N.16 FEBBRAIO 2020
IN QUESTO NUMERO // MATILDE VILLA, THE CHOSEN ONE // INSIDE A1: BOTTA E RISPOSTA // FOCUS ON BASKET & STUDIO // INSIDE A2: TRA COPPA E CAMPIONATO // PRIMO PIANO: CAROLINA SCIBELLI // 3X3 SOGNO OLIMPICO // STILL, L’ITALIA NEL DESTINO // RUBRICHE PINK
FEBBRAIO 2020
N.16
in questo numero 1 EDITORIALE
Contagio 3x3
3 inside a1
Botta e risposta
9 numbers
Giorgia Sottana
11 Focus
Basket & studio
17 cover story
The chosen one
23 inside A2
Coppa-time (si spera)
29 Primo piano
Carolina la matta
35 altri mondi
Sogno olimpico
41 storie
Still, l’Italia nel destino
46 pink mix 48 HSBL
Arianna Arado
51 PALLA E PSICHE
Da underdogs a campioni in 3 gg
52 guardia e ladri
Squadra che vai, compagne che trovi
DIRETTO DA Silvia Gottardi REDAZIONE Silvia Gottardi,
Eduardo Lubrano, Alessandra Tava, Alice Pedrazzi, Bibi Velluzzi, Chiara Borzì, Manuel Beck, Giulia Arturi, Giancarlo Migliola, Susanna Toffali, Linda Moranzoni
PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal
INFOGRAFICA Federica Pozzecco IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal
FOTO DI Marco Brioschi,
Giuseppe Caso, Sergio Mazza, Giovanni Cassarino, Paolo Marcato, Virtus Bologna, Reyer Venezia, Federico Rossini, FIBA Europe, Archivio FIP
editoriale
CONTAGIO 3x3 di silvia gottardi
Mentre scrivo, fuori impazza il coronavirus. Supermercati presi d’assalto, scuole, cinema, musei e luoghi di aggregazione chiusi nel Nord Italia. Io ho qualche linea di febbre, ma tranquilli, è una normale influenza, e comunque per fortuna Pink Basket è online e potete leggerlo senza paura di essere contagiati. Nel calderone delle attività messe in stand by ci sono ovviamente anche le manifestazioni sportive e quindi anche il nostro amatissimo campionato. Solo due le partite di A1 giocate nell’ultimo turno; il prossimo è congelato in blocco. Le partite di Eurolega delle nostre, invece, prima traslocano in Slovenia ma poi vengono annullate per paura del contagio (20-0 la decisione della FIBA). Petrucci commenta così il fatto: “Ci trattano come appestati!”. E ora? Cosa succederà? Quando torneremo alla normalità? Qui in Lombardia le squadre hanno anche problemi ad allenarsi, visto che gli impianti sono chiusi. Ovviamente non avendo la palla di vetro né competenze in virologia, l’unica cosa che possiamo fare è attenerci alle direttive e sperare di rientrare presto nella normalità. Soprattutto quello a cui guardiamo con un po’ di apprensione sono le Olimpiadi di Tokyo, che non vorremmo saltassero (sì, è stato addirittura ipotizzato così) visto che abbiamo la possibilità di ritornarci. La nostra ultima apparizione risale ad Atlanta 1996, quando la spedizione di Riccardo Sales si piazzò ottava. Questa volta però parliamo di 3x3, visto che ahimè il 5x5 ha mancato l’accesso al Preolimpico in seguito a un Europeo opaco. Le nostre ragazze, già campionesse del mondo nel 2018 (prima volta nella storia della pallacanestro italiana) potranno giocarsi le loro carte al Preolimpico in India (sperando che non salti anche questo) e così far sognare anche noi che l’azzurro alle Olimpiadi non lo vediamo da troppo tempo. Ne parliamo in questo numero di Pink. Sarà la prima volta del 3x3 alle Olimpiadi. Qualche purista ancora storce il naso. Ma ormai l’abbiamo capito quasi tutti, e i giovani in particolare: è una disciplina che piace molto e che sta continuando a crescere sia in termini di popolarità che di praticanti. Una mania che ci sta... Contagiando un po’ tutti!
MARTINA FASSINA CLASSE ‘99, ORO AGLI EUROPEI U20 DEL 2019, PREMIO REVERBERI 2017/18, ALLA SECONDA STAGIONE IN MAGLIA ORANGE. BENE IN CAMPIONATO, HA MOLTO POCO SPAZIO IN EUROLEGA.
inside A1
BOTTA E RISPOSTA
CONTINUA LA NOSTRA INCHIESTA SULLA QUESTIONE “STRANIERE O NON STRANIERE?” DEL CAMPIONATO ITALIANO. NE PARLANO IN MODO CHIARO, CON QUALCHE STOCCATA IN PIÙ, PAOLO DE ANGELIS, DIRETTORE GENERALE DI SCHIO, E GIAMPIERO TICCHI, ALLENATORE DELL’UMANA VENEZIA
Di EDUARDO LUBRANO
N
ello scorso numero di Pink Basket (il 15) abbiamo pre-
sentato un documento che poneva una base di riflessione sullo stato di salute della pallacanestro femminile. Una base concreta però, non le solite chiacchiere. Si partiva da un’idea di riqualificazione della base, dal reclutamento giovanile fino alla serie A1, per la quale ci si domandava se potesse essere utile ridurre l’attuale numero delle straniere da tre a due. Era quel documento, come detto, una piattaforma molto ben realizzata sulla quale riflettere per costruire qualcosa. E la riflessione è decisamente partita tra allenatori, dirigenti ed addetti a vario titolo ai lavori. Con parole di approvazione a quanto scritto in quelle pagine ed alcune obiezioni delle quali è giusto dare conto. Non di tutte ovviamente perché lo spazio è limitato. “Due straniere abbassano il livello tecnico e dunque anche le italiane non migliorerebbero la loro qualità. Meglio anzi aggiungerne una o due”. “Non è detto che con sole due straniere le italiane gio-
chino i minuti importanti delle partite, ma soprattutto i palloni decisivi delle partite perché questi finirebbero sempre e comunque nella mani delle straniere”. “Bisogna concentrare il lavoro sulla Nazionale piuttosto che sul Campionato. “Sarebbe utile la creazione di un campionato di sviluppo tra A1 ed A2 a girone unico”.
Tutte obiezioni legittime che hanno fondamenta e che non
è qui che vogliamo valutare. Perché appartengono al dibattito e perché sono necessarie alla costruzione di un progetto reale di crescita. Allora abbiamo pensato di affrontare la questione con due diversi interpreti della serie A1 femminile, che vedono le prospettive da due diverse angolazioni, la scrivania ed il campo: Paolo De Angelis, direttore generale di Schio, e Giampiero Ticchi, allenatore dell’Umana Venezia. “Io per prima cosa vorrei soffermarmi sul fatto che nella nostra pallacanestro non è tutto così negativo
inside A1
GIAMPIERO TICCHI PESARESE, CLASSE ’59, AL PRIMO ANNO SULLA PANCHINA DELLA REYER. GIÀ ALLA GUIDA DELLE AZZURRE, HA UN PASSATO IMPORTANTE NEL MASCHILE.
come si vuole dare ad intendere – dice De Angelis – perché ci sono aspetti positivi importanti. Il movimento è vivo. Abbiamo due squadre nell’Eurolega, siamo prime in Europa a livello giovanile e vorrei dire, largamente prime. Il tessuto delle società è ottimo secondo me. Negli ultimi 10 anni il numero delle tesserate non è crollato ma anzi, negli ultimi due anni, è lievemente aumentato. Ed abbiamo un’età media bassissima:
22,6 anni. Queste positività a fronte del fatto che abbiamo 25 mila tesserate. Spagna e Francia per esempio ne hanno 200 mila. Ovviamente questo non vuol dire che possiamo dormire sugli allori e che va tutto bene, ma anzi che dobbiamo fare meglio. Perché le criticità ci sono. La prima è proprio nel numero delle tesserate, poche, pochissime. Non abbiamo visibilità. E poi non c’è un sistema pallacanestro che va nella
stessa direzione, tutto si regge su alcuni imprenditori appassionati ed illuminati. Ma se dovessero mollare che accadrebbe? È su questi limiti che dobbiamo, naturalmente, aumentare i nostri sforzi. Io ho un chiodo fisso: fare sistema”.
E visto che non siamo in cucina, Paolo De Angelis non ha ricette che portino ad un prodotto sicuramente buo-
no. Ma proposte concrete che potrebbero, a suo dire, aiutare la pallacanestro femminile. Eccole. “Intanto potremmo aumentare il numero delle società di base e fare in modo che siano sempre più collegate tra loro. Poi come accade nel calcio, potremmo coinvolgere le società maschili inducendole a creare un settore femminile, magari con degli incentivi per chi lo fa. Sarei anche possibilista sulla riduzione del numero
5
inside A1 di squadre in A1, a 12, ed in A2. E poi c’è il discorso della Nazionale e degli impegni europei”.
Affrontiamoli questi discorsi. “Io parlo per Schio e dunque
per una società che ha ambizioni europee quindi il discorso delle straniere ridotte non mi convince. Primo: siamo l’unico campionato europeo importante che ne ha tre. La Francia che ha messo un limite, ne ha quattro. Poi perché credo che per le nostre ragazze allenarsi con giocatrici straniere di qualità sia molto importante. E poi non è detto, o meglio, è detto solo a livello meramente statistico, che le italiane giochino di più: va bene, stanno in campo di più ma sono pronte? La Nazionale. Diciamo subito che non vincevamo prima e non vinciamo adesso, quindi non credo che ci sia questa stretta correlazione tra il campionato ed i risultati della squadra azzurra senior. Perché non fare come altri paesi che hanno naturalizzato una straniera? La Spagna ha vinto tutto, anche a livello senior, da quando ha reso spagnola Sancho Lyttle che di spagnolo ha solo il nome di battesimo (è nata a Grenadine, isole caraibiche, ndr). E poi una provocazione. Apprezzo l’idea di High School Lab, ma perché invece non dare incentivi alle squa-
Dal campo, la visione di Ticchi è molto tecnica e lui, come
tutti gli allenatori, può raccontare lo stato di salute delle giocatrici italiane. “Abbiamo un serbatoio limitato quindi è difficile avere una qualità diffusa. Ma le nostre sono brave. Super nei fondamentali e molto ben preparate tatticamente. Ma se a livello giovanile, dove abbiamo i migliori allenatori come mi sembra evidente, possono essere elementi sufficienti per vincere anche in Europa, a livello senior no. Perché, e la trasferta di Praga ne è stata un altro esempio, la fisicità conta moltissimo. Noi sappiamo leggere ogni situazione, ma le altre “ci saltano in testa”. Giocano con due, massimo tre schemi e due idee: se difendi vicino penetrano e scaricano o vanno al ferro. Se gli dai un po’ di spazio tirano e vanno a rimbalzo. Fare le Coppe dunque è indispensabile. Nel continente sono tante le squadre di diverse nazioni che fanno questa esperienza e le giocatrici lo capiscono. Credo sia necessario supportare le squadre che fanno le coppe. A quel punto due, tre, quattro straniere può anche essere un argomento sul quale dibattere ma non così decisivo. Nel senso che a me convince l’idea per esempio di poterne
DE ANGELIS: “APPREZZO L’IDEA DI HIGH SCHOOL LAB, MA PERCHÉ NON DARE INCENTIVI ALLE SQUADRE DI A1, CHE NE HANNO GUADAGNATO IL DIRITTO, PER FARE LE COPPE EUROPEE?” dre di A1, che ne hanno guadagnato il diritto, per fare le Coppe europee? Magari sanzionandole con delle multe se non le fanno? La pallacanestro che si gioca in Europa è un’altra cosa ed è necessaria per completare la formazione tecnica, fisica e psicologica delle nostre ragazze. I soldi ci sarebbero perché parliamo di 25/30 mila euro di contributo a squadra”.
È l’anno delle elezioni tanto del Presidente della Federazio-
ne quanto di quello della Lega Basket. Che cosa si muove? “Per adesso nomi non ce ne sono. A fine febbraio le società femminili a Bologna avranno una riunione nella quale si metteranno sul tavolo proposte e suggerimenti per creare un programma. Dopodiché vedremo se i candidati vorranno sposare, e in che misura, i nostri propositi.” “Tornando dalla trasferta di Praga, dove abbiamo preso una lezione – racconta Giampiero Ticchi da quest’anno sulla panchina dell’Umana Venezia – una giocatrice mi ha detto “Certo coach in Eurolega è davvero dura…”. Questo mi ha ulteriormente convinto della consapevolezza che hanno le nostre ragazze della difficoltà di fare le Coppe ma anche della necessità di giocare in Europa”.
tesserare un tot numero, ma di poterne schierare due o tre in campionato e quante se ne vuole nelle coppe. Sappiamo tutti che siamo quelli che ne hanno di meno rispetto alle altre nazioni. La Nazionale, secondo me, oltre ad altri problemi ha avuto anche infortuni importanti nei momenti decisivi e sfortuna. Se quel fallo del 2017 in Italia-Lettonia, fischiato a Zandalasini, fosse stato amministrato in altro modo (Ticchi non parla di scandalo, ma è sin troppo chiaro e siamo tutti d’accordo con lui ndr) chissà, saremmo qui a parlare d’altro. Bisogna lavorare molto, sia chiaro, ma forse manca poco per fare un salto di qualità”.
Allora parliamo di questo campionato. Cosa vede, chi le
piace e soprattutto cosa manca a Venezia per arrivare fino in fondo? “Vedo tante giovani protagoniste. Che giocano ed anche bene. E mi piace molto. Vedo San Martino di Lupari e Geas che dopo le prime tre (Schio, Venezia e Ragusa) giocano molto bene e, secondo me, insieme a Lucca saranno quelle nei playoff con gli ultimi due posti molto incerti. Cosa manca a Venezia per arrivare fino in fondo? Basta vincere”.
COSTANZA VERONA CLASSE ’99, ORO AGLI EUROPEI U20 DEL 2019, AL SECONDO ANNO IN MAGLIA GEAS STA GIOCANDO UNA STAGIONE DA PROTAGONISTA: 9,5PT E 3,3 ASSIST IN 26 MINUTI DI UTILIZZO.
7
numbers
GIORGIA SOTTANA
NAZIONALE
Euroleague
2007 1362 140 punti totali
25
5
143 1.287 348
presenze totali
partite giocate
42,4
#7
europei senior
assist totali
34,5 79,1
% da 2 punti
numero maglia
punti totali
% da 3 punti
% ai tii liberi
13
STATS carriera
Tutti i dati sono aggiornati a febbraio 2020.
esordio (Bormio)
top score (2017)
6
106 18
2005•0 6 Reyer 2 Tre 005 (ITA) vis •06 (IT o - A A) 2
2016•17 Schio (ITA)
LEGENDA: Assist
2006•07 Reyer (ITA)
Rimbalzi Partite giocate Punti segnati
08 07• 20 yer e R A) (IT
10 Numero punti segnati 100 50
4 •1 13 io 20 ch ) S TA (I
3 2•1 201 hio Sc ) (ITA
2011•12 Taranto (ITA)
2010 •11 Reye r (ITA)
20 0 Re 9•10 (IT yer A)
9 •0 08 yer 0 e 2 R A) (IT
304
20 1 Sc 4•15 (IT hio A)
212
307
2015 •1 Schio 6 (ITA )
196
165
7•18 201 ahce erb Fen TR) (
28
20 Fl 19• am 2 0 (F me R) s
•19 r 18 llie 20 tpe ) on R M (F
5 •0 04 yer 0 2 Re A) T (I
225
141
4 •0 03 20 eyer R A) (IT
337
156 311
1
155
1
260
1°
268
342
europeo u18 “B” + mvp
CAMPIONATO TURCO
2006 - Chieti
2018 - Fenerbahce
5
Scudetti GIOVANILI con Treviso
5
Scudetti
2
MVP
2011/12 - Taranto 2012 - Finale 2012/13 - Schio scudetto 2013/14 - Schio (Schio-Taranto) 2014/15 - Schio + Campionato 2015/16 - Schio italiano
3
supercoppa
1
MVP
6
COPPA ITALIA
2
MVP
2012 - Schio 2008 - Venezia 2012, 2015 2012 2013 - Schio Supercoppa 2012 - Taranto Coppa Italia 2014 - Schio 2013, 2014, 2015 2017 - Schio
1
young player of the year 2005 Reyer
9
SABRINA CINILI, CLASSE 1989, GIOCA A SCHIO E RIESCE A CONCILIARE, DURANTE LE ORE DI VIAGGIO, LE PARTITE DI CAMPIONATO ED EUROLEGA CON IL CORSO DI LAUREA IN INFORMATICA.
focus
BASKET & STUDIO
È POSSIBILE PRATICARE SPORT E STUDIARE CONTEMPORANEAMENTE? È POSSIBILE DIVENTARE UN GIOCATORE O UNA GIOCATRICE PROFESSIONISTA CONCILIANDO ANCHE ALTRI INTERESSI? NON SI RISCHIA DI FAR MALE ENTRAMBE LE COSE E NON ECCELLERE IN NESSUNA? LA PAROLA ALLE GIOCATRICI
Di ALESSANDRA TAVA
“S
ignora, siamo sicuri che tutto questo sport non tolga
a suo figlio il tempo per studiare?”. “Come fai a esser pronta per la verifica di storia se ieri hai passato quattro ore in palestra?”. “Se passassi le ore a leggere e studiare, invece che correre dietro a un pallone forse avresti migliori risultati, non pensi?”. “Veramente mi stai chiedendo due ore di permesso perché devi partire con la squadra per la trasferta?” Potrei andare avanti per ore a scrivere frasi del genere. Purtroppo capita sovente. I bambini e le bambine impegnati nello sport si sentono spesso dire cose del genere e, man mano che si cresce, è sempre peggio. Alle elementari e alle medie forse c’è più tolleranza, ma già al liceo le cose si fanno complicate, pensiamo poi quando si tratta di università o lavoro.
Non è giusto però fare di tutta l’erba un fascio. Infatti ci sono tantissimi insegnanti, professori, datori di lavoro che comprendono il valore aggiunto di fare sport.
Io, ad esempio, sono stata sempre molto fortunata. Al liceo, durante la prima ora del lunedì, la professoressa di turno, prima dell’appello, mi chiedeva sempre la stessa cosa: “Com’è andata la partita ieri?”. Non l’ho mai data per scontata questa domanda. Mi è capitata solo una professoressa all’università alla quale non andava giù che giocassi a basket. Le avevo chiesto cortesemente se fossi potuta arrivare un’ora dopo per l’esame orale, e che non sarei riuscita ad esserci in tempo per l’appello iniziale, ma di contarmi comunque come presente. Non chiedevo quel permesso per andare a fare shopping, avevo solo allenamento la mattina e non volevo saltarlo. Non mi sembrava una richiesta folle. La sua risposta, invece, mi era sembrata folle: “Se tu non corressi dietro a una stupida palla da basket questa domanda non me l’avresti mai fatta”. Avrei voluto rispondere che la stupida era lei e non la palla da basket ma, per fortuna, sono stata più educata che impulsiva e quello era anche un esame facoltativo. Inutile dire che non mi sono
focus GIAMPAOLO RICCI, CLASSE 1991, MILITA NELLA VIRTUS BOLOGNA DAL 2019 E SI DIVIDE TRA LA PALLACANESTRO E LA FACOLTÀ DI MATEMATICA. COMPAGNO DI “CLUB” DI ALESSANDRA TAVA, AUTRICE DI QUESTO ARTICOLO.
mai seduta davanti a quella professoressa per l’interrogazione, ho semplicemente cambiato materia d’esame. Questo però, per quanto mi riguarda, è l’unico episodio spiacevole che mi è capitato in diciotto anni di studio e mi posso ritenere molto fortunata. So che per altre mie compagne non è stato così.
È possibile quindi praticare sport e studiare contemporaneamente?
È possibile diventare un giocatore o una giocatrice professionista conciliando anche altri interessi? Non si rischia di far male entrambe le cose e non eccellere in nulla? Pensiamo alla vita di un giocatore o una giocatrice professionista. Sicuramente l’impegno richiesto è tanto. Ci si allena tutti i giorni, spesso due volte al giorno, se le ore di allenamento sono quattro, l’impegno effettivo è di almeno sei ore, non si hanno i weekend liberi e lo stress psicofisico è ben presente.
Ma non è forse il “lavoro” più bello del mondo? Faccio ancora fatica a definirlo “lavoro”. Bisogna fare sicuramente sacrifici: non esiste uscire il sabato sera e l’aperitivo della domenica è sostituito dalla pasta in bianco e il pollo all’ora di pranzo. Ma siamo sicuri che non ci sia tempo per fare altro? Per quanto mi riguarda il tempo c’è, eccome se c’è e, a quanto pare, non sono l’unica a pensarla così. Valentina Bonasia, playmaker di Lucca, è iscritta all’ultimo anno della specialistica in Scienze motorie e così ci racconta il suo duplice impegno: “Non ho mai pensato ci fosse la possibilità di non studiare. Fin da piccola i miei genitori hanno sempre dato molta importanza all’istruzione quindi, nonostante studiare non sia una cosa che mi piaccia così tanto, mi sono sempre impegnata molto, forse anche per il grande senso di responsabilità che ho. Negli anni mi è sempre pesato un
po’ ma oggi, avendo maggiore consapevolezza di tutto, sono molto soddisfatta di quello che sto facendo. Sono sempre stata convinta che non potrò giocare per sempre e, visto che alla fine di tempo ne abbiamo abbastanza, mi piace pensare che sto costruendo le basi per un futuro diverso mentre mi diverto e faccio della mia passione il mio lavoro”. Anche Alice Nori, ala grande di Battipaglia, sta per terminare i suoi studi in scienze motorie: “La cosa che mi ha spinto a studiare è stato il fatto che non si può giocare in eterno ed è giusto trovarsi con qualcosa di concreto in mano per non essere in grosse difficoltà quando deciderò di smettere di giocare. Poi lo sto facendo per me stessa e per dimostrarmi che ce la posso fare”. Più il livello si alza, più è facile pensare che la giocatrice non faccia altro che giocare e allenarsi, ma non sempre
è così. A Schio, squadra ai vertici del campionato italiano e impegnata in Eurolega, sono ben sei le giocatrici che stanno studiando: Valeria Battisodo e Martina Fassina studiano scienze motorie, Olbis André economia aziendale, Jasmine Keys psicologia, Francesca Dotto studia ingegneria civile e Sabrina Cinili informatica. Ed è proprio Sabrina, che non ha bisogno di presentazioni, a spiegarmi le difficoltà che incontra nel conciliare basket e studio, essendo tutte le settimane impegnata con due partite e viaggi in Europa: “La difficoltà principale per me è riuscire a studiare invece di riposare. Ci alleniamo tanto e, aggiungendo anche l’impegno dell’Eurolega, il riposo è fondamentale, soprattutto col passare degli anni - dice ridendo - e ogni tanto devo sostituire il riposo con lo studio. Ho trovato però un certo equilibrio studiando durante le ore di viaggio. Ecco, questo mi riesce bene e non toglie ore al riposo di cui il mio fisico e la mia testa hanno bisogno”. Mentre mi racconta delle difficoltà che incontra stu-
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focus diando, Sabrina è in pullman di ritorno da una trasferta di Eurolega a Girona (le sto quindi rubando tempo allo studio) dicendomi anche come Francesca Dotto non sia con la squadra perché la sera prima, dopo la partita, ha dovuto prendere un aereo diverso dalle sue compagne per andare a Pisa a dare un esame. È stata accompagnata in aeroporto da alcuni tifosi presenti per il match e ha preso il primo aereo utile per potersi trasformare da playmaker a studentessa modello. Con sacrificio e forza di volontà è quindi possibile fare entrambe le cose ed è risaputo che le soddisfazioni maggiori si ottengono dopo gli sforzi più grandi. E proprio di soddisfazione personale ci parla Beatrice Barberis, giocatrice di Torino: “Mi è sempre piaciuto studiare. Devo ringraziare i miei genitori perché mi hanno insegnato l’importanza dello studio e non ho mai preso in considerazione la possibilità di abbandonarlo. Mi sono serviti tanta perseveranza e impegno. Le difficoltà ci sono sempre: dagli esami in corrispondenza di trasferte infinite alla necessità di studiare in ogni momento libero della giornata, tra un allenamento e l’altro, quando magari vorresti solo riposare. Per por-
di rendita e quindi è più facile essere spinte a proseguire gli studi, ma sono del parere che, indipendentemente dal guadagno, sia una cosa intelligente investire il proprio tempo per porre le basi per il futuro. Ci sono anche giocatori delle squadre maschili che studiano nonostante il grande impegno e gli stipendi indubbiamente più alti. Ne cito uno perché ho la fortuna di incrociarlo un giorno sì e uno no in palestra: Giampaolo Ricci. Pippo studia matematica e la cosa palese ai miei occhi è che ha portato in università le doti che l’hanno reso il giocatore che è. Lo conosco da anni e ho visto in prima persona l’impegno, la costanza e la dedizione che ha messo quotidianamente sul campo per arrivare a giocare a livelli altissimi, non mi stupisce il fatto che abbia deciso di fare ulteriori sacrifici per laurearsi. Perché, in fin dei conti, i due mondi così apparentemente lontani e inconciliabili sono più simili di quello che si possa pensare. Le caratteristiche e le peculiarità che un giocatore deve possedere per fare la vita da professionista sono poi le stesse che uno studente deve avere per passare gli esami.
«IO NON SONO MAI STATA AGITATA PER UN ESAME ALL’UNIVERSITÀ. IL BASKET MI AVEVA INFATTI INSEGNATO A GESTIRE LA TENSIONE MEGLIO DEI MIEI COMPAGNI DI CORSO». ALESSANDRA TAVA tare avanti due impegni così ci vuole organizzazione, costanza e tanta passione. Alla fine però si prova una grande soddisfazione”. Anche Giulia Arturi, capitano e bandiera di Geas Sesto San Giovanni, non ha mai messo in discussione la sua vita extra cestistica: “Proseguire gli studi non è mai stata una questione. Iscrivermi alla triennale dopo il liceo e alla magistrale dopo la triennale era un percorso che avevo in testa da sempre per la mia vita, era voluto e necessario a prescindere dallo sport. Alla fine per me è sempre stata la norma avere qualcosa oltre la pallacanestro. Ho sempre considerato una priorità avviare una vita che stesse in piedi da sola a prescindere dal basket”.
Insomma, sono tantissime le giocatrici che ci dimostrano
l’importanza di avere altri interessi oltre alla pallacanestro. Ho citato tutte ragazze che stanno studiando ma ci tengo a precisare che, per me, la cosa ancora più importante della laurea è quella di coltivare un interesse oltre allo sport che si pratica, per sentirsi completi, per mettere le basi per un futuro lontano dai campi da basket e per sentirsi realizzati dentro e fuori dal rettangolo di gioco. Certo è che il basket femminile non permette di vivere
E sono anche convinta che l’uno sia propedeutico all’altro. Io, ad esempio, non sono mai stata agitata per un esame all’università, anche se non ero pronta alla perfezione, perché mi preoccupavo sempre di più della partita della domenica. Il basket mi aveva infatti insegnato a gestire la tensione meglio dei miei compagni di corso. Penso inoltre che quello che gli atleti imparano giocando e studiando contemporaneamente sia già di per sé una scuola per il mondo del lavoro: la gestione del tempo, la gestione dell’ansia, le necessarie capacità di organizzazione, la costanza e la determinazione. È bello sapere che sono molte le giocatrici e i giocatori che si mettono in discussione in altri campi e che si pongono obiettivi difficili da raggiungere. Voglio essere onesta, per quanto mi riguarda, la soddisfazione e la felicità che si provano dopo aver discusso la tesi e aver preso una laurea non saranno mai forti come la gioia e l’emozione di aver vinto un campionato. Coi campionati vinti, però, non costruiremo mai il nostro futuro, con qualcosa di concreto in mano dopo anni di studio forse sì.
VALENTINA BONASIA, CLASSE 1994, GIOCA A LUCCA DA QUESTA STAGIONE. È ALL’ULTIMO ANNO DEL CORSO DI LAUREA IN SCIENZE MOTORIE DI CUI VA MOLTO FIERA.
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MATILDE VILLA, CLASSE 2004, MILITA A COSTA MASNAGA. CON LE GIOVANILI AZZURRE HA VINTO IL TROFEO BAM U14 NEL 2018 E IL TORNEO DELL’AMICIZIA U15 NEL 2019.
cover story
THE CHOSEN ONE
MATILDE VILLA, 15 ANNI COMPIUTI DA POCO, NEGLI ULTIMI 3 MESI HA ACCESO SU DI SÈ,
A COLPI DI TALENTO, LE LUCI DELLA RIBALTA. CI HA MOSTRATO DA SUBITO DOTI TECNICHE E CARATTERIALI DI CHI STRADA LA PUÒ FARE DAVVERO. SEGNI DISTINTIVI: FEELING COL CANESTRO, MATURITÀ TECNICA E SORRISO
di Alice Pedrazzi
S
E A 15 ANNI, COMPIUTI DA POCO PIÙ DI 2 MESI, segni con faci-
lità, sorrisi e continuità più di 20 punti in partite (toste) di serie A1, vinci trofei di squadra (Next Gen Cup, ad esempio) ed individuali (MVP) a ripetizione e quasi non sai spiegare a parole come e perché tutto questo stia avvenendo, c’è solo una cosa da dire: predestinata.
Per Matilde Villa, per professione ufficiale “adolescente”,
per talento “astro nascente” della nostra pallacanestro, non si ha timore nemmeno di scomodare il paragone con Lebron James (“Lebron James. The chosen one” è il libro scritto da Luca Mazzella sulla storia cestistica e non di KingJames), perché quella che sta scrivendo sui parquet di tutta Italia è una delle storie più belle nate negli ultimi anni all’ombra dei nostri italici canestri. Nata il 9 dicembre del 2004 nel cuore della “Brianza Felix”, a Lissone, in una famiglia dove papà Paolo ed il fratello maggiore Edoardo avevano già contratto il
morbo buono della palla a spicchi e mamma Nadia si rassegnava, anno dopo anno ad imparare e poi amare uno sport che prima non le apparteneva, Matilde – insieme alla sorella gemella (ed identica) Eleonora – ha mostrato da subito i segni (tecnici e caratteriali) di chi strada la può fare davvero.
Dopo gli anni di minibasket trascorsi a Lissone, insieme ad
Eleonora si è trasferita ormai 4 stagioni fa a Costa Masnaga, comune del lecchese che non arriva ai 5.000 abitanti ma che arde, da tempo, di passione per il basket. È qui che, dopo stagioni giovanili sfavillanti insieme a una generazione d’oro (Allevi, Allievi, Balossi, Colognesi, Frustaci, Spinelli, per citare solo le altre scese in campo quest’anno in A1 con la Limonta Sport), Matilde negli ultimi tre mesi ha acceso su di sé, a colpi di talento, le luci di una ribalta destinata a durare a lungo. Lanciata con coraggio in serie A1 da coach Paolo Seletti, che più volte pubblicamente ne he elogiato la maturità tecnica e la capacità di utiliz-
cover story
MATILDE, ASSIEME ALLA SORELLA GEMELLA ELEONORA, HA DA QUALCHE MESE COMPIUTO 15 ANNI. VIVE A LISSONE (MB) CON LA FAMIGLIA E FREQUENTA IL LICEO SPORTIVO.
zare, durante le partite, la varietà di soluzioni offensive di cui dispone individualmente, Matilde – forse con la naturalezza con cui ogni giorno a scuola risponde “presente” all’appello dei professori – si è fatta trovare pronta. Prontissima. Al punto da segnare, il 23 novembre scorso (quando le 15 candeline nemmeno le aveva ancora spente), 21 punti nella gara che la Limonta Sport Costa Masnaga ha disputato contro l’Allianz Geas di Sesto San Giovanni. Un derby tutto
lombardo, vinto dal Geas (72-66), ma illuminato dal talento tanto precoce quanto maturo di Matilde Villa: 21 punti in 31 minuti di utilizzo, con 6/8 da 2 (75%), 2/5 da 3 (40%), 3/4 ai liberi (75%) e 16 di valutazione. Più punti di tutte, avversarie e compagne, italiane e straniere, giovani e veterane. Lei, 15 anni quasi, davanti a tutti. “Non mi aspettavo certo di fare così tanti punti – dice Matilde, con il candore di chi fa le cose perché le vengono naturali, senza porsi troppe
domande, né cercare tante risposte. Anche per me è stata una sorpresa riuscire a segnare con così tanta continuità in serie A1. Non ho avuto paura di prendermi maggiori responsabilità in attacco e sono riuscita a sfruttare al meglio uno dei miei punti di forza: la velocità”.
Da lì, boom, riflettori accesi: interviste, foto, tante do-
mande sui primi passi sul parquet, sulle aspettative
per il futuro, sul rapporto con Eleonora, inseparabile gemella, compagna di campo e di vita. “Certo – prosegue Matilde, tono deciso, voce gentile – sono stata molto felice ed orgogliosa, perché mi sono resa conto di aver giocato davvero una buona partita”. E dell’attenzione mediatica che si è scatenata? “Beh – confessa – mi ha fatto capire di aver giocato bene, ma a dire il vero preferisco essere un po’ più…“trasparente”. Esattamente ciò che non è in campo, perché dopo la
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cover story gara contro il Geas, Matilde Villa ci ha preso gusto e con la serie A1 è andata in doppia cifra altre 4 volte (14 li ha segnati a Schio, 10 contro Vigarano, altri 14 contro Torino, bissando l’high di 21 contro Bologna nella 19° giornata di campionato), segnando quasi 8 punti di media nella sua primissima stagione tra le grandi. Sguardo e voce non sono certo appagati, e ci mancherebbe altro, ma guardano avanti: “Dopo ogni partita – racconta Matilde – cerco sempre di riflettere su quelle che sono state le maggiori difficoltà incontrate e di lavorare sugli aspetti in cui devo crescere, penso ad esempio alla crescente fisicità da imprimere al mio gioco, al playmaking ed all’uso della mano sinistra”. Età “piccola”, testa grande, indubbiamente. Anche nel liquidare con semplicità domande alle volte insidiose, o forse impertinenti, sul rapporto con Eleonora, che ancora non ha avuto in campo le stesse opportunità (soprattutto con la serie A1) ed i suoi stessi risultati: “Tra noi non c’è alcun disagio – conferma Matilde –, in primis perché anche “Ele” ha moltissime soddisfazioni e poi perché il nostro primo e più importante principio è quello di sostenerci sempre a vicenda”. Avanti così, dunque, su solide basi
confronto, anche dal punto di vista fisico era tosto. Offensivamente? In attacco mi sono presa delle responsabilità, forse anche in virtù della sicurezza maturata grazie agli allenamenti ed alle partite giocate con la serie A. Ed alla fine sono stata veramente felice ed orgogliosa, non solo di aver segnato parecchio (26 punti, la miglior realizzatrice della gara, ndr) e di aver vinto il titolo di MVP della manifestazione, che a livello individuale è stato un riconoscimento molto importante, ma soprattutto di aver contribuito, con la mia prestazione, alla vittoria della squadra”. Già, perché il talento, quello vero, prende (quasi) sempre questa forma, quella della generosità e del sentirsi veramente compiuto solo quando è utile alla causa comune. Una sensazione che Matilde Villa sente sulla propria pelle ed ha ben chiara, anche nel dichiarare gli obiettivi del suo prossimo futuro: “Vincere lo scudetto con l’under 18 – dichiara con determinazione e lucidità –, poi quello con l’under 16 ed infine, con la serie A riuscire a classificarci al meglio possibile”. Ambizione e determinazione, ma anche equilibrio e piedi ben piantati per terra, perché quelli dichiarati sono obiettivi raggiungibili, sono sorrisi sportivi da
“APPENA ENTRO SUL PARQUET INIZIO A SORRIDERE E A SALTARE LETTERALMENTE DI GIOIA, CORRENDO DA UNA PARTE ALL’ALTRA”. che partono da valori più profondi ed importanti di quelli tecnici o tattici del campo. Proprio con questo spirito, o forse grazie a questo atteggiamento, Matilde Villa è riuscita a vivere, nel mese scorso, un weekend d’amore con il basket con la semplicità di quella che è, una dolce adolescente: nel fine settimana di San Valentino, infatti, ha dapprima trionfato con la sua Costa Masnaga nella prima edizione della Next Gen Cup Women (la manifestazione riservata alle formazioni Under 18 delle squadre di Serie A lanciata lo scorso anno da Lega Basket Serie A ed estesa in questa stagione anche alla pallacanestro femminile), battendo in finale le rivali del Geas Sesto San Giovanni ed alzando anche il trofeo di Mvp e, nemmeno 24 ore dopo, ha bissato l’high-career in A1 segnando 21 punti nella vittoria di Costa Masnaga contro la Virtus Bologna (77-70). Sembra proprio che il profumo del derby, sia con la serie A1 che con l’under 18, stimoli il talento di Matilde: “Beh – aggiunge lei – nella finale della Next Gen Cup siamo scese in campo molto determinate, perché volevamo fortemente essere la prima squadra a vincere questo trofeo. Giocando contro Geas sapevamo bene che squadra ci saremmo trovate davanti, perché ci conosciamo benissimo, avendo giocando contro più e più volte e quindi siamo entrate sul parquet con le idee chiare (e giuste, ndr): negare loro ogni penetrazione e difendere forte, perché il
condividere con “Ele” e con la famiglia e poi con i tanti compagni di scuola: “Frequentando il liceo sportivo – racconta Matilde – sono in molti a giocare a basket e ad essere appassionati, quindi spesso vengono alle nostre partite e a tifare”. Un bel modo per sentirsi sempre e pienamente adolescente, pur giocando da grande nel mondo delle grandi. Senza mai perdere la gioia di stare su un campo di basket: “Appena entro sul parquet inizio a sorridere e a saltare letteralmente di gioia, correndo da una parte all’altra”. Gioia così profonda da immaginarsi un campo ed una palla anche quando non ci sono: “Mentre studiamo – confida Matilde – ogni foglio da buttare si trasforma immediatamente in un mini pallone da basket con cui io ed i miei fratelli ci sfidiamo…e tante volte non servono nemmeno i fogli appallottolati, mimiamo gli arresti e tiro e le virate anche con la palla invisibile, solo volteggiando nell’aria”. Irrefrenabile energia ed infinita passione per uno sport al quale si è giunti forse per caso (“Sia io che Eleonora – ricorda Matilde sorridendo – avevamo iniziato con la danza, prima che l’insegnante consigliasse ai nostri genitori di farci cambiare attività perché proprio…quella non faceva per noi!”) ma non certo a caso. Anche noi, infatti, nel nostro italico basket femminile, abbiamo trovato (finalmente) la nostra predestinata. Benarrivata Matilde Villa, ti stavamo aspettando.
A NOVEMBRE 2019, LA GIOVANE MATILDE È STATA PROCLAMATA MIGLIOR GIOCATRICE DURANTE IL DERBY CONTRO GEAS, METTENDO A REFERTO 21 PUNTI, 6/8 DA DUE, 2/5 DA TRE, 3/4 AI LIBERI.
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COPPA-TIME (SI SPERA) A MONCALIERI, DAL 6 ALL’8 MARZO, SONO ATTESI GLI 8 TOP-TEAM DEL GIRONE D’ANDATA PER CONTENDERSI LA COPPA ITALIA DI A2. MA MENTRE SCRIVIAMO, È IN CORSO IL BLOCCO DEGLI EVENTI SPORTIVI PER IL CORONAVIRUS. SI RIPARTIRÀ IN TEMPO? LA NOSTRA PRESENTAZIONE, IL PUNTO SUL CAMPIONATO
di manuel beck
I
l coronavirus congela l’A2. Tre partite rinviate nel weekend
del 22-23 febbraio, stop all’intero turno seguente. Nel momento in cui chiudiamo questo articolo (27/2) nessuno sa se il gran ballo avrà luogo. Parliamo ovviamente della Coppa Italia, in programma dal 6 all’8 marzo a Moncalieri. Questi gli accoppiamenti del primo turno: Moncalieri-Umbertide, Faenza-Alpo, Campobasso-Carugate, Crema-La Spezia. Pronostici? Impossibili. In 3 edizioni con la formula della Final Eight, non hanno mai alzato il trofeo né una testa di serie numero 1 (cioè una capolista in campionato), né una numero 2; non solo, ma su 12 partite di primo turno, 9 volte ha vinto la peggio classificata. Sarebbe comunque gran sorpresa se trionfassero Carugate o Umbertide, già bravissime a entrare da “outsider” nell’evento. Minime le differenze di valori fra le altre 6 squadre, tutte già presenti lo scorso anno. Vedremo se per Moncalieri il fattore-campo sarà alleato o fonte di pressione: lo scorso anno Campobasso, ospi-
tante, uscì subito; Costa nel 2017 organizzò e vinse. Per Crema, trionfatrice nel 2018 e nel 2019, sarebbe tripletta senza precedenti. Tra Faenza e Alpo è rivincita della passata edizione (superarono il turno le romagnole). Qualche indicazione dalle cifre stagionali delle 8 finaliste (aggiornate al 23/2). L’attacco più prolifico è di Faenza (70,7 di media), seguita da Campobasso (69,2). La difesa meno perforata è Moncalieri (48,8) davanti a Crema (52,6). Le più precise da 2 sono Spezia e Campobasso (entrambe 47%); Crema è la squadra che segna più triple (ben 8 a partita) e con la miglior percentuale (33%). Nei tiri liberi La Spezia meglio di tutte (73%). Moncalieri domina a rimbalzo offensivo (15,3 a gara; nessun’altra supera i 10). Le “mani leste” nei recuperi sono ancora di Moncalieri (13,1) davanti a Faenza (12,4); ma il miglior differenziale fra recuperate e perse è di Carugate (-2,5 a gara), di un’incollatura su Campobasso (-2,6). Le molisane distribuiscono più assist di tutte (16,3), Faenza subisce più falli (20 tondi), Carugate stoppa meglio (2,6).
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Girone Nord // Si consolida la fuga delle prime tre: unico passo falso quello di Alpo con Mantova. Continua a regnare l’equilibrio nella parte bassa della zona-playoff, dove è in crescita San Martino Akronos Moncalieri (19 vinte-2 perse): regola due “ossi duri” lombardi come Milano (con 13 punti di Trucco) e Carugate (22 rimbalzi di Katshitshi). Feroce contro S. Martino: +51 (Grigoleit 20); sbriga con autorità anche la trasferta a Udine (Grigoleit 18). La base è sempre il muro difensivo: 3 volte in febbraio sotto i 40 punti subiti. Crema (17-3): anch’essa imbattuta nel mese, ma ha rischiato. Con Carugate contiene la rimonta avversaria (57-53, Zagni 14); si ripete a Milano (53-55 con 16 di Melchiori) e, sia pur meno a fatica, contro Udine (Melchiori 18). Rinviato il big match con Castelnuovo, ma la posizione fra le prime 3 sembra inattaccabile. Ecodent Point Alpo (15-4): solo due partite nel periodo considerato. Scivola, dopo 7 successi di fila, in casa contro Mantova, pagando 24 palle perse e un “blackout” nel 3° quarto, dopo essere stata a +12. Si riscatta dominando in casa di Castelnuovo: 61-80 con 18 di Coser. Poi un turno di riposo e un rinvio per virus. Frattura a un braccio per Mosetti. BC Bolzano (13-7): tre trasferte in 4 partite. Comincia bene vincendo a Sarcedo e a Vicenza (Fall 36 punti complessivi), poi perde nettamente in casa lo scontro diretto con Castelnuovo e, ancor peggio, a San Martino (meno 25), nonostante 24 punti e 14 rimbalzi di Trehub. Gli infortuni le hanno tolto profondità, anche se 8 elementi buoni li ha e basteranno per i playoff. Mapp Tools Carugate (12-7): perde con onore contro le prime due: -4 a Crema (con 14 rimbalzi e 6 recuperi di Schieppati), -9 con Moncalieri nel duello a bassissimo punteggio fra le due difese-top del girone. Riprende la corsa vincendo in casa di Albino, 43-50, con 15 punti e 12 rimbalzi di Tomasovic. Rinviato il big match con Alpo. Operazione medica per coach Cesari (i nostri auguri). Autosped Castelnuovo (11-9): ancora discontinua. Perde al supplementare con Albino, nonostante 21 punti e 10 rimbalzi di Podrug: non impensierisce Alpo (Claudia Colli 20 punti), poi si rialza sbancando Bolzano con autorità, 50-66 con 14 di Bonvecchio e 13 di una ritrovata Corradini. Giocando come nei giorni migliori può dar fastidio a tutti nei playoff, ma prima deve conquistarli. Il Ponte Milano (10-10): completa il ciclo di ferro d’inizio ritorno perdendo a Moncalieri (Beretta 19 punti) e, per un soffio, in casa con Crema mancando il sorpasso allo scadere dopo una gran rimonta nell’ultimo
quarto (18 per Toffali). Torna alla vittoria a Mantova ritrovando la miglior Cicic (22 punti e 9 rimbalzi) in assenza dell’infortunata Guarneri. Per i playoff “c’è”. Fanola S. Martino (10-10): 3 vittorie in 4 gare la proiettano in zona-playoff. Fa eccezione il -51 a Moncalieri ma era rimaneggiata. Fa il pieno nei derby con Marghera (13 punti e 10 rimbalzi di Toffolo, ex di turno) e Ponzano (19 di Toffolo e 18 di Pasa, appena rientrata dall’infortunio), e soprattutto maltratta Bolzano, 89-64 con un 30-9 nel 3° quarto e una grandinata di triple, ben 13 (Pasa 19 e Amabiglia 17). Fassi Albino (9-11): due vittorie d’oro, con Castelnuovo al supplementare (21 punti di Baiardo e 16 della 2004 Rizzo) e poi nel derby a Mantova con la coppia Mandelli (23)-Grudzien (22+17 rimbalzi) sugli scudi. Dopo due partite sopra quota 70 sbatte contro la difesa di Carugate, fermandosi a 43. Delser Udine (9-12): spezza la serie di 6 sconfitte casalinghe battendo Vicenza e Sarcedo (36 punti complessivi di Ianezic). Non riesce a salire di livello contro le “big” Crema e Moncalieri (buone prove di Vicenzotti), ma come per le dirette concorrenti, il suo destino è ancora tutto da scrivere, dai playoff ai playout. Sarcedo (9-12): caduta e risalita. Dapprima arriva a 7 sconfitte di fila, cedendo alla distanza contro Bolzano e Udine. Poi sfrutta il calendario che le propone le ultime due della classe, e fa bottino, sia pur soffrendo, contro Vicenza (21 per Iannucci) e Marghera (16 di Santarelli). MantovAgricoltura (7-14): apre febbraio con un gran colpo nel derby interregionale in casa di Alpo: 63-68, rimontando da -13, con 19 di Ruffo e 17 di Giordano. Non riesce però a confermarsi nei tre scontri diretti successivi (Albino, Milano e Ponzano) e resta relegata in zona-playout. Ponzano (6-13): solo due partite giocate. Cede alla distanza a S. Martino, poi trova due punti importanti contro Mantova (25 di Leonardi, 18 di Miccoli), anche se per scampare ai playout sembra tardi. Marghera (2-17): due derby persi, contro S. Martino e Sarcedo, nonostante una discreta alternanza di protagoniste fra le due giovani, avvicinano la sentenza di condanna. Velcofin Vicenza (1-19): combattiva ma sfortunata. Perde di misura con Udine (Monaco 129 punti e 10 rimbalzi), Bolzano e Sarcedo, allungando la sua infinita serie di sconfitte a 19.
MARTA GRANZOTTO, CLASSE 1992, VENEZIANA, MILITA NELL’ALPO BASKET. DOPO UN PERIODO A VIGARANO E A MARGHERA, QUEST’ANNO È TORNATA A VESTIRE LA MAGLIA BIANCOBLU CON 9.7PT A PARTITA.
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LICIA SCHWIENBACHER, CLASSE 1995, ALTOATESINA, GIOCA A FAENZA DAL 2016. IN QUESTA STAGIONE HA SEGNATO 123PT CON UNA MEDIA DI 6.5PT A PARTITA.
Girone Sud // Campobasso torna al comando, tallonata da Faenza. Lotta fra Ariano, Umbertide e Nico per il 4° posto. Ripartono Valdarno e Cus Cagliari, in corsa per i playoff con Selargius e Civitanova La Molisana Campobasso (17 vinte-3 perse): un mese da schiacciasassi, 4 vittorie con 87 punti di scarto complessivo. La più significativa è ad Ariano: 70-83 con un centinaio di tifosi al seguito e una strepitosa “prova dell’ex” della venerabile Sanchez (24 punti) e una Bove importante nell’ultimo quarto. Super-Sanchez anche contro la Virtus Cagliari (21+15 rimbalzi; 15 anche gli assist di Porcu). E-Work Faenza (16-3): domina la supersfida in casa di Spezia (52-71, Morsiani 15 punti) strappando alle liguri il 2° posto. Altre due nette vittorie con Selargius e Viterbo: ariva alla Coppa Italia tra le più in forma. Crédit Agricole La Spezia (15-4): perde in casa due big match: poca storia con Faenza, sfiora la rimonta con Umbertide (18 per Templari, 13+12 rimbalzi per Sarni). Si rialza bene andando a vincere sul campo della Nico: 61-69 pur senza Diene ma con 4 in doppia cifra, compresa una Tosi da 5/5 al tiro. Farmacia del Tricolle Ariano Irpino (12-7): un mese positivo, a parte la sconfitta con Campobasso nonostante 19 punti di Zitkova e 18 di Moretti. Per il resto, a segno con scarti in doppia cifra su Viterbo, Civitanova (25 per Moretti) e CusCagliari (23 di Zanetti). Duellerà con Umbertide e Nico per il 4° posto. Seskute scende in B a Scafati. La Bottega del Tartufo Umbertide (11-7): inizia febbraio col piede sbagliato, cadendo in casa con Selargius e poi in Valdarno: male da 3 nel primo caso, da 2 nel secondo. Ma reagisce bene con un’impresa esterna su La Spezia: 61-66 con un super-2° quarto (9-30) e 19 punti di Giudice. Nico Ponte Buggianese (12-8): arriva a 7 vittorie di fila regolando Civitanova (27+14 rimbalzi per Pochobradska) e, più a fatica, Viterbo. Poi però la sua ascesa s’interrompe con due sconfitte interne di misura: pesa soprattutto quella col Cus Cagliari (16 di Perini), più pronosticabile quella con Spezia (20 di Pappalardo). Cus Cagliari (10-9): dopo 4 sconfitte di fila tra fine dicembre e gennaio, si rimette in ritmo-playoff sfruttando il turno con BasketLab e, soprattutto, andando a vincere a Ponte Buggianese (62-68 con 17 di Ljubenovic e 16 di Striulli che ha ritrovato condizione). Nel ruolino del mese anche due sconfitte casalinghe, ma preventivabili, con Campobasso e Ariano.
RR Retail S.G. Valdarno (9-9): solo due partite, sufficienti per rimettersi in marcia dopo gli stenti dei mesi precedenti: +29 con BasketLab e, prima, bel colpo con Umbertide, 58-53 (17 per Bona). Ha inserito l’olandese Klerx e il tempo aiuterà Pieropan a tornare in forma dopo il lungo stop; obiettivo-playoff. Selargius (9-10): rilancia la sua candidatura ai playoff con due vittorie di fila, soprattutto quella ottenuta a Umbertide, 55-65, con una scatenata Pertile (25 con 7/11 da 3); ma notevole anche il 38-11 nel 1° quarto (!) contro Livorno: Arioli 28 di valutazione in 21 minuti. La sconfitta con Faenza è secca ma non pesa sulla classifica. Fe.Ba. Civitanova (8-12): al momento andrebbe ai playout ma si dimostra viva con due vittorie nella seconda metà del mese. Dapprima perde netto con la Nico (12 per l’argentina Perez Vangieri all’esordio) e con Ariano (altri 21 di Perez), poi viaggia in carrozza con BasketLab e strappa due punti sofferti quanto preziosi in casa della Virtus Cagliari (Perez 13). Jolly Acli Livorno (6-12): la partita “da vincere”, cioè lo scontro diretto con Virtus Cagliari, la porta a casa con autorità (57-35, Orsini 17 punti). Può essere importante per il fattore-campo nei playout, massimo obiettivo realistico considerando che gli stop con Selargius e Campobasso la tengono lontana dalla salvezza diretta. Virtus Surgical Cagliari (5-14): male l’attacco, 35 e 45 punti prodotti, nelle due sfide cruciali a Livorno e in casa con Civitanova (15 per Zolfanelli), entrambe perse. In precedenza anche un -28 a Campobasso, ma quello pesa meno. Direzione playout. Belli 1967 Viterbo (3-15): anche per il team della Tuscia un attacco sterile nel mese, 3 volte sotto i 50 punti. Discreta però la resistenza opposta ad avversarie di spessore come Ariano (20 per Stoichkova), Nico e Faenza. Non è fuori portata l’aggancio almeno alla Virtus Cagliari. HighSchool BasketLab (0-20): quattro sconfitte con oltre 25 punti di scarto medio. Questo il dato crudo, ma va detto che manca l’infortunata Blasigh (non l’unico guaio in questo periodo) e che in tre casi ha affrontato avversarie di fascia-playoff, nel quarto una Civitanova rinforzata dalla nuova straniera.
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CAROLINA SCIBELLI, CLASSE 1986, È NATA AD ISCHIA “CHE È PIÙ BELLA DI CAPRI”. MILITA ED È CAPITANO DELLA FARMACIA DEL TRICOLLE ARIANO IRPINO DAL 2018, SQUADRA CHE HA TRAINATO IN A2 L’ANNO DOPO.
primo piano
CAROLINA LA MATTA
CAROLINA SCIBELLI HA IL FUOCO DENTRO, ALIMENTATO DALL’AMORE PER UNA MAMMA CHE NON C’È PIÙ MA LA PROTEGGE SEMPRE E COMUNQUE. AD ARIANO IRPINO SI È RIMESSA IN PIEDI, HA INDOSSATO LE SCARPETTE E, IN COMPAGNIA DI ARTURO, È SCESA IN CAMPO PER SE STESSA
Di FRANCESCO VELLUZZI
“A
te che sei sostanza dei giorni miei”. È uno dei 14
tatuaggi che Carolina Scibelli ha impresso sul suo corpo. È quello a cui tiene di più. Lo ha sull’avambraccio destro, ben visibile. Ed è dedicato a mamma Rosa che se n’è andata cinque anni fa a soli 55 anni, stroncata dalla malattia che spesso non fa sconti. Accanto a Carolina, che ha una sorella che si è trasferita a Londra, è rimasto papà Gaetano. Che quando può segue, con la stessa passione della mamma, le partite della figlia trentaquattrenne, capitano della Farmacia del Tricolle Ariano Irpino. Lì, Carolina, un potente numero quattro di 180 centimetri, dal carattere forte e tostissimo che gioca sempre senza risparmiarsi, è rinata. Ma il pensiero è fisso lì alla mamma che la segue da lassù. Sostanza dei giorni suoi. L’unica donna al mondo, l’unica ragione, come canta Jovanotti in quello straordinario testo, preso come simbolo dalla giocatrice nata e cresciuta a Ischia. “Che è più bella di Capri, ricordatelo. Non è uno spot alla mia città, è così”.
BAR Carolina aveva deciso di ristabilirsi e piantare le
tende accanto a papà, nella sua Ischia. Col basket aveva chiuso, dopo una vita da girovaga, ma con l’idea fissa di quel pallone da maneggiare e da mandare dentro un canestro che non l’abbandona mai. Aveva aperto un bar-tabacchi vicino a S. Angelo col papà Gaetano. “Non so cucinare, non è che facessi i panini... Ma seguivo tutto. Sono stati sette mesi vissuti intensamente, poi abbiamo preferito chiudere l’attività. Peccato”. Ma a un certo punto, a metà della stagione scorsa... “È arrivata una telefonata di Nunzia Paparo, ex giocatrice. A febbraio. Mi parla di Ariano Irpino, mi propone di riprendere. La squadra è in B e io sono tormentata dai problemi alla schiena. L’ultima esperienza l’avevo fatta, sempre in serie B, a Scafati e avevamo perso la finale per essere promosse. Al basket ho dato e forse qualche ernia me la porto dietro. Ma l’entusiasmo sale, la passione non è mai mancata. Decido di andare. Conquistiamo la promozione in A2. Sono rinata, è un ricordo stupendo, quella pro-
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mozione, la festa. Ariano Irpino mi ha regalato una rinascita, qui smetterò di giocare, questa maglia mi appartiene, come questo territorio. Sono sicura che quando smetterò mi metterò a tifare con megafono e birretta insieme ai nostri supporters”. Caricati sulle tribune dell’impianto da uno sponsor, super tifoso innanzitutto, Roberto Memmolo, titolare della Farmacia del Tricolle di Ariano, dal quale parte la spinta propulsiva per mandare avanti, tra mille difficoltà, la società e il sogno di una squadra ambiziosa che, però, fa un passo alla volta. Da neopromossa sta dando fastidio ai club costruiti per arrivare in altissimo
e per poco ha mancato l’accesso alle finali di coppa Italia. La squadra, allenata da William Orlando, è già buona. Oltre al capitano Scibelli, che garantisce punti, ma soprattutto sostanza, peso, carattere, c’è un buon nucleo e anche l’esperta lunga Valentina Fabbri che, a 35 anni, è approdata in Irpinia. “Quasi tutte le ragazze arrivano da fuori, ma c’è pure un nucleo che cresce ad Ariano, anche il settore giovanile pian piano si organizza”, racconta Carolina. Che è ammaliata dal progetto del club. Prima Ariano era solo conosciuto come un campo caldo. Molto caldo. Oggi le idee di Memmolo portano a qualcosa di più moderno.
L’ARRIVO DELLA SCIBELLI AD ARIANO IRPINO È AVVENUTO CON LA CHIAMATA DELL’EX GIOCATRICE NUNZIA PAPARO, CHE LE HA PROPOSTO DI RIPRENDERE, DOPO L’AVVENTURA CON SCAFATI E IL RITORNO NELLA SUA MERAVIGLIOSA ISCHIA.
Lo sponsor ha basato tutto sull’immagine del club e manda in giro le ragazze sempre vestite con i colori e le insegne della società. Organizza eventi, serate a tema, appuntamenti con gli altri sponsor e partner che contribuiscono alla vita della “squadra-farmacia”. “Stiamo facendo tantissime cose anche fuori dal campo, molte buone iniziative. Pure lotterie che coinvolgono i tifosi che possono vincere curiosi premi (quest’anno era in palio anche il completino da gioco delle ragazze ndr). Ci sono pure i cioccolatini griffati, diciamo che la politica del marketing sta funzionando eccome”.
ARTURO Se papà Gaetano si sposta da Ischia appena
può, Carolina non resta comunque senza il sostegno della sua famiglia. Perché proprio papà, da quando è scomparsa la moglie, ha regalato alla sua figlia cestista Arturo, un boxer mascotte che la segue ovunque e, soprattutto, al campo dove Scibelli lo veste proprio come un componente dello staff della squadra di basket. Arturo è molto legato alla sua padrona, non vorrebbe lasciarla mai. È diventato lui il simbolo della sua vita. Porta una canotta gialla col numero 24. “Mamma mi seguiva in tutta Italia, proprio con un boxer. Arturo rappresenta la continuità. Non ci se-
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primo piano pariamo mai”. Carolina vive con lui. Niente fidanzati. “Quello con cui è durata più a lungo è rimasto con me per quattro anni. Così tanto, forse perché eravamo distanti. Non è semplice stare con me”. Ha 14 tatuaggi, ti dice sempre che è matta. Parlandoci, scopri che è molto più semplice. Ha bisogno di attenzioni e di essere capita. Ma con chi le sa dare Carolina è eccezionale. “Non ho un carattere facile, lo ammetto. Dico sempre quello che penso. In spogliatoio mi faccio sentire. Sono passionale. Ci tengo. Odio perdere. In campo do sempre tutto. Anzi, questa è l’occasione per scusarmi con un’avversaria della Nico Basket, Carolina Pappalardo, che in partita ho colpito per troppa foga. Ecco, le chiedo scusa”. Scibelli dentro il parquet si sente ancora bambina. Travolta da un’incredibile passione. La molla di tutto per continuare a rendere al massimo.
CARRIERA A questa ragazza che ti immerge nel suo
mondo, che ruota ancora tutto attorno alla figura della mamma che non c’è più, è mancata una carriera in A1 (anzi, proprio in avvio di questa stagione una proposta è arrivata. Declinata). Poteva, doveva farla, per la passione che mette. Se non ce l’hai non resti un componente di una generazione mille euro che gioca ancora, perché il divertimento e la voglia di andare al campo prevalgono su tutto. A volte, in molti
a stare sotto a lottare. E io ho sempre pensato da protagonista, volevo e voglio esserlo. Devo essere coinvolta nel gioco, nell’agonismo totale, voglio il pallone. A 17 anni sono andata in doppio tesseramento alla Phard Napoli. Ma presto ho cominciato a girare. Così a 21 anni sono salita al Nord, e sono andata a giocare a Carugate, proprio con Silvia Gottardi che era fortissima sul campo ed era una forza della natura. Retrocedemmo, ma fu un’esperienza importante. Il mio giro d’Italia è partito, sempre in A2, dalla Lombardia. Ma l’anno successivo ero già a Rende, dall’altra parte d’Italia. Quindi La Spezia, poi ancora Pozzuoli, il Lazio a Pomezia e ancora La Spezia. Da lì a Valmadrera. Mi mancava la Sardegna. Eccomi alla Virtus Cagliari. Un anno solo per poi finire a Civitavecchia. In tutti questi anni ho vissuto tante avventure, pure quelle non piacevoli. Come non prendere lo stipendio o vedere società che non ce la facevano e chiudevano. A Civitavecchia giocavo con Alice Sabatini, diventata poi Miss Italia. Ecco, è stata sua mamma Fabiola, che non smetterò mai di ringraziare, ad aiutarmi e ospitarmi. Erano finiti i soldi. Dopo Civitavecchia, ho vissuto Bologna. Ma, poi sono tornata a Cagliari, sempre alla Virtus. Avevo perso mamma nel febbraio del 2015 e non era facile andare avanti. Il mio giro d’Italia è continuato a Civitanova Marche nel torneo 2016-2017 e quindi a San Giovanni Valdarno in se-
AD ARIANO HO TROVATO UN’ALTRA PARTE DI ME. MI HA REGALATO UNA RINASCITA, QUI SMETTERÒ DI GIOCARE. QUESTA MAGLIA MI APPARTIENE, COME QUESTO TERRITORIO casi, non c’è un domani. Chi gioca e vive come Carolina non ha ancora un’idea del futuro. Anche se per lei parla un diploma al liceo psicopedagogico e la voglia matta di dare ancora sul campo, magari insegnando alle bambine. Cosa che lei ha già cominciato a fare, vivendo anche le estati nei Camp e nei centri estivi, aiutando anche chi soffre, ma vuole esprimersi nello sport. Lo sport nel sangue, questo sì, Carolina ce l’ha. “Cominciai con la danza. Ma già da bambina litigai col maestro. Papà mi indusse a provare col basket. L’istruttore mi attirò, non usava il fischietto, ma una trombetta. Io ero timida, provai per socializzare. A 13 anni feci il trofeo delle Regioni. A 15 anni ero a Pozzuoli. Lì ho avuto l’altra soddisfazione più grande, lo scudetto cadette vinto con quella squadra. Pozzuoli era in A1, ma io non ero certa di trovare spazi importanti. Le italiane tuttora, nel massimo campionato fanno fatica e sono giocatrici di contorno. Io sarei dovuta diventare un tre di ruolo. Questa trasformazione non è avvenuta, continuo a giocare da quattro,
rie B. Ma la schiena cominciava a tormentarmi forte. Avevo deciso di smettere di giocare e dedicarmi al bar con papà”.
SCOSsA ARIANO Finché non è arrivata quella forte scos-
sa da Ariano Irpino. E Carolina ha preso ancora una volta Arturo. Se l’è caricato in macchina. Destinazione paradiso, Ariano. Il suo paradiso, la sua rinascita. “Arturo lo vesto, lo preparo, lo porto al campo. Ormai fa parte di noi. Alle partite lo lego, lo metto in tribuna e lui aspetta lì, coccolato da tutti. Ad Ariano ho trovato un’altra parte di me. Quando voglio andare da un’altra parte vado a Benevento che è a 20 minuti di macchina da qui. Non sono una cuoca e adoro il sushi, mi piace da morire. Napoli dista un’ora e mezza. E da lì o da Pozzuoli si prende il traghetto per Ischia”. La sua Ischia che per Carolina è molto più di Capri. Per lei c’è solo Ischia. “Ha 80 mila abitanti. C’è tutto. Impossibile non amarla”. Un po’ come Carolina: “Mi ami o mi odi... Sono fatta così”.
CAROLINA HA UNA GRANDE E PROFONDA ESPERIENZA CESTISTICA, DOVUTA SOPRATTUTTO AI SUOI TANTI SPOSTAMENTI, DA NORD A SUD. ASSIEME A LEI IL FEDELE ARTURO, L’ADORABILE BOXER MASCOTTE CHE LA SEGUE E PROTEGGE OVUNQUE.
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ANDREA CAPOBIANCO, MOLISANO CLASSE ‘66, ALLA GUIDA DELLA NAZIONALE 3X3 DOPO ANGELA ADAMOLI. GIÀ COACH DELLA NAZIONALE MAGGIORE 5C5.
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SOGNO OLIMPICO
TRA POCHE SETTIMANE, DAL 18 AL 22 MARZO IN INDIA, L’ITALIA 3X3 INSEGUE LA QUALIFICAZIONE A TOKYO 2020. AMBIZIONI E SPERANZE AZZURRE NELLA NOSTRA INTERVISTA AL C.T. ANDREA CAPOBIANCO, CHE VUOLE RIPORTARCI AI GIOCHI DOPO 24 ANNI
Di CHIARA BORZÍ
N
ell’estate 2018 l’Italia conquistava il titolo iridato bat-
tendo in fila Stati Uniti, Cina e infine la Russia, scrivendo anche un’inedita pagina di storia nel conquistare la prima medaglia d’oro mondiale per una nostra rappresentativa di basket.
Non entra in punta di piedi il 3X3, perché la preparazione
al preolimpico ha richiesto sacrifici alle società italiane che tesserano le atlete selezionate per lavorare con il team Azzurro. Alcune date della regular season del campionato di A1 sono state spostate, ma c’è da scommettere che nulla verrà meno quando la Nazionale scenderà in campo per dare la caccia alle Olimpiadi di Tokyo. “Il 3x3 è pallacanestro allo stato puro”, parola di coach Andrea Capobianco. L’allenatore della Nazionale maggiore 5c5 è stato nominato successore di Angela Adamoli, ricevendo ad ottobre 2019 l’incarico di guidare sia la formazione maschile che quella femminile.
ITALIA AL PREOLIMPICO PUO GIOCARSELA CONTRO TUTTE “Ringrazio
Federbasket e la Lega Basket Femminile per la quantità di tornei ed eventi che riuscirà a farci giocare e per i tornei che ci ha già permesso di giocare. Sappiamo bene - ha spiegato l’allenatore - che le regole del 3X3 sono differenti. Tutto ruota intorno al ranking, dunque più tornei si giocano, più punti arrivano e solo così si scalano le posizioni. Ci siamo garantiti l’accesso al preolimpico proprio grazie ai punti conquistati. Sappiamo di star lavorando per far bene in una competizione molto difficile, se fosse facile non sarebbero state Olimpiadi. Nel complesso abbiamo fatto un solo raduno, poi il torneo in Francia e dalla otto giocatrici che hanno partecipato sono state selezionate le atlete che prenderanno parte al preolimpico. Sono contento dei risultati ottenuti a Parigi, abbiamo dato segnali di potercela giocare contro tutte”.
Capobianco e 3x3, rapporto antico Chiedendo a coach An-
drea Capobianco se avesse mai immaginato di poter
altri mondi guidare una selezione ufficiale Azzurra 3X3 in vista di una olimpiade, l’allenatore molisano ha risposto. “Nasco come allenatore che giocava il cinque contro cinque nei campi all’aperto. Nei periodi estivi, dove puoi curare gli aspetti individuali dei giocatori, le settimane si concludevano con un torneo 3X3. Non serviva solo per verificare il lavoro svolto da un punto di vista tecnico, ma aggiungeva una sorta di “termometro” alla componente emotiva del giocatore. Il 3X3 è una disciplina molto importante. In definitiva, però, non avrei immaginato di diventare un allenatore per la Nazionale nel 3x3!”.
I segreti del 3x3 “Il 3x3 è pallacanestro allo stato puro – spiega Capobianco - se sai difendere, se sai palleggiare, tirare e passare la palla allora sei un giocatore di pallacanestro completo o completa, valido anche per il cinque contro cinque. Se dovessimo rintracciare qualcosa di differente, un dettaglio ulteriore da curare, è la capacità di non demoralizzarsi mai. Se in un campo cinque contro cinque c’è il tempo di sec-
sta succedendo in campo, curando la pulizia dei dettagli. Ho visto grandissima disponibilità da parte delle ragazze, le situazione di cui parliamo sono tutte difficili, ma proveremo a realizzarle lavorandoci”.
AZZURRE 3X3, TANTA DISPONIBILITÀ E IDEE CONDIVISE “Conoscevo
molte delle ragazze che hanno partecipato al raduno 3X3 dalle esperienze con la Nazionale maggiore – continua l’allenatore della Nazionale - ho trovato molta disponibilità. Abbiamo puntato l’obiettivo di fare gruppo. Di creare momenti di condivisione in cui la squadra stava più insieme e meno con me. Ci sono stati dei momenti di “intromissione” per stabilire alcuni punti, per condividere anche delle scelte particolari. Ho chiesto alle ragazze se volessero mischiare le squadre, ma hanno risposto di voler continuare con gli stessi quartetti perché condividevano la nostra scelta. Certo – evidenzia il coach – nella preparazione per il preolimpico può cambiare qualcosa. Olbis André, Valeria Trucco, Giulia Rulli, sono tutte giocatrici che già conoscevo, pesa l’infortunio a
IL 3X3 È PALLACANESTRO ALLO STATO PURO. SE SAI DIFENDERE, PALLEGGIARE, TIRARE E PASSARE LA PALLA ALLORA SEI UN GIOCATORE DI PALLACANESTRO COMPLETO, VALIDO ANCHE PER IL CINQUE CONTRO CINQUE. ANDREA CAPOBIANCO carsi per un errore passando dall’attacco alla difesa, nel 3X3 questo attimo scompare. L’aspetto emotivo è una componente fondamentale. Il 3X3 chiede e forma giocatrici e giocatori autonomi e responsabili, due caratteristiche che in questa disciplina devono essere applicate a livello altissimo. Al di là dell’intensità da mettere nell’esecuzione dei fondamentali che è altrettanto importante, non credo il 3X3 sia “un altro sport”. Molti allenatori giocano il 3X3 per migliorare la qualità del 5 contro 5, non è una novità. La Federazione mi ha chiesto di scrivere un libro sugli aspetti formativi di questa disciplina, per questo ho visto una quantità di partite pazzesca, 130-140 tra maschile e femminile. Ho rintracciato spunti di riflessione e dettagli particolari su cui ogni allenatore deve lavorare, come ad esempio l’importanza di un rimbalzo offensivo sugli equilibri di una partita, il peso di una palla rubata e/o persa. La necessità d’impostare la strategia della partita non sui giochi di attacco, ma sulle capacità tecniche (attacco e difesa, uso mano destra e mano sinistra) del singolo avversario. Nel 3X3 devi modificare la tua pelle in base a chi trovi davanti a te. Una squadra con questa intelligenza, con queste capacità di lettura, può competere ad altissimo livello ed è questa l’Italia che vorrei. Una squadra dal grande equilibrio mentale, che sa perennemente esaltarsi e mai deprimersi, che ha la capacità di capire cosa
D’Alie ma per mia natura preferisco non far pesare la difficoltà portata da questo evento”.
LE DATE DEL RADUNO E DEL PREOLIMPICO E LE AZZURRE CONVOCATE
Il torneo di qualificazione Olimpica, il primo a cui ha diritto l’Italia, si terrà dal 18 al 22 marzo a Bangalore in India. Non dovesse qualificarsi, l’Italia avrà una seconda chance al Torneo di Qualificazione che si terrà a Budapest, in Ungheria dal 24 al 26 aprile. Il raduno che porterà le Azzurre al preolimpico inizierà il 9 marzo. Olbis Andrè, Chiara Consolini, Raelin D’Alie e Giulia Rulli sono le atlete scelte da Andrea Capobianco.
GIULIA RULLI E CHIARA CONSOLINI, AZZURRE Giulia Rulli e Chiara
Consolini rappresentano un fil rouge tra la passata e la prossima esperienza italiana nel 3X3. Campionessa del Mondo nel 2018 Rulli è stata “confermata” da Capobianco dopo aver ricevuto in precedenza la fiducia di Adamoli. “Della medaglia d’oro ai mondiali di Manila nel 2018 conservo un ricordo prezioso. Fatto di emozioni, di persone, di fatica, di sorpresa, di tenacia – racconta l’azzurra in forza a Costa Masnaga. Ci abbiamo creduto dal primo giorno di preparazione all’ultimo secondo della finale contro la Russia. E questo è stato possibile proprio perché Angela (Adamoli ndr)
CHIARA CONSOLINI, GIOCATRICE DELL’EIRENE RAGUSA. PER LEI È UN’ANNATA SPECIALE. NON SOLO HA RITROVATO LA NAZIONALE MAGGIORE, MA È ANCHE ALLA SUA PRIMA CONVOCAZIONE NELLA NAZIONALE 3X3.
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IMPRESA LE AZZURRE D’ALIE, FILIPPI, RULLI E CIAVARELLA, FESTEGGIANO L’ORO A MANILA IN OCCASIONE DEI MONDIALI 3X3 2018.
credeva in noi e in quello che avremmo potuto fare prima ancora di noi stesse. Il torneo di Parigi è stato un ottimo banco di prova – spiega Rulli - sia perché ci siamo confrontate con la Francia e l’Olanda, due squadre che si stanno confermando ai vertici di questo sport e che stanno investendo molto nel 3x3. Sicuramente riprendere a giocare 3x3 è stato molto importante, sia per provare nuove alchimie, sia per vedere a che punto siamo come nazionale”. E sul pre-
olimpico aggiunge, “sono state scelte quattro giocatrici e due riserve. È possibile effettuare dei cambi fino al giorno prima della manifestazione. Personalmente ora sono dentro le 4 convocate, ma ci crederò solo quando sarò in India, l’arbitro lancerà la monetina e dopo il check si inizierà finalmente a giocare”. Tra il 2019 e il 2020 Chiara Consolini ha ritrovato sia la maglia della Nazionale sia nel 5c5 che quella del 3X3 per la prima volta. Una disciplina che Chiara
conosce bene per via dei tornei estivi giocati e vinti in estate in giro per l’Italia. “Essere stata chiamata in nazionale 3X3 e avere la possibilità di andare in India e giocare una competizione importantissima come il preolimpico è per me motivo di grande orgoglio. Sono super emozionata per questa opportunità, sarà un’esperienza da vivere a 360 gradi! In questi primi raduni con le ragazze – spiega Chiara Consolini -, soprattutto al torneo in
Francia di preparazione, ci siamo impegnate molto per cercare di riuscire per bene a entrare nel clima 3X3. Senza l’aiuto delle giocatrici più esperte, con più manifestazioni importanti alle spalle, non sarebbe stato semplice. Richiede un grande sforzo fisico, una concentrazione e una prontezza massima. Dal 9 marzo ci ritroveremo in raduno per preparare al meglio questa grande competizione, e sinceramente, non vedo l’ora di iniziare”.
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VALERIE STILL, QUI IN MAGLIA GBC IN DIFESA SU CATARINA POLLINI, PRIMA DI ARRIVARE IN ITALIA NEL 1983, HA GIOCATO QUATTRO ANNI ALL’UNIVERSITY OF KENTUCKY, TENENDO UNA MEDIA DI 23.3 PUNTI E 12.8 RIMBALZI A PARTITA.
storie
STILL, L’ITALIA NEL DESTINO VALERIE, 12 STAGIONI NEL NOSTRO CAMPIONATO, 88 PUNTI IN UNA PARTITA, UNA
DELLE PIÙ GRANDI AMERICANE MAI VISTE DA NOI, È ANCORA UN’INNAMORATA PERSA DEL NOSTRO PAESE: “CI TORNERÒ QUANDO SARÒ IN PENSIONE”. “COM’ERO IN CAMPO? UN’AGONISTA PIÙ CHE UN TALENTO. ERO ENERGIA E LA VITA È DIVENTATA MAGICA”
di GIULIA ARTURI
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alerie Still, classe 1961, è stata tra le più domi-
nanti giocatrici statunitensi che il nostro campionato abbia mai visto. Ha giocato 12 stagioni in Italia tra Milano, Sesto San Giovanni, Magenta, Como, Alzate Brianza, Cesena e Schio, vincendo lo scudetto 1991 con la Comense. Con 88 punti è la seconda all-time per punti segnati in una partita, dietro solo ai 99 di LaTaunya Pollard. E senza dubbio è stata la più italiana tra le americane. Sentire parlare Valerie Still dell’Italia potrebbe insinuare qualche atroce dubbio nei critici inflessibili e catastrofisti sul nostro Paese. Non c’è neanche una sfumatura negativa nei suoi ricordi. Valerie ci restituisce l’immagine di un’Italia speciale, che negli anni 80 ha accolto una giovane sportiva 21enne americana e di colore, cogliendone il valore e cambiandola per sempre. “Vorrei che fosse chiaro il mio amore per l’Italia e per la mia famiglia italiana. Se non fosse per lei,
non avrei mai realizzato i miei sogni. Grazie all’Italia ho vissuto seguendo la mia passione, per la mia vita è stato fondamentale. L’Italia mi ha dato la possibilità in quanto donna e sportiva di farlo”. Ti ricordi la prima volta che ti hanno parlato della possibilità di giocare in Italia? “E come potrei dimenticarlo! Eravamo verso la fine del mio anno da senior al college, a Kentucky. Era l’ultima partita in casa della stagione regolare. Guido Bagatta e Federico Buffa a fine partita si avvicinarono e mi chiesero se potessimo scambiare due parole. Andammo in un piccolo fast food vicino la palestra. ‘Veniamo dall’Italia e ci piacerebbe che tu venissi a giocare nel nostro Paese’. Io pensai che fossero pazzi. Stavo scegliendo se studiare veterinaria o andare a giocare in Giappone, quella proposta fu un fulmine a ciel sereno, ma non ci pensai due volte. Mia mamma era sconvolta quando glielo dissi, non ero mai stata in Italia, era davvero un
storie NEL 1996, DOPO 12 STAGIONI IN ITALIA, È TORNATA A GIOCARE NEGLI STATI UNITI NELLA ABL, CON LA MAGLIA DELLE COLUMBUS QUEST, VINCENDO DUE CAMPIONATI E DUE TITOLI DI MVP. NEL 1999 HA GIOCATO UNA STAGIONE CON LE WASHINGTON MYSTICS, IN WNBA.
salto nel buio. Ma sono convinta che l’Italia fosse nel mio destino. Era il 1983”. Qual è la prima cosa che ti viene in mente se chiudi gli occhi e pensi alla tua esperienza italiana? “Conservo ricordi forti e vividi per tutte le squadre in cui ho giocato. GBC Milano, Geas, Como, Schio tra le altre: ho avuto la fortuna di far parte di grandi formazioni. Ogni volta che penso a questi posti mi tornano alla memoria dei momenti profondi e divertenti. Ricordare la mia vita italiana è un’iniezione di energia positiva, ancora oggi avverto una scossa quando ne parlo. Questo è quanto l’Italia mi abbia dato in termini di positive ‘vibes’. Ci furono tanti piccoli episodi divertenti di un’americana per la prima volta in Italia. Dalla visita medica in
“È difficile, ce ne sono così tanti: segnai 88 punti in una partita, vinsi il mio primo campionato, fu la prima esperienza da giocatrice di basket professionista. Per me era incredibile anche solo fare la preparazione atletica al parco Sempione a Milano e correre in questi luoghi magici, ricchi di storia. Ma limitarsi al campo non è sufficiente, anche le esperienze di vita sono indimenticabili: come non citare il mio primo amore Adriano ( De Zan, principe dei telecronisti di ciclismo ndr). Tutti pensavamo fossi pazza! (risata). Con lui ho viaggiato per tutta l’Italia. Fui investita da tutto questo e per una giovane donna americana fu un’esperienza straordinaria”. La partita degli 88 punti. Com’è stato possibile? “Ora si segna di più, ma l’idea di farne 88 adesso è impensabile. Erano altri tempi, e per provarci ci fu
“Se non fosse stato per l’Italia, non avrei realizzato i miei sogni. Ho potuto vivere seguendo la mia passione”. mutande, su e giù dallo scalino per la prova sotto sforzo. Ero appena arrivata, mi sembrò una cosa da pazzi. Ma ero uno spirito avventuroso: che si trattasse di uscire, fare festa, divertirsi, viaggiare non mi lasciavo scappare niente. Bianca Rossi e Michela Ceschia iniziarono subito a portarmi in giro”.
comunque uno sforzo collettivo. Mi ricordo che giocavamo a Roma e all’intervallo ci rendemmo conto che avevo qualche chance di superare il record di Pollard della settimana precedente. Così ci provammo, tutte insieme. A ripensarci ora è davvero una follia (risata)”.
La tua dunque è stata un’esperienza a 360° che ti ha coinvolto umanamente, culturalmente, emotivamente. Non c’era solo il campo. “Avevo 21 anni e mi ritrovavo lontano da casa in un posto nuovo e diverso. In America trovavo tutto quello che volevo nei negozi aperti 24 ore su 24, in Italia il pomeriggio era tutto chiuso nella pausa pranzo! Tante le differenze nella vita quotidiana è vero, ma lo shock culturale fu positivo e diventai più forte. L’Italia mi accolse per quello che ero. Non una cosa scontata: io arrivavo da un ambiente impregnato di razzismo, sessismo, non facile per una donna di colore. In Italia cambiò tutto: ‘sei una grande giocatrice di pallacanestro, una donna bellissima, sei dei nostri’. Le persone mi valorizzavano, trovai me stessa”.
Sei stata anche una bella donna-copertina in Italia: ti divertivi? “Forse sono stata un soggetto un po’ atipico: io ero fermamente decisa a trarre tutto il possibile dall’esperienza, quindi non mi tiravo mai indietro quando c’era qualcosa di divertente da fare. Con questo tipo di mentalità tutto mi venne facile: l’Italia è un posto così bello e pieno di possibilità. Ho fatto la modella, sono stata in tv, ho persino cantato. Non ebbi momenti difficili onestamente: certo, ero lontana dalla mia famiglia, ma non mi mancava niente altro. Per non iniziare neanche a parlare del cibo, del vino. Ancora oggi quando cucino mantengo una forte influenza italiana”.
Cosa racconti ai tuoi amici del tuo passato oltreoceano? “Tutti quelli che mi conoscono sanno che sono ‘italiana’. Dico sempre che il giorno che andrò in pensione vorrei tornare a casa mia in Italia, è il mio sogno: tornare e godermi la vita”. Il tuo ricordo più bello sui campi da basket?
Le tue qualità migliori in campo quali erano? “Non sono stata una delle giocatrici più talentuose in realtà. Sono cresciuta in un mondo dove ho sempre dovuto lottare per emergere. Vengo da una famiglia di dieci persone, con cinque fratelli più grandi. È da questo che deriva la mia qualità migliore: ero davvero competitiva, sempre pronta a giocarmela. Non ero spaventata dal fallimento, mai. È quello che vi direbbero le mie ex compagne di squadra: non la più talentuosa, ma sicuramente l’ultima a mollare e a fare un passo indietro”.
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storie Ora, con la diffusione dell’inglese è difficile che qualcuno si impegni e impari la lingua. Come mai per te fu una priorità? “A proposito dell’italiano vi racconto questa. La prima volta che arrivai in Italia ovviamente non capivo la lingua. Il coach, durante l’allenamento non faceva che ripetere ‘dai, dai, dai’. La cui pronuncia è uguale al termine inglese ‘die’, ovvero morire. E pensavo ‘ma questo è pazzo’. Poi finalmente qualcuno mi spiegò (risata). Le mie prime settimane italiane le trascorsi a Monza, con il signor Monti, l’allora presidente della GBC Milano. Mi prese in casa sua come se fossi parte della famiglia. Parlavano un po’ di inglese, ma volevo capire di più. Volevo vivere l’esperienza completa, non starmene nel mio appartamento e andare da McDonald’s a mangiare. Così mi feci trovare una scuola. Era nel centro di Milano, prendevo la metro, passavo per il Duomo, la Galleria e arrivavo. Stupendo, anche se non capivo davvero nulla all’inizio (risata)”. Cosa occupa ora le tue giornate? “Faccio tante cose. Sono presidente di una associazione non profit, Dr. Clarence B. Jones Institute for Social Advocacy, dove ci occupiamo di programmi per i giovani, ho scritto un libro, faccio delle presentazioni, mi piace tenermi molto impegnata”. Ti piace lavorare con i giovani? “Sì, e ho di recente ripreso ad allenare: seguo due squadre femminili nell’high school di Camden, in New Jersey. A Camden sono nata e cresciuta, ed è un posto problematico: alto tasso di criminalità e di povertà. Il programma per i ragazzi è uno dei migliori del Paese e ho deciso di tornare per restituire qualcosa a mia volta. Attraverso il basket, la mia passione da sempre, posso influenzare positivamente giovani ragazze”. Quando hai a che fare con giovani ragazze non si tratta solo di pallacanestro. “Esatto, è questo il punto. Cerco di dare un supporto più ampio, si parla di vita non solo di sport. Il basket è quasi secondario, può essere un trampolino. Vorrei che i ragazzi sapessero che non si tratta solo di avere successo, di fare soldi, di comprarsi una macchina; voglio che trovino qualcosa di autentico che li faccia stare bene ed essere felici. Nel mio caso è stata la pallacanestro a darmi l’opportunità di venire in Italia, e l’Italia è stata in grado di offrirmi questa occasione in quanto donna e sportiva. È più del basket. Io non avevo molto, ero fedele a me stessa. Non pensavo all’essere bianca, nera, donna. Ero energia e la vita è diventata magica”. Si possono davvero cambiare le cose? “Sì, con le nostre azioni possiamo cambiare quello
che ci sta intorno. Ad un certo punto della mia vita ho iniziato con la meditazione: mi ha dato consapevolezza sulla forza dei nostri pensieri. Spesso la realtà in cui viviamo sembra folle, ed ogni tanto è difficile affrontarla. Ma partendo da noi stessi, cambiando noi stessi, possiamo cambiare quello che ci sta intorno in meglio”. Il dibattito sulla parità di genere nello sport è molto attuale negli Stati Uniti, tanti giocatori e giocatrici si fanno sentire sull’argomento. Cosa ne pensi? “C’è sempre strada da fare quando si tratta di questo tema. Negli Stati Uniti si tende sempre a vedere le differenze, a mettere le persone in delle scatole e categorizzarle: che sia per colore, razza, genere. Penso ci sarà sempre un dibattito attivo, almeno fino a che non saremo capaci di superare queste barriere”. Ma le tue ragazze lo sanno di essere allenata da una hall of famer? “Ho iniziato facendo delle sostituzioni a scuola e notando la mia altezza i ragazzi mi chiedevano se avessi giocato. Prima o poi succede che qualcuno gli dia l’imbeccata: ‘ma sai chi è lei? Hai provato a cercarla su Google’? A quel punto è divertente, perché quando scoprono cosa ho fatto tornano tutti stupiti. Ma alla fine per me l’importante è creare dei rapporti umani sinceri, a prescindere dai miei titoli, dai miei numeri da atleta. Preferisco che la gente mi ricordi come una persona alla quale era bello stare vicino, non solo per quello che ho fatto su un campo da basket”. Torni spesso con il pensiero alla tua carriera? “Solo quando sono le altre persone a darmi qualche riconoscimento per quello che è stato. Per me è quasi ironico: è qualcosa che feci quando ero una ragazzina, una teenager che amava giocare a pallacanestro. Ora è strano ricevere dei premi per questo, per quella che era una passione. Con la giusta energia, con la giusta mentalità, vivendo quello che siamo davvero, tutto diventa possibile”. Valerie detiene tutt’ora il record di tutti i tempi (sia tra le donne che tra gli uomini) di punti segnati (2763) e rimbalzi (1525) dell’University of Kentucky. Nella stagione 1986/87, con la maglia del Geas, ha sfiorato 40 punti di media a partita. Le ragazze sono fortunate ad averla come insegnante e coach, sarà la loro arma in più per crescere e diventare donne. Ma se si tratta di sfidarla su un campo da basket, allora non hanno proprio una chance. “Se non avessi avuto problemi al ginocchio probabilmente starei ancora giocando, tanta è la mia passione per la pallacanestro. Ma con le mie squadrette mi capita di fare due tiri, qualche esercizio, la partitella. Con loro mi basta una gamba! (risata)”.
NEL 2019 STILL È ENTRATA NELLA WOMEN BASKETBALL HALL OF FAME. NEL 2018 HA PUBBLICATO UN MEMOIR: “PLAYING BLACK AND BLUE: STILL I RISE”.
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serie A1 serie A1 REVERBERI SCHIO, POI VENEZIA REBUS CALENDARIO PREMIATA PENNA Ragusa apre febbraio cadendo contro un Geas in ascesa (spettacolare 92-86), poi più nettamente a Venezia (85-68), nonostante il ritorno di Ibekwe: cede così il comando a Schio, tallonata dalla Reyer. Le orogranata hanno vinto a S. Martino con un canestro di Petronyte allo scadere (62-64). Le “Lupe” duelleranno per il 4° posto con il già citato Geas, che ha piegato Lucca nello scontro diretto per il quinto. Per i restanti due posti-playoff sono appaiate Vigarano, Empoli e Broni: nessuna delle tre sta volando, così da sotto è risalita Palermo di Santino Coppa, con le scatenate Cooper e Gatling (59 punti in coppia contro Vigarano). Subito dietro c’è Costa, che ha vinto la sfida diretta con Bologna (21 punti di Villa), raggiunta da Torino mentre Battipaglia, che ha inserito l’americana di passaporto francese Lawrence, arranca a 6 punti dalla zona-playout.
ELISA PENNA BERGAMASCA, CLASSE 1995, ATTUALMENTE IN FORZA ALLA REYER VENEZIA, HA RICEVUTO IL PREMIO REVERBERI PER IL 2018/19.
Sarà una corsa a ostacoli il calendario di A1 nel finale di stagione regolare. L’allarme-virus, che ha causato 5 rinvii su 7 gare del 20° turno e il blocco totale del 21° (e al momento di scrivere non c’è data sicura di ripartenza), aggrava uno scenario già complicato dagli infrasettimanali necessari per dar spazio al Preolimpico 3x3 di metà marzo e alla Coppa Italia di inizio aprile. Già prima dell’emergenza, la giornata n° 22 era prevista in due spezzoni: 6 squadre in campo il 3-4 marzo, le altre il 14-15. Ora un’ulteriore “gimkana” di recuperi, che porterà alcune a giocare 5 infrasettimanali, forse di più, nell’ultimo mese di regular season. Con ovvio danno per le presenze di pubblico e il rispetto dei valori tecnici. Peccato perché questo campionato, incerto in tutte le fasce di classifica, era (e speriamo sarà ancora) fra i più interessanti degli ultimi anni.
Elisa Penna ha ricevuto, il 17 febbraio a Quattro Castella (Reggio Emilia), il Premio Reverberi per il 2018/19 nella sezione “Giocatrice”. Il riconoscimento, noto anche come “Oscar del basket”, va all’ala bergamasca, classe 1995, attualmente a Venezia, che nella stagione considerata ha completato il quadriennio di college Usa a Wake Forest, poi ha disputato l’Europeo con la maglia azzurra. Prima di lei nell’albo d’oro (ricordiamo che il Reverberi può essere vinto solo una volta in carriera): Gardellin, Moro, Macchi, Masciadri, Ballardini, Cirone, Zara, Franchini, Sottana, Modica, Crippa, Ress, Bagnara, F.Dotto, Zandalasini, Consolini, M.Fassina. LUTTO – Si è spento il 24 febbraio Fabio Guidoni, l’allenatore del Geas che nel 1978 fu la prima squadra femminile negli sport di squadra italiani a laurearsi campione d’Europa.
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EUROLEGA TOKYO ’20 UNDER 18 Che caos! LE “GRANDI” PASSANO NEXT GEN è COSTA Situazione surreale in Eurolega: le partite Schio-Sopron e VeneziaRiga, dell’ultimo turno di stagione regolare, sono state trasferite a Lubiana per l’emergenza-virus, poi cancellate per rifiuto delle due formazioni ospiti di affrontare le nostre. Mentre scriviamo è da poco arrivata la decisione: 20-0 a tavolino. Per il Famila la vittoria vale l’accesso ai playoff: nei quarti incontrerà Praga. Si qualificano anche Ekaterinburg, BLMA, Asvel, Nadezhda, Bourges e il Fener di Zandalasini. Per l’azzurra, nel turno precedente, una grande notte con 30 punti nella vittoria su Montpellier. Grazie ai risultati degli altri campi, invece, la Reyer era già sicura dell’accesso ai quarti di EuroCup. Qualificato anche il Flammes Carolo di Giorgia Sottana, 15 punti nel match di ritorno contro Polkowi.
Niente Italia al torneo olimpico femminile di Tokyo. Dopo le azzurre, già tagliate fuori dopo l’Eurobasket dello scorso giugno, abbandona il sogno a cinque cerchi anche Marco Crespi, passato nel frattempo sulla panchina della Svezia. Nel Preolimpico disputato a Ostenda dal 6 al 9 febbraio, le scandinave hanno incassato 3 sconfitte contro Canada, Belgio (qualificate) e un Giappone già sicuro dei Giochi come paese ospitante. Nel girone di Bourges passano, nell’ordine, Francia, Australia e Portorico. A Belgrado, dove si sono disputati due gironi (fra cui quello inizialmente previsto in Cina ma spostato per il virus), festeggiano Usa, Serbia e Nigeria da una parte; Cina, Spagna e Corea del Sud dall’altra. Uniche parziali sorprese le eliminazioni del Brasile per mano del Portorico, e della Gran Bretagna ad opera della Corea.
LEONOR RODRIGUEZ SPAGNOLA, DA GENNAIO NEL ROSTER DI SCHIO, HA STACCATO IL BIGLIETTO PER TOKYO CON LA SUA NAZIONALE.
Trionfa Costa Masnaga nella Next Gen Cup, il torneo nazionale U18 organizzato dalla Lega Basket maschile e aperto per la prima volta a 8 squadre femminili. Dopo i quarti in dicembre a Bologna, le “final four” hanno fatto da contorno alla Coppa Italia uomini di metà febbraio a Pesaro. In semifinale, Geas a valanga su Mirabello, priva degli elementi impegnati con l’A1 di Vigarano (92-54); Costa ha domato la Reyer Venezia (82-65). Nella finale tutta lombarda, ottima partenza per Sesto, ma le lecchesi di coach Rossi prendono il controllo da fine 2° quarto e poi allungano (83-62). Miglior giocatrice la nostra “cover girl” di questo numero, Matilde Villa (26 punti e 10 rimbalzi in finale, 13+6 assist in semi); in evidenza anche Spinelli, Allievi e Allevi per Costa; Pellegrini, Moretti e Nespoli (mancava Panzera) per il Geas.
HSBL
ARIANNA ARADO Di Giancarlo Migliola Non sono mai banali le parole di Giovanni Lucchesi. Lo sono ancora meno in questo caso, chiamato a descrivere il percorso di Arianna Arado all’interno del progetto High School BasketLab. “Il sorriso e la durezza della vita. Già ora. La rabbia per il destino e la fiducia nel futuro. Il coraggio del domani e la tristezza “di ieri”. Sono le sue ferite e le sue cicatrici resistentissime. La ligure Arianna è una giocatrice che ha già imparato l’agonismo a volte crudele che può forgiare una donna. Un percorso difficile che sta affrontando con un’eleganza e un’umiltà esemplari. Un esempio per chi le sta accanto, adulti compresi. Vive il basket come compagno fedele e dal quale non accetterà tradimenti perché il suo talento e la sua “voglia” possono portarla in alto. Velocizzare i piedi, convincere il suo corpo ad essere più pronto e reattivo e quindi più facilmente al servizio di mani sensibili e una capacità di anticipazione di spessore. Arianna può essere un’ala grande moderna e intelligente, portando sul campo proprio questo due qualità che la distinguono fuori; sperando e pregando che la fortuna le arrida davvero”. Come ti sei avvicinata alla pallacanestro? “Ho iniziato a giocare a pallacanestro grazie a mio padre che da giovane lo praticava, diventando poi allenatore. Quando avevo 10 anni mi ha portata a un suo allenamento e mi ha messo tra le mani un pallone. Non so come da quel giorno mi sono ritrovata a correre per il campo”. Cosa ha in più la pallacanestro rispetto agli altri sport? “Ti mette sempre alla prova sia con te stessa che con gli altri e ti permette di crescere sotto diversi aspetti, tecnicamente e grazie alle esperienze che si possono fare durante il proprio percorso. Anche umanamente”. E ora, su cosa lavorare? “Devo lavorare molto per migliorare la rapidità di piedi, così da poter tenere in modo migliore un 1vs1. Caratterialmente devo migliorare per non abbattermi al primo errore”. Vero che in campo tendi a demoralizzarti? “Sì, è vero. Pretendo tanto da me stessa e quando commetto errori di disattenzione mi infastidisco e anche se la partita va avanti, io continuo a pensare all’errore. Questo penalizza sia me che l’intera squadra”. Cosa stai studiando? “Sto frequentando il secondo anno del Liceo Scientifico sportivo all’interno dell’Acqua Acetosa. Questa scuola mi dà la possibilità di approfondire diversi sport come la scherma, il nuoto e la pallavolo: lezioni che rendono la giornata scolastica meno faticosa”. La tua ambizione, fuori dal campo. “Migliorarmi sempre, dentro e fuori dal campo rimanendo la ragazza educata e col senso del dovere che sono ora”. Cosa ti chiede coach Lucchesi in particolare? “Giovanni mi chiede di rimanere piegata sulle gambe in difesa, di fidarmi più di me stessa e delle mie potenzialità e di andare a canestro fiduciosa del mio tiro con grinta senza abbattermi in caso di errore”. Cosa ti ha lasciato una figura come Kobe Bryant? “E’ stato un grande giocatore che ha raggiunto nel Basket ciò a cui aveva ambito grazie alla sua determina-
zione e alla voglia di vincere, qualità che voglio sviluppare al massimo durante la mia carriera d’atleta”. Il tuo sogno. “E’ Azzurro. Ho già avuto due esperienze con la Nazionale e punto ad averne tante altre partendo già da questa estate”. Quest’anno state affrontando l’A2, sfida impegnativa. “A settembre, prima di iniziare la stagione, avevo paura e ansia prima di ogni partita. Proseguendo ho capito che siamo una squadra all’altezza di questo campionato, ovviamente con tante cose da migliorare perché siamo più inesperte rispetto alle avversarie. Questo però non ci frena, ragazze con tanta voglia di imparare”.
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CREMA FESTEGGIA LA VITTORIA DELLA COPPA ITALIA DI SERIE A2 2019, BISSANDO IL SUCCESSO DEL 2018.
DA UNDERDOGS A CAMPIONI IN 3 GG Di Linda Moranzoni - Team Psicosport® Siamo alle porte delle Final Eight di Coppa Italia di serie A2 e, come da tradizione, è impossibile fare conti. Tutto si resetta, si gioca ad armi pari e come spesso accade è la squadra meno attesa a mettere in campo prestazioni sorprendenti. Come è possibile? È ancora vivido il bellissimo spettacolo offerto dalla Coppa Italia maschile: la Reyer Venezia si qualifica per un soffio, grazie ad una serie di “fortunati eventi”: dopo un periodo di buio totale, strappa il biglietto per Pesaro con l’ultimo posto disponile. Quanto ha inciso sul rendimento in campo l’arrivarci da sfavorita? La stessa cosa è successa anche dall’altro lato del tabellone, con Brindisi qualificata come settima che arriva a giocarsi la finale con Venezia in una sfida fuori da ogni pronostico. Anche la A2 femminile non è nuova a questi “ribaltoni”: pensiamo al 2018 in cui Crema, da cenerentola del suo girone si è trovata ad affrontare in finale l’altra sfavorita, Bologna, in una partita al cardiopalma, vinta poi dalle lombarde di soli due punti. Da una parte, dunque, abbiamo underdogs caricati a mille e dall’altra teste di serie che offrono prestazioni incolore e disastrose. Considerata la frequenza con cui si verificano questi miracoli sportivi da Coppa Italia, non può essere un caso. L’indiziato numero uno è il peso delle aspettative. Le aspettative possono indubbiamente essere un buon motore motivazionale nel momento in cui sono tradotte in obiettivi di processo e comportamenti agonistici, non quando il focus viene spostato sul risultato, come potrebbe accadere per i favoriti. Il risultato non è controllabile, dipende da troppi fattori che la squadra e ogni atleta al suo interno non possono gestire e che inevitabilmente generano ansia, non appena qualcosa non va secondo i piani. Di contro, posto che naturalmente nessuno va in campo per perdere, gli sfavoriti non hanno ambizioni dichiarate di successo e il loro focus sarà spostato sulla prestazione: giocare al meglio delle potenzialità, un canestro alla volta, e vedere cosa succede. Cosa fare, allora, per ottenere il massimo da questo appuntamento? 1- Focus sul processo: concentrarsi sul piano gara e sull’esecuzione tecnica, tenere la mente sul presente, senza fughe in avanti sul risultato né stop sugli errori commessi. 2- Fiducia: affidarsi e fidarsi delle proprie capacità e di quelle dei compagni. Farsi sentire in campo e dalla panca con rinforzi positivi, minimizzando gli errori ed esaltando sempre le scelte corrette. 3- Crederci! Le tre partite in tre giorni della Coppa Italia sono un momento magico: i tempi ristretti tra una partita e l’altra, la condizione di trasferta prolungata sono per Underdogs e Teste di serie un’occasione d’oro per rinforzare il team spirit, limando le criticità o consolidando le dinamiche che funzionano, per un finale di stagione in crescendo. Che vinca la squadra…Più preparata mentalmente! Questa rubrica è tenuta da Psicosport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.
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GUARDIA E LADRI
SQUADRA CHE VAI, COMPAGNE CHE TROVI
Vademecum sui personaggi che tutti hanno, o dovrebbero avere, all’interno della propria squadra Di Susanna Toffali Il capitano
Il personaggio più intrigante e, allo stesso tempo, più controverso. Centralinista designata di comunicazioni (necessarie e non) da parte di allenatori, preparatori, dirigenti e custodi della palestra, ha imparato con il tempo a mantenere un invidiabile aplomb dinnanzi a qualsiasi improbabile richiesta o decisione fondamentale da prendere. Come la scelta del pub del venerdì sera. Nonostante gli vengano addossate le colpe più svariate, dalla responsabilità della Defenestrazione di Praga alle cause dello Schiaffo di Anagni, continua imperterrita a ricoprire il suo ruolo di indiscutibile rilievo. L’hanno chiamata “capitano” perché “capro espiatorio” pareva un tantino brutto.
Il baro
Classica faccia da brava ragazza, animo da Eva Kant, si offre sempre per tenere il punteggio di qualunque esercizio o partitella. Il problema? Chissà come, non perde mai. A maggior ragione se si trova in svantaggio con un punteggio di 19 a 2, puntualmente la sua squadra sarà la prima ad arrivare a 21, non senza occhiatacce, proteste e minacce di linciaggio da parte delle compagne. Per vincere a “fulmine” venderebbe pure la nonna.
La polemica
Secondo il terzo principio della dinamica, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Secondo il primo (ed unico, fortunatamente) principio della polemica, ad ogni scelta dell’allenatore corrisponde uno sbuffo uguale e contrario, corredato da alzata di occhi al cielo. Esercizio di tiro? Difesa? Sovrannumeri? Cinque contro cinque? Trasferta troppo lunga? Palestra troppo fredda? Acqua troppo naturale? La coerenza prima di tutto: lei non fa distinzioni, brontolerà in ogni caso.
Miss-on dimenticata…
Spogliatoio. Tra il tranquillo e ridanciano vociare di una dozzina di persone che cercano di non pensare all’allenamento metabolico che le aspetta, un disperato “No, non è possibile, non posso averlo dimenticato…” inizia a farsi largo prepotentemente. In un attimo si apre un giro di scommesse che nemmeno nei peggiori bar di Caracas. In tre puntano sulle scarpe, in due sui pantaloncini, in quattro sulle ciabatte da doccia. Fortunatamente ormai è consuetudine portare sempre degli indumenti in più proprio per sopperire alle sue ancor più consuete dimenticanze. “Chi non ha testa, ha compagne”, fortunatamente.
La zabetta
L’esatto anello di congiunzione tra Maria De Filippi e Barbara D’Urso. Le sue fonti d’informazione sono tra le più svariate, spaziano dalla vecchietta di quartiere ai segretissimi archivi della CIA. Non si capisce bene come, ma riesce sempre ad arrivare sui gossip più succosi prima di chiunque altro (spesso, prima persino del diretto interessato) e a diffonderli a macchia d’olio. Frase più utilizzata? “Tranquilla, non lo dico a nessuno!”
La spaesata
È febbraio, sono sei mesi che fate gli stessi due schemi, il playmaker chiama un semplicissimo “testa”: cinque giocatrici si muovono bene, una no. Dubbiosa, si guarda attorno, cercando un conforto che, puntualmente, non trova. Il panico la assale. Doveva tagliare? Portare un blocco? O allargarsi? Fortunatamente poi qualcuno, generalmente sempre la stessa persona, glielo dice. “Sei in difesa non in attacco”.
La ritardataria
Vive in città da sempre, ma non ha ancora ben capito come interpretare il traffico e le leggi che lo governano. A conferma di ciò, ha la spiccata tendenza ad uscire di casa sempre con cinque minuti di ritardo, credendo sistematicamente di riuscire ad arrivare in palestra con almeno dieci minuti di anticipo. Nonostante ormai abbia dovuto comprare in toto il reparto focaccine dell’Esselunga per adempiere ai suoi frequenti obblighi di paste post-allenamento, continua a sperare di beccare la famigerata “onda verde” sulle strade piene di semafori. Segni particolari? Non avvisa mai. (Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale… Forse.)
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