La “martinicca del Regime”. Il ruolo della Corona nel rovesciamento del 25 luglio 1943
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toccando il fondo della sua fase discendente. Insomma: il Duce non sente il bisogno di confrontarsi con i propri consiglieri per quasi quattro anni e ora che questi gli stanno tendendo una trappola li riunisce senza neppure preoccuparsi, come vedremo tra poco, di predeterminare l’andamento dell’incontro. Passiamo infatti agli ordini del giorno. L’uso del plurale è qui voluto e giustificato, giacché nel corso della serata ne vengono messi sul tavolo ben tre: quello, notissimo, di Grandi, uno ad opera di Scorza e uno steso da Farinacci. Ma quel che più sorprende è che non ci sia un ordine del giorno predisposto da Mussolini stesso, che avrebbe invece dovuto fissarlo (unico e insostituibile) secondo le disposizioni dell’art. 2 della legge di costituzionalizzazione del Consiglio19. Non vorrei scendere nei dettagli dei contenuti dei diversi testi portati in votazione e delle sottostanti strategie politiche che essi adombrano e che, nello svolgersi della riunione, dipanano. Né le tenzoni, anche e soprattutto psicologiche, che si combattono fra gli uomini presenti quella notte a Palazzo Venezia possono essere oggetto di questa analisi sulla base dei presupposti metodologi che ho provato ad abbozzare in avvio. A tali propositi la competente e brillante presentazione delle Carte Federzoni recentemente acquisite svolta da Emilio Gentile20 induce ragionevolmente a credere che da esse si possano ottenere nuovi e significativi lumi sull’effettivo andamento della riunione e sulle ore immediatamente successive ad essa. Mi limiterò a poche osservazioni, traendo solo alcuni spunti dalle Carte Federzoni stesse, delle quali ho potuto avere – pur con privilegiato anticipo, grazie alla cortesia e alla fattività del personale e della dirigenza dell’Archivio centrale dello Stato – solo approssimata visione. Può non risultare superfluo anticipare che il testo portato in riunione da Grandi non è probabilmente tutta farina del suo sacco: risentirebbe dei consigli dati quantomeno dal suo successore al Ministero della giustizia De Marsico e di certe “infioriture letterarie” di Bottai 21. Questo si precisa per accennare alla rete di possibili e multiformi alleanze tessuta in anticipo sulla riunione. Ma non è naturalmente il livello qualitativo del testo dell’ordine del giorno a rilevare. Conta piuttosto che la delibera sulla situazione bellica e sulla detenzione del comando militare che essa implica è inequivocabilmente al di fuori delle prerogative riconosciute per legge al Consiglio, il quale non avrebbe nessuna voce in capitolo e non potrebbe perciò esprimersi né tantomeno appellarsi al monarca (innescando quel processo istituzionale di cui si diceva poco sopra). 19 «Il Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato, è, di diritto, il Presidente del Gran Consiglio del fascismo. Egli lo convoca quando lo ritiene necessario e ne fissa l’ordine del giorno». 20 Cfr. supra E. gentile, Il verbale che non c’è. Alcune considerazioni sui nuovi documenti inediti riguardanti l’ultima seduta del Gran Consiglio nella Carte Federzoni acquisite dalla Direzione generale Archivi. 21 Cfr. g. alessandri, Il diplomatico Dino Grandi, Firenze, Carlo Zella Editore, 2007, pp. 228.