UN ALTRO NOVECENTO
fiutava di applicare i duri sacrifici predisposti dagli esperti internazionali. L’erogazione dei fondi venne ripresa soltanto nel giugno 1982, quando il governo di Bucarest si impegnò ad applicare un durissimo programma di restrizioni e a fornire ai funzionari del Fondo informazioni dettagliate sulle condizioni finanziarie del paese 34. Ceauşescu, che aveva costruito negli anni settanta un importante capitale di simpatie interne e internazionali sulla politica di indipendenza dall’URSS, decise nel 1986 di liberarsi della “tutela” del Fondo e nel 1987, dopo aver completato la sua collaborazione in campo agricolo e ripagato 12 miliardi di dollari di debito sovrano accumulato in quasi vent’anni, annunciò il proprio ritiro dagli organismi economici globali 35. Come ha sottolineato Jacek Kalabinski, in Romania gli organismi internazionali commisero grossolani errori di valutazione nella concessione dei prestiti. Nel piano quinquennale 1981-85 la Banca mondiale finanziò con oltre 200 milioni di dollari un programma di modernizzazione agricola ritenuto già all’epoca antiquato e irrazionale in quanto ambiva a concentrare la produzione in fattorie statali, tagliando fuori il già minuscolo settore privato. Il piano costituì l’indispensabile premessa alla “sistematizzazione” del territorio, ovvero al progetto di distruzione di migliaia di microvillaggi annunciata nel 1988. Il mondo politico e finanziario occidentale offrì, involontariamente e per lunghi anni, un prezioso sostegno alle assurde politiche del regime di Ceauşescu.
6.3 Traiettorie del declino e vie d’uscita dal socialismo reale Negli anni settanta e ottanta la storia del blocco sovietico e in particolare dell’Europa orientale dipese in misura crescente dall’evoluzione delle vicende nazionali dei suoi appartenenti. Di fronte al manifestarsi di una crisi economica, politica e sociale che faticavano a gestire in una prospettiva sistemica, i vari regimi elaborarono strategie politiche che variavano dall’intensificazione della stretta repressiva in funzione nazionalista (Romania e Bulgaria) al tentativo di far leva sull’egualitarismo e la disciplina ideologica (RDT e Cecoslovacchia), fino alla ricerca più o meno esplicita di vie d’uscita dalla crisi del modello socialista (Ungheria e Polonia dalla metà degli anni ottanta). In Jugoslavia la morte di Tito aprì una crisi di legittimazione politica che le élite non riuscirono a controllare, mentre, fuori del blocco, l’Albania di Hoxha (mantenutosi al potere fino alla morte, avvenuta nel 1985), rimase fino all’ultimo un regime comunista impenetrabile e dogmati234