Girovagando di Fiorenzo Malpaga
IL NEPAL
È
un piccolo stato incastonato fra la Cina e l’India, circondato a nord dalla imponente catena dell’Hima-
laya. Il viaggio per raggiungere la capitale Kathmandu, da Varanasi in India, è stato un’ avventura, sette ore di taxi fino al confine con una auto scassata e con la quale abbiamo forato due volte. Lungo il percorso abbiamo incontrato immense distese di risaie. In India, infatti, ci sono oltre cinquanta specie di riso. Abbiamo visto villaggi con donne dai veli colorati, che acquistavano verdura o riso nei mercati disseminati lungo le
strade, e ci siamo imbattuti in qualche elefante che passeggiava tranquillo, guidato dal suo conducente, che quasi non si notava, tanto sembrava piccolo, in confronto al pachiderma. I bambini erano sempre sorridenti nelle loro uniformi scolastiche, ci salutavano volentieri stipati nei tuc-tuc. Poi finalmente il confine col Nepal. Ricordo il trambusto per ottenere il visto, la ricerca di un auto che ci conducesse a Kathmandu. Era notte. Una strada pericolosissima, trafficata da autotreni, piena di curve e buche. Il nostro autista è stato bravissimo e in due casi è riuscito ad evitare camion che tagliavano le curve per evitare cunette e fossi. Dopo sei ore di auto, le luci di Kathmandu. Sfiniti ci siamo fatti condurre all’hotel Potala, Per la prima notte non abbiamo badato a spese. Il giorno successivo ci siamo trasferiti all’hotel Pokhara, nel quartiere del Thamel, un albergo decisamente più economico. Letto duro, niente acqua calda, doccia in comune con altre stanze, colazione al bar del piano terra al freddo, lucchetto personale per chiudere le porta. Di po-
sitivo c’era però uno splendido terrazzo per esporsi al sole, con vista sulle cime himalayane. Fuori le stradine strette, piene di negozi di ogni tipo, con tantissime moto e risciò, le biciclette a tre ruote che possono trasportare due passeggeri e che circolano in maniera caotica; devi guardarti davanti e dietro per non essere investito. Rammento l’emozione provata nel visitare i magnifici templi di Durbar Square, dove venivano incoronati i re, e soprattutto il tempio Kumari, decorato con splendide balconate in legno, dove viene ospitata una giovane vergine che rappresenta la Dea vivente degli hindu a protezione della città. Minuscoli laboratori artigiani sono frequenti lungo tutte le viuzze. In essi si lavora ancora a mano e si ricamano, ad esempio, simpatiche magliette ricordo. Agli angoli delle piazze s’ incontrano i “baba”, tipici santoni indiani con vestiti stravaganti e lunghe chiome di capelli bianchi, che non puoi non fotografare. Però ti chiedono in cambio cento rupie… Le interruzioni di corrente a Kathmandu sono quotidiane, e durano parecchie ore; negli alberghi ci si accorge dal rumore intermittente dei generatori. Questa è una città frenetica, polverosa e inquinata, al punto che molti per strada, soprattutto i giovani, indossano le mascherine antismog. Per strada è impossibile non guardare i negozietti, ricolmi di ogni genere di cose, pieni di colore ed atmosfere orientali, oltre che maleodoranti di scarichi fognari. Molti sono i negozi che vendono attrezzature e indumenti specifici per le spedizioni sull’Himalaya.
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