Giulio Ferrari: studente modello e imprenditore geniale
FRANCESCO SPAGNOLLI Già Dirigente del Centro Istruzione e Formazione
Collezione di bottiglie storiche
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Per il mio intero mandato come preside a San Michele (gli altri appellativi fanno parte del lessico burocratico o quasi), ho dovuto combattere (non solo discutere, quindi!) con molti insegnanti per convincerli a non usare, almeno in sede di scrutinio finale, i cosiddetti “mezzi voti” (tra l’altro vietati dalla normativa scolastica vigente), ed in particolare quel famigerato 5/6 che, inequivocabilmente, faceva ricadere l’intera responsabilità della decisione sul Consiglio di Classe: ero ancora memore, sicuramente, di quel 5 ¾ ++ che il compianto professor Livio Penasa mi aveva rifilato nell’ottobre del 1967 per un tema di italiano incentrato su di un passo del “Principe” di Machiavelli: “Le leggi fanno li uomini buoni…”. Ho avuto modo di consultare i registri di classe dei tempi in cui Giulio Ferrari frequentò l’Istituto di San Michele (1895-97) con i voti attribuiti se-
condo il sistema tedesco (quindi da 1 come massimo, per poi degradare a 5, considerata la “mera sufficienza”, ed infine il 6, che rappresentava l’insufficienza inequivocabilmente, senza ma e senza se)! Era proprio Edmund Mach che, in assenza di segretarie e scribacchini vari (oggi computeristi) scriveva di proprio pugno, anzi, di “proprio pennino”, i verbali delle operazioni di scrutinio ed i relativi tabelloni dei voti. Così, dal quadro complessivo di fine primo trimestre del corso inizialmente frequentato (da matricola) dal nostro Giulio (dicembre 1895) egli stesso si dimostrava uno dei migliori allievi, sia in quanto a brillantezza nella valutazione (perlopiù tra il 2 ed il 3) sia per l’assenza di voti intermedi. Per inciso, mi preme evidenziare che quel famigerato 5/6, che, allora come oggi, avrebbe avuto il significato dell’incertezza tra la sufficienza e l’insufficienza