Storia di donne e alberi di Waimer Perinelli
CIOLDE o BELUMATE VIAGGIO di LAVORO C'è un albero che unisce la storia di indigenza ed emigrazione di trentini e bellunesi. Si trovava in piazza Duomo a Trento e all'inizio della bella stagione con la sua ampia chioma riparava bellunesi e trentine alla ricerca di lavoro. Quell'albero secolare è stato tagliato, ma la sua storia è ancora viva. C'è un albero immaginario in una cittadina pugliese sotto le cui fronde si sedeva, per giorni interi, il maestro Anselmo Bordigoni emigrato per forza. Di questa pianta ci parla lo scrittore Piero Chiara.
Ho conosciuto lo scrittore Piero (Pierino) Chiara nel 1978 quando ho letto i romanzi “La stanza del Vescovo”, il viaggio fantasioso, trasgressivo e divertente di un giovane uscito dalla guerra con una
barca con cui veleggia sul lago Maggiore. La scrittura leggera, la descrizione a pennellate della bellezza naturale dei luoghi, l'intrigo sentimentale mi hanno affascinato facendomi desiderare d'incontrare l'autore. La fortuna ci ha messo lo zampino e lo stesso anno a Venezia, quando ancora i giornali di provincia potevano permetterselo, fui inviato al Premio Campiello e nella giuria c'era Piero Chiara. Lo ricordo come una persona minuta, schiva e cortese, tutto il contrario del libertino descritto nelle sue biografie, portava un cappello, un Borsalino, da cui pareva staccarsi malvolentieri. Sedeva in prima fila, io qualche fila dietro. Mi presentai e fu quasi sorpreso, ma conoscendolo meglio, di sicuro ironicamente gentile, quando manifestai il mio entusiasmo. Tuttavia un mese dopo ho ricevuto al giornale una lettera in cui mi ringraziava.
La conservo fra i suoi libri e fra questi c'è “Il Balordo” un romanzo scritto nel 1967 tornatomi alla mente pochi giorni fa mentre riflettevo sul fenomeno del caporalato della prima metà del 900 in Trentino e sulle donne bellunesi che con sudore e fatica, loro malgrado, lo assecondavano. Ciolde o Belumate così venivano chiamate le ragazze che per sfuggire alla miseria migravano nel Trentino, non meno povero, ma con carenza di manodopera, donne di servizio o contadine, per soddisfare le necessità delle famiglie più ricche. Poi come spesso accade, non essendoci scambio d' informazioni sul mercato del lavoro, giovani trentine emigravano a Venezia o Milano per lo stesso motivo. Le ragazze bellunesi a primavera lasciavano le abitazioni e, o attraverso il Tesino ed il Primiero sulle strade dei Perteganti, o scendendo da Arsiè piuttosto che
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