LETTERA APERTA Luigi Franchi
direttore responsabile
Le scuole alberghiere sono indispensabili
Stiamo finalmente uscendo dalla pandemia che ha tenuto in scacco tutto il mondo, mettendone a dura prova l’economia e, soprattutto, le relazioni sociali che, in questi ultimi mesi, si sono ulteriormente inasprite. Ci saranno strascichi di questo lungo periodo di cui non conosciamo la portata, non sappiamo nulla di quello che ha lasciato nelle menti, di come cambieranno modi e metodi di lavorare, studiare, vivere il tempo libero e le relazioni sociali. Non possiamo che sperare nell’intelligenza delle persone per cercare di disegnare un mondo nuovo. In questi anni, in modo particolare negli ultimi mesi, abbiamo assistito al generale fenomeno di migliaia di persone che hanno abbandonato il loro lavoro. Questo è avvenuto in diversi settori, quasi tutti connotati da un metodo di lavoro arcaico, faticoso, senza forte progettualità sul futuro. La ristorazione ne ha pagato, forse, le conseguenze più pesanti; nel momento in cui i ristoranti, i bar, le pizzerie hanno riaperto, con un folto numero di ospiti che frequentavano i locali (ricordate l’estate scorsa?), il servizio ha risentito della notevole carenza di personale. Ne abbiamo indagato più volte i motivi e, di certo, non era per colpa del reddito di cittadinanza ma per la consapevolezza che un lavoro come quello della ristorazione non è come lo si vede nei film e nei contest televisivi: è ancora un lavoro durissimo, con ore
che superano ogni logica nel terzo millennio, in molti casi con richieste assurde da parte della proprietà che esulano dalla componente per cui si era stati chiamati a svolgere quella mansione. Ancora una volta la risposta è stata quella tipica di chi non ha una visione moderna di impresa: ma cosa vogliono di più? Non vogliamo fare del sindacalismo, non è questo che ci interessa. Ci interessa fornire, dal nostro punto di vista, alcuni spunti di riflessione, a cominciare dalla scuola. È lì, negli istituti alberghieri, che si formano le persone che, domani, terranno in vita la ristorazione, un settore che, almeno nel nostro Paese, ha molto da dire e da dare: ad esempio, è uno dei principali motivi di scelta del turismo internazionale! Eppure gli istituti alberghieri sono considerati dalle famiglie come un rifugio peccatorum se i loro figli non hanno voglia di studiare; dai professionisti del settore, ovviamente non tutti, come scuole che non insegnano il mestiere e quindi controproducenti. Sicuramente va ripensata come modello ma resta l’unica scuola, per ora, che indirizza al mestiere di ristoratore, quindi ridisegnamone le competenze, favoriamo docenti e dirigenti che fanno del loro meglio per rendere i loro istituti dei modelli da seguire, facciamo ogni cosa possibile per farli uscire dal ghetto dell’istruzione e della società e, soprattutto, non mortifichiamone l’esistenza. Solo partendo da una scuola efficiente, moderna, ricca di prospettive (e l’alberghiero è un potenziale contenitore di prospettive di lavoro che vanno ben oltre la ristorazione o l’hotellerie, investendo larga parte della filiera agroalimentare) possiamo dar vita a un nuovo stile di ristorazione che significa ridurre gli orari facendo due brigate di lavoro, avere locali sempre in ordine perché non chiederemo più al cameriere di turno, quando finisce il servizio, di dare una pulita ai vetri del locale (visto con i miei occhi più di una volta), e infine vivere il lavoro con quella passione che porta dritto alle enormi soddisfazioni che può dare fare il bene degli altri.
luigifranchi@salaecucina.it | marzo 2022
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