Conosciamo le leggi in collaborazione con A.E.C.I.-FELTRE
SUCCESSIONI E DIVISIONI EREDITARIE
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ltre a costituire un evento triste, la morte di un congiunto pone una serie di obblighi e complessi incombenti in capo a chi risulta chiamato alla successione, ovvero a coloro che a diverso titolo vantano diritti sul lascito ereditario. Le tematiche giuridiche che si aprono interessano vari profili e vanno a intrecciarsi conducendo a problematiche differenti. In primo luogo, un dato: al momento dell’apertura della successione, vale a dire alla data della morte del decuius nel luogo di suo ultimo domicilio (art. 456 c.c.), va fatta risalire l’individuazione dei soggetti chiamati all’eredità, ovvero coloro che potranno vantare il diritto di accettare o rinunciare il lascito ereditario. Costoro sono tutti i soggetti nati e concepiti al momento della morte del congiunto (art. 462 c.c.): non soltanto, dunque, i soggetti già nati e viventi, ma
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anche coloro che sono soltanto stati concepiti e la cui nascita avvenga entro 300 giorni dall’apertura della successione. La devoluzione dell’eredità, poi, può svolgersi essenzialmente in due modi: essa può avvenire per testamento o per legge, come disposto dall’art. 457 c.c. Il primo caso si verifica quando il decuius lascia ai chiamati all’eredità un testamento, ovvero un atto ove sono contenute le sue ultime volontà, dettate per il tempo in cui avrà cessato di vivere (art. 587 c.c.). Il testamento, che può essere olografo (art. 602 c.c.), ovvero scritto completamente a mano dalla persona, oppure pubblico o segreto, quale atto notarile (art. 601 comma 2 c.c.). Esso può riportare i contenuti più diversi, anche andando al di là di strette disposizioni economiche, ma deve rispettare, dal punto di vista patrimoniale, quelle che il codice civile disciplina come quote
di riserva dell’asse ereditario ai c.d. soggetti legittimari: vi sono infatti specifiche categorie di soggetti (ascendenti, discendenti e coniuge) che vantano per legge il diritto di vedersi riservata una quota del patrimonio del decuius e possono agire in giudizio per vedere riconosciuta eventualmente la lesione della quota di legittima. Nel caso in cui non sia stato redatto testamento o esso non vada a coprire, con il suo contenuto, l’intero asse ereditario (magari perché, ad esempio, il testatore ha voluto disporre soltanto dei beni immobili, lasciando fuori tutto il resto delle sue possidenze), devono trovare applicazione le norme del codice civile che regolamentano la successione legittima, ovvero le disposizioni che prevedono le quote di spettanza di ciascuno degli eredi sulla massa ereditaria. Il codice civile è molto dettagliato nel disciplinare tutte le ipotesi (art. 566 ss c.c.) di successione legittima, considerando le quote differentemente nel caso, ad esempio, di eredi coniuge con un figlio solo, coniuge con più figli, solo figli, concorso di ascendenti. La divisione della massa ereditaria è istituto che si affianca alle norme che disciplinano la successione e può con esse intrecciarsi: ma non necessariamente. Ciò in quanto trattasi di momento diverso e (spesso) successivo all’espletamento della successione, salvo l’ipotesi di divisione della massa ereditaria contenuta direttamente nel testamento e, quindi, disposta dallo stesso testatore-decuius. Va premesso che, di regola, quando gli eredi succedono al decuius nella titolarità dei beni costituenti l’asse ereditario (che possono essere attività o passività), costoro diventano parte della c.d.