accanto alla caserma dei carabinieri di Longarone assumerà una duplice destinazione: da un lato sarà la nuova caserma dei carabinieri forestali del Parco, dall'altro diventerà un infopoint e di fatto un'ulteriore sede dell'area protetta. Grande la soddisfazione del presidente dell'ente Parco Ennio Vigne e del sindaco di Longarone Roberto Padrin, che coltivava da tempo questo progetto e che ha trovato in Vigne e nel Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, gli alleati giusti. Nel complesso l'operazione costerà meno di un milione, con il sostegno dei fondi del Parco e del Ministero e, per il via alla progettazione, mancano solo pochi passaggi burocratici. L'accordo consentirà il trasloco in un edificio funzionale e moderno dei carabinieri forestali del Parco, che ora hanno sede a Termine di Cadore fuori dai confini dell'area protetta e con notevoli difficoltà logistiche. «Nella stessa area avremo la caserma dei carabinieri, la caserma dei carabinieri forestali del Parco e quella dei vigili del fuoco volontari», sottolinea Padrin, evidenziando i risvolti strategici dell'operazione.Il Ministro Costa, però, ha voluto incontrare la Comunità del Parco per spiegare gli altri progetti che il Ministero dell'Ambiente sta portando avanti. olimpiadi greenCortina e Milano hanno ottenuto l'organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2026 anche grazie ad un piano che pone il rispetto dell'ambiente al primo posto, ma agli ambientalisti non sono sfuggite le operazioni di sbancamento in atto per gli impianti di risalite e le piste da sci. Ieri il Ministro Costa ha colto l'occasione per ricordare lo spirito originario del progetto olimpico: «Si tratta di un evento importantissimo, che pone il Paese Italia in una prospettiva mondiale. Le esigenze di sviluppo economico sono comprensibili, ma vanno mitigate con progetti che devono essere eco compatibili e di buonsenso. I controlli ci saranno, perché dobbiamo essere certi che ci sia un bilanciamento tra tutte le esigenze. Il Ministro dello sport ha già avviato un tavolo in questo senso».Da parte sua l'ente Parco si offre come interlocutore: «Visto che le Olimpiadi 2026 si propongono come primo grande evento sportivo green, chi meglio del Parco può dare una mano, ponendosi anche come tramite con il ministero?», sottolinea il presidente Vigne.investimenti e finanziamentiDopo tanti anni di risorse risicate, da un paio d'anni è arrivata la svolta anche per i Parchi nazionali e quest'anno il Ministero ha messo a disposizione 100 milioni (che in futuro cresceranno) per investimenti nei Parchi: «Biodiversità e sviluppo economico possono andare a braccetto», afferma Costa, che ricorda anche la Legge Clima: «La norma individua le Zea (zone economiche ambientali) che corrispondono ai perimetri dei Parchi e chi vuole fare impresa green in queste zone troverà il sostegno dello Stato. Le attività produttive come ecoturismo, artigianato e produzioni bio, saranno ecocertificate e diventeranno parte del sistema. È la prima norma del genere e l'Europa intende copiarcela, perché va oltre la visione salottiera dei parchi dove non si può toccare nulla e sostiene questi territori, soprattutto montani, contro lo spopolamento. Oggi un Parco non può vivere senza l'uomo, ma l'uomo deve smetterla di pensare che l'ambiente si può distruggere». Il Ministero è anche in contatto con il mondo bancario per aperture di credito a condizioni vantaggiose e tutelanti per chi fa impresa green, ma la Legge Clima rimane aperta ad aggiustamenti che potranno entrare nei decreti attuativi. E Costa si rivolge di nuovo ai sindaci: «Mi serve la concretezza di voi sindaci, perché se una norma non funziona si cambia, quindi aiutatemi».vaiaCosta è il ministro che ha firmato il via libera al fondo da un miliardo di euro per la ricostruzione del territorio dopo la tempesta Vaia. A ricordarlo ieri è stato il ministro D'Incà, insieme agli altri fondi in arrivo nel bellunese per Mondiali e Olimpiadi, ma c'è già chi ipotizza che per Vaia servano ulteriori stanziamenti. --Irene Aliprandi
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Gazzettino | 19 Settembre 2020 p. 13, edizione Belluno Divieti violati al laghetto del Sorapis: scattano le multe Sono una quindicina le sanzioni amministrative erogate dai Carabinieri forestali, in una intensa estate di controlli del comportamento degli escursionisti nella zona del lago del Sorapis, a Cortina. È una delle destinazioni più frequentate delle Dolomiti, ancora in questi giorni. IL BILANCIO I militari dell'Arma tracciano intanto un primo bilancio: la stagione estiva che sta volgendo al termine è stata segnata dalla pandemia Covid-19, ma nonostante questo l'afflusso è stato intenso. Del controllo in quell'area si sono occupati i Carabinieri forestali della Stazione di Cortina coadiuvati dai colleghi della stazione forestale di Auronzo in collaborazione con i guardiaparco delle Regole Ampezzane. Il totale è di quindici verbali amministrativi conferma una nota dei Carabinieri e sono pochi, considerato l'alto flusso di turisti. Tutte le sanzioni sono derivanti da violazione di norme locali. In particolare, dieci verbali sono stati elevati per campeggio libero, cioè in zone non attrezzate per tale scopo, contravvenendo al Regolamento di polizia urbana. Un verbale deriva dall'accensione di un fuoco, anche in questo caso in violazione del Regolamento di polizia urbana. Un solo verbale è stato elevato per balneazione nelle acque del lago del Sorapis, infrazione all'ordinanza del Comune di Cortina, emessa dal sindaco Gianpietro Ghedina con la finalità di preservare le peculiarità del delicato ecosistema lacustre di alta quota. SENSO CIVICO Il numero assai ridotto delle sanzioni elevate rappresenta un segnale positivo rilevano i Carabinieri che indica sia un buon esito dell'attività di polizia preventiva posta in essere, sia un numero crescente di persone provviste di senso di responsabilità e una sempre maggior consapevolezza che la tutela degli ecosistemi passa sempre più da corretti comportamenti quotidiani di ciascuno. L'attività di controllo è delicata e onerosa, nello sforzo delle istituzioni, ma costituisce un indispensabile baluardo per la tutela degli ecosistemi alpini, sempre più fragili e vulnerabili a causa dei cambiamenti climatici. Il lago Sorapis rientra in una Zona speciale di conservazione, ossia una delle aree ubicate all'interno di Rete Natura 2000, un'articolata rete di siti europei, per la loro importanza legata alla presenza di habitat e specie la cui tutela richiede particolari misure di protezione. (MDib.) Corriere delle Alpi | 26 Settembre 2020 p. 29 Il Parco investe tre milioni per la Valle Imperina Gianni Santomaso RIVAMONTE «Collegandola con un tratto a sbalzo alla ciclabile che salirà da Bribano e inserendola fra i patrimoni Unesco possiamo dare impulso a Valle Imperina e farci arrivare tanti turisti».Il consiglio comunale di Rivamonte di ieri sera si è aperto con le comunicazioni da parte del presidente del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi, Ennio Vigne, in merito ai progetti che Villa Binotto ha in mente di implementare, per valorizzare l'ex sito minerario che, nonostante tanti investimenti e interventi tesi al suo recupero, oggi è chiuso.«Ci siamo insediati a dicembre - ha detto Vigne - e ci siamo subito attivati per la Valle Imperina. Il ministero dell'ambiente ha messo a disposizione 75 milioni di euro per i parchi; a noi ne sono toccati 3 e abbiamo redatto una scheda da 538 mila euro per la sistemazione del centro visitatori del sito. Un intervento che comprende anche l'illuminazione del tratto di strada che collega il centro alle vecchie scuderie. Il tutto è in fase di progettazione. Conto che i lavori siano completati entro maggio-giugno 2021. Tra l'altro nel centro visitatori si è formata una colonia di pipistrelli che intendiamo salvaguardare».Oltre a quelli per il centro visitatori (Vigne ha anche chiesto al Comune di rinnovare il comodato d'uso e di valutare operazioni simili su altri edifici del sito), in zona dovrebbero arrivare altri fondi ministeriali destinati in questo caso alla realizzazione di un tratto di ciclabile sul percorso progettato dall'Unione montana agordina per collegare la stazione di Bribano con Cencenighe.«Contiamo in una risposta positiva del ministero ai primi di novembre - ha detto Vigne - il requisito per poter ottenere 2,5 milioni di euro era che la ciclabile iniziasse o finisse nel Parco. Il progetto che abbiamo in mente prevede la realizzazione del tratto tra la casa cantoniera sul vecchio ponte dei Castèi e Valle Imperina. Non entro nel merito delle soluzioni progettuali, ma un'ipotesi potrebbe essere una passerella a sbalzo sul Sass de San Martin. Questo tratto, che continuerà la vecchia strada dei Castei che Veneto Strade ha appaltato per renderla sia ciclabile che alternativa d'emergenza alla galleria, verrà stralciato dal progetto dell'Unione montana agordina e si inserirà in una rete di ciclabili, lungo la Venezia-Monaco, da Venezia a Fener, da Fener a Busche, Primolano, Santa Giustina, la Valbelluna, che può contare su 6070 mila passaggi turistici all'anno. Turisti che entreranno nella vallata agordina attraverso il nodo strategico di Valle Imperina».Per l'ex sito minerario, annuncia Vigne, si prospetta anche la possibilità di essere inserito assieme alle miniere siciliane e sarde nel patrimonio Unesco a formare «un centro unico a livello europeo».Le premesse per la valorizzazione di Valle Imperina ci sono tutte, ma occorre «costruire insieme un meccanismo per riaprire con una gestione già nella prossima stagione».«Nei mesi scorsi - ha detto Vigne - ci siamo concentrati con buoni risultati sulla Valle del Mis e su Candaten. Ora, dopo aver fatto un ragionamento con il
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Comune di Rivamonte e l'Uma, intendiamo finanziare nel prossimo mese uno studio per la riapertura della Valle Imperina. Dobbiamo capire che tipo di studio ci serve e che tipo di professionista può darci le indicazioni giuste per partire. A breve faremo una riunione ad Agordo con i portatori di interesse agordini, perché l'Agordino deve sentire come propria la Valle Imperina» . --© RIPRODUZIONE RISERVATA
NOTIZIE DALLA RETE DEI PRODOTTI E PRODUTTORI DI QUALITA’ Alto Adige | 5 Settembre 2020 p. 33 Lana e carne doc in Val di Funes con la «pecora con gli occhiali» Ezio Danieli val di funes Nella Val di Funes c'è un motivo in più per ammirare le bellezze del paesaggio dolomitico. Lì si alleva infatti una razza di pecora un po' speciale. Se non fosse per alcuni appassionati allevatori che si battono per valorizzarla, questa razza probabilmente si sarebbe già estinta. La pecora "Villnösser Brillenschaf" ha le sue origini nell'Ottocento, da un incrocio tra razze antiche locali con la pecora Bergamasca e quella Padovana. La razza più antica dell'Alto Adige si caratterizza per una pigmentazione scura a forma di anello intorno agli occhi, i cosiddetti occhiali. Infatti, "Brillenschaf" significa "pecora con gli occhiali". La pecora "Villnösser Brillenschaf" viene allevata secondo severi criteri attenti a controllarne, per esempio, la statura, la lana e naturalmente la pigmentazione. La carne di agnello della "Villnösser Brillenschaf" è un prodotto di qualità: è tenera e molto delicata nel sapore. Le pecore hanno bisogno di spazio per muoversi. Pascolano in alta montagna, dove trovano erbe e piante aromatiche, che conferiscono alla carne un sapore delicato e genuino. Un altro prodotto di qualità è la lana di pecora. È delicata sulla pelle, elastica, isolante contro i rumori e ha una funzione regolatrice per calore e umidità. Può assorbire una quantità di umidità fino a un terzo del suo peso senza risultare umida. La lavorazione della lana e la produzione di vari prodotti di lana è affidata ad artigiani locali, mentre le delizie della razza "Villnösser Brillenschaf", come il prosciutto cotto e il salame d'agnello, sono commercializzate. Si tratta di prodotti eccezionali e naturali che rispettano la filosofia di un uso sostenibile delle risorse della natura. La razza ovina "Villnösser Brillenschaf" fa parte della rete dei "Presidi Slow Food".
INTERVISTE L’Adige | 25 Settembre 2020 p. 8 «Rilancio dopo Vaia e Covid» Intervista ad Annibale Salsa Fabrizio Torchio Antropologo e profondo conoscitore delle Alpi, già presidente generale del Club Alpino Italiano, Annibale Salsa si divide fra il Trentino e gli impegni che, in qualità di studioso, autore e conferenziere, lo portano spesso altrove. Del presente e del futuro della montagna italiana si occupa anche in qualità di editorialista del nostro giornale, e nel suo recente libro «I paesaggi delle Alpi. Un viaggio nelle terre alte tra filosofia, natura e storia» ha spiegato con chiarezza perché l'inselvatichimento e l'abbandono della montagna non siano affatto inevitabili. E così, dopo che la tempesta Vaia ha ridisegnato molti versanti alpini, e dopo che la pandemia ha reso necessario ripensare la frequentazione turistica e alpinistica delle Alpi, gli abbiamo posto qualche domanda. Professor Salsa, dopo il lockdown, quest'anno dal punto di vista turistico la frequentazione della montagna sembra essere aumentata. Un fenomeno sporadico, legato al Covid 19, o qualcosa di diverso? «Come tutti gli indicatori evidenziano non vi è dubbio che, a seguito della pandemia, la montagna sta prendendosi una rivincita durante questa strana estate. Dagli anni Settanta del secolo scorso la vacanza alpina invernale di tipo sciistico aveva fatto la parte
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del leone generando una forma di monocultura estrema a scapito della montagna estiva. La riscoperta degli spazi della montagna e delle sue maggiori potenzialità salutistiche legate al distanziamento fisico (non sociale!) hanno restituito alle alte terre quella vocazione che era già stata identificata nell'Ottocento a partire dalle teorie di Malthus. Penso che, anche dopo il Covid-19, questa riscoperta possa stabilizzarsi. L'unico risvolto negativo da contrastare è, semmai, il rischio di veder rilanciare le seconde case che, a prescindere dall'emergenza attuale, sono state la rovina del soggiorno alpino. Non a caso alcuni anni fa la Svizzera, paese dove è nato il turismo sia estivo sia invernale delle Alpi, ha indetto un referendum abrogativo. Altro rischio legato alla pandemia è quello di ritornare ad un uso eccessivo dell'automobile a scapito del trasporto pubblico di cui, anche in Italia, si stava scoprendo l'indiscutibile valore ecologico ed educativo». La tempesta Vaia ha cambiato il volto di molti versanti e c'è chi la ritiene un'opportunità per incrementare le superfici a pascolo o a prato, da tempo ridotte dal rinselvatichimento. E poi c'è il riscaldamentio climatico che sposta in alto i limiti di certe colture. Cosa ne pensa? «Subito dopo la tempesta Vaia, e anche successivamente, ho parlato e scritto della necessità di interpretare quella disgrazia come una realistica opportunità. Soprattutto dopo che qualcuno, sotto la spinta di una comprensibile reazione emotiva, ha affermato che ogni albero schiantato dovesse essere sostituito da un nuovo albero piantato. Forse non tutti hanno capito, o per la mancanza di conoscenze specifiche o di esperienza sul campo, che molte delle piante divelte erano frutto di rimboschimenti ottenuti con piante coetanee o con essenze forestali monospecifiche oltre che, sovente, non autoctone. Il re-inselvatichimento, inoltre, è un fenomeno preoccupante sempre più diffuso, che sta impoverendo il paesaggio alpino formato dall'alternanza di spazi aperti (prati, prati-pascoli, pascoli) e spazi chiusi (boschi). Occorre, pertanto, cogliere questo momento per porre mano a cambi di coltura e restituire alla vivibilità estetica e alpi-colturale gli spazi aperti, che si stanno chiudendo o a causa di inadeguate piantumazioni o di una rinaturalizzazione indotta da abbandono e da mancato sfalcio. L'innalzamento della fascia vegetazionale e delle colture (ad esempio la vite o le latifoglie) è un dato oggettivo misurabile e che si può anche osservare a vista d'occhio. Ma attenzione a non trasformare il dato reale attualmente documentato in una verità assoluta, tale da trasformare l'evidenza scientifica in una visione dogmatica. L'innalzamento delle colture per effetto del clima non è una novità, non soltanto in riferimento alla preistoria della Terra, ma anche alla storia della civilizzazione alpina. Ne sono testimoni le comunità walser insediate oltre i 1800 m che coltivavano cereali fino ad oltre i 2000 m e che comunicavano fra loro attraverso passi di oltre 3000 m in conseguenza del ritiro dei ghiacciai. Compito della scienza è attenersi ai dati di fatto, fare previsioni sulla base di questi con beneficio di inventario, evitando tentazioni assolutizzanti e dogmatiche. Sì, quindi, ad un corretto ambientalismo critico, no a manifestazioni di dogmatismo ideologico. Fra gli estremi opposti del negazionismo ingenuo e del catastrofismo apocalittico si situa un sano realismo». Dal punto di vista del paesaggio, quanto appaiono diverse dal secolo scorso, prima del tramonto della civiltà agro-pastorale, le Alpi italiane? «Le Alpi italiane, a differenza di quelle svizzere e austro-tirolesi, stanno perdendo la tradizionale identità paesaggistica e biodiversità per effetto dell'abbandono e dello spopolamento. A questo punto ci troviamo di fronte al bivio: vogliamo l'"ingens silva" dove l'uomo si ritrae o una nuova vivibilità delle terre alte nel pur necessario rispetto dei limiti ambientali invalicabili? Basta essere chiari e decidere il da farsi, ma senza falsi moralismi». Assistiamo all'arrivo di nuovi montanari, talvolta persone che scelgono di lasciare la città per vivere in montagna: di che tipo di fenomeno si tratta? «Da circa un ventennio si parla di nuovi montanari, categoria sociologica difficile da classificare. Di che cosa stiamo parlando: di quel "neo-ruralismo" tardo romantico, risposta emotiva e alternativa allo stress della città industriale, imbevuto di farneticazioni ideologiche alla Rousseau, oppure di un ritorno su basi più strutturate, più concrete e durature, come si sta riscontrando in molte aree dell'arco alpino e della dorsale appenninica? Nel secondo caso, sono sorte iniziative che fanno riferimento sia alle attività tradizionali agro-pastorali (grandi carnivori permettendo!), sia ad attività di terziario avanzato mediante interessanti start-up».
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