Film n.15 luglio/settembre 2020

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intercalare. Per aggiungere un altro carico pesante, a lasciare perplessi, visto che l’obiettivo a questo punto sembrerebbe quello di dover far ridere più che spaventare, è an-

che l’eccessivo spazio riservato ai re una Napoli più positiva e soladue insoliti domestici di casa, in- re, la pellicola non fa che riciclare terpretati da Valentina Martone e i soliti cliché. Francesco Bruni, sempre fuori poVeronica Barteri sto. Nonostante si sforzi di mostra-

di Ferzan Özpetek

LA DEA FORTUNA

Origine: Italia, 2019 Produzione: Tilde Corsi e Gianni Romoli per Warner Bros. Entertainment Italia, R&C Produzioni, Faros Film Regia: Ferzan Özpetek Soggetto: Gianni Romoli, Ferzan Özpetek Sceneggiatura: Gianni Romoli, Silvia Ranfagni, Ferzan Özpetek Interpreti: Stefano Accorsi (Arturo), Edoardo Leo (Alessandro), Jasmine Trinca (Annamaria Muscarà), Serra Yilmaz (Esra), Filippo Nigro (Filippo), Barbara Alberti (Elena Muscarà), Sara Ciocca (Martina Muscarà), Edoardo Brandi (Alessandro Muscarà), Cristina Bugatty (Mina), Pia Lanciotti (Ginevra), Dora Romano (Lea), Barbara Chichiarelli (infermiera), Matteo Martari (Michele), Edoardo Purgatori (Marco) Durata: 118’ Distribuzione: Warner Bros. Pictures Uscita: 19 dicembre 2019

Rinchiusa in un armadio, una bambina urla perché suo fratello sta soffocando. Arturo, scrittore fallito, e Alessandro, umile idraulico, sono incapaci di ritrovare quella passione che ha caratterizzato i loro quindici anni insieme. Annamaria, madre single e migliore amica di Alessandro, chiede loro di badare ai suoi due figli, dovendosi sottoporre a dei controlli medici per una forte emicrania, sebbene Ar-

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turo non sia inizialmente felice del loro arrivo. Alla donna viene diagnosticata una malattia congenita che necessita di un’operazione al cervello, notizia che sconvolge i protagonisti. Alessandro scopre che Arturo lo tradisce da ben due anni con un giovane artista che, però, sceglie di lasciarlo perché capisce che è ancora innamorato del suo compagno; la situazione tra i due è sempre più tesa, tanto che Arturo vuole andarsene di casa. Annamaria lascia scritte le sue volontà di nominare, in caso di morte, Alessandro tutore legale dei figli, persona più vicina a loro in quanto non riconosciuti dai padri biologici, ma non ha il coraggio di consegnargliela, dal momento che l’amico le confida di stare per rompere con Arturo e, di conseguenza, di non poter badare ai bambini da solo; nonostante l’odio verso sua madre Elena, baronessa rigida e spietata, Annamaria accetta di mandarli in Sicilia da lei. I protagonisti portano i bambini a visitare il Santuario della Dea Fortuna, che ha il potere di far scendere l’immagine della persona amata fino al cuore, per tenerla sempre con sé. Alessandro, all’epoca fidanzato con Annamaria, conobbe Arturo proprio lì, mentre lavorava come guida turistica, presentatogli dalla donna, e se ne innamorò immediatamente, sebbene sapesse di essere troppo rustico per lui; nonostante l’abbandono di Annamaria, quest’ultima non lo ho mai incolpato. 16

La coppia accompagna i bambini in Sicilia da Elena, nonostante la volontà dei piccoli di tornare a Roma. Annamaria muore per un malore improvviso; dopo il funerale, i protagonisti tornano da Elena ma non trovano i bambini e la spietata baronessa li caccia affinché i nipoti non tornino a Roma per crescere con una coppia di “pervertiti”, di cui crede si dimenticheranno. Alessandro e Arturo trovano i bambini rinchiusi nell’armadio dove Elena era solita punire i figli, per cui, dopo averli liberati, rinchiudono la baronessa e fuggono, minacciati dalla donna, che intende sfruttare il suo potere per vendicarsi. Nonostante le preoccupazioni per il futuro, i quattro, perso il traghetto, passano una mattinata al mare, dove si guardano negli occhi, nella speranza che la Dea Fortuna compia il suo incantesimo. Questa vita, tanto meravigliosa quanto dolorosa come recita il brano di Diodato che chiude il film, penetra capillarmente in uno dei lavori più personali di Özpetek, nato da una tragica vicenda familiare che lo ha spinto a interrogarsi sulle responsabilità di un’eventuale genitorialità. Il film non vuole inserirsi nel dibattito sull’omogenitorialità, evitando strumentalizzazioni che releghino il racconto a un determinato microuniverso circoscritto. La vera politicità del film,

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