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BIMESTRALE ITALIANO DI INFORMAZIONE PROFESSIONALE TECNICA ED ECONOMICA
Novembre/Dicembre 2018
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Levante fa Splash
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Nel nostro menu’... Quasi ci siamo, e con il prossimo numero vi porteremo a Bari a Levante Prof, che aprirà i battenti a metà marzo nel quartiere fieristico del capoluogo pugliese: intanto in questo numero vi presentiamo qualche primizia pugliese, per cominciare. Scopriamo insieme lo Splash Village, in attesa di visitarlo dal vero nei padiglioni di Levante Prof. Tra gli argomenti di Attualità, abbiamo scelto di soffermarci sull’automazione, o più semplicemente su internet. L’IoT, Internet of Things, sta arrivando e essere sempre più interconnessi, anche con le nostre attrezzature e ambienti, presenta nuove sfide, ma anche grandi potenzialità e vantaggi. Vantaggi anche nella front line, come dimostra una ricerca grazie alla quale si capisce come maggiore interconnessione si trasformi in migliori risultati di vendita. Parliamo anche di due ‘ricorrenze’ recenti: il World Pasta Day che ha festeggiato a Dubai il ventesimo anniversario e il Breadstick Day, visto che una giornata dedicata a un gruppo di specialità così globalmente diffuse non può certo mancare nel calendario. L’autunno scorso è stato fitto di appuntamenti e occasioni di crescita professionale, o semplicemente personale (meglio se entrambe): ve ne proponiamo alcune, con la consapevolezza che la selezione è troppo severa - non per cattiva volontà ma, come sempre, per ragioni di spazio. Da segnalare anche un motivo ricorrente in questo numero di P&P: l’alimentazione ‘free’, cui Levante Prof stesso dedicherà grande attenzione: in diverse aree della rivista vi diamo conto di una serie di novità - ricette - incluse dedicate proprio a coloro che per necessità o scelta devono seguire una dieta ‘senza’ qualcosa. Con questo direi che abbiamo esaurito le anticipazioni su questo numero di P&P - ma non tutto quello che di buono contiene P&P lo trovate riassunto qui - grazie per il tempo che ci dedicate, ci vediamo sulle pagine di P&P 141. Buona lettura. 2
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DIREZIONE - REDAZIONE Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu - panificazionepasticceria@dmpsrl.eu SEGRETERIA DI REDAZIONE Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu AMMINISTRAZIONE PUBBLICITA’ Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu COLLABORATORI DI REDAZIONE Fabio Albanesi, Piero Benelli, Salvatore Bruno, Marta Casadei, Ilaria Casini, Pierdomenico Ceccaroni, Alessandro Circiello, Edoardo Corbucci, Rosanna Del Santo, Andrea Diafani, Alfredo Falcone, Francesca Follesa, Antonio Fragiacomo, Paolo Fulgente, Alessandro Marini Balestra, Fabrizio Nistri, Giovanni Pacilio. FOTOLITO e STAMPA Tipografia Facciotti Srl Vicolo Pian Due Torri, 74 - 00146 Roma Tel. 06 55260900 Fax 06 55260907 ABBONAMENTI D.M.P. SRL Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu Abbonamento annuale (6 numeri): Italia: Euro 35,00 Estero: Euro 65,00 Paesi extraeuropei: Euro 82,00 (via aerea Euro 98,00) Una copia: Euro 6,00 (arretrati inclusi) ISSN 1590-1726
Autorizzazione Tribunale di Bologna n.6530 del 13 Febbraio 1996 Poste italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 1 DCB Roma E’ fatto divieto a chiunque di pubblicare su altre riviste articoli e foto stampati sul presente giornale, senza il preventivo consenso del direttore e degli eventuali autori e comunque citando la fonte e l’autore dell’articolo. Chiunque contravvenga tale disposizione, sarà perseguito a norma di legge. Gli articoli e il materiale illustrativo inviato per la pubblicazione non verranno restituiti. Gli autori sono i soli responsabili delle opinioni espresse. DMP srl Editore
/ SOMMARIO AttuAlità levante fa Splash Le regole per pane fresco e conservato Ieg lancia ‘Foodnova’ Raccontare le eccellenze del lavoro italiano Free Culture in cucina La pizza surgelata Made in Italy conquista i mercati esteri Cucina antispreco contro la fame nel mondo “Meraviglia italiana del Gusto” Un tablet per vendere meglio? IoT: vantaggi e rischi
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PANE
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sommario
Il giorno del grissino Lingua con farina integrale, farina di quinoa e farina ai cereali (Ricetta del Maestro Nico Carlucci) Nuove varietà di frumento in Sardegna Pan Tramezzino (Ricetta del Maestro Nico Carlucci) Eccellenza senza glutine Mario Verdicchio vince Elementi 2018 Pane Funzionale (Ricetta del Maestro Nico Carlucci)
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PAStiCCERiA Coupe du monde de la Patisserie: un’avventura che dura da 30 anni Il pasticcere dell’anno Solidarietà al cioccolato Italia, quanto sei golosa! Maritozzo Day I nuovi krapfen Wolf Butterback Il babà al rhum da mille e una notte
(Ricette del Maestro Maurizio De Pasquale) Brioches del mattino (Ricetta del Maestro Nico Carlucci) Esichallenge per Sigep
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PAStA World Pasta Day spegne 20 candeline Grano antico per il futuro Miscusi, 5 milioni per la startup della pasta Shakerami, la nuova pasta istantanea di Autogrill
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upvivium: il pane simbolo di vita, comunione e condivisione Pane diVino, a cura di Rosanna Dal Santo, sommelier: Di calice in calice Vino e cambiamento climatico Nasce Quor, il nuovo Franciacorta Dalla naturalità del vino alla natura del vino Food for change Oltre i gesti Farine per la ristorazione #Dopeconomy da 15,2 miliardi
rubriche Nel nostro menù Editoriale Indice aziende
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GRA Z IE IN ANTICIPO Confesso, nonostante il mio non essere esattamente di primo pelo (come si suol dire), che tutte le volte che arrivo nei pressi di una delle nostre fiere sento le farfalle nello stomaco. Perché le sento ancora, nonostante tra quelle che ho visitato e quelle che abbiamo organizzato io possa dire di aver passato una grande fetta della mia vita nelle fiere? Beh, facile dirlo. É il rispetto che ho sempre avuto per quello che considero il nostro patrimonio principale: i visitatori. Sono la loro attenzione, il loro
interesse e le loro aspettative a decretare, dal mio punto di vista, il successo di una manifestazine. Non è una mancanza nei confronti dei nostri espositori, ma anzi una maniera di dimostrare anche a loro il nostro impegno - quell’impegno che ci permette di riportare a Bari Levante Prof con una crescita delle superfici e degli espositori. Perché nel giro di poche edizioni abbiamo saputo assieme a loro, come una squadra, capire cosa il pubblico si aspettava da Levante Prof. In queste poche settimane che mancano al 10 Marzo, girno di inaugurazione di Levante Prof 2019, continueremo a lavorare perchè ogni singolo visitatore trovi nei nostri padiglioni un motivo di interesse ed una ragione per guardare la visita a Levante Prof come ad una piacevole, ma utile, giornata di lavoro. Buona fiera a tutti.
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A N R O T I R
Bari, 10-13 Marzo 2019 Fiera del Levante
e n o i f z i o r e a ed P 6 ante azional v rn e e t L e in on l a s
Organizzato da
D.M.P 6
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In collaborazione con
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Levante fa Splash Un grande evento nell’evento, a Levante Prof arriva Splash Village, una grande area evento tutta dedicata all’arte del bartending. Un nome ben conosciuto in Puglia che propone ai visitatori di Levante Prof un ricco programma di corsi ed eventi, assieme alle migliori aziende del settore.
Quattro giorni per scoprire il meglio del mercato dell’agrifood centromeridionale, un evento biennale che nel giro di poche edizioni ha saputo diventare un punto di riferimento per gli artigiani e le piccole e medie imprese italiane, sapendo allo stesso tempo aprirsi ai mercati cui Bari guarda tradizionalmente: l’altra sponda dell’Adriatico, il Mediterraneo orientale. In pochi anni Levante Prof, in programma nel quartiere di Fiera del Levante dal 10 al 13 Marzo, si è costruito uno status basato sui risultati che ha saputo raggiungere già nel giro di poche edizioni: incluso lo statu ufficiale di salone internazionale, guadagnato grazie al numero di visitatori e businesspersons dall’estero. Quest’anno all’interno di Levante Prof trova spazio anche lo Splash Village, una grande area-evento tutta pugliese che porta all’interno di Levante tutta la vivacità , la creatività e la passione del mondo del bartending. Splash Villager si aggiunge al Gelato Show che sarà invece l’area dedicata al meglio del mondo della gelateria, area che sarà organizzata in collaborazione con PuntoIt. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ ATTUALITÀ Splash Village nasce nel giugno del 2016 da un’idea di Claudio Lepore, uno dei fondatori ed amministratore della Barproject Academy, realtà attiva in Puglia e a livello nazionale che promuove corsi di formazione, servizi e la cultura del bere. "Vorrei creare un evento, o meglio ancora, un vero e proprio festival del beverage e hospitality, dove esperti del settore e semplici appassionati possano incontrarsi e condividere le proprie conoscenze ed esperienze. Una giornata ricca di educational, esposizioni e degustazioni tra una competizione e l’altra, con l’obiettivo comune di valorizzare la nostra Terra. Una grande festa per tutti, appassionati e curiosi!”, ha dichiarato Lepore, e c’e’ riuscito, facendo leva sull’esperienza e il network costruito con Barproject Academy. Splash è una fiera, ma anche un festival: un evento dedicato alla cultura del bere a 360°, il primo nel territorio barese, realizzato con aziende e professionisti del settore del beverage e dell’hospitality. Nel Village, i visitatori troveranno dimostrazioni e stand espositivi che introducono le nuove idee di mercato, anche grazie a workshop ed educational per esperti del settore e appassionati. Molte le competizioni e le premiazioni dedicate alle diverse esperienze di bar, con la partecipazione di relatori, ospiti e giudici affermati nel settore. Ma non solo, perché Splash è anche divertimento, con musica, sport, attività di svago e tanto altro perché l’obiettivo è unire appassionati ed esperti del beverage e dell’hospitality in un unico e dinamico evento Made in Puglia e che sappia offrire al settore tanto pugliese quanto nazionale stimoli, novità,
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ma anche feeling per quanto riguarda le tendenze del mercato e l’evoluzione di una professione in costante cambiamento e costantemente sfidata a dare il meglio in un territorio ad altissima vocazione per il turismo di qualità quale la Puglia. Dimostrare che il mondo del bartending non è soltanto conoscere le ricette dei cocktail, ma ricerca, sperimentazione, ospitalità e attenzione al cliente. Tutte virtù che bisogna essere in grado di trasformare, nel mercato attuale, in proposte che sappiano attirare una clientela mutevole e pronta a seguire le mode che maturano in modo quasi istantaneo grazie alla rete ed ai social networks. Levante Prof e Splash Village condividono l’obiettivo di invogliare appassionati e professionisti a migliorare e crescere sempre di più, tenendosi al passo con i tempi in un settore in continua crescita e così il ritrovarsi insieme a vantaggio delle diverse filiere professionali rappresentate in fiera è un passo importante per offrire ai visitatori un orizzonte ancora più ampio e qualificato, aiutandoli a valorizzare il contributo che il Made in Italy può dare in termini di qualità e tradizionalità dei prodotti e promuovendo al medesimo tempo la cultura della formazione per affrontare con competenza la sfida del turismo e dell’accoglienza.
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Le regole per pane fresco e conservato dal Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e con il Ministro della salute, contenente il Regolamento nazionale recante la prevista disciplina delle denominazioni e diciture
Nell’attesa dell’approvazione di un Progetto di Legge – quadro che sostituisca quanto previsto in materia di produzione di pane (art. 4 DL 223/06), il nuovo regolamento, in vigore a decorrere dal 19 dicembre, si limita a disciplinare in sintesi alcune denominazioni di grande importanza per la panificazione. In base all’art. 1 si intende per “panificio” l’impresa che disponga di impianti di produzione del pane e di eventuali altri prodotti da forno ed assimilati od affini, svolgendo altresì l’intero ciclo di produzione, dalla lavorazione delle materie prime sino alla cottura finale L’articolo 2 definisce il pane fresco: il pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento od alla surgelazione, eccezion fatta unicamente per il rallentamento del processo di lievitazione, senza additivi ed altri trattamenti aventi effetto conservante. A tal fine, è ritenuto continuo il processo di produzione per il quale intercorra un intervallo di tempo non oltre le settantadue ore tra l’inizio della lavorazione e l’effettiva messa in vendita del prodotto finito. L’articolo 3 del medesimo Regolamento, si occupa di “pane conservato” o a “a durabilità prolungata”
In primo luogo, il pane non preimballato, di cui al combinato disposto tra il predetto art. 44 e l’Allegato VI parte A punto 1 del già commentato Reg. UE 1169/11, deve essere posto in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione utilizzato, nonché le eventuali modalità di custodia per i consumatori finali, qualora sia stato preparato o prodotto attraverso una procedura di conservazione ulteriore rispetto all’iter già oggetto dei previgenti obblighi informativi sanciti a livello nazionale ed europeo. Il pane per il quale sia stato utilizzato un metodo di conservazione durante la sua preparazione o nell’arco del suo processo produttivo, inoltre, dovrà essere esposto al momento della vendita in appositi scomparti riservati. Per quanto riguarda infine all’attuale facoltà di usare incarti od imballi residui, con denominazioni di vendita e diciture che risultino ancora non conformi alle sopra illustrate disposizioni del Regolamento interministeriale di cui al DM 131/18, si precisa che gli operatori del settore potranno avvalersene per un periodo transitorio con durata sino al 19 febbraio 2019
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Ieg lancia ‘ Annunciato oggi alla Fiera di Rimini il network delle tendenze e novità del food di domani per andare incontro agli stili alimentari più legati alla salute. Foodnova unirà a Gluten Free Expo e Lactose Free Expo, le new entry Expo Veg ed Ethnic Food Expo.
Annunciato in occasione dell’apertura di Gluten Free Expo e Lactose Free Expo, il nuovo progetto di Italian Exhibition Group Foodnova, network dedicato alle nuove esigenze alimentari, che debutterà alla Fiera di Rimini dal 16 al 19 novembre 2019. Alle ormai consolidate Gluten Free Expo e Lactose Free Expo, si affiancheranno le new entry Expo Veg ed Ethnic Food Expo: dunque in Foodnova quattro manifestazioni sull’universo degli stili ed esigenze alimentari dei consumatori con tutta l’offerta del mercato, in un unico hub. Expo Veg sarà la fiera dove i migliori prodotti alimentari adatti alla scelta vegetariana e vegana vengono lanciati per condividere benessere, sensazioni, scelte e stili di vita. Secondo Iri European Shopper Survey, l’11% di tutti i prodotti alimentari e delle bevande lanciati sui mercati internazionali sono vegetariani e i ristoranti che in Italia hanno menù dedicati sono circa 53 mila. Ethnic Food Expo sarà la vetrina delle espressioni culinarie legate all’identità, alla tradizione e alla cultura di paesi e popoli che rispecchiano le esigenze di un mercato sempre più internazionale ed eterogeneo, come ad esempio il cibo halal e la cucina kosher. In un contesto multietnico e di mercati globali, si aprono infatti nuove opportunità per le aziende che puntano non solo ad
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esportare, ma anche ad offrire sul nostro territorio la qualità dei propri servizi e prodotti, sia ad una clientela residente nel nostro paese, sia internazionale, grazie anche ai flussi turistici. Il mercato lo conferma: in base ai dati Nielsen, infatti, il 52% degli italiani consuma stabilmente piatti etnici e il 42% di chi mangia fuori casa, lo ha fatto almeno una volta in ristoranti etnici. Si stima inoltre che il mercato del cibo italiano halal valga attualmente circa 5 miliardi di
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a ‘Foodnova’ euro e sia destinato ad aumentare, non solo grazie alla popolazione residente, ma anche al turismo. Sono 500 le aziende italiane certificate dalla World Halal Authority, operanti prevalentemente nel settore carni. Secondo Ucei - Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il mercato kosher vanta un tasso di crescita
medio del 12% annuo. A livello internazionale, in paesi come gli Stati Uniti, Israele e nord-est Europa si registrano tassi di crescita sempre più elevati. Per quanto riguarda l'Italia, il mercato è in via di sviluppo, soprattutto negli ultimi anni.
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Raccontare le e del lavoro italiano prodotto da Inaz. Un documentario sulle realtà italiane che creano lavoro, puntano sulle persone, innovano e costruiscono sviluppo per le proprie comunità di riferimento.
Filari di viti fra le montagne del Trentino, strisce di pasta che scorrono in un pastificio a Gragnano, frese ad alta tecnologia in una fabbrica umbra. In Italia, il lavoro è un mondo ricco e variegato. Ma chi sono i suoi attori, gli uomini e le donne che, con i loro sogni e il loro mestiere, trasformano ogni giorno l’impresa in realtà? Il fattore umano, lo spirito del lavoro è il documentario che il regista milanese Giacomo Gatti ha realizzato su una quindicina di eccellenze italiane: aziende diversissime per storia, settore e territorio, ma unite da un filo invisibile, quello della responsabilità. Tutte, infatti, declinano a loro modo una stessa visione: l’impresa non è solo profitto, ma sviluppo, cultura, creatività. È un ponte verso il futuro da costruire insieme, nel rispetto dell’ambiente, della società, e soprattutto dell’uomo. Il film è prodotto da Inaz - Osservatorio Imprese Lavoro in collaborazione con Fondazione Ente dello Spettacolo, Festa del Cinema di Roma e Fondazione del Cinema per Roma, e ha il patrocinio della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro. La pellicola si avvale della consulenza scientifica di Marco Vitale. Il sito web del film è: https://fattoreumano.inaz.it “In un’epoca in cui la finanza e le nuove tecnologie sembrano scalzare il fattore umano dal centro dell’economia, la nostra convinzione è che esistano
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uomini e donne capaci di fare la differenza”, afferma Giacomo Gatti regista e autore con Elia Gonella del film. “Sono le mani e i cervelli delle imprese italiane e le loro storie meritano di essere raccontate attraverso il linguaggio del cinema”. Nel film il lavoro è raccontato anche attraverso l’aspetto emozionale, attraverso il suo bello, che spesso viene dimenticato: c’è chi dichiara di mettere una parte di sé in ogni trattore su cui lavora, chi realizza una vera economia circolare recuperando reti da pesca, chi ha scommesso sulle mani degli agricoltori per rilanciare il settore agricolo. E ancora, chi valorizza i legami generazionali fra i lavoratori del proprio pastificio, chi descrive l’anno di lavoro che c’è dietro i fumetti in edicola ogni settimana, chi sviluppa arti artificiali che conservano il senso del tatto, chi trasforma un lanificio in una banca, chi aiuta le start-up a diventare grandi, chi ogni anno assume a tempo indeterminato venti giovani meritevoli – anche se non ha bisogno di ampliare la forza lavoro. E poi c’è Don Loffredo, che nel Rione Sanità di Napoli ha dato una risposta ai giovani disoccupati gestendo la riapertura delle Catacombe e attirando centomila visitatori. “Sono storie italiane che non arrivano mai alla ribalta, e invece oggi più che mai è necessario valorizzarle”,
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e eccellenze spiega Linda Gilli, presidente e amministratore delegato di Inaz. “In occasione nostro settantesimo anniversario (1948-2018) ci siamo ritrovati a fare un punto sulla nostra esperienza imprenditoriale”, prosegue Gilli. “Tutti questi anni trascorsi al fianco di aziende italiane esemplari, piccole e grandi, di diversi settori, ci hanno spinto a raccontare la centralità dell’essere umano nel mondo del lavoro attraverso un film”. Il film rientra fra le iniziative di Fondazione Ente dello Spettacolo, che dal 1946 promuove e diffonde la cultura cinematografica in Italia. «Questo film è un avvincente biglietto da visita del lato migliore della nostra Italia”, è il commento di Don Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo. “Racconta, con la potenza delle immagini e la testimonianza dei protagonisti, la passione per il lavoro e lo spirito per viverlo come realizzazione del genio umano. Un viaggio alla scoperta della bellezza spesso nascosta dell’Italia che ogni giorno innova, trova una nuova sintesi con la tradizione, offre occupazione e crescita, sa rispettare e promuovere l’ambiente, rende protagonisti i giovani. Un film appassionante che mostra le storie di chi considera il lavoro non come un culto ma come cultura, l’impegno di imprenditori che non riducono il lavoro al modo per procurarsi ricchezza ma che lo considerano come via per ricostruire comunità, dare dignità, offrire futuro al Paese”.
Fonte: Ufficio Stampa Eo Ipso
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Free Culture in cucina manifestazioni organizzate da Exmedia Srl, società del gruppo IEG – Italian Exhibition Group, grazie alla rinnovata collaborazione con Conpait – Confederazione Pasticceri Italiani, si è svolta la prima edizione del concorso Free Culture.
Free Culture è il Primo Concorso Nazionale Enogastronomico di cucina senza glutine rivolto agli operatori del settore ristorativo di tutta Italia con lo scopo di promuovere e sviluppare il mondo della ristorazione free from sul territorio nazionale. Durante la finale, che si è tenuta lo scorso novembre in occasione di Gluten Free Expo e Lactose Free Expo, i ristoratori sono stati chiamati a presentare una selezione di tre finger food senza glutine, di cui almeno uno doveva essere un dolce. Tutti i ristoratori hanno partecipato con grande entusiasmo, creatività e professionalità alla prima edizione del concorso decretandone il successo. La giuria composta da Federico Anzellotti, Nicola Malafronte, Riccardo Maci, Marta D’amico e dai commissari Genia Malafronte e Andrea Nolè ha decretato i tre ristoranti vincitori annunciati dal presentatore Federico Cieri: Primo posto: ristorante Le Arcate (PA) Secondo posto: ristorante Piatti Spaiati (SV) Terzo posto: ristorante La Contea (TE) Alla premiazione è intervenuto anche Danilo Ceci in rappresentanza del brand Nonna Anita. Appuntamento dal 16 al 19 novembre 2019 a Fiera di Rimini con il debutto di Foodnova.
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La pizza surgelata Made in Italy
conquista i mercati esteri Roncadin a Sial Parigi ha presentato le novità per Gdo e Horeca. L’azienda friulana per sfornare prodotti top di gamma per le private label. Le novità: pizza formato farcire a piacere
La pizza è la regina del consumo conviviale, con le sue infinite varietà è capace di accontentare ogni palato e, nella sua versione surgelata, è il piatto più veloce e pratico da portare in tavola per fare festa. Anche all’estero i consumatori sono sempre più attenti e imparano a riconoscere che quello Made in Italy è un prodotto premium, realizzato con ingredienti e metodi di lavorazione di qualità. Per questo Roncadin, azienda friulana che produce pizze surgelate sia a marchio proprio sia per le private label italiane e internazionali (la quota export è del 65%), è stata presente a Sial, il salone internazionale dell’alimentazione a Parigi. L’amministratore delegato Dario Roncadinha spiegato che a Sial l’azienda e’ stata presente “con tre novità che rispondono proprio alle ultime tendenze internazionali di consumo in fatto di pizza surgelata. Si tratta di tre formati particolari che realizzeremo grazie all’investimento fatto sulle nostre nuove linee produttive, ad alta capacità e tecnologicamente all’avanguardia”. Presentata in Italia a maggio, per la prima volta in un appuntamento internazionale la pizza formato “pala”, dalla classica forma lunga e stretta, perfetta per un pasto singolo. “È un formato sempre più apprezzato”, NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ ATTUALITÀ spiega Dario Roncadin, “perché consente di preparare in poco tempo una monoporzione sfiziosa e con minore apporto calorico. Ideale anche da condividere, perché nel forno di casa si possono accomodare tre pezzi ed è quindi possibile accontentare i gusti di tutti, la pizza formato “pala” è perfetta anche per un aperitivo veloce. Infine, le misure la rendono più comoda per lo stoccaggio nei sempre più ridotti freezer domestici”. Sempre nell’ottica di ottimizzare al meglio gli spazi e proporre dei prodotti adatti alle esigenze familiari, la seconda novità presentata da Roncadin è una linea di pizze di grande formato rettangolare, studiata per riempire tutta la griglia del forno. La bassissima percentuale di lievito (meno del 0,8%) ed il riposo per 24 ore di tutto l’impasto permette di ottenere una base croccante, sottile ed altamente digeribile. “Anche in questo caso intercettiamo la tendenza che vede la pizza protagonista di un consumo in compagnia”, spiega Dario Roncadin. “Il formato quadrato offre nel medesimo spazio fino al 25-30% di prodotto in più, ed è ideale da gustare in famiglia o con gli amici”. Appositamente studiata per la clientela internazionale che ricerca i prodotti della tradizione, ma interessante anche per il mercato Horeca, è infine la terza novità al salone parigino: la base pizza di grande formato, dal diametro di ben 33 centimetri, che presenta il classico
bordo artigianale spesso ed irregolare, in perfetto stile italiano. Può essere pronta in pochi minuti per essere farcita a piacere con ingredienti freschi. “Questa pizza”, commenta l’amministratore delegato, “è perfetta per sviluppare un segmento superpremium in Gdo ma è interessante anche per ampliare l’offerta delle strutture ricettive, che possono contare così su una pietanza che piace a tutti ed è adatta a qualsiasi momento della giornata”. Anche per questo prodotto, l’impasto proposto è totalmente lievitato naturalmente per 24 ore e si presenta sottile e molto alveolato. La base è completata con pomodoro 100% italiano, come per tutti i prodotti Roncadin. Nel 2017 l’azienda di Meduno (PN) ha realizzato un fatturato di 108 milioni di euro, chiudendo in attivo nonostante la battuta d’arresto dovuta all’incendio che nel settembre scorso ha gravemente danneggiato la produzione. L’azienda si è dimostrata solida e pronta a reagire, ripartendo con la produzione dopo solo 72 ore e ricostruendo in soli 11 mesi una nuova linea produttiva attivata in nuovo stabilimento all’avanguardia per tecnologia ed ecosostenibilità. A ricostruzione completata ed entro un quinquennio, l’obiettivo di Roncadin è di arrivare a raddoppiare, raggiungendo circa 200 milioni di euro di fatturato e con una produzione di 1 milione di pizze al giorno.
Fonte: Ufficio stampa Roncadin Spa Eo Ipso
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Cucina antispreco contro la fame nel mondo Settimana mondiale dell’alimentazione: la cucina antispreco e la valorizzazione delle verdure diventano un programma didattico per contribuire ai sustainable development goals dell’Onu. Il progetto Share a Meal porta il tema negli Istituti Alberghieri d’Italia e per la prima volta mette insieme aziende diverse, unite da impegno e obiettivi comuni – Knorr, Unilever Food Solutions, Ballarini e Costa Crociere
La lotta alla fame nel mondo, allo spreco alimentare e una migliore conoscenza ed utilizzo delle verdure - l’alimento di scarto per eccellenza nelle case degli italiani - diventano materia di studio e di sperimentazione per i futuri chef e cittadini di domani. Più di 100 Istituti Alberghieri italiani, circa 3400 studenti delle classi 3°, 4° e 5°, saranno i protagonisti del progetto “Share a Meal - Giovani chef” lanciato in occasione della Settimana Mondiale dell’Alimentazione da Knorr, in collaborazione con il World Food Programme Italia - partner istituzionale – e di Unilever Food Solutions, divisione dedicata alla ristorazione professionale, di Ballarini e di Costa Crociere. Un progetto che è una rappresentazione fattiva di come i Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite possano venire concretizzati nell’attività lavorativa. Il fulcro principale del progetto è stato sviluppato attorno agli obiettivi “Fame Zero” (2° dei SDG delle Nazioni unite), “Istruzione di Qualità” (4° dei SDG delle Nazioni Unite) e “Partnership” per raggiungere insieme i target ambiziosi dell’Agenda 2030 ( 17° SDG delle Nazioni Unite). NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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Partendo dall’edizione di Share a Meal dello scorso anno, votata da Knorr a combattere lo spreco alimentare e la fame nel mondo insieme al World Food Programme Italia, partner di lungo periodo di Unilever, quest’anno il progetto si è evoluto accogliendo il sostegno di altre aziende che condividono la stessa sensibilità per le tematiche di sostenibilità e la capacità di offrire soluzioni efficaci. Il tutto nasce dalla convinzione che si tratti di una battaglia che non si può non vincere e che può essere combattuta nella quotidianità, grazie all’impegno e alla realizzazione di piccoli gesti quotidiani. Il progetto ha inoltre l’obiettivo di supportare il World Food Programme, donando l’equivalente di ciò che si è riusciti a risparmiare attraverso la lotta allo spreco: è possibile infatti donare pasti scolastici ai bambini più bisognosi del Kenya, creando un ponte immaginario tra le scuole all’insegna della solidarietà e dell’istruzione alla corretta nutrizione. Il progetto Share a Meal è un progetto didattico ideato e coordinato da ScuolaAttiva onlus, che nell’anno scolastico 2018/19 raggiunge gli Istituti ProfessionaliServizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera italiani e dialoga anche con le Scuole primarie, con l’obiettivo di sensibilizzare ed educare futuri chef e futuri consumatori a ridurre lo spreco alimentare in casa e nel Fuoricasa, i due principali ambiti in cui avviene la maggior parte dello spreco in Italia (pari all’1% del Pil).
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Attraverso una guida didattica e delle lezioni teoricopratiche, i ragazzi avranno la possibilità di confrontarsi e riflettere sull’importanza di iniziare a trattare lo spreco alimentare e la fame come un problema sociale, locale e globale allo stesso tempo. Perché entrambi sono due facce della stessa medaglia che si chiama malnutrizione e per affrontarla è necessario avere consapevolezza e competenze – a partire da una conoscenza dei principi di eco-cucina, della strumentistica e del waste management nella ristorazione. Ambasciatrice del progetto e dell’impegno educativo si conferma Lisa Casali, scienziata ambientale ed esperta di eco-cucina, che ha seguito la direzione scientifica della guida didattica. Al progetto è anche legato un contest pensato per mettere i giovani operatori della ristorazione direttamente alla prova su quanto appreso, ma anche per dare loro una possibilità formativa davvero unica. Gli studenti dovranno creare una ricetta con le verdure come ingrediente principale, utilizzando preferibilmente le verdure di stagione e tipiche del territorio, seguendo i principi di una cucina buona (nella doppia accezione di gusto e di responsabilità sociale), sana e sostenibile. Le 5 coppie finaliste si cimenteranno nella preparazione live delle proprie ricette in un cooking show finale che si svolgerà a Milano in prossimità della Giornata Nazionale contro lo Spreco Alimentare.
/ ATTUALITÀ I vincitori del cooking show finale avranno la possibilità di vincere esperienze formative: partecipare ad un esclusivo programma di Alternanza Scuola-Lavoro con un percorso di formazione sulle navi Costa Crociere o presso l’Academy di Costa Crociere oppure corsi professionali organizzati dalla Federazione Italiana Cuochi. Anche i docenti e la scuola potranno vincere insieme agli studenti, aggiudicandosi una fornitura di prodotti Knorr, Unilever Food Solutions e utensili Ballarini da tenere in dotazione.
Unilever Food Solutions è leader mondiale di prodotti alimentari dedicati agli Chef professionisti. Opera in Italia e in altre 65 nazioni nei 5 continenti secondo la medesima missione: “To free chefs to love what they do”, ovvero “rendere liberi gli Chef di amare quello che fanno”. Fornire dunque loro le migliori soluzioni in cucina per la preparazione dei piatti, in modo da semplificare le procedure, risparmiare energie e tempo da dedicare a ciò che più amano: la sperimentazione e la creazione di proposte di qualità per i loro clienti. Il World Food Programme (WFP) è l’organizzazione umanitaria delle Nazioni Unite che salva milioni di vite nelle emergenze e le trasforma attraverso lo sviluppo sostenibile. Il WFP lavora in oltre 80 paesi nel mondo, sfamando le persone colpite da conflitti e disastri naturali e gettando le basi per un futuro migliore. Il WFP Italia promuove e sostiene, nel nostro Paese, le attività realizzate dal WFP per combattere la fame nel mondo.
Fonte: Unilever Food Solutions
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“Meraviglia Italiana
del Gusto” Bottega, Otello Fabris, Alfonso Rombolà, Gianfranco Santero,
“Il settore agroalimentare in Italia costituisce l’essenza dell’economia che fa leva sul brand made in Italy, tra i più temuti competitor del mercato mondiale perché portatore di primati legati alla qualità dei prodotti, all’innovazione tecnologica all’avanguardia, al rispetto della tradizione, alla sicurezza alimentare e alla sostenibilità”. Roberto Zanchi, presidente di CremonaFiere, commenta così i dati diffusi dal Centro di Ricerca per lo Sviluppo imprenditoriale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (CERSI) che dimostrano che la punta di produzione più alta dell’agroalimentare italiano, in questo momento, si trova a Cremona, che detiene una quota dell’11,3% dell’export alimentare regionale e del 2,21% italiano. E a Cremona si è svolto nello scorso autunno il “BonTà”, il Salone delle Eccellenze Enogastronomiche dei Territori, negli spazi di CremonaFiere, richiamando oltre 100 produttori alimentari e 2000 prodotti da tutto lo Stivale, e un pubblico numeroso e interessato proveniente anche dall’estero. Una manifestazione ricchissima di appuntamenti all’insegna del gusto, tra cui, vera novità, “BonTà tra le righe”, il ciclo di presentazioni di libri e incontri culturali sul tema
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della buona cucina, ideato, coordinato e diretto dal giornalista Roberto Messina, assieme a Emanuele Zarcone, che ha animato la fiera con stimolanti incontri. Momento clou, di particolare significato, la prima consegna del Premio Meraviglia italiana del gusto, a cura dell’Associazione “Meraviglia Italiana” con 500 “Meraviglie” già selezionate dal web a partire dal 2011, con Carmelo Lentino e Roberto Messina titolari del progetto che da Cremona si sposterà in giro per l’Italia e il mondo per omaggiare, far conoscere e raccontare i protagonisti dell’enogastronomia italiana. I riconoscimenti (una preziosa opera scultorea di M’horò, originale e geniale artista contemporaneo che con le sue creazioni su materiali di scarto industriale, radiatori di auto soprattutto, sta conoscendo gran successo e forte apprezzamento di mercato e critica: Vittorio Sgarbi in primis, che ha firmato il catalogo della sua opera) sono stati consegnati a Stefano Bottega, titolare dell’omonima e storica azienda di distillati e vini di Sant’Urbano, Treviso; Otello Fabris, docente e saggista; Alfonso Rombolà, titolare dell’omonima Cantina a Tropea; Gianfranco Santero, grande viticultore di Santo Stefano Belbo, Cuneo.
/ ATTUALITÀ
Un tablet
per vendere meglio? Un sondaggio di Zebra rivela che i due terzi degli assistenti alle vendite credono propri dati personali.
Zebra Technologies Corporation, azienda innovatrice in grado di offrire ai propri clienti le migliori condizioni per raggiungere importanti vantaggi competitivi, ha annunciato i risultati dell’11° edizione annuale del “Global Shopper Study” focalizzato sull’analisi delle attitudini, delle opinioni e delle aspettative dei consumatori, degli assistenti alle vendite e dei decisionmaker in ambito retail. I risultati dimostrano come i due terzi (66%) degli assistenti alle vendite intervistati creda che, se equipaggiato con un tablet, potrebbe offrire un miglior servizio al cliente e ottimizzarne l’esperienza d’acquisto. Il 55% degli assistenti alle vendite intervistati afferma che la propria azienda è a corto di personale nei propri punti vendita e quasi uno su due - 49% - dice di essere troppo sovraccaricato. Gli addetti alle vendite citano stress e frustrazione rispetto all’incapacità sistematica di non assistere in modo appropriato il cliente ed il 42% sente di avere troppo poco tempo a disposizione per aiutare il cliente avendo molti altri compiti da compiere. Un altro 28% sostiene che sia molto difficile acquisire le informazioni corrette per supportare il cliente. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ ATTUALITÀ La maggior parte dei decision-maker in ambito retail (83%) e dei responsabili di negozio (74%) sono d’accordo sul fatto che i consumatori potrebbero godere di una migliore esperienza di acquisto se gli addetti alle vendite fossero equipaggiati con la necessaria tecnologia. Allo stesso tempo, solo il 13% dei consumatori intervistati dice di fidarsi ciecamente dei negozianti per quanto riguarda la protezione dei propri dati personali, il livello di fiducia più basso comparato ad altri 10 differenti settori. Il 73% di coloro che hanno risposto preferisce maggior flessibilità nel controllare come le proprie informazioni personali siano utilizzate.
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“Il nostro studio rivela che le aspettative dei clienti stanno crescendo,” ha commentato Jeff Schmitz, Senior Vice President e Chief Marketing Officer di Zebra Technologies. “Mentre i retailer stanno affrontando le sfidanti aspettative dei clienti, dovrebbero anche preoccuparsi di fornire una esperienza di acquisto più fidata e personalizzata, che possa dare al cliente ciò che vuole, quando, dove e come lo vuole.” Lo studio evidenzia anche un tema di aspettative divergenti tra retailer e responsabili di negozio sull’impatto dell’automazione. Quasi l’80% dei retailer – confrontato con il 49% dei responsabili di negozio – ritiene che lo staff responsabile dei punti cassa in
/ ATTUALITÀ negozio stia diventando sempre meno necessario a causa delle nuove tecnologie per il checkout automatico. Inoltre, più della metà dei retailer - 52 % - stanno già convergendo sullo spazio point-of-sale (POS) per i check-out automatici ed il 62% lo stanno trasformando per consentire una rapida evasione degli ordini eseguiti online. Più della metà dei consumatori intervistati (51%) sostiene di essere connesso in modo più efficiente rispetto agli addetti alle vendite. I retailer stanno investendo in tecnologia che possa concedere loro un vantaggio competitivo sufficiente per colmare questo
gap. Circa il 60% dei retailer sta pianificando una crescita della spesa di oltre il 6% per computer palmari, e più di un retailer su cinque (21%) ha in progetto di destinare il 10% di tale spesa in tablet robusti nei prossimi tre anni. Nell’Asia-Pacifico, il 62% dei responsabili di negozio considera il proprio datore di lavoro in modo più positivo se dotato di un dispositivo mobile per le attività lavorative. Quasi un responsabile di negozio su due (circa il 49%) sostiene che un dispositivo per il point-of-sale mobile (mPOS) consenta loro di svolgere un lavoro migliore. In Europa e Medio Oriente, il 74% dei decision-maker nel retail afferma che la crescita dell’e-commerce stia generando maggiore interesse in soluzioni che aiutino a soddisfare le crescenti aspettative del cliente e una focalizzazione negli investimenti in soluzioni logistiche più avanzate. Più dei tre quarti (76%) dei retailer si dice d’accordo sul fatto che la gestione dei resi degli ordini online sia una sfida molto impegnativa. In America Latina, sia i consumatori (59%) sia i responsabili di negozio (67%) credono che i primi abbiano un accesso alle informazioni migliore dei secondi. Il 99% degli IT decision-maker in ambito retail si dicono convinti dell’urgenza di adottare migliori soluzioni per la gestione degli inventari che possano assicurare più accuratezza. In Nord America, l’11% dei consumatori si fida ciecamente dei retailer per quanto riguarda la protezione dei propri dati personali, il dato più basso se comparato agli altri comparti inclusi in tale analisi, comprese la sanità, le istituzioni finanziarie e le aziende tecnologiche. Quasi 7 su 10 responsabili di negozio (68%) ha dichiarato che delle etichette elettroniche per gli scaffali avrebbero un impatto positivo sulla customer experience ed il 54% dei clienti intervistati si dice più propenso a leggerle. L’11° edizione annuale del “Global Shopper Study” di Zebra ha coinvolto approssimativamente 4,725 consumatori, 1,225 responsabili di negozio e 430 decision-maker. Lo studio è stato condotto in Nord America, America Latina, Asia-Pacifico, Europa e Medio Oriente ed è stato effettuato da Qualtrics nei mesi di Ottobre e Novembre 2018. Con più di 10.000 partner in oltre 100 nazioni, Zebra fornisce soluzioni end-to-end su misura per tutti i settori, connettendo efficientemente persone, dati e asset dei clienti, aiutando questi ultimi a prendere decisioni cruciali per il loro business in tempo reale e ovunque si trovino a dover operare. Presente nella classifica Forbes dei Migliori Luoghi di Lavoro in America negli ultimi tre anni, Zebra aiuta i clienti a migliorare le proprie performance e ad ottenere un importante vantaggio competitivo. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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Approved Event
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IoT: vantaggi e rischi security siamo indietro, soprattutto nelle Pmi. Per proteggere i dati della propria impresa occorre scegliere il giusto provider di software e servizi, in base alle proprie esigenze, al budget e all’architettura adottata per la propria infrastruttura
Sensori che monitorano l’usura dei macchinari, segnalandone guasti e programmandone la manutenzione; dispositivi di tracciamento per la logistica; sistemi di distribuzione di contenuti multimediali su migliaia di schermi sparsi per il pianeta; e ancora, device che raccolgono ed elaborano ogni tipo di dato per migliorare prestazioni, ridurre i consumi, fornire analisi predittive. L’Internet of Things ha innumerevoli applicazioni ed è ormai realtà nel campo industriale, anche in Italia, e lo sarà sempre di più. Gli ultimi dati dell’Osservatorio IoT della School of Management del Politecnico di Milano, relativi al 2017, evidenziano che solo l’8% delle imprese dichiara di non sapere nulla di questo tema (contro il 25% dell’anno precedente), che un terzo circa ha partecipato a eventi sul tema e il 28% prevede di intraprendere azioni in questo ambito. Tuttavia c’è ancora molto da fare per sfruttare tutti i vantaggi dell’IoT e, per partire davvero con il piede giusto, le aziende, soprattutto le PMI, devono adottare un approccio che metta al centro un tema spesso sottovalutato: quello della sicurezza.
A sottolinearlo è Nicola Bosello, presidente di Securbee, società di Udine specializzata in consulenza e servizi in ambito information & cyber security: “L’Internet of Things è una tecnologia che cambierà il nostro modo di vivere e che porterà sotto i riflettori il tema della sicurezza informatica, sul quale nel nostro Paese siamo drammaticamente indietro”, afferma Bosello. “Dobbiamo partire dalla consapevolezza che i dati sono un valore e un asset fondamentale per qualsiasi azienda, e vanno protetti con un approccio di “security by design”, cioè progettando sistemi, prodotti e servizi nell’ottica di garantire sicurezza, privacy e protezione dai rischi”. Rischi che, non dimentichiamolo, possono essere consistenti: non è un caso che alcuni degli attacchi informatici più gravi del recente passato abbiano sfruttato proprio dispositivi IoT. Come nel caso del DDoS record lanciato nell’agosto 2016 dalla botnet Mirai, che interessò 2,5 milioni di dispositivi connessi e rese internet irraggiungibile per alcune ore negli USA: un danno da milioni di dollari che ebbe però il merito di far balzare il tema security fra le priorità. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ ATTUALITÀ Ma quali sono i punti da presidiare con più attenzione quando si parla di IoT in azienda? “Innanzitutto occorre considerare l’architettura e i protocolli utilizzati”, spiega Mattia Parise, collaboratore di Securbee specializzato in sicurezza delle reti IoT. “Due sono le tendenze prevalenti al momento: architetture PointTo-Point, dove i singoli nodi comunicano tra di loro, e architetture di tipo Cloud, dove i nodi sono connessi a internet tramite Wi-Fi o cavo Ethernet”. Nel primo caso le informazioni passano da dispositivo a dispositivo, mentre nel secondo occorre costruire una rete in grado di gestire una grande mole di dati. “Quest’ultimo scenario è quello che oggi viene proposto dai maggiori vendor, grazie alle possibilità offerte dal Cloud, dal 4G e in futuro anche dal 5G”, spiega Parise. La scelta del modello di rete IoT aziendale dipende da diversi fattori: budget (consistente per le soluzioni dei vendor, più basso se si opta per l’open source), dislocamento fisico dei dispositivi, copertura tecnica della rete, esigenze di personalizzazione. Ciascuna opzione presenta specifici problemi di sicurezza che vanno valutati attentamente assieme al proprio provider di servizi. “L’importante è che questo sia fatto fin dall’inizio”, dice ancora Mattia Parise. “Non è raro, quando un’azienda decide di implementare un progetto IoT, che la security sia lasciata per ultima, perché ci sono pressioni per essere operativi subito e non si percepisce la gravità del rischio. In realtà, essere superficiali sulla sicurezza vuol dire trovarsi in un secondo momento a rifare, riscrivere, aggiungere,
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eccetera”. Chi opta per un modello P2P deve prepararsi a gestire la sicurezza su ogni dispositivo, mentre per i servizi in cloud oggi la security è “by design”, cioè i sistemi sono progettati fin dall’inizio con l’obiettivo di proteggere dai rischi, centralizzando la sicurezza in applicazioni che gestiscono da remoto i dispositivi e li escludono se risultano compromessi (rendendo di fatto inutile, per chi attacca, “bucare” un singolo dispositivo). Ciò non toglie che bisogna sempre porre attenzione ad accessi, criptazione dei dati e aggiornamenti per ridurre al minimo i rischi. “Sono tutti argomenti su cui c’è ancora poca consapevolezza, soprattutto nelle PMI, che sono poi l’ambito dove oggi, e ancora di più nel prossimo futuro, l’introduzione dell’IoT potrà fare la differenza in termini di competitività”, torna a sottolineare con forza Nicola Bosello. “Si parla molto di smart factory e di Industria 4.0 ed è determinante per le piccole e medie imprese italiane entrare in questo mondo. Ma per coglierne i vantaggi è fondamentale cominciare con l’approccio giusto, quello che riconosce il valore del dato e l’importanza della sua protezione”. Securbee (www.securbee.com) è una società nata nel 2017 che si occupa di consulenza e servizi nell’ambito della information & cyber security, raggruppando al suo interno alcuni dei maggiori specialisti del settore con numerose sedi in varie città italiane.
Fonte: Ufficio stampa Eo Ipso
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Il giorno del grissino nel mondo le cui proprietà sono promosse da professori e nutrizionisti. I grissini non
Da Napoleone Bonaparte, che non badava a spese per farsi inviare quintali di “Petits bâtons de Turin”, al Re Carlo Felice, che sgranocchiando disturbava la platea del Teatro Regio, passando per Luigi XIV, che redarguiva i cuochi di Versailles incapaci di imitarli fino a Vittorio Amedeo II, che guarì grazie a loro. Fin dal Rinascimento il successo dei grissini è stato inarrestabile e oggi milioni di persone in giro per il mondo non possono farne a meno: per celebrarli negli Stati Uniti è stato perfino fondato il Breadstick Day. Una popolarità così forte da spingere il celebre Jimmy Fallon a farsi accompagnare da Post Malone a provare l’all you can eat di grissini proposto da una catena di ristoranti americana, come riportato da People. L’amore delle celebrities per i grissini non si ferma qui: il Daily Mail ha pubblicato una foto di Jessica Biel mentre sta per divorare un grissino nel corso degli ultimi Critics' Choice Awards a Hollywood, mentre nel corso dei mondiali di Russia è diventato virale un video riportato dal Mirror che ritrae il bomber inglese Alan Shearer che canta “All night long” impugnando un grissino. Tra i prodotti della cucina italiana più celebri e diffusi NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ PANE all'estero, il grissino è amato dal 68% degli italiani, che non possono resistergli a casa (66%) come al ristorante (74%), soprattutto per aperitivi (79%) e cene (76%). Tra gli abbinamenti più apprezzati quelli con salumi (81%), formaggi (69%) e salse (58%), mentre la qualità più ricercata in un grissino è la croccantezza (77%). È quanto emerge da un’indagine promossa da Espresso Communication per Vitavigor, storico marchio dei grissini di Milano che ha scelto di celebrali chiedendo di condividere sui social il proprio abbinamento preferito con l’hashtag #BreadstickDay, su circa 2000 italiani tra i 18 e i 55 anni attraverso un monitoraggio online su social, blog, forum e community, coinvolgendo un panel di 20 esperti tra docenti, nutrizionisti e chef stellati, per capire le ragioni del loro successo. “L’amore per il grissino non ha confini, anche a Milano ci siamo specializzati nella sua produzione – spiega Federica Bigiogera, marketing manager di Vitavigor – Da 60 anni i nostri prodotti sono amati da grandi e piccini in tutto il mondo, dal Canada all’Australia, tanto che perfino i personaggi Disney della famiglia di Topolino hanno scelto di arrivare sui nostri Vitastick”. Ma quali sono le ragioni culturali della popolarità dei grissini? “Se dobbiamo individuare le ragioni dell'amore degli italiani per il grissino l'unica risposta possibile è: perché è italiano, ed è percepito come tale”, spiega Antonella Campanini, docente di Storia della cucina e delle Culture alimentari presso l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Cuneo “Non abbiamo tuttavia certezze storiche risalenti alla sua creazione. Molti studiosi ritengono che l’inventore sia un fornaio piemontese, Antonio Brunero; non c'è però concordia sulle ragioni dell'invenzione. C'è chi ritiene che sia stato creato per favorire la digestione di un rampollo di casa Savoia dalla salute cagionevole; altri pongono l'accento sulla necessità di essere sicuri che il pane, in un periodo di peste, fosse sufficientemente cotto per scongiurare il propagarsi dell'epidemia. In ogni caso ci troviamo nell'Italia del XVII secolo.
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Una storia comprovata del grissino però non è ancora stata scritta”. “Da specialità creata ad arte nella corte dei Savoia, i grissini sono diventati in tutta Italia sia una ricercata variante del pane, irrinunciabile per i ristoranti, sia nell'alimentazione e nella spesa ordinaria delle famiglie, a partire dall'epopea dei supermercati negli anni '60 come sostituto del pane fresco”, rivela Tommaso Lucchetti, docente di Scienze Gastronomiche presso l’Università di Parma. “Si seguiva così come alternativa quel repertorio da sempre esistito dei prodotti da forno asciutti e senza mollica, dalle gallette ai biscotti, che venivano distribuiti lungo i secoli come vitto conservabilissimo a lungo per i soldati e per la gente di mare, che necessitava di provviste a lungo termine. Per decenni, dalla fine dell'800, la croccantezza di questo pane anomalo ed esotico, con l'aurea di suprema nobiltà della Real Casa e dei suoi dintorni, era già di per sé garanzia di speciale accuratezza ed attenzione verso i convitati”.
/ PANE Il grissino è amato quindi da gran parte degli italiani, ma come viene gustato? Se l’abbinamento più apprezzato è quello con i salumi (81%), molto gettonati sono anche gli accostamenti con formaggi (69%), salse (58%), creme spalmabili (55%), vini e drink (36%), carni bianche o rosse (33%), verdure (28%), pesce (15%), sottoli e sottaceti (13%), ma anche da soli (44%). Dal pranzo (54%) alla cena (76%), fino ai momenti dello snack a metà mattina o metà pomeriggio (64%) e all’aperitivo (79%) il grissino è apprezzato durante tutta la giornata. Nella lotta tra la varietà più classica e quella insaporita, ad esempio da rosmarino, impasti speciali e spezie, prevale ancora il gusto classico, con percentuali rispettivamente del 54% e 46%. Tra le qualità più ricercate in un grissino infine spicca la croccantezza (72%), seguita da gusto (66%), ingredienti naturali (57%), la leggerezza o scarso contenuto di grassi (49%) e l’assenza di additivi chimici e Ogm (40%).
Ma quali sono le peculiarità dei grissini a livello biologico e nutrizionale? “Oltre ad essere ingrediente di antipasti e aperitivi, i grissini sono alternativi alimenti spezza-fame, se possiedono però alcune caratteristiche nutrizionali”, sottolinea Valentina Schirò, biologa nutrizionista specializzata in scienza dell’alimentazione. “In genere possiedono un elevato valore energetico per la presenza di grassi come lo strutto. Per non eccedere nell’introito calorico e per tutelare la salute sarà opportuno scegliere quelli con olio extravergine di oliva e farine non Ogm, meglio ancora se integrali: la presenza delle fibre favorisce infatti un maggior senso di sazietà. Altro aspetto importante dev’essere l’assenza di olio di palma e grassi idrogenati e un contenuto
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/ PANE discreto di sale”. Per Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista presso l'Università Campus Biomedico di Roma, invece “Il grissino, oltre a rappresentare un alimento della tradizione italiana alimentare e culturale, costituisce uno dei modi migliori di introdurre la fonte più importante di energia, ovvero i carboidrati complessi. Nutrienti ed energetici dunque, ma non solo: basti pensare alla quantità di sali minerali e proteine vegetali, circa il 13% ogni 100g. Se si scelgono quelli integrali si garantisce, inoltre, anche un buon apporto di fibra. Attenzione però a verificare l'utilizzo di olio di oliva tra i grassi aggiunti per assicurare la presenza di acidi grassi salutari e all'apporto calorico superiore a quello del pane”. Il grissino inoltre è consigliato anche dagli chef stellati. Viviana Varese, chef di Alice Ristorante di Milano titolata con una Stella Michelin propone dei grissini realizzati solo con farina, lievito, zucchero, olio e sale per accompagnare la propria celebre ceviche: “Dopo aver marinato le cipolle al lampone e cristallizzato la menta, passare i datterini in una macchina passa-pomodoro e regolare di sale”, spiega la chef Varese. “Frullare e setacciare metà dei lamponi per ottenere una salsa. Porre l’altra metà in un abbattitore rapido di temperatura o in un freezer; una volta congelati schiacciarli con l’aiuto di un batticarne per sgranarli. Pelare la yucca, tagliare delle fettine di 1 mm di spessore e friggere in olio di semi di girasole. Tagliare la ricciola in cubi da 1.5 cm per lato, aggiungere il peperone, il peperoncino rocoto e 20 g di cipolla tritati finemente. Condire con succo e buccia di lime, rum, sale, olio e la menta in foglie grandi tagliata a julienne. Versare 2 cucchiai di passatina di datterini sul fondo di un piatto. Aggiungere 4/5 gocce di salsa di lamponi, la ricciola condita e la cipolla marinata. Completare con menta fresca, menta cristallizzata e lampone ghiacciato”. Ma non è tutto, i grissini si sposano perfettamente anche con la degustazione dei vini: “I grissini sono immancabili nella degustazione del vino”, rivela Francesca Negri, giornalista, autrice del libro “Vino pretà-porter” e blogger di geishagourmet.com. “Suggerisco l’accostamento con un Critone della cantina Librandi (Calabria), che prende il nome dell’allievo prediletto di Socrate, è un uvaggio di Chardonnay (90%) e Sauvignon Blanc (10%). Leggero, minerale, fresco e sapido, ma anche profondo e persistente è perfetto per l’aperitivo e in abbinamento ai nostri grissini, a formaggi freschi e anche a pesce crudo. In alternativa li accosterei a dell’Anna della cantina Tiefenbrunner (Alto Adige): 100% Pinot Bianco, che presenta un intenso bouquet floreale con sentori fruttati che ricordano mele mature. In bocca è possente e ben proporzionato, il finale lungo e persistente, vellutato, fresco e vivace. Perfetto con piatti di pasta, insalate di pollo e tartare”.
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La food blogger Elisa Ceccuzzi di Kittyskitchen.it invece propone di utilizzare i grissini come panatura: “Pensando ai grissini mi viene in mente la possibilità di utilizzarli per panature croccanti, basta prendere un filetto di fassona tagliato bello spesso, passarlo nell’uovo e successivamente nei grissini tritati grossolanamente, poi fare un secondo passaggio in uovo e grissini e friggere nel burro. La carne rimane rosata al centro, un piatto molto gustoso che mi sovviene subito quando penso ai grissini. Immancabili poi agli aperitivi i grissini avvolti con prosciutto, reminiscenze dei buffet di quando ero bambina”.
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Lingua con farina integrale,
farina di quinoa e farina ai cereali
Procedimento Iniziare l'impasto in impastatrice a spirale inserendo le farine, i lieviti e i fiocchi di patata e lasciare mescolare per 2 minuti circa per ossigenare e mescolare gli ingredienti. Di seguito inserire litri 2,3 di acqua a piccole dosi a più riprese. Continuare l’impasto inserendo l’olio sempre a piccole dosi e fino ad assorbimento. Impastare per 10 minuti in 1° velocità o a velocità moderata. Innescare la seconda velocità per circa 5 minuti, e aggiungere all’impasto il sale assieme all’acqua restante. Quando l'impasto risulta liscio, elastico e omogeneo passarlo sul banco da lavoro precedentemente infarinato e procedere a fare 3 pieghe in modo energico. Riporre l’impasto in un mastello precedentemente oliato e lasciar lievitare per 2 ore circa in cella di lievitazione (34° con il 70% u.r.) o a temperatura ambiente, coprendo il mastello con un telo in plastica. Riprendere l’impasto e tagliare in pezzi del peso desiderato (600-800 g circa), formare dei filoni ben stretti e riporre in cassetti per pizza chiusi. Procedere alla lievitazione se in ambiente (30°C con 60% u.r.) o anche in cella (32°C con 78% di umidità) per 6 ore circa. Maneggiando con cura in modo da non far perdere la lievitazione acquisita schiacciare le strisce con i polpastrelli formando delle «celle» e farcire a proprio piacimento. Cuocere a 250° direttamente su pietra per 15 minuti circa senza vapore a valvola chiusa fino ad avere un colore dorato
Nico Carlucci
Maestro Panificatore - Pasticcere
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Ingredienti Farina Integrale Dallagiovanna linea Uniqua rossa kg 1,4 Farina di Quinoa g 200 Farina ai cereali Dallagiovanna linea Oltregrano Il Contadino g 200 Fiocchi di patate disidratati g 400 Lievito madre disidratato in polvere g 80 Lievito di birra fresco compresso g 5 Acqua lt 2,4 Olio extra vergine di oliva g 100 Sale rosa dell’Himalaya g 60
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Nuove varietà
di frumento in Sardegna Agris Sardegna ha presentato nell’azienda sperimentale San Michele di Ussana, in provincia di Cagliari, gli ultimi frutti della propria attività di miglioramento genetico del grano duro: le varietà Nuraghe e Shardana, da poco iscritte al Registro nazionale varietale.
L’agenzia dell’isola è erede di una lunga tradizione, risalente addirittura al 1931 sotto la guida di Nazareno Strampelli, e nel corso degli anni, ha iscritto al Registro nazionale varietale diverse varietà di grano duro come Karel, una delle varietà più coltivate in Italia nella prima metà degli anni ’80, e Karalis, la varietà di grano duro più diffusa in Sardegna. Le ultime due varietà iscritte, denominate con i nomi identitari di Nuraghe e Shardana, sono state selezionate attingendo alla ricca base genetica dell’agenzia alla quale contribuiscono genotipi provenienti dai principali centri di ricerca operanti nel mondo, ha spiegato Marco Dettori, uno dei ricercatori dell’agenzia ad AgroNotizie. Le due varietà iscritte associano un elevato potenziale produttivo in presenza di buone precipitazioni nel periodo primaverile a una buona adattabilità a potenziali carenze idriche primaverili, cioè in fase di maturazione, grazie ad una spiccata precocità. Entrambe mostrano anche ottima resistenza alle patologie fungine, specialmente di ruggine gialla. La sperimentazione ha evidenziato produzioni in linea o superiori a quelle delle varietà di grano duro maggiormente coltivate negli ambienti centromeridionali italiani e
anche da un punto di vista qualitativo, Nuraghe e Shardana hanno mostrato risultati molto soddisfacenti. “Il contenuto in proteine risulta molto elevato in entrambe le varietà, ma soprattutto nel caso di Shardana”, dice Dettori. “Entrambe le varietà mostrano valori molto elevati dell’indice di glutine a testimoniare una elevata attitudine alla pastificazione. Occorre però sottolineare che la Sardegna si caratterizza anche per una straordinaria tradizione nella panificazione del grano duro. L’esistenza di oltre ottocento differenti tipologie di pani di semola e semolato o semolato non trova infatti riscontri in tutto l’ambiente mediterraneo. A titolo di esempio, il pane Carasau ha ormai valicato i confini isolani e si sta stabilmente affermando come uno dei prodotti italiani da forno più noti in tutto il mondo”. Proprio per l’importanza del settore della panificazione in Sardegna, una particolare attenzione è stata posta per un glutine che rappresenti un necessario compromesso tra tenacità ed estensibilità, senza però ledere l’idoneità alla produzione di pasta.
Fonte: AgroNotizie
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Pan tramezzino
Procedimento Iniziare l'impasto in impastatrice a spirale inserendo farina, lieviti e malto lasciando mescolare gli ingredienti per 2 minuti per ossigenare e miscelare; inserire il latte a piccole dosi e lasciare assorbire, di seguito inserire il burro sempre a piccole dosi e lasciare assorbire; impastare circa 7 minuti in prima velocità o a velocità moderata. A maglia glutinica formata inserire il sale assieme ai 0,200 lt di acqua impastando per 3 minuti in seconda velocità. Quando l'impasto risulta elastico, liscio e omogeneo deporlo sul banco da lavoro precedentemente infarinato e procedere alla puntatura di circa 15 minuti coperto con telo in plastica. Tagliare in pastelle del peso desiderato, formare i filoni e porre negli stampi per il pane in casetta chiusi. Procedere alla lievitazione a temperatura laboratorio per circa 30 minuti o in cella a 30° con 75% di umidità per ottenere una alveolatura regolare. Cuocere a 225° per circa 35 minuti senza vapore a valvola chiusa. Capovolgere, sformare, far stemperare, abbattere leggermente in abbattitore di temperatura. Ritagliare i bordi e con l’ausilio di una tagliapane tagliare a fette e successivamente in triangoli.
Nico Carlucci
Maestro Panificatore - Pasticcere
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Ingredienti Farina W 300/320 kg 2 Malto g 20 Lievito di birra fresco compresso g 100 Lievito madre disidratato in polvere g 80 Latte Intero lt 1 Burro g 300 Sale marino fino g 40 Acqua g 200
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Eccellenza
senza glutine
Le Farine Magiche e Decorì, i brand del Gruppo Lo Conte dedicati rispettivamente alle farine speciali e agli ingredienti e decorazioni, sono stati presenti con le loro linee di prodotti e novità al Gluten Free Expo di Rimini dal 17 al 20 novembre 2018, il salone internazionale dedicato all’alimentazione e ai prodotti senza glutine. Tra i prodotti senza glutine più innovativi, Le Farine Magiche propongono una linea completa di prodotti naturali gluten free, realizzata per la preparazione di impasti dolci e salati, senza rinunciare al gusto e alle performance di lievitazione. Grazie ad un costante lavoro di ricerca, che non dimentica mai la tradizione, Le Farine Magiche propongono prodotti naturali sempre adatti alle esigenze di un’alimentazione equilibrata, come la linea bio delle Farine dell’Orto con la Farina di Ceci e la Farina di Lenticchie. Innovazione e qualità è un binomio che è diventato il punto di forza vincente anche di Decorì. La sua linea di lieviti ne è una dimostrazione, l’unica certificata Vegan, con 4 lieviti Bio, 5 per intolleranti ai lieviti e 5 senza glutine, tra cui il lievito istantaneo Mille Usi a base di estratto di uva senza aromi e senza glutine, ideale per chi desidera preparare dolci e pietanze salate in modo veloce, e il Classico Vanigliato a base di cremore tartaro e arricchito con aroma naturale di vaniglia Bourbon del Madagascar, ottimo per chi cerca un lievito che doni volume a torte, biscotti e pasta frolla.
Alla fiera di Rimini, Decorì è stata presente anche con l’ultima novità: le Candeline Mangiami, le uniche candeline sul mercato pensate per essere accese, soffiate e mangiate, al gusto di vaniglia, gluten free. “Quando sei un’azienda che investe in un centro di ricerca all’avanguardia contro le intolleranze alimentari”, spiega Rossella Stramaglio, Marketing e Communication manager del Gruppo Lo Conte, “quando esporti i tuoi brevetti per la detossificazione del glutine, allora sei certo di offrire ai consumatori la massima sicurezza sulla qualità dei prodotti. Perché la nostra magia è nella ricerca dell’innovazione!” Il Gruppo Lo Conte è leader in Italia nella produzione di farine speciali e preparazioni per dolci.
Fonte: Ufficio stampa Dag Communication
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Mario Verdicchio vince Elementi 2018 Molino Vigevano.
Tecnica, uso sapiente delle materie prime e creatività: sono questi gli “ingredienti” che hanno decretato il successo di Mario Verdicchio, eletto il miglior pizzaiolo professionista d’Italia 2018 durante la tappa finale di “Elementi, i volti dell’impasto”. Nella cornice dello spazio milanese FeelingFood, i nove finalisti della competizione si sono cimentati con l’ultima fatica: creare la perfetta pizza gourmet, bilanciando i sapori degli ingredienti da loro scelti con quelli selezionati dalla giuria. Mario Verdicchio, 24 anni, originario di San Felice a Cancello nel casertano, volto e mani della pizzeria Reginella di Caserta, ha conquistato con la sua pizza gourmet i cinque giudici: il pizzaiolo Matteo Aloe (Pizzeria Berberè), lo chef Matteo Monti (Ristorante Rebelot) e i giornalisti enogastronomici Enzo Vizzari, Roberta Abate e Niccolò Vecchia. Il vincitore è riuscito a coniugare tradizione e creatività, armonizzando il sapore dolce dei pomodorini gialli con il gusto deciso della pancetta Giovanna e del formaggio Montasio. A convincere la giuria sono state anche la consistenza della pasta e la presentazione della pizza, sormontata da granella di mandorle tostate aggiunte fuori cottura. Arrivata alla sua terza edizione, la manifestazione itinerante ideata da Molino Vigevano ha toccato tre
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città - Napoli, Roma e Milano - e ha messo alla prova competenze, professionalità ed esperienza dei giovani pizzaioli in gara con sfide come quelle dell’analisi dell’impasto crudo della pizza e del blind taste test di diversi tipi di pomodori e mozzarelle. Quest’anno Elementi ha visto tra i contendenti al titolo anche una “pizzaiola”: la ventitreenne Federica Samarani che, cresciuta tra le farine e gli impasti del locale di famiglia in provincia di Cremona, ha deciso di seguire le orme del padre nell’arte bianca. Il miglior pizzaiolo professionista d’Italia si è aggiudicato una fornitura di farine Molino Vigevano, di prodotti Finagricola e una consulenza gratuita per un valore complessivo di 1.250 euro. Alle sue spalle, sul podio sono saliti Angelo Tantucci della pizzeria Il Capriccio di Monsano (Ancona) e Simone Pizzo de Il Fante di Fiori di Verona, rispettivamente secondo e terzo. Nel corso della serata è stato assegnato anche il premio “La cottura perfetta”, promosso da Moretti Forni e conferito al pizzaiolo la cui creazione si è distinta per cottura omogenea, doratura in superficie e assenza di bruciatura. A vincerlo è stato Antonio Caputo, della pizzeria Cocciuto, che parteciperà gratuitamente a uno dei workshop organizzati da Moretti Lab. “L’obiettivo di Elementi è promuovere una cultura d’eccellenza della pizza”, commenta Fabrizio Lo Conte, amministratore delegato di Molino Vigevano, storico marchio italiano di farine parte del Gruppo Lo Conte. “Siamo entusiasti di vedere crescere questa iniziativa e, soprattutto, di essere testimoni di una sensibilità
sempre maggiore verso qualità delle materie prime e tecnica sia da parte dei consumatori sia degli stessi pizzaioli”. Presentata dall’esperta di enogastronomia Tania Mauri, la finalissima è culminata con una degna celebrazione della pizza: una degustazione di quattro diverse proposte ideate da Antonio Caputo della pizzeria Cocciuto, locale del nuovo distretto della moda di via Tortona che in poco tempo si è affermato tra le migliori pizzerie a Milano. Alla realizzazione dell’evento hanno collaborano: Così Com’è, marchio specializzato in pomodorini freschi di altissima qualità nato dall’esperienza di Finagricola, azienda leader nel panorama ortofrutticolo italiano; Latticini Orchidea, tra i più antichi marchi nell’ambito delle eccellenze casearie campane, simbolo di una tradizione tramandata da oltre cento anni; Joyful, moderna linea di vini mossi, di delicata effervescenza e fragranza che giocano sul frutto e su una leggera bollicina che gli dona slancio e freschezza; Moretti Forni, leader internazionale nella produzione di forni statici per pizzeria, pasticceria e piccola panetteria. Nel corso delle tre le tappe dell’edizione 2018 di Elementi (Napoli, 23 maggio; Roma, 8 ottobre; Milano, 12 novembre), i pizzaioli si sono cimentati nella prova sugli impasti crudi, dei quali hanno dovuto riconoscere la forza della farina usata, le ore di lievitazione e l’idratazione, e un blind taste test per individuare il tipo di impasto, di latticini e pomodori usati. I nove finalisti si sono sfidati nella creazione della perfetta pizza gourmet. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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I nove finalisti (in ordine alfabetico): Antonio Caputo, Cocciuto (Milano); Luciano Colangelo, Fashion Café (Melfi, Potenza); Modestino Della Pia, Pink Panther (Mercogliano, Avellino); Simone Pizzo, Il Fante di Fiori (Verona); Giuseppe Riontino, Canneto Beach (Margherita di Savoia, Barletta-Andria-Trani); Thomas Sparacio, Duca 26 (Civitanova Marche, Macerata); Pasquale Stabile, 20 Pizza & Delicious (Cava dei Tirreni, Salerno); Angelo Tantucci, Il Capriccio (Monsano, Ancona); Mario Verdicchio, Reginella (Caserta).
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Pane funzionale Ho pensato di realizzare un pane “funzionale” rivolto agli sportivi ma non solo, un pane molto gustoso con un tasso ridotto di carboidrati rispetto al classico pane “normale”. Grazie a una miscela di proteine vegetali ha un alto contenuto proteico, molto più alto rispetto al pane tradizionale. Ho cercato anche di ridurre o meglio demonizzare la quantità di glutine presente e ridurre il frumento, in una eventuale dieta, con l’utilizzo di farina di lupini e farina di soia. Prodotto artigianalmente con metodo autolitico e una eccellente miscela di ingredienti naturali scelti e pensati per rendere il pane ideale per chi vuole ridurre i carboidrati e per chi segue le diete dissociate. Partendo dalla scelta di utilizzare fa-
rina Tipo 1 del Molino Dallagiovanna linea Uniqua bianca, una farina derivante da grano lavato e con lo scopo di mantenere inalterati tutti i componenti del chicco di grano, i macronutrienti e il germe. Contiene molte più fibre e sali minerali delle farine di tipo 0 e 00: è dunque ideale per una corretta e sana alimentazione. Tra gli ingredienti ho inserito l’acqua di mare, ingrediente pensato come sostituto del sale comune, l’acqua di mare viene depurata e resa microbiologicamente pura per renderla idonea al consumo alimentare. Brevettata dalla Steralmar di Bisceglie con un processo produttivo chemicalfree, consente di essere impiegata in ogni step della cucina per ottenere alimenti caratterizzati da sapidità naturale, ottimo profilo nutrizionale per la presenza di ben 92 tra sali minerali e oligoelementi (come calcio, potassio, magnesio, fluoro, iodio e selenio), nonché da basso contenuto di sodio come raccomandano ormai da anni Organizzazione mondiale della sanità e Ministero della salute. Riservadimare®, a differenza del sale comune, non contiene sostanze chimiche aggiunte come sbiancanti e antiagglomeranti e ogni suo componente è naturale e non di sintesi (come avviene invece per lo iodio del sale iodato) risultando perfetta per ogni regime nutrizionale, incluse diete biologiche e vegane. Riportare l’acqua di mare in cucina presenta diversi vantaggi perché i processi industriali di produzione e raffinazione degli alimenti spesso li privano di sostanze fondamentali come gli oligoelementi necessari in molte reazioni enzimatiche del nostro organismo. Ci riporta a un gusto più naturale perché Riservadimare®, con la sua salinità equilibrata, non copre il sapore delle materie prime utilizzate e permette NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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una esperienza sensoriale più piena. Nella panificazione, Riservadimare® offre anche il vantaggio di miscelare i sali disciolti in modo uniforme, ottenendo di fatto un impasto che non presenta disomogeneità di sapidità. Risulta più veloce da ottenere perché unisce in sé già acqua e sali e ne consegue un risparmio di tempo che si traduce anche in una maggiore facilità nel mantenimento della temperatura ottimale nell’impastatrice. L’impiego di Riservadimare® presenta anche un beneficio per l’ambiente, in quanto consente un risparmio dell’acqua potabile, risorsa sempre meno disponibile. L’altro ingrediente su cui ho puntato sono i semi di Chia dell’Azienda Salbachia. Sono ricchi di Omega 3 (ALA) e fibre, fonte di proteine vegetali (con tutti gli aminoacidi essenziali) e ad alto contenuto di minerali (molibdeno, calcio, magnesio e rame su tutti) , vitamine e antiossidanti. È una fonte di energia naturale particolarmente adatta per il recupero e per gli sforzi prolungati. Migliora la qualità del sangue, aiutando cuore e sistema cardiocircolatorio. Aiuta il sistema digestivo e favorisce l’evacuazione: può aiutare a controllare il peso. Sviluppa muscoli
Nico Carlucci
Maestro Panificatore - Pasticcere
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e tessuti. È ricco di sostanze utili al sistema nervoso. Aiuta a rinforzare capelli, unghie, denti, ossa. Facilita la risposta immunitaria e antinfiammatoria. La scelta di questo pane è fatta per coniugare gusto, equilibrio, versatilità e leggerezza, ma soprattutto un prodotto salutare!!
Ingredienti Farina Tipo 1 linea Uniqua bianca Molino Dallagiovanna Farina di lupini Farina di soia Lievito di birra fresco compresso Semi di chia Salbachia (Salus Team s.r.l.) Acqua di mare microbiologicamente pura Steralmar Riservadimare Acqua Sale marino fino
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Coupe du monde de la Patisserie: un’avventura che dura da 30 anni tutto il mondo e composte da artista del cioccolato, specialista di dessert ed esperto di gelato che eseguono la propria performance sotto gli occhi di giuria, sostenitori e
"Creata nel 1989, la Coupe du Monde de la Pâtisserie è stata pensata e costruita per essere la punta di diamante delle professioni di pasticciere, gelataio, cioccolataio, confettiere. Il suo obiettivo è sempre stato quello di promuovere la trasmissione della conoscenza dal docente allo studente, promuovere i prodotti e la richiesta di un uso ottimale, se non ideale, delle materie prime agricole”, ricorda Gabriel Paillasson, Presidente fondatore della competizione. A soli due anni dal primo Bocuse d’Or, il pasticcere lionese aveva visto giusto immaginando un concorso esclusivamente dedicato al genere dolce con lo stesso rigore, lo stesso livello di eccellenza e lo stesso spirito festivo del suo alter ego salato. E il tempo non ha messo in discussione l’iniziativa, al contrario. La pasticceria ha acquisito autonomia e conquistato nuovi territori fino a riunire in 30 anni di competizione, professionisti provenienti da oltre sessanta nazioni, creando più di una grande comunità, una grande famiglia. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ PASTICCERIA L’italiano Emmanuele Forcone, Medaglia d’oro 2015, lo ricorda come un momento di rara intensità: “Esiste oggi una vera domanda per questo tipo di preparazione”. La Coupe du Monde de la Pâtisserie è infatti lo specchio della disciplina, di cui difende i valori: una filosofia di vita che ha sempre saputo superare i propri limiti e rimanere al passo con le ultime novità e tendenze dei consumatori così come con le esigenze della società . Anche questa competizione non poteva ignorare le preoccupazioni in tema di ambiente e di benessere che coinvolgono l’industria della ristorazione. Per la prima volta nella storia della Coupe du Monde de la Pâtisserie, nella prossima finale il dessert sul piatto dovrà essere al 100% vegano. In altre parole, un dessert che non utilizza alcun prodotto animale o di origine animale. Una difficoltà senza precedenti che metterà alla prova la creatività dei candidati affrontando contemporaneamente le attuali preoccupazioni dei consumatori. “Esiste oggi una vera domanda per questo tipo di preparazione che utilizza alimenti esclusivamente di origine vegetale”, sottolinea Philippe Rigollot. “Volevamo introdurre un tema imposto, per avere elementi di giudizio coerenti tra tutte le proposte, ma che fosse anche unificante per i candidati.
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I temi di Natura, Flora e Fauna sembravano essere perfettamente rappresentativi delle preoccupazioni del momento”, spiega Philippe Rigollot. Un’altra prova prende a prestito questa stessa attenzione per l’ambiente: la realizzazione di un dolce al cioccolato con un biscotto necessariamente fatto con miele. Questa prova rappresenta l’oggetto di una collaborazione con l’Unione Nazionale Apicoltori di Francia, che si impegna per la salvaguardia delle api, e sui grandi temi della biodiversità e dell’impollinazione. “Abbiamo ritenuto opportuno utilizzare la fama della Coupe du Monde de la Pâtisserie per pubblicizzare una causa nobile ed essenziale, che è la difesa delle api che sono vere sentinelle del nostro ambiente”, specifica il Presidente Philippe Rigollot. Tra le altre novità di questa 15a edizione c’è la creazione di una scultura in zucchero che dovrà includere obbligatoriamente un elemento trasparente in zucchero soffiato di circa 25/35 cm. Questo pezzo dovrà essere fatto a mano, per costringere i candidati a dimostrare le loro abilità tecniche. La finale della Coupe du Monde de la Pâtisserie si tiene ogni due anni a Lione (Francia), nell’ambito di Sirha, il salone mondiale del Food Service.
Fonte: P&G Exhibitions Marketing Media
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Il pasticcere
dell’anno
i suoi primi 25 anni ed incorona aziende e personalità che si sono contraddistinte presidente dell’associazione, Gino Fabbri.
I festeggiamenti per i 25 anni di Ampi si sono svolti durante il Simposio Pubblico che ha celebrato i reali vincitori di questa edizione: il valore e la qualità della pasticceria italiana nel mondo. Lunedì 22 e martedì 23 ottobre, l’Associazione che riunisce i migliori professionisti della pasticceria italiana fondata nel 1993 da Iginio Massari, si è ritrovata a Bologna per l'annuale Simposio Pubblico. Il tema “Italianità fra tradizione ed innovazione", ha permesso ai Maestri Ampi di dedicare i loro dolci alla tradizione e al territorio di provenienza. "La pasticceria italiana gode di un valore intrinseco enorme che deriva dalla ricchezza di tradizioni e conoscenza che il nostro popolo vanta e mantiene. L'italianità è un merito e ogni accademico la dimostra quotidianamente", ha sottolineato il Presidente Gino Fabbri. Due giorni tra tematiche interne, degustazioni, incontri e visite alle pasticcerie bolognesi di alcuni membri Ampi: la pasticceria Regina di Quadri di Francesco NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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Elmi, il Caffè Zanarini di Marco Antoniazzi e la Pasticceria Gino Fabbri Pasticcere. Momento clou della manifestazione è stata la giornata di martedì 23 ottobre, aperta a tutti, dedicata ai percorsi sensoriali e alle premiazioni. Alle 16:00, nell’atmosfera contemporanea della ex Galleria d’Arte Moderna di Bologna, l'attuale Palazzo della Cultura e dei Congressi, si sono aperte al pubblico le porte per oltre mille persone. I presenti hanno ammirato l’eleganza e creatività delle opere dei Maestri Pasticceri, degustato le monoporzioni e conosciuto da vicino gli Accademici. Dagli iniziali 13 Maestri all’epoca della fondazione, gli attuali 72 Membri Ampi, distribuiti principalmente sul territorio nazionale e all’estero, a Tokyo e negli Stati Uniti, hanno presentato le loro pièce a tema colorando e profumato i 1.500 mq della sala espositiva con oltre venti pezzi artistici in cioccolato, zucchero, ghiaccio e una infinità di monoporzioni da assaggiare. Una esposizione di opere d’arte dolciaria con lavori raffinati, in tema con il 25° anniversario e creati seguendo l’ispirazione del tema "l'italianità fra tradizione ed innovazione". Verso le 18:00 nell'adiacente Teatro EuropAuditorium, sulle note di Federico Poggipollini, chitarrista di Ligabue, si è svolta la cerimonia finale presentata da Irene Colombo. In una sala gremita di gente, è avvenuta la consegna delle ambite Medaglie d’oro Ampi. I dolci, esposti su 6 tavoli di presentazione riccamente decorati, sono stati oggetto di votazione da parte di una giuria composta da giornalisti e personalità del mondo food che hanno consacrato come gruppo vincitore di ben due Medaglie quello composto da Iginio Massari, Silvia Federica Boldetti, Giovanni Cavalleri, Maurizio Colenghi, Davide Comaschi, Giancarlo Cortinovis, Alessandro Dalmasso, Fabrizio Galla, Giovanni Pina, Maurizio Santin, Vincenzo Santoro, Alessandro Servida ed Emanuele
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Valsecchi. Una Medaglia per l’eccellenza nella bontà della torta gianduia all’italiana innovativa e un'ulteriore Medaglia per il grande senso estetico e scenografico dimostrato nell'allestimento del Tavolo di presentazione. Sempre nell'ambito del Tavolo di presentazione, al Gruppo capitanato da Maurizio Busi con Giuseppe Amato, Marco Antoniazzi, Sebastiano Caridi, Domenico Di Clemente, Fabrizio Donatone, Francesco Elmi, Marco Ercoles, Gino Fabbri, Davide Malizia, Luca Mannori, Giambattista Montanari, Roberto Rinaldini, Paolo Sacchetti e Gabriele Vannucci è andata la Medaglia d’Oro per il valore artistico e l’alta tecnica nella composizione. Menzione speciale al Maestro Biagio Settepani per la grande professionalità e generosità sempre dimostrate, attento a mantenere viva la tradizione della pasticceria italiana all’estero, Ambasciatore Ampi negli U.S.A. dal 2008 e recentemente elogiato dal Sindaco di New York, Bill De Blasio, come straordinario artigiano e interprete della miglior pasticceria dello Stato Americano. A Rita Busalacchi, Ampi e l'azienda Filicori Zecchini hanno conferito il riconoscimento di Pasticcere Emergente 2018 per talento, capacità, manualità e fantasia dimostrate, senza dimenticare le sue origini che l’hanno portata ad essere apprezzata in Italia e nel mondo dei grandi professionisti. Nell’ambito dei premi dedicati alle Aziende, Ampi ha conferito la Medaglia d’Oro a Olitalia per la
/ PASTICCERIA costante ricerca nel settore oleario alimentare e per la realizzazione di Frigoloso, prodotto con elevate caratteristiche tecnologiche e organolettiche per agevolare nel fritto i professionisti della cucina e della pasticceria. Una seconda Medaglia d’Oro è andata all’azienda Roboqbo per la costante ricerca tecnologica applicata, per lo sviluppo delle evoluzioni alimentari e per incrementare la qualità nel cibo grazie e macchine in grado di mantenere le proprietà nutrizionali degli alimenti, rispettando la naturalità delle materie prime.
Ampi ha inoltre riconosciuto un attestato alle aziende che nei primi 25 anni dell’Associazione hanno ricevuto la Medaglia d’Oro per le grandi capacità e la competenza dimostrate in questi anni di ricerca della qualità per la pasticceria italiana. A Sigep è andata la menzione speciale per la grande professionalità, competenza ed attenzione ai dettagli che negli anni hanno contribuito a far diventare una mostra territoriale, nell’attuale salone di settore di rilevanza internazionale, dando lustro alla pasticceria italiana riconosciuta a livello internazionale. Dulcis in fundo, Ampi ha conferito al palermitano Santi Palazzolo il riconoscimento di Pasticcere dell'Anno 2018 - Trofeo Pavoni per l’impegno e la costanza profusi nel perseguire gli obiettivi e gli straordinari traguardi professionali finora raggiunti, mantenendo sempre integrità morale e ineffabili doti umane. Grande professionista di elevato valore tecnico, sempre attento alla reinterpretazione delle tradizioni dolciarie della sua terra, contribuendo a fornire nuovi stimoli a tutta la pasticceria italiana. “Sono commosso”, ha dichiarato Santi, “di ricevere questo premio che riconosce ulteriore prestigio alla mia pasticceria, che nel 2020 festeggerà 100 anni di storia, al mio team e alla mia famiglia, con la quale ho sempre condiviso gioie e dolori di questa stupenda professione”. Il titolo di Pasticcere dell’Anno è un riconoscimento prestigioso conferito dai Professionisti Ampi, tutti concordi sulle grandi doti di Santi, interprete della tradizione e di precursore di una visione futuristica della pasticceria che promuove anche nelle succursali estere in Francia e Spagna e nel suo “Pastry Lab”, inaugurato un anno e mezzo fa e ritenuto da molti il più moderno laboratorio di pasticceria artigianale dello Stivale. Al chiudere la giornata si è tenuta la Cena di Gala a Palazzo Re Enzo, alla presenza del Sindaco di Bologna Virginio Merola, del Presidente di Bologna Congressi, Gianpiero Calzolari e molti altri illustri ospiti. Nell'occasione Il presidente Gino Fabbri ha ringraziato a nome di Ampi tutte le Aziende Partner che continuano ad affiancare l'Associazione in ogni sua attività. L’evento, di grande impatto mediatico e di pubblico, ha coinvolto la Città, le autorità e i professionisti del settore, ed è stato seguitissimo anche da migliaia di follower sui social di Accademia Maestri Pasticcieri Italiani tramite gli account ufficiali di Facebook, Twitter e Instagram.
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Solidarietà
al cioccolato deciso di sostenere il nuovo progetto di solidarietà dedicato a la “Band degli Orsi“, Onlus operante presso l’ospedale pediatrico G.Gaslini di Genova.
Master Martini ha infatti messo a disposizione il suo cioccolato di alta qualità Ariba per la costruzione di una Moto Spaziale da 250 kg, realizzata preliminarmente nel Tempio del Cioccolato, e portata a termine “live” sabato, nell’atrio di Palazzo Ducale – dove è rimasta in esposizione fino a domenica – dai maestri cioccolatieri Gianfranco Rosso di Torino, Antonio Le Rose di Genova, Blandino Gusella di Buttigliera, e Franco Rossetto di Pinerolo. La scultura, dotata di illuminazioni e rombi caratteristici di una vera moto, è andata in beneficienza insieme ad altre figure di cioccolato, realizzate sempre in diretta dai maestri nel corso delle due giornate. Un ambizioso progetto che prosegue una tradizione avviata nel 2015, quando questi straordinari “scultori del cioccolato” hanno dato vita ad un Presepe Napoletano da 100 Kga cui, nel 2016, è seguita l’Arca di Noè da 250 kg e, nel 2017, il Castello di Dracula da 250 Kg. Obiettivo è sostenere le strutture di accoglienza attraverso cui i volontari della Onlus dell’ospedale pediatrico di Genova cercano di rispondere quotidianamente alle necessità di accoglienza dei bambini e delle loro famiglie. In particolare, la Tana
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degli Orsi, che offre accoglienza diurna per i genitori dei bambini ricoverati, i 5 Rifugi degli Orsi, che ogni notte danno ospitalità a 14 famiglie (e che da aprile diventeranno 6, per un totale di 20 unità familiari), e la Tana degli Orsetti, dove l’arte e il gioco alleviano l’attesa dei bambini prima delle cure, o quella dei fratellini dei bimbi ricoverati. Oltre a Master Martini con Ariba, hanno preso parte al progetto di beneficienza “Moto Spaziale 2018” anche Pasticceria e Cioccolateria del Capitano Rosso di Torino; Associazione dei Lucani, Bagino e Di Persio; Pasticceria Internazionale; Amici del cioccolato.
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Italia, quanto sei
golosa! L’Osservatorio Sigep ha mosso dai segnali positivi degli indicatori di spesa per i dolci artigianali natalizi, spesa sempre più spesso sostenuta anche online. Secondo le stime, gli italiani avrebbero speso ben 6,2 miliardi di euro. Il lato produzione è rappresentato da 90.055 imprese artigiane del settore alimentare, di cui 43.063 nella pasticceria con oltre 155mila addetti (stime e dati Confartigianato). Grande padrone di casa delle festività natalizie il panettone, che nelle mani dei migliori maestri pasticceri si plasma accogliendo i sapori e i profumi delle terre d’origine. Nel rispetto, però, di una tradizione consegnataci da millenni di arte dolciaria. “Sono un innovatore tradizionalista”, si autodefinisce Iginio Massari, considerato il ‘Maestro dei Maestri’ pasticceri “Rispetto la tradizione nella sua essenza più profonda, ma ogni anno imprimo nel mio panettone un tocco innovativo. Il passo in avanti passa attraverso l’utilizzo di prodotti primari ineccepibili e valorizzati dall’evoluzione della tecnica e della tecnologia. E’ un binomio che esalta la qualità; un panettone fatto bene è sempre un buon panettone”. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ PASTICCERIA Due chili di dolcezza al profumo di marron glacé e albicocche. E’ stata la proposta di panettone firmata dal pluripremiato maestro Roberto Rinaldini, che prende forma dopo oltre 60 ore di lenta lievitazione. I marroni vengono dal Piemonte e sono rigorosamente tritati manualmente, per essere distribuiti nell’impasto in modo omogeneo. Una nota di leggerezza quasi primaverile con le albicocche del Vesuvio, che regalano la giusta umidità al dolce soffice. “Panettone come scrigno del prodotto tipico locale”, racconta Federico Anzellotti, Presidente ConpaitConfederazione Nazionale Pasticceri Italiani. “Intorno ad un dolce che proprio a Sigep abbiamo nominato ambasciatore italiano nel mondo della produzione dolciaria artigianale, avremo un Natale sempre più all’insegna della valorizzazione dei nostri prodotti Dop. Il panettone artigianale sarà esaltato da abbinamenti eccelsi, ripieno col fico di Cosenza, il limone di Sorrento e la nocciola piemontese. Addirittura, il Montepulciano d’Abruzzo sta entrando come essenza
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nell’impasto del dolce lievitato. Infine, due belle novità: il gelato tende ad uscire dal panettone per accostarsi come accompagnamento; poi inizia una nuova avventura con il Panettone abbinato al dulce de leche, dessert a base di latte originario dell’America Latina dal sapore molto simile a quello delle caramelle mou. Il successo travolgente del panettone artigianale sta trascinando all’attenzione del consumatore anche il pandoro, non tanto con il ripieno, ma con la scelta di dare sapore all’impasto, sempre coi prodotti della migliore tradizione italiana”. Cambiando settore, il Natale al femminile ha avuto tante forme, sapori e profumi, rinnovati da fantasia, personalità e perfetta maestria. I personaggi natalizi hanno preso vita nelle creazioni artigianali di Silvia Federica Boldetti, incoronata Pastry Queen, il mondiale femminile di pasticceria a Sigep nel 2016, astro nascente nel panorama enogastronomico nazionale e prima donna a diventare membro dell’AMPI (Accademia Maestri Pasticceri Italiani). Anche il
/ PASTICCERIA Un goloso omaggio alla tradizione dolciaria artigianale delle terre d’origine è arrivato anche dai pasticceri che partecipano al Campionato Italiano di Pasticceria Seniores a Sigep 2019. ‘Fiore dell'Etna’ è l’opera di Charles Di Vita, che nasce dall’ispirazione alla sua terra, la Sicilia, rievocata da una frolla bretone alla mandorla con all'interno una crema leggera al caffè e un inserto croccante alla mandorla. Alessandro Bertuzzi propone il ‘suo’ pandoro, un dolce italiano lievitato dove la semplicità è raggiunta attraverso una vera sfida tecnica del professionista. La sua versione è con vaniglia e gelsomino, impreziositi dall’arancio grattugiato presente nell’emulsione di burro dell’impasto del Pandoro. Ingredienti lavorati “in punta di piedi” per esaltare più che per stravolgere e per dare un nuovo profilo di gusto. ‘Torta Regina’ è il cavallo di battaglia di Gianluca Cavallo: 5 strati alternati di crema lavorata e salsa di fragoline e frutti di bosco.
Fonte: Ufficio Stampa Sigep
cioccolato Ruby, il cioccolato rosa naturale prodotto dalla fava di cacao “Ruby cocoa bean”, viene modellato dalla regina mondiale della pasticceria per creare i suoi soggetti natalizi in cioccolato. Tra le sue creazioni, l’invitante look del panettone ai frutti di bosco con copertura rosa a base di fave di cacao “Ruby”, che si ritrovano anche nella sua triade portafortuna di soggetti natalizi: Babbo Natale, un mago e un elfo. Un tributo ai pomeriggi di Natale al cinema è arrivato dalla prima Pastry Queen del mondo (Sigep 2014), la romagnola maestra pasticcera Sonia Balacchi. La ‘Torta Movie’ è dedicata ai “co-protagonisti” delle visioni cinematografiche - i popcorn - qui in versione ghiotta con glassa al caramello e vaniglia. All’interno della torta, il profumo dei frutti rossi e la cremosità del mascarpone avvolti in una mousse di fondente al 70% su croccante alle nocciole e agrumi. La pasticcera Ilaria Cirillo, infine, ha preparato Fohn un morbido cake ai marrons glacés, gelèe di albicocche e ganache montata all’arachide. L’idea è nata dal voler valorizzare il territorio dove è nata e cresciuta, creando un dolce natalizio goloso, il Föhn, appunto. Il nome deriva da quello del vento che in autunno spazza l’intera val di Susa, un vento caldo e avvolgente, proprio come i sapori utilizzati: il marron glacé, contrapposto alla freschezza delle albicocche. Un dolce dal carattere tipicamente piemontese. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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Maritozzo Day più amato della Capitale. La giornata dedicata al maritozzo, farcito con la panna ma anche in tante altre versioni, celebrata presso forni e pasticcerie della Capitale.
Il primo dicembre si celebra a Roma il Maritozzo Day, una giornata tutta dedicata a questo dolce popolare e squisito. In occasione del Maritozzo Day 2018 gli artigiani di forni, bar e pasticcerie dal centro alla periferia, hanno distribuito maritozzi dolci e salati in omaggio nei propri locali. L’iniziativa nasce da un’idea di ‘Tavole romane’. Tanti maritozzi per tutti, dalla versione classica con il ripieno alla panna a quelle più sperimentali, con spazio ai “maritozzi alternativi” nelle varianti vegane o senza glutine, salate e perfino il “combo” pizza-maritozzo della Pizzeria Sancho. Sul maritozzo a Roma ”è in atto una timida rivoluzione”, spiegano i giovani fondatori di Tavole Romane, “grandi chef cominciano a rivisitarlo ispirati dai grandi classici della cucina romana. Da qui la farcitura con broccoli e salsiccia, o coi moscardini in accattivanti versioni.” L’iniziativa del Maritozzo Day 2018 di Roma è stata lanciata sui social media con l’hashtag #maritozzoday2018, che ha permesso anche l’informazione in tempo reale su scorte esaurite e disponibilità di omaggi per i ”maritoneti” del gusto. Il maritozzo è nato come pane dolce nei forni di Roma, preparato anche con uvetta come nei quaresimali. Oggi il maritozzo si trova nelle pasticcerie artigiane, per pause golose a a base della sua pasta morbida e fragrante farcita con panna, ma sempre più spesso
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anche nella versione salata, con ricette firmate dagli chef famosi. Tra i locali che hanno aderito all’iniziativa ci sono bar e pasticcerie che hanno fatto la storia di Roma e veri riferimenti di quartiere: Andreotti, Bompiani, Linari e Romoli, con vere e proprie istituzioni della panificazione del calibro di Bonci. Partecipano anche pluripremiate realtà emergenti come Café Merenda, Lievito, Nero Vaniglia. Anche quest’anno c’erano i “maritozzi stellati” firmati da chef romani premiati dalla guida Michelin del calibro di Cristina Bowerman, Riccardo Di Giacinto e Angelo Troiani, con il coinvolgimento di locali storici come Armando al Pantheon e Le Tre Zucche. Infine, per gli amanti del gelato, tre gelaterie cult (Otaleg di Marco Radicioni, Günther Gelato Italiano e Gelato San Lorenzo) hanno unito maritozzo e gelato, con proposte originali ideate per l’occasione.
/ PASTICCERIA
I nuovi krapfen Wolf ButterBack I krapfen Wolf ButterBack a Sigep con l’innovativa frittura al grasso di Sal senza olio frutto dell’albero di Sal, consente di eliminare il grasso butirrico dalle ricette. Un segnale importante dell’attenzione dell’azienda per i temi ambientali e sociali.
Wolf ButterBack presenta a Sigep (pad. B7 stand 111) una novità nel segno dell’innovazione e dell’ecosostenibilità ambientale senza compromessi con il gusto: ecco i nuovi krapfen senza olio di palma e grassi idrogenati, fritti da oggi in olio di girasole e grasso dell’albero di Sal dal gusto piacevolmente neutro. Da sempre attenta alla qualità dei suoi prodotti e alle tematiche ambientali e sociali anche nel processo produttivo, l’azienda di Fürth ha introdotto nella frittura dei suoi lievitati questo speciale grasso ricavato dai semi del frutto dell’albero di Sal, eliminando così l’utilizzo del grasso butirrico. I frutti dell’albero di Sal vengono raccolti in India in foreste selvagge dalle popolazioni locali, che possono in questo modo sostenere
l’economia del territorio senza minacciare l’ecosistema con la deforestazione del suolo. Per quanto riguarda la preparazione dei krapfen, l’impasto a lunga lievitazione con burro è sempre quello dalla mollica morbida che regala dolci soffici, freschi a lungo, di grandi dimensioni e dalla forma omogenea. I krapfen sono disponibili nelle varianti vuoto, con la fresca e succosa farcitura alla confettura di albicocca o con golosa crema pasticcera cotta, inseriti nella gamma “Clean Label”, e da oggi anche con crema al cioccolato, tutti solo da scongelare e decorare a piacere. Ogni krapfen vuoto pesa 55 g mentre i krapfen farciti pesano 70 g è sono rispettivamente confezionati in pratici cartoni da 33 pezzi. Wolf ButterBack produce da oltre 20 anni specialità da forno surgelate di qualità premium a base di pasta sfoglia lievitata al burro, come croissant e dolci ripieni ma anche referenze specialità salate. Anche quest’anno, e per la sesta volta consecutiva, l’azienda ha ottenuto la certificazione secondo i parametri di International Food Standard (IFS) con voto “higher level”
Fonte: Studio di Comunicazione Cecilia Saltini NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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Il babà al rhum da “Mille e una Notte”:
Procedimento Lavorare la margarina a pomata con il lievito fino a farla diventare una crema omogenea. Aggiungere lo zucchero, le uova e il mix, alternandoli. Imburrare ed infarinare degli stampi da babà. Lasciare lievitare fino al bordo e cuocere a 180°C per 10 minuti (la cottura potrebbe variare in base alle dimensioni degli stampi). Una volta rimossi dagli stampi, lasciar raffreddare, immergere per qualche secondo nella bagna calda al rhum e lasciar scolare su una griglia in modo da rimuovere la bagna in eccesso. Passiamo alla preparazione della crema Tagliare la zucca a cubetti, mettetela in un pentolino antiaderente e copritela col latte. Aprire i baccelli di cardamomo e metterli in infusione nel latte. Portare a ebollizione e proseguite la cottura a fuoco moderato e a pentola coperta per una decina di minuti, fino a quando la zucca non tende a spappolarsi. Se non dovesse esserci più liquido di cottura, aggiungere un po' d'acqua. Una volta terminata la cottura, frullare il tutto e zuccherare a piacere. Servire la crema insieme al babà.
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Ingredienti Per il babà senza glutine 6 Uova Fibrepan - LP g 360 Margarina g 120 Miele g 60 Zucchero g 70 Lievito in polvere g 14 g. Per la bagna al rhum barricato senza zucchero Acqua calda ml 200 Stevia g 4 Rhum barricato g 200 Zenzero in polvere g 1 Per la crema alla zucca con cardamomo Zucca senza buccia g 300 3 Baccelli di cardamomo Latte ml 500
/ PASTICCERIA
Ribes e fiocchi di Yucca sulla “Fruit Cake” Farmo
Ingredienti Fibrepan-Cake g 250 Polvere di Yucca g 30 2 Uova medie Burro g 125 Granella di nocciole g 30 Granella di pistacchi g 30 Granella di noci g 30 Granella di mandorle g 30 Mela a cubetti g 80 Ribes freschi g 50 1 cucchiaio di cannella
Procedimento Mescolare Fibrepan-Cake, uova e burro precedentemente reso a pomata in una ciotola o in planetaria a velocità media per 2 minuti. Una volta che il composto è ben miscelato e il burro ben incorporato, aggiungere la cannella e i rimanenti ingredienti, fatta eccezione per i ribes, che andranno nell'impasto per ultimi, in modo che si rompano il meno possibile. Una volta che tutti gli ingredienti sono stati incorporati, imburrare ed infarinare uno stampo da plumcake e versare all'interno il composto. Infornare in forno preriscaldato a 180°C per 25/30 minuti in base alla dimensione dello stampo. Lasciar raffreddare e rimuovere dallo stampo. Decorare a piacere. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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Brioches del mattino
Procedimento Versare nell’impastatrice la farina e i lieviti e lasciare mescolare e ossigenare per 2 minuti circa in prima velocità. Inserire il latte e di seguito le uova lasciando mescolare, inserire il miele, lo zucchero e infine a più riprese il burro, la polpa delle bacche di vaniglia e infine il sale. Impastare complessivamente per 11 minuti in prima velocità e 2 in seconda velocità. Porre l’impasto in frigo a + 4° per massimo 16 ore circa. Estrarre dal frigo e lasciare stemperare in massa per massimo 30 minuti a temperatura ambiente. Dividere l’impasto in pastelle da 100 grammi, pirlare e porre su teglie 60x40 precedentemente foderate con carta da forno; lasciare lievitare in cella di lievitazione a 34° con il 75% di umidità per circa 2 ore. Quando lievitati, spennellare dolcemente con uova e latte (è possibile decorare con zucchero di canna, codette di zucchero o seligrafare con cacao dolce). Cuocere a 210°C per circa 18 minuti.
Nico Carlucci
Maestro Panificatore - Pasticcere
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Ingredienti Farina Tipo 1 kg 2 Lievito madre disidratato in polvere g 80 Lievito di birra fresco compresso g 40 Latte Intero g 700 Uova Intere g 300 Miele g 100 Sale g 40 Stevia g 120 Burro g 300 2 Bacche di vaniglia 4 Tuorli d’uovo e latte o panna per spennellare Decorazioni in zucchero e/o zucchero di canna
/ PASTICCERIA
Eischallenge per Sigep Valorizzare e incentivare il gelato artigianale Made in Germany, che rappresenta il più
‘Longarone Eis Challenge’ è un progetto che vede insieme Sigep, il salone mondiale per l’intera filiera del dolce freddo organizzato da Italian Exhibition Group (Fiera di Rimini, 19-23 gennaio 2019) insieme a Gelato e Cultura, Longarone Fiere con la sua MIGMostra Internazionale del Gelato Artigianale (3-4 dicembre 2018), storica manifestazione dedicata al mondo del gelato artigianale e Carpigiani, azienda leader nella produzione di macchinari per i gelatieri, pasticceri e chef. Un’ esperienza da “172 anni” nel mondo del gelato artigianale, con le 40 edizioni di Sigep, le 59 di Mig e i 73 anni di Carpigiani. Il vincitore sarà il gelatiere della squadra tedesca alle finali mondiali della Coppa del Mondo della Gelateria a Rimini durante Sigep 2020, vero e proprio capitano di una compagine sicuramente ambiziosa che competerà al massimo livello mondiale con l’obiettivo di vincere l’ambito titolo conquistato nel 2018 dalla Francia. Gli altri componenti della squadra tedesca (il pasticciere, lo chef e lo scultore del ghiaccio) saranno selezionati attraverso una serie di eventi che si svolgeranno in Germania durante il 2019 e in collaborazione con i Concessionari di Carpigiani Deutschland.
Giancarlo Timballo, Presidente della Coppa del Mondo di Gelateria commenta: “La direzione della Coppa del Mondo della Gelateria promuove le selezioni nazionali per la formazione delle squadre estere che parteciperanno alla 9à edizione della CMG nel 2020 al Sigep di Rimini. Questo obiettivo è stato per anni uno dei più importanti per la crescita della competizione mondiale. Avere nell’elenco delle nazioni che si propongono anche la Germania, secondo mercato del gelato artigianale, è un ulteriore tassello verso l’internazionalizzazione dell’evento che annovera già squadre da tutti i continenti. L’augurio nostro è che le selezioni professionali possano essere di sprone per un ulteriore elevazione della nostra professione anche in Germania dove i gelatieri Italiani hanno operato e diffuso la cultura del gelato artigianale Italiano”. Giorgio Balzan, Presidente di Longarone Fiere dice: “Siamo fieri di aver attivato le selezioni della squadra Tedesca a Longarone. Ringrazio Sigep che ci ha dato la possibilità di avere accesso alla Coppa del Mondo di Gelateria, la sempre presente Carpigiani che ci aiuta ad organizzare l’evento, IFI che metterà a disposizione le migliori vetrine per contenere le creazioni dei concorrenti, il media partner Punto de che aiuterà a diffondere l’evento e l’associazione Uniteis che porta NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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tanti gelatieri a MIG. Infine un augurio particolare ai gelatieri tedeschi che si stanno iscrivendo e che vivranno un MIG di Longarone pieno di novità” Per Sigep quello della squadra tedesca è un atteso ritorno alla prossima edizione della Coppa del Mondo della Gelateria, che a Rimini si appresterà a festeggiare il IX anniversario. Mancava, infatti, da diverse edizioni un team proveniente dalla Germania. Per individuare la squadra italiana a gennaio 2019 si terrà – nel quartiere fieristico riminese - il Sigep Gelato d’Oro, dove si sfideranno i finalisti provenienti dalle nove gare che si stanno svolgendo in tutto lo stivale dai Concessionari Carpigiani. Si sono inoltre già svolte a febbraio, a Città del Messico e ad aprile, a Singapore, le selezioni estere della Coppa del Mondo della Gelateria nelle quali sono state scelte le prime 4 squadre della finale: Messico, Singapore, Malesia, Giappone.
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Un importante gioco di squadra quello avviato da Italian Exhibition Group, Longarone Fiere e Carpigiani, allineate a favore dello sviluppo del gelato artigianale nel mondo, un mercato mondiale che vale attualmente 15 miliardi di euro, con una crescita media del 4% l’anno tra 2015 e 2018. L’Italia, dove il consumo del gelato è per 1/3 industriale e 2/3 artigianale, è il primo paese al mondo in cui si assiste a tale predominio nelle preferenze dei consumatori. In questi ultimi decenni i consumi si sono moltiplicati di sei volte. Non esiste un prodotto alimentare protagonista di uguale performance (Stime Osservatorio Sigep).
Fonte: Ufficio Stampa Sigep
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World Pasta Day spegne venti candeline dell’export italiano.
Da vent’anni il 25 Ottobre è la giornata scelta per celebrare il World Pasta Day ogni anno in una diversa città come sede principale, mentre in tutto il resto del mondo hanno luogo manifestazioni ed iniziative promozionali. Il 20° anniversario del World Pasta Day, ha avuto come sede centrale con un evento organizzato dall’Ipo, l’International Pasta Organization, con la collaborazione di Aidepi, l’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta italiane. Il primo World Pasta Day, nel 1998, si tenne a Napoli, in una cornice simbolo dell’eccellenza italiana a tavola. Da allora, questo evento si è trasferito nel corso degli anni a Genova nel 1999, a Roma nel 2000, 2001 e 2002, di nuovo a Napoli nel 2003, per poi prendere respiro internazionale e spostarsi negli anni a New York, Barcellona, Città del Messico, Istanbul, Rio de Janeiro e Buenos Aires. Nel 2015 è stata la volta di Milano, nella cornice dell’Expo; le ultime due edizioni si svolte a Mosca e San Paolo nel 2017. L’evento mira a massimizzare la promozione di un cibo straordinario, buono, salutare, nutriente, accessibile e sostenibile, un pilastro della dieta mediterranea,
riconosciuto come patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’Unesco. Sponsor i nomi simbolo del panorama italiano della pasta come Barilla, Divella, Garofalo, La Molisana e Pastificio Di Martino; ma anche Parmigiano Reggiano, che si lega alla materia prima in uno dei più classici connubi del Made in Italy. Intanto, volano i consumi di paste speciali, dal bio, al senza glutine, al kamut, farro e con spezie e legumi, aumentati in un anno del 12%, con punte del 18% nel caso dell' integrale. Merito dei pastai italiani che investono in innovazione, ricerca e sviluppo 500 milioni di euro l'anno, il 10% del fatturato del settore, per migliorare la qualità, sapendo intercettare le tendenze del mercato. Un quadro molto positivo per la pasta italiana quello tracciato da Aidepi (Associazione Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) in occasione del World Pasta Day, presentando un'indagine Iri, un italiano su due si dichiara interessato a nuovi ingredienti e nuovi tipi di pasta. Oggi il 57% dei consumatori orienta le proprie scelte tenendo in considerazione prodotti nuovi o già esistenti, ma con gusti rinnovati. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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La pasta è un alimento tipico della tradizione, consumato dal 99% degli italiani, in media circa 5 volte a settimana, che riesce a mantenersi protagonista della spesa anche per la sua capacità di interpretare tendenze, cambiamenti degli stili di vita, nuove frontiere del gusto e della nutrizione. "In un mercato sempre più competitivo possiamo vincere solo puntando sulla qualità che va di pari passo con ricerca e innovazione", spiega il segretario generale dei pastai di Aidepi, Luigi Cristiano Laurenza, "stiamo rispondendo a un consumatore sempre più attento a gusto, salute e sostenibilità con una pasta sempre più personalizzata, dall'integrale al gluten free, fino a quella con spezie, legumi e superfoods o addirittura quella realizzata con la stampante 3D". Secondo l'indagine, il segno del cambiamento nella pasta, secondo il 48% dei consumatori, è quella senza glutine, mentre per 2 su 10 quella a base di farine proteiche (es. ceci e legumi) e per quella arricchita con verdure. È boom in Italia anche per la pasta di grani antichi come il Senatore Cappelli con un aumento in un anno del 400% delle superfici coltivate che hanno raggiunto i 5000 ettari nel 2018, sotto la spinta del crescente interesse per la pasta 100% di grano italiano, grazie all’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine in etichetta. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare lo studio Aidepi sui cambiamenti in atto nei consumi di pasta.
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Un elemento di trasparenza che ha portato a un profondo cambiamento sullo scaffale dei supermercati dove si è assistito alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni. Da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, da FdAI – Firmato dagli agricoltori italiani fino a “Voiello” che fa capo al Gruppo Barilla sono sempre più numerosi i brand che garantiscono l’origine nazionale del grano. E avanza anche la produzione di grano bio italiano, con il più grande accordo mai realizzato al mondo per quantitativi e superfici coinvolte siglato tra Coldiretti, Consorzi agrari d’Italia, Fdai (Firmato dagli agricoltori italiani) e il Gruppo Casillo che prevede la fornitura di 300 milioni di chili di grano duro biologico destinato alla pasta e 300 milioni di chili di grano tenero all’anno per la panificazione. L’Italia è il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 4,3 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a circa 1,3 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano circa il 40% della produzione nazionale. Gli italiani sono i maggiori consumatori mondiali di pasta con una media di 23 chili all’anno pro-capite, ma l’Italia si conferma leader anche nella produzione industriale con 3,2 milioni di tonnellate, davanti a Usa, Turchia e Brasile.
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Grano antico per il futuro L’olimpionico Juri Chechi e Simone Scipioni lanciano la pasta Hammurabi creata da “La
“Si tratta di un grano antico di eccellenza”, ha spiegato Federico Maccari, direttore di Entroterra Spa, parlando del frumento utilizzato per produrre ‘Hammurabi’, “che abbiamo recuperato grazie ad un lavoro congiunto con Isea e l’università di Camerino. Le sue caratteristiche organolettiche sono straordinarie e uniche nel mondo della pasta per l’altissimo contenuto di proteine 20%, alto contenuto di fibre, di fosforo, ferro e magnesio. Una specie apprezzata fin dai tempi della Mesopotamia per le sue proprietà nutrizionali”.
Protagonisti della presentazione sono stati Juri Chechi, olimpionico di ginnastica che nelle Marche ha la sua Academy e Simone Scipioni, vincitore di Masterchef, con il suo show cooking dedicato con il “sugo di Camerino”. ”A distanza di un anno dall’inaugurazione dell’ampliamento dell’azienda”, ha detto Gaetano Maccari, fondatore dell’azienda, “con il quale abbiamo raddoppiato la superficie coperta e lanciato la produzione della pasta di semola e di farro assumendo altre 20 persone tutte del territorio, sono molto felice di ritrovarci qui. Quando tanti anni fa siamo partiti con mia moglie Mara in questa grande avventura di creare La Pasta di Camerino avevamo un sogno che oggi continua a crescere, grazie al contributo prezioso di nostro figlio Federico e quello di Lorenzo che sta entrando anch’egli in azienda, oltre che di tutti i dipendenti e collaboratori, moltissimi giovani, che sono di Camerino e dintorni e che, attraverso il lavoro nella nostra azienda, possono avviare un progetto di vita anche in un territorio gravemente ferito dal sisma”. “Per noi l’azienda Entroterra e la famiglia Maccari sono un punto di riferimento della città di Camerino e di NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ PASTA questo territorio”, ha detto il rettore dell'Università di Camerino, Claudio Pettinari. “Il loro dinamismo imprenditoriale, il loro coraggio e la collaborazione proficua sono uno stimolo costante e questo nuovo prodotto lo conferma”. Gli interventi di Laura Gazza, ricercatore del Centro di Ricerca per l’ingegneria e la trasformazione agroalimentare di Roma, di Antonio Carroccio direttore dell’U.O.C. di medicina interna dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca e di Giuseppe Mazzarella, ricercatore presso l’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del Cnr di Avellino hanno dato un contributo scientifico per comprendere meglio gli obiettivi dells ricerca che ha condotto alla nascita di questa pasta. Anche il Presidente della Regione Marche, visitando lo stabilimento, aveva ricordato i valori della corretta alimentazione. “Le nuove generazioni guardano a cosa c’è nei prodotti dal punto di vista organolettico, che caratteristiche hanno”, ha detto Ceriscioli, “ed i benefici che garantiscono. Le produzioni marchigiane devono andare sempre più verso la qualità perché questo è ciò che il mercato vuole e questo è ciò che nelle Marche sappiamo fare
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meglio e che ci distingue dai concorrenti di tutto il mondo in tutti i settori. Cercheremo in tutti i modi di accompagnare il percorso già di successo che questa azienda e la famiglia Maccari stanno portando avanti utilizzando anche lo spazio della Regione Marche a Fico a Bologna. In modo incredibile l’azienda è cresciuta investendo tanto ed è un esempio di capacità imprenditoriale. Il successo nazionale ed internazionale di questa pasta è il successo di questo territorio e non possiamo che augurarci che prosegua su questa strada e che il mercato accolga questo nuovo prodotto con lo stesso entusiasmo con il quale lo salutiamo noi”.
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Miscusi, 5 milioni per la startup della pasta
Miscusi, il primo brand di ristorazione italiano totalmente dedicato alla pasta, ha annunciato di aver raccolto 5 milioni di euro di capitali. A capitanare il nuovo investimento continuare ad attirare investimenti.
Che cos’è Miscusi è un concept di ristorazione casual in rapida espansione che in venti mesi, i primi di attività, ha toccato un fatturato superiore ai 4,5 milioni di euro con un tasso di crescita medio mensile del 20%. La redditività del singolo ristorante è vicina al 30% e l’obiettivo per il 2019 è raggiungere un fatturato a doppia cifra. In programma ci sono altre due aperture milanesi e nelle principali città del Nord Italia. L’impresa, insomma, è lanciata. Fondato da Alberto Cartasegna e Filippo Mottolese, Miscusi si rifà alla tradizione ma la traghetta alla portata di tutti. L’ispirazione è infatti quella delle cucine delle case italiane dove la tradizione della pasta fresca fatta a mano è radicata da generazioni. Punti forti dei ristoranti sono la qualità della materia prima (con i fondatori lavora l’ex amministratore delegato della
nota gastronomia Peck), la semplicità delle proposte e l’atmosfera familiare. Dalle sale in cui si mangia si vede il pastificio, la playlist musicale alterna classici italiani intramontabili e pezzi di nuova generazione, il servizio è informale ma molto preciso, il prezzo accessibile ed equo e il target molto vario. Tutto questo è avvenuto nel giro di un anno e mezzo, visto che il primo ristorante ha aperto solo a febbraio 2017. L’accordo con Mip, il fondo italiano specializzato in venture growth ha come primo investitore Angelo Moratti. Miscusi conta al momento tre locali, occupa 100 persone e serve 50mila clienti al mese. “Siamo molto soddisfatti degli accordi stretti e del rapporto lavorativo che si sta instaurando con Mip”, ha spiegato Cartasegna, classe 1989, bocconiano. “Abbiamo da subito visto in Miscusi le caratteristiche che cerchiamo nelle società sulle quali investire: obiettivi strategici di evoluzione sui mercati internazionali con un brand made in italy già consolidato che ha superato la fase early stage. Un team giovane, forte e molto ambizioso che merita supporto e accompagnamento nel processo di espansione globale”, ha spiegato Paolo Gualdani, partner di Mip e già artefice con Angel Capital Management dell’operazione Princi-Starbucks. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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Shakerami,
la nuova pasta istantanea di Autogrill Shakerami è la nuova pasta istantanea di Autogrill. Nata dall’idea dello chef Andrea Ribaldone del ristorante Osteria Arborina, una Stella Michelin, a La Morra, nel cuore delle Langhe. Si tratta di un piatto veloce da scuotere e gustare, per apprezzare anche il viaggio il piacere della pasta fresca condita coi migliori ingredienti.
Shakerami è un nuovo formato di pasta istantanea lanciato da Autogrill in collaborazione con lo chef Andrea Ribaldone. Per ora si potrà gustare nell’area di servizio Brughiera Ovest sull’autostrada A8, tra Varese e Milano. Si tratta di una confezione in cui sono inseriti, già cotti, pasta fresca e un condimento a scelta. Il tutto si ‘shakera’ e si serve caldo, pronto da gustare. Chef Ribaldone ha spiegato che l’idea si è ispirata allo Spaghetto Milano, da lui presentato in occasione di Expo, in cui la pasta veniva condita con un sugo di risotto alla milanese frullato. La procedura inusuale permette un perfetto rilascio dell’amido e la formazione di un condimento dall’incredibile cremosità. La regionalità è un’altro aspetto che lo chef, in collaborazione con Autogrill, ha voluto sottolineare, grazie a tre proposte di condimento. Shakerami sarà infatti disponibile nelle versioni Milano, Genova e Napoli. La prima con zafferano e ragù di ossobuco; la seconda con un sugo al basilico e l’ultima, ma non certo per gustosità, con l’immancabile mozzarella di bufala accompagnata dal pomodoro. La pasta fresca rimarrà perfettamente al dente e grazie alla fase di ‘scuotimento’ sarà in grado di assorbire al meglio il condimento, per un risultato da leccarsi i baffi.
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L’idea è interessante e rende la gioia di un buon piatto di pasta ancora più affascinante. La formula sembra ideale per andare incontro alle più recenti tendenze nel consumo dei pasti fuoricasa, particolarmente per quanto riguarda l’appetita (commercialmente) fascia dei Millennials.
/ ENOGASTRONOMIA
Upvivium: il Pane simbolo di vita,
comunione e condivisione delle diciassette Riserve di Biosfera italiane, hanno aderito al progetto che fa parte del programma Man and Biosphere dell’Unesco.
Rispetto alle prima edizione (2017/2018) altre due Riserve hanno ritenuto il concorso un valido strumento di promozione dei territori che fanno parte del Programma MaB (Man and Biosphere) Unesco. Le tre “storiche” Riserve di Biosfera MaB Unesco – “Delta del Po”, “Appennino Tosco-Emiliano”, “Alpi Ledrensi e Judicaria” e le due “nuove” “Sila” e “Isole di Toscana” hanno scelto, per quest’edizione, di valorizzare il tema del Pane. Filo conduttore di civiltà diverse ed elemento identitario della cultura italiana nel mondo, il pane è intriso di significati che afferiscono alla sfera culturale, familiare e religiosa. E’, soprattutto, simbolo di vita, comunione e condivisione. E’ elemento primo di aggregazione. E’, anche, gesto, tecnica e manualità. È il ricordo della tradizione e il principio dell’evoluzione. Dunque, l’edizione 2018/19 del concorso, mette in primo piano il Pane, i companatici e le ricette della tradizione che, nella preparazione, hanno questo prodotto alimentare come ingrediente rilevante. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ ENOGASTRONOMIA Diversi gli obiettivi del concorso Upvivium, a partire da quelli generali: valorizzare il patrimonio agroalimentare delle Riserve di Biosfera MaB Unesco; accrescere il valore e le caratteristiche dei prodotti a chilometro zero, evidenziando chi li propone, ogni giorno, attraverso ricette dedicate nei menù dei ristoranti; conoscere ed ‘esplorare’ questi cinque territori che rientrano nel prestigioso programma MaB - Man and Biosphere - Unesco; fare rete e proporsi come territori di grande eccellenza anche dal punto di vista eno-gastronomico. Per entrare più nello specifico, il concorso intende: favorire ed incrementare l’utilizzo delle produzioni agroalimentari locali nel settore della ristorazione delle Riserve di Biosfera; sensibilizzare i ristoranti alla piena valorizzazione dei prodotti agro-alimentari del territorio nel presentare i propri menù agli ospiti (storytelling); valorizzare il patrimonio agro-alimentare delle Riserve di Biosfera, come strumento (anche) di conservazione della biodiversità “coltivata ed allevata” e della cultura gastronomica tradizionale; recuperare e reinterpretare le ricette tradizionali delle Riserve di Biosfera;
stimolare forme di turismo correlate alla gastronomia di qualità; favorire la qualificazione del servizio di ristorazione grazie alla formazione fornita da “Alma Scuola Internazionale di Cucina Italiana”; promuovere in modo congiunto e sinergico le Riserve della Biosfera italiane e mettere in rete i loro operatori. Coinvolti in questo progetto, connotato da caratteristiche di unicità e straordinarietà, sono le associazione dei produttori agroalimentari e artigiani dei vari territori e, naturalmente, i ristoranti (con regolare licenza), 20 per ogni singola Riserva di Biosfera quindi, complessivamente, 100. Upvivium è un'iniziativa condivisa dal Comitato Tecnico Nazionale MaB Unesco e testimonia l’impegno e la capacità di fare rete tra le Riserve di Biosfera e lo stesso Comitato Tecnico. La Scuola Internazionale di Cucina Italiana Alma di Colorno e l’Azienda per il Turismo Terme di Comano - Dolomiti di Brenta sono partner tecnici del concorso Upvivium. Sono ammessi al concorso i primi 20 ristoranti di ciascuna Riserva di Biosfera che invieranno la documentazione richiesta. Sul sito https://www. Upvivium.it è possibile effettuare la registrazione e acquisire tutte le indicazioni necessarie. Il programma Man and Biosphere dell’Unesco promuove i valori di sostenibilità insiti (anche e forse soprattutto) nelle pratiche agricole rurali che rispondono a criteri di tradizione, bontà e salubrità. Questo, coniugato con la gastronomia che declina i prodotti della terra in proposte culinarie, è un tema essenziale per la conservazione dell’ambiente, del paesaggio, dei valori culturali, per il benessere delle popolazioni oltreché, naturalmente, per l’agricoltura, il turismo, l’economia e il lavoro. Entro la fine del 2018, con l’obiettivo (anche) di sensibilizzare i ristoratori all’iscrizione di questa II° edizione di Upvivium, nelle 5 Riserve di Biosfera coinvolte nel progetto, saranno organizzate iniziative di formazione gratuita, gestite da Alma. Le iniziative, rivolte a tutti i ristoratori del territorio, sono dedicate al tema del concorso “l’uso del pane in cucina” e si terranno negli Istituti Alberghieri locali. Poi, entro le ore 12 del 18 gennaio 2019, l’iscrizione completa di proposta gastronomica messa a concorso.
Fonte: Ufficio stampa Upvivium
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Di calice in calice assaggiare il vino, ma come uno strumento che aumenta il piacere di degustarlo. Perché, come si dice, ogni vino apprezza il suo bicchiere.
Le doti e le caratteristiche del vino vengono messe in risalto dal bicchiere giusto, anche i neofiti ormai sanno che un calice con uno stelo è il bicchiere più idoneo per qualsiasi vino. Eppure mi ritrovo a volte seduta in qualche trattoria dove mi presentano il classico “goto” degli anni cinquanta. Ritengo che qualsiasi sia il livello di un bar o di un ristorante o di una trattoria, anche se servono solo il prosecco o il merlot spillato, sia opportuno che vengano serviti con un calice a stelo. Quel vino sarà sicuramente un pò più gradevole che non bevuto in un bicchiere da acqua. Gli amanti del buon bere però sanno che ogni vino apprezza il suo bicchiere, non tanto per una sorta di esibizionismo, ma perché le caratteristiche di ognuno vengono esaltate da particolari forme. L’evoluzione della foggia dei bicchieri è molto cambiata negli anni, sulle tavole fino a pochi anni fa si potevano vedere bicchieri intagliati, sfaccettati, decorati, colorati che sono stati eliminati. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ ENOGASTRONOMIA Le forme oggi esaltano la trasparenza del cristallo, lo stelo non ha solo lo scopo di esaltarne la forma, ma deve essere sottile e adeguatamente lungo per evitare che il contatto della mano riscaldi il vino, in modo particolare se il vino in questione è un bianco o uno spumante. L’impugnatura alla base dello stelo permette di osservare molto bene la limpidezza , la trasparenza e il colore del vino, mentre se con un piccolo movimento del polso facciamo ruotare il calice se ne può valutare la consistenza. E’ importante che quando si degusta un vino si cerchi il più possibile di eliminare ogni interferenza olfattiva causata dalla pelle della mano. Le mani potrebbero profumare di sapone, di crema o peggio di sigaretta e questi odori andrebbero ad influenzare negativamente le caratteristiche olfattive del vino. Il vino lo si guarda, lo si annusa e poi lo si degusta. Del resto anche per un buon piatto che ci viene servito si utilizzano questi parametri, c’è tutta una tecnica per l’impiattamento dei cibi proprio perché la vista è il primo sensore che utilizziamo, ne segue l’olfatto che, se i sentori degli ingredienti sono sapientemente equilibrati e dosati stimolano all’assaggio. La stessa regola vale per i vini, l’analisi del colore, della consistenza, dei profumi ci indica cosa potremmo aspettarci dopo la deglutizione di quel vino. Questo lo possiamo fare solo se il contenitore sarà pulito, trasparente e esente da qualsiasi odore (detersivo, scatola, mobile…). I vini giovani e con profumi delicati, siano essi bianchi, rosati o rossi non richiedono bicchieri molto ampi e con aperture allargate, per evitare che le varie sensazioni odorose si disperdano velocemente. Il flute veniva usato per gli spumanti, ma ora sempre più gli spumanti vengono serviti in calici di media ampiezza con un gambo lungo. Il flute potrebbe andar bene per quegli spumanti ottenuti con Metodo Charmat come il Prosecco, ma per gli spumanti Metodo Classico il bicchiere a flute non sarebbe adeguato a lasciar sprigionare le caratteristiche olfattive di questi vini che hanno impiegato un lungo tempo
Rosanna Dal Santo
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per dotarsi di complessità e armonia. Per gli Spumanti Metodo Classico che hanno sostato sui propri lieviti 48, 60, 72 mesi e oltre, l’ampiezza del bicchiere deve consentire l’ossigenazione e la liberazione del bouquet in tutte le sue sfumature, il bicchiere più adatto quindi deve avere uno stelo lungo, un calice di media ampiezza che potrà servire anche per i vini bianchi fermi o rosati dotati di un elevato corredo aromatico. Credo che ormai sia diventata leggenda la coppa che nell’ 800 veniva usata per lo Champagne. A quel tempo lo Champagne era un vino dolce ed era per questo motivo che questo vino trovava il suo perfetto calice nella coppa, ora lo Champagne è un vino secco e sarebbe uno spreco per le sostanze volatili utilizzarla. La coppa può ancora essere usata per quei vini spumanti dolci come l’Asti o il Bracchetto d’Acqui che trovano il loro ambiente perfetto in questo bicchiere dove poter sprigionare al meglio le sensazioni odorose.
/ ENOGASTRONOMIA I vini bianchi giovani, così come i rosati freschi, richiedono un bicchiere slanciato ma non troppo ampio a forma di tulipano che tenda a chiudersi verso l'alto per convogliare il vino sulla punta della lingua dove si percepisce maggiormente la sensazione dolce ed ai lati estremi dove si percepisce meglio l'acidità che fa aumentare notevolmente la salivazione. Questo tipo di bicchiere è diventato anche lo standard da utilizzare per tutte le degustazioni. I vini rossi di struttura che abbiano subito anche un certo affinamento, richiedono un bicchiere molto ampio che permetta una lunga ossigenazione all’interno del bicchiere stesso. Ci sono due tipi di calice indicati per questi vini, il Calice Renan e il Calice Ballon Bordolese.
Il Calice Renano è indicato per quei vini strutturati e lungamente affinati con una buona acidità e una notevole presenza di tannini, per i vini dalla struttura più ampia, meno freschi, quei grandi vini che fanno parlare di sé, veri “monumenti” dell’enologia, si usa il Calice Ballon Bordolese, dalla forma più arrotondata ma più basso del precedente. Entrambe le tipologie favoriscono la decantazione del vino versato al suo interno e ne permettono la liberazione del bouquet e le note odorose evolute. Siamo giunti al bicchiere da vino passito. Il bicchiere più indicato per i vini passiti è un calice a tulipano con apertura leggermente svasata, molto arrotondato ma di piccole dimensioni. Il primo motivo è che dovrà ospitare una dose ridotta di prodotto, l'altra è che la densità di questa tipologia di vino tenderebbe a farlo fermare lungo le pareti del bicchiere con una discesa molto lenta. La forma del bicchiere tende a convogliare il vino verso la parte più lontana della lingua, dove si percepisce maggiormente il gusto amaro, per non avvertirlo stucchevole al primo sorso. Noto anche come bicchiere da Porto o da Sherry, il bicchiere da vino liquoroso è piuttosto simile a quello da passito ma molto più slanciato e leggermente più grande. Questo permette la ricerca dei sentori più particolari durante l'analisi olfattiva agevolando l'evaporazione del vino. I grandi distillati come Cognac, Armagnac e Brandy vengono degustati nel tradizionale Napoleon che consente anche di poter riscaldare il liquido contenuto avvolgendo il bicchiere con il palmo della mano, i Whisky richiedono invece il classico tumbler basso, senza stelo. Il bicchiere non deve mai essere riempito completamente sia per una questione di eleganza sia perché questo non permetterebbe di ruotare bene il bicchiere per esaltarne le qualità olfattive. Unica eccezione viene fatta con gli spumanti serviti nella flute che viene riempita quasi completamente, così che il perlage si possa esprimere in numerose catenelle di fini bollicine di anidride carbonica portando così in superficie le molecole profumate. Dopo aver letto tutto questo vi chiederete quanti bicchieri sono necessari in tavola per un pasto completo: uno per l’antipasto, uno per i vini bianchi, uno o forse due per i rossi, uno per i vini dolci e poi se concludiamo con un buon distillato, uno per il distillato. Diciamo che dovrebbe essere così, ma la tavola diventerebbe un caos di bicchieri… Nel prossimo articolo vi spiegherò i segreti per una preparazione elegante della tavola e la giusta disposizione dei bicchieri. NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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Vino e
cambiamento climatico Alla tavola rotonda sul futuro del vino al Merano WineFestival si è parlato di allarme sui esperti. Il climatologo: “Bisogna cambiare drasticamente le abitudini, altrimenti sarà il
Nell’ambito della ventisettesima edizione del Merano WineFestival si è svolta una tavola rotonda organizzata da Helmuth Köcher intitolata “Il futuro del vino tra cambiamenti climatici, nuove opportunità nella produzione e aspettative dei consumatori” moderata da Franz Botrè. Il climatologo meranese professor Georg Kaser il quale ha aperto il suo intervento con una serie di preoccupanti dati scientifici che confermano i due modelli di clima di Lee Hannah, climatologo di Conservation International. Questi studi che ipotizzano che le regioni vinicole più importanti del mondo, dal Cile alla Toscana, dalla Borgogna all’Australia vedranno diminuire le loro aree coltivabili dal 25% al 73% entro il 2050, e ciò costringerà i viticoltori a piantare nuovi vigneti in ecosistemi precedentemente indisturbati, a latitudini più alte o altitudini più elevate, eliminando le specie vegetali e animali locali. Attualmente, secondo Kaser, il mondo si sta indirizzando sul peggiore delle due proiezioni con impatti devastanti per la nostra vita e in particolare per la viticoltura. Anche un aumento di temperatura di 1,5 gradi avrebbe delle conseguenze gravi sulla
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/ ENOGASTRONOMIA coltivazione della vite e sulla qualità del vino, e non solo. Per questo motivo la società dovrebbe, secondo il professore, cambiare immediatamente le abitudini, altrimenti sarà il clima a cambiare la società in modo drastico. Tra le opinioni più significative dei relatori, è stata quella di Oscar Farinetti, patron di Eataly e produttore di vino. L’imprenditore ha sottolineato quanto sia importante cambiare il modo di vivere, ossia risolvere i problemi non con le regole ma con i sentimenti umani. Per questo la sua azienda vitivinicola
è stata convertita e certificata 100% biologica. Secondo Luciano Pignataro, giornalista, scrittore e gastronomo, la sensibilità sui temi ambientali e sulla salute rappresenta un valore aggiunto; secondo Matilde Poggi, presidentessa della Federazione dei Vignaioli indipendenti, la sostenibilità a tutto tondo fa coesistere la vigna con altre specie vegetali e infine, a parere del produttore Walter Massa, il clima cambierà ma i danni più grandi sono stati compiuti dagli uomini che snaturano il vino.
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Nasce Quor,
il nuovo Franciacorta pubblico, con tratti d’eleganza di altri tempi, il nuovo Franciacorta La Montina. Il nome è emblematico, evocativo ma contemporaneamente immediato: Quor è cuore. E’ Vittorio, Gian Carlo e Alberto Bozza, fondatori de La Montina.
“Quando si decide di fare ordine nei cassetti quasi sempre si scova qualcosa di dimenticato da tempo”, racconta Michele Bozza, marketing & export manager dell’azienda, “e così è successo quando abbiamo svuotato i profondi cassetti della vecchia scrivania di nonno Fiore. Abbiamo trovato delle fotografie, dei documenti, ma soprattutto abbiamo trovato delle lettere che ci hanno mostrato un lato diverso del nonno. Il lato più intimo e sensibile di un uomo, che ricordiamo sempre come gran lavoratore e mai come uomo innamorato. Le lettere infatti sono tutte indirizzate a nonna Gina, compagna di vita e madre dei suoi 7 figli. I messaggi sono semplici, scritti in un italiano profondamente influenzato dal dialetto bresciano, ecco perché Quor”. Scrive infatti Fiore nelle ultime battute della lettera: “Ho tanta voglia di abbracciarti. Te e i nostri amati figli, siete sempre nel mio quor”. Dal ritrovamento di queste lettere nasce la voglia di creare un prodotto che racchiuda in sé la stessa emozione degli innamorati, dei vignaioli convinti, degli amanti della vita e della famiglia.
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Un pensiero dedicato e da dedicare a chi sa apprezzare il fascino dell’attesa, per godere della piena soddisfazione. Quor è la passione, l’amore che cresce e muta nel tempo. 2910 sono i giorni che questo vino ha passato sui lieviti, sotto lo sguardo attento degli operatori, nella penombra della cantina. Cadenzati e minuziosi assaggi hanno portato al risultato finale, un Franciacorta Extra Brut di struttura e complessità avvolgente. È un vino che stupisce ad ogni sorso per il bouquet di profumi intensi e persistenti che regala. La bottiglia è vestita di un bianco perlato, caratterizzato da una trama scritta a mano, a ricordare la calligrafia delle lettere di nonno Fiore.
Fonte: La Montina
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Dalla naturalità del vino
alla natura del vino Questa è una delle conclusioni del convegno Naturae&Purae svoltosi nell’ambito di nutrizionale importante per l’alimentazione umana.
Quattro eventi e un convegno. Conclusa con grande soddisfazione di organizzatori e partecipanti la seconda edizione di Naturae&Purae, il convegno su vini e cibi di “natura pura” ideato da Helmuth Köcher e dal giornalista enogastronomico Angelo Carrillo. Molto positivo il bilancio dei due giorni - 8 e 9 novembre – che hanno preceduto il Merano WineFestival con incontri e performance su vini naturali e cibi fermentati. Uno sguardo al futuro con la tavola rotonda “Il vino che verrà” e il primo salone dei Piwi, i vitigni resistenti alle malattie fungine, cui hanno partecipato ben 20 aziende. Apprezzatissimo anche Wild Cooking, performance gastronomica, che ha portato in scena la cucina dei cibi fermentati, a partire da Alfio Ghezzi, 2 stelle Michelin di Locanda Margon, che con il produttore di mieli Andrea Paternoster, ha realizzato la Merenda Nomade, in cui carne di Yak e il potere enzimatico del miele hanno creato un’esperienza sensoriale memorabile. Di “natura” del vino oltre che di futuro della viticoltura si è parlato nel convegno a ai Giardini di Castel Trautmannsdorf dal titolo “Vino Veleno o Vino Alimento? Alle radici del bere” con personalità di spicco del mondo vitivinicolo, ma NOVEMBRE/DICEMBRE 2018
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/ ENOGASTRONOMIA dieta mediterranea. Partendo dalla demistificazione del celebre studio epidemiologico pubblicato dalla rivista Lancet sulla pericolosità dell’alcol. Il primario di nutrizione e dietologia dell’ospedale di Bolzano noto per le sue ricerche e pubblicazioni sulla dieta (o meglio, le diete) mediterranea ha dimostrato come un modesto consumo di vino, specie quello rosso, favorisca il benessere e una corretta alimentazione. Come avvenuto per millenni nell’area mediterranea. Lorenza Conterno del Centro sperimentale Laimburg che ha invece spiegato natura e caratteristiche della fermentazione di bevande della tradizione contadina come il succo di mela. Quindi Umberto Marchiori (PhD
non solo. Attraverso un’ampia panoramica storica e culturale riguardante le bevande fermentate, si è cercato di capire se il vino può essere ancora considerato, nella dovuta misura, un alimento, o se la sua natura alcolica, l’uso di sostanze conservanti come i solfiti aggiunti, su cui si dibatte aspramente ormai da anni, lo abbiano relegato a puro atto sensoriale e ludico. Una provocazione, certo, ma non fine a se stessa. Attraverso le esperienze di due grandi esperti come Andrea Paternoster, celeberrimo apicoltore della Val di Non, che ha raccontato la più antica bevanda fermentata dall’uomo, l’Idromele, ottenuto dalla fermentazione di miele e acqua, e Mario Pojer, tra i più maggiori vignaioli italiani, produttore di Zero Infinito, vino allo “stato puro”, si è cercato di andare alla radice della cultura “del vino” inteso come fermentato alcolico. Uno sguardo sulle fermentazioni ancestrali, da quelle preistoriche, l’Idromele, a quelle contadine dei vini “ardenti” e rifermentati come il Prosecco e il Lambrusco dei secoli passati. L’esperto di cibi fermentati Carlo Nesler ha prodotto invece una prospettiva storica dei cereali fermentati, presenti in tutte le culture umane, decontestualizzando prodotti come il Porridge scozzese, la Mosa, per arrivare alla fermentazione del riso con il Koji da cui si ottiene in Giappone sia il Miso che il Sake. Cibi antichissimi, da cui sono nate anche celebri bevande. Le inquietudini di questi anni focalizzate intorno al tema Vini Naturali e non, hanno quindi trovato un inquadramento storico e scientifico attraverso un percorso tangente e gli studi del Professor Lucio Lucchin, che ha l’identikit del vino all’interno della
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/ ENOGASTRONOMIA in Scienze degli alimenti – Univ. di Udine, enologo ed agronomo) che ha illustrato le evidenze scientifiche riguardanti la discussa “digeribilità ”del vino attraverso l’utilizzo di lieviti indigeni. Salutismo e giovanilismo, ortoressia ed epicureismo edonistico nelle ricerche di mercato di Pierpaolo Penco, Wine Intelligence: che ha presentato il primo report multimercato sui vini chiamati “SOLA” (Sustainable, Organic & Lower-Alcohol) confermando come nel mercato globale i principi dell’agricoltura biologica siano altamente stimati dal consumatore per concludere un “venditore” di vino fuori dal comune, Gaetano (Gae) Saccoccio grande esperto di Sakè e vini Naturali,
ma soprattutto filosofo applicato all’enologia che ha sintetizzato egregiamente il tema del convegno riportando la discussione nel campo della filosofia umana, e evidenziano il bisogno sempre più sentito di un approccio umanistico al “consumo” e ai consumi con “Vino naturale: moda calante o sfida crescente? Mercato o meretricio? Lo smercio dei vini nella lettura mitopoietica”. La due giorni è terminata con un’avvincente tavola rotonda dal titolo “Il vino che verrà, Riflessioni sull’evoluzione di forma e sostanza del vino di domani organizzato da Uva Sapiens”.
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Food
for change
L’industria alimentare è anch’essa una grande componente del problema del riscaldamento globale. Cambiare le nostre abitudini alimentari può essere altrettanto importante per la salute del pianeta del passaggio all’auto elettrica. Per favorire il cambiamento e’ nato Food for Change, che si batte per la sempre maggiore diffusione di un’alimentazione sostenibile. “A livello globale la produzione di cibo è responsabile di un quinto delle emissioni di gas serra, mentre la produzione di mangimi occupa il 40% della produzione agricola mondiale”, dice Carlo Petrini, presidente di Slow Food. “Da sempre sosteniamo e condividiamo quelli che sono i tre pilastri della Fao per il progetto #FameZero: contrastare lo spreco di cibo, che ogni anno raggiunge 1,3 miliardi di tonnellate nel mondo; favorire un approccio integrato in agricoltura, quella che noi chiamiamo agroecologia e che si basa sul rispetto della biodiversità e sull’interazione tra colture, allevamento e suolo. Terzo elemento, alla base delle attività di Slow Food, è seguire una dieta sana e sostenibile”. Proprio a questo proposito Slow Food in collaborazione con Indaco2 (spin off dell’Università di Siena) ha analizzato l’impatto di una dieta attenta e
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amica del clima con una non sostenibile. “Il risultato? Il processo produttivo degli alimenti su cui si basa una dieta non sostenibile genera quasi il triplo dei gas serra rispetto a una sana e rispettosa dell’ambiente”. Il consumo settimanale di prodotti non sostenibili comporta una produzione di gas serra pari a 37 kg CO2 eq, mentre con una sana siamo a 14 kg CO2 eq. “Un anno di buone abitudini ci farebbe quindi risparmiare CO2 pari alle emissioni di un’auto che percorre 3300 km”, conclude Petrini. Un interessante studio che ha anche analizzato l’impatto di singoli alimenti, dalle mele al latte, dalla carne al formaggio. Prendendo ad esempio le uova, si calcola che il risparmio di CO2 realizzato ogni anno da un allevamento all’aperto che rispetta ambiente e animali, rispetto a uno industriale, corrisponde alle emissioni di un’auto che percorre 30.200 km. “Insomma, serve l’impegno di tutti. Domani è troppo tardi”, conclude Petrini. “Con Food for Change possiamo cambiare anche di poco le nostre abitudini alimentari e riuscire davvero a fare la differenza”.
Fonte: Slow Food
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Oltre i gesti Il terzo convegno dell’Associazione Le Soste dedicato alla rappresentazione delle problematiche della sala all’interno di un ristorante, tenutosi a Milano poco prima di Natale, è stato un grande successo: oltre 500 presenze tra la sessione della mattina, pomeriggio e lo spettacolo teatrale serale.
Nella prestigiosa sede del Piccolo Teatro Grassi di Milano si è assistito a alcune testimonianze dirette dei professionisti di sala: a partire da Antonio Santini – patron del Ristorante dal Pescatore a Nicola Dell’Agnolo – maître de Il luogo di Aimo e Nadia a Massimo Spigaroli – patron dell’Antica Corte Pallavicina; da Vincenzo Donatiello – maître di Piazza Duomo a Francesco Cerea – patron di Da Vittorio; da Giancarlo Morelli – chef patron di Pomireu a Luca Marchini – chef patron de L’erba del Re per i ristoranti Le Soste. Un tocco di internazionalità con l’intervento di Paul Bartolotta – co-fondatore di The Bartolotta Restaurants, che racconta la diversità con la gestione di un ristorante all’estero. Ma la sala si racconta anche nelle pizzerie d’eccellenza, come quella di Salvatore Salvo – patron di Salvo Pizzaioli. Si è parlato di “contratto di lavoro, tra luci, ombre e nuove visioni” con gli utili interventi di Silvio Moretti
– direttore relazioni sindacali Fipe e Giorgio Bona di Amira, l’Associazione Maitre Italiani Ristoranti e Alberghi. Si è discusso anche di selezione del personale con Alessandro Fadda di Alma, responsabile del corso Manager della Ristorazione; Mariella Organi – membro del comitato scientifico di Alma; Lorenza Vitali di Witaly; Rossana di Gennaro dell’ Istituto Professionale Servizi per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera “Carlo Porta”; Mario Bonelli – consulente HR e formatore; Costantino Cipolla dell’Università di Bologna e Marco Valletta dell’ Istituto Alberghiero Maffioli. L’evento è stato organizzato a scopo benefico da Associazione Le Soste in collaborazione con Azione contro la Fame e il magazine Sala&cucina incentrato sul tema oggi sempre più importante del rapporto tra Sala e Cucina, moderato dal giornalista e direttore della rivista Luigi Franchi. Parte del ricavato è stato devoluto alla lotta contro la fame dei bambini malnutriti del mondo. La manifestazione è stata un’occasione unica di confronto, approfondimento e scambio di esperienze per chi ha a cuore i temi dell’enogastronomia di oggi e domani, in Italia e all’estero con tanti ospiti. La kermesse si è conclusa con la rappresentazione teatrale dello spettacolo “Escoffier e il nuovo alfabeto” di Andrea Malpeli.
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Farine
per la ristorazione Tra show cooking, degustazioni ed educational tematici, i maestri pizzaioli, provenienti da rinomate pizzerie italiane, per Molino Vigevano danno prova delle loro abilità e svelano le nuove tecniche di lavorazione per impasti perfetti.
Molino Vigevano, il brand del Gruppo Lo Conte dedicato al mercato delle farine, si presenta alla 40° edizione del Sigep con una nuova linea di farine pensata ad hoc per il mondo della ristorazione. Ideata e realizzata per semplificare il lavoro di ogni professionista, “Farine per la ristorazione” comprende quattro nuove referenze. Selezione di Farine di grano tenero per pasta fresca è la prima di queste ed è nata da un’attenta selezione di grani pregiati e germe di grano vitale per donare ai prodotti finiti elasticità, gusto e un colore sempre dorato, anche dopo l’essicazione o la conservazione dell’impasto in celle frigorifere. Gli impasti sono ruvidi e di veloce cottura, particolarmente indicati per preparare pasta all’uovo e pasta fresca, trafilata e ripiena. Unica nel suo genere è invece la Farina di Mais Antico – Mais Corvino con antiossidanti che superano di venti volte quelli presenti nel mais tradizionale, con il 50% in più di proteine e il 20% in meno di carboidrati. Naturalmente senza glutine, la farina di mais corvino si contraddistingue per il sapore rustico, intenso e leggermente affumicato ed è ideale per preparare polenta e arricchire gli impasti di pane e pizza.
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Al Sigep anche gli altri prodotti della linea: la Farina di Grano tenero tipo “0” multiuso, adatta ad ogni uso, per realizzare pane fragrante e prodotti da forno, per addensare salse e per ricette che prevedono l’impiego di farina in generale, e la Farina per Fritture, realizzata con materie prime di pregio, come la farina di grano tenero tipo “1”, la semola rimacinata di grano duro, l’amido di frumento e del lievito istantaneo, e particolarmente indicata per chi predilige farine per fritture croccanti, dorate e leggere grazie al minor assorbimento di olio. Per il debutto della nuova linea, Molino Vigevano ha pensato a una presentazione in grande stile grazie alla partecipazione dello chef Massimiliano Contegiacomo a mostrarne caratteristiche e punti di forza, svelando i segreti della preparazione a regola d’arte della pasta fresca.
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#Dopeconomy da 15,2 miliardi Ancora primato mondiale per l’Italia che conta 822 prodotti Dop, Igp, Stg registrate a livello europeo su 3.036 totali nel mondo (dati al 05/12/2018): nel 2018 sono stati registrati in Italia la Pitina Igp (FriuliVenezia Giulia), il Marrone di Serino Igp (Campania), la Lucanica di Picerno Igp (Basilicata) e il Cioccolato di Modica Igp (Sicilia), primo cioccolato a Indicazione Geografica al mondo. Il comparto delle Ig italiane esprime i risultati più alti di sempre anche sui valori produttivi e per la prima volta supera i 15,2 miliardi di euro di valore alla produzione per un contributo del 18% al valore economico complessivo del settore agroalimentare nazionale. Se il settore agroalimentare italiano ha visto crescere il proprio valore del +2,1%, il settore delle Dop Igp ha ottenuto un risultato migliore pari al +2,6%. Continua a crescere l’export delle Ig made in Italy che raggiunge gli 8,8 miliardi di euro (+4,7%) pari al 21% dell’export agroalimentare italiano. Bene anche i consumi interni nella Gdo che continuano a mostrare trend positivi con una crescita del +6,9% per le vendite food a peso fisso e del +4,9% per il vino.
Il settore food sfiora i 7 miliardi di valore alla produzione e 3,5 miliardi all’export per una crescita del +3,5%, mentre raggiunge i 14,7 miliardi al consumo con un +6,4% sul 2016. Il comparto wine vale 8,3 miliardi alla produzione (+2%) e 5,3 miliardi all’export (su un totale di circa 6 miliardi del settore). Il Sistema delle Dop Igp in Italia coinvolge 197.347 operatori e garantisce qualità e sicurezza anche attraverso una rete che conta 275 Consorzi di tutela riconosciuti dal Mipaaft e oltre 10mila interventi effettuati dagli Organismi di controllo pubblici. "I numeri”, ha dichiarato il ministro delle Politiche agricole alimentari forestali e del turismo Gian Marco Centinaio, “delineano uno scenario chiaro, dietro il quale c’è la qualità delle nostre eccellenze, c’è la passione, il lavoro dei nostri imprenditori. Ci sono storie e tradizioni da preservare e continuare a tramandare. C’è il sistema Italia”.
Fonte: Fondazione Qualivita
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