Film n.15 luglio/settembre 2020

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e si finge disabile per aver il sussidio. Tra le ragazze che portano i clienti del motel però c’è una che lo riconosce, Agata. Dopo un momento di imbarazzo i due si ritrovano ed iniziano ad uscire insieme. Ma la tenera relazione si scontra bruscamente con la vita che conduce Agata. Così Oscar, rifiutato anche dalla donna di cui era sempre stato segretamente innamorato, se ne va e si rifugia in montagna. Non passa troppo tempo però che Agata lo raggiunge. Dopo anni li ritroviamo insieme sposati, in attesa di un bambino. Oscar ha trovato un nuovo lavoro come lavavetri di grattacieli, sospeso nel vuoto e mascherato da Batman. Finalmente può essere se stesso.

L

La pellicola L’uomo senza gravità, scritta e diretta da Marco Bonfanti, è una

vicenda in equilibrio tra fiaba e realtà. La storia di Oscar, un uomo affetto da “leggerezza”, racconta la difficoltà di essere puri, ingenui e leggeri in un mondo opaco, votato alla pesantezza. Come nel racconto filosofico di Calvino, il regista, al suo primo lungometraggio, fa appello all’arte di elevarsi, letteralmente e figurativamente, per sottrarsi dal mondo e guardarlo meglio. Audace perché il postulato di partenza non si preoccupa della verosimiglianza, è una sorta di gioco infantile a cui ci invita l’autore. Perché Oscar non è un bambino come gli altri, ma è figlio di una madre che lo ama e vorrebbe soltanto proteggerlo, ma finisce per tarpargli le ali. La vicenda di un essere umano dall’infanzia negata che, al termine di un lungo percorso alla ricerca del sé e dell’amore, comprende come il tornare bambini sia l’unico modo per vivere una vita davvero autentica. L’idea di base è originale, ma il film si sgonfia, perde di mordente nella seconda parte. Si infila in un tunnel pericoloso, comincia inesorabilmente ad accumulare un cliché dopo l’altro, a cominciare dal manager David e diventa stancamente prevedibile, perdendo quel

di Guido Lombardi

dolce tocco di realismo magico che aveva caratterizzato tutta la prima parte. Nonostante il chiaro riferimento letterario, il risultato non produce però scintille. Il suggestivo soggetto di partenza non apre le porte ad una riflessione filosofica all’altezza della premessa. I dialoghi convenzionali, l’interpretazione un po’artificiosa degli attori, gli improbabili scarti narrativi, l’ellissi temporale impiegata come mera tecnica di raccordo svuotano la storia di ogni sostanza. Lo stesso finale si libra verso vette trash, perdendo completamente la magia iniziale. Ad interpretare Oscar da adulto è Elio Germano, che recita con un credibile accento bergamasco, ma è con il corpo che arriva a dare spessore al personaggio. Si vede fin da subito il lavoro certosino per riprendere i gesti di Pietro Pescara (Oscar da bambino), in modo da tramutarsi in un bambino-adulto che continua a restare stupito dalla vita, pur con un sottofondo di triste malinconia. Anche Jennifer Brokshi, nei panni di Agata, sembra avere le espressioni e le parole giuste, in grado di farci tornare bambini. Veronica Barteri

IL LADRO DI GIORNI

Origine: Italia, 2019 Produzione: Indigo Film, Bronx Film, Rai Cinema Regia: Guido Lombardi Soggetto: dall’omonimo romanzo omonimo di Guido Lombardi Sceneggiatura: Guido Lombardi, Luca De Benedittis, Marco Gianfreda Interpreti: Riccardo Scamarcio (Vincenzo “Enzino” De Benedettis), Massimo Popolizio (Totò), Augusto Zazzaro (Salvo De Benedettis), Giorgio Careccia (Vito), Vanessa Scalera (Zia Anna), Carlo Cerciello (Prof. Mangiafreda), Rosa Diletta Rossi (Bianca) Durata: 105’ Distribuzione: Vision Distribution Uscita: 6 febbraio 2020

Vincenzo, malavitoso pugliese, trafficante di droga insieme ai suoi due amici d’infanzia Totò e Vito, è arrestato all’inizio della storia: lascia la moglie già malata che morirà dopo poco e il figlio di cinque anni Salvo. Questo è preso dagli zii, con i quali vive per i successivi sette anni in Trentino. Un giorno si presenta a casa loro Vincenzo; uscito di prigione, è arrivato per riprendersi il ragazzino, almeno per qualche giorno e ricostruire con lui il rap-

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porto spezzato per così lunghi anni. In realtà il viaggio che padre e figlio iniziano serve a Vincenzo per consegnare un carico di droga, nascosto nel fondo della macchina, al capo di una cosca mafiosa giù in Puglia. Naturalmente, tutto ciò serve ai due per conoscersi, studiarsi e capirsi in modo che due mondi tanto lontani si avvicinino. I ricordi dell’arresto di Vincenzo, la spiata del pittore Mangiafreda che portò la polizia alla mac-


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