Il rischio del Vangelo
Rischiare la strada
Idee per attività a distanza Covid-19! Capo informato mezzo salvato: pillole di Diritto e Prevenzione
Voce ai Capi giovani
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Poste Italiane spa - Spedizione in A.P. DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB Genova N° 50/anno X - Marzo 2020
Idee per attività a distanza Covid-19!
Editoriale Pag. 3 Rischiare la strada
SIL online!
Essere Capi oggi pag. 4 Voce ai capi giovani
pag. 6 Ciao, sono un Akela di 21 anni
Fare Scautismo pag. 8 Educare: il rischio di oggi
pag. 10 Storie di ordinaria staff
pag. 15 Tutto col gioco, niente per gioco e... niente in gioco
Capo informato mezzo salvato pag. 16 L'angolo del diritto
pag. 18 Prevedere e prevenire, una sfida esecutiva
Zoom Liguria
pag. 20 Gruppo San Giorgio
pag. 22 Da Vienna a Mauthausen in bici
Arte, Scout e Rock&Roll pag. 24 Carabiniere
pag. 25 Parasite
Spiritualità Scout pag. 27 Che cosa ne avremo?
pag. 30 Una giungla di gesti e simboli
Bacheca Le Gioiose pag. 31 Grande piccolo mondo...
Tanti gruppi ed unità si sono mossi con creatività per continuare a incontrarsi, seppur virtualmente, nonostante l'emergenza Coronavirus. Al link, alcuni ottimi spunti di Agesci EmiRo utili a mantenere attive le nostre unità e mantenere un rapporto tra e con i nostri ragazzi. Mentre SIL va in stampa arriveranno anche spunti di Agesci Liguria. https://emiro.agesci.it/2020/03/09/coronavirus-attivita-scout-a-distanza-ilnostro-impegno-non-si-ferma/
Scautismo in Liguria - La redazione Periodico di proprietà dell’Agesci Liguria Vico Falamonica 1/10 16123 Genova Tel. 010.236.20.08 Aut. del Tribunale n. 23 del 5 novembre 2004 Direttore Responsabile: Giuseppe Viscardi Direttore: Francesco Bavassano Redazione: Carlo Barbagelata, Stefano Barberis, Daniele Boeri, Andrea Borneto, Stefano Cavassa, Giorgio Costa, Stefania Dodero, Doris Fresco, Amelia Moro. Foto di copertina: Paolo Saracino, Punta Venezia (3095 m slm)
Hanno collaborato: Riccardo Baldi, Lorenzo Calvi, Letizia Cazzolla, Paolo Castelnovi, la Pattuglia EG, la Pattuglia PC. Impaginazione: www.gooocom.it Stampa: Pixartprinting Spa Finito di impaginare il 31 marzo 2020 La tiratura di questo numero é stata di 1300 copie. Comunicazioni, articoli, foto e altro vanno inviati all'indirizzo stampa@liguria.agesci.it
editoriale
Rischiare la strada. Quando abbiamo scelto il tema del numero, ossia il rischio, e raccolto gli articoli, il Coronavirus era un lontano e poco noto problema confinato in Cina. Per ironia della sorte siamo ora immersi nel rischio, in una pandemia mai sperimentata nella modernità. Meglio ribadire quindi che in situazioni del genere più che la gestione del rischio inteso in senso lato con i suoi risvolti educativi, contano il "saper obbedire" e la sicurezza della collettività.
Invece, quando un Gruppo è in difficoltà oppure i ragazzi “non rispondono” alla proposta, la tentazione è insistere sui soliti binari rassicuranti, angustiandosi magari per gli scarsi risultati, una metrica che si confà tra l’altro ad altri mondi.
Somiglia a una parafrasi della bella canzone “Argentovivo” (D. Silvestri, feat. M. Agnelli e Rancore, Sanremo 2019) ma è poco più di un insieme di luoghi comuni.
L’avere tanti riferimenti e strutture non ci aiuta a saper rischiare, perché ci porge degli obiettivi dall’esterno: tante cose che percepiamo vadano fatte, con la possibilità che non le interiorizziamo davvero. Le strutture associative sono quelle che ci tengono in piedi nonostante le difficoltà diffuse nell’associazionismo, ma non rappresentano in sé e per sé fonte di ripartenza. Insomma, va bene la “riforma Leonardo”, ma sarà sempre un Leonardo Parodi*, magari tornato da un bel campo di formazione, ad essere agente di cambiamento.
Traiamone solo una consapevolezza: quanto ci sia bisogno di autenticità e vera libertà. E quanto il metodo educativo scout può fare in questo senso! Un metodo che pone i ragazzi in situazioni che sono occasioni di crescita, che li chiama spesso a compiere un passo in più, oltre se stessi. Che li invita a “rischiare la Strada”. Abbiamo scelto come tema di questo SiL il rischio in senso lato. Leggerete della prevenzione dei rischi che viviamo in attività e della responsabilità civile del capo, ma anche del rischio di seguire Gesù! Del rischio, poi, di rimanere immobili come Associazione di fronte ad alcuni fenomeni che riguardano i Capi, in particolar modo quelli giovani.
Metterà nello zaino gli elementi immortali dello scautismo e ripartirà con coraggio e creatività. Sapendo rischiare, con quel brivido simile a quando si è in alta montagna e non si sa ancora dove piantare la tenda.
Il rischio, in estrema sintesi, è la probabilità che un pericolo si concretizzi facendoci danno.
Buona lettura,
Ma non c’è forse dietro molte attività ben riuscite un rischio che abbiamo accettato di gestire?
Francesco
*cugino ligure di Marco Rossi
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Keywords: editoriali, opinioni
Il rischio, insomma, è talvolta un luogo educativo.
I nostri ragazzi vivono in campane di vetro, sballottati da una parte all’altra, privati della noia e della scoperta, instradati in percorsi stantii, guardati distrattamente da una società in declino.
Speciale assemblea 2018
Voce ai capi giovani Le condivisioni dalla recente assemblea regionale
Keywords: regione, opinioni, coca
Essere capi oggi
A cura di Francesco Bavassano
Durante la scorsa assemblea regionale plenaria si è svolto un momento di confronto dedicato a capi del secondo anno di Co.Ca. suddivisi in tre gruppetti moderati da me, Michela, Responsabile di Zona Tramontana e Chiara, RdZ Tre Golfi. Del secondo anno, affinché avessero avuto almeno un anno per farsi un’idea della loro Comunità Capi e dell’Associazione, né troppo né troppo poco. Sono stati chiamati ad esprimersi su alcuni punti, cercando di interpretare il supposto scollamento tra capi giovani e associazione, che si concretizza, stando ai numeri, in un tasso di abbandoni precoci in crescita. C’è un percorso in atto della Formazione Capi con i vari livelli associativi per capire e affrontare questo ed altri fenomeni legati all’Essere Capi Oggi: è stato chiamato il Filo di Arianna; nel frattempo continua l’analisi dei censimenti recenti per cercare di mettere alcuni punti fermi.
Infine abbiamo inoltre raccolto la testimonianza di uno dei partecipanti, la in coda a questo articolo.
Segue, senza alcun ulteriore filtro, quello che i tre gruppi hanno sintetizzato sui loro cartelloni.
• Tirocinio ?
Gruppo A • Partenza, poi tutto e subito. Chi me lo fa fare? • Studio/studiare fuori • Spaesamento ad entrare in Co.Ca. dopo periodo di sospensione dalla Partenza. • No continuità. Capi troppo giovani o troppo vecchi. • Clima in staff.
• Troppe responsabilità. Per alcuni uno stimolo, per alcuni un problema. • Più trapasso-nozioni. • Non si conosce realmente l’impegno effettivo tempo. • Tanta formalità. Snellire. Zone più utili. • Progetti personali.
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Gruppo B
Gruppo C
• A volte attività di Zona di Branca poco concrete.
• Difficoltà a gestire le responsabilità • Difficoltà a farsi ascoltare dai Capi più esperti. Poco scambio di opinioni. “Si è sempre fatto così”.
• Poca conoscenza sulla presenza dei gruppi nei territori (per i fuorisede) • Poco accompagnamento dei tirocinanti da parte della Co.Ca.
• Tanti lasciano in Clan!
• A volte i tirocinanti devono arrangiarsi da soli perché la CoCa è giovane, o, al contrario c’è una presenza “pesante” dei capi stagionati.
• Talvolta Staff troppo giovani e inesperte.
• Ruolo del Tutor per i tirocinanti. • Incontri per Tirocinanti in Zona. Utili. • Zona: noiosa, utile, la vogliamo coinvolgente.
• Se fatto bene lo scautismo porta via tanto tempo
• Co.Ca.: dispersiva, divisa per fasce d’età, gruppo di amici (funziona meglio), ci vuole un po’ di cazzeggio.
• A volte i capi giovani subiscono la CoCa • Il tirocinante in una staff con capi anche di poco più grandi vive meglio.
• La formazione dev’essere più flessibile.
• Troppa responsabilità porta a scappare.
Let us know! Se sei un capo giovane, ai primi anni di Co.Ca. e vuoi sfruttare SIL per dire la tua, manda una mail a stampa@liguria.agesci.it Siamo interessati al tuo punto di vista su: entusiasmo e gioia nelle Comunità Capi, Partenza e ingresso in CoCa, responsabilità nel servizio, motivazione e scelte di vita, etc... etc...
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Ciao, sono un Akela di 21 anni.
Keywords: lettere, opinioni
Essere capi oggi
A cura di Riccardo Baldi
Ciao, sono Riccardo ho 21 anni e sono uno degli Akela del Valmaremola 2 che ad Assemblea Regionale ha partecipato al gruppo di lavoro “Voce ai capi giovani”. In questi mesi ho avuto modo di ripensare a quello che ho sentito e di cui abbiamo discusso durante il tempo a nostra disposizione. Ascoltando le problematiche esposte, a mio parere, è emersa la mancanza di un collante da parte nostra, mi spiego: ho notato che per un motivo o per un altro noi giovani leve non riusciamo nell’immediato a entrare nell’ottica di come funziona una Co.Ca., su come poter affrontare certe dinamiche all’interno degli staff, con i ragazzi o con i capi più vecchi ed a far coincidere quelli che sono i nostri impegni di studio o lavoro con il servizio che abbiamo deciso di intraprendere. Con un’analisi personale più approfondita su quella che è stata la discussione, ho potuto evincere che i problemi personali con i quali dobbiamo convivere quotidianamente sono la causa del crescente abbandono dello
scautismo nei primi anni di comunità capi. Potrebbe essere che da parte di noi giovani ci sia una forte mancanza di confronto e sostegno senza che però proviamo a crearcene o a trovarne uno. Forse perché non ci pensiamo, forse perché non ci conosciamo abbastanza. Gli eventi a cui partecipiamo, che siano zone o assemblee, non ci permettono di raffrontarci su questi temi per svariati motivi, spesso legati al voler e dover affrontare delle tematiche più urgenti, tralasciando però una parte fondamentale della formazione di noi tirocinanti. È vero che l’associazione mette a nostra disposizione il CFT, ma anche in questa opportunità le cose da imparare e affrontare sono tante e a volte si lasciano indietro momenti nei quali si potrebbe parlare più apertamente e approfonditamente delle problematiche che si riscontrano nel primo anno di attività.
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Ovviamente questo sentimento di incomprensione che ci fa sentire inadeguati è anche fomentato da noi stessi. Ritenendoci già estremamente occupati e con una sequela di scadenze e appuntamenti da mantenere, tendiamo a non metterci abbastanza in discussione e, a volte, pretendiamo di essere capiti senza considerare che altri capi prima di noi ci sono passati e che alcuni, invece, continuano il loro servizio barcamenandosi tra lavoro e famiglia. Altre volte, a frenarci, sono degli atteggiamenti di rigetto o di superiorità che assumiamo rispetto alla Co.Ca. perché sicuri, essendo giovani, di riuscire a capire meglio le necessità dei nostri ragazzi o pensando che, essendo appena arrivati, la nostra opinione non verrà presa in considerazione a prescindere. Soprattutto per quest’ultimo aspetto, è fondamentale che la comunità capi entri in gioco, dimostrandosi aperta e accogliente. Proprio in questo, io e gli altri tirocinanti del mio gruppo, siamo stati fortunati, siamo entrati in una Co.Ca. che ci ha seguiti e che è stata capace di ascoltarci. Chiaro che per noi è stato comunque difficile interfacciarci con chi, fino a qualche mese prima, è stato nostro educatore e che ora è un nostro compagno di staff e di strada. Non so bene da cosa possa essere stata dettata questa aperta accoglienza, forse le età diverse dei componenti della comunità capi ha reso tutto molto più semplice e fluido, ma credo che a prescindere da tutto la cosa fondamentale sia quella di creare un ambiente accogliente e costruttivo... un ambiente di vera correzione fraterna.
Non nego che alcune difficoltà le ho avute anche io, credendo di non essere ascoltato all’interno dello staff o della co.ca. ed ero riluttante ad esprimere quelle che erano le mie difficoltà, un po’ per carattere e un po’ perché non volevo sembrare il rompiscatole della situazione. Quando poi ho finalmente deciso che era venuto il momento di esprimere quelle che erano le mie perplessità, tutto si è risolto con una chiacchierata nella quale capii che erano solo mie paure e una scarsa fiducia dettata dall’insicurezza. È ovvio che magari le nostre idee non si rivelino sempre la soluzione e che questo possa influire negativamente sul nostro servizio e sul nostro stato d’animo, ma sta a noi capire che è del tutto naturale e che bisogna mettersi in cammino per arrivare ad avere un bagaglio culturale ed esperienziale tale da sapere cosa stiamo proponendo. Concludendo, credo che l’Agesci sia davvero un’associazione di giovani per giovani, ma dobbiamo essere anche i primi a metterci in ascolto e “rubare” il mestiere del capo da chi ci può offrire qualche anno di esperienza in più. Spero che questa testimonianza possa essere di aiuto. Buona Strada, Riccardo
Fare Scautismo Keywords: eg, metodo, regione,
A cura di Letizia Cazzolla e Paolo Castelnovi incaricati alla Branca EG Liguria
Educare: il rischio di oggi. Il punto di vista della Branca E/G
Una nave! La mia nave! Era mia, una cosa da possedere e di cui aver cura, più mia di qualsiasi altra cosa al mondo, un oggetto di responsabilità e dedizione. Era là che mi aspettava, sotto un incantesimo, incapace di muoversi, di vivere, di andare nel mondo (finché non arrivavo io), come una principessa stregata. Il suo richiamo mi era arrivato come se venisse dalle nuvole. Non avevo mai sospettato la sua esistenza. Non sapevo com’era, avevo a mala pena udito il suo nome, eppure per una certa parte del nostro futuro eravamo indissolubilmente legati, per nuotare o affondare insieme! Un improvviso fremito di impazienza ansiosa mi corse nelle vene e mi diede una tale sensazione dell’intensità della vita come non avevo mai sentito prima, né ho sentito dopo.
Scoprii quanto ero uomo di mare, nel cuore, nella mente e, per così dire, nel corpo: un uomo esclusivamente di mare e di navi; il mare, l’unico mondo che contasse, e le navi, un banco di prova di virilità, di carattere, di coraggio, di fedeltà e d’amore. LA LINEA D’OMBRA - JOSEPH CONRAD
Avete mai notato di come le tre tappe scoperta, competenza e responsabilitàsi ripresentino con frequenza nella vita quotidiana? All’inizio di un nuovo lavoro ad esempio, prima ci si ambienta, si completano le competenze acquisite in precedenza e per cui si è stati assunti e solo alla fine si possono prendere vere responsabilità.
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Lo stesso può valere in un percorso di studi, un servizio nuovo, un progetto.
di squadriglia e organizzano imprese o esperienze che saranno riportate dai capi squadriglia nelle riunioni di Consiglio Capi.
E se vere scelte di responsabilità possono essere fatte solo da chi è competente, questo vale anche per noi capi. Abbiamo la responsabilità dell’educazione dei nostri ragazzi, quindi ci serve il giusto bagaglio di conoscenze metodologiche ed esperienze.
Se fosse veramente così, oltre ad essere l’ideale per il vostro reparto, non si ridurrebbe di molto il tempo che dedicate alle riunioni settimanali? È comprensibile avere timore di perdere di vista alcune cose, preoccuparsi che i ragazzi non gestiscano inizialmente bene questo cambiamento, non sapere bene da dove cominciare. Ma dovete rischiare: osate, fate quello che pensate sia meglio per i vostri ragazzi e buttate via i programmi standard uguali ogni anno perché da lì non esce molto.
Purtroppo, nelle Co.Ca. spesso non è possibile lasciare ai giovani capi la possibilità di scoprire e acquisire competenze e questi vengono presto caricati della responsabilità di intere unità. A questo punto è comprensibile che i capi alle prime armi o con poca esperienza diventino degli “esecutori di programmi dell’anno” lasciando poco spazio agli strumenti che richiedono più investimento. C’è poco spazio per le novità e si vive quasi con la paura di sbagliare o il timore di non fare tutto quello che è inserito nel programma. Ma fare educazione è un’altra cosa, riguarda più l’ignoto. Non possiamo conoscere a priori quello che faremo, ma saranno i ragazzi a indicarci di volta in volta la strada che vogliono intraprendere, dopotutto la persona più competente su un ragazzo è il ragazzo stesso.
Se vi liberaste del tempo, potreste averne di più per ascoltare i vostri ragazzi, per parlare di loro, di ognuno di loro in staff, per far sì che il sentiero sia davvero personale non un ripetersi standard di impegni portati a termine di malavoglia. Ecco forse non siamo sempre tutti competenti in tutto, ma abbiamo la responsabilità di prenderci cura dei ragazzi che Dio ci affida e la competenza che si serve per fare questo è solo l’amore del fratello maggiore. Allora davvero, oggi, uscire dalla zona di comfort e rischiare è mettersi in relazione, testimoniare le nostre debolezze e metterci al fianco dei ragazzi, ascoltandoli e azzardando nel portare un po’ di novità alle solite attività.
Allora crediamo sia importante chiedervi di uscire dalla zona di comfort in cui vi sentite tranquilli di poter portare a termine il programma definito a priori e pensare ad uno scautismo nuovo in cui le squadriglie vivono esperienze entusiasmanti e in autonomia e in cui la riunione di reparto è organizzata dal consiglio capi. Ipoteticamente la vita di reparto potrebbe prevedere una riunione di reparto, un’uscita con pernottamento di squadriglia e una di reparto a cadenza mensile. Per il resto tutte le settimane i ragazzi si vedono durante le riunioni
Ehi capo reparto, sei arrivato in fondo all’articolo e hai più dubbi di quando lo hai iniziato? Scrivici le tue perplessità via mail all’indirizzo brancaeg@liguria.agesci.it, cercheremo di aiutarti nel tuo servizio ogni qualvolta ne avessi bisogno, usaci!! 9
Fare Scautismo
A cura della Pattuglia Regionale di Branca E/G
Storie di ordinaria staff
Keywords: eg, metodo, regione,
Quando l'adolescenza ci mischia le carte in gioco opportunità o svantaggio?
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“Non capisco, Marta era così entusiasta di essere capo squadriglia, aveva progetti strabilianti, dopo i guidoncini verdi, prima ancora di diventare capo, aveva deciso che quel trofeo doveva essere suo. Ora invece, tornata dalle vacanze di Natale, quasi non ci si riesce a parlare, non organizza più le riunioni di squadriglia e spesso lascia sola Paola. Viene ad attività di reparto con un’uniforme che così non si può chiamare e per giunta è sempre super truccata, appena finito, se non prima, corre via. Ma poi dove corre? Da chi corre?”
“Passerà, sì passerà, ma nel frattempo il reparto va a rotoli e noi abbiamo il dovere di fare qualcosa, non possiamo pensare che tutto ruoti attorno ai grandi e che loro dettino le regole del gioco per gli altri. Cosa vuoi che gliene freghi a Giovanni di parlare della condizione della donna e di fare un’impresa per sensibilizzare la cittadinanza, suvvia, lo capisco io che sono una femminista incallita, il reparto è avventura e questo dobbiamo fare!” “Sì, ok, hai ragione, ma da una parte rischiamo di perdere i piccoli e dall’altra i grandi, non è possibile che non ci sia una soluzione, che BP o che i capoccia di Roma non abbiano pensato ad una soluzione, in tutti i reparti ci saranno degli adolescenti che rovinano tutto”
“Si vede proprio che non ne capisci niente di donne... Marta, semplicemente, si è innamorata, ha solo bisogno di viversi bene questa novità, darle un nome e piano piano inserirla nella sua vita di prima. Invece parliamo di Claudio, la deve smettere di essere incattivito col mondo e dare la colpa di tutto ai suoi squadriglieri, se continua così finisce che quelli del primo anno non vengono più ad attività. Chissà cosa gli passa per la testa per essere così cattivo!”
“Proviamo a guardare negli appunti del CFM che Marco ci ha lasciato prima di partire per l’Erasmus” ....
“Io non capirò niente di donne, ma anche tu in quanto a uomini non scherzi, si chiama ormone, la prevaricazione dell’uomo alfa, niente di più. Quelli sono solo bambini per lui, e lui vuole che crescano, che non gli stiano tra i piedi, che smettano di pensare a giocare ed che inizino a pensare alle cose importanti. Poi non ti sei accorta di come guarda Giuditta, ma lei ha solo occhi per Luigi... Passerà anche questa.”
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“Ecco, guarda qua: “Ci proviamo?” “Secondo me può funzionare, meno male che è finita la sessione degli esami, una riunione in più ora non è un problema...” Abbiamo immaginato una discussione all’interno di una staff, tornati dalle vacanze di Natale dopo il primo mese di attività si accorgono di non riconoscere più i loro ragazzi: quante volte ci è successo?
Eh, si perché la vita va avanti e i ragazzi vanno più in fretta di noi, loro stanno crescendo e spesso è difficile capire quello che gli passa per la testa. Ma come spesso accade, fortunatamente, il metodo ci viene incontro regalandoci gli strumenti giusti per i momenti giusti. E allora cosa aspettate? Prendetevi cura dei vostri ragazzi più grandi ne gioverà tutto il reparto.
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Il rischio ludopatia e i nostri ragazzi
Bivacco di clan, sul sentiero del ritorno verso la stazione prima di tornare a casa: “Oh Marco, cosa hai messo a Genoa-Lazio?” “Under, tutta la vita”. Ci ho messo un po’ a capire cosa volessero dire alcune sigle, poi ho capito che si trattava di “schedine”. Nulla di male in fondo…
in cui lavorando si guadagna qualche gretta ugualmente? E perché non provare alla fine del gioco a chiedere ai fratellini cosa li ha spinti a giocare a un gioco piuttosto che a un altro, scoprendoli magari così attratti dal gioco che “fa guadagnare di più”. Anche un gioco semplice e comune come questo può trasformarsi in un momento di riflessione sui rischi del gioco d’azzardo
Eppure, se i nostri ragazzi chiacchierando parlano di schedine, invece che scambiarsi sfottò tra Genoa e Sampdoria o chiedersi “Con chi gioca il Genoa?” per dover portare il sacco della spazzatura, bè, sicuramente vuole dire che ormai il “gioco” è diventato normalità.
BRANCA E/G: la squadriglia dei Panda vuole conquistare la specialità di sq. CIVITAS? Assegniamo loro una missione innovativa: invitiamoli a girare per il loro quartiere/paese e a scoprire dove sono installate le slot machine, in quali locali, come sono installate nel negozio (nascoste, in vista ecc.). Proponiamo alla sq. di disegnare un “adesivo contro il gioco d’azzardo” e di andarlo a promuovere nei negozi da lasciare in vetrina.
Ma quanto sanno essere laboriosi ed economi i nostri ragazzi? Quanto riusciamo come Capi a far vivere loro il rischio strisciante e subdolo del gioco? Quanto è importante insegnare loro il valore del lavoro e della fatica anche in questo senso? Non dobbiamo sottovalutare affatto il problema, soprattutto in una regione come la nostra in cui più di 25000 persone possono considerarsi ludopatici e più di 3000 locali installano slot machine. Come fare? Bè, con il gioco!
BRANCA R/S: un capitolo sul gioco d’azzardo può essere davvero formativo, soprattutto anche sfidando i ragazzi a intervistare i propri coetanei nella fase del “vedere”. Mettiamo poi i nostri ragazzi in discussione, incontrando chi è a servizio di coloro che sono in difficoltà a causa del gioco e poi organizziamo una bella veglia Rover o una serata di “casinò” responsabile.
BRANCA L/C: chi di noi non ha mai giocato al “Grande Gioco della Fiera” (o del Luna Park) con i vecchi lupi impegnati a sfidare i fratellini in giochi per “raddoppiare” il proprio gruzzoletto in caso di vittoria per poter avere qualche “gretta” in più per comprarsi una fetta di pane e marmellata/nutella al “Bar” della fiera. Perché non provare a inserire nelle nostre fiere non solo giochi in cui si “rischia per raddoppiare/perdere”, ma magari qualche stand
Insomma, non abbiamo paura con il gioco di insegnare ai nostri ragazzi che “mettersi in gioco” vuol dire rischiare sé stessi, ma non azzardare se stessi!
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Fare scautismo
Tutto col gioco, niente per gioco e... niente in gioco!
Keywords: attualità, scelta politica
A cura di Stefano Barberis
Capo informato mezzo salvato Keywords: CoCa
A cura di Lorenzo Calvi
L'angolo del Diritto Capitolo 1: la responsabilità civile dei capi.
Ciao a tutti! Con questa piccola rubrica si cercherà di spiegare, il più chiaramente e meno soporificamente possibile, come funziona il mondo del diritto e come questo possa interessare le nostre attività con i ragazzi.
ragazzi minorenni che sono sottoposti alla nostra vigilanza, per il tempo in cui lo sono effettivamente. Facciamo subito alcuni esempi: il capo reparto che, con in mano la Fiamma del Reparto, muove sconsideratamente questa e rompe il vetro di una macchina posteggiata lì vicino; e il novizietto che, giocando a pallone con il resto del Reparto, rompe una finestra della casa che li sta ospitando. Nel primo caso, risponderà del danno (equivalente al costo dell’aggiustare il vetro infranto della macchina) esclusivamente il capo che ha causato l’illecito. Nel secondo caso, risponderà del danno (equivalente al costo dell’aggiustare il vetro della finestra) il minore, insieme con i suoi genitori e con tutti i capi responsabili ai quali il ragazzo era stato affidato. Varrebbe lo stesso principio se al posto della finestra ci fosse una qualsiasi altra persona alla quale la pallonata ha rotto, ad es., il naso.
Partiamo subito da un presupposto: tutti noi siamo responsabili penalmente e civilmente, sia mentre indossiamo l’uniforme che quando viviamo la nostra vita di tutti i giorni. Chiaramente, le occasioni in cui ci rendiamo responsabili si fanno più frequenti quando svolgiamo le nostre attività scout. E come potrebbe essere diverso? Agli scout si gioca, si innalzano imponenti sopraelevate, si usano attrezzi più o meno pericolosi, si va in montagna e in grotta o a fare rafting e tante altre attività divertenti e, potenzialmente, pericolose. Pertanto, ci sono rilevanti possibilità di fare dei danni o di farsi male e questo vale tanto per noi capi quanto per i nostri ragazzi.
Per il realizzarsi di una nostra condotta illecita, viene anche a ricomprendersi il caso in cui, durante una attività da noi preparata -come ad es. durante una uscita sui monti- uno dei minori si faccia male. Questa possibilità è quella che merita una maggiore attenzione da parte di noi soci adulti.
Come anticipato, la responsabilità può essere civile oppure penale. Oggi ci occuperemo della prima. Per quanto a noi scout può interessare, la responsabilità civile ci riguarda per due situazioni distinte: per il realizzarsi di una nostra condotta illecita oppure per quella tenuta dai 16
Si badi bene: la nostra responsabilità civile come capi è tale se siamo effettivamente presenti e se abbiamo i ragazzi sotto la nostra vigilanza. Pertanto, il capo malato, rimasto a casa dall’attività, non potrà rispondere dell’illecito civile in questione ma potrebbe benissimo risponderne il vecchio lupo appisolatosi in branda mentre i lupetti giocavano nel prato. Tuttavia, il codice civile ci offre un appiglio, al fine di evitare di essere considerati responsabili civili per il danno causato dal minore a cose, persone o, persino, a se stesso. Precisamente, i capi possono liberarsi della responsabilità suddetta se provano di non aver potuto impedire il fatto. Semplificando, il capo responsabile deve dimostrare che l’avvenimento è stato tanto repentino e improvviso che non sarebbe stato possibile evitarne la realizzazione e, inoltre, di aver adottato tutte le cautele necessarie, le misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare che il minore commetta danni ad altri o si faccia male. Per fare alcuni esempi, se il capo, camminando per strada con al seguito l’intero branco, attraversa la strada sulle strisce pedonali e, nel mentre, una vettura sopraggiunta investisse un povero cucciolo, nessun rimprovero potrebbe essere mosso al vecchio lupo: infatti, egli ha rispettato le ordinarie regole cautelari della strada e ha controllato che tutti le rispettassero. Non così se avesse attraversato in curva, senza strisce pedonali, magari avendo lasciato un considerevole spazio tra sé e i lupetti arrancanti per la fatica. O, ancora, sarebbe certamente responsabile il capo che si mettesse a giocare a calcetto con i ragazzi in cima al cucuzzolo della montagna, e uno di questi si
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facesse male cadendo giù per il pendio, ma non lo sarebbe se praticasse la medesima attività su un prato in piano e per nulla pericoloso, nel quale un minore si è fatto male perché caduto a causa di una storta. Dagli esempi fatti si capisce immediatamente che un possibile addebito della responsabilità civile (e il suo conseguente risarcimento) sarà previsto quando il capo non ha realizzato le attività con attenzione e cura, riducendo al minimo il rischio, da una parte, per i minori che gli sono stati affidati e, dall’altra, per gli eventuali danni che questi possono causare. Ora, appurata la possibilità che si realizzino dei danni a cose e/o persone, dobbiamo ricordarci che noi scout abbiamo un fondamentale supporto, cioè l’assicurazione. Infatti, la società assicuratrice copre i danni civili che, proprio specificamente, sono commessi da tutti i soci AGESCI durante le nostre attività. Dunque, sarà l’assicurazione a pagare per il finestrino o per il vetro della casa rotto, per il naso spaccato e le cure necessarie al lupetto e così via. Non si sottolinea mai abbastanza l’importanza dell’assicurazione, soprattutto ai campi estivi e verso i cambusieri e le persone non censite che vengono ad aiutarci in queste occasioni. Pertanto, concludiamo questo breve articolo ricordando a tutti noi soci AGESCI che possiamo fare tutte le attività che ci vengono in mente e che possono essere educative e divertenti per i nostri ragazzi ma che vanno realizzate secondo le migliori tecniche e competenze che, prima di tutti, noi capi dobbiamo avere.
Capo informato mezzo salvato Keywords: regioni, settori, pc
A cura di Pattuglia PC
Prevedere e prevenire, una sfida esecutiva Capitolo 1: la sicurezza negli spostamenti per strada! Fratellini camminiamo in fila! Ragazzi non siete pecore, dai in fila per uno che passano le auto! Quante volte ce lo siamo detti o lo abbiamo ricordato…tanto che a volte se l’invito veniva in parte disatteso o totalmente inascoltato, abbiamo urlato per imporci o ancora peggio forse ci siamo arresi, ebbene sì, stanchi pure noi di ripeterlo, fino a quasi non provarci più le volte successive… senza investire altre energie e nuove idee nel lavorarci su. “Se non stanno in fila non è poi così essenziale, in fondo sullo stile lavoriamo già in altro modo, e poi gran parte del tempo lo passiamo sul prato o in piazza” “Non stiamogli così addosso risultiamo pesanti… in fondo poi non passano molte auto e comunque ci vedono!”
In generale è compito della staff individuare il rischio, in questo caso investimento, e mettere in atto tutte quelle cautele utili a minimizzarlo. Senza la pretesa di fornire una lista esaustiva proviamo a riportare alcune considerazioni e buone pratiche allo scopo di continuare a svolgere le nostre comuni attività in modo più sicuro, rendendo minima la possibilità di… essere investiti.
In realtà se siamo abituati a uscire dalle nostre sedi, non è così poco il tempo che passiamo su strade carrabili: quando siamo in caccia col Branco o in uscita di Reparto/Clan capita molto spesso di camminare lungo una strada più o meno trafficata… sicuramente rappresenta un momento privilegiato per conoscersi, confrontarsi, stare assieme perché solitamente più di altri percorsi, essa ci permette di camminare “agevolmente” e disporre di tutto il fiato possibile trattandosi di tratti meno impegnativi (spesso pianeggianti o di discesa). Ma ogni curva o tornante, ogni dosso o angolo cieco, sono punti critici a cui dovremmo porre e far porre molta attenzione e che invece, a giudicare da come li approcciamo, spesso sottovalutiamo. Inoltre, può capitarci di percorrere strade al crepuscolo o di notte e con le condizioni metereologiche più disparate (pioggia, nebbia, vento, neve). Completano in quadro il numero degli adulti presenti e quello dei ragazzi, nonché la loro abitudine a camminare in strada.
Nel camminare su strade carrabili il rischio investimento è sempre reale e dipende dalla presenza di protezione per i pedoni (marciapiedi, camminamenti protetti da guardrail, piste pedonali/ciclabili, etc.), da quanto noi siamo visibili a chi sopraggiunge (condizioni metereologiche, di illuminazione, conformazione della strada), al modo in cui stiamo percorriamo la strada (utilizzando poca o tanta parte della sede stradale) ed infine se il tratto di strada è urbano o extraurbano poiché ciò determina la velocità con cui le auto arrivano e di conseguenza il tempo a disposizione del guidatore nel vederci (maggiore velocità minor tempo per rallentare/evitarci). 18
Un ulteriore motivo di riflessione è se camminiamo o meno in gruppo. Capita spesso di incrociare gruppi di scout e trovare che camminano con formazioni proprie e ben diverse dalla fila per uno: c’è la riga per N, in cui usualmente si procede a coppie ma anche a terne o più; la fila doppia, che si forma da ambo i lati della strada; il triangolo, a lato o anche al centro strada; il gruppo sparso in stile gregge… e probabilmente altre peculiari forme proprie dalla “tradizione” di unità. Discorso analogo si potrebbe fare per l’andare in bicicletta per il quale sono validi la gran parte delle considerazioni qui esposte nonché quelle legate al rispetto del codice della strada. Questa come altre situazione dovrebbero essere stimolo per la nostra azione educativa, spingendoci a Prevedere e Prevenire i rischi ed evitare così l’Emergenza, che resta sempre la situazione nella quale dobbiamo cercare di non trovarci mai… e possiamo farlo anche giocando! Prevedo i rischi quando individuo quelle situazioni di rischio presenti nell’attività Prevengo i rischi quando metto in atto azioni concrete per limitare, minimizzare, quanto in-
dividuato, conscio che il rischio zero non esista, ma che più le azioni intraprese saranno efficace più saremo andati vicino. Ma quindi dobbiamo fare un’attività specifica, aggiungere “cose” al nostro programma? … Di base il concetto che dovremmo tenere a mente e che se facciamo bene quello che già facciamo, abbiamo già tutti gli strumenti che ci aiutano a raggiungere il nostro obiettivo, minimizzare i rischi. Possiamo poi metterci un’attenzione in più (... occhi che vedono nell’oscurità) e quindi: • Abituiamo (noi e i ragazzi) ad individuare sempre i possibili rischi delle attività (senza però risolvere la cosa con il non farla) • Pianifichiamo accuratamente e concordiamo regole e tempi da rispettare (questo può evitare ad esempio di farci sorprendere dal buio durante un’uscita… saremo partiti per tempo e comunque avremo portato le torce / pettorine alta-visibilità) • Tariamo in maniera opportuna percorsi/ attività/eventi in modo da tenere conto delle difficoltà di tutti e lasciandoci del margine che ci consenta di risolvere l’imprevisto.
Situazione: Alla prossima Caccia di Branco per arrivare al prato dove si svolgerà la battaglia tra i lupi e i cani rossi dobbiamo necessariamente percorrere un tratto di strada asfaltata senza marciapiede che, per quanto breve, non possiamo evitare di percorrere. Rischio: investimento di una o più persone Danno: conseguenze da gravi a molto gravi che possono arrivare al decesso Prevalentemente il rischio deriva dal camminare in zona priva di protezione, marciapiede zona pedonale e in punti in cui la visibilità del gruppo è compromessa perché in presenza di curve, dossi, o scarsa visibilità. 1a Azione da intraprendere: Cammineremo sempre in fila per uno, VV.LL. compresi (essere più grandi non ci rende immuni all’investimento!) Come: Noi VV.LL. ci posizioneremo all’inizio, alla fine e in mezzo alla fila controllando chi cammina avanti a noi per verificare che ciò avvenga realmente (eventualmente aiutati da CdA e fratellini scacciapericoli Si può lavorare sul Prendersi cura dell’altro). Dove possibile e sicuro, cammineremo sul lato sinistro in modo da vedere l’auto che sopraggiunge Come lo caliamo nella vita di Branco: Inseriamo premialità «bonus sicurezza» che servirà per il gioco e verrà assegnato dai VV.LL. e dal branco (ruolo privilegiato a fratellini con specialità di scacciapericoli) all’arrivo sul prato (es. aumento +2 vite ciascuno, se tutta la sestiglia ha camminato ordinatamente in fila). 19
Zoom Liguria Keywords: zone, gruppi
A cura di Doris Fresco
Gruppo San Giorgio Lerici riscopre i giovani scout che non si arresero al fascismo
A Lerici un evento della Società Marittima di Mutuo Soccorso ha aiutato a riscoprire una pagina nobile della storia dello scoutismo nella nostra Regione.
La dittatura di Mussolini aveva eliminato ogni libertà di azione al di fuori delle attività fasciste, ma un gruppo di giovani incoraggiati anche dal colloquio tra un sacerdote scout e l’allora don Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI) agirono tra Monza e Milano dapprima proseguendo le attività scout in clandestinità, fino ad impegnarsi attivamente nella salvaguardia della vita umana, creando anche, in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, l’Oscar, l’opera scoutistica cattolica aiuto ricercati. Producendo documenti falsi, aiutarono gli ebrei a fuggire dall’Italia, evitando una morte certa e secondo le stime sarebbe addirittura 2200 le persone salvate.
‘Aquile randagie’, come sappiamo, è un film di Gianni Aureli che racconta come un gruppo di giovani si opposero al fascismo mantenendo fede ad una promessa: quella scout. Clandestini, perchè lo scoutismo era stato dichiarato fuori legge, continuarono a portare avanti i valori che avevano promesso di accogliere e perseguire, come aiutare gli altri in ogni circostanza e fare del proprio meglio per compiere il dovere verso la Patria, fino a difendere la vita di migliaia di persone. Il film, approdato nelle sale a fine settembre, ha riportato all’attenzione dell’Italia intera una storia di coraggio e di sacrificio ed è stato realizzato anche grazie al sostegno del web, attraverso crowdfunding (Produzioni dal Basso e CentoProduttori) e raggiungendo circa 500 investitori privati, con il contributo di Mibac e della Lombardia Film Commission, della banca BPER e delle associazioni cattoliche Agesci e Masci.
Ma Aquile Randagie ha avuto anche il merito di riaccende i riflettori su un’esperienza più o meno analoga che ha visto protagonisti, negli stessi anni, un gruppo di ragazzi lericini. Per questi motivi la Società Marittima di Mutuo Soccorso ha proposto, in occasione della proiezione del film a Lerici (il 13 dicembre) un incontro pubblico sulla storia di Don Emilio Gandolfo e degli scout lericini che non si arresero. 20
La conferenza si è tenuta il 14 dicembre ore 10.00 in sala consiliare. “La storia del ‘Gruppo San Giorgio’- ha spiegato Bernardo Ratti, presidente della Marittima- è una nobile pagina del nostro passato. Racconteremo infatti del gruppo scout clandestino che, negli anni 43/44 a Lerici, seguendo la loro guida, il giovane curato Don Emilio Gandolfo, sfidò il divieto del Regime Fascista che aveva sciolto le formazioni scout. Di lui ha parlato il giornalista Egidio Banti. Mentre dell’importante lavoro svolto dai sacerdoti durante il periodo della Resistenza ha parlato Giorgio Pagano, del Comitato della Resistenza. Il Gruppo San Giorgio era formato, in tutto, da una decina di giovani lericini, tutti quindicenni, che proseguirono nelle loro attività riunendosi clandestinamente. Attraverso alcuni documenti abbiamo ricostruito la loro storia; è interessante, ad esempio, leggere in alcune lettere riferimenti proprio alle ‘Aquile Randagie’. La giornata è stata anche importante per ricordare un’importante figura del nostro territorio, Don Emilio Gandolfo, nei vent’anni dalla sua tragica morte, guida e punto di riferimento dei giovani lericini e, trasferito a Spezia, della Resistenza. Importante la sua corrispondenza segreta con i giovani scout lericini che invitava ‘a resistere e a non farsi scoprire’. Proprio delle ‘Aquile Randagie’, invece, ha parlato Massimiliano Costa, presidente nazionale del MASCI”.
“Come Società Marittima siamo soddisfatti per il riscontro dei lericini, e non solo. Numerosi infatti i parenti dei componenti il Gruppo San Giorgio che hanno espresso apprezzamento per la richiesta di intitolazione di una via/ piazza a Don Gandolfo o al Gruppo San Giorgio stesso. Gli stessi scout, che ringrazio, Masci compreso, il Comitato della Resistenza e la Diocesi, per voce del Vescovo Luigi Ernesto Palletti, hanno condiviso il fine dell’incontro. La presenza di Monsignor Paolo Cabano, di tanti scout, di parenti di partigiani e degli scout clandestini ha dato lustro alla Manifestazione”, ha proseguito Ratti. Il massimo di commozione è arrivato con la consegna di una targa e l’applauso ai due scout ‘che non si arresero’ superstiti: Luigi Musetti, emozionato, e Sergio Pontremoli, rappresentato dal nipote, Euro Puntelli. Giusto ricordare i nomi di questi ragazzi che, in anni difficili, portarono avanti gli ideali universali di fratellanza e di libertà dello scoutismo. La “Giungla Silente” lericina: Giovanni Biaggini; Armando Colotto, Paolo Mamino; Luigi Musetti; Piero Peoni; Sergio Pontremoli; Angelo Ratti; Maro Spagnol e Giancarlo Testa. A guidarli, appunto, don Emilio Gandolfo ‘Hidalgo’ e il parroco don Costantino Faggioni, ‘Nostromo’.
Una mattinata molto intensa e ricca di contenuti, che ha rappresentato una bella occasione per ripercorrere la storia dello scoutismo a Lerici, presente già dalla fine degli anni ‘20”. A termine della conferenza, molto partecipata, è stato chiesto al consiglio comunale, rappresentato da Marco Muro (capo gruppo del Lerici 1), da parte della Società Marittima di Mutuo Soccorso di dedicare una strada cittadina a don Gandolfo, o al gruppo san Giorgio. 21
Zoom Liguria Keywords: rs, zone, gruppi
A cura di Clan GE XX
Da Vienna a Mauthausen in bici La Route del Clan "Sand Creek" - Genova XX
La ciclabile del Danubio è una vera autostrada delle bici dove abbiamo visto circolare qualunque tipo di aggeggio a due, tre e quattro ruote tutte rigorosamente a pedali. E’ ben segnata ed in ottimo stato di manutenzione. Solo alcuni tratti corrono sulla strada ma privilegiano strade secondarie.
La nostra Route ha abbinato una bella esperienza di Strada in bicicletta, con un toccante tuffo nella memoria. In 7 giorni abbiamo pedalato lungo le rassicuranti sponde del Danubio sapendo che la nostra meta ci avrebbe catapultato in uno dei luoghi nei quali di più, al mondo, avremmo percepito la profondità dell’abisso in cui può naufragare la storia umana.
Nonostante avessimo tutto con noi, dal cibo alle tende, abbiamo trovato qualche negozio in cui rifornirci di cibo e anche qualche provvidenziale albero randagio di albicocche scappato dalle coltivazioni estensive.
Dalla nobile Vienna al piccolo paese di Mauthausen e ritorno sono circa 430 chilometri, tutti in Austria.
Non abbiamo avuto problemi a trovare posti idonei per le tende campeggiando liberamente e serenamente lungo il fiume.
Ci mettiamo anche il ritorno perché da Vienna a Mauthausen (al lordo dei bivi miseramente sbagliati) corrono 200 chilometri ma visto che la cassa non poteva offrirci il treno per il rientro, ce ne siamo tornati indietro da dove siamo partiti
Arrivati a Mauthausen abbiamo affrontato la ripida salita che porta al “Memorial” e mentre arrancavamo con le bici cariche ripensavamo alla storia della piccola Emilia letta la sera prima nel libro “Se questo è un uomo” di Primo Levi che ci ha accompagnato durante la Route:
Le bici le abbiamo affittate in Austria, al modico prezzo di 70 euro a bici, in piena Vienna lungo le sponde del Danubio (ma per risparmiare le uniche due che stavano sul Flixbus ce le siamo portate dall’Italia). 22
“Cosi morí Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell’ingegner Aldo Levi di Milano, che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte. Scomparvero cosi, in un istante, a tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli. Quasi nessuno ebbe modo di salutarli. Li vedemmo un po’ di tempo come una massa oscura all’altra estremità della banchina, poi non vedemmo piú nulla.”
E girando per il campo di concentramento abbiamo potuto rivivere tante altre scene del libro entrando nei famigerati locali “doccia”, e nella sala del Krematorium. Prima di uscire dal campo, abbiamo visitato le aree dedicate ai monumenti che gli stati hanno eretto in memoria dei concittadini deportati commuovendoci davanti al muro pieno di lapidi costruito dall’Italia. Nella sala delle fotografie la nostra Ludovica ha persino ritrovato la foto dello zio morto a Mauthausen. Insomma abbiamo vissuto una Route davvero emozionante in cui abbiamo fatto vera Strada e dalla quale siamo tornati profondamente cambiati. Buona Strada, Clan “Sand Creek” Genova XX
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ALPINISMO
CAMPEGGIO
Imbrago adulto
20
Brandine
7
Imbrago bambino
4
Amache
10
Ramponi piccoli a lacci
8
Tende igloo da 2
3
Ramponi grandi a lacci
4
Tende igloo da 3
9
Piccozze
14
Tende igloo da 4
2
Caschi alpinismo
24
Pale-zappe militari
12
Caschi bimbi
2
Caschi kayak
2
Kit ferrata
10
Slack line
1
Corde 10mm
2
Mezza corda
1
Ciaspole bambini
8
Ciaspole adulto
29
Scarpette climb
10
CICLISMO Caschi bici adulto
13
Caschi bici bambino
6
Portapacchi bici
5
ACQUA
Moschettoni, ecc..
Kit snorkeling
5
Mute - corpetti
15
Giubbotti salvataggio
20
magazzino@genova20.com
www.genova20.com
23
Arte, Scout e Rock&Roll Keywords: arte
A cura di Stefano Cavassa
Carabiniere Germanò racconta l’ansia e l’agitazione con gli occhi di un attore non protagonista d’eccezione: il carabiniere al posto di blocco.
Ma lei faccia quello che deve fare: metta tutto a verbale…
Immaginate una cosa per me. Immaginate di essere fermati al più classico dei posti di blocco.
ma non è colpa mia
Paletta e poi ‘patente e libretto’.
se ho gettato dal finestrino un po’ di nostalgia…mica di quella che alla lunga diventa tossica? Altro che targhe alterne e traffico limitato; di quella che non mi fa sentire, che non mi fa dormire.
Al primo sguardo del Carabiniere ogni certezza crolla. L’assicurazione? L’avrò pagata? Collaudo e revisione non sono sinonimi vero? Uno dei due non scadeva settimana scorsa?
Il cuore batte forte. A un certo punto il Carabiniere, quello di Germanò almeno, dopo aver ascoltato tutto impassibile, chiude il taccuino e poi, piano piano, si lascia andare ad un sorriso – sì, sorride. Anche i carabinieri a un posto di blocco possono sorridere.
E il bollo? Non chiederà anche quello spero. Non è che ho sorpassato in curva nel tratto con la riga unita? E allora via di giustificazioni e scuse: normalmente poco plausibili, clamorosamente false. Poi, all’improvviso, come in uno strano sogno, al Carabiniere vi sentite di raccontare qualcos’altro.
Non una parola questo Carabiniere. Eh sì. Perché andava tutto bene. Alla fine c’era perfino la revisione fatta.
Proprio come nella canzone di Germanò.
Mancava solo un po’ di sicurezza, ma spesso quella, ai posti di blocco della vita, fa rima con spensieratezza.
Carabiniere, non è colpa mia se ho confuso la strada con una pista dove correre e basta senza fissare neppure un obiettivo. Manco di concretezza?
Link Spoty: https://open.spotify.com/ track/0hlPh7LaByDAmleG587cCb?si=T-vCma54SGGO8rMJqbVUNw
se preso dalla smania di cambiare non ho guardato chi stavo lasciando a piedi. Ma ci penso agli altri?
Link You tube: https://www.youtube.com/ watch?v=3F2EaQFCGPQ
se, al contrario, a volte mi fermo bruscamente e metto in pericolo me e chi mi circonda. Ma ci penso a me? 24
Arte, Scout e Rock&Roll Keywords: editoriali, opinioni
A cura di Andrea Borneto
Parasite
Sud Corea e codice morse. Regia di Bong Joon-ho. Un film con Song Kang-ho, Sun-kyun Lee, Yeo-jeong Jo, Choi Woo-Sik, Park So-dam, Hyae Jin Chang. Corea del sud, 2019, durata 132 minuti Vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes 2019 e 4 premi oscar (miglior film, miglior film internazionale, miglior regia e miglior sceneggiatura originale) "Il principio della metafora visiva è giusto nella vita onirica o normale; sullo schermo, si impone" (Estetica delle metafore in L'Essenza del Cinema - scritti sulla setima arte di Jean Epstein) Non è mai stato un cinema intelletuale ne intelletualoide quello del regista sudcoreano Bong Joon Ho, è piuttosto un cinema di genere e di generi ossia popolare ma mai cialtrone, anzi si è sempre contraddistinto
per la sua componente molto politica sempre tesa a rappresentare il conflitto tra classi, prediligendo metafore esplicite di diseguaglianza sociale. Un principio metaforico non confuso e suggerito ma visibile, concreto, addirittura programmatico e consapevole come dichiarato abilmente in una delle prime scene di Parasite: nel momento in cui alla famiglia che vive nello scantinato viene regalato da uno studente universitario una roccia che dovrebbe portare ricchezza materiale alle famiglia, il figlio:"Min! Questo è così metaforico", il padre aggiunge:"Di sicuro è un regalo molto opportuno", mentre la madre:"Il cibo sarebbe meglio". Una commedia familiare pronta a sparigliarsi nel grottesco gioco violento dell'immagine visiva che si impone fredda come un coltello tra i polmoni. Un cinema di metafore materiche, in cui le metafore come la roccia non sono astrazioni ma oggetti materici, armi condundenti così in Parasite come in Madre (2009). 25
Quest'ultima opera di Bong joon Ho è un presagio rocambolesco, un gioco cinico di inganni ma anche un affinato studio recitativo e di assegnazione delle parti, un meccanismo pronto presto ad esplodere in un cortocircuito di verità nascoste. Non c'è pietismo verso i reietti ma piuttosto un gioco al massacro dei bassifondi, guerra tra poveri, cattiverie tra emarginati, ovviamente nascosto negli scantinati e negli spazi claustrofobici, cosìcchè i ricchi decorosi abitatori della superficie (comunque feticisti) non vedano il marcio, la violenza e la bruttura di ciò che gli sta sotto: la quarantena della povertà. Il classismo è un filo rosso presente anche nei lavori precendenti del cineasta, soprattutto in Memories of Murder (2003), Madre e Snowpiecer (2013), dove è sempre presente un lavoro di messa in scena del sudicio, del malandato, dello sporco, che in Parasite è coniugato al fetore invisibile di chi non è padrone ne architetto del successo. Il regista sudcoreano attua l'analisi delle condizioni di disparità in una visione multiprospettica, caricandola con sferzante e tagliente amarissima ironia ma soprattutto mettendola in relazione alle dinamiche di uno spettacolo degli orrori.
"Guarda che io ti pago un extra per questo!" I parassiti non lottano per emanciparsi ma solo per avere la cuccia accanto al padrone truffato e accontentarsi di una sussistenza, questa è la vera faccia dell'ambizione borghese, piazzarsi e sentirsi a posto finchè qualche sempliciotto ricco mi sostiene e perciò carcerarsi e deresponsabilizzarsi: mi basto e mi basta. Il linguaggio del Morse è utilizzato con una valenza drammatica, alcuni dei protagonisti affermano la loro esperienza negli scout, lo vediamo principalmente nelle esuberanze del bimbo, il suo uso è quindi giustificato e ne diventa un elemento chiave per la trama: come codice sincopato diviene tramissione sotterfugia e rilevatrice, mezzo di espressione tra due entità distanti, lettere di speranza. La rivolta è però un'esplosione di rabbia dignitosa dopo un accumulo di sopportazione servile ma destinata ad esaurirsi in un buco buio e puzzolente, dove non prende il wi-fi, dove non c'è speranza e dove tutto è cominciato.
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Spiritualità Scout
A cura di Fra Andrea Gasparini
Che cosa ne avremo?
Il rischio di investire per riavere il centuplo
Il meccanismo è lo stesso in agricoltura: se non getto il seme non vedrò il frutto (vedi Gv 12,24). Accogliere il Vangelo significa anzitutto fare un atto di fiducia, gettare il piccolo seme della propria fede, abbattere le resistenze, farsi man mano più leggeri, più essenziali, per procedere meglio nel cammino, e questo porta a fare delle rinunce, degli investimenti a fondo perduto. Gesù non lascia inevasa la domanda di Pietro, anche se ovviamente la risposta slitta dal piano finanziario a quello esistenziale: chi segue Gesù avrà già in questa vita cento volte tanto rispetto a quello che ha lasciato (attenzione: stiamo parlando di relazioni, non di denaro!) e avrà in eredità la vita eterna (vedi Mt 19,28-29; Lc 18,28-30).
Pietro disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?» (Mt 19,27) Pietro, che è un discepolo caparbio ma forse un po’ testone, si pone questa domanda un po’ avanti nel Vangelo di Matteo, quando ormai i giochi sono quasi fatti. La domanda forse anche noi ce la siamo fatta qualche volta, passati gli entusiasmi iniziali e quando il servizio e la routine sembrano pesare un po’ di più: ma che ci guadagno per tutta la fatica che ci metto? Ne vale la pena? Qui mi sembra che si possa innestare un primo significato che ha il termine rischio, un significato che prendiamo a prestito dall’ambito economico. Il rischio fa parte di ogni operazione finanziaria in cui bisogna anticipare dei soldi per vederseli tornare.
«Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà». (Mc 10,29-30)
Colui invece che aveva ricevuto un solo talento andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. […] «Avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse!». (vedi Mt 25,14-30)
Non si tratta però di agire con sconsideratezza, ma di mettere in gioco davvero tutto di noi stessi fino in fondo, senza riserve. Paradossalmente, è questo il vero modo di far bene i conti per la propria vita e riuscire nell’impresa.
In questo caso rischiare significa rimetterci qualcosa nella speranza che mi ritorni indietro un guadagno, in una misura non assicurata. 27
Keywords: spiritualità
Il rischio nella dinamica evangelica tra Dio e Uomo
«Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? […] Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo». (vedi Lc 14,2833) La metafora del tesoro ritorna nelle parole di Gesù, come a raccogliere la provocazione e a rilanciarla più in profondità: qual è il vero tesoro per te? (Vedi Mt 13,44-46 e Mt 6,19-21). L’avventura rischiosa di seguire il Signore Al di là delle belle immagini, seguire Gesù ha comportato fin da subito una dimensione di rischio per i discepoli e le discepole, che si è andata addensando man mano che il cammino di Gesù procedeva verso i suoi ultimi giorni terreni. I vangeli sinottici, se prendiamo a grandi linee la trama del corpo del racconto, potrebbero in effetti essere riletti come una sorta di route in cui Gesù conduce i suoi attraverso la Palestina, dalla Galilea a nord fino a Gerusalemme a sud. Se all’inizio l’avventura di lasciare tutto per seguire questo rabbi itinerante sembra avere il fascino dei bei racconti, con i discepoli spaventati perché durante le uscite in barca una tempesta improvvisa li sorprende (vedi Mc 4,35-38) o preoccupati perché le provviste scarseggiano (vedi Mc 8,14-21), andando avanti una minacciosa nube di ostilità si alza all’orizzonte. I farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. (Mc 3,6) A quel punto non si tratta più di rimetterci dei beni materiali o dei progetti personali, ma di rischiare fino in fondo la propria stessa vita, rinunciando alle rassicurazioni della ricchezza e del potere. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada!». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». (Lc 9,51-62)
Emerge qui un altro significato del termine rischio: il pericolo che potrei evitare. Seguire il Signore è un rischio anche nel senso che a un certo punto non si bada più alla propria incolumità: la cosa più importante è andare dove lui mi vorrà e testimoniare la sua Buona Notizia. Vivere questa dimensione costituisce l’identità più profonda del credente e del discepolo, l’ambito da cui egli riceve serenità e gioia. Certo, non è così scontato, e difatti nell’ora più buia, quella della Passione, i discepoli si sono dispersi e hanno abbandonato il Maestro, rinnegandolo (vedi Lc 22,54-62). I Vangeli raccontano questo aspetto senza tacerlo, come a ricordarci che ciascuno di noi si troverà a fare i conti con la propria fragilità. La fedeltà al Vangelo nonostante ogni timore di fronte ai rischi è solo e unicamente frutto dello Spirito Santo in noi (vedi At 1,6-8). Paolo di Tarso è un bell’esempio a cui guardare, secondo quello che racconta lui stesso. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. (vedi 2 Cor 11,24-33) Rischiare nella fede e nelle relazioni per riavere vita Ma quindi che cosa ci guadagniamo in tutto questo rimetterci del nostro e sobbarcarci pericoli che potremmo fare a meno di affrontare? La ricompensa di seguire il Signore, alla fin fine, è il Signore stesso, l’amicizia con lui, e di questo Paolo ne è sicuro (vedi 1 Cor 9,16-27).
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Tutti i rischi corsi per il Vangelo valgono questo guadagno, che è poi ciò che chiamiamo la vita eterna, il ritrovare noi stessi, viventi, insieme a lui, il Vivente.
radicale che mi porta a rinunciare alle mie sicurezze umane per accogliere la sola grazia di Dio. A questo punto il rischio può diventare anche concreto, rischio per l’incolumità fisica o più semplicemente fastidio dovuto all’incontro con l’altro che mi interpella.
Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti! […] Perché ci esponiamo continuamente al pericolo? Ogni giorno io vado incontro alla morte […]. Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. (1 Cor 15,19-32)
In radice, il rischio ha a che fare con Dio stesso e con il suo stile: è lui che per primo ha rischiato investendo in questa storia d’amore a fondo perduto che è la relazione con noi umani. In Cristo abbiamo potuto vedere Dio camminare con noi per venirci a cercare, per mettersi nelle nostre mani fino a una fine cruenta, per spargere come seme fecondo la sua parola e il suo amore che non lasciano delusi, mai.
La dinamica del rischio è intrinseca al vissuto umano, perché certi investimenti esistenziali non possono essere fatti che alla cieca, sperando di vedere un frutto. Capita nelle relazioni affettive, capita nell’educazione. Qui c’è già una dimensione spirituale, che si manifesta con forza nel rapporto con Dio: mi è richiesto un salto (rischioso) per accedere alla dimensione della fede, cioè di quell’affidamento
«Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada […]. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso […]. Un’altra parte cadde sui rovi […]. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». (Mt 13,3-9)
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Spiritualità Scout
A cura di Stefania Dodero
Una giungla di gesti e simboli
Viviamo, nella quotidianità, immersi in una giungla di gesti e simboli di cui spesso ignoriamo il significato. Anche nel nostro cammino scout ne incontriamo parecchi, qui ne vedremo brevemente qualcuno, nel caso siate interessati possiamo sempre approfondirne altri (scriveteci in redazione!) oppure potete trovare molti spunti nel libro di Pranzini e Settineri, edito da Fiordaliso: “Simbolismo Scout, aspetti pedagogici e psicologici” Nei dizionari il simbolo viene definito come: • un segno che richiama immediatamente una realtà importante ma nascosta e solo approssimativamente definibile (dizionario Devoto-Oli)… • un elemento, sia esso un segno, gesto, oggetto o altra entità, in grado di evocare nella mente dell’osservatore un concetto diverso da ciò che il simbolo è fisicamente, grazie a una convenzione prestabilita o a un aspetto che lo caratterizza (Wikipedia) Etimologicamente pare che la parola simbolo derivi dal greco symbolon, era un oggetto di terracotta o legno o metallo che veniva spezzata per fungere poi da segno di riconoscimento. I due soci, amici, persone vicendevolmente legate da qualche motivo, spezzavano in due il simbolo e lo custodivano per poi riconoscersi o poter riconoscere i propri inviati ricomponendo il simbolo facendolo combaciare.
Dopo questa doverosa premessa, partiamo ad analizzare gesti e simboli scout dal più evidente e inconfondibile: il saluto. Esso è proprio il segno di riconoscimento di ogni scout nel mondo e si fa, come lo ha descritto proprio B.P. in “Scoutismo per ragazzi”, alzando la mano destra, palmo in avanti, pollice piegato sopra l’unghia del mignolo e le altre dita ben dritte verso l’alto. Avete mai pensato perché si usa proprio la mano destra? A pensarci bene… tutti i saluti sono fatti con la mano destra, anche quando ci stringiamo la mano, in segno di conoscenza. La mano destra è da sempre considerata la mano principale (non me ne vogliano i mancini…ma chi usava la sinistra, fino a meno di un centinaio di anni fa, non aveva vita facile… era considerata la mano del diavolo… e quindi doveva imparare a usare a tutti i costi la destra…ma questa è un’altra storia). La destra è la mano ”giusta”, quella capace di fare tutto, quella che tiene saldamente tutto… anche le armi! Ebbene sì, proprio per queste ultime, per questo motivo, quando ci si saluta, ci si incontra in pace e in amicizia, è la mano destra, libera e disarmata, quella che viene e deve essere mostrata! 30
Al tempo delle Aquile Randagie (piccola curiosità storica di cui ho avuto diretta esperienza facendo il campo scuola a Colico e in Val Codera), il saluto non era possibile farlo, gli scout, come tutte le associazioni non autorizzate dal fascismo, erano stati aboliti e vietati. Allora gli scout “clandestini” semplicemente stringevano la mano… ma la stretta di mano permetteva loro di nascondere agli occhi degli altri il saluto, in questo modo potevano riconoscersi come scout e confermare la fedeltà alla promessa fatta semplicemente stringendosi la mano.
scout) ha due significati intrinsechi in se: le 3 dita stese ci ricordano i 3 punti della nostra promessa, mentre il pollice piegato sopra il mignolo ci dice che il più grande deve sempre aiutare e proteggere il più piccolo. Anche nel distintivo, giglio e/o trifoglio degli emblemi nazionali ed internazionali, ritroviamo i 3 punti della promessa ma anche i 10 articoli della legge scout o i 2 punti della legge dei lupetti (avete mai notato che ci sono 2 stelle a 5 punte!).
Il nostro saluto, che per i “profani” può Buona caccia, sentiero e strada…. sembrare semplicemente un gesto di origine (E alla prossima curiosità sui nostri militare (d’altra parte B.P. aveva un passato preziosi simboli) da generale prima di fondare il movimento
questa è la mia sensazione, ma ormai ci siamo.
Che fa parte di noi. (Matia Bazar) Ore 10.40 partenza puntuale da Bergamo, Orio al Serio: l’aereo si stacca dal suolo italiano, siamo partiti, direzione Dublino una nuova avventura ci aspetta. Chissà cosa sarà questa 16^ Conferenza Europea dei gestori di Centri scout? La base scout di Larch Hill vicino a Dublino è molto bella, ha delle strutture che a prima impressione mi fanno più pensare ad un bel villaggio vacanze che ad una base scout,
Io e gli altri liguri presenti rappresentiamo una realtà che mi sembra lontana anni luce da questi gestori di Centri scout internazionali che parlano dei loro 30 dipendenti, ma ascoltiamo con interesse e stupore. Più ascolto e più mi accorgo che, forse, le differenze tra queste realtà internazionali e “Il Rostiolo” non sono poi così grandi come subito mi erano sembrate: ci sono rappresentanti di realtà molto più piccole di noi, c’è chi si lamenta della difficoltà di controllare le strutture durante i cambi tra un gruppo e l’altro, chi deve trovare un buon sistema di prenotazioni on-line... Anche le attività dalle altre basi non mi sembrano 31
Keywords: regione, basi
Grande piccolo mondo...
È il momento della presentazione ufficiale, in inglese, che non nasconde i tanti differenti accenti da tutta l’Europa e non solo; è l’inizio dei lavori della 16^CMC ed in lontananza spuntano delle sagome di grandi zaini con esili gambe che si dirigono verso un campo e iniziano a montare le tende. Il profumo del fuoco di legna inizia a sentirsi e già questo luogo mi sembra più famigliare.
Bacheca Le Gioiose
A cura di Fagiano Ingegnoso
più così diverse dalle nostre proposte, ma appaiono più importanti, più grandi, perchè inserite in un contesto internazionale. Il lavoro di pulizia nei boschi vicino a Vara svolto dagli scout ad Ora et Labora non lo avevo mai visto nell’ottica degli impegni per l’ambiente dell’Agenda 2030 ma, sentendo raccontare le esperienze di realtà così distanti mi sono accorto che la nostra impresa vista con la lente di questo impegno internazionale sembra molto più importante. Di questa esperienza personalmente porto a casa un rinnovato spirito di collaborazione e connessione con le tante altre realtà dello scautismo internazionale e la coscienza dell’importanza di valorizzare le nostre proposte, forse per noi scontate, ma molto apprezzate da realtà più distanti. Di tanti temi trattati, alcuni erano distanti anni luce dalle nostre basi, ma molti erano più simili di quanto avrei immaginato come l’impegno per la qualità e la sicurezza delle attività e delle strutture; tema fondamentale per CBA (Comunità Basi AGESCI), che nasce con lo scopo di stimolare e aiutare le realtà di accoglienza scout ad investire sulla sicurezza convolgendo un numero sempre maggiore di realtà in tutto il territorio. A maggio il prossimo incontro di CBA si terrà in Sardegna dove saremo presenti a rappresentare le realtà Liguri. Tra i lavori in progranna nelle basi scout di AGESCI Liguria: l’ampliamento dell’impianto antincendio e l’adeguamento del sistema fognario a Vara, di cui presto speriamo di poter avviare i cantieri. In collaborazione con il settore Protezione Civile è in corso l’aggiornamento dei piani di sicurezza e della segnaletica, mentre lo scorso anno sono stati ammodernati gli impianti di depurazione e clorazione dell’acqua di casa Romana e dell’acquedotto non potabile del Rostiolo. Puntare ad una sempre maggiore sicurezza è fondamentale per chi gestisce case scout,
molti paassi avanti sono stati fatti, ma sembra spesso di non vedere mai la fine, se ci si mette poi anche la natura a complicare le cose; con le forti pogge dei mesi scorsi, infatti, la frana che incombe sul sentiero di accesso alla base ha di nuovo scaricato una grande quantità di fango e terra rendendo necessario un nuovo intervento di ripristino in Primavera. •
In Primavera, come ormai tradizione, durante il triduo Pasquale dal 9 all’11 Aprile, presso Il Rostiolo si terrà il campo Ora et Labora per comunità R\S organizzato da AGESCI Liguria e Gioiose grazie al quale è stato possibile apportare miolti miglioramenti alle strutture della base con gioia e spirito scout!
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Chi desiderasse maggiori informazioni può scrivere a: oraetlabora@liguria.agesci.it
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Un ringraziamento speciale va anche alle comunità, che decidono di fare un servizio o un bivacco di lavoro presso la Base, come la comunità capi del Genova 14 e il Clan del Genova 60, che in foto indossa la nuova maglietta della base!
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Chi desidera ricevere la maglietta o personalizzarla per il proprio campo può contattare la pattuglia per prenotare le taglie necessarie all’indirizzo Rostiolo@ liguria.agesci.it, a breve abbaimo intenzione di migliorare i servizi offerti con una raccolta di gite, passeggiate ed attività presso la base o nei dintorni, stay tuned!
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Ricordo che chi desidera prenotare un campo o un bivacco presso le basi di AGESCI liguria deve usare il sito di prenotazione raggiungibile dal sito liguria. agesci.it/basi o scansionando questo QR code.
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