l’insofferenza della popolazione, rafforzandone, allo stesso tempo la determinazione a proteggerli.
1.1.2. Le agitazioni nei centri urbani e nelle fabbriche Se nelle campagne e nei piccoli paesi la situazione della popolazione civile, via via che il conflitto proseguiva, si fece sempre più difficile, nelle città le condizioni di vita furono – soprattutto per quello che riguarda gli approvvigionamenti alimentari – ancora più drammatiche. Nei centri urbani il problema principale della popolazione, specialmente a partire dall’inverno 1916-1917, era infatti la mancanza di cibo, cioè di quei generi alimentari di prima necessità come farina, pane, riso e alcuni tipi di grassi. Inoltre, la diseguale distribuzione di tali alimenti andò ad aggravare il latente malcontento popolare; per di più, a causa dell’aumento dell’inflazione, già dai primi mesi di guerra i prezzi presero ad innalzarsi vertiginosamente. Infine, soprattutto nelle città dell’Italia settentrionale – cresciute a dismisura, in quanto le nuove
lavorazioni
industriali
a
scopi
bellici
richiamavano
numerosissimi immigrati dalle campagne –, vi erano anche altre complicazioni che andavano ad aggravare le cose, come, ad esempio, la mancanza di alloggi, la carenza di combustibili e la generale inefficienza dei servizi: Particolarmente drammatica fu la condizione dei quartieri dove si era maggiormente concentrata la nuova massa di immigrati, affollata in grandi caseggiati, con una intensità spesso di 6-7 persone per stanza […]; in quei quartieri e in quelle zone i disagi della città erano ingigantiti, mentre era contemporaneamente assente l’antico beneficio del campo 20.
A risentire maggiormente di tale situazione erano le famiglie di artigiani e operai, nelle quali molto spesso, durante la guerra, venne a mancare il reddito del capofamiglia; ancora più insostenibile, invece, 20
Giovanna Procacci, Dalla rassegnazione alla rivolta…, cit., p. 73.
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