I due modelli di business circolari prevalenti sono il recupero di risorse e l’estensione della vita del prodotto, seguiti dall’adozione di forniture circolari e sostituzione di risorse tradizionali con altre completamente rinnovabili, riciclate o alternative (photo © Cagkan Sayin). le strategie di sostenibilità (70,8%) e i risparmi sui costi (69,8%). Seguono la brand reputation (49%) e le richieste dei consumatori (35,4%). Le leader appaiono più predisposte a cogliere appieno il potenziale dei modelli di business basati sull’economia circolare: il 29,2%, infatti (rispetto al 16,6% del campione), ne riconosce la capacità di dare accesso a nuovi flussi di ricavi. I due modelli di business circolari prevalenti sono il recupero di risorse (84,9%) e l’estensione della vita del prodotto (72,2%), seguiti dall’adozione di forniture circolari e la sostituzione di risorse tradizionali con altre completamente rinnovabili, riciclate o alternative (56%). Al pari dell’introduzione di modelli più recenti quali il product-as-a-service (PaaS) (40,5%) e le piattaforme di sharing (40,2%). La creazione di una supply chain più sostenibile (67,7%) è di gran lunga l’azione più implementata, al fine di raggiungere un approccio più circolare. A questa fanno seguito la progettazione del prodotto, considerando gli impatti sull’ambiente, e le risorse durante il suo intero ciclo di vita (60,4%), la
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riduzione nell’uso di materie prime vergini (57,3%) e gli investimenti tecnologici (53,1%). Nel complesso, le imprese leader stanno implementando modelli di business circolari ad un ritmo molto più sostenuto rispetto alle altre. D’altronde, dalla loro implementazione il 63,8% rileva risparmi sui costi, il 54,3% un miglioramento della propria immagine pubblica e il 48,9% un miglioramento nella conformità coi requisiti legali e normativi. I risultati che sono quindi già evidenti. I leader sono anche coloro che comunicano in maggior misura le performance dei prodotti o delle iniziative circolari. Il bilancio di sostenibilità è utilizzato dal 48,9%, mentre il 46,8% usa il sito web aziendale o altri canali di comunicazione istituzionali. Il 34%, inoltre, condivide informazioni tramite l’etichetta del prodotto. In sostanza, al netto delle verifiche di terza parte, particolarmente utilizzate dalle imprese leader, l’uso dei canali è in gran parte lo stesso per tutte le aziende. Per ciò che riguarda le competenze, invece, resta il fatto che i team di progetto di economia circolare
devono comprendere competenze multidisciplinari, reperite sia all’interno sia all’esterno. Inoltre, più il modello è avanzato, maggiore è il coinvolgimento di esperti di tutte le discipline. Le risorse esterne, specialmente nelle aree più specialistiche, tendono ad essere particolarmente rilevanti nelle fasi iniziali, con costi che normalmente le imprese più piccole hanno serie difficoltà ad affrontare. Pertanto le aziende leader — che hanno maggiori risorse — coinvolgono, nei progetti di economia circolare, un maggior numero di esperti e in più discipline e fanno grande affidamento sulle soluzioni digitali, mentre per le altre questo è uno dei problemi maggiori. Come dimostra la ricerca, la transizione richiede prima di tutto un cambiamento sistematico e organizzativo, collaborazioni e coinvolgimento di tutta la catena del valore, compresi i consumatori. Con costi e uno sforzo iniziale che non tutti possono affrontare con facilità. La direzione presa però è ormai questa e indietro non si torna. Guido Guidi
Eurocarni, 1/22