7.
RITORNO ALL ’ EUROPA ? SUCCESSI E FALLIMENTI DELLA DEMOCRAZIA
7.5 Il postcomunismo nei Balcani: catastrofe e ripresa 7.5.1.
LA DISSOLUZIONE DELLA JUGOSLAVIA,
1988-91
Nei paesi dell’Europa orientale non legati al blocco sovietico, la Jugoslavia e l’Albania, il 1989 non segnò la fine del socialismo ma l’inizio di un decennio contraddistinto da instabilità politico-sociale e tensioni nazionali che sfociarono in sanguinosi conflitti armati. In Jugoslavia la contrapposizione fra il centro e le periferie nazionali, che datava sin dall’approvazione della Costituzione federale del 1974, si aggravò in seguito all’elezione di Slobodan Milošević al vertice del partito serbo (1987). Funzionario colto, poliglotta, con ampie competenze manageriali ed esperienza dell’Occidente (come direttore dell’istituto di credito Beobanka aveva trascorso lunghi soggiorni di studio negli Stati Uniti), il nuovo leader di Belgrado credeva in una Jugoslavia unita sotto la guida della Serbia e a tal fine avviò una purga negli apparati (la “rivoluzione antiburocratica”) per ristabilire il controllo del centro sulle province centrifughe. Dopo aver appoggiato in Slovenia l’incriminazione del giornalista Janez Janša, condannato nel giugno 1988 con l’accusa di aver divulgato un piano militare segreto inteso a normalizzare la Slovenia, Milošević orchestrò la rimozione dei vertici politici della Vojvodina (ottobre 1988) e, in seguito, del Montenegro e del Kosovo. La Serbia giunse così a disporre di 4 voti su 8 alla presidenza collegiale della Federazione. Attraverso un emendamento costituzionale, nel marzo 1989 fu ridotta l’autonomia delle regioni facenti parte della Serbia, una misura votata dai rappresentanti croati e sloveni in cambio dell’introduzione del diritto di sciopero e di misure di liberalizzazione dell’economia. La soppressione, dopo quasi vent’anni, dell’autonomia culturale kosovara innescò nell’autunno 1989 violenti scontri etnici che portarono, nel marzo 1990, alla proclamazione dello stato d’emergenza e alla militarizzazione della regione. Le autorità di Belgrado strumentalizzarono in funzione antialbanese anche le commemorazioni storiche. Il 28 giugno 1989, in occasione del 600o anniversario della battaglia della piana dei Merli, davanti a centinaia di migliaia di connazionali, Milošević tenne un discorso in onore del popolo serbo, anche se declinato in chiave “jugoslavista”. L’idea di una Serbia negletta dalla Jugoslavia federale e l’immagine dei serbi come popolo martire furono gli stereotipi con cui Milošević raccolse il consenso delle masse, soprattutto quelle poco acculturate delle regioni meridionali. Secondo Pavlowitch, «difendendo la loro visione della Jugoslavia, ossia di uno Stato unico in 291