N.02 OTTOBRE 2018
IN QUESTO NUMERO // OLBIS FUTO ANDRÈ, CI SALVERANNO LE VENTENNI? // SERIE A1: I PRIMI RISCONTRI DAL CAMPO // ALLA SCOPERTA DEL PERSONAGGIO GIOVANNI LUCCHESI, IL COACH D’ORO // SERIE A2: UNA SUPER BALDELLI GUIDA COSTA // LAURA MARCOLINI E SUA FIGLIA CARLOTTA IN CAMPO ASSIEME // FULLIN E LA VICENZA DI CONCATO
OTTOBRE 2018
N.02
in questo numero 1 EDITORIALE
Nemiche / Amiche
3 inside a1
Il Veneto in testa
9 Focus
Lucchesi coach d’oro
15 cover story
Il pivot del futuro?
21 inside A2
Il gioco delle coppie
27 Primo piano
Menù vincente
33 altri mondi
Family affair
39 storie
La grande Vicenza
42 FLASH NEWS 44 IL BASKET VISTO DA UN MARZIANO Libero arbitr(i)o
45 PALLA E PSICHE 300 al minuto
46 (SA)TIRO SULLA SIRENA Specie in estinzione
48 MARA RISPONDE
Chi viene e chi va
47 LA FOTO DEL MESE
DIRETTO DA Silvia Gottardi REDAZIONE Silvia Gottardi, Alice Pedrazzi, Giuseppe Errico, Giulia Arturi, Marco Taminelli, Lucia Montanari, Manuel Beck, Daniele Tagliabue, Giulia Cicchinè, Mara Invernizzi, Clara Capucci PROGETTO GRAFICO: Linda Ronzoni/ Meccano Floreal IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal FOTO DI: Marco Brioschi,
Brondi Ciamillo/Castoria, Robeto Liberi, FIBA Europe, Arturo Presotto, Danny Karnik, Federico Rossini, Arturo Presotto
editoriale
NEMICHE/AMICHE di silvia gottardi
La finale dei mondiali di volley l’hanno vista ben 6,3 milioni di telespettatori per un vertiginoso share del 36,1%. Nell’ultimo set c’è stato addirittura un picco di 8 milioni col 43,1%. Praticamente tutta Italia l’ha vista. Eh sì, anche io, perché quando una squadra azzurra gioca una finale mondiale va guardata e va tifata. Ma mi permetterete di essere onesta: ho rosicato non poco pensando che noi ad un mondiale non ci andiamo da ben 24 anni (Australia 1994). Nel frattempo è successo che il basket è stato scalzato dall’essere lo sport per le donne italiane, come era invece qualche decennio fa, e lo è diventato la pallavolo. Il numero di tesserate non lascia via di scampo: circa 300.000 per il volley, solo più o meno un decimo le cestiste. Ma cos’è successo, com’è potuto accadere? Questo dato è ancora più strano se si pensa che all’estero, ad esempio in Spagna, Francia o Turchia, il rapporto è esattamente inverso, con le cestiste in numero molto maggiore. E allora? Non mi soffermerò a discutere sulla bellezza del gioco, perché ovviamente sono di parte. Sono i risultati a far innamorare il pubblico: il volley li ha avuti e continua ad averli, mentre noi ricordiamo con nostalgia quel podio agli Europei del 1995. I risultati portano le bambine in palestra, ma poi bisogna anche essere bravi a tenersele: il volley è stato più abile ad entrare nelle scuole, sicuramente aiutato dal fatto che si tratta di uno sport più facile. È migliore anche la comunicazione: loro vanno in chiaro sulla Rai e hanno i paginoni sui giornali, noi siamo segregati su tv e web tv a pagamento, e gli spazi sui media dobbiamo quasi sempre comprarceli. Che ci sia una partita a settimana su Sportitalia lo sanno, ahimè, solo gli addetti ai lavori, anche se i dati di audience pare siano in aumento. E poi c’è la rete più bassa, che rende il gioco più accessibile a tutte e più spettacolare per chi lo guarda. Noi invece ci ostiniamo con i 3,05 metri degli uomini, manco fossimo tutte Brittney Griner! È un circolo virtuoso: più vinci, più hai visibilità, più trovi sponsor, più puoi investire, più ragazzine giocano, più campionesse nascono; più vinci, più attiri il pubblico e così via. Insomma, credo non ci sia da stupirsi per i numeri del volley: loro hanno sicuramente lavorato meglio di noi negli ultimi 20 anni, e sono stati forse anche aiutati dall’idea antiquata, e tutta italiana, di femminilità, per cui la donna deve essere aggraziata e sexy anche quando fa sport. “Mannaggia, ma questa Egonu non poteva giocare a basket?” mi sono detta guardando la finale, poi però mi sono consolata pensando che anche noi abbiamo la nostra stella, Zandalasini, un bell’entusiasmo che gira attorno alla nostra Nazionale, e un’attenzione crescente da parte della Federazione che finalmente pare essersi accorta anche delle donne e sta proponendo iniziative interessanti. Certo ci vogliono tempo e ancora tanto lavoro; non c’è mai una sola soluzione a una crisi, e sicuramente non può essere immediata. Credo piuttosto che servano investimenti mirati (comunicazione, reclutamento, dispersione atlete ecc.) e soprattutto un gruppo di lavoro dedicato che non improvvisi niente, ma pianifichi il lavoro nel tempo. Se poi si riuscisse anche a rendere la classe dirigente più pink coinvolgendo qualche atleta o ex atleta, non sarebbe niente male!
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DEARICA HAMBY VIAGGIA GIÀ A CIFRE E PRESTAZIONI DA MVP: 75 PUNTI IN QUATTRO MATCH. DEVE RISOLLEVARE RAGUSA DOPO LE SCONFITTE CON VENEZIA E SCHIO.
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il veneto in testa
EMOZIONE E SPETTACOLO GIÀ NELLE PRIME GIORNATE: SCHIO E VENEZIA
COMANDANO, INSEGUE NAPOLI. LA SOLITA HAMBY GIÀ IN FORMATO MVP ALLA GUIDA DI UNA RAGUSA IN RITARDO. È PARTITO IL CAMPIONATO ITALIANO DI BASKET FEMMINILE CON LA NOVITÀ DELLA LBFTV OPPORTUNITÀ O SCELTA SBAGLIATA?
di giuseppe errico
U
n week end come pochi, due giorni di festa oltre che di
sport, di forti emozioni, di incontri e di scontri in campo. In un Opening Day c’è un concentrato di persone che difficilmente incontrerai nello stesso posto durante la stagione ed alle quali fai una promessa, che ovviamente non riuscirai a mantenere, ci sentiamo dopo per scambiare due parole. Lo dici a tutti perché due giorni sembrano un’eternità ma poi si è travolti dalle partite, dai ritmi, dai risultati e dal lavoro. Non si riesce ovviamente a parlare con tutti ma respiri il meglio che un movimento può rappresentare con i suoi pregi, la sua carica ed i difetti sui quali lavorare insieme per migliorarlo. È stato il diciassettesimo Opening Day della storia quello disputato a Torino nel più grande palazzetto di sempre, il Pala Ruffini (3971 posti); il prossimo a Chianciano Terme sarà quello della maggiore età. In diciassette anni ci sono state 15 città diverse, 12 regioni rappresentate, 228 squadre partecipanti di cui solo Schio presente a tutte le edizioni, oltre 2700 atlete, 3 sempre presenti: Chicca Macchi, Raffaella Masciadri ed
Angela Gianolla, circa 1400 tra tecnici e dirigenti (dati e numeri di Lega Basket Femminile).
Il Film dell’Opening. In apertura la scena è rubata da Dearica Hamby: l’ala delle aquile biancoverdi ragusane gioca trenta minuti nella gara contro Geas mettendo a segno 21 punti, portando a casa 15 rimbalzi, 6 assist ed un fantasmagorico 42 di valutazione. C’è tantissimo nella vittoria di Ragusa (78-51) della statunitense in una Eirene solida e compatta con la solita Jillian Harmon (18 a referto) ed una tostissima Sabrina Cinili da dodici a referto. Per le lombarde il ritorno in serie A non poteva essere più duro anche se buone notizie arrivano da Brunner, Loyd e Costanza Verona. Un’autorevole Reyer Venezia ha la meglio su Broni nel classico incontro/ scontro Davide contro Golia (82-60) con le lagunari che mettono in scena la classe di Anete Steinberga: per la ventottenne lettone 23 punti ben supportata dal trio delle italiane De Pretto (12), Gorini (11), Bestagno (11). Una Reyer in formato Eurolega anche se le ragaz-
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ze di coach Liberalotto hanno dovuto cedere il passo al TTT Riga (doppia sconfitta) nello spareggio per l’accesso alla prossima Euroleague Women: le orogranata parteciperanno all’EuroCup che le ha già viste finaliste la scorsa stagione. Per Broni da portare a casa l’ottima prestazione di Elena Castello, classe 1998 che esce dalla panchina con una faccia tosta: 13 punti 3/3 dalla lunga e la consistenza di Nikolina Milic che al suo nuovo esordio italiano piazza diciassette punti a referto. Nota a margine della gara per gli spettacolari Viking di Broni che hanno letteralmente invaso un settore del Pala Ruffini incitando come sempre senza sosta le proprie giocatrici e trascinando nel calore anche i pochi presenti sugli spalti e noi in tribuna stampa. Il sabato si è
chiuso con i fuochi pirotecnici sparati dalle giocatrici di Napoli e San Martino di Lupari, che partita! Decisa dopo un over time a favore della Dike Napoli (72-70) in un match dal sapore di play off con le campane che ancora devono affinare gli ingranaggi di un roster che fa paura e che soffrono l’intraprendenza delle venete spesso al comando della gara con Caterina Dotto in cabina di regia che detta i ritmi e con Webb (23) e Marshall (13) ad accarezzare la vittoria. Napoli ha pochissimo dalla panchina ma tantissimo dalle sue americane Williams G. (17), Williams C. (18), ma a decidere la contesa è stata l’eterna Chicca Macchi perché se vuoi vincere queste partite solo da lei devi andare. La domenica si apre con il derby toscano tra Luc-
EMPOLI REGGE L’IMPATTO CON LA MASSIMA SERIE. MANCANO ANCORA I PUNTI IN CLASSIFICA, MA LE TOSCANE RENDERANNO LA VITA DIFFICILE A MOLTE SQUADRE. MADONNA, MATHIAS E COMPAGNE SARANNO UN OSSO DURO.
ca ed Empoli: 75-67 per le ragazze di coach Serventi che, finalmente, ha risposte positive dalle sue straniere Vaughn (25 punti e 12 rimbalzi), Treffers (18 punti, 15 rimbalzi e 7 assist) e mette in scena lo splendore di una professionista come Giulia Gatti, 16 a referto. Per Empoli l’impatto con la massima serie dà segnali più che positivi con le straniere Huland El, Mathias e Pochobradska tutte in doppia cifra. Quella che poteva sembrare una partita a senso unico e scontata si è rivelata invece di difficile soluzione per le campionesse in carica di Schio che hanno sudato fin troppo per sbarazzarsi di una Battipaglia coriacea e destinata ad essere una mina vagante (69-63) con i tredici punti di Lisec al rientro dopo l’infortunio al tendine d’Achille. Battipaglia
resta in partita e può recriminare per un piccolo infortunio che ha tenuto Brown fuori dal match nei momenti caldi. Da sottolineare le ottime prove di Mataloni (11) e Trimboli (12) che si è tolta lo sfizio di piazzare una stoppata ad una regina del parquet come Sandrine Gruda. Nell’ultimo match in programma all’Opening le padrone di casa di Torino chiudono la rassegna con una vittoria contro Vigarano (77-69): gigantesche le prove di Reimer (23 punti) ed Ilaria Milazzo, 18 punti ed 8 assist per la piccola grande donna siciliana. Vigarano accende i riflettori sull’esplosività di Fitzgerald (19 punti) e mette in mostra le campionesse d’Europa classe 2002 Nativi, Gilli e Natali che tengono bene il campo e non soffrono l’impatto con la massima serie. Se il buongiorno si vede
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inside A1 dal mattino vedremo crescere ancora queste tre piccole grandi campionesse.
Il Film... dopo quattro giornate: Sono quattro le partite disputate fino ad oggi nel campionato poche ancora per riuscire a dare qualche giudizio in quanto le squadre sono in fase di rodaggio ma qualche considerazione possiamo farla. Due le squadre al comando della classifica a punteggio pieno (otto punti), la Reyer Venezia ed il Famila Schio: se per le lagunari è un risultato che ci si poteva aspettare, il filotto di vittorie delle scledensi per tutto il ringiovanimento che si è attuato in estate è una cattiva notizia per le pretendenti al trono.
le giocate delle singole. Napoli resta tra le favorite per il titolo, ma di strada da fare ancora ce n’è. San Martino stupisce sempre di più, supera sempre se stessa e le aspettative di tutti, anche nella sconfitta contro Napoli il cuore delle lupe è stato evidente cuore che adesso dovrà sopperire anche all’assenza di Caterina Dotto infortunatasi al ginocchio nell’ultima trasferta di Battipaglia. Nel sottobosco della classifica troviamo attardata Ragusa ma le siciliane hanno avuto un calendario nelle prime giornate durissimo: subito con Venezia e Schio in una fase di crescita non è il massimo. Broni, Lucca, Battipaglia, Vigarano, Torino, Geas ed Empoli ferma al palo ci hanno detto che su ogni
Opening Day: In 17 anni sono state coinvolte 15 città diverse, 12 regioni, 228 squadre, circa 1400 tra tecnici e dirigenti e oltre 2700 atlete, tra cui tre sempre presenti: Chicca Macchi, Raffaella Masciadri ed Angela Gianolla Schio superata la normale fase di ambientamento delle nuove è tornata quella gioiosa macchina da guerra mai sazia di vittorie che si conosceva (e intanto si è già aggiudicata la Supercoppa battendo Lucca). Sandrine Gruda e Jantel Lavender sono diventate, come ovvio, i punti di riferimento di un gruppo che è già solido e dove ci sono tante giocatrici con punti nelle mani. E sono davvero tante quelle che segnano: si va dai 47 punti totali di Olbis Futo Andrè ai 44 di Gemelos, ai 39 di Gruda e le altre non sono tanto distanti. Se questa tendenza dovesse continuare sarà davvero dura batterle. Venezia è lì incollata: nelle quattro partite disputate non ha avuto grandi problemi a sbarazzarsi delle avversarie ed il colpaccio a Ragusa ha reso più evidente la sostanza di questa squadra che ha i minor punti subiti fino ad oggi (245). Nel roster di Liberalotto la distribuzione dei punti è più netta e circoscritta a meno giocatrici; Steinberga (con una partita non giocata) ne ha segnati 63, Gulich 52, Anderson 47 e Bestagno 46. Le altre viaggiano a cifre più basse ma se salgono di livello e le riserve impattano le gare in modo decisivo sarà con Schio uno scontro stellare. Scontro che sarà nel prossimo turno del 4 novembre alle ore 19:00 al Pala Romare di Schio. Con tre vinte ed una persa troviamo la Dike Napoli e San Martino di Lupari: due discorsi opposti per le due formazioni. Napoli ha i connotati di una grande e sta lavorando per esserlo: il roster è di tutto rispetto ma punto primo deve ancora trovare un’idea di gioco e secondo deve inserire mentalmente in un campionato europeo le sue americane. La sfida persa al Pala Taliercio contro Venezia è una di quelle partite da portare a casa per un roster come quello campano, sono quelle partite punti da vincere con il gruppo e non con
campo di questo campionato ci sarà da sudare.
Note a Margine un po’ avvelenate. LBFTV: La Lega Basket
Femminile si è dotata a partire da questa stagione di una TV di proprietà sul canale YouTube dove manderà in diretta le partite del campionato. Qualcuno dirà: Beh, cosa cambia rispetto alle passate stagioni? Il prezzo, perché da quest’anno, la visione delle partite sarà a pagamento. Abbonamento annuo a 40€ con il primo mese gratis. Sui social e non solo si è scatenato il caos tra proteste più o meno opportune, qualcuna anche fuori luogo. Negli Stati Uniti quello che è gratis non ha valore: si potrebbe discutere sul prezzo certamente troppo alto, ma non sulla opportunità di dotarsi di un mezzo a pagamento. Se uno è appassionato contribuisce alla crescita del movimento. Alla Lega il compito di migliorare il servizio e di farlo crescere, alle società quello di supportare questa iniziativa e magari di investire sulla comunicazione, agli appassionati di dare dignità al lavoro delle ragazze. Pallavolo?!?: Inizio seconda giornata di Opening Day a Torino, lo speaker del Pala Ruffini scandisce: “Benvenuti a questa seconda giornata che poi è la prima del campionato femminile di pallavolo”, bene ma non benissimo! Grigi: Viviamo in un periodo in cui le pari opportunità la fanno da padrona. Si cerca di mandare in A1 Femminile quanti più arbitri donna possibili. Dopo la prima giornata mi viene da chiedere se non sia sempre meglio anteporre la meritocrazia (se sei bravo arbitri indipendentemente se sei donna o uomo, anche alle luce di nomi importanti «donne» che non sono state designate a discapito di….) alle quote rosa che sembrano sempre di più diventate una riserva protetta.
LA REYER DI VALERIA DEPRETTO SUPERA LA DELUSIONE EUROPEA SBANCANDO IL PALA MINARDI DI RAGUSA CON UNA PROVA CONVINCENTE E GUIDA LA CLASSIFICA INSIEME A SCHIO. IL 4 NOVEMBRE SARÀ BIG MATCH CONTRO LE ORANGE.
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GIOVANNI LUCCHESI, 59 ANNI, NATO A ROMA, È RESPONSABILE TECNICO DELL’HIGH SCHOOL BASKETLAB, UN PROGETTO CHE PREVEDE UN COLLEGIALE PERMANENTE A ROMA. QUEST’ANNO COINVOLGE LE NATE NEL 2003 E 2004. DAL 2012 È ASSISTENTE DELLA NAZIONALE SENIOR.
focus
LUCCHESI COACH D’ORO L’UOMO DELLE 5 MEDAGLIE GIOVANILI HA UN VISSUTO PIENO DI SVOLTE IMPROVVISE E CURIOSE. “L’IMPORTANTE È RINNOVARSI:
CON L’UNDER 16 STAVOLTA ABBIAMO PROVATO A USARE GLI SMARTPHONE PER IL BASKET INVECE CHE PROIBIRLI...”
di giulia arturi
G
iovanni Lucchesi, 59 anni, uno dei personaggi del momento nel mondo del basket femminile, ha al collo cinque medaglie: due d’oro, due d’argento e una di bronzo. Con le Nazionali giovanili nessuno ha vinto più di lui. Ma non tutti sanno che prima di guidare sapientemente giovani talenti era un playmaker un po’ intemperante… “Il mio primo ricordo legato alla pallacanestro è alle scuole medie Federico Cesi, a Roma. Un professore, Pietro Poli, organizzava un corso mattutino di basket e mi iscrisse a quello pomeridiano. Così cominciai. Me la cavavo bene, ero un playmaker, piuttosto alto in verità. Come capita spesso a chi diventa poi un allenatore particolarmente esigente, da giocatore ero un po’ scapestrato, non sempre rimanevo nelle regole dei giochi… (risata). I miei idoli erano Marzorati e Brunamonti. Con gli amici una volta andammo a vedere una Coppa Italia: la IBP Perugina di Bianchini contro la grande Ignis Varese, con Meneghin, Morse e tutti gli altri. Ma il nostro preferito era Massimo Lucarelli,
un centrone dal fisico un po’ così. Nel nostro immaginario era straordinario, volevamo vederlo in campo. C’era un silenzio totale al palazzetto, non c’era nessuno fuorché noi. Lu-ca-re-lli, Lu-ca-re-lli. Intonammo cori in suo onore tutto il tempo, scatenando un grande stupore sulla panchina dei lombardi (risata)”.
“Nei miei anni da giocatore ricordo una partita in particolare, contro una squadra del Cristo Re. Quell’appuntamento per noi significava moltissimo, era un evento straordinario. Proprio poche settimane prima, giocando in un campetto all’aperto, sul marmo, mi procurai una forte distorsione. Facevo fatica a camminare, mi adoperai con tutte le soluzioni dell’epoca: la vegetallumina, gli impacchi di acqua e sale. Cercavo di testare il processo di guarigione toccando lo stipite della porta con un salto, per verificare come reagiva la caviglia. Giocai fasciatissimo, con quelle bende elastiche che si usavano una volta. Avete presente? Perdemmo 103 a 17, io feci 4 dei 17 punti”.
focus
Flash forward. 2018, Kaunas, Europei Under16. Lucchesi
è l’allenatore delle azzurrine. L’era è quella dei social. Se è inevitabile che le ragazze usino costantemente il telefono, tanto vale che sia per qualcosa di utile, pensa Giovanni. “Spesso, gli anni passati, notavo l’incomunicabilità delle ragazze all’interno del gruppo; passavano troppo tempo con il telefonino in mano. Avvisate le famiglie, glieli toglievo e immediatamente la comunicazione aumentava. Quest’anno invece, con il mio assistente Nazareno Lombardi, abbiamo fatto una scelta diversa: usiamoli. Prima di ogni partita le ragazze avevano sul loro smartphone le clip individuali e delle av-
versarie. È stata una soddisfazione enorme vederle interagire commentando quei video, o prendere appunti. Un’iniziativa utilissima, abbiamo preso spunto dai social per socializzare pallacanestro con questa formula”.
Dalle fasciature di stoffa, alla condivisione 2.0 degli schemi delle avversarie, con una costante: la passione per la pallacanestro. E non si tratta solo di correre avanti e indietro per il campo; conversando con Giovanni, si avverte uno stile di vita, un modo di crescere, un percorso. Partendo dal basket, gli orizzonti si allargano. “Negli anni ho affrontato tante scelte repentine, tante
GIOVANNI LUCCHESI RICORDA CONCATO, SUO PRESIDENTE AI TEMPI DI VICENZA: “UNA PERSONA PARTICOLARE, CHE HA SPOSATO LA PALLACANESTRO, CON CUI HA AVUTO UN RAPPORTO VISCERALE. NEL BASKET HA TROVATO LA SUA COMPAGNIA PER TUTTA LA VITA”.
sliding doors, occasioni che ti cambiano la vita. Quella che mi portò a Vicenza fu una di queste. Ho smesso molto presto di giocare: la considerazione dello sport in famiglia non esisteva, spesso dovevo uscire di casa di nascosto. Gli ostacoli diventarono troppi, e nonostante mi piacesse moltissimo, smisi presto. Anni dopo, poco più che ventenne, mi riavvicinai al basket e iniziai ad allenare, prima per divertimento, poi per guadagnare i primi pochi soldini, sempre a Roma. La stagione in cui fui assistente al Cor Basket Roma, in A2, in squadra c’era Antonella Ferrante, moglie di Aldo Corno. Aldo allenava a Viterbo, ed ebbe l’occasione di prendere in
mano Vicenza. ‘Se Aldo dovesse andare, mi piacerebbe seguirlo’, dicevo ad Antonella, per scherzo. Non era un pensiero realistico, ma quando questa opportunità si concretizzò per davvero, la presi al volo. Da un giorno all’altro, feci armi e bagagli e mi trasferii a Vicenza”.
Improvvisamente tutto cambia: in palestra ci sono Gorlin, Fullin, Lawrence, Smith, Pollini: mostri sacri. La realtà diventa quella dello squadrone per eccellenza del basket femminile. “Nessuno mi conosceva, non avevo chissà quale curriculum. A Roma mi ero occupato di giovanili, mi ero divertito: ricordo le sfide con le Stel-
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focus le Marine dove giocava Stazzonelli. Ma non avevo neanche mai partecipato a interzona o finali nazionali. L’impatto con Vicenza fu stupefacente, rimasi a bocca aperta. Proprio quella stagione arrivò Janice Lawrence, un personaggio incredibile. Una faccia scura, che nascondeva una sfrenata simpatia. Non mi dimenticherò mai quando si presentò ad un allenamento di tiro della mattina in jeans attillatissimi e maglietta: la sua forma di protesta. Aldo la fece tirare comunque, pensava fosse meglio in qualche modo assecondarla (risata)”. Hai mai visto una formazione più forte di quella? “No. Una squadra corta, unita, di impressionante solidità. Le giocatrici non permettevano a nessun avversario di
non si vede. Non splende, però è a diretto contatto con il cuore. Ed è anche ciò che ti alimenta. Come il reattore Arc di Iron Man: quella luce che ha in mezzo al petto. È la sua fonte di energia. Finché è acceso quello…”. E per ora sembra risplendere: abbiamo visto Giovanni dare tutto sulla panchina delle azzurrine campionesse d’Europa Under 16. “Un gruppo fantastico, una delle squadre giovanili più belle che abbia giocato a pallacanestro negli ultimi anni. Ma la prossima estate non le avrò io, tornerò all’Under 16. I rapporti cambiano molto, la mia scelta è quella di rinnovarli. Mantenere l’attenzione sullo stesso gruppo per tanti anni è molto difficile: servono argomenti diversi, oppure bisogna
È fondamentale ricordarsi del passato, inteso come insegnamento, cultura ed esperienza, per adattarlo al presente, al moderno toccare la compagna. Una spinta a Gorlin? Arrivavano Peruzzo e Fullin per una vendetta tecnica. E Aldo era l’allenatore ideale per quel gruppo: riuscì a gestirlo al meglio, con le sue capacità di aggregatore e motivatore. I risultati sono nella storia”.
Se parliamo di settori giovanili, il nome di Giovanni Lucchesi è quasi una conseguenza automatica. Ma nella sua carriera ci sono anche otto stagioni in serie A1, da capo allenatore. “Ho fatto 8 anni ad Ancona, di cui quattro da capo allenatore. Il primo fu speciale: iniziato malissimo, con tante sconfitte, ma concluso sfiorando i playoff. Io ero all’esordio assoluto, e la squadra era giovanissima. Costalunga, Gardellin, anche loro al debutto o quasi nella massima serie. Poi ricordo con particolare gioia la mia stagione a Costa Masnaga: da neopromosse ci piazzammo quinte, guadagnando anche la possibilità di giocarci la coppa Ronchetti. Stavo benissimo, non me ne sarei mai andato, ma purtroppo la società chiuse e non ci fu possibilità di continuare quella splendida avventura. Se mi manca fare il capo allenatore di un club? No. Ho fatto una scelta precisa, con grande umiltà e con la fortuna (sottolineato con penna rossa e blu) di poterla portare avanti con il settore squadre nazionali. Farei fatica in questo momento a rimettermi i panni di chi deve alzarsi la mattina sperando che la straniera sia di buon umore. Sono ormai troppo orientato verso quello che sto facendo: il settore giovanile per me è la soddisfazione più grande”. Quando si lavora con le giovani, la questione non si riduce
ad insegnare movimenti di gioco, ad applicare schemi e difese. È un impegno ad ampio respiro: l’allenatore contribuisce ad un percorso di formazione. “Già: parliamo di ciò che è appoggiato sul tavolino, anzi sul petto e
usare gli stessi ma con altre persone, altrimenti il rischio è di annoiare. È bene poi che un gruppo senta altre voci e idee, e non ci devono essere preconcetti e preclusioni. Una giocatrice può non essere adatta alla mia pallacanestro, ma perfetta per quella di qualcun altro. E se dovesse far bene meglio ancora: abbiamo una giocatrice in più”.
Rinnovarsi. Una parola chiave anche nello sviluppo della carriera di Lucchesi: “È fondamentale ricordarsi del passato, inteso come insegnamento, cultura ed esperienza, per adattarlo al presente, al moderno. Senza mai dimenticare la prima pagina del libro e il nome dell’ultima pagina. Bisogna innovare continuamente quello che proponiamo ai ragazzi, sfruttando la fantasia. Non schiavi di una moda, ma sempre pronti a disegnare nuovi modelli e se non sono efficaci sostituirli con altri”. Per la Nazionale senior si avvicina l’ultimo appuntamen-
to, quello decisivo, delle qualificazioni a Eurobasket 2019. Il 17 novembre in Croazia, il 21 a La Spezia contro la Svezia. “È un passaggio cruciale. Marco Crespi ci sta mettendo l’anima, sviluppando una visione d’insieme e una capacità di comunicazione che sono estremamente ‘contemporanee’, come usa dire lui. I problemi sono sempre gli stessi, nel senso che siamo tutti comunque in attesa della nuova generazione che sta crescendo, però dobbiamo anche essere concreti e cercare di portare a casa la qualificazione, per nulla facile o scontata. L’importante è che comunque vada, la Nazionale sia da traino, sia benzina che consenta di alimentare il motore. Se a maggior ragione il motore non è quello di una Ferrari, bisogna stringere i denti, essere stretti a coorte e portare a casa il risultato”.
“AMO MOLTO FARE LO SPETTATORE: HO SEMPRE PENSATO CHE A FURIA DI GUARDARE TROPPO DA UN PUNTO DI VISTA CRITICO SI PERDE LA FANTASIA. UNA DELLE COSE PIÙ BELLE DELLA PALLACANESTRO È GUARDARLA PER DIVERTIRSI”.
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OLBIS FUTO ANDRÈ 20 ANNI ANCORA DA COMPIERE, NATA A CASTEL SAN PIETRO TERME DA GENITORI ANGOLANI IL GIORNO DI NATALE, 190 CM DI GENTILEZZA E SEMPLICITÀ AUTENTICA.
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IL PIVOT DEL FUTURO? “LE RESPONSABILITÀ AUMENTANO E L’HO SENTITO”.
INTERVISTA CON OLBIS FUTO ANDRÈ, IL PIVOT NON ANCORA VENTENNE CHE GIÀ CI HA FATTO SOGNARE IN MAGLIA AZZURRA. ORA IL GRANDE BALZO A SCHIO PER CRESCERE ANCORA. E’ LEI IL CENTRO CHE STAVAMO ASPETTANDO?
di alice pedrazzi
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i salveranno le ventenni. Ed i loro sorrisi illuminanti.
Olbis Futo Andrè, 20 anni ancora non li ha compiuti, eppure già da qualche tempo illumina le speranze del nostro basket: per tutti è il pivot che non abbiamo mai avuto. A lei ci aggrappiamo per sognare un futuro in cui, all’ombra dei cristalli, sapremo alzare la voce. Olbis è nata da genitori angolani, prima di 4 fratelli, a Castel San Pietro Terme, una manciata di chilometri da Bologna, il 25 dicembre del 1998. Così Basket City e tutto il basket italiano hanno ricevuto un regalo prezioso: 190 cm di gentilezza profonda e semplicità autentica, racchiusi in un pivot dall’atletismo non comune. Ma il futuro, con lei, è già presente. Dopo aver fatto le giovanili tra Pontevecchio e la Libertas Bologna, ha esordito in serie A a Battipaglia e quest’anno è approdata a Schio, dove ad accoglierla ci sono i tanti trofei della realtà più vincente del basket femminile nostrano dell’ultimo decennio. In mezzo, nel novembre del
2017, l’esordio con la maglia della Nazionale A, subito da protagonista, perché bruciare le tappe sembra, per lei, un’operazione di ordinaria amministrazione. Eppure, al basket, non c’è arrivata da predestinata. Olbis, con la palla a spicchi, fu amore a prima vista? Proprio no – risponde con un sorriso che si percepisce anche al di là della cornetta telefonica -. Anzi: a basket non volevo giocare. Avevo provato durante la scuola elementare, ma non mi piaceva: troppe regole, troppo difficili. Non le capivo! Chi ti ha convinta? In seconda media, venne a scuola un istruttore di basket di Pontevecchio ed io riprovai a giocare durante le ore di educazione fisica. Poi, dopo quelle lezioni, mi chiese di andare a provare nella sua squadra. Ma non ne volevo sapere. Allora domandò il numero di telefono dei miei genitori e cercò di convincere loro. I miei mi dissero di andare a vedere, almeno qualche volta: mi sono ritrovata così a giocare il mio primo campionato. Era l’under 13.
cover story
Da lì non hai più smesso, correndo veloce da un traguardo all’altro: trofei nei campionati giovanili, esordio in serie A ed in nazionale... Qual è l’allenatore che, nei tuoi primi anni, ti ha insegnato di più? Credo di aver preso qualcosa da ognuno. All’inizio, a Pontevecchio, da Moris Masetti, poi Matteo Lolli nelle giovanili della Fortitudo Rosa e Maurizio Scanzani che a Bologna guidava la prima squadra, con cui spesso mi allenavo. Poi a Battipaglia, con Massimo Riga, ho fatto un altro salto di qualità. Ed oggi, che le regole le hai imparate, che cos’è per te il basket? Una passione e, ormai, uno stile di vita. Oggi non potrei pensare ad una vita senza gli allenamenti, che scandi-
scono il ritmo delle mie giornate. E’ un grande impegno ma anche un grande divertimento: alla fine faccio ciò che mi piace. E spero, in futuro, che possa diventare anche una professione vera. Ancora non la senti tale? Quest’anno forse per la prima volta sì, molto più degli altri anni. Probabilmente perché non ho più i campionati giovanili. E forse anche perché durante l’estate hai fatto un altro grande balzo, approdando in una squadra che per la storia recente della pallacanestro italiana significa molto. Com’è stato l’impatto con Schio? All’inizio, non lo posso negare, avevo un po’ di timore, un po’ di paura. Ma di quella buona, quella generata
11 NOVEMBRE 2017 ALL’ESORDIO CON LA NAZIONALE A CONTRO LA MACEDONIA, OLBIS METTE SUBITO A SEGNO UNA DOPPIA-DOPPIA DA 12 RIMBALZI E 10 PUNTI.
dalla tensione di giocare con lo scudetto cucito sul petto. Le responsabilità aumentano e l’ho sentito. Hai vissuto un periodo di adattamento, per entrare pienamente nei meccanismi tecnici e mentali di questa Schio 4.0? Probabilmente il fatto che il gruppo fosse fortemente rinnovato, ha facilitato l’inserimento di tutte noi arrivate con il mercato estivo. Non mi sono dovuta inserire in un gruppo già formato nella sua totalità, con equilibri già ben consolidati. I tanti cambiamenti fatti nel roster durante l’estate, credo che da un lato abbiano agevolato il processo di inserimento di ognuna di noi, perché abbiamo creato tutte insieme una nuova armonia. Pierre Vincent è il tuo primo allenatore non italiano?
Sì. E ciò che mi ha colpito di lui, rispetto a tutti gli altri allenatori avuti fino a questo momento, è il suo essere calmissimo. E’ davvero molto compassato: ancora non l’ho mai sentito urlare. Da un punto di vista tecnico, ho notato che giochiamo molto di più, durante gli allenamenti. La parte dedicata al gioco è cresciuta esponenzialmente rispetto a quella dedicata ad esercizi di fondamentali o di tecnica individuale. A proposito di tecnica individuale: su quali aspetti ti stai concentrando maggiormente in questo momento? Sul gioco spalle a canestro, sulla capacità di prendere posizione in mezzo all’area e di utilizzare e far valere il mio fisico. Credo che questo sia un aspetto del mio
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cover story gioco su cui devo lavorare molto, per crescere. Qual è invece la tua migliore caratteristica? Mi sento forte e sicura a rimbalzo. Lì so che posso fare bene. Mentre sul tiro, ad esempio, so di dover investire ancora molte ore di allenamento. Eppure, quasi un anno fa, l’11 novembre del 2017, quando hai esordito con la Nazionale A nella gara contro la Macedonia, sei stata interprete di una partita molto solida non soltanto a rimbalzo (12) ma anche al tiro (10 punti), debuttando con una doppia-doppia: non male per chi dice che sul tiro si sta ancora attrezzando...
l’altezza: centimetro più centimetro meno lambiscono entrambe quell’1,90 tanto raro fra le nostre sportive; un atletismo fuori dal comune, un sorriso contagioso ed origini lontane (angolane quelle della “nostra Olbis, nigeriane quelle di Paola) che non annebbiano, ma anzi accentuano, l’orgoglio con cui vestono l’Azzurro. Sono tante le cose che ti accomunano alla pallavolista Egonu, neo-medaglia d’argento iridata, ma la nostra pallacanestro potrà arrivare a giocarsi una finale mondiale come quella disputata qualche giorno fa dalle amiche-nemiche del volley? Sarebbe bellissimo, ma per raggiungere questi risultati,
Sono molto realista, mi piace vivere giorno per giorno, pensare più al presente che al futuro: penso di voler arrivare al massimo, senza sapere e forse nemmeno immaginare, quale sia questo massimo Quella è stata una emozione fortissima. Durante il raduno, speravo solo di poter essere convocata, di restare con il gruppo. Poi, qualche giorno prima della partita di Skopje, Marco (Crespi, ndr), mi ha detto che sarei entrata in quintetto. Io? Sinceramente non ci ho creduto, perché – mi sono detta – alla fine cambierà idea. Ed invece? Invece era tutto vero. Sono entrata nelle prime cinque e per i primi due minuti mi sentivo su un altro pianeta, non capivo nulla. L’emozione, in quel caso, è stata davvero forte. Poi il coach mi ha dato cambio ed in panchina mi ha parlato, facendomi comprendere che, davvero, lui crede in me. Così sono rientrata sul parquet sentendo la sua fiducia e quella delle mie compagne: mi sono sbloccata di minuto in minuto. Cos’è per te oggi, che in questo anno di presenze ne hai collezionate 9, segnando 74 punti, la maglia azzurra? Una emozione, una grande sorpresa, una enorme soddisfazione. Fino a dove si spinge il sogno sportivo di Olbis? Sono molto realista, mi piace vivere giorno per giorno, pensare più al presente che al futuro: penso di voler arrivare al massimo, senza sapere e forse nemmeno immaginare, quale sia questo massimo. Però, certo, credo che il sogno di ogni atleta, e quindi anche il mio, sia quello di indossare la maglia della Nazionale, magari per giocare qualche partita importante, dove - perché no - in ballo c’è una medaglia… Proprio come in questi giorni ha fatto un’altra splendida quasi ventenne, Paola Egonu, indossando la maglia azzurra del volley. Con quest’altra ventenne di belle speranze per lo sport italiano, Olbis Futo Andrè ha molto in comune. L’anno ed il mese di nascita: dicembre 1998;
non servono solo qualità tecniche, occorre tanto cuore e, perché no, anche quel pizzico di fortuna che forse un po’ è mancata negli ultimi anni alla pallacanestro femminile, pensando, ad esempio, all’ultimo Europeo. Oggi però la Nazionale è un bel gruppo, si respira un clima sereno tra staff e giocatrici e questa è certamente un’ottima condizione di partenza. Eppure, indubbiamente, il basket fatica a tenere il passo di altri sport, come la pallavolo ad esempio, in termini di risultati… Ma tutti noi pensiamo che, nonostante tutto, il mondo dei canestri abbia qualcosa in più rispetto al volley. Concordi? Senza dubbio: la pallacanestro è uno sport dove c’è il contatto fisico. E questo fa tutta la differenza del mondo. La pallavolo è molto più statica, noi ci dobbiamo guadagnare ogni centimetro in una lotta corpo a corpo faticosa, spossante, ma appassionante. Chi è Olbis fuori dal campo? Una studentessa al secondo anno di economia aziendale, che sta studiando anche per fare l’esame per la patente, perché ancora non l’ho presa… Se mi guardo fuori dal basket, da grande, mi vedo commercialista o impegnata in un ruolo aziendale dove i numeri devono quadrare… Da sempre, infatti, preferisco molto di più le cifre alle parole. Una grande qualità, da mostrare anche sul campo, per chi, col proprio gioco interno, deve far convergere geometrie, sogni ed aspettative di un movimento che vuole gioire con e per atlete di questa genuinità. Ci salveranno - l’avevamo detto - le (quasi) ventenni. Quelle come Olbis Futo Andrè, che hanno le idee chiare sul parquet, che profumano di umiltà fuori e che iniziano una intervista dicendo: “Innanzitutto, grazie mille!”. Grazie a te, Olbis. Ti aspettavamo.
GRANDE BALZO IN ESTATE OLBIS SI TRASFERISCE DA BATTIPAGLIA A SCHIO E CON LA MAGLIA ORANGE CONQUISTA SUBITO LA SUPERCOPPA. ORA L’ATTENDE L’EUROLEGA!
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il gioco delle coppie DOPO LE PRIME 5 GIORNATE DUE COPPIE AL COMANDO:
ALPO E COSTA AL NORD, CAMPOBASSO E LA SPEZIA AL SUD, TUTTE IMBATTUTE. OK IN GENERALE LE FAVORITE, MA CON QUALCHE SORPRESA NEL BENE E NEL MALE. IL DETTAGLIO SU TUTTE LE 32 SQUADRE
di manuel beck
A
lpo e Costa in fuga al Nord, Campobasso e La Spe-
zia al Sud. Scriviamo a fine ottobre, dopo cinque giornate di A2: poche per emettere sentenze, abbastanza per dare i primi giudizi. Le favorite, pur con qualche distinguo, sono partite forte: soprattutto al Sud sembra già netto il divario tra le candidate ai piani alti e chi dovrà giocarsi la salvezza. Al Nord, invece, il grande equilibrio a metà classifica fa pensare che il confine tra playoff e playout possa restare sottile fino all’ultimo. Con la sorte pronta a recitare la sua parte – lo si è già visto in questo primo mese abbondante – sotto forma di partite vinte o perse per un tiro, infortuni, inopinati contrattempi come uno 0-20 per assenza di medico (è successo a Marghera) o un cambio di campo a gara in corso (è capitato a Roma). Chi sta sorprendendo, in positivo o in negativo, rispetto ai nostri pronostici del mese scorso? Al Nord, la neopromossa Moncalieri è già da primi posti, non solo una pericolosa outsider; Albino invece è ancora
al palo, quando era abituata a frequentare la bassa zona-playoff; le venete S. Martino, Marghera e Ponzano (le prime due molto giovani, la terza debuttante) sono finora alla pari con squadre più quotate come Milano, Carugate, Vicenza. Al Sud, barometro all’opposto per le due liguri, con una grande Spezia imbattuta e una Savona a secco; bene Selargius, in crisi Orvieto; tra le favorite, Valdarno è un pizzico attardata, mentre Campobasso ha bruciato le tappe nel raccogliere i frutti di un mercato d’assalto.La spezzina Packovski guida le marcatrici dopo 5 turni con 20,4 di media, davanti a Pieropan e alla giovane Giudice; fra le rimbalziste la 18enne Toffolo di Marghera domina con 17,8 a partita (!); negli assist capeggia Porcu di Campobasso con 6,2 a gara. Abbiamo nominato due 2000 e una ’97: l’A2, come sempre, è la terra delle opportunità per le giovani di valore. Ora entriamo nel dettaglio con un riepilogo squadra per squadra, nell’ordine di classifica dopo la quinta giornata.
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Girone Nord // Alpo bilancia alla perfezione le sue tante stelle. Costa ha scacciato l’incubo dei finali in volata ed è profondissima grazie alle giovani. Moncalieri la sorpresa.
Ecodent Alpo (5 vinte-0 perse). Attesa come schiacciasassi, risponde presente con un +18 di scarto medio. Bilancia alla perfezione le sue tante stelle (Ramò, Vespignani, Zampieri, Scarsi, Dell’Olio, la neo-arrivata Pertile che s’è inserita subito bene) sfruttando tutte senza dipendere da nessuna. B&P Autoricambi Costa (5-0). Ha scacciato l’incubo dello scorso anno, i finali in volata, vincendone 3 su 3, compresi quelli con Crema e Moncalieri. Così non ha pagato l’iniziale infermeria piena; ora, al completo, ha rotazioni profondissime grazie alle giovani. Baldelli è partita con 3 “ventelli”, Rulli solita colonna, Vente sta carburando. Akronos Moncalieri (4-1). Altro che matricola: solo per un soffio (sconfitta all’overtime a Costa) non è a punteggio pieno, dopo aver bastonato due avversarie di spessore come Carugate e Udine. Grigoleit scelta azzeccata, a turno in evidenza Hernandez, l’azzurrina Conte, Katshitshi e altre del nucleo italiano. Autosped Castelnuovo (4-1). Le incognite su un gruppo dagli ottimi nomi, ma da riassemblare dopo la rivoluzione estiva, sono state spazzate in fretta, anche se l’unico big match è stato perso (con Alpo). Pieropan sfiora i 20 di media, Salvini il secondo pilastro di questo avvio, ma come per le altre “big” è l’abbondanza di armi la vera chiave. Parking Graf Crema (4-1). All’esordio ha perso di un soffio con Costa, poi 4 vittorie a passo spedito. Anche qui c’è tanta profondità: contro Carugate, ad esempio, 9 elementi a segno dai 5 punti in su. Con l’arrivo di Blazevic ad affiancare Nori ha maggiore dimensione interna, così come Melchiori sta dando una spinta in più al reparto perimetrale. Delser Udine (3-2). Dopo un avvio convincente è scivolata in casa col B.C. Bolzano e ha incassato una paga pesante a Moncalieri. Ma è comunque davanti alle rivali più dirette. Ljubenovic guida in punti e rimbalzi, produttiva la 2000 Ianezic; spazio anche alla 2004 Blasigh. Il Ponte Sanga Milano (2-3). Senza la “roccia” Guarneri, ha perso due occasioni in avvio con Ponzano e Carugate; ma si è rimessa in pari battendo Vicenza e Albino. Il nome emergente è la regista del ‘98 Quaroni; in crescita il reparto ali-lunghe dopo un inizio sottotono. Plyglass Ponzano (2-3). Bel colpo a Milano al debutto nella categoria. Ha messo in cascina altri due punti
preziosi con Varese, poi k.o. nel derby con Marghera ma la classifica non piange. Dalla quarta giornata ha innestato il “centrone” Vian; Brotto la top-scorer finora. Fanola S. Martino (2-3). Fin troppo giovane, si poteva temere. Ma ha sfruttato bene le opportunità con Pall. Bolzano e Varese; poi 3 sconfitte ma contro avversarie toste. In ascesa Milani, classe 2000 (quasi 13 punti di media) accanto alle già note azzurrine U18 Profaiser e Baldi; minuti anche per la 2003 Guarise. Giants Marghera (2-3). Altra squadra che non sta pagando la gioventù. I punti con Albino e Ponzano valgono oro; peccato la sconfitta a tavolino con Udine per mancato arrivo del medico. La 2000 Toffolo viaggia a 12 punti e quasi 18 rimbalzi di media. Carosello Carugate (2-3). Ha superato un calendario in salita con due vittorie di carattere, nel sentito derby con Milano (“vendetta dell’ex” per Maffenini, 29 punti) e contro Vicenza. Spera di avere meno problemi fisici a elementi-chiave. VelcoFin Vicenza (2-3). Altalenante fra casa, dove ha fatto 2 su 2, e trasferta, in cui poteva cogliere almeno un’occasione fra Udine, Milano e Carugate (certo campi non facili) ma non c’è riuscita. Matic e Stoppa finora i punti di riferimento. Itas B.C. Bolzano (2-3). Da un calendario duro ha ricavato il possibile, grazie soprattutto al colpo a Udine. Fall e Servillo ottima trazione posteriore; Bungaite tosta a rimbalzo; appare meno profonda rispetto alla media delle rivali. Acc. Valbruna Pall. Bolzano (1-4). Lo scontro diretto vinto a Varese ha chiuso ottobre col sorriso; l’unico rimpianto è con S. Martino. Come le concittadine non ha organico lungo, ma il quintetto produce bene, con Mossong e Consorti in area, Chiara Rossi e Mingardo sul perimetro. SCS Varese (0-5). Pagare il salto di categoria ci sta, ma fra S. Martino, Ponzano e Pall. Bolzano poteva batterne almeno una. Gioca bene a tratti ma non ha ancora continuità sui 40 minuti. “Doppia doppia” di media per Visconti, persa Cassani per infortunio: inserita Laura Rossi, ex Carugate. Fassi Albino (0-5). L’esordio a Marghera, perso di 1 al supplementare, ha incanalato male la stagione; il resto del calendario di ottobre era arduo. Iannucci ha già preso la leadership realizzativa, ma la consistenza è ancora da ritrovare dopo la partenza di varie veterane.
CLAUDIA COLLI È TRA I PUNTI DI RIFERIMENTO DI UNA RINNOVATA MA ANCORA MOLTO COMPETITIVA CASTELNUOVO: 4 VITTORIE IN 5 GARE A FINE OTTOBRE, SUBITO DIETRO LA COPPIA ALPO-COSTA.
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ARIANNA ZAMPIERI ALPO, VINCITRICE DEGLI SCORSI PLAYOFF NORD, È TRA LE FAVORITE PER LA PROMOZIONE. ARIANNA ZAMPIERI, REDUCE DAGLI EUROPEI 3X3 È ALLA GUIDA DI UN GRUPPO BEN AFFIATATO ROBERTA GREGORIO, CHE FADI A MENO DELLA CAPITANA DI CAMPOBASSO STRANIERA. CHE CAPEGGIA IL GIRONE SUD. LA SALDATURA FRA I NUOVI ACQUISTI E LE CONFERMATE COME LEI STA PORTANDO LE MOLISANE AL SALTO DI QUALITÀ.
Girone sud // Campobasso ha certificato la sua candidatura ai massimi obiettivi espugnando Palermo. Due colpi di assoluto valore, con Bologna e Faenza, nobilitano la cinquina di Spezia
Magnolia Campobasso (5 vinte-0 perse). Ambiente entusiasta e cinquina di vittorie per la regina del mercato estivo, che ha certificato la sua candidatura ai massimi obiettivi espugnando Palermo con Ciavarella sugli scudi. Nelle altre due vittorie più sudate, ha risolto Porcu con 14 assist contro l’Athena Roma e la tripla-chiave contro la Nico. Ok anche Bove e le altre. CariSpezia (5-0). Due colpi di assoluto valore, a Bologna e con Faenza, nobilitano una partenza perfetta, che ha riacceso una piazza storica. Packovski straordinario propulsore (20,2 punti e 5 assist di media), Templari fromboliera, Cadoni e Sarni sicurezze vicino a canestro. Meno profonda delle altre “big” ma gerarchie e idee sono chiare. Matteiplast Bologna (4-1). Ha perso un giro scivolando con Spezia, ma ha dominato a Valdarno ed espugnato Civitanova, due campi fra i più tosti: per le zone alte c’è ancora una volta. La coppia D’Alie-Tassinari fa i numeri, sia come cifre sia come spettacolo (cercate il video delle migliori azioni contro Orvieto), Tava ha recuperato bene. Andros Palermo (4-1). Ha fatto poker in un avvio abbordabile (anche se a Cagliari non era facile), ma ha perso il primo grande test con Campobasso. Miccio e Russo segnano, Cupido orchestra e Vandenberg è un bel torrione in area; l’infortunio a Novati può assottigliare una panchina già non lunghissima. Faenza Project Girls (4-1). Quattro partite dominate, con Ballardini a dosare il proprio utilizzo (comunque 28 di valutazione contro Cagliari), avendo tante armi nel suo arsenale: Preskienyte in area, Schwienbacher in regia, Soglia, Morsiani, Franceschelli a turno in doppia cifra. Ma il primo big match con La Spezia ha segnato un brusco stop. S. Salvatore Selargius (4-1). Da 5 partite equilibrate ha ricavato 4 vittorie, bucando solo la buona occasione con l’Athena Roma. Con Brunetti (38 di valutazione all’esordio, poi anche un 32), Manfrè, Cicic ha tre fra gli elementi più produttivi del girone; Arioli la leader sicura. Andrà verificato l’impatto con gli scontri più duri ma per ora c’è eccome. Fe.Ba. Civitanova (3-2). Ha perso di misura con Bologna e Selargius, in compenso la 2001 Orsili ha risolto la volata con l’Athena Roma: bilancio in attivo. Perini e De Pasquale fatturano 30 punti a partita in coppia. Gaskin imprecisa ma strappa oltre 10 rimbalzi di media.
P.F. Umbertide (3-2). Unico rimpianto con Cagliari, per il resto ha colto bene le occasioni, dominando il derby con Orvieto. Trascinata dalle sue giovani: la 2000 Giudice (18 di media), la ‘97 Prosperi, la ‘98 Pompei... A rimbalzo fa tanta legna Cvitkovic. Retail S.G. Valdarno (3-2). Partenza lenta, anche perché Rosset e Di Costanzo hanno saltato due partite a testa; il terreno perso è comunque recuperabile e l’organico, per quanto non lungo, è tra i migliori della categoria, con Innocenti, Lazzaro, Orsini, Dettori. Cus Cagliari (2-3). Una magia di Striulli (sopra i 15 di media così come Kotnis) contro Savona ha impedito di pagare troppo dazio a un calendario durissimo in questo avvio. Da rivalutare dopo il ciclo di partite più abbordabili in arrivo. G. Stanchi Athena Roma (1-4). Un’impresa in volata su Selargius e 3 sconfitte molto onorevoli con Campobasso, Civitanova e Valdarno: la “matricola” è competitiva (in evidenza le giovani Grimaldi e Cirotti oltre alla sempiterna Gelfusa) e potrà capitalizzare contro avversarie alla portata. Integris Elite Roma (1-4). Senza l’infortunata Moretti, è a corto di realizzatrici a supporto di Masic e Grattarola: 3 partite di fila sotto i 45 punti. Ma il calendario era proibitivo: può recuperare. Emozionante il successo su Valdarno con tanto di... cambio di campo in corsa per infiltrazioni d’acqua. Orza Rent Nico (1-4). La neopromossa pistoiese ha vinto lo scontro diretto con Forlì (Sorrentino e Bona 47 punti in due); anche un paio di tenaci resistenze alle “big” Campobasso e Spezia. Il suo campionato è la lotta-salvezza e può vincerlo. Azzurra Orvieto (0-5). Dolenti note: si è dimesso coach Dragonetto dopo il -29 nel derby con Umbertide. Calendario duro e gruppo ringiovanito, per cui ci sta di soffrire, ma solo in un paio di gare ha tenuto botta. La ‘99 Meroni sorpresa positiva. Solo due partite per la bulgara Yancheva. Cestistica Savonese (0-5). Sfortunata: in partita contro quasi tutte, ma non ha raccolto punti, nonostante la mano caldissima di Penz (17,2 punti col 46% da 3). I mezzi per concretizzare di più ci sono. Medoc Forlì (0-5). Squadra giovanissima che deve ancora trovare competitività (-20,8 punti di scarto medio). La ‘98 Gramaccioni guida le marcature.
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VALENTINA BALDELLI IN AZIONE CON LA SUA CONSUETA FASCETTA CHE LA CONTRADDISTINGUE E IL SIMBOLO DELLA COPPA ITALIA 2017 VINTA CUCITO SULLA MAGLIA DI COSTA MASNAGA.
primo piano
menù vincente
A TU PER TU CON VALENTINA BALDELLI, UNA DELLA GIOCATRICI DI SPICCO DELLA NOSTRA A2 E SAPIENTE GUIDA DI COSTA MASNAGA, CHE CI RACCONTERÀ DALL’INTERNO LA REALTÀ BRIANZOLA E LA SUA VITA FUORI DAL CAMPO, TRA STUDIO, ALIMENTAZIONE SANA E LA PASSIONE PER I VIAGGI
Di Lucia Montanari
Q
uattro partite giocate, una delle medie punti più alta dell’A2 e quattro vittorie su quattro per lei con la sua Costa Masnaga: parliamo senza dubbio di Valentina Baldelli, la playmaker classe ’89 che ha avuto uno straordinario inizio di stagione in cui ha fatto registrare le seguenti cifre: 17.5 punti di media, 3.5 assist e 4.2 rimbalzi. Baldelli, ormai di casa a Costa Masnaga, dove guida con le sue sapienti mani la squadra da ben 3 stagioni, vanta un curriculum importante, dentro e fuori dal campo. Originaria di Gualdo Tadino, in provincia di Perugia, muove i suoi primi passi da professionista ad Umbertide in A2, per poi tornare negli anni successivi nella sua città, militando nella “vecchia” serie A3, per ben 3 anni. La chiamata tra le “grandi” arriva nel 2013 quando approda ad Orvieto in A1: Valentina scriverà belle pagine della sua carriera e della storia della società, giocando là per 4 anni e diventando anche capitana della squadra.
Nel 2016 arriva la chiamata di Costa Masnaga a cui Baldelli decide di rispondere presente. Valentina diventa subito leader tecnico e morale di un gruppo giovane, del quale man mano prenderà le redini, prima in campo e poi fuori. I risultati del lavoro di squadra e del forte di spirito di gruppo che contraddistingue Costa, di cui la stessa giocatrice ci parlerà, portano subito i propri frutti: infatti, Baldelli e compagne vincono la coppa Italia di A2 femminile nella stagione 2016/2017, giocata proprio in casa a Costa Masnaga e Valentina conquista il premio di MVP della competizione con 20.7 punti di media e 2.7 assist. Nella scorsa stagione la squadra brianzola, dopo una regular season combattuta, chiude al secondo posto, dietro solo al Geas, poi nei playoff supera due turni, cedendo al fotofinish nella finale del girone Nord contro Alpo. Valentina Baldelli però, oltre ad essere un’eccellente giocatrice, è anche una grande studentessa: infatti, come ci racconterà anche successivamente, soprattutto negli anni in cui ha giocato in “casa” a Gualdo
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Tadino, ha avuto la possibilità di studiare: è laureata in Infermieristica ed ha un Master in dietetica e alimentazione applicata allo sport. Ma ora è il momento di lasciare spazio alle parole di questa giocatrice che possiamo definire senza dubbio di spicco dell’A2, che ci racconterà meglio e più da vicino l’interessante realtà di Costa Masnaga e qualche
curiosità e notizia sulla sua vita. Hai segnato 17 punti di media nelle prime 5 partite e Costa è imbattuta: ti aspettavi questo inizio, sia a livello personale che di squadra? Sinceramente mi aspettavo un inizio così positivo da parte della squadra: dopo il finale della stagione
BALDELLI, PLAYMAKER CLASSE ’89, IN PERCUSSIONE IN UNO DEI CONSUETI DERBY LOMBARDI CONTRO IL SANGA MILANO.
passata, la voglia di cominciare bene era tanta e lo si capiva già dalla preparazione e dalle amichevoli pre campionato in cui il gruppo si è sin dal primo momento sempre dimostrato presente e volenteroso e nella testa di tutte c’era la voglia di far bene da subito. Per quanto riguarda me, mi sono allenata tanto durante tutta l’estate, alternando il crossfit alle sedute di
tiro, per arrivare il più in forma possibile all’inizio del campionato, quindi, per ora, i miei sforzi sono stati ripagati, anche se siamo ancora all’inizio. Quali sono i vostri obiettivi per questa stagione? Gli obiettivi, come sempre e come per tutti, penso, sono alti. Puntiamo ad arrivare più in alto possibile in
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primo piano campionato e magari partecipare alle Final Eight di Coppa Italia. Con il tempo vedremo quali sono le nostre reali possibilità: in ogni caso, noi non ci poniamo limiti e sicuramente ce la metteremo sempre tutta. Siete una squadra che sta crescendo stagione dopo stagione, quale pensi sia la chiave di questa costanza? La chiave della nostra costanza è sicuramente il gruppo che negli anni è rimasto più o meno lo stesso e questo ci ha permesso di lavorare con costanza e continuità, di inserire al meglio le nuove arrivate e di stringere forti legami in spogliatoio, sia dentro che fuori dal campo. Oramai siamo come una grande famiglia. Il vostro gruppo è composto per la maggior parte da ragazze molto giovani, mentre tu, sicuramente, sei una delle veterane: qual è il tuo ruolo all’interno dello spogliatoio, sia a livello di carattere che di gioco? Costa è una squadra particolarmente giovane, anzi devo dire che noi consideriamo le giovani uno dei nostri punti di forza: sono delle ragazze talentuose, con
dente, complice la pressione che ci ha giocato un brutto scherzo, ma quest’anno siamo qui di nuovo, pronte a dare il meglio di noi come abbiamo sempre fatto! Cosa ti piace fare quando sei lontano dal campo da basket? Quando non gioco a basket, avendo concluso gli studi (sono laureata in infermieristica e ho un Master in dietetica e alimentazione applicata allo sport) corro dalla mia famiglia e dai miei amici a Gualdo Tadino e mi rilasso facendo lunghe passeggiate con il mio cane. Appena possibile, poi, faccio la valigia e corro a farmi una bella vacanza. Lo studio e lo sport: due temi molto importanti, soprattutto per un’atleta professionista, ma spesso molto difficili da conciliare congiuntamente... Qual è stata la tua esperienza in questo senso? Per un’atleta impegnata diverse ore al giorno con gli allenamenti non è sempre facile conciliare studio e sport, ma con un po’ di organizzazione si riescono a fare entrambe le cose contemporaneamente. Io, personalmente, ho sempre trovato delle società che mi hanno dato la massima disponibilità, in parti-
Vincere la Coppa Italia con Costa in casa è stata un’emozione unica. Arrivare in una squadra nuova e alzare subito un trofeo è davvero molto gratificante!” tanta voglia di crescere e nonostante la differenza di età si è creata da subito una buona sintonia. Io, essendo una delle veterane, cerco sempre di essere disponibile per qualche consiglio o raccomandazione.
colar modo quando avevo bisogno di giorni liberi per dare degli esami. Quindi, in questo senso, devo dire che anche grazie alla comprensione dei club sono riuscita a portare avanti entrambe le mie passioni.
Scavando nella scatola dei ricordi, ne prendo uno molto recente, ma allo stesso tempo molto bello: la Coppa Italia vinta in casa con Costa Masnaga due stagioni fa... Raccontaci i tuoi ricordi di quell’esperienza e di quel momento. Sono arrivata a Costa tre anni fa con grandi obiettivi: la società mi aveva convinto sin da subito con la sua professionalità e le sue ambizioni, infatti già il primo anno è andato molto bene: abbiamo raggiunto i playoff, chiudendo la stagione solo in semifinale, ma soprattutto abbiamo vinto la Coppa Italia. È stata un’emozione unica che porto sempre con me, sia per il valore del trofeo, sia perché l’abbiamo vinta, appunto, davanti al nostro splendido pubblico e il suo calore è stato il valore aggiunto di quel bellissimo ricordo. Quando vai in una squadra nuova gli obiettivi sono sempre alti e per me, averli raggiunti subito al primo anno, è stato veramente molto gratificante. L’anno scorso non è andata così bene come il prece-
Hai un rito scaramantico pre partita? Sinceramente non ho dei riti scaramantici particolari prima delle partite. L’unica cosa è il menù che non si cambia assolutamente mai! Ci puoi svelare il tuo segreto? Devo essere sincera, cerco di prendermi cura del mio corpo non solo allenandomi, ma anche curando attentamente la mia alimentazione. Proprio per questo, dopo essermi laureata in scienze infermieristiche, due anni fa ho deciso di iscrivermi ad un master in alimentazione applicata allo sport, come detto in precedenza. Approfondire questo argomento e poterlo applicare poi nella mia vita di tutti i giorni, è stato molto interessante. Il giorno della partita, per noi atleti, è sempre il più importante della settimana: io, per quanto riguarda il cibo, sono molto abitudinaria e per pranzo, il pasto principale, mangio sempre un bel piatto di pasta al sugo, seguito da bresaola con contorno di verdura.
VALENTINA BALDELLI IN MAGLIA COSTA MASNAGA, SQUADRA IN CUI È APPRODATA NEL 2016, DOPO LA BELLA AVVENTURA AD ORVIETO IN A1, DI CUI È STATA ANCHE CAPITANA.
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LAURA MARCOLINI ALA/PIVOT CLASSE 1976, UNA LUNGA CARRIERA TRA A2 E B, UN’APPARIZIONE IN A1 A VICENZA E ANCHE UNA MEDAGLIA D’ORO AGLI EUROPEI JUNIORES DEL 1994. QUI CON LA MAGLIA DELLA SUA ATTUALE SOCIETÀ: BRIXIA BRESCIA.
altri mondi
FAMILY AFFAIR
LAURA MARCOLINI E CARLOTTA ZANARDI: PIVOT E PLAY, COMPAGNE DI SQUADRA NEL BRIXIA BRESCIA DI SERIE B, MA ANCHE MADRE E FIGLIA. UNA STORIA DI AMORE, PASSIONE PER LA PALLA A SPICCHI E DNA CESTISTICO
di marco taminelli
M
amma, giocatrice ed allenatrice per diletto, Laura
Marcolini non si fa mancare nulla nel pianeta della palla a spicchi. Sin qui tutto, o quasi, nella norma, ma quale atleta può vantare il primato di giocare con la propria figlia all’esordio in Serie B? Entrambe allenate da Stefano Zanardi: marito dell’una e papà dell’altra
MAMMA NON TI MANDA SOLA. Piccola favola che per l’ala/
centro bresciano, classe 1976 con tante battaglie tra A2, B, C con una spruzzata di A1 a Vicenza, rischiava di non concretizzarsi. Nella stagione 2017/2018, costellata da una serie di infortuni, l’ipotesi ritiro era diventata più di un’ipotesi. Acciacchi che le fanno concludere prematuramente, a febbraio, il torneo ma, di chiudere la carriera, proprio non se ne parla. Complice una motivazione fortissima: “Da sempre rifiutavo l’idea di dovermi ritirare per problemi fisici. Per me contavano solo la motivazione e la voglia di continuare, anche se devo ammettere guai ed acciacchi assortiti comincia-
vano a diventare troppo frequenti. Quando poi sai che, per il campionato successivo, ti perderesti la possibilità di accompagnare tua figlia all’esordio in B, beh allora non ci ho pensato un attimo. Mi sono detta, Laura rimetti assieme i pezzi e ripartiamo con Carlotta”.
SEMAFORO VERDE. Preparazione e rincorsa per mettersi in
pari con le compagne, ma l’attesa dell’esordio con la figlia viene rinviato. Non senza qualche patema: “Ho dovuto fare davvero gli straordinari durante la preparazione. Sono partita dopo le altre ragazze, accelerando il percorso per farmi trovare pronta. Fortunatamente alcuni problemi fisici si erano attenuati. Stavo sinceramente meglio ma la questione era diventata quando, e soprattutto se, Carlotta Zanardi avrebbe potuto esordire”. Per la stellina di Brixia, classe 2005, infatti c’è da attendere la deroga della Federazione. Che poi arriva per il sollievo di Mamma Laura e di tutta la società biancoblù: “C’era un po’ di apprensione, quando ci sono di mezzo questioni burocratiche ti assale sempre una
altri mondi sorta di ansia. Poi, per fortuna, tutto è andato bene, per la seconda giornata è arrivato l’atteso via libera”. Semaforo verde nella seconda uscita della squadra bresciana ospite di Usmate, campionato di serie B, girone lombardo. Emozioni assortite, ma anche la tanta voglia di giocare, che sommerge qualunque altro fattore: “Non vedevo l’ora, nonostante ci fossimo già trovate sul campo, durante alcuni allenamenti lo scorso anno con il resto della squadra, una gara ufficiale di campionato ha tutt’altro sapore. L’emozione però è passata presto, entrambe eravamo concentratissime per la partita. Carlotta è già molto
re in mano il pallone. Iniziava a tirare già presto con una mano, è stata assai più precoce di me”. Tredicenne ma già con qualche bella soddisfazione intascata per la giovanissima Zanardi. Doppio successo nella categoria U13, nel 2017, ed U14 nella scorsa stagione nelle finali nazionali del torneo 3vs3 al Join the Game di Jesolo: “Per Carlotta una bella soddisfazione e tanto divertimento, con le gemelle Tomasoni (Ramona ed Alessia), Laura Savoldi, a cui si è unita quest’anno Sara Pinardi. Tutte grandi amiche e che giocano insieme proprio a Brixia”.
MEMORIES. Vivere le nuove emozioni, attraverso l’avven-
Non volevo perdermi la possibilità di accompagnare mia figlia all’esordio in Serie B. Non ci ho pensato un attimo, mi sono detta: Laura rimetti assieme i pezzi e ripartiamo con Carlotta! matura in questo senso, ha la testa sempre nelle sfide e non le manca mai la concentrazione”.
ESORDIO CON IL BOTTO. E la gara va anche per il verso giusto, Brixia sbanca il parquet brianzolo. Manco a dirlo il tandem mamma-figlia è subito protagonista. La veterana Laura piazza una super prestazione da 18 punti, gara tutta sostanza anche per la tredicenne in maglia biancoblù, chiusa con 13 punti a referto. Ovviamente gioia doppia, esordio supervisionato da papà Stefano Zanardi, con cui la giovane Carlotta ha un feeling speciale: “Come spesso capita la figlia femmina adora il proprio padre, si apre sicuramente di più con lui che con me. Un rapporto speciale che si conferma anche sul parquet. Di sicuro con Stefano non si corrono rischi di nepotismo e privilegi, è assai più esigente con le persone a lui vicine, da cui pretende più del massimo. Ed io ne so qualcosa – sorride Marcolini – visto che gioco da qualche stagione con lui”. Orgoglio materno ma anche giudizio tecnico lucido di Marcolini nel descrivere le qualità della figlia: “Osservo ormai sin da piccola i progressi di Carlotta. Ha già un fisico importante nonostante i soli 13, anni, anche il ball handling, la visione in campo sono da giocatrice più “grande” rispetto alla sua età”. DNA CESTISTICO. Stessa passione infinita per la pallacane-
stro, oltre ad una grande etica lavorativa, ma nessuna pressione da parte della famiglia verso la campionessa in erba: “Cerchiamo sempre di non esercitare nessun tipo di pressione su di lei. Anche se abbiamo nel DNA il basket come lei è stata Carlotta ad avvicinarsi al parquet naturalmente, senza forzature. Dopo le mie partite già da piccolissima entrava in campo e voleva prende-
tura di Carlotta emana flashback di una lunga carriera, come conferma Laura: “Mi piace vedere tutti i suoi progressi, le nuove avventure che sta per iniziare. Ricordo le mie prime grandi emozioni, la medaglia d’oro con la nazionale agli Europei juniores del 1994, arrivata dopo il bronzo con le cadette. Oppure la fantastica galoppata, nelle giovanili, con la piccola squadra di Lonato. Coach Mariolina Puglia portò il nostro gruppo di ragazzine sconosciute sino alle finali nazionali. Qualcosa che ti resta dentro e che mi procura, tuttora, brividi di gioia. E che ti ripaga dei mille allenamenti, del lavoro duro in palestra, degli infortuni. Non solo i successi sia chiaro, proprio l’entusiasmo e la voglia di non smettere mai di giocare, e che mi fa restare ancora in campo insieme a mia figlia”. Entusiasmo e grande partecipazione che trasmette anche nella sua nuova veste di allenatrice con le giovanili, maschili, ad Offanengo: “Ecco un’altra grande soddisfazione. Amo tantissimo provare a dare la stessa carica ed energia che ho sempre ricevuto io giocando a basket, attraverso anche i miei coach nelle varie esperienze che ho attraversato. Con la mia U14 ad Offanengo mi sto divertendo moltissimo, mi è arrivato di recente il patentino da allenatrice quindi – conferma orgogliosa Marcolini - sono prontissima anche per questa stagione. Lavoro anche nel minibasket e sto provando a coinvolgere qualche piccolo gruppo di bambine, ma siamo ancora alle prime esperienze, ci lavoreremo con altrettanto entusiasmo”.
BASKET FAMILY. Ma le sorprese in casa Marcolini-Zanardi non sono finite. Oltre a Carlotta c’è anche il fratello William ad essere vittima del “morbo” cestistico. Destini incrociati per i due fratelli che fanno il loro esordio nella
CARLOTTA ZANARDI A SOLI 13 ANNI HA GIÀ UN RUOLO IMPORTANTE NEL BRIXIA BRESCIA (SERIE B). GRAN FISICO, 178 CM PLAY, NEL PRIMO MESE DI CAMPIONATO HA FATTO VEDERE, OLTRE AL TALENTO, GRANDE PERSONALITÀ E MATURITÀ.
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altri mondi 7 È IL NUMERO CON CUI GIOCAVANO MADRE E FIGLIA FINO ALLA SCORSA STAGIONE. QUEST’ANNO LAURA, VISTO CHE CARLOTTA HA ESORDITO IN PRIMA SQUADRA, HA OPTATO PER IL 77... CHE COMUNQUE LO CONTIENE!
stessa domenica: per William in Serie D con la maglia di Rezzato. E mentre mamma e figlia si godono la vittoria ad Usmate per la giovane ala bresciana, classe 2000, c’è la super prestazione con 31 punti messi a referto: “Domenica da ricordare – conferma Marcolini – mentre io e Carlotta vinciamo (giocando anche bene per fortuna) William fa un esordio con il botto in D con Rezzato. Tra l’altro – aggiunge la giocatrice bresciana – un amico di famiglia ci ha fatto notare che i punti (sommati) di me e Carlotta (13+18) sono gli stessi di William. Li ha giocati al lotto ma pare – sorride divertita Marcolini – non si sia vinto nulla”. “William – prosegue – è sicuramente più “mammone”, nel senso più affettivo del termine. Parla di più con me ed è, sugli spalti, un nostro super tifoso, anche se non vuole mai farcelo notare. Nella partita con Giussano, dopo una mia stoppata, ho sentito tutto il suo entusiasmo e le urla di incoraggiamento”. Confronto, divertimento e piacevoli sfottò che non
mancano, naturalmente, nel rapporto cestistico tra fratello e sorella: “Si adorano, anche se piace ad entrambi giocare ad interpretare la sfida tra cane e gatto. C’è un rapporto molto complice e so che si confidano tra loro, lasciando giustamente mamma al di fuori. E di sicuro si prendono in giro reciprocamente, nonostante la differenza di fisico sia indubbia Carlotta non si tira indietro quando improvvisano degli uno contro uno, e con il tiro da fuori - racconta divertita mamma Laura – ci prende gusto a metterlo in difficoltà”. Marcolini che non perde di vista però anche il campionato della sua Brixia, squadra che torna ad essere ambiziosa dopo le difficoltà dello scorso anno: “Sento una bella atmosfera dentro ed attorno alla squadra. C’è un bel mix di veterane, come me e Roberta Colico, insieme a tante giovanissime che hanno grinta e faccia tosta. E’ ancora presto per dare un giudizio, il campionato è molto lungo, ma le premesse sembrano davvero buone”.
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MARA FULLIN IN MAGLIA FIORELLA VICENZA, IN UNA GARA DI COPPA CAMPIONI 1984 CONTRO AGON DÜSSELDORF. MARA È LA CESTISTA ITALIANA PIÙ VINCENTE DI OGNI EPOCA, UOMINI COMPRESI: IL SUO PALMARES CONTA 15 SCUDETTI E 7 COPPE DEI CAMPIONI.
storie
LA GRANDE VICENZA
DAI 14 ANNI AL LIDO DI VENEZIA, FINO ALLA COPPA DEI CAMPIONI. UN VIAGGIO CHE PASSA PER VICENZA, CHIETI E ROMA E HA UN SOLO ACCOMPAGNATORE: ANTONIO CONCATO. LO STORICO DIRIGENTE DI VICENZA È RECENTEMENTE SCOMPARSO E MARA FULLIN, SUA GIOCATRICE PER BEN 9 ANNI, CI RACCONTA QUEL BELLISSIMO PERIODO
di giulia Cicchinè
L
aetitia è stata la sua prima società. Laetitia è un modo
di vivere che è diventato parte di lei, e lei è Mara Fullin. Mara, classe ‘65 è team manager della nazionale italiana femminile e “in passato, è stata un’ apprezzata cestista”, così recita Wikipedia. Apprezzata? Solo? Quando Mara Fullin ha ricevuto la chiamata da Vicenza, a 14 anni, era già molto più di apprezzata. Un talento cristallino che ha scritto la storia del basket azzurro, del basket vicentino e del basket moderno perché Mara Fullin è sempre lì. È quella ragazza mora, alta, che si vede dietro le panchine, a esultare come sempre per le sue ragazze.
La storia di Mara Fullin si intreccia con quella di Vicenza
creando un filo narrativo particolare, stretto, attorcigliato, complesso ma non complicato, perché le grandi storie d’amore non sono mai difficili. “È successo tutto per puro caso, un’estate c’era una squadra allestita al Lido di Venezia per fare un’amichevole contro Vicenza che veniva col suo settore gio-
vanile. Io al Lido andavo al mare e appena saputo di questa amichevole, mi hanno chiesto se volevo partecipare, e ho risposto - Certo! - Con una squadra messa su al mare, mi sono presentata a giocare la sera stessa contro Vicenza. Lì, la dirigenza di Vicenza deve avermi notata e mi sono subito arrivate delle richieste ma avevo solo 14 anni! Quell’estate ho iniziato anche a fare i primi raduni regionali con il Settore Squadre Nazionali e conscia di una preparazione, di una testa diversa e di un’età diversa, l’anno dopo mi sono trasferita a Vicenza”. Ecco, non tutte le favole, o le belle storie iniziano con il classico “C’era una volta”, ma è pur vero che spesso, la realtà attraversa i confini del sogno, si intreccia anche questa, come la storia di Mara Fullin a Vicenza, come si intrecciano i km tra Venezia, Vicenza, Chieti e Roma. E se vi steste chiedendo cosa c’entra questo viaggio centro-nord con tutta la storia, la risposta è solo una e porta il nome di Antonio Concato. “Facevo le Finali Nazionali dei Giochi della Gioventù a
storie
SALONICCO 1987 CONCATO E FULLIN FESTEGGIANO IN SPOGLIATOIO LA CONQUISTA DELLA COPPA CAMPIONI, SI RICONOSCONO FRA GLI ALTRI GORLIN, POLLINI, PASSARO, ALDO CORNO E RENATO NANI.
Roma, con la mia scuola di Venezia. Da Roma quindi, dovevo raggiungere per la prima volta Vicenza in treno, da sola. Tutto questo passando per Chieti. Io sapevo di dover scendere a Chieti, c’era un torneo pre campionato, ero certa e consapevole delle mie certezze. Ma in treno, in viaggio si sa com’è. La gente mi ha visto con la borsa sportiva e ha iniziato a chiedermi perché dovessi scendere a Chieti e non a Pescara che all’epoca aveva la squadra, a differenza della stessa Chieti. Ero convinta di non avere sbagliato la città abruzzese ma avevo comunque 15 anni, figurarsi i 15 anni degli anni ‘80! Mi era venuto il panico, ero andata in confusione. Poi la voce! - La signorina Mara Fullin è pregata di scendere - Come ho sentito il mio nome mi sono fatta forza, sono scesa a Chieti e ho visto ad attendermi Antonio Concato e Roberto Pellizzari. Ho visto la salvezza. Da quel momento, davvero, ho visto in Concato un’ancora cui aggrapparmi”.
Da quel momento, dai 15 a 24 anni passati a Vicenza, Mara Fullin ha trovato la salvezza, la sicurezza di un mare
calmo, come quello del Lido di Venezia dell’estate dei 14 anni, che faceva da sfondo al suo futuro sul parquet.
“Concato era semplice, gentile nei modi, io avevo 15 anni e mezzo e lui con me era tutto un - Signorina, ben arrivata - lui ti dava sempre del lei e adesso che ci penso, noi eravamo le scapestrate che non giocavano su quel “lei” di Concato. Lui ha sempre portato molto rispetto per le sue ragazze”. Così Mara Fullin lo ricorda parlando al telefono, con le macchine che sento sfrecciare al di là del nostro mondo e di quel piccolo universo che ci siamo create con la rete. Quel piccolo mondo racchiuso in uno smartphone che ci permette di comunicare e di ricordare. Mara, il giorno della scomparsa di Concato, aveva scritto un bel pensiero sui suoi profili social. Mi hai accolto a Vicenza che ero appena quindicenne. In nove anni non ti sei mai arrabbiato, eri buono, gentile, paziente. Ci hai cresciute tu, ci hai fatto diventare le donne forti che siamo oggi. Non eri un presidente, eri una figura paterna. Riposa in pace Antonio.
Perché così era, è, e sarà sempre. “Mi piace dire che Concato ci abbia cresciute perché lui era di quelle figure che gravitano all’interno di una società, che guarda ma che parla poco. Le sue parole però erano pesate, e quando Concato parlava, ti colpiva. Era così. Ci è capitato di fare delle bravate, con la scusa che la società non ci avrebbe mai beccate. E poi, puntualmente ci beccava. Allora arrivava Concato, con i suoi modi sempre gentili, senza rabbia e ci faceva capire. Lui c’era sempre, cestisticamente e umanamente. Gli allenatori e le compagne potevano cambiare e passare, Antonio Concato non andava mai, e non passerà mai”. Dalle bravate dei 15 anni, alla Coppa dei Campioni il passo non è così tanto corto e nemmeno breve, se si considera chi faceva quel passo. Era la grande Vicenza, quella che era squadra in campo e fuori.
e non è scontato. Devo dire che però loro erano ben disposte ad accettarci nel gruppo perché eravamo noi più giovani quelle propositive, sempre pronte ad ascoltare i consigli delle veterane, sempre pronte anche a quell’occhiataccia che ci avrebbe fatte migliorare. Credo che sia diverso dal mondo e dallo sport moderno, non si tratta solo di basket. Adesso le ragazzine sono cambiate, sono diverse dalla me 15enne e mi rendo conto che parlare con loro è sempre più difficile. Quando sei sul campo, è complicato riuscire a trasmettere dei concetti di gioco, positivi e negativi, perché spesso le ragazze lo interpretano male e si irrigidiscono. Le ragazze oggi hanno meno fiducia in sé stesse, ed è per questo che anche sul campo, hanno reazioni strane quando un coach tenta di riprenderle per farle crescere. Cosa c’entra questo con la forza di Vicenza? A
Mi hai accolto a Vicenza che ero appena quindicenne. Ci hai cresciute tu, ci hai fatto diventare le donne forti che siamo oggi. Non eri un presidente, eri una figura paterna “In trasferta, noi volevamo dormire e Concato, le mattine, ci portava in giro per le grandi capitali europee. Ci ha stimolato per non farci diventare quelle giocatrici che se ne stanno a letto quando non giocano. Anche questa la reputo una crescita”. E per crescere a volte, servono i confronti. Serve parlare a viso aperto e a muso duro e non è scontato che nelle società sportive ci siano figure del genere, che possano parlare e che sappiano ascoltare. Concato, manco a farlo apposta, c’era ed era una di quelle. “Nel 1984, a 20 anni, ero sul mercato e stavo per accasarmi a Viterbo, mi voleva Aldo Corno ma a me spiaceva lasciare Vicenza. Così ne parlai con la società e con Concato - ma perché mi volete dar via? - Quelle, però, erano le scelte. La mia fortuna fu proprio Aldo Corno, che venne ad allenare Vicenza, così quell’anno restai. Ma non fu semplice, la società era ferma sulle sue ed è per questo che non è sempre stato tutto un - Sì, Concato. Sì, Concato - ma con i modi garbati, il colloquio con lui era sempre aperto”. Mara Fullin, 9 anni a Vicenza non è solo parte di quella storia, lei è stata artefice di tutto quello che Vicenza ha fatto e di tutto quello che rende possibile attribuire a quella squadra l’aggettivo di GRANDE.
“Vicenza aveva qualcosa di speciale. Le giocatrici era-
no pazzesche, per non parlare dei rapporti umani. Io adesso sono in una società dilettantistica e mi rendo conto che rispetto a quel periodo sono proprio questi ad essere cambiati, i rapporti, che sono diversi. A livello di squadra, mi ricordo, all’inizio, io ero una bambina e sono stata subito accettata dalle più grandi e quelle ragazze erano fior fior di giocatrici, già plurititolate
Vicenza c’erano giocatrici che sono durate negli anni, erano quelle ragazze a rendere grande Vicenza perché la squadra e la fortuna, si costruisce così: col lavoro, giorno per giorno, di un gruppo che crede fortemente in sé stesso e in quello che fa”. Perché parlare di ragazzine? Perché tornare ai primi anni da professionista di Mara Fullin? Perché facciamo un salto all’indietro, al punto dove inizia tutto quanto: Antonio Concato.
“Fin da ragazzine, lui ci guardava con quegli occhietti come a volerci dire - non ne fanno più di giocatrici così - e voleva dire che lavoratrici, determinate, forti come noi, era difficile trovarne, tutte insieme, in una stessa squadra. Le difficoltà le abbiamo sempre affrontate come una squadra: i viaggi lunghi e scomodi, le sconfitte, i problemi. Quello ci rendeva squadra e Concato lo sapeva, per questo lodava sempre la nostra attitudine al lavoro. Lui c’era, lui era lì. Anche quando le cose andavano male. Aveva l’abitudine di andare in una pasticceria e spesso per questo arrivava tardi, me lo ricordo col suo thè con il ghiaccio o una Cola-Cola in mano. Era un buongustaio, con lui si poteva arrivare a mangiare perfino il caviale… Ma sempre accompagnato dalla Coca-Cola. Ecco, Concato era il suo bicchiere di Coca-Cola, era la sua tazza di té col ghiaccio dentro”. Concato era uno di quelli che non passa mai e che grazie ai suoi gesti, piccoli e quotidiani, sarà uno per sempre presente, in campo e nella vita perché da oggi in poi, con la nostra Coca-Cola in mano, potremmo sorridere pensando al commento gentile che ci avrebbe fatto Antonio Concato.
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flash news di daniele tagliabue
OSCAR PREMI 2017/18
eurolega MONSTRE LA REYER NON CE LA FA HAMBY & HARRISON
Durante l’Opening Day di Torino, è andato in scena il tradizionale “Donne & Basket”. In A1 doppietta per Schio che porta a casa il riconoscimento nella categoria miglior coach con Pierre Vincent e quello di MVP straniera con Yacoubou. Il premio di miglior giovane è invece finito a Keys, mentre a Bagnara è stato dato quello come MVP italiana. Ha chiuso il cerchio Roberta Meneghel, eletta miglior dirigente. Per quanto riguarda l’A2 Brunelli a Sud e Barberis a Nord sono state le due MVP. Miglior coach Alessio Cioni di Empoli mentre miglior dirigente è stato decretato Tullio Coccia di Marghera.
Svanisce il sogno della Reyer Venezia di raggiungere il Famila Schio nella massima competizione Europea dell’Euroleague. Doppia sconfitta per la formazione di coach Andrea Liberalotto, incapace di opporsi al TT Riga. Nel match d’andata sconfitta per 67-56, nonostante i 21 punti di Steinberga. Fatale il break nel terzo quarto di 21-14. Al ritorno partita senza storia, con le lettoni già padrone nei primi minuti. Lo 0-7 fa infatti da premessa al 56-73, al termine di una gara mal giocata con la sola Steinberga a salvarsi dalla serata completamente negativa.
ROBERTA MENEGHEL EX ATLETA DI PRIOLO E VENEZIA, ORO AI GIOCHI DEL MEDITERRANEO 2009 CON LA NAZIONALE, PREMIATA COME MIGLIOR DIRIGENTE 2017/18.
Due prestazioni da urlo nell’avvio del campionato di A1 con Dearica Hamby e Isabelle Harrison a prendersi la copertina. L’americana di Ragusa ha infatti il record attuale alla voce valutazione, con ben 42 nella vittoria contro il Geas. Per lei doppia doppia da 21 punti e 15 rimbalzi. Non da meno la prova di Harrison: nella difficile trasferta di Empoli ha scritto 41 di valutazione, permettendo così alla Dike di uscire indenne dopo un primo tempo nella quale Napoli aveva toccato anche i venti punti di passivo. Per la numero venti una prova “monstre” da 24 punti e 22 rimbalzi.
flash news di daniele tagliabue
MONDIALI TURCHIA azzurre ANCORA TROPPi USA Azzurre battute l’ora decisiva Kermesse avvincente quella dei Mondiali andati in scena in Spagna dove non sono mancate conferme, sorprese e un buon spettacolo. A vincere è sempre Team USA, che ha spazzato via una coriacea Australia per 56-73. Mvp della contesa la straordinaria Brittney Griner, mentre come Mvp del Mondiale è stata eletta Breanna Stewart. Nella finalina per il 3-4° posto, sale sul podio la Spagna che vince il derby europeo contro la rivelazione Belgio, tra le note più belle della manifestazione. Deludono invece Francia e Lettonia, eliminate rispettivamente nei quarti e nella fase a gironi.
UNDER 20 NON PARTE IN LAZIO Brutta storia quella del campionato Under 20 femminile nel Lazio. Il comitato regionale ha cancellato il torneo a causa delle sole 5 adesioni ricevute. A comunicarlo è una nota del presidente Martini, che sottolinea che le Doa Nazionali stabiliscono la possibilità di organizzare il campionato con un numero minimo di 6 squadre, disputando almeno 12 partite. Vana anche l’ipotesi di chiedere alle società di partecipare al campionato campano. Troppo alti i costi da sostenere per le società, con ragazze studentesse che si sarebbero anche trovate a gestire rientri in tarda notte. In generale, a livello nazionale risultano in calo le iscrizioni alla categoria Under 20 (varata, o meglio ripristinata, appena 3 anni fa), anche perché quest’anno in Under 18 sono ammesse 3 fuoriquota del 2000.
Non è decisamente iniziata nel migliore dei modi la stagione di Giorgia Sottana e Cecilia Zandalasini. Le due azzurre, da quest’anno compagne di squadra nella squadra turca del Fenerbahce, sono infatti uscite sconfitte dalla prima competizione in gioco, ovvero la Supercoppa Turca. Il punteggio finale parla di 47-61 a favore di Hatay, che salvo un parziale nel terzo periodo, ha di fatto comandato l’incontro per tutti i quaranta minuti trascinato dal MVP Ben Abdelkader che ha chiuso con 21 punti, 3 rimbalzi e 2 assist. 5 i punti di Zandalasini, 8 invece quelli di Sottana.
Novembre è il mese della verità per la Nazionale nelle qualificazioni a Eurobasket 2019. Mancano solo due giornate alla fine per l’Italia di Crespi, in un girone H che vede le azzurre in testa con 3 vinte-1 persa insieme alla Svezia, seguite dalla Croazia a 2-2 (già eliminata la Macedonia). Per passare bisogna piazzarsi prime o risultare fra le 6 migliori seconde degli 8 gruppi. Sabato 17 novembre l’Italia gioca in Croazia, poi ospita le svedesi mercoledì 21 a La Spezia. Da tenere presente che le nostre partono da 0-1 (-12) con le croate, da 1-0 (+22) con la Svezia.
supercup ecco i ct EKA DA RECORD
Delle giovanili 2019
UMMC Ekaterinburg entra nella storia. E’ infatti la prima squadra ad aggiudicarsi per ben tre volte la Supercoppa Europea dopo le due edizioni conquistate nel 2013 e nel 2016. A farne le spese quest’anno è stato il Galatasaray, incapace di opporsi alla corazzata allenata dall’ex Schio Mendez. Partita chiusa fin dalle prime battute, con il primo quarto terminato 22-8. Timida reazione turca nel secondo periodo (38-30), prima della definitiva spallata avvenuta nel terzo quarto chiuso sul 60-36. Gli ultimi dieci minuti son stati così di garbage time, per il definitivo 79-40.
Nominati gli allenatori delle Nazionali giovanili che disputeranno le competizioni europee dell’estate 2019. Queste le scelte comunicate dalla Fip per il settore femminile: l’Under 18 è affidata a Roberto Riccardi, l’Under 16 e l’Under 15 a Giovanni Lucchesi. Intanto la squadra dell’High School BasketLab (il progetto federale per talenti delle annate 2003-04) ha partecipato alla European Youth Basketball League Under 16 in Bielorussia, ottenendo 1 vittoria e 4 sconfitte. Ronchi top scorer con 61 punti totali.
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il basket visto da un marziano
libero arbitr(i)o di linda ronzoni
Un po’ mamma, un po’ Dio. Come una mamma severa cerca di mettere pace tra i figli litigiosi; come un Dio implacabile decide le sorti, infliggendo punizioni, elargendo benevolenza, quasi sempre rendendosi odioso solo in virtù del fatto che si erge al di sopra di ogni altro potere. Decide insindacabilmente. Non ci sarà un ricorso, un appello. Sentenza definitiva, secca. Una roba più unica che rara nella nostra vita terrena, no? Le confessioni di un arbitro. Se mai scrivessi un libro mi piacerebbe scrivere degli arbitri, mi piacerebbe entrare nei meandri reconditi della psiche di questi individui che volontariamente decidono di fare una cosa che li esporrà a insulti, minacce, a volte addirittura aggressioni fisiche. Perché? gli chiederei incredula. Per me è una di quelle robe incredibili e impensabili, forse perché il ruolo di decisore infallibile, giudice inappellabile, non lo reggerei mai, troppa responsabilità, avrei dubbi amletici continui, fallo o non fallo questo è il problema; e poi mi metterei lì a bordo campo a esporre le mie ragioni e a sentire quelle degli altri, tipo gruppo di terapia, senza arrivare da nessuna parte. Partita sospesa per divergenze emotive. E poi l’arbitro, almeno sulla carta, è fuori dai giochi, non partecipa, non suda, non lotta, non soffre, rimane indifferente alle sorti della competizione e io invece arbitrariamente comincerei a entrare in empatia con la giocatrice più scarsa, con quella che non le entra niente ma niente e forse qualche fallo a suo favore, per mandarla in lunetta, lo fischierei. Per poi stare lì con sguardo finto-impassibile a lanciarle la palla per i tiri liberi e tifare dentro di me: dai dai dai che un canestro lo metti! Che poi se sei Dio, mi sono detta dalla tribuna guardando l’ennesima partita, devi avere un decoro, un’eleganza come dio comanda, non è che puoi avere il pantalone di lycra stretto, che ti tira da tutte le parti, che manco riesci a correre o così lungo che finisce sotto le scarpe e sembra che ci inciampi a ogni corsa su e giù per il campo. Possibile che gli arbitri non abbiano una mamma che gli sistemi l’orlo, una fidanzata o un amico hipster che li consigli per la taglia giusta? Ma forse l’arbitro fa l’arbitro per non essere mai giudicato, nemmeno da me in tribuna che non ho di meglio da fare, e quindi si tiene i calzoni troppo aderenti o lunghi, libero e felice, tanto nessuno lo potrà cogliere in fallo. Perlomeno non finché starà in campo, giudice supremo.
palla e psiche
300 AL MINUTO Di ALICE BUFFONI STAFF PSICOSPORT
È il numero di parole che ci diciamo in sessanta secondi. Sembrano tante, a volte non ci accorgiamo nemmeno, eppure il dialogo interno, o Self-Talk, è molto importante: può condizionare le nostre azioni nel bene e nel male. Henry Ford diceva: “Che tu creda di farcela o non farcela, avrai sempre ragione”. E in effetti è proprio così, ciò che pensiamo è in grado di determinare l’esito delle nostre azioni. Per questo motivo essere capaci di controllare e riformulare ciò che ci diciamo in senso positivo e costruttivo può sensibilmente migliorare la nostra prestazione sportiva. In psicologia si definisce Self-Talk il dialogo interno costituito da parole, frasi o immagini mentali positive che si attivano, talvolta in modo inconsapevole, quando si è in azione. E’ una tecnica di concentrazione che gli atleti usano per focalizzare l’attenzione su elementi importanti della propria prestazione oppure quando sono necessari feedback incoraggianti. Il Self-Talk funziona perché fa leva su una caratteristica innata della nostra attenzione: essa è selettiva, ovvero capace di focalizzarsi solo su alcuni elementi eliminando temporaneamente gli altri. Esattamente come una luce di teatro, può stringersi per evidenziare solo elementi “utili” alla prestazione, eliminando tutto ciò che è distraente. In questo modo il Self-Talk aiuterà il giocatore a liberarsi dei pensieri negativi e a concentrarsi sul momento presente (hic et nunc!) solo sul movimento che sta eseguendo, senza pensare all’esito, alla vittoria, alle aspettative esterne. Perché è importante parlarci in positivo? Perché la nostra mente lavora per immagini e non elabora le negazioni in modo immediato. Se per esempio mentre sto difendendo io mi dicessi: “Non stare dritta!” , il mio cervello visualizzerebbe subito l’immagine delle mie gambe proprio in quella posizione, dritte. Subito dopo dovrei compiere uno sforzo per elaborare l’informazione, cancellare quell’immagine e pensare al suo opposto. Nel frattempo il mio avversario mi ha battuto ed è già a canestro. Avrei dovuto dirmi: “piega le gambe!”, un’istruzione diretta e chiara, funzionale al compito che sto eseguendo. Questo vuole essere un messaggio anche per gli allenatori: feedback positivi, sempre! Dando l’istruzione di non fare errori si attiva l’immagine di un errore, ottenendo quindi esattamente l’opposto. Come si allena, dunque il dialogo interno positivo? Un esercizio semplice ma per niente banale è eliminare il non e i suoi derivati dai nostri pensieri. Proviamo: Niente palle perse! Diventa: Passaggi precisi. Non concedere il fondo! Diventa: manda l’avversario verso il centro. Non distrarti! Diventa: rimani concentrato. Il dialogo interno è utile non soltanto per ottimizzare compiti tecnici, ma anche per fermare i pensieri disfunzionali. Possiamo allenarci a volgere al positivo tutte quelle piccole frasi che in automatico ci diciamo di fronte a un compito o una situazione difficile o stressante: non posso sbagliare questi liberi - non ce la farò mai - per me è troppo difficile diventeranno adesso faccio due su due – voglio riuscirci - è una sfida! Attenzione poi a non usare due cosiddetti falsi amici: il DEVO e il POSSO. Il primo implica una imposizione e tende a caricare di ansia l’atleta come se fosse obbligato ad avere successo per non deludere le aspettative sue o di altri; e il secondo indica una possibilità, posso batterlo…ma potrei anche non farcela. Per un buon Self-Talk quindi, dobbiamo per prima cosa riconoscere i pensieri disfunzionali (in questo i mental trainer possono darvi una grossa mano!) e poi trasformarli, svuotandoli dal fattore ansia, cioè riformularli in modo che siano incentivanti e al positivo. Non vi resta che provare, ma fatelo prima in allenamento... È un esercizio che le prime volte richiede parecchia attenzione, potreste ritrovarvi a cercare di pensare intensamente positivo inchiodate alla panca! Questa rubrica è tenuta da Psicosport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.
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(sa)tiro sulla sirena
specie in estinzione di paolo seletti
L’allenatore di pallacanestro femminile è stato inserito tra i 3 mestieri in via d’estinzione dall’Osservatorio sui Lavori più Derelitti del Mondo assieme allo straccivendolo e al domatore di dromedari. Prontamente è arrivata la smentita della FIP, “I numeri sono in aumento, la pallacanestro italiana sta benissimo”, ha detto il nuovo addetto stampa della Federazione, in pregiato legno massello e dal naso prominente. Il sospetto rimane, dopo il video diventato virale su YouTube in cui un allenatore, allo Zoo di Verona, viene perculato a pacche sulle spalle da due Panda Giganti. Nel mentre sono state prese alcune misure cautelari. “Finalmente è stato tolto il tesseramento in esclusiva che ti costringe a cercarti un lavoro vero?” No, però c’è stata una stretta sul bracconaggio. È consentito percuotere gli allenatori solo in certi periodi dell’anno, nelle immediate vicinanze degli impianti e previa dichiarazione alla Arci Caccia. Mossi da indomito spirito giornalistico abbiamo rintracciato alcuni allenatori, che hanno preferito mantenere l’anonimato perché a casa dicono da vent’anni di avere un lavoro serio e ben retribuito e un ufficio open-space (soprattutto se il custode smonta la rete da pallavolo), altrimenti la moglie li lascia. Con loro abbiamo ricostruito la stagione di un coach del femminile in un reportage a puntate che spieghi i motivi di questo calo di vocazioni.
Agosto: uscito dal letargo estivo, tu, giovane coach di basket femminile fresco di corsi a Bormio, per i quali hai venduto la macchina della povera nonna e hai gettato il diploma nel barbecue, cui è stata affidata la Serie A perché l’allenatore precedente è andato a fare la controfigura di Napo-Orso-Capo a Mirabilandia, chiami in sede, e risponde la segreteria telefonica, che però è una lunga pernacchia e ti insospettisce. Il Pres e il D.S. d’altronde sono in vacanza a Porto Torres fino alla seconda di campionato. Apprendi dai giornali che il quintetto dell’anno precedente è in effetti stato rifirmato, ma da un’altra squadra, perché gli “appartamenti logisticamente confortevoli” promessi dal Presidente sono le casette della Chicco del parco giochi e le ragazze sono stanche di usare il wi-fi del McDonald’s e lavarsi nelle pozzanghere assieme alle verruche. Allora inizi a fare reclutamento, con gli strani soldi che ti ha lasciato il DS, coi quali compri Viale Monte Rosa, costruisci un albergo su Vicolo Stretto e vai alla grande, poi capiti su Tassa di Lusso e devi ipotecare casa. Ti arrangi allora con buoni pasto e boeri (“si vince sempre”, puoi dire alle ragazze fingendo di parlare delle ambizioni della società, che in realtà spera di “retrocedere in B per poi scambiare il titolo con una C e potersi iscrivere per eccesso di ribasso alla Promozione, dove le 4 Under14 che abbiamo convinto a venire da noi possono stare in quintetto” cit. UnDirigenteACaso) Trovi le nuove atlete alle scuole medie, o in una agenzia interinale, e dopo venti giorni di ricerche che ti fanno saltare la preparazione (il Preparatore viene dal Bridge e il Fisio ha seguito un corso serale in riabilitazione del cane, quindi meglio così) ne metti assieme 6 che tengono la palla in mano e 4 che “fanno numero”, quindi la palla la prendono nei denti ma col sorriso. Fisso, e dovuto alle ripetute pallonate alla testa. Il D.S. poi ti consiglia “una bravissima”, che scopri è la nipote, gioca come un nano della Loacker con la labirintite e faceva calcetto fino a martedì, ma deve stare in campo 32’ a partita, se no la nonna chi la sente. Settembre: amichevoli. Per iniziare col piede giusto le organizzi contro squadre di altre federazioni. Ne prendi 20 da un quartetto di curling di Bassano reduce da intenso happy hour e vieni esonerato una prima volta, ma reintegrato: tutti gli allenatori Over 70 hanno già una panchina, e gli Under 70 sono ritenuti troppo inesperti per subentrare in corsa.
Ottobre: campionato. Ti sei preparato per 8 giorni, allenandoti in 7, quindi sei arrivato al massimo al 4 contro 3 o al 5 contro 2 e hai un solo gioco, contro la uomo. Gli avversari entrano a triangolo e due, guidati da un certo Bonaparte N. Al tuo secondo time out nel primo minuto di gioco per disegnare un gioco visto su un numero di “Assist” del ’94, le ragazze vanno in panico e sbagliano 22 tiri aperti consecutivi, poi organizzano un sit-in di protesta in area.
ZELJKO OBRADOVIC È CONSIDERATO UNO DEI PIÙ GRANDI ALLENATORI DI TUTTI I TEMPI. ATTUALMENTE AL FENERBAHCE, IL COACH SERBO IN CARRIERA HA VINTO NOVE VOLTE L’EUROLEGA.NON HA MAI ALLENATO LE DONNE.
Contro di te. Ne prendi 40 perché gli avversari devono tirare da fuori e non la mettono mai, ma ne segni 0 e vieni esonerato per la seconda volta in una settimana, cosa che non è riuscita neanche a Aldo Agroppi.
Novembre: dopo essere stato reintegrato perché i tuoi sostituti vivono a 60 km e pretendono inopinatamente il rimborso della benzina, decidi di stravolgere gli allenamenti. E in effetti piove sempre e il tetto del palazzetto perde, quindi ti alleni coi secchi in campo. Quando la più forte finisce incastrata in un catino come Giucas Casella e la devi estrarre con la fiamma ossidrica con gomiti e ginocchia slogati male, dai le dimissioni, respinte perché non le riesci a stampare, in sede è finito il toner.
Dicembre: sei ultimo alla pausa di Natale, ma capisci che la squadra è ancora con te quando alla cena ti regala una corda insaponata, “il messaggio è chiaro, tiriamo tutti dalla stessa parte”, pensi, mentre sciogli il nodo scorsoio e ringrazi commosso ragazze, dirigenza e sponsor (quelli via Skype, perché da circa due mesi sono fuggiti alle Cayman). Continua....
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mara risponde
chi viene e chi va di mara invernizzi
Le due migliori interpreti della nostra pallacanestro, Zandalasini e Sottana, giocano all’estero. Però in Italia sono arrivate straniere di grandissimo valore come Gruda, Steinberga, Courtney e Gabby Williams... Cosa ne pensi? (Federica Zaccaria, Brindisi) Cecilia Zandalasini e Giorgia Sottana migrano in Turchia per trovare nuovi stimoli cestistici, Lorela Cubaj, Elisa Penna, Francesca Pan e molte altre volano negli States per studiare e crescere nella culla della Pallacanestro mondiale e in Italia intanto arrivano campionesse come Gruda, Steinberga e Williams. Dobbiamo allarmarci per questa “fuga di cervelli” oppure dobbiamo iniziare a capire che anche lo sport, così come ogni altro settore, è soggetto alla globalizzazione e all’apertura dei mercati e delle frontiere? Io personalmente opto per la seconda perché credo che solo attraverso le esperienze e un confronto continuo si possa veramente crescere e migliorare. Lo stesso vale al contrario perché così come si può apprendere all’estero così si può fare grazie a chi dall’estero arriva e trova proprio qui in Italia la sua fonte di ispirazione e miglioramento. Certo è che questo atteggiamento non deve e non può prescindere da un impegno totale e continuo da parte delle giocatrici italiane, delle società, della LBF e della FIP affinchè l’offerta del nostro panorama cestistico italiano sia sempre al meglio delle proprie possibilità, e anche di più. Vorrei per tanto invitare tutti i protagonisti attivi che partecipano alla realizzazione della nostra pallacanestro in rosa a preoccuparsi meno di chi arriva e di chi parte, perché questi spostamenti saranno sempre più all’ordine del giorno, ma a far sì che si guardi, anche dall’estero, al nostro basket femminile come a uno dei migliori basket femminili possibili. Io credo che con sacrificio, impegno, passione, coesione d’intenti e un po’ di strategia da parte di tutti si possa davvero arrivare a far diventare il basket femminile italiano tra i migliori a livello internazionale e credo che qualche mattoncino ce lo abbiamo già messo (oro ai mondiali 3x3, oro agli europei U16, anello WNBA ...)
FRANCESCA PAN ALLA SECONDA STAGIONE CON GEORGIA TECH. PER LEI ESORDIO IN NAZIONALE A IL 18 AGOSTO 2018.
la foto del mese
GIULIA LUONGO
PICCOLE CAMPIONESSE CRESCONO ROMA I PREMI PER I VINCITORI SONO OFFERTI DA RUCKER PARK MILANO. WWW.RUCKERPARKMILANO.COM
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