2. IL «REGIME DEL SOSPETTO»: INDAGINI DEI REALI CARABINIERI, SPIE E SUDDITI DI PAESI NEMICI A TREVISO
La classe dirigente italiana, già all’inizio del conflitto, prese coscienza del fatto che, se si voleva arrivare alla vittoria in quella che sembrava una guerra destinata a risolversi in breve tempo, era necessario, anzi, indispensabile, riuscire a ottenere la mobilitazione della popolazione intera. Fu scelto quindi di mirare al raggiungimento di quest’ultima mediante l’applicazione di nuove e rigide politiche autoritarie; tuttavia, ben presto, queste andarono ad acquistare dimensione e caratteri fino ad allora sconosciuti nel nostro Paese1. La convinzione di dover affrontare un conflitto di breve durata portò il governo Salandra a sottovalutare l’urgenza di elaborare un piano di intervento adeguato, sostituendolo invece con metodi coattivi ed emanando una legislazione eccezionalmente restrittiva e lesiva delle libertà individuali: La necessità divenne il fondamento della legge e il principio di legalità fu sostituito a quello di legittimità, in base al quale divenne legittimo quanto reputato essenziale per la difesa e la sicurezza dello stato. Le regole istituzionali vennero alterate: estesi poteri in materia civile passarono alle autorità militari, gran parte delle funzioni del legislativo furono delegate all’esecutivo2.
Già dal maggio 1915, oltre che ai territori di frontiera e alle piazzeforti marittime, vennero dichiarate zone di guerra anche i paesi 1
In tutti gli stati belligeranti vennero accentuate, nel corso del conflitto, le misure coercitive e di repressione del dissenso sociale e politico, e venne anche estesa enormemente la sfera dei poteri militari; in Italia, però, questo fenomeno fu di una portata totalmente inedita e, come vedremo, registrò alcuni caratteri particolari. 2 Giovanna Procacci, Stato di guerra, regime di eccezione e violazione delle libertà. Inghilterra, Germania, Austria, Italia dal 1914 al 1918, in Bruna Bianchi, Laura De Giorgi, Guido Samarani (a cura di), Le guerre mondiali in Asia orientale e in Europa. Violenza, collaborazionismi, propaganda, Milano, UNICOPLI, p. 34.
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