Orazio Carpenzano
Architetto, Direttore DiAP Sapienza Francesco Calabretti e Ilia Celiento
Francesco Calabretti e Ilia Celiento: Per i diversi ruoli che ricopre e le varie attività che svolge, Lei fa parte di una rosa di architetti e docenti scelti per discutere del progetto come prodotto di ricerca, una questione che può essere analizzata da diversi punti di vista. Quale è il suo pensiero a riguardo? Orazio Carpenzano: Un nodo cruciale della questione, che attiene sia al libro della professoressa Amirante sia a quanto elaborato da me che dal professor Rossi e dalla professoressa Capuano, riguarda la natura di un progetto presentato come prodotto di ricerca. A oggi i prodotti di ricerca scientifica in architettura entrano con difficoltà in una griglia valutativa commisurata ai settori disciplinari bibliometrici. Per un progetto architettonico, che per sua natura tratta questioni metodologiche e tematiche prevalentemente contestuali, caratterizzato com'è da elementi di natura espressivo-poetica, è ancora più difficile formulare una valutazione basata su criteri oggettivi e commisurabili. Come i colleghi coinvolti, faccio parte di quei docenti che si considerano progettisti. Tali rilievi sono dunque per noi fonte di riflessioni riguardanti la didattica, la Terza Missione. Essi concernono attività che rientrano nelle more di quei docenti che, assunti a tempo pieno per scelta o per necessità, non possono firmare i progetti e, pertanto, non hanno modo di misurarsi con la cogenza della realtà della produzione edilizia. Il risultato di questa impasse si riflette in un vulnus nella formazione di molti dei dottori di ricerca in composizione architettonica, quali siete 37