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Un vero leader non smet te mai di guardare al f u t uro Nuova Range Rover, fedele alla sua s tor ia ma in continua evoluzione, è ancor a una vol t a di ispir azione per il suo s tile iconico, i mater iali sos tenibili che uniscono etic a ed es tetic a e le sue c apaci t à ineguagliabili. Di nuovo pront a ad apr ire nuove s t r ade.
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Nell’anno del suo Centenario (che troverà spazio da noi in un apposito Speciale in edicola fra due settimane) Monza torna a riconsegnare il proprio autodromo ai tifosi della Formula 1 dopo due anni, d’inferno il primo con l’assenza del pubblico, e di purgatorio il secondo con meno della metà dei posti disponibili occupati. Questa volta è diverso, ma il Centenario centra poco. Gli appassionati hanno fatto la fila, in Italia come negli altri impianti, per poter seguire dal vivo una Formula 1 che sta diventando ogni giorno sempre più attraente, soprattutto per le generazioni più giovani, quelle che addirittura non hanno idea di cosa sia stata l’era Schumacher.
Il Mondiale che sbarca in Brianza, al di là di come è andata nella trasferta in Benelux delle due settimane che la precedono, ci consegna una Ferrari pronta per tornare protagonista sulla pista di casa. Tre anni dopo la vittoria nel Gran Premio d’Italia Charles Leclerc può tentare il bis e togliere dalle favorite mani di Max Verstappen la sua prima coppa monzese. Sarà decisivo per il principino monegasco ottenere questo risultato che, oltre a incrementare il prestigio dell’ancor giovane carriera, gli lascerebbe aperte le chance di rincorrere l’olandese nella sfida finale al titolo di Campione del mondo. Per restare in tema di Campioni del mondo sarà un bel tuffo nel passato, per chi sarà a bordo pista, poter rivedere a cinquant’anni esatti da quel 10 settembre sfilare la Lotus nera con eleganti filetti d’oro nelle mani di Emerson Fittipaldi. Nel 1972 il brasiliano ha vinto insieme gran premio e titolo, e ora saluta con una parata al giorno un autodromo a lui tanto caro. Restiamo ancora in tema di ex piloti che a Monza hanno corso la gara più importante. Per PierLuigi Martini Monza è un luogo speciale, e confrontarsi con un pilota che aveva ancora tre pedali in macchina e il cambio manuale è sempre interessante, utile per capire i pensieri che passano nelal testa di un uomo che sfida uomini come lui a trecento all’ora. Ieri come oggi.
"Oggi il Dentista è colui che ridà il sorriso, la funzione masticatoria, l'estetica ed il senso di sé, aiutando il paziente a riacquistare anche il "Sorriso dell'anima"
www sciaboniodontoiatria it @sciaboni odontoiatria
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l'estetica
"Oggi il Dentista è colui che ridà il sorriso, la funzione masticatoria, l'estetica ed il senso di sé, aiutando il paziente a riacquistare anche il "Sorriso dell'anima"
Monza accoglie ancora una volta speranzosa la Formula 1. Per l’Autodromo Nazionale è un periodo speciale, contenente una ricorrenza da festeggiare che gli ricorda di avere esattamente un secolo di vita. Cento stagioni fra alti e bassi, problemi e successi, per comporre cento pagine di un volume che non è ancora arrivato all’indice, quell’elenco che a volte, chissà perché, si trova in fondo al libro quasi a testimoniare che non c’è più nulla da dire, non esistono più parole da scrivere. Per Monza invece, almeno fino a prova contraria, di giornate da vivere, gare da organizzare, campioni da osannare, ce ne saranno per
un po’ di tempo. Però, giusto per riportarci al senso di questo Speciale sul Gran Premio d’Italia nell’Anno del Signore 2022, dell’Autodromo di Monza e della sua inimitabile storia ne tratteremo fra un paio di settimane con un apposito inserto. Per cui, ora torniamo a questo imminente fine settimana dalla connotazione mondiale.
Il Campionato che arriva a Monza direttamente dal Benelux, dove in queste domeniche i venti piloti ritenuti i migliori al mondo (non sempre è vero…) si sono sfidati sui tracciati di Spa-Francorchamps in Belgio e Zandvoort in Olanda, è ancora lontano dall’avere un dominatore unico, l’uomo che a metà
stagione ha già chiuso i giochi e annichilito la concorrenza. Qualcuno potrebbe pensare che invece esista, e si chiami Max Verstappen. Ci sta pensarlo, non fosse altro per la maturità dimostrata quando sulla sua monoposto hanno finalmente applicato l’adesivo con il numero 1 di Campione del mondo. Ma gli stessi convinti oggi di una sua certa riconquista del titolo se rileggessero bene a fondo come sono andate le cose, almeno fino alla sosta estiva, si renderebbero conto che non sarà comunque facile per l’Olandese Volante cantare vittoria a fine anno. Questo perché se dodici mesi fa con lui c’era un fuoriclasse che rispondeva al nome di Lewis Hamilton a darsele contro su tutte le piste della Terra, e proprio a Monza abbiamo visto che la frase non è solo un eufemismo, ora la rivalità con chi potrebbe portargli lo scettro di Campione del mondo è meno sentita ma non
Sulla pista di casa la Ferrari ha il dovere di vincere, ma farlo non sarà facile contro SuperMax che dopo Imola vuole anche Monza
All’inizio degli anni Ottanta era cominciato il fortunato periodo per l’Italia di ospitare due gran premi nello stesso Campionato. Fino al 2006 generalmente Imola apriva la stagione europea in primavera, e Monza la chiudeva a metà settembre. In questo 2022, al di là dell’anno passato condizionato dall’emergenza pandemica, l’accoppiata è tornata in vita e tutti speriamo che si possa ripetere per tanto tempo. Inutile illuderci perché i messaggi che arrivano dai padroni del vapore di Liberty Media dicono che gli stessi potrebbero ribaltare la situazione in un amen. Noi comunque, pur essendo di parte, facciamo il tifo per tutte e due.
meno intensa, più agonistica che muscolare e verbale della precedente.
Ci riferiamo, inutile nasconderlo con lunghi giri di parole, a Charles Leclerc come l’unico che ha le possibilità, e se vogliamo anche le qualità, per fermare la cavalcata vincente numero 2 di SuperMax. Il monegasco, è vero, è incappato in più giornate dove qualcosa girava comunque storto che non in tanto sospirate domeniche di festa completa. A volte c’ha messo del suo a mandare all’aria piani gioiosi, a volte ci ha pensato la squadra a fargli girare gli zebedei, cosa che peraltro in tempi passati ha già riguardato ex ferraristi come Schumacher, Alonso e Vettel. Tre nomi non
scelti a caso, sia perché sono tra i cinque piloti con il maggior numero di vittorie in Rosso, ma soprattutto sono gente che il titolo non l’ha vinto solo una volta, magari per caso più che per merito.
Ora, non è automatico che il principino monegasco riesca a ripetere le gesta vittoriose di questi tre solo perché corre con la Ferrari. Anzi, proprio l’esser stato iscritto agli ultimi due Mondiali agli ordini della Scuderia con sede a Maranello non l’ha aiutato. Colpe non sue hanno gettato un’ombra immeritevole sui risultati di uno dei migliori piloti in circolazione. Per cui, per chiudere il paragrafo Leclerc, ci piace immaginare che in queste due
stagioni abbia corso in un altro campionato, che si sia eclissato per non far sbiadire un talento cristallino. E questo ciò che pensano i tifosi della Nazionale italiana da corsa, che il tutto sia rimasto fermo alla domenica di settembre, in questo caso Anno del Signore 2019, quando per l’ultima volta un uomo in Rosso si è alzato più in alto di tutti sul cielo di Monza.
Detto del paragrafo Leclerc, il capitolo Ferrari ne contiene un altro, altrettanto degno d’attenzione. Carlos Sainz junior, dopo una stagione condizionata da una monoposto in difficoltà, in questi mesi ha dimostrato di non esser considerato solo lo scudiero di comodo. I tempi sul giro secco, le prestazioni in gara, se vogliamo anche l’attitudine a fare squadra, ci hanno presentato un pilota diverso, più forte della nomea che lo ha portato in Ferrari come “raccomandato”, come se a Maranello oggi abbiano bisogno di un
uomo scelto da altri. Lo spagnolo invece sta scardinando questo pregiudizio, cercando di far capire che lui le qualità per far puntare gli allibratori sul suo nome le ha ben chiare e che quindi lo capiscano anche gli altri. Per fare un paragone con il calcio lui si sente più importante della “seconda punta”, chiamata a segnare nel caso la prima non ci riesca. Certo le prossime gare potrebbero metterlo nella condizione di doverla fare suo malgrado, a tutto vantaggio della rincorsa di Leclerc al titolo iridato. Ma questo non sminuirebbe in ogni caso il suo valore.
Toccati i tre nomi che a nostro parere hanno la maggioranza degli exit poll per la vittoria nel Gran Premio d’Italia, non vanno dimenticati gli altri, non fosse altro che lo stesso ricordo delle ultime tre edizioni ci hanno lasciato in eredità altrettante vittorie di candidati che poco prima di scattare verso la prima variante non erano certo in testa ai sondaggi. Quindi non sottovalutiamo il secondo pilota Red Bull, questa sì che è una gerarchia ben definita, perché Sergio Pérez se ne ha l’occasione la sfrutta e sale di un gradino quello stesso podio che lo ha visto secondo ben
dieci anni fa. A nostro avviso è l’unico a poter sfidare apertamente i tre dell’Ave Maria (Verstappen, Leclerc e Sainz jr.) per portarsi a casa la coppa monzese. Qualcuno, giustamente, potrebbe sollevare il dubbio che anche la Mercedes ha i titoli per sfidare quasi alla pari il duo Red Bull-Ferrari. Non sarebbe corretto in effetti ritenere i piloti di Toto Wolff dei semplici outsider sullo Stradale di Monza che possano ritrovarsi la vittoria in mano, com’è successo nelle ultime due occasioni, senza colpo ferire. Però, oltre a non aver vinto ancora nessuna gran premio (stiamo scrivendo prima di quello olandese, ndr),
a conti fatti non c’è mai stata occasione in cui comunque lo meritassero nonostante il gran numero di podi conquistati. All’interno degli altri quattordici piloti sparsi equamente nelle restanti sette squadre può annidarsi il vincitore di Monza 2022, e nel caso ci farebbe piacere per un certo verso perché è sempre stimolante raccontare di quando il piccolo Davide ha battuto il gigante Golia. Ma la storia delle corse di queste storie ne mette in campo una ogni tanto e, proprio perché siamo a Monza, dopo due anni i tifosi Ferrari vorrebbero che tornasse a vincere uno dei favoriti. Purché vesta di Rosso.
Finora per il team della Nazionale Rossa il 2022 è stato altalenante. Prestazioni al top a cui si sono unite figure barbine. Vittorie artigliate come si fa con una preda a cui non si lascia scampo hanno avuto come contraltare sconfitte che gridano vendetta. Ma come sempre, e per sempre, quando c’è di mezzo il Marchio più prestigioso al mondo tutto diventa amplificato, quasi che gli Dei delle corse abbiano un occhio solo per illuminare ciò che combinano gli uomini di Maranello. Nel bene e nel male. In questa prima parte dell’anno, e questo non fa ben sperare proprio per il gran premio all’Autodromo
Nazionale, purtroppo a Imola, Monte Carlo e Barcellona, cioè su quelle piste che per motivi sentimentali era ancor più importante vincere, sono state foriere di errori e risultati al di sotto delle possibilità di quelle specifiche occasioni. Prendiamo ad esempio la gara nel principato monegasco, e si capisce che un secondo e un quarto posto non sono certo da buttare via, ma se si ritorna alle fasi di una gara che poteva chiudersi con una storica doppietta, ecco che la delusione non può venire nascosta dai punti ottenuti. Anche al Paul Ricard, per certi versi altro luogo caro agli attuali dirigenti Ferrari, c’è di che essere
delusi per una probabile vittoria gettata alle ortiche, complice una dose di sfortuna ad acuire un errore di guida che comunque non va nascosto.
Ferrari e Monza quindi, un binomio inscindibile fatto di vittorie e sconfitte, giornate epiche o tragiche. Domeniche che, per restare a uno dei due piloti di questo 2022, riportano alla gioia immensa, l’ultima vissuta da un ferrarista davanti ai ferraristi.
Dopo due anni di purgatorio finalmente la squadra del Cavallino rampante ha tutto per vincere, e convincere, sulla pista di casa
Dopotutto non bisogna andare molto indietro nel tempo. Basta riportare il calendario all’ultimo Gran Premio d’Italia pre-Covid. 2019, una strenua difesa da parte di Charles Leclerc culminata con una vittoria che, piaccia o non piaccia, resterà scritta per sempre nell’albo d’oro monzese. Quel primo posto che però, con le vicende federali dei mesi successivi culminate con una sorta di patto con la Ferrari per stare lontano dai primi posti
per un po’ di tempo, sembra macchiato da un peccato sfuggente. Oggi però, davanti ad un pubblico maggiore rispetto a tre anni fa, la Ferrari ha quasi l’obbligo morale di mettere a tacere quelle voci, oltre a incrementare il prima possibile il suo palmarès nella gara di casa. Le qualità tecniche e umane per farlo ci sono tutte. La coppia di piloti fino a prova contraria è affiatata sotto il profilo delle relazioni, si aiuta in pista e
fuori, la monoposto è di prima qualità, forse non in tutte le occasioni meglio della Red Bull, ma di certo superiore a tutte le altre. Leclerc è al top della carriera e Carlos Sainz junior, che a Monza due anni fa ha perso per un soffio la sua prima vittoria assoluta, è pronto per fare la sua parte.
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In più di uno dopo la fine della passata stagione pur con il titolo Piloti in tasca, immaginando che l’uscita di scena della Honda avrebbe penalizzato sotto il profilo tecnico il team austriaco, si era sbilanciato in una sorta di de profundis all’indirizzo della Red Bull. A maggior ragione considerando che da questa stagione entrava in campo l’ennesima rivoluzione tecnica in Formula 1. La prima uscita, con il doppio stop a pochi chilometri dall’arrivo, aveva quasi confermato questa teoria. Sette vittorie nei successivi otto gran premi hanno subito chiarito che anche se le Power Unit non si chiamano più Honda funzionano lo stesso bene. Per cui ecco che quest’anno l’armata della bibita energetica austriaca è pronta a fare il pieno a Monza,
pista che storicamente non le è mai stata amica come tante altre. Due sole vittorie con Seb Vettel e un terzo posto con Mark Webber, quasi peggio della sorella minore Toro Rosso/AlphaTauri. Ma succedeva tanto tempo fa, addirittura prima dell’era dell’ibrido.
Anche l’attuale Campione del mondo in Brianza è sempre andato via con una manciata di mosche, al punto che nella famiglia Verstappen papà Jos vanta il risultato migliore, un quarto posto, ai tempi in cui il piccolo Max andava all’asilo. Lo scorso anno il figliol prodigo ce la poteva fare ma una manovra al limite del codice stradale dei gran premi lo ha spinto fuori in prima variante. E con lui In quella sabbia si è arenato il rivale diretto della Mercedes, decretando il secondo zero a zero stagionale. Quest’anno la storia
Un Max Verstappen in forma strepitosa, e con il numero 1 sulla carrozzeria, ha l’intenzione giusta per vincere la sua prima Monza
sembra diversa, meno carica di ansie per un pilota che ha comunque dimostrato di essere maturato in materia esponen-
ziale, non fosse altro che dopo centocinquanta gran premi, di cui molti corsi nelle prime posizioni, l’esperienza si accumula in modo più marcato che non lottando per le posizioni di fondo classifica. Inoltre SuperMax arriverà nella pista del “nemico” dopo l’ubriacatura di tifo che in Belgio, e soprattutto nella sua Olanda, lo avranno sicuramente caricato ancor di più, al di là di risultati che al momento ignoriamo. Per il compagno di squadra, il messicano Sergio Pérez, Monza si perde soprattutto nei ricordi di un bel secondo posto portato nella natia Guadalajara ben dieci anni fa quando correva alla corte di Peter Sauber. Facendo quindi una somma semplice fra squadra e piloti per il team gestito in pista da Christian Horner quella di Monza non è terra di conquista. Ma in questa stagione è probabile che tutto invece finisca in modo diverso, con i tifosi Ferrari autorizzati a fare i debiti scongiuri. Verstappen correrà con una tranquillità che gli de-
riva dall’avere un avversario più “amico” rispetto a dodici mesi fa, un pilota con cui sfidarsi senza bisogno di picchiarsi, consci entrambi che la storia della Formula 1 li vedrà protagonisti ancora per molte stagioni, a meno di eventuali ritiri anticipati in piena età giovanile.
il risultato che lo lascia ancora in vetta a questa classica dal sapore locale. Per cui a Lewis basta salire sul podio il prossimo 11 settembre ed ecco che il sorpasso sarebbe cosa fatta. La Mercedes di prima dello stop vacanziero sicuramente è una monoposto che può consentire questo risultato, visto che il terzo posto è stato feudo incontrastato dalle gare di Baku a Budapest, oltre ai due posti d’onore conquistati dal pilota di colore in Francia e ancora in Ungheria, miglior gran premio di quest’anno per le frecce ritornate ad essere d’argento.
Per Lewis Hamilton quello di questo 2022 potrebbe essere il Gran premio del sorpasso. Pur riferendoci alla sola edizione italiana, sarebbe un sorpasso puramente statistico ma dall’alto valore storico.
Lui ha colto in terra italiana esattamente lo stesso numero di vittorie, ben cinque, e di secondi posti, come Michael Schumacher. Un terzo posto conquistato dal tedesco trent’anni fa esatti è
Non si può però fare un primo bilancio, al netto delle due gare in Benelux di queste settimane, senza sottolineare che era dal 2011 che la squadra anglo-tedesca a questo punto della stagione fosse ancora a secco di vittorie. Ma a far pendere ancor di più la bilancia dalla parte negativa va segnalato che non c’è mai stato un gran premio in cui i due alfieri del team gestito da Toto Wolff siano partiti con i favori del pronostico.
Una vettura nata male ma che sta risalendo la china, in mano a un fuoriclasse di oggi e a uno di domani, può mettersi in mezzo ai due litiganti
Un declino che potrebbe significare la fine dell’era di dominio più lunga nella storia della Formula 1. Non è detta ancora l’ultima parola ma è indubbio, a meno di cataclismi agonistici, che il 2022 non vedrà Mercedes vincere qualcosa, che sia il titolo Piloti o quello Costruttori. Tuttavia qualcosa di buono ci lascia questo loro anno così poco redditizio.
La consapevolezza che un possibile Campione del mondo di un futuro non molto lontano è già pronto. George Russell, lo si sapeva fin dalla doppietta GP3 e Formula 2 centrate al primo anno, ha grandi qualità. Certo, se vuoi vincere il Mondiale non bastano perché lo stesso deve aver il team che lavora per te.
Ma la Mercedes lo ha ampiamente dimostrato e quindi che si tenga stretto quel sedile, e Toto si tenga stretto il suo contratto, se vuole confermare le velleità di entrare nella ristretta cerchia dei piloti iridati. A maggior ragione se, come è
nella logica delle cose, prima o poi Hamilton saluterà tutti.
Eventualità che nella testa di Lewis si è insinuata dopo lo strano, e per lui incomprensibile, finale della scorsa stagione. Comunque, visto che non ha velleità di Mondiale, che provi dunque a salire sul podio monzese e sarà il più grande di tutti. Almeno, nel Gran Premio d’Italia.
Così come Lewis Hamiltom, nella ultra settantennale storia del Gran Premio d’Italia, è secondo dietro a Michael Schumacher in termini di risultati, anche la McLaren ha solo un avversario davanti per poter essere considerata la Marca più vincente.
Ma, a differenza del fuoriclasse inglese, la sua strada per raggiungere e superare la Ferrari è lunga, quasi impossibile da percorrere con risultato positivo alla fine. Sono passati i tempi eroici del fondatore Bruce e del connazionale Denis Hulme, primo vincitore a Monza con una McLaren nel lontano 1968. Più vicini in termini temporali i successi di tre autentici numeri uno come Niki Lauda, Alain Prost e Ayrton Senna, ma altrettanto difficili da rivivere. Una storia infinita che lo scorso anno ha scritto uno dei capitoli più belli con un’insperata ma non meno meritata doppietta con Daniel Riccardo e Lando Norris. Era il settembre di un anno fa, con loro due attori marginali a seguire da dietro la lotta senza esclusioni di colpi fra Verstappen e Hamilton. Proprio il duello rusticano in prima variante fra i primi della
classe, finito ignobilmente con uno sopra l’altro a lanciarsi accuse, ha spalancato la via verso la doppietta arancione. Il frutto di quella strana domenica è tatuato sulla pelle del titolare della squadra, l’imprenditore americano Zak Brown, che pochi giorni dopo si è fatto inserire sotto pelle il layout del tracciato brianzolo con tanto di data commemorativa. Era un anno fa, dove, a ben vedere, la situazione non era molto diversa dall’attuale. La conclamata impossibilità di lottare per le prime posizioni creava un’aria pesante per le ambizioni di Brown, e anche il lavoro di un team principal di tutto rispetto come Andreas Seidl arrivato dalla Porche con la fama di vincente ancora non dava i frutti sperati. Però la grande giornata monzese ha salvato una stagione altrimenti da definire negativa, a maggior
ragione se paragonata a quanto ha realizzato la McLaren nella sua lunga militanza. Che ci sia aria pesante lo dimostra la trattativa in cui sono stati immersi in queste settimane Ricciardo e la squadra. Incontri per definire una buonuscita milionaria anticipata rispetto alla scadenza del contratto in essere, e non come ci si aspetta in sfrenate discussioni tecniche per migliorare il proprio status. Il tutto con un punto fermo, almeno per il momento. Perché Norris non si tocca. Al simpatico inglesino sono riservate attenzioni per confermare le qualità che potrebbero portarlo, logicamente con il giusto supporto tecnico, a lottare per il titolo in un anno non molto lontano da questo poco consistente 2022. Lui lo merita, se gli capiterà di farlo con quella McLaren che, almeno a Monza, lo ha sempre portato a punti, è tutto da vedere.
Adifferenza di Sebastian Vettel che lascia, Fernando Alonso invece… raddoppia. Nel senso che ha da poco firmato un contratto biennale, lui che di anni ne ha sei più del tedesco, e continuerà ancora fino al 2024. Poi si vedrà.
Già questa è una notizia, ma quella che forse fa più scalpore è che prenderà il posto in Aston Martin sostituendo il suo sedile a quello di Seb. Le qualità non gli mancano, l’esperienza pure, ma non ce ne voglia, nei prossimi Campionati corre il rischio di fare la stessa figura del tedesco di questo ultimo anno, raccogliendo briciole, lui che è stato uno dei pochi ad aver battuto Michael Schumacher giocandosela alla pari. Intanto, d’ora in poi, continuerà da separato in casa in Alpine, squadra che sotto varie vesti e dirigenze lo ha visto per tre volte alle sue dipendenze. Fra i motivi che pare abbiano spinto l’asturiano a chiudere in modo repentino la sua avventura con i francesi, guarda caso, di mezzo c’è un francese. Sebastian Ocon, sempre più ingombrante compagno di squadra, lo ha più volte “sfidato” durante la stagione a suon di sorpassi e staccate. Una specie di lesa maestà, condizione di cui Fernando non ha bisogno, ma che certamente non gli è andata giù. Comun-
que Alonso è un professionista, e il suo compito, da portare alla fine insieme ad Ocon, è di cercare di raggiungere il quarto posto nel Mondiale Costruttori. Inutile farsi illusioni, i primi tre sono avanti un bel po’ di chilometri, e quindi ora i suoi diretti rivali sono al volante di quella McLaren per la quale, anni fa, Nando ha ballato una sola estate.
In alto e a lato, Fernando Alonso. Sotto, Esteban Ocon
La casa francese che aspira a posizioni più alte, ha comunque le carte per far fare bella figura a Ocon e al partente Alonso
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Qui il discorso non è propriamente uguale a quello più avanti in questo speciale, dedicato alla Williams, ma in parte usare un nome così importante come quello di Alfa Romeo, peraltro per soli scopi economico-pubblicitari, e avere questi risultati non fa bene sia al team che al Marchio italiano. Con molta probabilità l’idea di Sergio Marchionne, che aveva fortemente voluto questa partnership con gli svizzeri della Sauber, prevedeva uno sviluppo diverso di quello che si è poi concretizzato. Strade che potrebbero separarsi, a maggior ragione se anche i proprietari della società elvetica d’investimenti Longbow Finance, dopo aver acquistato nel 2016 da Peter Sauber il team, lo mettessero in vendita nei prossimi mesi. Dei due piloti, uno è un veterano e l’altro è l’unico debuttante. Valtteri Bottas, che qualcuno già vedeva in difficoltà ai tempi della Williams, ha avuto la svolta della carriera con l’improvviso ritiro di Nico Rosberg in Mercedes. Nel 2017 si è liberato il sedile accanto a Lewis Hamilton che gli ha fruttato dieci vittorie e due titoli di Vicecampione del mondo. Il cinese Zhou Guanyu, forte di un contributo economicocha ha messo a piedi il nostro Antonio Giovinazzi, per ora ha perso nettamente il confronto con il
compagno di squadra, e questo lo si poteva immaginare. Quello che non si poteva immaginare, ma solo sperare, è che dopo uno spaventoso incidente come quello capitato al via di Silverstone, il pilota asiatico ne uscisse praticamente incolume. Miracoli della sicurezza attuale, ma che rischiano di far ricordare la sua prima stagione di Formula 1 più da miracolato che da speranza.
In alto e a lato, Valtteri Bottas.
C’erano ben altre aspettative in Sergio Marchionne quando decise di legare il marchio Alfa Romeo al team svizzeroSotto, Zhou Guanyu
Un team che per motivi extrasportivi, e purtroppo drammatici, ha dovuto rivedere i suoi piani pochi giorni prima del via del Mondiale. L’esclusione di Nikita Mazepin per le vicende dell’invasione russa in Ucraina ha costretto il team americano con base in Europa a trovarsi in poco tempo un altro pilota, oltre soprattutto a rinunciare alla pioggia di soldi che il mediocre pilota dell’Est garantiva nelle casse del team. Se per gli sponsor in un modo o nell’altro una soluzione è stata trovata, quella relativa alla scelta del pilota è andata ancora meglio. Con il ritorno dell’ex Kevin Magnussen, scaricato proprio per far posto a Mazepin alla fine del 2020, è successo che il danese figlio d’arte ha subito ripagato mister Haas con un quinto posto alla gara d’esordio stagionale, a cui ha fatto seguire altre prestazioni in zona punti. Chi invece finora ha vissuto
fra alti e bassi, per la verità più i secondi che i primi, è Mick Schumacher. Un paio di botti da prima pagina, nel senso di incidenti, non gli hanno giovato e solamente ad inizio estate con i primi punti della carriera conquistati a Silverstone e Zeltweg, la sua stagione ha subìto una svolta positiva. Per lui, oltre alla triste vicenda familiare che merita solo rispetto e silenzio, non giova di certo portare un
cognome così ingombrante. Vedremo cosa gli riserverà il futuro ma, almeno a Monza, deve lasciare la sua monoposto per un turno di libere al nostro Antonio Giovinazzi. Per i due alfieri della Haas targata 2022, l’imperativo resta comunque di tenerla lontana dalle ultime posizioni della classifica Costruttori dove, in cinque dei sei Campionati fin qui disputati, era solita chiudere la stagione.
In alto e a lato, Mick Schumacher. Sotto, Kevin Magnussen
Il ritorno in squadra di Magnussen ha fatto bene ad un team che sta ancora cercando di capire le potenzialità di Mick Schumacher
Un team che sta a metà distanza circa fra l’Aston Martin che preme dietro e l’Haas che cerca di scappare davanti. Eppure Monza per questa squadra che ad inizio 2020 si è presentata con questo nome così …astrologico, sostituendo il più riconoscibile e per noi pronunciabile Toro Rosso (traduzione italiana di Red Bull), è carico di bei ricordi. Certo oggi il 2008 è lontano nel tempo ben quattrodici stagioni, sbiadito dalle innumerevoli gare successive, spesso senza cavare un ragno dal buco. Ma quel giorno la vittoria strameritata di Seb Vettel a tutto vantaggio di una squadra che comunque continua ad avere ancora oggi base logistica a Faenza, è una pietra miliare da non dimenticare mai. Così come il più fortunoso ma non meno meritevole primo posto
monzese del 2020 per Pierre Gasly, il francesino promosso seduta stante socio onorario dell’Automobile Club Milano per volere del presidentissimo Geronimo La Russa. Il sesto posto a fine 2021 nella classifica Costruttori oggi sembra irrealizzabile e anche il nono in quella Piloti per Gasly pare difficilmente possibile.
In effetti non è che il compagno d’avventura Yuki Tsunoda, il primo “millenian” nella sto-
ria della Formula 1, finora abbia fatto sfracelli. Al secondo anno nel Mondiale e, speriamo per lui, finalmente alla prima partenza sullo stradale brianzolo visto che lo scorso anno a pochi minuti dal via la sua AT02 con motore giapponese come lui, Honda, non ha voluto saperne di mettersi in moto. Confidiamo di vederlo all’opera e, perché no, gli auguriamo di incrementare la sua attuale scarna raccolta punti.
In alto e a lato, Pierre Gasly Sotto, Yuki Tsunoda
Le uniche due giornate felici per gli uomini di Faenza sono proprie made in Monza, ma questa volta fare punti sarebbe già molto
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La notizia era nell’aria da tempo, o almeno in molti pensavano che entro fine anno sarebbe arrivata. Così in piena estate, pochi giorni dopo aver spento trentacinque candeline, è uscito ufficialmente allo scoperto Sebastian Vettel annunciando che l’anno prossimo non correrà più. O, almeno, non lo farà di certo nel Mondiale di Formula 1. Ci sono tanti ricordi che legano la nostra Monza con il tedeschino dai modi gentili ma dal carattere fuori dagli schemi. 2008, per esempio. La sua prima vittoria con la Toro Rosso, di fatto la discendente della Minardi. Ma anche i successivi due trionfi targati Red Bull nelle stagioni di due dei quattro titoli mondiali vinti. Senza dimenticare le sue annate in Ferrari che gli
hanno portato quattordici vittorie, nessuna però in Brianza dove se non altro è comunque salito tre volte sul podio. Da quando ha lasciato Maranello passando alla corte di papà Stroll in Aston Martin (… ex Racing Point, ex Force India, ex Spyker, ex Midland, ex Jordan …) pochi lampi e tante delusioni. Forse è meglio così, che non continui a scalfire un’immagine di un grande con il casco sulla testa, oltre che uno dei più intelligenti quando se lo toglie.
Di Lance Stroll stiamo ancora aspettando quei numeri che, gli va riconosciuto, comunque aveva fatto intravvedere prima della Formula 1. Certo il patrimonio sterminato di papà Lawrence gli può consentire di restarci fino all’età della pensione, ma se il discorso per un futuro da altre parti vale per Vettel, in misura non molto diversa vale per questo ragazzo di ventitré anni con oltre centodieci gare all’attivo ma salito solo due volte sul podio, di cui una proprio da noi due anni fa.
Ultima occasione a Monza per vedere all’opera uno dei suoi più recenti dominatori, Seb Vettel, e attendere ancora StrollIn alto e a lato, Sebastian Vettel Sotto, Lance Stroll
Per la Cenerentola attuale della Formula 1 c’è stato un periodo, fra l’altro nemmeno breve, in cui vestiva i panni della Principessa. Tempi lontani, pieni di vittorie e titoli. Tempi quando il tutto era saldamente in mano a Sir Frank Williams, quel piccolo grande uomo che ci ha lasciati nel novembre scorso, quando oramai il team che continuava ancora a portare il suo nome era già finito in mani americane. Ecco, forse questo bisognerebbe fare, cambiargli il nome. Renderebbe giustizia ad uno dei più famosi Costruttori della Formula 1. Basterebbe, come detto, mettere al posto della scritta Williams magari l’anonima sigla del fondo che ne detiene la proprietà. Intanto, almeno in pista, i due piloti fanno quello che possono. Il canadese Nicolas Latifi, che detiene anche alcune delle azioni del capitale societario, non è ancora riuscito a incidere e per lui Monza fino ad oggi ha voluto dire essere il primo dei piloti fuori dai punti nelle uniche due volte che ha corso il gran premio.
Il thailandese nato e cresciuto a Londra Alexander Albon invece, almeno quando ha corso con la Red Bull, qualcosa di buono ha
fatto vedere, ad esempio sfiorando la Q3 in Austria e andando a punti in due occasioni prima della sosta. Ora, dopo un anno di esilio nel DTM, torna a Monza dove lo scorso anno con la Ferrari 488 marchiata Red Bull è salito sul podio in gara1, cercando di riconquistare la fiducia del team austriaco che lo ha fatto entrare in Formula 1 ma che difficilmente in futuro lo rimetterà al volante di una delle migliori monoposto del Mondiale.
In alto e a lato, Alexander Albon
A meno di un anno dalla scomparsa del suo fondatore il team inglese continua a navigare in fondo al gruppoSotto, Nicholas Latifi
Venerdì 9 settembre
09:15-10:00 Prove Libere FIA
10:25-11:10 Prove Libere FIA
Formula 3
Formula 2
11:35-12:20 Prove Libere Porsche Mobil 1 Supercup
12:30-13:30 Presentazione vetture
14:00-15:00 Prove Libere 1
Formula 1
Formula 1
15:05-15:15 Emerson Fittipaldi Anniversary Lap
15:30-16:00 Qualifiche FIA
17:00-18:00 Prove Libere 2
18:30-19:00 Qualifiche FIA
Sabato 10 settembre
Formula 3
Formula 1
Formula 2
10:35-11:30 Sprint Race FIA Formula 3 (18 giri o 40minuti+1 giro)
13:00-14:00 Prove Libere 3
Formula 1
14:05-14:15 Emerson Fittipaldi Anniversary Lap
14:30-15:00 Qualifiche Porsche Mobil 1 Supercup
16:00-17:00 Qualifiche
17:10-17:30 Parata di Alfa Romeo Storiche
Domenica 11 settembre
8:35-9:25 Gara FIA
10:05-11:10 Gara FIA
Formula 3 (22 giri o 45 minuti)
Formula 2 (30 giri o 60 minuti+1 giro)
11:50-12:25 Gara Porsche Mobil 1 Supercup (15 giri o 30 minuti)
13:00-13:30 Drivers’ Parade
13:45-13:55 Emerson Fittipaldi Anniversary Lap
Formula 1
18:00-18:50 Sprint Race FIA Formula 2 (21 giri o 45minuti+1 giro)
14:44-14:46 Inno Nazionale
15:00-17:00 Gara Formula 1 (53 giri o 120 minuti)
La stagione della Formula 2 volge al termine con Monza sede del penultimo appuntamento di un Campionato che si chiuderà a Yas Marina. Al momento in cui scriviamo queste note non si sono ancora disputati i doppi eventi di Belgio e Olanda, appuntamenti che come per la Formula 1 costringono team e piloti ad un tour de force di tre trasferte in altrettante settimane. Una situazione già vissuta in passato più volte che comunque implica sempre problematiche di tipo organizzativo. In ogni caso, con il benefico
doppia trasferta prima di Monza gli abbia detto bene, può già vincere
di capire in questi giorni cosa è successo a Spa e a Zandvoort, quando la Formula 2 è andata in vacanza la situazione vedeva in testa con un buon margine di punti il brasiliano Felipe Drugovic, al suo terzo anno nella categoria. La sua forza sta, oltre che nei buoni risultati ottenuti su tutte le piste, soprattutto sulla costanza di rendimento, visto che in casella conta un solo ritiro su venti partenze. Monza però, nelle due occasioni che lo hanno visto al via con la Formula 2 non gli è mai stata amica con soli piazzamenti molto lontano dai primi. Eppure, quando aveva corso sullo stradale brianzolo con l’Euroformula Open del 2018 se n’era ripartito con due vittorie. Vedremo dunque se ritornerà a salire sull’iconico podio monzese, in proiezione futura, e se sarà Felipe a riportare in Formula 1 la bandiera brasiliana che, dopo i fasti iridati di Ayrton Senna, Nelson
Piquet, Emerson Fittipaldi, e altri validi piloti, da alcune stagioni non è presente nel Mondiale. A cercare di strappare il titolo a fine anno al sudamericano l’unico avversario che ha dimostrato di avere i numeri per farlo è Théo Pourchaire, altro pilota di belle speranze al suo secondo anno in questa categoria, a cui Monza ha già regalato un sorriso grande quando il francese ha colto la vittoria nella prima delle tre gare che si sono disputate lo scorso anno. Pourcharie inoltre, insieme al norvegese Frederik Vesti,
potrebbe regalare a fine anno l’ennesimo titolo a squadre per l’ART Grand Prix, il team creato da Nicolas Todt e che, giusto per capirci, in passato ha già portato alla vittoria assoluta fra i tanti nomi come Nico Rosberg e agli attuali piloti Mercedes, Lewis Hamilton e George Russell. Purtroppo non ci saranno italiani al via con l’ultimo a riuscire a darci delle soddisfazioni, Luca Ghiotto, altro talento inespresso fino in fondo e che avrebbe certamente meritato di provare l’avventura in Formula 1.
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La sorellina minore del Campionato di Formula 2 chiude proprio a Monza la sua stagione e, al momento in cui scriviamo, anche di lei non sappiamo quale sarà la situazione di classifica alla vigilia dell’appuntamento finale. Il quadro dopo la prova ungherese ci forniva addirittura due piloti in testa a pari punti e altri tre a breve distanza. I due al comando, entrambi francesi, sono Victor Martins e il diciassettenne d’origine algerina Isack Hadjar. A cercare di superarli, e non è detto che quando i pilotini della Formula 3 si presenteranno in Brianza non sia già successo, c’è il monegasco Arthur Leclerc, fratello del Charles ferrarista. In una categoria che fa dell’imprevedibilità un punto fermo, la conferma la danno gli otto vincitori diversi nelle prime
dodici gare, a differenza della Formula 2 finalmente vedremo schierarsi in griglia anche dei piloti di casa nostra. Uno di loro in particolare porta un cognome importante, Trulli. Il diciasettenne Enzo al suo secondo anno di gare, è seguito ai box direttamente da papà
Jarno, che sta lavorando per garantirgli un futuro il più simile a quanto da lui realizzato nel passato. Oltre a Trulli la formazione italiana schiera Federico Malvestiti e Francesco Pizzi. Si ripresenta quindi a Monza quella Formula 3 che lo scorso anno non era in programma, al contrario della Formula 2, nel fine settimana del Gran Premio d’Italia. Per entrambe le categorie propedeutiche al professionismo iridato il nuovo format di gare è tornato all’antico per cui due e non più tre corse all’interno dello stesso evento. Per i piloti della Formula 3 sabato a metà mattina la gara breve di diciotto giri, mentre quella più lunga sui ventidue passaggi è prevista alle 8 e 35 della domenica.
gera quasi da non sentirne le variazioni, ti dava gusto giocartela con gli altri.
Pierluigi Martini, romagnolo doc, è stato uno dei piloti che faceva parte di quella folta pattuglia tricolore che a metà degli anni Ottanta spopolava in Formula
1. Ha attraversato un decennio intero nel Mondiale andando più volte a punti, a cui ha fatto seguito la perla della vittoria nella 24 Ore di Le Mans del 1999 alla guida di un Prototipo della BMW. A lui abbiamo chiesto i ricordi della sua Monza e un parere sulla Formula 1 di oggi.
Da dove cominciamo Pierluigi?
Facile, dagli inizi. Perché è vero che c’è stata tanta mia Formula 1 da voi in Brianza, ma Monza l’ho vista la prima volta con la F.Italia, ed era sulla pista junior, non lo Stradale. Su quello ci vado a correre a vent’anni quando per due stagioni sono impegnato nell’Italiano di Formula 3. Il primo anno pochi risultati da ricordare mentre nell’82 vinco la batteria e la finale la prima domenica di settembre.
Che Monza era quarant’anni fa? Veloce, tremendamente veloce. Ma, a differenza di quello che si possa pensare, divertente. Perché ti posso assicurare che arrivare in gruppo alle staccate ti dava soddisfazione, specie se infilavi qualcuno che sapevi aveva un mezzo pari o migliore del tuo. Il gioco delle scie era fondamentale in quelle categorie dove la differenza era di pochi decimi. Per questo, proprio perché la macchina la dovevi preparare in modo diverso dalle altre piste, cioè metterla più scarica, così leg-
Monza e le staccate. Tutte emozionanti ma quella della Roggia, che molti sottovalutano, era, e penso lo sia ancora, la più difficile. Oltre alla difficoltà insita nel tratto di pista, l’ho capito ancor di più quella volta che, con una Formula 1, mi sono scoppiati i freni quando stavo arrivando alla prima variante. A momenti mi trovano in piazza a Biassono e subito mi sono chiesto cosa mi sarebbe successo se fossero saltati alla staccata dopo, alla temibile Roggia.
Hai toccato l’argomento Formula 1. Anche qui, da dove cominciamo?
1984, la Toleman lascia a piedi alla vigilia di Monza Ayrton Senna. Lo sponsor della squadra li convince a dare la TG184 a me, che comunque avevo sul petto il titolo europeo di Formula 3, e in tutta fretta mi presento a Monza senza mai aver fatto un giro con la loro monoposto, che fra l’altro aveva il turbo Hart, non proprio il primo della classe... Me ne accorgo subito perché nelle libere funziona bene ma quando bisogna alzare la potenza per le qualifiche si rompe in un amen, sia al venerdì che al sabato, e così la domenica guardo gli altri correre.
Il racconto di PierLuigi Martini che ha vissuto un decennio di Gran Premi d’Italia, sempre all’insegna di dare il massimo1982, la vittoria in Formula 3
L’anno dopo inizia la tua lunga storia, gran premi a Monza compresi, con il team di Giancarlo Minardi.
All’epoca era il capo della squadra, il titolare nel vero senso della parola. Ora è un grande amico. Comunque del 1985, la prima stagione, ho il ricordo di un motore che, come l’anno prima, non valeva gli altri. Ed è lì che un pilota capisce la differenza che c’è fra la Formula 1 e le altre categorie. In quegli anni la potenza era tutto a Monza, e se in Formula 3 più o meno eravamo livellati, nel Mondiale era penalizzato chi non aveva cavalli.
Però non poteva essere tutto dipendente solo dai motori…. No di certo, ma in gran parte era lui a fare la differenza se avevi la macchina al massimo della sua potenzialità d’assetto. Il segreto era tutto nel non avere altre “scuse”. Ti spiego meglio. Nell’88 riesco finalmente a convincere Minardi, e guarda caso siamo nel weekend monzese, a modificare le sospensioni anteriori su miei indicazioni. Quando torno in pista tiro subito giù più di tre secondi. Risultato, ora la macchina funziona, ma la squadra dei tecnici è sottosopra al punto che qualche testa rotola. E, visto quello che
era successo, di certo non doveva essere la mia!
Passiamo al 1990, primo giro, sei dietro la Lotus di Warwick… …e lui si capotta davanti a me all’uscita della Parabolica. Per la verità non ho un ricordo netto. Rivedendo le immagini si nota che lo sfioro sulla sua destra ma non mi fa più di tanto impressione. L’adrenalina del momento, e forse la… gioventù, non ti fanno capire a pieno i rischi che corri quando sali in macchina.
Tre anni dopo, qualche centinaio di metri più avanti, altro
incidente storico nella Monza di quegli anni Novanta. Racconta direttamente tu. Se fossimo al cinema ti direi che con Warwick ero spettatore “privilegiato”, mentre tre anni dopo sono “attore non protagonista”. Comunque, è giusto spiegare cosa è successo. Ultimo giro, io e il mio compagno di squadra Christian Fittipaldi ci stavamo giocando la settima posizione. Arriviamo alla Parabolica e all’ultimo giro lo supero con una staccata all’esterno che ancora oggi mi fa inorgoglire. Esco davanti e punto il traguardo con lui at-
taccato alla mia scia. Fittipaldi però non sapeva che io sono senza la quinta e così, quando passo dalla quarta alla sesta, ho un logico caldo di potenza per cui le due monoposto entrano in contatto. Lui fa un volo in mondovisione da brividi.
Questo è quello che tutti hanno visto. Ma poi?
Minardi è nero, mi aspetta al parco chiuso e senza giri di parole mi dice: «Sei ha frenato ti licenzio!». Gli spiego che non ho frenato ma che invece ho avuto un problema tecnico. Andiamo nel motorhome e arriva tutta la famiglia Fittipaldi. Il suo stato d’animo è a meta fra l’impaurito e l’incazzato. Capisco entrambi i sentimenti ma anch’io, proprio perché sapevo di non aver fatto nulla di volontario, mi difendo. Posso solo dire che per fortuna non ci hanno mai lasciati soli in quei momenti. Sono stati poi i tecnici della squadra, fornendo la telemetria, a far capire com’erano andate le cose.
Infatti Minardi non ti licenzia seduta stante, anzi sei rimasto anche l’anno dopo con lui. Si, nel 1994 ero in squadra con un vero signore, oltre che un campione. Michele Alboreto è stato un grande compagno, ma ormai mi rendevo conto che le motivazioni stavano calando. A maggior ragione durante quella stagione così tragica, con la stessa Formula 1 che ha dovuto cambiare nel giro di poco tempo. Nel 1994, a metà Gran Premio d’Italia mi ritiro a causa di un testacoda,
e la mia avventura a Monza finisce lì nonostante in Minardi resto ancora l’anno dopo, ma un mese prima di tornare a correre in Brianza esco definitivamente dalla Formula 1.
Era la tua Formula 1, quella degli anni Ottanta/Novanta. Quella di oggi cos’è per te?
Sempre la massima espressione dell’automobilismo. Diversa, molto più compattata come prestazioni, ma sempre avendo al centro una monoposto che richiede il massimo da chi
la guida. Le differenze maggiori sono da un lato la sicurezza, grazie a Dio e alle scelte degli uomini aumentata alla grande, e dall’altro la tecnologia esasperata che aiuta il pilota ma per certi versi lo limita anche.
Per cui potrebbe esser considerata più facile?
Assolutamente no. Diversa dalla mia epoca non vuol dire più semplice, basta vedere la differenza del volante fra i nostri e quelli di oggi. Una cosa posso affermare senza essere smentito. Io correvo contro gente come Senna, Prost, Mansell, Pi-
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1991, all’ingresso dell’Ascari mentre dietro va in testacoda Moreno con la Jordan
quet, solo per citare chi vinceva i titoli all’epoca. Piloti che sarebbero con i primi anche oggi, ne sono sicuro. Al tempo stesso ti sottoscrivo che, solo per far due nomi, Hamilton e Verstappen se correvano trent’anni fa se la sarebbero giocata con i nomi che ti ho appena detto.
E Pierluigi Martini?
Sono stimolato dal vedere cosa riuscirei a fare con le monoposto di oggi. Nel frattempo mi diverto quando ne ho l’occasione di portare al limite la mia Tyrrell a sei ruote, e a me va bene anche così.
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Dal 2014 i numeri dei piloti di Formula sono fissi, cioè in pratica ognuno lo sceglie e se lo tiene per il tempo che resta presente nel Mondiale. Una decisione che segue quanto già da tempo è portato avanti nel mondo delle due ruote e, inutile negarlo, ha soprattutto risvolti economici. Basti dire che Valentino Rossi ha creato un impero attorno al quel numero 46 che, probabilmente, sarà stampato anche sulla sua carta d’identità. In questi anni anche il 44 di Lewis Hamilton e in tempi più recenti il 33 di Max Verstappen sono diventati dei marchi di fabbrica che caratterizzano i due piloti quanto il loro nome e, altro segno dei tempi, ormai molto più della grafica dei loro caschi. In termini di regolamento, peraltro molto semplici, nel caso un numero non sia stato utilizzato nelle ultime due stagioni lo stesso ritorna automaticamente disponibile per ogni nuovo arrivato. Questo
per evitare che con il passare dei Campionati si restringa sempre più il campo di scelta a disposizione, considerando anche che il numero più alto utilizzabile è il 99, e quindi all’interno di questa tabella prima o poi non ci sia più margine. Per esempio ci sono i casi attuali del canadese Nicolas Latifi che usa il 6 con cui Nico Rosberg è
diventato Campione del mondo sei anni fa; oppure il giapponese Tsunoda con il 23, ultimo numero utilizzato da un altro ex iridato, Jenson Button. Altra possibilità, facoltativa ma importante in termini d’immagine, riguarda il numero 1. Dal 1974 è assegnato di diritto al Campione del mondo in carica ma, proprio con l’entrata in vi-
Per una volta il Motomondiale ha insegnato qualcosa, da sfruttare anche
Formula 1
gore dei numeri fissi è facoltà dello stesso iridato decidere se prenderlo o tenersi il proprio. Nel 2014 Sebastian Vettel, al suo quarto anno di fila come Campione del mondo in carica, lo ha fatto mettere sulla sua Red Bull salvo poi, con il suo passaggio alla Ferrari, virare sul 5 quando gli è toccato lasciarlo a disposizione di Hamilton il
quale invece ha preferito tenersi l’ancora anonimo 44. In molti si sono chiesti cosa avrebbe fatto Rosberg che ne aveva diritto d’uso per il 2017. Solo che con il suo repentino ritiro dai gran premi la domanda è rimasta senza risposta. Infine una nota di tristezza ma anche di rispetto al tempo stesso.
Dopo la scomparsa di Jules
Bianchi in seguito all’incidente nel Gran Premio del Giappone 2014 è stato ritirato per sempre dalla Federazione internazionale il numero 17 che utilizzava lo sfortunato pilota francese. Scelta che troviamo giusta e che, forse solo per tempistica diversa, anche in questo caso segue quanto fatto nelle due ruote con il 58 di Marco Simoncelli.
Vediamo ora di capire, più per curiosità che altro, a cosa si sono ispirati alcuni piloti di questo Gran Premio d’Italia nel decidere a che cifre affiancare il proprio nome.
Partiamo dalla scelta quasi scontata, cioè legata agli inizi della carriera che ormai per tutti è legata ai primi colpi d’acceleratore, e relative prime vittorie, con i kart. Hamilton per esempio, che come detto non ha rinunciato al 44 nemmeno quando aveva diritto al ben più significativo 1. Anche il suo compagno in Mercedes George Russell lo usa fin da bambino, e inoltre il 63 graficamente ricalca le sue iniziali. L’ex ferrarista Sebastian Vettel, che fra l’altro fra pochi mesi lascerà libero il suo 5, lo aveva nel 2001 quando ha conquistato il primo titolo in kart, così come era sul musetto della sua Red Bull nove anni dopo ai tempi del suo primo alloro in Formula 1.
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Agli anni dell’adolescenza con il casco in testa sono legati anche il 3 di Daniel Ricciardo, il 14 di Fernando Alonso così come il 31 di Esteban Ocon. Senza tralasciare numeri che fanno parte del passato di alcuni piloti ma non più riferiti ai loro inizi. Il canadese Lance Stroll aveva il 18 quando nel 2014 ha vinto la Formula 4 italiana e l’anno dopo la Formula Toyota in Nuova Zelanda. Logico per lui proseguire su questa strada che è simile a quella scelta da Kevin Magnussen, che quando è entrato nel 2014 si è tenuto quel 20 che l’anno prima gli aveva portato bene accompagnandolo alla vittoria finale nel Campionato di Formula Renault 3.5. In termini di fortuna c’è da sottolineare come il 33 di Max Verstappen, che oggi spopola nel merchandising dei gran premi, sia partito dal 3 usato dall’olandese nel kart che però, pensando che la cosa gli potesse portare bene, lo ha raddoppiato come a voler appunto raddoppiare la sorte.
Poi ci sono le scelte ispirate a campioni di altre categorie dei motori o anche di altri sport. Tornando a Ricciardo il 3 è una sorta di omaggio verso uno dei più grandi piloti americani della Nascar, Dale Earnhardt; mentre l’insuperabile 46 di Valentino Rossi è alla base del 4 di Lando Norris, che reputava quasi blasfemo utilizzarlo completo, così come del 23 abbina-
to ad Alexander Albon, che ha diviso appunto in due la cifra del pesarese. Dal calcio invece arriva l’11 di Sergio Pérez, tifoso dell’América di Città del Messico in cui militava il cileno Ivan Zamorano quando l’attuale pilota della Red Bull era poco più che un bambino e sognava di imitarne le gesta.
Infine c’è chi giocoforza ha dovuto ripiegare su altre scelte perché il numero che aveva in mente, o nel cuore, era già stato consegnato ad altri piloti. I due ferraristi per esempio, con Charles Leclerc desideroso di avere il 7 che guarda caso era già della Ferrari con Kimi Räikkönen, e di cui il monegasco ha ereditato il sedile ma non il numero. Il 16 che sfoggia fa riferimento al giorno della sua nascita e la somma fa appunto l’amato 7. Felipe Massa con il 19 e Sebastian Vettel con il 5 hanno stoppato loro malgrado le velleità cabalistiche di Carlos Sainz che quindi ha optato per raddoppiare il 5. Valtteri Bottas è a metà della storia
el, Mick Schumacher ha tagliato la testa al toro unendoli nel suo 47.
Attenzione però, perché al di là del romanticismo o della dea bendata spiegati fin qui, come detto i numeri se ben utilizzati portano soldi e viceversa, perché a loro modo le cifre opportunamente modificate diventano lettere da spendere su qualsiasi tipo di gadget. Per maggiori informazioni chiedere per esempio ai responsabili marketing di Russell, Noris, Bottas e Sainz.
dei due ferraristi.
Come Leclerc si è visto precedere nella scelta del 7 del connazionale Räikkönen e come Sainz a questo punto lo ha messo doppio.
Anche Yuki Tsunoda aveva nella testa un numero, l’11, che era già di un altro; così come già occupati erano 4 e 7 e allora, ispirandosi a queste cifre, una perché ci aveva vinto il titolo in Formula 3 e l’altro perché ricorda i titoli iridati di papà Micha-
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Facciamo un veloce ripasso su come funzionava in passato l’assegnazione dei numeri della Formula 1, specie in quegli anni degli inizi quando le cifre venivano pennellate a mano libera con della semplice vernice bianca su carrozzerie linde e prive di qualsiasi scritta, compresi i nomi degli stessi piloti. Negli anni Cinquanta per comincare la maggior parte degli organizzatori locali concedevano il numero di gara in base all’ordine d’arrivo della domanda d’iscrizione. Inoltre spesso si utilizzavano solo quelli pari con poche eccezioni, come nel caso dei gran premi inglesi o tedeschi. L’Italia, e cioè Monza e l’Automobile Club Milano, è stata una delle ultime a rinunciare ad avere soli numeri pari in griglia, la cui scelta è terminata con il Gran Premio d’Argentina 1973. Ci sono poi storie particolari, come il Gran Premio di Germania del 1952 quando la numerazione partiva dal 101 in avanti, assegnato proprio al nostro Alberto Ascari che poi vinse la corsa tedesca.
L’1, iconico allora come oggi, nelle prime stagioni veniva concesso con parsimonia, e per certi versi con reverenza, al punto che il primo a utilizzarlo è stato soprattutto Juan Manuel Fangio, a cui sono seguiti nelle stagioni successive piloti del calibro di Jim Clark, John Surtees, Jack Brabham, Denis Hulme, Graham Hill e Jackie Stewart, tutti Campioni del mondo dell’anno precedente.
Poi finalmente la Federazione ha stabilito di concedere ufficialmente, e non per scelta locale o semplice caso, l’1 al Campione del mondo uscente, e inoltre i team degli altri piloti avrebbero ricevuto la numerazione fissa in base alla loro posizione nella classifica Costruttori dell’anno precedente. Decisioni, prese durante la stagione 1973, che sarebbero entrate in vigore l’anno seguente.
Solo che Jackie Stewart, a cui spettava di diritto il numero 1 per il titolo appena vinto, nel frattempo aveva comunicato il suo immediato ritiro per cui la Federazione si è trovata a cercare una destinazione altrettanto meritevole. Salomonicamente il tanto sospirato 1 è stato destinato alla Lotus in quanto il team di Colin Chapman aveva vinto il Costruttori. A beneficiarne è stato lo svedese Ronnie Peterson, primo pilota a fare tutta la stagione con l’1 sui fianchi. In seguito ci sono stati altri casi in cui il Campione del mondo si è ritirato o ha cambiato categoria, ma in entrambe le volte, 1992 e 1993, la squadra vincitrice del titolo Costruttori era la stessa, per cui nello specifico la Williams ha deciso di far correre il suo pilota, Damon Hill, con lo 0. Altra storia quando il pilota lascia il team con cui si è laureato Campione del mondo e si porta l’1 in dote nella nuova squadra. Il primo è stato nel lontano 1978 Niki Lauda che ha salutato in malo modo la Ferrari per abbracciare la Brabham di Bernie Ecclestone. Ci hanno pensato poi Alain Prost e Michael Schumacher a rendere felici i tifosi Ferrari che si sono visti posizionare l’ambito 1 sulla amata Rossa pur avendo visto i medesimi piloti battere la Scuderia l’anno prima. C’è stato anche il caso dell’Arrows che si è trovata nel 1997, con Damon Hill transfuga dalla Williams, applicare il numero più ricercato sulle vetture di un team che però non ha mai vinto, ne prima ne dopo, nemmeno un gran premio.
Pe chiudere questo breve viaggio nel passato fa sorridere, ma anche pensare, come fra i tanti numeri utilizzati uno in particolare, il 27, sia stato legato a nomi ben impressi nella mente degli appassionati. Gilles Villeneuve e Ayrton Senna lo avevano sulle loro monoposto in tempi felici,
ma anche altri fra cui Alan Jones nell’anno del titolo e il nostro indimenticato Michele Alboreto, al punto che una delle trasmissioni RAI più famose di quel glorioso periodo si chiamava proprio “Rosso 27”.
settembre 1972, Gran Premio d’Italia in una Monza modificata con l’aggiunta di quelle varianti che da anni i piloti chiedevano agli organizzatori italiani. Finalmente ora ci sono, due. Una trecento metri dopo la partenza e l’altra all’altezza della Curva del Vialone, chiamata comunemente Curva Ascari. In quella domenica di fine estate un brasiliano di venticinque anni, oltre che trionfando nella corsa monzese, entra nella storia della Formula 1 come pilota più giovane ad aver conquistato il Campionato del mondo Piloti. Impresa che gli riesce al volante di una delle più iconiche e vincenti monoposto di sempre, la Lotus 72, in questo caso nella versione D. È lo stesso modello che due anni prima nelle prove
del venerdì un’improvvisa uscita di pista in Parabolica quasi gli costava la vita e che purtroppo il giorno dopo, un centinaio di metri prima del suo incidente, un cedimento improvviso è invece fatale al caposquadra Jochen Rindt. La differenza sostanziale fra le due monoposto, oltre alla logica evoluzione tecnica certificata dalla lettera dopo il 72, è la colorazione nera con profili e scritte in oro recanti il nome dello sponsor: John Player Special. Un binomio grafico azzeccato, che partito in quel 1972 durerà una quindicina d’anni e che, ancora oggi, fa sussultare i cuori agli amanti della storia della Formula 1. Cinquant’anni dopo, all’interno degli eventi di contorno del Gran Premio d’Italia 2022, il campione di San Paolo, che
però da tempo si è stabilito nella zona del lago di Garda, scenderà in pista per rivivere quei giorni così felici per lui e per i suoi tifosi. Lo farà in tre momenti distinti, venerdì e sabato non appena si saranno spenti i motori delle Formula 1 attuali al termine rispettivamente della prima e terza sessione di prove libere. Poi il grande show la domenica, davanti ad un impianto pieno più o meno come lo era in quel famoso 10 settembre di mezzo secolo fa, poco più di un’ora prima che parta l’atteso Gran Premio d’Italia. Sarà l’occasione per salutare un uomo che ha Monza nel cuore e, per quei pochi presenti che c’erano anche quel giorno, un tuffo nel passato per rivivere uno dei gran premi più famosi dell’impianto monzese.
SETTEMBRE 2022
Inserto omaggio
al numero odierno di:
Giornale di Monza
Giornale di Carate
Giornale di Desio
Giornale di Seregno
Testi: Enrico Mapelli
Foto: Giancarlo Favaro, Enrico Ghidini, Alessio Morgese, archivio FIA, Enrico Mapelli, Sara Colombo, Motorsport Images, Mirko Duranti
Stampa: TBER S.p.A.
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Volutamente abbiamo messo quest’ultima pagina dopo il classico l’Albo d’oro che chiude sempre il nostro inserto in vista del Gran Premio d’Italia. Lo facciamo per ricordare l’uscita di uno Speciale che è come se contenesse tutte quelle domeniche di gloria e velocità, e molte altre ancora, maga-
ri meno famose ma non meno importanti per lui. Stiamo parlando dell’Autodromo Nazionale di Monza, il Tempio della Velocità che tutto il mondo c’invidia e, con l’uscita di
uno Speciale di 48 pagine fra due settimane, sarà il nostro modo di rendergli omaggio.
Un racconto che ripercorre in quattro capitoli che partono dalla sua nascita, attraversano nei decenni il suo sviluppo con i fondamentali e ineluttabili cambiamenti, la storia della sua gara più importante che si rinnova a ogni settembre, senza dimenticare tutte le altre competizioni che hanno permesso di rendere l’Autodromo di Monza una delle case del Motorsport più longeve e attive al mondo. Sarà quindi un ottimo strumento per ripassare la storia di questo secolo, partendo dalle immagini di un periodo che sembra molto più lontano dei cento anni che lo separano da oggi.
Per chi lo volesse Buona lettura già da ora e soprattutto … Buon Compleanno Autodromo di Monza.
tecnologia 4x4 E-Four. Le immagini delle vetture sono puramente indicative.
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