esperienze a fronte delle ambiguità percettive che deve risolvere. Come diceva Galileo Galilei: «Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono». Eric Kandel prosegue nella sua ricerca portandoci a scoprire quei meccanismi della memoria che ci permettono di conservare la nostra conoscenza, ovvero le nostre esperienze. Ed ecco che si fa strada quel ponte tra cultura umanistica e cultura scientifica che Kandel vuole costruire.
da George Berkeley nel 1709 e incentrato sul fatto che la retina oculare percepisce un’immagine bidimensionale e non tridimensionale. Come può il nostro cervello comprendere un’opera d’arte se i nostri occhi percepiscono un’immagine bidimensionale? Anche se il nostro cervello non riceve informazione sufficiente per ricostruire con precisione un oggetto, noi lo facciamo di continuo, e con una sorprendente coerenza da persona a persona. Come avviene6?
Kandel riprende gli studi di Hermann von Helmholtz, fisico e medico vissuto nel XIX secolo che aveva risolto il problema ottico inverso introducendo i concetti delle funzioni bottom-up e topdown. Kandel procede nella ricerca sui processi cognitivi, emotivi e mnemonici che si attivano quando guardiamo un’opera d’arte dimostrando che il nostro cervello è in grado di completare e interpretare ciò che vediamo. L’informazione bottom-up «è fornita dalle computazioni che sono implementate nel nostro cervello» (Kandel, 2016): acquisiamo quindi fin dalla nascita la capacità di individuare gli elementi chiave di ciò che vediamo come linee o contorni. In pratica siamo biologicamente in grado di acquisire visualmente le informazioni essenziali che ci permettono di riconoscere oggetti e persone. Ma per “risolvere” le ambiguità percettive non basta l’informazione bottom-up. È necessario che il nostro cervello si attivi a un secondo livello per decifrare e risolvere completamente l’informazione ricevuta dai sensi: questa è l’elaborazione top-down. L’elaborazione top-down è un processo più complesso volto a dare un senso alle immagini che vediamo sulla base della nostra esperienza, e quindi differenti da individuo a individuo. La percezione integra l’informazione che il nostro cervello riceve dal mondo esterno con la conoscenza appresa sulla base delle esperienze precedenti e della verifica delle ipotesi7.
Una persona che osserva un’opera d’arte elabora le informazioni ricevute e crea ipotesi o trova soluzioni in base alle proprie 158
La neuroestetica: Semir Zeki8. Vedere la bellezza.
youtu.be/_j5GKszeiyE Semir Zeki, “Neuroaesthetics: How the Brain Explains Art”, 21 aprile 2021.
La neuroestetica studia quei meccanismi neurali che si attivanodi fronte alla bellezza, e il neurobiologo Semir Zeki, considerato il padre della neuroestetica, ci spiega come la visione sia un processo attivo e non passivo9, e come la fruizione della bellezza sia un’esperienza che può essere scientificamente studiata anche in termini di attività cerebrale. Nei suoi scritti ci racconta come negli ultimi venticinque anni sia stata avviata questa interessante analisi e ci illustra il funzionamento del cosiddetto “cervello visivo” nel processo percettivo dell’opera d’arte. Ci racconta gli “eventi cerebrali” che si manifestano di fronte a un’opera di Vermeer o di Michelangelo e mostra come il cervello «ha adottato la soluzione di lavorare in parallelo, di elaborare i diversi attributi della scena visiva procedendo simultaneamente e in parallelo»10. Oggi siamo arrivati a monitorare la reazione delle cellule della corteccia cerebrale il cui metabolismo si attiva di fronte a un’opera d’arte. Questa attivazione può essere registrata con le nuove tecniche di brain imaging: a seconda di quello che guardiamo, un dipinto monocromatico o un ritratto, si attivano aree diverse del nostro cervello che agendo in parallelo ci permettono di vedere e comprendere un particolare specifico della scena visiva11. Se da un lato Semir Zeki e con lui gli studiosi di neuroestetica non ci nascondono che a oggi non conosciamo abbastanza il nostro cervello per poter capire appieno come funziona, tuttavia in termini di esperienza estetica Zeki ne scopre le specifiche funzionali di fronte alle opere d’arte: è il “cervello visivo”. Nel nostro cervello vi sono numerose aree visive – non solo una 159