VerdEtà 76 - Ottobre 2020

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PANTERE GRIGIE PIETRO ROMANO ANZIANI E DISCRIMINATI

“È necessaria una forte presa di coscienza contro la deriva ageistica discriminante emersa in questi mesi”. Parole forti quelle del professor Alberto Pilotto, direttore del dipartimento scienze geriatriche dell’ospedale “Galliera” di Genova e presidente della Società italiana di geriatria. La massima autorità nazionale in materia di invecchiamento. Parlando senza peli sulla lingua, Pilotto ha sottolineato come “vanno date risposte alla popolazione anziana, che ha pagato il prezzo più alto in termini di mortalità (da Covid-19, ndr), e talvolta di limitato accesso alle cure, con le conseguenti implicazioni etiche” a monte e/o a valle di questa penalizzazione. Spesso, negli scorsi mesi, si è sentito dire, quasi fosse una scelta ineluttabile, che tra la vita di un anziano e quella di un giovane non ci debba essere dubbio: va salvato il giovane. In base a quale considerazione non si sa. Non può essere sufficiente la considerazione che il giovane, sulla carta, abbia una vita più lunga davanti a sé. Anche perché – e lascia ancor più da pensare – tale discriminazione non si è registrata solo di fronte a un’emergenza che non si comprendeva come affrontare. Piuttosto è figlia di un atteggiamento in via di consolidamento: non soltanto sul fronte sanitario, non soltanto in emergenza. Un esempio per tutti? Nella programmazione delle opzioni previste per le future automobili senza pilota sta emergendo, quasi come una costante ineluttabile, che in caso di investimento reso obbligatorio dalle circostanze di una persona tra due diverse, non c’è scampo per la più anziana, perfino se un eventuale azzardo fosse stato commesso dalla più giovane. Una tendenza molto pericolosa, perché la scelta può essere anche tra un venticinquenne e un ventenne… Come ha sottolineato il sociologo Michel Wieviorka, direttore della Scuola di alti studi in scienze sociali di Parigi, a livello relazionale e sociale il virus ha fatto esplodere il fenomeno della frattura generazionale. Colpa, probabilmente, anche del modo in cui è stato raccontato. Se la “spagnola” cento anni fa fu più letale per i giovani, il contrario è successo con il Covid-19. Senonché nessun giornale, all’epoca, diede voce ai più anziani per farli rallegrare di questa opzione generazionale del virus. Viceversa è capitato adesso, con i mezzi di comunicazione e i social pregni di invettive verso i “vecchi”. Questo virus agli anziani ha tolto quanto di più prezioso essi hanno: il tempo. Costringere anche solo un settantenne a chiudersi dentro casa per un anno, ascoltando allarmistici bollettini trasmessi da morbose trasmissioni televisive, è uno dei più gravi torti che gli si possa fare. Con il passare degli anni la sensazione (che poi è esatta) psicologicamente più forte, oltre al timore di una crescente fragilità, è di avere poco tempo a disposizione. Come ha spiegato la filosofa Mona Ozouf, posticipare a non si sa quando l’avverarsi dell’avvenire, che è sempre più corto, significa ridurre un’agenda di vita logicamente già abbreviata. Un modo di anticipare la morte anche a quanti sono in piena salute. 50 | VERDETÁ n° 76


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