Lorenzo Bolognini
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MANAGEMENT
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LA REVISIONE DELLE CONCESSIONI INERENTI GLI IMPIANTI SPORTIVI PUBBLICI (ART. 216, C. 2, DEL DECRETO RILANCIO)
È auspicabile che i limiti attuali del Decreto Rilancio vengano cancellati e corretti al fine di dare reale sostegno ai soggetti gestori che altrimenti rischiano di essere schiacciati da scelte che, di fatto, non risolvono Recentemente, in piena crisi epidemiologica e con il totale lockdown disposto dai vari provvedimenti normativi intervenuti per contrastarla, avevamo già approfondito la tematica della revisione delle concessioni che includessero la gestione di impianti sportivi, richiamando le norme che si sono succedute nel tempo (l’art. 19, c. 2-bis, legge n. 109/1994, prima, l’art. 143, cc. 8 e 8-bis, d.Lgs. n. 163/06, poi, ed infine l’art. 165, c. 6, d.Lgs. n. 50/16 e s.m.i.).
Il tema era e continua ad essere la necessità di recuperare il disequilibrio economico-finanziario generato dalla crisi a causa dei minori ricavi – azzerati in periodo di lockdown – e dei maggiori costi che derivano, in particolare, dalla necessità di adeguare gli impianti sportivi alle misure anticontagio e, una volta riaperti, di sostenere oneri aggiuntivi (es. formazione del personale, intensificazione della presenta del personale con funzioni di assistenza all’utenza e con-
trollo, sanificazioni, pulizie, DPI ecc.). Il tema è talmente importante che il D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (il c.d. Decreto Rilancio, non ancora convertito nel momento i cui stiamo scrivendo) ha voluto tentare di affrontarlo con il suo art. 216, c. 2: “2. In ragione della sospensione delle attività sportive, disposta con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con
Questa scadenza (3107-2023) non ha senso né logico, né giuridico, né economico: il disequilibrio economico-finanziario prodotto dalla crisi c’è e rimane I centri sportivi pubblici rischiano di chiudere in mancanza di nuovi accordi con gli enti locali, proprietari degli impianti
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HA 4 - 2020
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