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Omnicanalità fino in fondo L’esperienza della marca quanto dipende dal contesto di fruizione? I clienti si aspettano dal brand uniformità di esperienza, a prescindere dal canale da cui stanno acquistando.
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l mese scorso ci siamo lasciati con l’idea che l’esperienza di termine del processo di acquisto (checkout + pagamento) dovrebbe essere il più possibile coerente anche verso l’omnicanalità. Al netto di tutte le buzzword del settore, cosa vuol dire? I clienti si aspettano dal brand uniformità di esperienza, a prescindere dal canale da cui stanno acquistando. Partiamo dal check-out, dove l’aspetto fisico è chiaramente insormontabile. Mettere un prodotto in un carrello fisico, portarlo in cassa o aggiungerlo a un carrello on-line sono tre operazioni molto diverse. Quasi tutti gli e-commerce usano il simbolo del carrello anche se fisicamente non esiste, il motivo è facilmente intuibile. Richiamano un concetto già noto al cliente semplificando la sua esperienza, non deve imparare nulla che non sia già familiare. Questa linea guida dovrebbe essere l’ispirazione per la coerenza del processo sui diversi canali. Le sperimentazioni fatte sui carrelli intelligenti che leggono i prodotti inseriti, magari sfruttando i tag Rfid o provando a leggere i codici a barre, sono un esempio di questa direzione. Se l’esempio di Amazon Go del mese scorso è uno di quelli più sofisticati, il self-scan è una versione più rudimentale sulla quale ci saranno evoluzioni. In alcuni casi si è provato, per esempio, il self-scan fatto direttamente con il device del cliente: lo smartphone. 56 DM MAGAZINE