Attualità italiana in controluce di Emanuele Paccher
COGNOME DEI FIGLI:
la Consulta abbatte un altro tabù
U
bi societas, ibi ius: dove c’è società c’è diritto. Si potrebbe arrivare addirittura a dire che non serve una vera e propria società, visto che il diritto sorge con il semplice incontro di due persone. Di sicuro è ben presente nel momento della nascita di un figlio, in particolare nello stabilire le regole per l’assegnazione del cognome. L’art. 262 del codice civile prevede una complessa disciplina, la quale si differenzia per più ipotesi: riconoscimento del figlio da parte di un solo genitore, riconoscimento prima di un genitore e poi dell’altro, riconoscimento contestuale. Ed è proprio in quest’ultima ipotesi che sorgono i problemi, visto che la norma, prima dell’intervento della Consulta del 27 aprile, prevedeva un automatismo: nel caso di riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio avrebbe assunto il cognome del padre. La Corte costituzionale ha dichiarato che tale automatismo è illegittimo. E ciò vale per tutti i figli, nati sia fuori che dentro il matrimonio, sia adottivi che naturali. La Corte poi è intervenuta su un altro aspetto, ossia sull’impossibilità di attribuire al figlio unicamente il cognome della madre, anche qualora vi fosse stato l’accordo di entrambi i genitori. D’ora in poi anche ciò sarà possibile. La motivazione principale della sentenza è che quelle parti dell’art. 262 ledono il principio di uguaglianza dei
coniugi, creando una discriminazione e ledendo l’interesse del figlio. D’ora in poi il figlio assumerà il cognome di entrambi i genitori nell’ordine da essi concordato, salvo che essi decidano di comune accordo di attribuire solo il cognome di uno dei due. A questa storica sentenza si è arrivati dopo un lungo cammino. Già nel 2016 la Consulta era dovuta intervenire riconoscendo la possibilità di aggiungere il cognome della madre a quello del padre. Va ricordato che la Corte costituzionale non è un legislatore, e quindi non può che limitarsi a rispondere alle questioni che le vengono sollevate dai giudici, e nei termini che da questi gli vengono posti. La responsabilità per l’incredibile lentezza con cui si è raggiunto questo traguardo è da imputarsi primariamente al Parlamento. Questo, infatti, è stato più volte
richiamato dalla stessa Corte costituzionale a deliberare sul punto, ma si è sempre mostrato incapace di varare riforme al passo coi tempi. Ma d’altronde nell’effettuare una riforma si rischia di non piacere a parte del proprio elettorato. Meglio quindi attendere e scaricare su altri queste responsabilità. Per fortuna i nostri padri costituenti avevano previsto un organo di chiusura del sistema, chiamato, talvolta suo malgrado, ad intervenire su disposizioni legislative per adeguarle al mutare dei tempi. L’assegnazione automatica del cognome al padre è un retaggio del passato, di una società patriarcale. Oggi la società esprime nuove esigenze, e piano piano ci si sta muovendo verso un’effettiva parità di genere. Il 27 aprile 2022 è stato fatto un altro piccolo, ma importante, passo in avanti.
augana
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