diffusione di notizie che risultavano essere anche solo differenti dalla versione ufficiale. Insomma, in tale sistema, tutto poteva diventare lecito se la priorità era solo e unicamente la sicurezza e la difesa dello Stato. In questo modo i diritti civili dei cittadini passarono nettamente in secondo piano e la popolazione, probabilmente quasi senza rendersene conto, iniziò ad essere assoggettata – sempre più nel corso della guerra e con l’apice raggiunto nell’ultimo anno delle ostilità – ad un sistema di sorveglianza e di controllo sociale simile a quello che si riscontrerà poi nei successivi regimi dittatoriali.
2.1.1. Donne che sposano soldati In questa situazione, anche un normale evento quale il matrimonio, se interessava i soldati, diventava un affare riguardante direttamente le autorità, sia militari che civili, in forza del disposto n. 8 contenuto nell’Istruzione sul matrimonio di militari di truppa del Regio Esercito. A partire dall’estate 1915 iniziarono infatti ad arrivare al Prefetto di Treviso richieste, provenienti dai vari comandi militari della zona, di informazioni riguardanti le signorine che stavano per unirsi in matrimonio con dei militari11. Ad esempio, il Tenente Colonello del 55° Reggimento di Fanteria di Linea, il 4 settembre 1915, scrisse al Prefetto Vitelli per avere informazioni «circa la condizione sociale e la moralità di Zandiri Pia che intende contrarre matrimonio col soldato Zuccon Corrado»12. In risposta, il Prefetto fece sapere che la donna non godeva di buona fama nella comunità, in quanto ella «risulta di dubbia moralità ed esercita il mestiere di venditrice ambulante di uova e frutta. Essa in unione col militare Zuccon Corrado ha avuto due figli dei quali solo
11
La consistenza di tale documentazione nell’Archivio di Stato di Treviso è notevole: intere sezioni di fascicoli contenuti nel fondo «Gabinetto di Prefettura», che vanno dal 1915 al 1918 e che riguardano le «Informazioni su persone per ragioni private», sono dedicate proprio alle donne che sposarono soldati. 12 ASTv, Gabinetto di Prefettura, b. 12, f. 10, 1915.
62