4.
TERRORE E DISGELO ,
1949-55
intento autogiustificatorio, la testimonianza di Rákosi restituisce una delle chiavi interpretative del difficile rapporto di dipendenza dell’Europa orientale dall’URSS: il problema della scala. I piani sovietici di natura economico-militare si rivelavano sovradimensionati rispetto alle capacità produttive e di resistenza fisica dei satelliti. In Ungheria la forbice tra la crescita del PIL e l’indice dei consumi si allargò a dismisura; il dissesto economico innescato dal riarmo costituì una delle cause di lungo periodo del malcontento sociale che sarebbe sfociato nella sollevazione popolare del 1956.
4.3 Gli anni del terrore Il periodo 1949-53 fu caratterizzato da un complesso intreccio di violenza politico-ideologica e repressioni di natura sociale, etnica e religiosa. Le principali protagoniste dell’ondata di terrore furono le polizie politiche create a partire dal 1944-45 (Polonia, Ungheria, Bulgaria, Albania e Jugoslavia), o potenziate nel 1948-50 (Romania e Cecoslovacchia). Esse erano modellate sui servizi di sicurezza sovietici e ben presto formarono ministeri indipendenti che controllavano l’intera popolazione attraverso una rete capillare di informatori pagati e di altre fonti occasionali. Le agenzie di sicurezza interna del blocco orientale negli anni cinquanta si distinguevano da un “normale” servizio segreto e anche dai loro immediati predecessori. Si trattava di organismi eterodiretti, la cui attività era monitorata – quando non addirittura indirizzata – da consiglieri sovietici, presenti dal 1949 in ogni apparato burocratico importante. Il criterio di reclutamento del personale non era tanto professionale (cultura generale, conoscenze tecnico-scientifiche o di lingue straniere) quanto ideologico e psicologico. Per reprimere il “nemico” si riteneva necessario odiarlo e desiderarne l’annientamento. In Ungheria, Polonia e Romania la lotta agli avversari del regime comunista, spesso appartenenti a movimenti di destra, venne condotta da una polizia formata da numerosi elementi di origine ebraica, o (in Romania) ungherese, bulgara e ucraina. Molti di essi avevano un’esperienza diretta delle discriminazioni razziali e dei campi di concentramento e dopo la guerra si dedicarono con zelo alla costruzione di un regime che prometteva la punizione esemplare dei suoi nemici. In nome del comunismo avevano abiurato la fede dei propri antenati e giunsero perfino a sviluppare una peculiare avversione per la propria identità rinnegata 49. La brutalità dei metodi inquisitori e del sistema carcerario, consegnataci dalla memorialistica e dalle fonti 159